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Document 52014DC0473
COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS Sixth report on economic, social and territorial cohesion: investment for jobs and growth
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Sesta relazione sulla coesione eocnomica, sociale e territoriale: investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Sesta relazione sulla coesione eocnomica, sociale e territoriale: investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro
/* COM/2014/0473 final */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Sesta relazione sulla coesione eocnomica, sociale e territoriale: investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro /* COM/2014/0473 final */
COMUNICAZIONE
DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E
SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Sesta
relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: investimenti a
favore della crescita e della creazione di posti di lavoro 1.
Introduzione Sebbene negli
ultimi anni i governi nazionali abbiano dovuto ricorrere a tagli alla spesa per
pareggiare il bilancio e i finanziamenti privati si siano esauriti a causa
della crisi economica e finanziaria, i finanziamenti a titolo della politica di
coesione hanno continuato a fluire verso gli Stati membri e le regioni, a
sostegno degli investimenti essenziali a favore della crescita e
dell'occupazione. La crisi ha
inciso in modo radicale sui bilanci nazionali e regionali, limitando la
disponibilità dei finanziamenti in tutti i settori di investimento. Tra il 2008
e il 2013 gli investimenti pubblici in tutta l'UE sono diminuiti del 20% in
termini reali. In Grecia, Spagna e Irlanda il calo ha sfiorato il 60%. Nei
paesi dell'Europa centrale e orientale, in cui i finanziamenti della politica
di coesione sono particolarmente importanti, gli investimenti pubblici
(espressi in investimenti fissi lordi) si sono ridotti di un terzo. Senza la
politica di coesione gli investimenti negli Stati membri più colpiti dalla
crisi sarebbero diminuiti di un ulteriore 50%. In questi paesi i finanziamenti
a favore della coesione rappresentano attualmente oltre il 60% del bilancio di
investimenti. Figura 1: Impatto della politica di coesione sugli investimenti pubblici || Figura 2: Quota della politica di coesione nell'ambito degli investimenti pubblici La crisi
economica ha invertito la prolungata tendenza alla convergenza del PIL e dei
tassi di disoccupazione all'interno dell'UE, con ripercussioni in particolare
sulle regioni dell'Europa meridionale. La crisi ha
inoltre indotto l'aumento della povertà e dell'esclusione sociale, che a
loro volta hanno reso più difficile conseguire alcuni degli obiettivi della
strategia Europa 2020. Ad esempio, tra
il 2007 e il 2012 in 210 delle 277 regioni dell'UE si è registrato un aumento
della disoccupazione. In 50 di queste regioni il tasso di disoccupazione è più
che raddoppiato. La situazione è particolarmente preoccupante per i giovani,
dato che nel 2012 il tasso di disoccupazione giovanile era superiore al 20% in
quasi la metà delle regioni. Ne consegue che molte regioni non sono ancora
state in grado di contribuire al conseguimento dell'obiettivo principale della
strategia Europa 2020: un tasso di occupazione pari al 75% per la popolazione
nella fascia di età 20-64 entro il 2020. La Commissione e
gli Stati membri hanno reagito alla crisi riassegnando alcuni investimenti,
previsti nel quadro della politica di coesione, a settori in cui l'impatto
delle attività economiche e dell'occupazione sarebbe stato diretto e immediato
nonché continuando a riservare un'attenzione particolare al superamento degli
ostacoli strutturali a lungo termine che si frappongono allo sviluppo. Entro la
fine del 2013 sono quindi stati riassegnati oltre 45 miliardi di euro - ossia
il 13% dei fondi totali. Questo spostamento di fondi è servito a incentivare
l'adozione di misure intese ad attenuare la disoccupazione e l'esclusione
sociale crescenti e a promuovere gli investimenti in innovazione e ricerca e
sviluppo (R&S), sostegno alle imprese, energie sostenibili, infrastrutture
sociali e didattiche. La Commissione
ha inoltre proposto misure volte ad accrescere la liquidità per gli Stati
membri più colpiti dalla crisi. L'adozione di tali misure da parte del
Parlamento europeo e del Consiglio ha consentito una riduzione dei contributi
nazionali, rendendo possibile l'afflusso di pagamenti anticipati per
l'ammontare di oltre 7 miliardi di euro. È stata anche approvata un'ulteriore
riduzione del cofinanziamento nazionale per un valore pari a quasi 2,1 miliardi
di euro. È documentato
che gli investimenti della politica di coesione hanno avuto ripercussioni
significative. Tra il 2007 e il
2012 il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) ha creato circa 600 000
posti di lavoro: tale dato corrisponde al 20% circa delle perdite di posti di
lavoro stimate nello stesso periodo, a partire dall'inizio della crisi
finanziaria. Il fondo ha investito in
200 000 progetti di piccole e medie imprese (PMI) e in 80 000 imprese
in fase di avviamento, ha finanziato
22 000 progetti riguardanti la cooperazione fra il settore imprenditoriale
e quello della ricerca, ha fornito la copertura con banda larga a 5 milioni di
persone e ha incluso 5,5 milioni di persone nei servizi di trattamento delle
acque reflue. Grazie agli investimenti dell'UE
a titolo della politica di coesione sono inoltre stati costruiti 3 000 km
di reti di trasporto europee di fondamentale importanza (il 15% della rete
globale TEN‑T) ed è anche
raddoppiata la quota di finanziamenti governativi per le attività di R&S
negli Stati membri meno sviluppati. Tra il 2007 e il
2012 il Fondo sociale europeo (FSE) ha sostenuto 68 milioni di partecipazioni a
progetti individuali. Dopo aver ricevuto gli aiuti del FSE, 5,7 milioni di
persone disoccupate o inattive hanno trovato un impiego e quasi 8,6 milioni di
qualifiche sono state acquisite con il sostegno del FSE. Sono stati segnalati
oltre 400 000 casi di nuove imprese create e di persone che hanno avviato
un'attività di lavoro autonomo. Tutti questi aspetti hanno contribuito a
limitare la contrazione del PIL in molti paesi o a impedire un ulteriore
aumento della disoccupazione. Gli effetti di
detti investimenti aumenteranno nel corso dei prossimi anni, in quanto gli
Stati membri hanno tempo fino alla fine del 2015 per utilizzare i fondi a
valere sui programmi 2007-2013 e solo qualche tempo dopo che gli investimenti
sono stati effettuati è possibile misurarne l'impatto. Con un bilancio
totale di oltre 450 miliardi di euro (compreso il cofinanziamento nazionale)
per il periodo di programmazione 2014-2020, la politica di coesione costituisce
il principale strumento di investimento dell'UE. Essa
apporterà il contributo maggiore nel sostegno alle PMI, alle attività di
R&S e innovazione, all'istruzione, all'economia a basse emissioni di
carbonio, all'ambiente, alla lotta contro la disoccupazione e l'esclusione
sociale, allo sviluppo di infrastrutture atte a collegare i cittadini dell'UE e
all'ammodernamento della pubblica amministrazione. Gli investimenti
previsti a titolo della politica di coesione, combinati con le riforme
strutturali, svolgeranno un ruolo fondamentale per il sostegno alla crescita e
alla creazione di posti di lavoro e per il conseguimento degli obiettivi della
strategia Europa 2020 relativi ad una crescita intelligente, sostenibile e
inclusiva. La sfida
consiste nel garantire che queste risorse siano utilizzate nel modo più
efficace ed efficiente possibile, massimizzando i loro effetti, consolidando la
ripresa e aiutando l'UE ad uscire dalla crisi più forte e più competitiva di
prima. La nuova
politica di coesione è pienamente in linea con la strategia Europa 2020 e con i
suoi obiettivi precipui in materia di occupazione, ricerca e sviluppo, clima ed
energia, istruzione e lotta contro la povertà e l'esclusione sociale ed è
connessa al semestre europeo e al processo di governance economica
dell'UE. Gli investimenti a titolo della politica di coesione saranno pertanto
utilizzati anche per sostenere le politiche perseguite dagli Stati membri nel
quadro degli orientamenti integrati e dei programmi nazionali di riforma nonché
per affrontare le pertinenti raccomandazioni specifiche per paese (RSP),
formulate dal Consiglio. La Commissione può anche chiedere agli Stati membri di
modificare i loro accordi di partenariato e i programmi operativi per
rispondere alle nuove sfide individuate nelle RSP. La presente
comunicazione sintetizza i risultati dei finanziamenti a favore della coesione
nel precedente periodo di programmazione e descrive i principali elementi della
riforma della politica di coesione per il periodo 2014-2020[1]
nonché le tendenze che emergono dai negoziati sui programmi attualmente
condotti dalla Commissione e dagli Stati membri. La comunicazione è corredata
di un documento di lavoro dei servizi della Commissione, che analizza le sfide
socioeconomiche e relative alla governance che incombono sugli Stati
membri e sulle regioni e valuta l'impatto della politica di coesione e degli
investimenti pubblici sulle disparità economiche e sociali. 2. Una
politica in evoluzione: investire nella competitività delle regioni per
migliorare la vita dei cittadini Il trattato
sull'Unione europea sancisce che l'obiettivo della politica di coesione è
ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali, fornendo un sostegno
particolare alle regioni meno sviluppate. Nel corso del
tempo questa politica ha contribuito a migliorare il tenore di vita e le
opportunità economiche nelle regioni dell'UE, migliorando le competenze e le
possibilità di impiego, aumentando l'accesso alle regioni, promuovendo lo
sviluppo delle capacità amministrative, creando collegamenti tra istituti di
ricerca, università e mondo imprenditoriale nonché erogando servizi alle
piccole e medie imprese. Sostenendo i principali motori della crescita
economica, la politica di coesione aiuta le regioni dell'UE a crescere più
rapidamente. Pur restando
fedele alle sue origini, la politica di coesione ha registrato sviluppi e
progressi. Nei primi anni della sua esistenza, tale politica limitava il
proprio raggio d'azione alla sfera nazionale, finanziando negli Stati membri
progetti predeterminati di scarsa influenza a livello europeo. Nel corso del
tempo sono stati introdotti principi fondamentali come la programmazione
pluriennale, investimenti più strategici e un maggiore coinvolgimento dei
partner regionali e locali. La parte più
consistente del sostegno finanziario nel quadro della politica di coesione è
stata costantemente rivolta alle regioni e agli Stati membri meno sviluppati.
Gli investimenti, inizialmente incentrati sulle infrastrutture, sono stati
tuttavia successivamente orientati verso il sostegno alle PMI, alle opportunità
occupazionali più innovative e alle politiche sociali. Tale cambiamento è stato
possibile grazie allo sviluppo delle infrastrutture negli Stati membri (sia in
quelli che hanno aderito all'UE dopo il 2004 sia negli Stati membri di lunga
data), finanziato nel quadro della politica di coesione in periodi precedenti. La figura 3 illustra
la composizione degli investimenti e la sua evoluzione a partire dal 1989. Figura 3: Composizione degli investimenti a titolo
della politica di coesione nelle regioni meno sviluppate (1989-2013) La quota
di investimenti nelle infrastrutture pesanti (in particolare quelle di
trasporto) era elevata al momento del varo della politica e in seguito
all'allargamento del 2004, quando sono entrati a far parte dell'UE paesi che
presentavano un evidente divario infrastrutturale. Con la creazione del Fondo di
coesione negli anni '90 gli investimenti ambientali hanno acquisito
un'importanza sempre maggiore, aiutando gli Stati membri e le regioni a
conformarsi alle direttive e ai regolamenti dell'UE in questo settore. Gli
investimenti nel settore produttivo e in particolare nelle PMI sono rimasti
relativamente stabili. Gli investimenti
nel capitale umano (istruzione, occupazione e inclusione sociale) sono tuttavia
leggermente diminuiti in termini relativi. Ciononostante il ruolo del FSE quale
strumento per investire nel capitale umano è cresciuto considerevolmente, da
ultimo a seguito delle conseguenze drammatiche della crisi economica sui
mercati del lavoro degli Stati membri. Quale nuova misura per far fronte a
questo problema, il quadro normativo per il periodo 2014-2020 definisce per il
FSE una quota minima (23,1%) del bilancio della politica di coesione. Tale
fatto è importante per garantire il volume di investimenti nel capitale umano,
nell'occupazione, nell'inclusione sociale, nella riforma della pubblica amministrazione
e nello sviluppo delle capacità istituzionali necessario per contribuire al
conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Durante il
periodo 2007-2013 la politica di coesione - in particolare mediante il FSE - ha
sostenuto per la prima volta la modernizzazione e la riforma delle
amministrazioni pubbliche e dei sistemi giudiziari nei paesi in fase di
convergenza. Tale sostegno è inteso a migliorare il funzionamento,
l'accessibilità e la qualità dei servizi pubblici, al fine di agevolare
l'elaborazione di politiche fondate su elementi concreti e di attuare politiche
di concerto con le parti sociali e la società civile. Infine, la quota
di risorse destinate all'assistenza tecnica è aumentata significativamente dal
periodo 2000-2006, rispecchiando l'importanza fondamentale del buon
funzionamento delle istituzioni per la gestione efficace dei programmi della
politica di coesione. Adattando
opportunamente gli investimenti ai livelli di sviluppo economico, la politica
di coesione è stata in grado di adeguarsi nel tempo all'evolversi delle
esigenze di ciascuna regione, sebbene l'evoluzione della politica non sia stata
decisiva come ci si attendeva. L'evidenza indica, ad esempio, che
l'introduzione nel periodo 2007-2013 dell'assegnazione obbligatoria di una
parte dei fondi alle priorità dell'UE ha rappresentato un passo in avanti ma i
risultati sono stati eterogenei e l'eccessiva dispersione dei fondi continua. È inoltre
diventato sempre più evidente che l'efficacia della politica di coesione dipende
da sane politiche macroeconomiche, da un ambiente imprenditoriale favorevole e
da istituzioni solide. In alcuni casi le politiche inadeguate nonché le
debolezze a livello amministrativo e istituzionale hanno limitato l'efficacia
dei finanziamenti. Sono rimaste lacune anche quando si è trattato di recepire
la legislazione dell'UE nel diritto nazionale per i settori direttamente
correlati alla politica di coesione. Benché siano stati posti in essere
tentativi di definire quadri strategici, istituzionali e amministrativi, la
loro applicazione è rimasta discrezionale e non sistematica. Infine,
l'attuazione dei fondi è stata maggiormente incentrata sulla spesa e sulla
conformità alle norme di gestione piuttosto che sul conseguimento di obiettivi.
Talvolta gli obiettivi dei programmi erano vaghi ed è stato difficile
controllare e valutare i risultati. La determinazione degli obiettivi è
un'attività complessa e alcuni Stati membri hanno fissato obiettivi non
abbastanza ambiziosi, limitando così la capacità di valutare gli effetti degli
interventi e di capire quali erano le misure più efficaci e per quale ragione. 3. Il conseguimento dei
risultati è il fulcro della nuova politica di coesione Durante i
negoziati sulla riforma della politica di coesione, portati a termine nel
dicembre 2013, si è cercato di porre rimedio a tali carenze. La riforma verte
sull'attuazione di una politica in materia di investimenti. Gli obiettivi della politica di coesione sono stati
allineati alla strategia Europa 2020 e all'atto della pianificazione degli
investimenti si è sistematicamente tenuto conto delle pertinenti
raccomandazioni specifiche per paese (RSP). Anche le modalità di
funzionamento della politica di coesione sono state sottoposte a riforma in
base a cinque idee fondamentali. 3.1. I programmi della politica di
coesione devono operare in un contesto favorevole La nuova
politica di coesione è collegata al processo di governance economica
dell'UE e al "semestre europeo", in quanto gli investimenti nel
quadro della politica di coesione non possono essere considerati separatamente
dal contesto economico in cui vengono effettuati. Al fine di
evitare politiche economiche o fiscali insostenibili, che compromettono
l'efficacia del sostegno dell'UE nel corso del periodo 2014-2020, i
finanziamenti possono essere sospesi qualora uno Stato membro non rispetti le
raccomandazioni ricevute nell'ambito del processo di governance
economica dell'UE. L'efficacia
degli investimenti non deve essere compromessa da politiche inadeguate o da
strozzature a livello regolamentare, amministrativo o istituzionale. Gli Stati
membri e le regioni devono pertanto soddisfare una serie di requisiti
preliminari, concepiti per garantire che gli investimenti confluiscano in un
chiaro quadro politico strategico atto ad assicurare un rapido recepimento
della legislazione dell'UE che si ripercuota sull'attuazione dei fondi di
coesione, una sufficiente capacità amministrativa e il rispetto di requisiti
minimi, ad esempio in materia di lotta alla discriminazione, parità di genere,
disabilità, appalti pubblici e aiuti di Stato. In particolare,
ogni settore di investimento deve basarsi su una strategia ben definita. Gli
investimenti nei trasporti, ad esempio, possono essere effettuati solo dopo
aver posto in essere una strategia globale dei trasporti a livello nazionale o
regionale. Analogamente, gli investimenti in R&S e innovazione vanno
inquadrati in una "strategia di specializzazione intelligente", che
comporta un processo di elaborazione di una visione, di individuazione di
vantaggi competitivi, di definizione delle priorità strategiche e dell'adozione
di politiche intelligenti volte a massimizzare per ogni regione il potenziale
di sviluppo basato sulle conoscenze. In sintesi, dovrebbero essere i progetti a
seguire le strategie e non viceversa. 3.2. I programmi della politica di
coesione devono concentrare le risorse su un numero limitato di priorità e
massimizzare il loro valore aggiunto Gli Stati membri
e le regioni devono concentrare i finanziamenti su un numero limitato di
settori rilevanti a livello di UE. Una quota elevata del FESR sarà assegnata a
quattro priorità che costituiscono il fulcro della strategia Europa 2020:
innovazione e ricerca, agenda digitale, sostegno alle PMI ed economia a ridotte
emissioni di carbonio. La
concentrazione del FSE su un massimo di cinque priorità di investimento fungerà
da sostegno al consolidamento delle realizzazioni e dei risultati a livello
europeo e garantirà inoltre una correlazione più chiara con la strategia
europea per l'occupazione e gli orientamenti integrati per l'occupazione.
Almeno il 20% della dotazione del FSE sarà riservata al sostegno
dell'inclusione sociale e alla lotta contro la povertà e la discriminazione. Data l'urgente
necessità di combattere la disoccupazione giovanile, è stata avviata con una
dotazione di 6 miliardi di euro l'iniziativa a favore dell'occupazione
giovanile (YEI), fornendo finanziamenti mirati per contribuire ad attuare la
"garanzia per i giovani" in tutta l'UE. In tal modo si garantisce che
ad ogni giovane venga offerta un'occupazione o una formazione adeguata entro
quattro mesi dal termine del percorso scolastico o dall'inizio della
disoccupazione. I finanziamenti a titolo della YEI saranno concentrati sulle
regioni che presentano tassi di disoccupazione giovanile particolarmente
elevati. Le regioni e gli
Stati membri dovranno operare scelte chiare in merito ai loro obiettivi. In
questo modo sarà possibile ottenere una massa critica di risorse atte a
garantire che l'impatto sia significativo e che gli investimenti vadano a quei
settori in cui possono esplicare effetti diretti e immediati sulla crescita e
sull'occupazione. 3.3. I programmi della politica di
coesione devono definire obiettivi e risultati chiari Il successo
della politica di coesione sarà misurato in base ai suoi risultati e al suo
impatto. Le riforme si concentrano pertanto su una maggiore attenzione ai
risultati, grazie a indicatori di rendimento nonché ad attività di
rendicontazione e di valutazione migliori. In fase di
elaborazione dei programmi, gli Stati membri e le regioni devono precisare i
risultati che intendono conseguire entro la fine del periodo di programmazione.
I programmi dovranno illustrare le modalità secondo cui le azioni proposte
contribuiranno al conseguimento di tali obiettivi e stabiliranno gli indicatori
di rendimento con parametri di riferimento e obiettivi chiari per misurare i
progressi compiuti. Ciascun programma avrà un quadro di riferimento dei
risultati al fine di aumentare la trasparenza e la responsabilità. Per fornire un
incentivo supplementare, circa 20 miliardi di euro (ossia il 6% del bilancio
della politica di coesione) sono stati accantonati per essere assegnati nel
2019 ai programmi che dimostrano di essere sulla buona strada per la
realizzazione dei loro obiettivi. 3.4. I programmi della politica di
coesione devono dare più voce alle città Le città possono
svolgere un ruolo fondamentale nella politica di coesione e per il
conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Più di due terzi degli europei vive nelle città. Le
città sono produttive ed innovative e possono assumere un ruolo guida ai fini
di una crescita intelligente. Esse possono essere più efficienti sotto il
profilo delle risorse (ad esempio riducendo al minimo l'occupazione del suolo,
l'impermeabilizzazione del suolo e l'impiego di energia) e possono partecipare
alla realizzazione di una crescita sostenibile, ad esempio attraverso le
infrastrutture verdi. Dato il divario di
ricchezza, la concentrazione dell'esclusione sociale e della povertà nelle
città, esse sono essenziali per affrontare la sfida della crescita inclusiva. Per tali motivi
si prevede che, nel periodo 2014-2020, circa la metà del FESR sarà spesa nelle
città. La nuova politica di coesione mira inoltre a potenziare il ruolo delle
città nel concepire e attuare politiche che contribuiscano a conseguire gli
obiettivi della strategia Europa 2020, determinando un importo minimo (5% del
FESR) per gli investimenti integrati nello sviluppo urbano sostenibile e
garantendo che le città svolgeranno il ruolo principale nella selezione dei
progetti. La Commissione
inviterà inoltre alla presentazione di progetti nell'ambito del nuovo programma
"Azioni urbane innovative", per sostenere le città che sono disposte
a sperimentare nuove idee in materia di sviluppo urbano. 3.5. È necessaria una maggiore
inclusione dei partner a tutti i livelli nei programmi della politica di
coesione Il quadro
strategico 2014-2020 si fonda sul presupposto che tutti i partner a livello
nazionale, regionale e locale saranno coinvolti in tutte le fasi di
programmazione, nel rispetto dei principi della governance multilivello
e includendo le parti sociali e le organizzazioni della società civile. Per la
prima volta a livello di UE, il codice europeo di condotta sul partenariato[2]
fornisce agli Stati membri un modello per raggiungere e coinvolgere tali
partner nell'elaborazione dei programmi nel corso dell'intera fase di
attuazione nonché in quelle di monitoraggio e di valutazione. I partenariati
potrebbero altresì risultare particolarmente efficaci nel realizzare strategie
di sviluppo locale di tipo partecipativo. Nei nuovi regolamenti sono integrate
anche misure volte a potenziare le capacità delle parti sociali e della società
civile. 4. Dalla teoria alla pratica:
nuovi elementi che emergono dai negoziati Al momento
dell'adozione della presente comunicazione, la Commissione aveva ricevuto tutti
i 28 accordi di partenariato (AP) e circa 150 programmi operativi (PO).[3]
Sono in corso negoziati con gli Stati membri e le regioni. Quanto segue
fornisce pertanto solo un'indicazione della misura in cui gli elementi
principali della riforma sono stati integrati nelle nuove strategie e nei nuovi
programmi. Le informazioni
disponibili rivelano alcune tendenze decisamente incoraggianti e alcuni
problemi. Complessivamente,
circa 336 miliardi di euro sono destinati ai programmi nazionali e regionali
nel quadro dell'obiettivo "Investimenti a favore della crescita e
dell'occupazione" (IGJ). Le risorse sono ripartite come segue: 187,5
miliardi di euro al FESR, 63 miliardi di euro al Fondo di coesione e 85
miliardi di euro al FSE, che superano la dotazione minima prevista a livello
giuridico per il FSE, pari a 80 miliardi di euro.[4] Figura 4: Assegnazione alle priorità di finanziamento
per fondo (2014-2020), in% del totale del fondo Circa
124 miliardi di euro sono destinati alle attività di R&S e innovazione,
alle TIC, alle PMI e all'economia a basse emissioni di carbonio, con un aumento
pari a quasi il 22% rispetto al periodo 2007-2013. La maggior parte di tale
importo è finanziato dal FESR (116,5 miliardi di euro) e il resto dal Fondo di
coesione. 98 miliardi di
euro saranno investiti a favore dell'occupazione, dell'inclusione sociale e
delle misure per l'istruzione. La parte preponderante di tale importo viene dal
FSE: occupazione (30,7 miliardi di euro), inclusione sociale (20,9 miliardi di
euro) ed istruzione (26,3 miliardi di euro). 59 miliardi di
euro sono destinati ai trasporti e alle infrastrutture delle reti energetiche:
si tratta di una diminuzione del 21% rispetto al periodo 2007-2013. Circa 4,3
miliardi di euro saranno investiti nel potenziamento delle capacità
istituzionali delle autorità pubbliche e nell'efficienza delle pubbliche
amministrazioni e dei servizi ("buona governance"): ciò
rappresenta un aumento del 72% rispetto al periodo precedente. Il nuovo periodo
di programmazione comporta quindi un chiaro cambiamento di rotta in termini di
priorità di finanziamento rispetto al periodo 2007-2013. Gli Stati membri e le regioni
investiranno di più sulle priorità del FESR (R&S e innovazione, TIC, PMI ed
economia a basse emissioni di carbonio) e sulle priorità del FSE (occupazione,
inclusione sociale, istruzione e governance). Di conseguenza si
ridurranno gli investimenti in infrastrutture di rete e ambientali. La
diminuzione degli investimenti in infrastrutture è particolarmente marcata
negli Stati membri più sviluppati. Figura 5: Assegnazione alle priorità di
finanziamento, periodo 2014-2020 rispetto al periodo 2007-2013, in% del totale La
particolare attenzione riservata dalla Commissione all'economia a basse
emissioni di carbonio si è tradotta in un sostanziale incremento di tale
tipologia di investimento: oltre 38 miliardi di euro contribuiranno al
passaggio ad un'economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai
cambiamenti climatici. Vari paesi hanno posto particolare enfasi
sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle energie rinnovabili. In
alcuni casi è tuttavia necessario chiarire meglio il nesso tra investimenti e
risultati attesi in relazione agli obiettivi in materia di cambiamenti
climatici. Date le sfide
rappresentate dagli elevati tassi di disoccupazione e dall'aumento della
povertà, l'accento sulla crescita inclusiva potrebbe essere maggiore in alcuni
AP. La Commissione ritiene anche che i finanziamenti destinati all'istruzione
non siano al momento sufficienti per attuare le priorità individuate. In alcuni
AP viene attribuita una priorità ridotta alle misure attive di inclusione
sociale. Per garantire migliori risultati a livello sociale e investimenti più
adeguati ai cambiamenti sociali, la riforma della politica sociale va integrata
meglio nell'attività di programmazione. Per quanto
concerne inoltre l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile, le
informazioni pertinenti in alcuni accordi di partenariato e programmi operativi
sono piuttosto generali e non precisano le modalità di realizzazione di tale
nuova iniziativa e del relativo sostegno all'attuazione dei sistemi di garanzia
per i giovani. In alcuni programmi le azioni sostenute dall'iniziativa a favore
dell'occupazione giovanile vanno maggiormente incentrate sul sostegno alla
creazione di posti di lavoro. Nonostante
l'esistenza di una RSP sull'integrazione della minoranza Rom, alcuni Stati membri
non prevedono una priorità specifica per le comunità emarginate, rendendo così
più difficile valutare quanti finanziamenti saranno assegnati a tale settore
d'intervento. Alcuni Stati membri non tengono sufficientemente conto delle
esigenze di questo gruppo destinatario o della necessità di elaborare
ulteriormente la propria strategia e la logica d'intervento. La
modernizzazione amministrativa e la qualità della giustizia sono riconosciuti
come fattori chiave per la competitività e la crescita inclusiva. Molti Stati
membri stanno programmando misure volte a rendere più incisive le proprie
istituzioni pubbliche e a migliorare la loro capacità di realizzare politiche
più efficaci, erogare servizi amministrativi migliori, accelerare i
procedimenti giudiziari, aumentare la trasparenza e l'integrità delle
istituzioni pubbliche nonché favorire una maggiore partecipazione del pubblico
nelle varie fasi di elaborazione delle politiche. In un certo numero di Stati
membri, in cui la riforma della pubblica amministrazione è stata affrontata
come una sfida, non esiste però una strategia ben definita e gli obiettivi sono
incompleti e poco chiari, mentre tali riforme sono indispensabili per sostenere
la crescita, l'occupazione e la competitività. In alcuni di questi Stati membri
manca inoltre un chiaro impegno politico a favore di tali riforme. Emerge con
chiarezza che la necessità di prepararsi agli investimenti adeguandosi alle
condizioni operative prima ancora di procedere all'attuazione del programma è
stata presa sul serio. Il processo non è stato facile e, in molti casi, la
Commissione dovrà concordare piani d'azione per garantire la piena conformità
alle prescrizioni entro scadenze ben definite. Le condizioni che gli Stati
membri hanno trovato particolarmente difficili da soddisfare riguardano settori
in cui devono essere recepite le direttive dell'UE o in cui devono essere
applicati in modo efficace i regolamenti dell'UE. A livello
nazionale e regionale sono state definite strategie di specializzazione
intelligente allo scopo di accelerare la trasformazione economica e ridurre il
divario di conoscenze. È necessario porre maggiormente l'accento su forme di
sostegno meno incisive, sul sostegno alla ricerca orientata al mercato e sulla
collaborazione con le imprese. Sussiste il rischio che il sostegno alle PMI sia
orientato allo status quo e non venga adattato alle loro esigenze e al
potenziale di crescita per assicurare un forte effetto leva e un rapido
assorbimento. Alcuni Stati
membri hanno inoltre elaborato programmi che istituiscono collegamenti chiari
tra l'economia digitale e l'innovazione. Ciò è importante in quanto gli
investimenti nella banda larga ad alta velocità e nelle TIC sono necessari per
superare strozzature specifiche e per promuovere soluzioni orientate al
mercato. Ad esempio, è essenziale concentrarsi sugli investimenti nelle reti a
banda larga di prossima generazione per garantire che le regioni meno
sviluppate non perdano ulteriormente terreno. Anche le sinergie tra la politica
di coesione, il programma Orizzonte 2020 e altri programmi dell'UE sono di
fondamentale importanza nel contesto delle strategie di specializzazione
intelligente a livello regionale e nazionale. Nel periodo
2014-2020 circa 88 programmi in 16 paesi saranno programmi a finanziamento
multiplo, che combinano le risorse del FESR, del Fondo di coesione e del FSE.
Tale fatto dovrebbe incoraggiare un approccio integrato, in grado di riunire
politiche, fondi e priorità di diversa natura. Per rendere la
politica più efficace, orientata ai risultati e basata sulle prestazioni, gli
Stati membri e le regioni dovranno fissare obiettivi e traguardi dettagliati. È
essenziale che i programmi non esprimano le finalità in modo troppo generico e
che comprendano un numero considerevole di possibili azioni intese a mantenere
la massima flessibilità nella selezione dei progetti in una fase successiva.
Questo è un elemento fondamentale: se gli obiettivi e i traguardi non sono
sufficientemente ambiziosi e dettagliati sarà molto difficile sottoporre a valutazione
la politica e promuovere un dibattito pubblico significativo a tale riguardo.
Nel corso del processo negoziale la Commissione si concentrerà su tali rischi. Gli accordi di
partenariato sono stati redatti basandosi ampiamente su un dialogo positivo tra
i partner, sebbene vi siano indicazioni che in alcuni casi tale dialogo è stato
insufficiente, che importanti parti interessate non sono state coinvolte o che
le osservazioni non sono state riprese nelle versioni successive dei documenti.
La Commissione esaminerà molto attentamente le modalità di applicazione da
parte degli Stati membri del codice di condotta sul partenariato, al fine di
garantire una reale partecipazione delle parti interessate. Quale ultimo
aspetto, ma non meno importante degli altri, va osservato che il nuovo periodo
richiede una solida governance e meccanismi di coordinamento a livello
nazionale e regionale al fine di garantire la coerenza tra i programmi, il
sostegno alla strategia Europa 2020 e le RSP nonché di evitare sovrapposizioni
e lacune. Ciò è particolarmente importante in considerazione dell'aumento
complessivo del numero di programmi regionali (per i programmi del FSE si
tratta quasi del 60% rispetto al periodo 2007-2013). 5. Conclusioni Nel periodo
2014-2020 la politica di coesione guiderà le attività di investimento di un
terzo del bilancio dell'UE per contribuire a realizzare gli obiettivi
paneuropei di crescita e creazione di posti di lavoro nonché di riduzione delle
disparità economiche e sociali. Tale politica costituisce inoltre il principale
strumento di investimento a livello di UE al fine di perseguire gli obiettivi
della strategia Europa 2020 e apporta il contributo maggiore in una serie di
settori, tra cui: sostegno alle PMI, R&S e innovazione, investimenti in una
forza lavoro qualificata e competitiva, lotta contro la disoccupazione e
l'esclusione sociale, adattamento ai cambiamenti climatici e ambiente. I modelli
economici forniscono un'indicazione dell'impatto macroeconomico. Si prevede ad
esempio che, grazie alla politica di coesione, nei principali paesi beneficiari
il PIL potrebbe aumentare in media del 2% e l'occupazione dell'1% circa durante
il periodo di attuazione. Gli effetti di
aumento della produttività esplicati dalla politica di coesione continueranno
inoltre a rafforzarsi anche quando i programmi saranno giunti a termine. Si
stima che, entro il 2030, in questi paesi il PIL sarà superiore del 3% rispetto
al livello atteso in assenza di tale politica. Ciò significa che, nel periodo
2014-2030, per ogni euro speso nei principali paesi beneficiari si prevede che
il PIL sia superiore di oltre tre euro. Affinché tali
effetti diventino concreti è tuttavia essenziale che gli Stati membri e le
regioni attuino le riforme e utilizzino questa politica quale strumento di
investimento efficace. Sarà pertanto fondamentale l'esito dei negoziati in
corso per sviluppare strategie solide, individuare un numero limitato di
priorità di investimento principali, determinare obiettivi ambiziosi e
assicurare che le condizioni, a livello locale e globale, massimizzino
l'impatto degli investimenti cofinanziati a titolo della politica di coesione. Nel 2017 la
Commissione presenterà al Parlamento europeo una prima relazione sui progressi
compiuti nell'ambito dei programmi. In tal modo verrà fornita una panoramica
dei progressi realizzati dagli Stati membri e dalle regioni nel conseguimento
degli obiettivi stabiliti nei rispettivi programmi, indicando se essi stiano
dando o no i risultati previsti. [1] Cfr. GU L 347 del 20 dicembre 2013. [2] Cfr. il regolamento delegato della Commissione del 7.1.2014, C
(2013) 9651 final. [3] Quattro AP sono già stati adottati dalla Commissione. [4] Le risorse finanziarie per l'obiettivo IGJ comprendono il FESR (ad
esclusione del sostegno per la cooperazione territoriale europea), il FSE e il
Fondo di coesione. Le cifre riflettono la situazione a partire dal
1º giugno e possono ancora cambiare nel contesto dei negoziati sui
programmi.