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Document 52015IR2799

    Parere del Comitato europeo delle regioni — Innovazione e modernizzazione dell’economia rurale

    GU C 120 del 5.4.2016, p. 10–15 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    5.4.2016   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 120/10


    Parere del Comitato europeo delle regioni — Innovazione e modernizzazione dell’economia rurale

    (2016/C 120/04)

    Relatore:

    Randel LÄNTS, consigliere comunale di Viljandi (EE/PSE)

    I.   CONTESTO

    1.

    La strategia Europa 2020 considera motori della crescita economica soprattutto le città di grandi e medie dimensioni. Tuttavia, non sarà possibile realizzare gli obiettivi di tale strategia e garantire la coesione territoriale senza sfruttare tutto il potenziale disponibile — compreso, quindi, il potenziale delle zone rurali.

    2.

    Nell’UE, le regioni intermedie e rurali rappresentano il 91 % del territorio e il 60 % della popolazione, e in esse viene prodotto il 43 % del valore aggiunto lordo e si trova il 56 % dei posti di lavoro.

    3.

    La vitalità delle zone rurali consente di preservare un ricco patrimonio culturale, architettonico, naturale, sociale, culinario ed economico. Le zone rurali, quindi, rivestono grande importanza per le nuove impostazioni strategiche volte a promuovere lo sviluppo sostenibile e la coesione territoriale.

    4.

    Nell’Unione europea molte di queste zone sono poste di fronte a problemi analoghi: difficile accessibilità fisica, distanza dai centri decisionali e di ricerca e dagli istituti di istruzione, e infrastrutture tecnologiche insufficienti, con il conseguente allargarsi del divario tecnologico che le separa dalle zone più sviluppate. Nelle zone rurali la partecipazione al mercato del lavoro è più scarsa e vengono creati meno posti di lavoro. Nel contempo, però, tali zone offrono anche tutta una serie di vantaggi: la natura, un ambiente di vita gradevole, un livello di inquinamento limitato e molti altri benefici.

    5.

    Detto ciò, va peraltro osservato che, per caratteristiche e problemi, le zone rurali possono essere molto diverse tra loro. In alcune di esse la popolazione va diminuendo e la sua età media va aumentando, la densità di popolazione è bassa e si osserva una dispersione dei nuclei abitati, mentre in altre, più vicine alle zone urbane, l’aumento della domanda di terreni edificabili e l’evoluzione demografica esercitano una pressione crescente sul territorio. Alcune zone rurali, a causa del ridursi dell’attività agricola, devono far fronte a un rallentamento dell’economia, mentre altre, per la qualità del loro ambiente naturale o altre attrattive dell’ambiente di vita, riscuotono un crescente successo grazie all’afflusso di turisti e/o nuovi residenti. Alcune zone possono disporre di una rete stradale relativamente buona e di valide infrastrutture di informazione e comunicazione, mentre altre sono relativamente isolate. Talune sono situate sul continente, mentre altre si trovano in regioni insulari e sono quindi costrette a far fronte agli svantaggi specifici inerenti alla loro ubicazione. Ciò che tutte hanno in comune è il fatto che il loro livello di sviluppo è più basso rispetto a quello medio dell’Unione europea e in particolare delle zone urbane — e che questo divario si sta allargando.

    6.

    In ogni caso, la normativa europea riconosce svariate tipologie di zone rurali, quali le zone di montagna e quelle scarsamente popolate, che richiedono un approccio mirato in grado di tener conto, al tempo stesso, delle loro limitazioni e del loro potenziale di sviluppo.

    7.

    Mantenere servizi pubblici o privati di qualità richiede in molti casi un notevole impegno politico, civile e finanziario e una maggiore solidarietà tra le zone urbane e quelle rurali. Al tempo stesso, lo sviluppo di servizi o di beni pubblici può rappresentare una nuova sfida imprenditoriale. Per esempio, i requisiti necessari per aggiudicarsi gli appalti pubblici possono essere configurati in modo tale da incentivare le imprese a perseguire soluzioni innovative ecc.

    8.

    Rispetto al periodo precedente, i fondi disponibili nell’ambito della PAC sono stati ridotti di circa l’11,1 %. Per compensare tale riduzione, undici Stati membri hanno già deciso di trasferire fondi dal primo al secondo pilastro, mentre cinque Stati membri — tra cui quattro paesi dell’Europa centrale e orientale che ricevono pagamenti diretti inferiori alla media UE — hanno deciso di procedere in senso opposto. In ogni caso, però, ieri come oggi, tali fondi restano orientati al sostegno al reddito piuttosto che alla modernizzazione e allo sviluppo delle zone rurali.

    9.

    Una vera politica di sviluppo delle zone rurali che non tenga conto di tutte le parti interessate è semplicemente inconcepibile. Nei programmi di sviluppo rurale, le istituzioni europee, gli Stati membri e gli enti regionali e locali dovrebbero tenere in debito conto l’inclusione sociale, la lotta contro la povertà e la promozione della crescita economica nelle zone rurali. Il ridursi delle risorse rende molto difficile per gli enti locali e regionali finanziare queste priorità.

    10.

    Al programma Leader è destinato soltanto il 6 % del bilancio del FEASR, quota che, in alcuni Stati membri, potrebbe non essere sufficiente per rilanciare gli investimenti, mentre invece tale programma ha aiutato a creare, dal 1991 ad oggi, ben 150 000 posti di lavoro, ed è uno strumento importante che stimola l’occupazione, contribuendo così a preservare e rafforzare il tessuto economico e sociale nelle zone rurali.

    11.

    Oltre ad aumentare l’importo dei fondi, bisognerebbe anche ampliare l’ambito dello sviluppo locale, così da includervi tutti i progetti intesi a promuovere lo sviluppo economico e sociale nelle zone rurali. Bisognerebbe sostenere la cooperazione tra piccoli produttori, allo scopo di accrescere le loro capacità di produzione, aumentare l’efficienza dei mercati locali, far fronte ai problemi connessi alle catene di approvvigionamento corte e promuovere lo sviluppo e la commercializzazione in comune dei prodotti. Misure di questo tipo possono inoltre servire a sostenere una cooperazione più intensa con gli istituti d’istruzione e di formazione professionale regionali, le reti Leader e altre forme di cooperazione locale.

    12.

    In uno studio condotto dalla DG Politica regionale della Commissione europea per sostenere lo sviluppo locale nel quadro della politica di coesione, le buone pratiche e le future opzioni strategiche, si raccomanda di istituire una piattaforma di coordinamento per lo sviluppo locale con il compito di integrare la dimensione locale dello sviluppo nella strategia Europa 2020. La piattaforma dovrebbe occuparsi della semplificazione delle procedure e valutare la coerenza delle diverse politiche settoriali. In pratica, la piattaforma dovrebbe assumere la forma di un gruppo di lavoro interservizi della Commissione europea, eventualmente allargato ai rappresentanti di altri organi dell’UE.

    13.

    Come evidenziato da diversi studi, un apporto importante allo sviluppo delle comunità rurali e alla promozione dell’innovazione in tale ambito è dato sempre più dalle reti di sviluppo rurale, nella misura in cui esse sono in grado di fornire consulenza e informazioni per lo sviluppo di soluzioni creative con cui affrontare problemi locali, condividere tra i membri lezioni ed esperienze positive e individuare fonti di finanziamento; a tal fine, è vista con favore l’istituzione della Rete europea dello sviluppo rurale e della Rete del partenariato europeo dell’innovazione ex artt. 52 e 53 del regolamento n. 1305/2013.

    14.

    Nel corso del precedente periodo di programmazione (2007-2013), lo sviluppo rurale è stato sostenuto con 91 miliardi di euro dal FEASR e con 85 miliardi di euro da altri fondi strutturali. Tuttavia, il nuovo regolamento del FESR si concentra soprattutto sulle zone urbane, mentre quelle rurali non vi sono nemmeno menzionate. Di conseguenza, ci si può chiedere quali possibilità concrete rimangano di cofinanziare progetti di sviluppo nelle zone rurali con gli altri fondi strutturali (in particolare il FESR e il FSE), se si considera che la maggior parte delle misure previste dal regolamento FEASR è riservata all’agricoltura.

    15.

    È altresì necessario esaminare la questione della collaborazione fra i vari fondi al fine di far fronte, attraverso sovvenzioni specifiche, alla situazione delle zone a bassa densità di popolazione e di quelle che soffrono di svantaggi demografici gravi e permanenti.

    16.

    Da un recente sguardo d’insieme sull’attuazione dei programmi operativi emerge che, ad oggi, solo 22,6 miliardi di EUR del FESR sono stati stanziati a favore delle zone rurali, il che rappresenta appena l’11 % della dotazione globale di tale fondo.

    17.

    Va sottolineato che anche i fondi europei destinati alla cooperazione territoriale possono contribuire a mettere in comune le risorse tecniche e umane in aree transfrontaliere per lo sviluppo di zone rurali situate in regioni di frontiera.

    18.

    Il 23 marzo 2015 la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti (BEI) hanno presentato un modello di fondo di garanzia per l’agricoltura inteso ad assicurare un migliore accesso al credito nelle zone rurali, consentendo così agli agricoltori e agli altri soggetti attivi in quelle zone di ottenere prestiti più facilmente.

    19.

    Il calo della popolazione e l’esodo dei giovani dalle zone rurali verso le città medie o grandi costituisce in tutta Europa un problema serio. I motivi principali di tale esodo sono la mancanza di posti di lavoro, i bassi livelli retributivi e la scarsa attrattiva delle zone rurali. D’altro canto, però, proprio nelle zone rurali gli imprenditori si lamentano del fatto di non trovare nuovi lavoratori qualificati. Ne consegue che è necessario migliorare in tempi brevi l’offerta formativa sul territorio, per quanto riguarda sia la formazione iniziale sia quella continua.

    20.

    È importante offrire, nei settori in cui ve ne è bisogno, una formazione flessibile, tempestiva e di portata adeguata alla regione interessata. Naturalmente è più difficile offrire formazione professionale nelle zone rurali che in quelle urbane, perché i destinatari della formazione sono sparsi nel territorio e hanno esigenze differenti. Uno dei modi più semplici per coinvolgere i centri di formazione e le imprese è l’organizzazione di tirocini, attività che, tuttavia, senza un sostegno esterno, per le piccole imprese può essere eccessivamente onerosa. Si dovrebbe perciò prendere in considerazione la possibilità di sviluppare programmi di sostegno alle imprese che impiegano tirocinanti pagando loro una retribuzione dignitosa e offrendo loro reali prospettive di occupazione a lungo termine. I centri di formazione professionale regionali e gli altri istituti di istruzione dovrebbero essere dotati di ampie risorse e incaricati di compiti chiari di formazione continua e riqualificazione. Nel contempo, la società civile ha contribuito, in alcune zone, alla creazione delle istituzioni necessarie — un patrimonio di esperienze, questo, che dovrebbe essere condiviso con altre zone.

    21.

    Il rapido sviluppo delle tecnologie ha accresciuto l’importanza della silvicoltura per le zone rurali e l’economia rurale. Oggi, infatti, la silvicoltura rappresenta molto di più della mera produzione di legname inteso come materia prima: il legno lavorato è utilizzato nel settore delle costruzioni, e inoltre le fibre di legno trovano applicazione, ad esempio, nel settore dell’abbigliamento, nell’industria automobilistica e persino in quella alimentare.

    22.

    Reti di telecomunicazione veloci sono di fondamentale importanza per la competitività e la crescita economica. È possibile offrire servizi digitali di qualità soltanto se esiste una connessione Internet rapida e affidabile. Benché, negli ultimi anni, nell’UE la copertura della banda larga sia notevolmente migliorata e adesso in alcune aree sia disponibile l’infrastruttura necessaria, altre aree sono ancora in forte ritardo; inoltre, i dati statistici sulla relativa copertura non sempre danno conto della qualità dei servizi di banda larga nelle zone rurali. In linea con gli obiettivi fissati dall’Agenda digitale europea 2020, è necessario sforzarsi di garantire la stessa capacità su tutto il territorio dell’UE e al riguardo salta particolarmente agli occhi la differenza tra le zone rurali e quelle urbane. In alcune zone in cui l’accesso è, in linea di principio, disponibile, per ottenere la connessione gli utenti finali devono ancora effettuare notevoli investimenti aggiuntivi, che essi devono finanziare di tasca propria. Si devono moltiplicare gli sforzi per promuovere la piena affermazione del mercato virtuale, per migliorare l’accesso, a prezzi abbordabili, ai servizi di comunicazione digitali e per sviluppare i servizi online nelle zone rurali.

    23.

    Oltre alla disponibilità delle infrastrutture, è necessario garantire che i cittadini e le imprese sappiano fare buon uso di tale offerta. Gli studi dimostrano infatti che, anche laddove è disponibile una buona connessione ad Internet, le possibilità che essa offre sono sfruttate dai più soltanto in misura relativamente modesta. Misure di formazione, e la diffusione di informazioni, sulle varie possibilità esistenti — in particolare riguardo all’uso delle TIC per lo sviluppo dei prodotti nelle piccole imprese — potrebbero rappresentare un’opportunità per le zone rurali.

    24.

    Oggi, il concetto di «città intelligenti» è generalmente impiegato in relazione alle grandi città, nelle quali hanno luogo i cambiamenti e si esplorano le prospettive di sviluppo; e tuttavia sarebbe opportuno che anche le zone rurali si aprissero a questo concetto. «Città» e «campagna» non andrebbero considerate in contrapposizione tra loro: bisognerebbe invece creare una sinergia tra di esse, e un utile contributo in tal senso potrebbe giungere dalle nuove tecnologie e dalla loro applicazione sul campo. Onde evitare questa dicotomia tra città e campagna, bisognerebbe parlare piuttosto di «regioni intelligenti».

    25.

    La politica agricola comune regolamenta l’attività agricola e il suo importante ruolo nello sviluppo rurale. A livello regionale, lo sviluppo rurale è strettamente associato allo sviluppo dell’agricoltura. «Rurale» non significa necessariamente «agricolo», ma è certo che senza agricoltura non esisterebbero zone rurali. L’agricoltura non può svilupparsi in un contesto isolato, e anche in futuro si dovrà garantire che le condizioni e gli obiettivi di tale attività convergano con quelli dello sviluppo rurale, in modo tale che lo sviluppo dell’agricoltura contribuisca all’aumento del benessere della popolazione rurale, degli addetti all’agricoltura e, non da ultimo, degli abitanti delle città vicine.

    26.

    Il partenariato europeo per l’innovazione «Produttività e sostenibilità dell’agricoltura» rappresenta un approccio di tipo nuovo nella lotta contro gli handicap, le carenze e gli ostacoli che intralciano o frenano lo sviluppo e la commercializzazione delle idee valide della ricerca e dell’innovazione europee. È importante trovare soluzioni in particolare per la carenza di investimenti, le disposizioni obsolete, le lacune normative e i problemi posti dalla frammentazione dei mercati.

    27.

    Considerata la difficile accessibilità fisica che presentano molte zone rurali, la quale impedisce il pieno sfruttamento del loro potenziale economico, è necessario che i fondi pubblici si preoccupino anche di collegare le zone rurali e quelle urbane in modo efficace, mediante reti di trasporto rapide ma anche rispettose del contesto ambientale in cui sono inserite.

    II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

    IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

    28.

    ritiene che in tutte le regioni dell’Unione europea, e in particolare nelle zone rurali, i problemi economici, ambientali e sociali che si profilano possano essere risolti soltanto adottando approcci strategici integrati;

    ragion per cui:

    29.

    accoglie con favore il nuovo quadro strategico comune, e invita la Commissione a proseguire nell’armonizzazione delle norme che disciplinano i fondi strutturali al fine di pianificare ed orientare meglio lo sviluppo delle zone rurali;

    30.

    chiede di assicurare l’effettività e l’efficacia delle disposizioni normative inerenti all’integrazione dei fondi, all’innovazione nel settore agricolo e rurale e agli approcci cooperativi, quali elementi di maggiore novità della riforma della politica di sviluppo rurale;

    31.

    esorta a raccogliere contributi più diversificati e a tener conto delle esigenze delle zone rurali in tutti gli ambiti di intervento delle politiche europee, come attualmente avviene per le zone urbane;

    32.

    richiama l’attenzione sul fatto che le misure di austerità e la riduzione complessiva dei fondi per l’agricoltura rischiano di compromettere la vitalità futura delle zone rurali interessate, contraddicendo così il principio di coesione territoriale;

    33.

    chiede alla Commissione di sostenere meglio le zone rurali che hanno dovuto compiere grandi sforzi per trasformare il loro modello economico, ad esempio convertendosi dal settore agricolo a quello turistico;

    34.

    esorta ad aumentare il sostegno finanziario globale dell’UE allo sviluppo rurale per controbilanciare la crescente concentrazione delle produzioni agricole, che comporta forti disparità regionali, e porre un limite per i trasferimenti dal secondo al primo pilastro;

    35.

    chiede che, nell’ambito della revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale, l’UE consideri la possibilità di assegnare maggiori fondi allo sviluppo locale nel periodo di programmazione 2014-2020;

    36.

    chiede che, in considerazione dell’importanza ormai riconosciutale nella promozione dello sviluppo rurale, l’iniziativa Leader benefici di una quota minima superiore al 5 % del contributo totale del FEASR;

    37.

    raccomanda di dedicare particolare attenzione ai programmi diretti al rinnovamento e allo sviluppo dei comuni meno popolosi e/o a rischio di spopolamento nonché alla promozione e alla valorizzazione turistica del loro patrimonio storico e culturale;

    38.

    appoggia la richiesta rivolta dal Movimento europeo della ruralità (M.E.R.) e dal gruppo di lavoro allargato del PE sulle zone rurali, montane e periferiche alla Commissione affinché questa elabori un Libro bianco che possa costituire il punto di partenza per una politica di sviluppo delle zone rurali per il dopo 2020;

    39.

    esprime e sollecita pieno sostegno alla piattaforma di coordinamento per lo sviluppo locale che dovrebbe essere istituita dalla Commissione europea;

    40.

    sottolinea l’importanza delle zone rurali in quanto poli di sviluppo e innovazione che contribuiscono alla realizzazione della strategia Europa 2020;

    41.

    chiede che nel FESR siano sanciti un chiaro riconoscimento del valore aggiunto della cooperazione tra zone urbane e rurali e una maggiore considerazione dell’area da esse costituita in termini funzionali, in modo da sfruttare appieno il potenziale di tale cooperazione tra le città e le zone circostanti e, con queste aree funzionali, recare un contributo sostanziale alla coesione territoriale;

    42.

    si oppone al principio della condizionalità macroeconomica per l’assegnazione dei finanziamenti dell’UE perché è necessario tenere conto anche di indicatori sociali ed ambientali;

    43.

    esorta a prestare una particolare attenzione agli approcci innovativi nelle zone rurali, in quanto essi possono fungere da esempio per altre regioni ed altre zone;

    44.

    chiede che i fondi della BEI e i programmi per l’innovazione nel settore agricolo e la ricerca scientifica siano destinati principalmente alle zone — come quelle di montagna — in cui sono presenti allevamenti zootecnici, svantaggi naturali e piccole aziende agricole a conduzione familiare, ma al tempo stesso di tener conto anche delle soluzioni da offrire alle sfide sociali; ciò al fine di preservare un’agricoltura sostenibile in tutte le regioni e di salvaguardare le comunità rurali, riducendo così le disparità regionali;

    45.

    sottolinea l’importanza del partenariato per l’innovazione ai fini della modernizzazione dell’economia rurale, soprattutto nella parte in cui esso si propone di realizzare una più stretta connessione tra politiche dell’agricoltura e della ricerca, nonché tra ricercatori e agricoltori. In quest’ottica, sono da sfruttare appieno le misure previste dal regolamento n. 1305/2013 a sostegno della priorità «promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali»;

    46.

    auspica l’elaborazione, a livello europeo, di apposite linee guida che identifichino funzioni e compiti delle diverse reti rurali nazionali nonché modalità di assistenza nell’attuazione dei rispettivi piani di sviluppo rurale;

    47.

    invoca un migliore coordinamento della politica in materia di innovazione a livello di Unione europea;

    48.

    deplora fortemente il fatto che le zone rurali non rientrino nell’obiettivo principale del partenariato per l’innovazione della Commissione europea per lo sviluppo locale («Città e comunità intelligenti»);

    49.

    si rammarica per le conclusioni della relazione intermedia sull’attuazione dei programmi operativi, le quali mettono in evidenza il fatto che attualmente solo l’11 % delle risorse del FESR è destinato alle zone rurali;

    50.

    esorta a rendere più moderna l’offerta di formazione professionale nelle zone rurali e ad adeguarla alle condizioni della concorrenza globale e alle esigenze delle imprese locali;

    51.

    esorta a far sì che una parte delle risorse del FSE sia assegnata alla formazione professionale nelle zone rurali — un ambito, questo, al quale occorre dare maggiore impulso;

    52.

    esorta la Commissione, gli Stati membri e gli enti regionali e locali competenti a promuovere la cooperazione tra le imprese e gli istituti di istruzione e formazione professionale regionali, anche favorendo lo sviluppo di centri per il sostegno all’innovazione in agricoltura, sulla base di soluzioni già sperimentate in altri Stati membri;

    53.

    ribadisce la necessità di educare la società nel suo insieme affinché comprenda l’importanza della preservazione delle zone rurali per la collettività (1) e, di conseguenza, di garantire la prestazione dei servizi pubblici fondamentali — quali ad esempio l’istruzione, l’assistenza sanitaria o i servizi sociali — ai cittadini che vivono nelle zone rurali;

    54.

    esorta ad adottare misure per promuovere lo sviluppo dei prodotti delle piccole imprese, ad affrontare con decisione le barriere che impediscono l’accesso al mercato e ad incoraggiare il consumo di prossimità e le filiere brevi di distribuzione dei prodotti agroalimentari;

    55.

    chiede di intensificare gli sforzi per sviluppare la connessione Internet ad alta velocità nelle zone rurali basandosi su reti di accesso di nuova generazione, che favoriscono l’attuazione dell’Agenda digitale europea 2020;

    56.

    sottolinea la necessità di migliorare le conoscenze di base in materia di TIC.

    Bruxelles, 10 febbraio 2016.

    Il presidente del Comitato europeo delle regioni

    Markku MARKKULA


    (1)  NAT-V/029.


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