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Document 52013SC0362

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2013 dell'ITALIA che accompagna il documento Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2017

/* SWD/2013/0362 final */

52013SC0362

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2013 dell'ITALIA che accompagna il documento Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2017 /* SWD/2013/0362 final */


Indice

Sintesi. 3

1........... Introduzione. 5

2........... Sviluppi economici e sfide. 8

2.1........ Sviluppi economici recenti e prospettive. 8

2.2........ Sfide. 9

3........... Valutazione del programma di politiche. 14

3.1........ Politica di bilancio e fiscale. 14

3.2........ Settore finanziario. 21

3.3........ Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali 23

3.4........ Misure strutturali a favore della crescita e della competitività. 28

3.5........ Modernizzazione della pubblica amministrazione. 33

4........... Tabella riepilogativa. 37

5........... Allegato. 42

Sintesi

Prospettive economiche

L'Italia sta attraversando una fase prolungata di recessione. Nel 2012 il PIL reale dell'Italia ha subito una contrazione del 2,4% a causa di una domanda interna negativa dovuta a condizioni di finanziamento rigide e alla diminuzione del reddito disponibile. Per il 2013 si prevede un ulteriore calo dell'attività economica, seguito da una leggera ripresa nella seconda metà dell'anno. Secondo le proiezioni, la disoccupazione, che colpirà soprattutto i giovani, continuerà ad aumentare e il relativo tasso dovrebbe raggiungere il 12,2% nel 2014.

Questioni fondamentali

La capacità dell'Italia di resistere all'impatto della crisi è frenata da carenze strutturali di lunga data. Il secondo esame approfondito presentato il 10 aprile dalla Commissione individua nell'elevato debito pubblico e nella perdita di competitività esterna, riconducibile alla crescita debole della produttività, i principali squilibri macroeconomici dell'economia italiana, che richiederanno un monitoraggio e un intervento risoluto.

Negli ultimi dodici mesi l'Italia ha adottato una serie di misure pertinenti e ambiziose per tutelare la sostenibilità di bilancio e incentivare la crescita. L'Italia ha preso provvedimenti per correggere il disavanzo pubblico eccessivo, rafforzare il quadro di bilancio, aumentare l'adempimento fiscale, migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e il quadro per la determinazione dei salari, stimolare la concorrenza nei settori fondamentali dell'economia e migliorare il contesto in cui operano le imprese, anche in termini di efficienza della pubblica amministrazione. Queste misure mirano ad applicare le raccomandazioni specifiche per paese del 2012 e possono contribuire ad affrontare molte delle sfide che si pongono all'economia.

L'attuazione delle misure adottate rimane però problematica e bisogna portare avanti il programma di riforme. Ritardi nell'adozione delle disposizioni legislazione attuative, o un'applicazione parziale della normativa, impediscono di sfruttare appieno i potenziali vantaggi di numerose misure. Vi è inoltre margine per ulteriori interventi nei seguenti settori:  

· finanze pubbliche: stando alle previsioni di primavera 2013 della Commissione, nel 2012 l'Italia ha corretto il suo disavanzo eccessivo in modo duraturo, ferma restando un'attuazione rigorosa dello sforzo di risanamento avviato nel 2011-2012. Nonostante il risanamento di bilancio, l'elevato rapporto debito pubblico/PIL, che nel 2014 dovrebbe raggiungere un picco del 132,2%, grava ancora pesantemente sull'economia italiana. Se da un lato, la debole crescita rende più difficile riportare le finanze pubbliche sulla via della sostenibilità, dall'altro il debito pubblico elevato può compromettere le prospettive di crescita, frenare la domanda interna e sottrarre risorse per la spesa pubblica produttiva;

· fiscalità: In Italia l'elevato carico fiscale grava tuttora pesantemente sul lavoro e sul capitale. Anche se, nell'attuale contesto di bilancio, la riduzione del carico fiscale globale non è ipotizzabile a breve-medio termine, c'è modo di migliorare l'efficienza del sistema tributario.  La lotta contro l'evasione fiscale, l'economia sommersa e il lavoro non dichiarato contribuirebbe ad abbassare le elevate aliquote di legge applicate ai contribuenti diligenti;

· settore bancario: anche se il settore bancario italiano ha dato prova di resilienza all'indomani della crisi finanziaria mondiale, la prolungata recessione ha compromesso la qualità delle attività e ridotto la redditività delle banche, ostacolando l'erogazione di prestiti all'economia e in particolare alle PMI;

· mercato del e coesione sociale: la disoccupazione giovanile, che nel 2012 è arrivata al 35,3%, e la partecipazione ancora bassa delle donne alla forza lavoro rappresentano un'occasione persa per l'economia italiana, specialmente nel Mezzogiorno. Se sarà attuata efficacemente, la riforma del giugno 2012 può contribuire ad ovviare alle rigidità e alla segmentazione del mercato del lavoro. Inoltre, il fatto che negli ultimi dieci anni la dinamica salariale non abbia riflettuto adeguatamente l'andamento deludente della produttività dell'Italia ha determinato un aumento sostenuto del costo del lavoro per unità di prodotto e una perdita di competitività di costo. Occorre adeguare il quadro per la determinazione dei salari in linea con i recenti accordi fra le parti sociali. Infine, poiché la prolungata recessione ha accentuato il rischio di povertà e di esclusione sociale, è di fondamentale importanza impostare il programma di riforme secondo i principi dell'equità sociale nonché migliorare l'efficienza e l'efficacia del sistema di protezione sociale;

· istruzione: sebbene sia stata adottata qualche misura per migliorare il sistema di istruzione, l'elevato tasso di abbandono scolastico e il basso tasso di istruzione terziaria indicano che l'Italia accusa un ritardo rispetto ad altri paesi dell'UE. È inoltre dimostrata la difficoltà di passare dalla scuola al lavoro, anche per i giovani molto qualificati;

· apertura del mercato dei servizi e delle industrie di rete: negli anni scorsi sono state adottate diverse misure volte ad aprire alla concorrenza i servizi e le industrie di rete, la cui corretta attuazione è fondamentale perché le riforme diano risultati. La persistenza di segmenti di mercato protetti nei servizi e nelle industrie di rete, a cui si aggiungono strozzature infrastrutturali in quest'ultimo settore, si traduce in costi più elevati per famiglie e imprese, specialmente nel settore dell'energia;

· pubblica amministrazione: nonostante le riforme intraprese in questo settore, le carenze della pubblica amministrazione contribuiscono tuttora a creare un contesto imprenditoriale sfavorevole, scoraggiano gli investimenti diretti esteri e ostacolano l'attuazione delle riforme. Le principali carenze riguardano la lunghezza dei procedimenti civili e la natura complessa, e spesso opaca, del quadro amministrativo e normativo ai vari livelli di governo. Le lacune in termini di capacità amministrativa impediscono inoltre l'uso efficiente dei fondi strutturali, specialmente nel Mezzogiorno.

1. Introduzione

Nel maggio 2012 la Commissione ha proposto una serie di raccomandazioni specifiche relative alle politiche di riforma economica e strutturale dell'Italia[1]. Sulla base di queste raccomandazioni, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato sei raccomandazioni specifiche per paese, sotto forma di raccomandazione del Consiglio[2], riguardanti le finanze pubbliche, il quadro di bilancio, i fondi strutturali, l'istruzione, il mercato del lavoro, la fiscalità, la concorrenza e il contesto imprenditoriale. Il presente documento di lavoro dei servizi della Commissione valuta lo stato di attuazione di queste raccomandazioni in Italia.

Il documento di lavoro esamina le misure adottate alla luce delle conclusioni dell'analisi annuale della crescita della Commissione per il 2013[3] e della seconda relazione annuale sul meccanismo di allerta[4], pubblicate nel novembre 2012. L'analisi annuale della crescita contiene le proposte della Commissione volte al raggiungimento della necessaria intesa comune circa le priorità degli interventi da realizzare nel 2013 a livello UE e nazionale. L'analisi individua cinque priorità per guidare gli Stati membri verso una ripresa della crescita: portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita; ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia; promuovere la crescita e la competitività nell'immediato e per il futuro; lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi; modernizzare la pubblica amministrazione. La relazione sul meccanismo di allerta funge da primo filtro per accertare la presenza di squilibri o di eventuali rischi in tal senso negli Stati membri. Secondo la relazione vi sono segnali che indicano che gli squilibri macroeconomici in Europa sono in via di correzione. Per garantire un riequilibrio completo e duraturo, si è deciso di esaminare gli sviluppi registrati in Italia e in altri 13 Stati membri per quanto riguarda l'accumulazione e la correzione degli squilibri[5].

Sulla base della raccomandazione del Consiglio del 2012, dell'analisi annuale della crescita e della relazione sul meccanismo di allerta, il 23 aprile 2013 l'Italia ha presentato gli aggiornamenti del suo programma nazionale di riforma (PNR) e del suo programma di stabilità. I programmi sono stati approvati formalmente dal Parlamento italiano il 7 maggio 2013 al termine di un iter parlamentare durante il quale sono state consultate le parti sociali e le amministrazioni regionali e locali. I programmi contengono informazioni dettagliate sui progressi registrati dal luglio 2012 e indicano le riforme da attuare in futuro, senza però stabilire un piano d'azione preciso a causa dell'incertezza politica che regnava al momento della loro pubblicazione. La valutazione eseguita nel presente documento di lavoro si basa sulle informazioni contenute nei programmi e sul programma di riforma definito dal nuovo governo.

Valutazione globale

Dalla valutazione della Commissione emerge che l'Italia ha compiuto qualche passo avanti verso la realizzazione delle raccomandazioni specifiche contenute nella raccomandazione del Consiglio. Malgrado i notevoli sforzi profusi per affrontare le questioni individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese del 2012, i progressi sono stati ostacolati da carenze a livello di attuazione e dal persistere, o dall'aggravarsi, di diverse sfide fondamentali.

Le misure politiche ambiziose e di vasta portata adottate finora sono considerate pertinenti per affrontare le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese del 2012 e realizzare le priorità definire nell'analisi annuale della crescita. L'ambiziosa strategia di risanamento di bilancio e le misure volte a migliorare l'efficienza della spesa pubblica, a rafforzare il quadro di bilancio e a migliorare l'adempimento fiscale testimoniano l'impegno dell'Italia a riportare le finanze pubbliche sulla via della sostenibilità, conditio sine qua non per consolidare la fiducia del mercato e la stabilità macroeconomica. A livello strutturale, sono state adottate misure fondamentali per eliminare gli ostacoli più radicati alla crescita dell'Italia. Queste misure mirano a: stimolare la concorrenza nei mercati dei prodotti e dei servizi, comprese le industrie di rete; migliorare l'efficienza del sistema di istruzione; ovviare alla segmentazione del mercato del lavoro; favorire l'adeguamento dei salari alle condizioni economiche e concorrenziali; incentivare l'innovazione; migliorare la qualità del contesto imprenditoriale e l'assorbimento dei fondi strutturali.

L'attuazione delle misure adottate, a tutti i livelli di governo e da parte di tutti i soggetti interessati, rimane problematica e comporta rischi in termini di credibilità dell'intervento, a prescindere dalla pertinenza e dall'ambizione delle riforme di bilancio e strutturali. Nel caso dell'Italia, l'attuazione rimane problematica da tre punti di vista. In primo luogo, anche se gran parte delle misure adottate è già operativa, altre misure, in particolare quelle che riguardano il mercato del lavoro, le industrie di rete e la semplificazione amministrativa, richiedono ancora l'adozione di disposizioni attuative[6]. La questione è particolarmente urgente per quanto riguarda alcune disposizioni importanti per le quali il termine per la specificazione attraverso il diritto derivato è già scaduto. In secondo luogo, è fondamentale garantire e monitorare l'adeguata applicazione concreta delle misure adottate. A tal fine, sono indispensabili uno stretto coordinamento tra autorità centrali, regionali e locali e l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate. Negli ultimi mesi, infine, l'applicazione di alcune disposizioni importanti in materia di concorrenza e giustizia civile ha subito una battuta d'arresto e alcune misure rilevanti proposte dal governo in materia di fiscalità e semplificazione amministrativa devono ancora essere approvate dal Parlamento italiano.

Occorre portare avanti il programma di riforma per affrontare i restanti gravi problemi che affliggono l'economia italiana. Il debito pubblico elevato continua a gravare pesantemente sull'economia italiana, soprattutto in un contesto di crescita lenta. È pertanto indispensabile portare avanti l'aggiustamento di bilancio affinché il rapporto debito/PIL si avvii su un percorso di riduzione continua, con ricadute positive sulla fiducia e sulla crescita. Per garantire un risanamento di bilancio equo e favorevole alla crescita, come raccomandato nell'analisi annuale della crescita, c'è ancora margine per migliorare l'efficienza della spesa e del sistema fiscale proseguendo con determinazione la lotta contro l'evasione fiscale, il lavoro non dichiarato e l'economia sommersa. Altre sfide fondamentali consistono nel: rendere il mercato del lavoro più inclusivo, con particolare attenzione ai giovani e alle donne; migliorare l'efficienza e la qualità del sistema di istruzione, anche per facilitare il passaggio alla vita professionale; promuovere ulteriormente la concorrenza nel terziario e nelle industrie di rete; rafforzare il contesto imprenditoriale, anche migliorando l'efficienza della pubblica amministrazione; garantire una gestione efficiente dei fondi strutturali. Inoltre, è importante sostenere la capacità del settore bancario di finanziare l'economia e agevolare il necessario aggiustamento; in parallelo occorre sfruttare le forme alternative di finanziamento per le imprese.  Un'azione combinata a livello di istruzione, funzionamento del mercato e finanziamento delle imprese potrebbe contribuire a migliorare le scarse prestazioni dell'Italia nel campo della ricerca e dell'innovazione. Dato infine che il protrarsi della recessione in Italia incide sul reddito disponibile delle famiglie e sulle opportunità di lavoro, accentuando il rischio di povertà e di esclusione sociale, occorre impostare il programma di riforme secondo i principi dell'equità sociale nonché migliorare l'efficienza e l'efficacia del sistema di protezione sociale. Il programma nazionale di riforma presentato dall'Italia indica i settori in cui occorre mantenere lo slancio delle riforme, compatibilmente con i vincoli della strategia di risanamento di bilancio contenuta nel programma di stabilità, per avviare un processo di riduzione dell'elevatissimo rapporto debito pubblico/PIL. Sebbene il livello di ambizione dei piani contenuti nei programmi sia stato limitato dall'incertezza che caratterizzava il contesto politico al momento della presentazione, il nuovo governo ha annunciato un rafforzamento del programma di riforme strutturali, confermando al tempo stesso gli obiettivi di bilancio indicati nel programma di stabilità. Si è fatto un primo passo in questa direzione con l'adozione, il 17 maggio, di un decreto-legge contenente nuove disposizioni riguardanti l'imposta sui beni immobili e l'estensione della cassa integrazione guadagni per i lavoratori sottoccupati, di cui si tiene conto nella presente valutazione.

2. Sviluppi economici e sfide

2.1. Sviluppi economici recenti e prospettive

Sviluppi economici recenti

L'Italia sta attraversando una fase prolungata di recessione. Il PIL reale dell'Italia si è ridotto fortemente nel corso della crisi economica e finanziaria del 2008-2009. La ripresa che è seguita è stata modesta e di breve durata: l'attività economica ha iniziato nuovamente a rallentare nella seconda metà del 2011, quando la crisi del debito sovrano della zona euro si è allargata all'Italia. Nel 2012 l'attività economica ha subito una contrazione del 2,4% riconducibile al forte calo della domanda interna dovuto alla notevole incertezza, a condizioni di finanziamento rigide e alla diminuzione dei redditi disponibili. Anche l'occupazione è diminuita, più in termini di ore lavorate che per quanto riguarda il numero di occupati, sceso dello 0,3%. Combinata ad una partecipazione più elevata dei giovani e dei lavoratori più anziani, nel 2012 questa tendenza si è tradotta in un aumento del tasso medio di disoccupazione al 10,7%. I giovani sono stati particolarmente colpiti, raggiungendo nel 2012 un tasso di disoccupazione del 35,3%.

Prospettive economiche

Le previsioni di primavera 2013 della Commissione confermano la persistenza di una notevole incertezza circa le prospettive di ripresa. Il persistere dell'incertezza e delle difficoltà di accesso al credito dovrebbero determinare un'ulteriore contrazione del PIL reale dell'1,3% nel 2013. Si conferma che l'attività economica rallenterà nella prima metà dell'anno a causa della scarsa fiducia di consumatori e imprese. Il rimborso dei debiti commerciali dello Stato dovrebbe tuttavia favorire una timida ripresa a partire dal terzo trimestre del 2013 e per la seconda metà dell'anno si prevede una stabilizzazione degli investimenti e dei consumi privati, sempre che non si verifichino altre tensioni sui mercati finanziari e che si instauri un clima di maggiore fiducia. Nel 2014 il graduale miglioramento delle condizioni di finanziamento sosterrà la domanda interna, in particolare gli investimenti nelle attrezzature. A livello esterno, la prevista accelerazione del commercio mondiale incentiverà le esportazioni, specialmente quelle destinate ai partner commerciali extra-UE. Nel complesso per il 2014 si prevede una crescita del PIL reale dello 0,7%.

L'occupazione è destinata a subire un'ulteriore contrazione nel 2013. A fronte di un'ulteriore contrazione dell'attività economica, nel 2013 l'occupazione dovrebbe continuare a diminuire, mentre si prevede una stabilizzazione nel 2014. Il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare ulteriormente, superando il 12% entro il 2014. Un aggiustamento dell'occupazione presuppone una qualche ripresa della produttività del lavoro. Visto che la crescita dei salari rimane limitata, nel periodo 2013-2014 l'aumento del costo nominale del lavoro per unità di prodotto dovrebbe scendere all'1% circa.

Le prospettive macroeconomiche indicate dal governo italiano sono considerate plausibili per il 2013 e ottimistiche per il 2014. Il programma di stabilità dell'Italia copre il periodo 2013-2017. Le proiezioni macroeconomiche per l'anno in corso sono sostanzialmente in linea con le proiezioni contenute nelle previsioni di primavera 2013 della Commissione, mentre per il 2014 indicano una ripresa economica più forte, trainata dalla domanda interna. Negli ultimi anni del programma, il PIL reale dovrebbe continuare a crescere a ritmo sostenuto, anche grazie al previsto impatto delle riforme strutturali adottate. In linea con lo scenario macroeconomico sottostante, il programma prevede una ripresa dell'occupazione a partire dall'anno prossimo; nel 2014 il tasso di disoccupazione dovrebbe raggiungere un picco dell'11,8% per poi diminuire in maniera costante. Queste prospettive presuppongono altresì un sostanziale equilibrio delle partite correnti nel periodo coperto dal programma.

Un'attuazione adeguata e tempestiva delle misure strutturali potrebbe avere un impatto considerevole sulla crescita economica. Il programma nazionale di riforma stima l'impatto delle misure adottate in relazione al mercato del lavoro, al mercato dei prodotti e al contesto imprenditoriale a 1,6 punti percentuali nel 2015, a 3,9 punti percentuali nel 2020 e a 6,9 punti percentuali nel lungo periodo. Le simulazioni del Fondo monetario internazionale indicano un'incidenza ancora più forte sulla crescita economica[7].

2.2. Sfide

Il debito pubblico elevato e la scarsa produttività, che si riflette nel calo della competitività esterna, gravano pesantemente sulle prospettive economiche a lungo termine dell'Italia. L'economia italiana risente ancora del livello elevato del suo debito pubblico, associato a una crescita tuttora lenta a causa della scarsa produttività, che a sua volta ha provocato una diminuzione della competitività esterna e la perdita di quote del mercato delle esportazioni.

Le carenze strutturali sono all'origine della debole produttività e della perdita di competitività esterna. Come analizzato in dettaglio nell'esame approfondito (si veda il riquadro 1), la stagnazione della produttività totale dei fattori, che è all'origine dei mediocri risultati dell'Italia in termini di produttività, è fortemente correlata all'incapacità di molte imprese italiane di crescere e operare sui mercati internazionali. All'origine del problema sono una capacità di innovazione limitata, gli ostacoli istituzionali e normativi alla crescita delle imprese, le obsolete prassi di governo societario delle imprese e gli elevati costi dell'attività imprenditoriale. Un'altra causa è l'esposizione dell'Italia alla concorrenza dei paesi emergenti, dato il contenuto tecnologico prevalentemente medio-basso delle sue esportazioni.

Il debito pubblico elevato rimane una notevole fonte di vulnerabilità per l'economia italiana, soprattutto in un contesto di persistente crescita lenta. Con il 127% del PIL nel 2012, l'Italia presenta il secondo rapporto debito pubblico/PIL più elevato della zona euro. Se da un lato, la debole crescita rende più difficile riportare le finanze pubbliche sulla via della sostenibilità, dall'altro un debito pubblico elevato può compromettere le prospettive di crescita. In particolare, l'elevato livello di imposizione necessario per il servizio del debito deprime la domanda interna e potrebbe aumentare i costi distorsivi della tassazione, mentre l'elevata spesa per interessi sottrae risorse per la spesa pubblica produttiva e riduce il margine per le politiche sociali. La situazione è ulteriormente aggravata dall'inefficienza della spesa pubblica in molti settori. Nel corso degli ultimi due anni il circolo vizioso tra debito elevato e crescita modesta ha accentuato le preoccupazioni dei mercati finanziari in merito alla sostenibilità del debito. Il netto aumento del premio di rischio sul debito sovrano nel periodo 2011-2012 si è tradotto in un aumento del costo del denaro per il settore privato, che ha ostacolato gli investimenti produttivi. Sebbene le tensioni sui mercati finanziari si siano allentate dalla seconda metà del 2012, l'Italia rimane vulnerabile agli improvvisi cambiamenti del sentimento del mercato.

Le sfide individuate nel documento di lavoro del 2012[8] per l'Italia rimangono critiche e la crisi esercita pressioni sia sul settore bancario che sulla coesione sociale. Il documento di lavoro del 2012 aveva individuato sfide a livello di fiscalità, mercato del lavoro, istruzione, concorrenza ed efficienza della pubblica amministrazione, che permangono e, in alcuni casi, sono ancora più accentuate nel Mezzogiorno. Adottando misure per affrontarle, tenendo conto anche delle disparità regionali, si contribuirà a ridurre il persistente divario economico Nord-Sud. Ulteriori problemi derivano dal deterioramento della qualità delle attività bancarie e dal crescente rischio di povertà e di esclusione sociale dovuto alla prolungata recessione.

La struttura del sistema fiscale è sbilanciata verso imposte distorsive che incidono sui fattori di produzione e la ripartizione non è equa a causa della forte evasione fiscale.  Anche se, nell'attuale situazione di bilancio, la riduzione del carico fiscale globale non è ipotizzabile a breve-medio termine, c'è modo di migliorare l'efficienza del sistema tributario e di ridurre le distorsioni. In Italia l'elevato carico fiscale grava pesantemente sul lavoro e sul capitale. Per contro, l'aliquota implicita sul consumo rimane bassa rispetto alla media della zona euro, soprattutto a causa dell'erosione della base imponibile causata dall'ampio ricorso a esenzioni fiscali e aliquote ridotte e dell'evasione fiscale. Nel 2012 l'imposta sui beni immobili, annoverata fra quelle meno dannose per la crescita, è stata allineata con la media dell'UE, ma occorre allineare la base imponibile ai valori di mercato per renderla più equa. La diffusa evasione fiscale e la vasta economia sommersa contribuiscono all'applicazione di aliquote di legge elevate ai cittadini e alle imprese in regola. I costi di conformità e i costi amministrativi della riscossione delle imposte si collocano nell'intervallo superiore dello spettro dell'UE.

L'occupazione dei giovani, delle donne e dei lavoratori più anziani e la loro partecipazione al mercato del lavoro rimangono nettamente al di sotto della media UE. In un mercato del lavoro ancora segmentato, la vulnerabilità dei giovani rimane fonte di preoccupazione (nel 2012 il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 35,3% e nel 2011 più di uno su cinque tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni in Italia non era né in formazione né occupato), mentre il basso tasso di partecipazione e di occupazione femminile, dovuto anche all'offerta insufficiente di servizi di custodia, rappresenta un'occasione mancata per l'economia e un rischio per il benessere delle famiglie e dei bambini. Questi problemi sono particolarmente sentiti nelle regioni meridionali, dove il mediocre funzionamento del mercato del lavoro rispecchia le difficili condizioni economiche generali. Dopo l'ultima riforma delle pensioni adottata nel 2011, che ha ulteriormente innalzato l'età pensionabile prevista per legge, si conferma la difficoltà di garantire l'occupabilità dei lavoratori più anziani e di offrire loro opportunità adeguate. L'occupazione sommersa, infine, rimane un fenomeno preoccupante in Italia.

La perdita di competitività esterna dell'economia italiana richiede aggiustamenti anche a livello di fissazione dei salari. Il fatto che negli ultimi anni la dinamica salariale non abbia riflettuto adeguatamente l'andamento deludente della produttività dell'Italia ha determinato un aumento sostenuto del costo del lavoro per unità di prodotto e una perdita di competitività di costo. In Italia il livello dominante della contrattazione collettiva resta quello nazionale, benché dall'inizio degli anni '90 cambiamenti importanti del quadro della contrattazione abbiano favorito il progressivo spostamento verso il livello aziendale. Questo impedisce di allineare meglio i salari in funzione della situazione economica e della competitività locali o delle imprese, mentre i salari negoziati a livello settoriale nazionale in base all'inflazione attesa potrebbero non essere in linea con la necessità dell'Italia di riconquistare competitività di costo rispetto ai suoi partner commerciali.

La debole dotazione di capitale umano dell'Italia frena l'innovazione e i giovani laureati hanno difficoltà a inserirsi nel mercato occupazionale. La spesa pubblica italiana per l'istruzione in percentuale del PIL è fra le più basse dell'UE, specialmente per quanto riguarda l'istruzione terziaria. Con un tasso del 17,6% nel 2012, l'Italia presenta una situazione nettamente peggiore della media UE in termini di abbandono scolastico, soprattutto al Sud, che si traduce in mancanza di competenze di base. L'Italia registra inoltre il tasso più basso dell'UE di istruzione terziaria dei giovani compresi nella fascia di età 30-34 anni e la partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente è inferiore alla media dell'UE. Questo basso livello di competenze è indubbiamente all'origine della limitata capacità di innovazione dell'economia, come dimostra la debole intensità di ricerca e di innovazione delle imprese italiane. Si registrano anche difficoltà nel passaggio dalla scuola al lavoro, anche per i giovani molto qualificati, aggravate dagli effetti della crisi economica: nel 2012 quasi un giovane laureato su cinque era disoccupato.

La coesione sociale risente della crisi economica e il rischio di povertà e di esclusione sociale è in forte aumento. Come evidenziato nell'analisi annuale della crescita, affrontare le conseguenze sociali della crisi rappresenta una sfida fondamentale. Il protrarsi della recessione ha aumentato il rischio di povertà e di esclusione sociale, che nel 2011 riguardava più di una persona su quattro. Inoltre il rischio di trovarsi in situazione di povertà è elevato e poche sono le persone che riescono a uscirne. Gli sviluppi economici del 2012 indicano un'ulteriore erosione del reddito disponibile delle famiglie a cui il sistema di protezione sociale, fortemente incentrato su una spesa pensionistica basata sui diritti, non riesce a far fronte.

Nonostante le misure prese finora, l'economia italiana rimane caratterizzata da ostacoli alla concorrenza e da carenze infrastrutturali. La persistenza di segmenti di mercato protetti in alcuni settori del terziario e in alcune industrie di rete fa aumentare i costi dei fattori di produzione per i servizi destinabili alla vendita. I prezzi elevati dell'elettricità e del gas per le famiglie e le industrie riflettono non solo la concorrenza limitata nel settore del gas, ma anche strozzature infrastrutturali. L'inadeguatezza delle infrastrutture caratterizza i trasporti, in particolare i sistemi intermodali, ma anche i porti e le ferrovie: l'Italia fa parte dei cinque Stati membri meno efficienti in termini di qualità e densità delle infrastrutture.  Le prestazioni dell'Italia nel settore delle telecomunicazioni sono molto mediocri per quanto riguarda la penetrazione e la copertura della banda larga, soprattutto quella ad alta velocità. Questo può essere dovuto a una serie di ostacoli alla concorrenza tra piattaforme e a una conoscenza insufficiente delle tecnologie di informazione e comunicazione tra la popolazione.

Le carenze della pubblica amministrazione contribuiscono tuttora a creare un contesto imprenditoriale sfavorevole e ostacolano la piena attuazione delle misure adottate. Nonostante gli sforzi profusi per modernizzarla, in linea con l'analisi annuale della crescita, la pubblica amministrazione italiana presenta diverse carenze, in particolare la lunghezza dei procedimenti civili, le questioni irrisolte in termini di lotta alla corruzione, i notevoli ritardi nel pagamento di beni e servizi acquistati a imprese private, le procedure troppo complesse nel settore degli appalti pubblici e la sussistenza di un quadro amministrativo e normativo pesante e complesso a diversi livelli di governo. Queste carenze incidono sull'attuazione delle riforme adottate, limitandone l'efficacia, e sulla qualità del contesto imprenditoriale, scoraggiano gli investimenti diretti esteri, impedendo quindi all'Italia di sfruttarne gli effetti positivi in termini di competitività e innovazione, e sono all'origine del funzionamento inefficiente dei servizi pubblici per l'impiego in tutto il paese. Le gravi lacune in termini di capacità amministrativa continuano inoltre a ostacolare l'uso efficiente dei fondi strutturali, specialmente nel Mezzogiorno.

La resilienza delle banche italiane è diminuita dalla metà del 2011. Anche se il settore bancario italiano ha dato prova di resilienza all'indomani della crisi finanziaria mondiale, il protrarsi della recessione economica ha inciso sulla qualità delle sue attività. Come evidenziato nell'esame approfondito 2013 per l'Italia (si veda il riquadro 1), questo rende difficile erogare prestiti all'economia, e in particolare alle PMI. L'analisi annuale della crescita considera prioritario il ripristino della normale erogazione di prestiti all'economia.

            Riquadro 1 – Sintesi dell'esame approfondito 2013 nell'ambito dalla procedura per gli squilibri macroeconomici · Il secondo esame approfondito per l'Italia, presentato dalla Commissione il 10 aprile scorso, conclude che l'economia italiana presenta squilibri macroeconomici che richiedono un monitoraggio e un intervento deciso. L'elevato debito pubblico dell'Italia, la perdita di competitività esterna e la sottostante debolezza della produttività costituiscono i principali squilibri macroeconomici. In particolare, la costante debolezza della produttività, che deriva dalle carenze strutturali e non si riflette adeguatamente nella dinamica salariale, ha determinato un aumento del costo del lavoro per unità di prodotto i cui effetti sono stati ulteriormente accentuati da un forte apprezzamento del tasso di cambio effettivo nominale dell'Italia tra il 2003 e il 2009. · La scarsa produttività del paese è dovuta, tra l'altro, a un modello sfavorevole di specializzazione merceologica e alle limitate capacità di crescita delle imprese italiane. Il modello di specializzazione dell'Italia è molto simile a quello dei mercati emergenti: il valore aggiunto viene per lo più generato in settori tradizionali a contenuto tecnologico relativamente basso, principalmente a causa delle limitate capacità di innovazione delle imprese italiane. L'esame approfondito analizza il ruolo delle microimprese e delle piccole imprese nell'economia italiana, sostenendo che la loro predominanza è all'origine delle difficoltà delle imprese italiane di crescere e operare a livello internazionale, a causa di ostacoli istituzionali e normativi, delle caratteristiche strutturali e di un contesto imprenditoriale sfavorevole. Questi fattori limitano anche l'afflusso di investimenti diretti esteri, il che impedisce all'Italia di sfruttarne i benefici diretti e indiretti: il trasferimento di capitali e di conoscenze, la maggiore partecipazione al commercio mondiale e l'impulso alla creazione di un contesto imprenditoriale di maggiore competitività e di moderna gestione d'impresa. · La resilienza del settore bancario italiano è diminuita a partire dalla metà del 2011, compromettendo la capacità delle banche di sostenere l'attività economica e l'aggiustamento. La perdita dell'accesso delle banche italiane alla raccolta all'ingrosso a livello internazionale, a seguito del propagarsi all'Italia della crisi del debito sovrano della zona euro, ha fatto crescere in misura significativa la dipendenza del settore dal rifinanziamento dell'Eurosistema. A causa della recessione a doppia v che ha accresciuto il rischio di credito nel settore privato, le banche italiane si sono ritrovate con un ingente stock di crediti in sofferenza. Questa situazione ha portato ad una protratta contrazione del credito, mentre il costo medio dei nuovi crediti rimane elevato, nonostante la politica monetaria accomodante nella zona euro. · La persistenza di gravi vulnerabilità nell'economia italiana si traduce in sfide politiche in un gran numero di settori. Il presente documento di lavoro esamina le possibilità di intervento che possono ancora essere utilizzate, a livello di bilancio e strutturale, per aumentare la capacità di aggiustamento dell'economia italiana.

3. Valutazione del programma di politiche 3.1. Politica di bilancio e fiscale

Sviluppi di bilancio e dinamica del debito

Il programma di stabilità prevede una diminuzione costante del disavanzo nominale rispetto al 3% del PIL nel 2012 e ribadisce l'obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali dal 2013. Il nuovo governo italiano ha confermato gli obiettivi di bilancio del programma di stabilità, già approvati il 7 maggio dal Parlamento. Il disavanzo registrato nel 2012, pari al 3,0% del PIL, è stato nettamente superiore all'1,7% previsto nell'aggiornamento 2012 del programma di stabilità ed ha superato anche l'obiettivo riveduto del 2,6% pubblicato a settembre. Questo è dovuto in gran parte a una crescita inferiore alle previsioni, specialmente della domanda interna, che ha notevolmente rallentato la dinamica del reddito. Per il 2013 il programma punta a un disavanzo del 2,9% del PIL. Questa cifra tiene conto dell'impatto del rimborso dei debiti commerciali, che dovrebbe far aumentare il disavanzo dello 0,5% del PIL. Il decreto-legge adottato il 17 maggio sospende la rata di giugno dell'imposta municipale propria sull'abitazione principale, impegnando al tempo stesso il governo ad attuare una riforma generale della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare[9], ed estende la cassa integrazione guadagni ai lavoratori che non erano coperti per il 2013 mediante una riallocazione delle risorse di bilancio disponibili. Secondo le proiezioni del programma nel 2014 il disavanzo dovrebbe scendere all'1,8% del PIL. A più lungo termine, il rapporto disavanzo/PIL dovrebbe registrare una diminuzione costante, per arrivare allo 0,4% entro il 2017, grazie anche a misure non specificate equivalenti a 0,6 punti percentuali del PIL in termini cumulati nel periodo 2015‑2017. Il programma conferma l'obiettivo a medio termine per l'Italia di un pareggio strutturale di bilancio, che si prevede di raggiungere e mantenere a partire dal 2013,il che è conforme agli obiettivi del patto di stabilità e crescita, in particolare la necessità di avviare il rapporto debito/PIL su un percorso di riduzione continua.

Stando alle previsioni di primavera 2013 della Commissione, nel 2012 l'Italia ha corretto il suo disavanzo eccessivo in modo duraturo, ferma restando la piena attuazione delle misure di risanamento adottate nel 2011-2012. Secondo le previsioni di primavera 2013 della Commissione, quest'anno il disavanzo dovrebbe essere pari al 2,9% del PIL, in linea con l'obiettivo del governo, e scendere al 2,5% del PIL nel 2014 (ossia 0,7 punti percentuali del PIL in più rispetto all'obiettivo del governo) a causa della ripresa economica più lenta ipotizzata nelle previsioni della Commissione. L'obiettivo del governo e le previsioni di primavera 2013 della Commissione tengono conto della piena attuazione delle misure di risanamento adottate nel 2011-2012, in particolare l'ulteriore contenimento della spesa realizzato con la spending review, l'aumento dell'1% dell'aliquota IVA ordinaria, che viene portata al 22% dal luglio 2013, e l'entrata in vigore di imposte nuove o maggiorate sulle attività e sulle transazioni finanziarie, nonché sui servizi pubblici locali. Si ritiene che, se sarà applicato correttamente, il decreto-legge adottato il 17 maggio, cioè dopo le previsioni di primavera 2013 della Commissione, non altererà in misura considerevole le proiezioni relative al disavanzo 2013.

Nel 2012 l'Italia ha notevolmente migliorato il saldo strutturale. Nel 2012 il saldo strutturale dell'Italia, cioè il saldo delle amministrazioni pubbliche corretto per il ciclo al netto  delle misure una tantum, ha registrato un notevole miglioramento pari a 2¼ punti percentuali del PIL potenziale. Il saldo strutturale ricalcolato dalla Commissione secondo la metodologia concordata, sulla base delle informazioni contenute nel programma di stabilità, dovrebbe registrare quest'anno un ulteriore miglioramento dell'1,0% del PIL, in linea con le previsioni di primavera 2013 della Commissione[10]. Secondo il programma di stabilità, nel 2014 il saldo dovrebbe migliorare di 0,4 punti percentuali, mentre le previsioni di primavera indicano un lieve deterioramento. Per il 2013 si prospetta una posizione di bilancio in termini strutturali leggermente negativa (-½% del PIL potenziale) a causa dell'incidenza delle spese supplementari per investimenti connesse al rimborso dei debiti commerciali. Secondo il programma di stabilità, l'obiettivo a medio termine dell'Italia di una posizione di bilancio in pareggio in termini strutturali (ricalcolati) dovrebbe essere raggiunto nel 2014 e sostanzialmente mantenuto, anche se con un lieve peggioramento, negli ultimi anni del programma. Il saldo primario in termini strutturali (ricalcolati) dovrebbe salire dal 4% circa del PIL nel 2012 a quasi il 6% nel 2017.

Il contenimento della crescita della spesa ha contribuito ai progressi verso il conseguimento dell'obiettivo a medio termine. Nel 2012, grazie alle misure di risparmio adottate nel 2010-2011, la spesa primaria in termini nominali si è contratta per il terzo anno consecutivo, diminuendo di oltre l'1,5% rispetto al livello del 2009. Secondo le informazioni fornite nel programma e le previsioni di primavera 2013 della Commissione, nel 2012 il tasso di crescita della spesa pubblica, al netto delle misure discrezionali in materia di entrate, è stato nettamente al di sotto del parametro di riferimento inferiore di -0,8%, contribuendo a un aggiustamento strutturale annuo verso l'obiettivo a medio termine dello 0,5% del PIL. Il tasso di crescita della spesa contribuirà ai progressi verso il conseguimento dell'obiettivo a medio termine anche nei due anni successivi, in quanto rimarrà al di sotto dei parametri di riferimento inferiori di -0,81% e -1,07%, rispettivamente, nel 2013 e nel 2014. Una valutazione globale degli sviluppi e dei piani di bilancio dell'Italia, che assume come riferimento il saldo strutturale e comprende un'analisi della spesa al netto delle misure discrezionali sul fronte delle entrate, indica che nel 2012 è stato effettuato un notevole percorso di aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine, anche tenuto conto della modesta componente fiscale della crescita. Adeguato è anche l'aggiustamento strutturale indicato nelle previsioni di primavera 2013 della Commissione, mentre non si ritiene appropriato lo scostamento dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine indicato nelle previsioni per il 2014.

Riquadro 2. Principali misure

|| Principali misure di bilancio ||

|| Entrate || Spese ||

|| 2012 ||

|| · Tassazione dei beni immobili (+0,9%) · Accise (+0,5%) · Imposta di bollo sulle attività finanziarie (+0,3%) · Armonizzazione dell'aliquota della ritenuta applicabile a interessi e dividendi per le persone fisiche (+0,1%) · Addizionale regionale sui redditi delle persone fisiche (+0,1%) · Lotta all'evasione fiscale (+0,5%) · Riduzione fiscale per il nuovo capitale societario (ACE)[11] e deducibilità del costo del lavoro (-0,1%) || · Riduzione dei trasferimenti agli enti locali (-0,2%) · Tagli alle spese ministeriali (-0,4%) · Deindicizzazione parziale dei trattamenti pensionistici (-0,1%) · Altre spese correnti (enti locali, missioni militari, terremoto) (+0,2%) ||

|| 2013 ||

|| · Aliquota IVA (+0,1%) e accise (+0,1%) · Imposta di bollo sulle attività finanziarie (+0,2%) · Imposta sulle transazioni finanziarie (+0,1%) · Contributi sociali dei lavoratori autonomi (+0,1%) · Lotta all'evasione fiscale (+0,1%) · Incentivi fiscali legati alla produttività (-0,1%) · ACE e deducibilità dei costi del lavoro (-0,3%) || · Innalzamento dell'età pensionabile e deindicizzazione dei trattamenti pensionistici (-0,4%) · Tagli alle spese ministeriali/locali (-0,8%) · Altre spese correnti (enti locali, missioni militari, terremoto) (+0,6%) · Pagamento dei debiti commerciali pregressi  (investimenti) (+0,5%) ||

|| 2014 ||

|| · ACE e deducibilità dei costi del lavoro (-0,3%) · Incentivi fiscali legati alla produttività (-0,1%) || · Risparmi ottenuti grazie all'innalzamento dell'età pensionabile (-0,1%) · Tagli alle spese ministeriali/locali (-0,9%) ||

|| Nota: l'impatto sul bilancio riportato nella tabella è l'impatto indicato nel programma, ossia dalle autorità nazionali., in % del PIL. Il segno +  indica un aumento delle spese/entrate a seguito della misura. Il grado di dettaglio rispecchia le informazioni fornite nel programma di stabilità e nel bilancio pluriennale. ||

·

Nonostante il risanamento di bilancio, il rapporto debito pubblico lordo/PIL dell'Italia è destinato ad aumentare ulteriormente nel 2013-2014. Nel 2012 il rapporto debito pubblico/PIL dell'Italia ha registrato un ulteriore aumento del 6,2% del PIL a causa della crescita negativa del PIL nominale, dei tassi di interesse più elevati e di alcuni aggiustamenti stock/flussi ad incremento del debito, che riflettono prevalentemente il contributo dell'Italia ai meccanismi di sostegno finanziario della zona euro. Sia il programma di stabilità che le previsioni di primavera 2013 della Commissione indicano per il 2013 un ulteriore aumento del rapporto debito pubblico/PIL, anche a causa del previsto rimborso di circa 20 miliardi di EUR di crediti commerciali dovuti dal settore pubblico per beni e servizi acquistati a fornitori privati, che, per la parte relativa alle spese correnti già registrate nel disavanzo degli anni scorsi, aumenta l'aggiustamento stock/flussi, mentre lo 0,5% del PIL corrispondente alla spesa in conto capitale incide sul saldo primario. Le previsioni del programma relative al debito comprendono una riduzione annua pari ad 1 punto percentuale del PIL grazie ai proventi delle privatizzazioni nel periodo 2013-2017, senza ulteriori precisazioni. Per quanto riguarda il rispetto del criterio del debito, nel 2013 è iniziato per l'Italia un periodo di transizione triennale e la traiettoria del debito contenuta nel programma di stabilità garantisce progressi sufficienti verso il rispetto del criterio. Secondo le proiezioni a medio termine relative al debito (si veda il grafico sotto la tabella V dell'allegato), una piena attuazione del programma, comprese le privatizzazioni previste, permetterebbe di ridurre il debito entro il 2020, cioè più rapidamente rispetto alla data calcolata in base alle previsioni della Commissione, pur lasciandolo a un livello nettamente superiore al valore di riferimento del 60% del PIL.

I rischi riguardanti il disavanzo e il debito derivano principalmente dalla possibilità che le misure di bilancio e le riforme strutturali adottate, indispensabili per consolidare la fiducia del mercato e rilanciare la crescita e l'occupazione,  non vengano attuate.

Riquadro 3. Procedura per i disavanzi eccessivi per l'Italia

Il 2 dicembre 2009 il Consiglio ha stabilito l'esistenza di un disavanzo eccessivo in Italia. Il Consiglio ha raccomandato alle autorità italiane di porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo entro il 2012, portando il disavanzo delle amministrazioni pubbliche sotto il 3% del PIL in modo credibile e duraturo, adottando misure in un quadro a medio termine. A tal fine, si raccomandava specificamente alle autorità italiane di: a) attuare nel 2010 le misure di bilancio previste nel pacchetto finanziario triennale per il periodo 2009-2011 approvato nell'estate del 2008 e confermato nel documento di programmazione economico-finanziaria per il periodo 2010-2013; b) garantire uno sforzo annuo di bilancio pari in media ad almeno lo 0,5% del PIL nel periodo 2010-2012, che doveva inoltre contribuire a riportare il rapporto debito pubblico lordo/PIL su un percorso di avvicinamento al valore di riferimento del 60% del PIL ad un ritmo soddisfacente, ripristinando un livello adeguato di avanzo primario; c) precisare le misure necessarie per realizzare la correzione del disavanzo eccessivo entro il 2012, sempreché le condizioni del ciclo lo permettessero, e accelerare la riduzione del disavanzo se le condizioni economiche e di bilancio risultassero migliori di quanto previsto al momento. Si invitavano inoltre le autorità italiane a cogliere ogni opportunità, comprese quelle derivanti da migliori condizioni economiche, al fine di accelerare la riduzione del rapporto debito lordo/PIL verso il valore di riferimento del 60%.  Il Consiglio ha inoltre invitato le autorità italiane ad attuare le riforme al fine di aumentare la crescita potenziale del PIL,. tra cui riforme per migliorare la qualità delle finanze pubbliche, concentrandosi sull'efficienza e sulla composizione della spesa e continuando, in particolare, a migliorare la governance di bilancio e a lavorare in vista di un nuovo quadro per il federalismo fiscale per garantire la responsabilità delle amministrazioni locali e sostenere la disciplina di bilancio.

Una panoramica dello stato attuale delle procedure per i disavanzi eccessivi, comprese le fasi supplementari adottate dopo la stesura definitiva del presente documento di lavoro, è disponibile all'indirizzo:

http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/deficit/index_it.htm (si vedano le sezioni sui singoli paesi nella parte inferiore della pagina).

Sostenibilità a lungo termine

L'ultima riforma delle pensioni mira a contenere la crescita a lungo termine della spesa connessa all'invecchiamento demografico. Basandosi su un indicatore di "individuazione precoce" (S0), un indicatore composito costruito con un'intera serie di variabili relative al bilancio e alla competitività finanziaria, si ritiene che l'Italia non dovrà far fronte al rischio di tensioni di bilancio a breve termine, purché mantenga un orientamento di bilancio prudente e incentivi la crescita attraverso misure strutturali ambiziose, condizione indispensabile per consolidare la fiducia del mercato finanziario. I rischi per la sostenibilità sembrano essere di media entità nel medio periodo, e saranno contenuti a lungo termine, a condizione che venga realizzato pienamente l'ambizioso programma di risanamento di bilancio e che il saldo primario strutturale venga mantenuto intorno al 5% del PIL ben oltre il 2014. A politiche invariate, il debito delle amministrazioni pubbliche si avvierebbe su un percorso discendente nel medio termine e oltre. Dato però che il saldo primario strutturale da raggiungere nel 2014 appare  piuttosto impegnativo da una prospettiva transnazionale e storica, il paese deve agire con notevole determinazione per evitare scostamenti dell'orientamento di bilancio. Infatti i rischi sarebbero nettamente più elevati nel caso in cui il saldo primario strutturale tornasse ai valori più bassi registrati in passato. Nel lungo periodo, l'andamento previsto delle spese connesse all'invecchiamento demografico in Italia è inferiore alla media dell'UE, in parte grazie a misure che contribuiscono a stabilizzare globalmente la spesa pensionistica in rapporto al PIL.

Quadro di bilancio

Malgrado le importanti misure adottate per rafforzare il quadro di bilancio, vi è ancora margine per migliorare l'efficienza della spesa pubblica. Nella raccomandazione specifica che il Consiglio ha rivolto all'Italia nel 2012  si auspicava l'adozione di una legislazione che desse attuazione alla norma costituzionale relativa al pareggio di bilancio, in linea con il quadro dell'UE, e un'azione volta a migliorare l'efficienza della spesa pubblica. Un intervento pertinente, ambizioso e credibile ha dato seguito alla raccomandazione per quanto riguarda la norma costituzionale relativa al pareggio di bilancio, mentre i progressi sono stati più limitati sul fronte della spesa. Sebbene siano state prese misure pertinenti per aumentare l'efficienza della spesa, le carenze a livello di attuazione minano la credibilità dell'azione e vi è ancora molto margine per ulteriori interventi.

La norma sul pareggio di bilancio rappresenta un passo importante per rafforzare il quadro di bilancio dell'Italia. In linea con la raccomandazione specifica del 2012, l'introduzione di una norma costituzionale relativa al pareggio di bilancio nella Costituzione italiana, approvata nell'aprile 2012, è stata seguita in dicembre dalla legge attuativa della norma stessa. La legge, sostanzialmente in linea con il patto di stabilità e crescita e con il patto di bilancio, prevede che a partire dal 2014 dovrà essere garantito un bilancio delle amministrazioni pubbliche in pareggio in termini strutturali, mentre le amministrazioni subnazionali disporranno di altri due anni per conformarsi alla regola[12]. A fronte della maggiore autonomia fiscale ipotizzata nell'ambito del processo in corso sul federalismo fiscale, l'efficacia delle nuove disposizioni dipende dal buon coordinamento fra tutti i livelli di governo. Si potrebbe inoltre rafforzare il piano introdotto per correggere le deviazioni temporanee specificando le misure previste. All'organismo indipendente di bilancio, istituito presso il Parlamento italiano, denominato Ufficio parlamentare di bilancio, sarà affidata la verifica delle previsioni ufficiali macroeconomiche e di finanza pubblica. Se la sua indipendenza sarà garantita, l'Ufficio parlamentare di bilancio potrà contribuire a garantire che i piani di bilancio si basino su proiezioni realistiche e prudenti.

Per aumentare l'efficienza della spesa pubblica, sono stati registrati progressi con la spending review a livello del governo centrale, ma vi è ancora un ampio margine di miglioramento. I tagli mirati alla spesa ministeriale sono stati affiancati da una razionalizzazione delle procedure di appalto per ridurre i costi unitari, mentre alle amministrazioni locali si chiede di ottenere guadagni di efficienza analoghi in seguito ai tagli dei trasferimenti dal livello centrale. Tuttavia il decreto attuativo che specifica i tagli in programma nel pubblico impiego non è stato adottato e la prevista riduzione del numero di province non è stata approvata dal Parlamento italiano. Nel frattempo, la mancanza di una strategia globale per la prevenzione dei rischi di catastrofi naturali ha inciso sulla spesa pubblica, perché il paese è stato colpito da una serie di catastrofi naturali. Il programma nazionale di riforma annuncia l'avvio di una spending review supplementare nel 2013, ma non si prevede di rendere sistematico il processo.

Sistema fiscale

Dopo i notevoli sforzi prodigati nel 2010-2011 per trasferire il carico fiscale dai fattori di produzione al consumo e ai beni immobili, le azioni intraprese in risposta alle raccomandazioni specifiche del 2012 sulla fiscalità sono state più limitate. La raccomandazione del Consiglio del 2012 invitava l'Italia a proseguire la lotta contro l'evasione, ridurre la portata delle agevolazioni fiscali e alleggerire ulteriormente il carico fiscale sui fattori di produzione. Diverse misure adottate nel biennio 2010-2011 avevano già spostato il carico fiscale dal lavoro e dal capitale verso i consumi e i beni immobili e intensificato la lotta all'evasione fiscale. Le misure supplementari adottate nel 2012 sono state caratterizzate da un minor grado di pertinenza e ambizione. L'azione in materia di politica fiscale si è concentrata più sul reperimento delle risorse, sotto forma di risparmi di spesa attraverso la spending review, per sostituire alcuni dei precedenti aumenti dell'imposizione sui consumi, che sull'alleggerimento del carico fiscale su lavoro e capitale, con l'intenzione dichiarata di evitare di deprimere ulteriormente la domanda interna. Ad esempio, la maggiorazione di 2,5 punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria e di quella ridotta disposta nel 2011 è stata riportata, nella seconda metà del 2012, a un aumento di un solo punto percentuale dell'aliquota ordinaria a partire dal luglio 2013. La credibilità dell'azione è stata inoltre compromessa dalla mancata adozione della prevista riforma del sistema fiscale da parte del Parlamento italiano.

Il carico fiscale sui fattori di produzione può essere ulteriormente alleggerito, ma in modo neutro in termini di entrate. L'imposizione  sul lavoro e sul capitale in Italia è ancora molto pesante: nel 2011 l'aliquota d'imposta implicita sul lavoro applicata dall'Italia (42,3%) era la seconda più alta a livello di UE e il cuneo fiscale per i lavoratori a basso reddito, in particolare per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare, era elevato. Nel 2011 l'aliquota d'imposta implicita sul capitale applicata dall'Italia si era la quarta più alta nell'UE. Nel 2012 l'aumento delle accise sui carburanti e la riduzione della deducibilità per i veicoli aziendali hanno contribuito ad arginare la tendenza decrescente a lungo termine del rapporto fra il gettito delle tasse ambientali e il PIL. Al tempo stesso l'imposizione sui consumi rimane piuttosto bassa in Italia (nel 2011 l'aliquota implicita sui consumi era la quarta più bassa dell'UE), in gran parte a causa dell'erosione della base imponibile causata dall'ampio ricorso a esenzioni fiscali e aliquote ridotte e della ingente evasione fiscale. L'imposizione dei redditi da lavoro è stata ridotta solo marginalmente disponendo la deducibilità della quota IRAP pagata sul costo del lavoro, con maggiori deduzioni per le donne, i giovani lavoratori e le regioni meridionali, offrendo incentivi fiscali per il salario di produttività, negoziati a livello aziendale, e aumentando le detrazioni per i figli a carico. Per quanto riguarda l'imposta sui beni immobili, l'impatto dell'aumento adottato nel dicembre 2011, attraverso la reintroduzione dell'imposta sull'abitazione principale e l'aumento proporzionale del coefficiente di valutazione dei valori catastali obsoleti, è stato ulteriormente amplificato dalle aliquote maggiorate applicate nel 2012 dalla maggior parte delle amministrazioni comunali, il che ha allineato l'impatto dell'imposta sui beni immobili alla media UE. La revisione dell'imposizione sugli immobili prevista dal decreto-legge del 17 maggio potrebbe essere l'occasione per migliorarne l'effetto redistributivo senza ridurre il gettito. Il governo intende anche riesaminare la ripartizione delle competenze fiscali tra l'amministrazione centrale e le amministrazioni comunali e locali per quanto riguarda l'imposta sui beni immobili e altre imposte sui servizi erogati a livello locale (come la gestione dei rifiuti). Va osservato che, in un contesto che non permette ancora notevoli riduzioni del livello di imposizione globale, l'imposta sui beni immobili è preferibile ad altre imposte, perché meno dannosa per la crescita e allo stesso tempo in linea con gli obiettivi di equità, se adeguatamente congegnata. Inoltre, dato che le proprietà immobiliari sono per natura beni immobili, l'evasione fiscale è più difficile, il che rende più prevedibile il gettito, e l'imposta è in linea con il decentramento delle competenze fiscali in corso in Italia. Infine, l'inclusione dell'abitazione principale  nella base imponibile contribuisce a ridurre il divario impositivo fra le abitazioni occupate dai proprietari e quelle affittate e, più in generale, tra i beni immobili e gli altri tipi di attività, come azioni e obbligazioni.

Era in preparazione un'ambiziosa riforma del sistema fiscale, che però deve ancora essere adottata. Un disegno di legge delega prevede opportunamente la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali, che riducono notevolmente la base imponibile e rendono il sistema eccessivamente complesso. Il disegno di legge prevede anche un'ampia revisione dei valori catastali per avvicinarli ulteriormente ai valori di mercato, cosa che renderebbe più equa l'imposta sui beni immobili, e misure volte a migliorare l'adempimento fiscale tra cui il monitoraggio del divario fiscale, una semplificazione delle regole e, per le imprese più grandi, lo scambio regolare di informazioni e la stima preliminare delle imposte. Il disegno di legge, tuttavia, non è ancora stato approvato dal Parlamento italiano e la revisione dell'imposizione sui beni immobili prevista dal decreto-legge di maggio potrebbe dar luogo a una riforma dei valori catastali.

Sono state adottate misure per migliorare la governance fiscale, migliorare l'adempimento e combattere l'evasione, ma l'entità della sfida richiede ulteriori interventi. Sono state adottate alcune misure promettenti per migliorare la tracciabilità delle transazioni, in particolare attraverso la riduzione delle soglie per l'uso del contante, e per rendere più mirati la determinazione delle imposte e gli accertamenti fiscali. Queste misure potrebbero dare un contributo efficace alla lotta contro l'evasione fiscale e migliorare l'adempimento. Nello stesso ordine di idee, la recente introduzione di un sistema che consente all'amministrazione fiscale di confrontare i dati forniti dalle banche e dagli operatori finanziari con le dichiarazioni dei redditi potrebbe contribuire a scoraggiare l'evasione e a promuovere la ripresa. Mantenere l'impegno su questo fronte è fondamentale, come riconosce anche il programma nazionale di riforma, e a tal fine occorrerà avvalersi pienamente degli strumenti esistenti, verificarne l'impatto e adottare misure supplementari.

3.2. Settore finanziario

Il settore bancario italiano ha retto piuttosto bene all'indomani della crisi finanziaria mondiale, ma la sua capacità di erogare prestiti all'economia italiana, in particolare alle piccole imprese, è diminuita a causa della recessione a doppia v. Il settore bancario continua a svolgere un ruolo chiave nel finanziamento delle imprese italiane, in particolare le piccole e medie imprese (PMI). La recessione a doppia v ha inciso negativamente sulla redditività delle banche, a causa del forte aumento dei crediti in sofferenza. Questo fattore, a cui si aggiunge la frammentazione del sistema finanziario della zona euro, ha reso più rigorose le condizioni applicate per l'erogazione di crediti alle imprese, e in particolare alle PMI.  Sebbene sia importante ripristinare il flusso di credito all'economia, ulteriori incrementi consistenti dell'indebitamento delle imprese rischierebbero di compromettere la stabilità finanziaria e, di conseguenza, dell'intera economia, il che giustifica un'intensificazione degli sforzi volti a promuovere il finanziamento azionario.

Accesso ai finanziamenti

Sono state prese diverse misure per agevolare l'accesso delle imprese italiane ai finanziamenti, anche incoraggiando il ricorso a fonti non bancarie; la loro portata è rimasta però finora limitata. La raccomandazione che il Consiglio ha rivolto all'Italia nel 2012 sottolineava la necessità di agevolare l'accesso delle imprese ai finanziamenti:  qualche progresso è stato fatto in questo campo. Le imprese sono fortemente dipendenti dalle banche per i finanziamenti: nel 2011 più del 70% del debito finanziario delle imprese italiane consisteva in prestiti bancari, una percentuale nettamente superiore a quella di altre economie avanzate[13]. L'ACE, introdotta nel 2012, offre notevoli possibilità di ridurre la tendenza delle imprese a finanziarsi tramite l'indebitamento, incoraggiando il ricorso al capitale proprio, ma vi è margine per ampliarne la portata. Fra le altre recenti misure figura l'istituzione di un Fondo per la crescita sostenibile con il compito di razionalizzare le sovvenzioni alle imprese, consentire l'accesso delle PMI ai mercati dei capitali mediante "mini-bond", che consentono la deducibilità fiscale degli interessi passivi, introdurre il finanziamento collettivo per sostenere le start-up innovative e offrire incentivi fiscali all'uso delle obbligazioni di progetto (project bond) per gli investimenti infrastrutturali. Inoltre sono state adottate disposizioni per accelerare il pagamento dei debiti commerciali e garantire pagamenti più rapidi da parte della pubblica amministrazione ai fornitori di beni e servizi (si veda la sezione 3.5). Il Fondo centrale di garanzia, che eroga prestiti garantiti dallo Stato alle PMI, è inoltre rifinanziato fino al 2014 e altri 10 miliardi di EUR vengono destinati ai finanziamenti a favore delle PMI attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, una società per azioni a controllo pubblico. Queste misure sono giudicate pertinenti e credibili, ma il loro livello di ambizione va ponderato in funzione del limitato margine di bilancio dell'Italia.

Settore bancario

La prolungata recessione ha ridotto la capacità delle banche italiane di sostenere l'attività e l'aggiustamento economici. A fronte delle sempre maggiori vulnerabilità che caratterizzano il settore bancario, evidenziate nell'esame approfondito 2013 per l'Italia (si veda il riquadro 1), sono state prese alcune iniziative volte, in particolare, a migliorare la qualità delle attività. È opportuna una maggiore attenzione a livello politico.

La scarsa efficienza in termini di costi e il volume in aumento dei prestiti in sofferenza incidono sulla redditività del settore bancario italiano. Da una prospettiva internazionale, le banche italiane sono caratterizzate da una bassa redditività dovuta a un'efficienza operativa strutturalmente scarsa, ma anche a margini di reddito limitati e a elevati accantonamenti per perdite sui crediti legati allo stock in aumento di crediti in sofferenza in un contesto di recessione a doppia v. La Banca d'Italia ha avviato un programma di ispezioni in loco che ha già dato luogo a un aumento degli accantonamenti. Il volume relativamente elevato dei prestiti in sofferenza riflette anche la lentezza delle procedure di recupero dei crediti, le difficoltà di pignoramento delle garanzie reali e la rigida definizione adottata dalla Banca d'Italia.

Le prassi di governo societario di alcuni tipi di banche potrebbero limitare l'efficacia dell'intermediazione finanziaria. In Italia, le banche popolari e cooperative danno un contributo importante al finanziamento dell'economia reale, specie per quanto riguarda le PMI, ma risultano spesso carenti in termini di struttura organizzativa. Inoltre, nel caso di alcune delle più grandi banche cooperative, è possibile che, a causa delle restrizioni alla proprietà e ai diritti di voto, non vi siano incentivi sufficienti a controllarne la dirigenza e quindi a investire nel capitale proprio. Analogamente, il controllo di fatto di alcune banche commerciali da parte di fondazioni bancarie, che sono enti senza scopo di lucro profondamente radicati nel contesto imprenditoriale e politico locale, può dar luogo a una concentrazione dei poteri di gestione e a carenze dei controlli interni.

Pur essendosi dimostrato efficace in passato, il quadro di risoluzione bancaria dell'Italia trarrebbe giovamento dal conferimento di poteri complementari alla Banca d'Italia. L'Italia vanta una lunga esperienza per quanto riguarda gli strumenti di risoluzione bancaria, in particolare l'amministrazione straordinaria. L'efficacia del suo regime di risoluzione bancaria sarebbe ulteriormente rafforzata da progressi nel settore della normativa UE sul risanamento e la risoluzione delle banche. Fermo restando quando precede, il potere della Banca d'Italia di sostituire l'alta dirigenza delle banche potrebbe essere esteso anche oltre il quadro dell'amministrazione straordinaria. Questo potere complementare migliorerebbe la capacità della Banca d'Italia di affrontare preventivamente i problemi delle banche.

3.3. Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali

Occorre dar prova di ulteriore impegno per garantire l'efficienza del sistema di istruzione e del mercato del lavoro, in quanto entrambi sono fondamentali per ripristinare la competitività e promuovere la crescita, come sottolineato nell'analisi annuale della crescita. La riforma del mercato del lavoro adottata nel giugno 2012 affronta in modo ambizioso e pertinente alcune gravi carenze evidenziate nella raccomandazione specifica del 2012 e il paese ha fatto qualche tentativo di migliorare l'istruzione. Ciò nonostante, il sistema dell'istruzione italiano presenta tuttora gravi carenze in termini di qualità e risultati, che rendono più difficile il passaggio alla vita professionale, mentre l'accesso al mercato del lavoro rimane problematico per le donne e i giovani.

Mercato del lavoro

Sebbene siano state prese misure importanti per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e il quadro della contrattazione salariale, vi è ancora un margine d'intervento per cercare di ovviare alla vulnerabilità dei giovani e delle donne sul mercato del lavoro. Due delle raccomandazioni specifiche del 2012, riguardanti il mercato del lavoro e la contrattazione salariale, esortavano l'Italia a combattere la disoccupazione giovanile, affrontare la segmentazione del mercato del lavoro, incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e favorire l'adeguamento dei salari all'andamento della produttività. L'Italia ha fatto progressi per quanto riguarda la realizzazione di queste raccomandazioni. Sebbene le misure adottate finora siano sostanzialmente pertinenti per affrontare le sfide suddette, alcune di esse, in particolare quelle volte a favorire la partecipazione di giovani e donne al mercato del lavoro, mancano di ambizione rispetto all'ampiezza delle sfide; d'altro canto, la credibilità dell'azione presuppone un'attuazione e un monitoraggio effettivi.

In risposta alla raccomandazione specifica del 2012, nel giugno 2012 l'Italia ha varato un'ambiziosa riforma per affrontare le rigidità e la segmentazione del mercato del lavoro. La segmentazione del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da un diffuso precariato fra i giovani, impedisce una ridistribuzione dei posti di lavoro ed è fonte di iniquità. La riforma del mercato del lavoro varata nel giugno 2012 mira a migliorare la flessibilità all'uscita e introduce disincentivi all'uso (o all'abuso) di contratti temporanei e atipici. La riforma introduce altresì un sistema integrato e più ampio di sussidi di disoccupazione di tipo assicurativo, che sarà pienamente operativo a partire dal 2017. Considerata la sua vasta portata, la riforma è ambiziosa e pertinente alla luce della raccomandazione specifica del 2012 e dell'obiettivo di Europa 2020 di un tasso di occupazione del 67-69%, rispetto al quale l'Italia, con un tasso di occupazione del 61% nel 2012, è in ritardo.  Il successo della nuova normativa in materia di licenziamenti dipenderà dall'interpretazione che ne daranno i tribunali del lavoro. Occorre inoltre monitorare l'impatto dei nuovi vincoli sul ricorso ai contratti a tempo determinato e atipici in termini di riduzione della segmentazione e promozione della creazione di posti di lavoro.

Per un'attuazione effettiva della riforma del mercato del lavoro devono ancora essere adottate disposizioni attuative, ed è fondamentale un attento monitoraggio del suo funzionamento. Prima che la riforma dia tutti i risultati previsti devono ancora essere adottati decreti attuativi, in particolare per potenziare le politiche attive per il mercato del lavoro. Occorre inoltre garantire, come previsto, un attento monitoraggio dell'impatto della riforma, le cui modalità sono specificate nel programma nazionale di riforma. Anche il miglioramento dell'efficienza e il rafforzamento del ruolo dei servizi pubblici per l'impiego, considerati prioritari nel programma nazionale di riforma, saranno fondamentali per il successo della riforma in quanto promuoveranno una strategia di attivazione efficace e una corretta attuazione della Garanzia per i giovani[14].

La disoccupazione giovanile è in aumento e richiede uno sforzo più ambizioso. Il tasso di disoccupazione giovanile è in crescita dall'inizio della crisi ed è ulteriormente salito nel 2012, arrivando al 35,3%[15]. Il fenomeno interessa anche i giovani laureati, il cui tasso di disoccupazione era del 19% nel 2012 contro il 12% nella zona euro. Sono state varate diverse iniziative a favore dell'occupabilità dei giovani, come la riforma del sistema di apprendistato, l'introduzione di incentivi per l'assunzione di giovani molto qualificati, per la quale tuttavia devono ancora essere adottate le necessarie disposizioni attuative, e la riprogrammazione dei fondi strutturali attraverso il piano d'azione Coesione.  In ottobre sono inoltre state adottate misure che consentono ai lavoratori più anziani di passare dal tempo pieno al tempo parziale, in modo da favorire l'assunzione di giovani mediante contratti di apprendistato o a tempo indeterminato. Per quanto pertinenti, queste misure hanno una portata limitata e la loro efficacia risente di alcune carenze a livello di attuazione. Se sarà attuata correttamente, la "Garanzia per i giovani" potrebbe dare un utile contributo alla lotta contro la disoccupazione giovanile.

Sussistono ostacoli all'accesso delle donne al mercato del lavoro. Con un tasso del 57% nel 2012, la partecipazione delle donne alla forza lavoro[16] in Italia rimane nettamente al di sotto della media UE (69,5%) e nel 2011 il divario di genere nell'occupazione era il secondo più alto dell'UE.  Il tasso di occupazione femminile, tuttavia, ha registrato un leggero miglioramento passando dal 46,5% nel 2011 al 47,1% nel 2012. Nel giugno 2012 il governo ha varato un piano nazionale per la famiglia, che comprende misure volte a migliorare la disponibilità, la qualità e l'accessibilità dei servizi per l'infanzia e dei servizi di assistenza di lunga durata nonché a riconciliare famiglia e lavoro. Analogamente, alcune disposizioni della riforma del mercato del lavoro favoriscono l'assunzione delle donne, vietano la discriminazione nei confronti delle donne incinte e ne agevolano il ritorno al lavoro. Il Piano d'azione Coesione comprende anche misure volte a promuovere l'accesso alle strutture di cura all'infanzia e agli anziani nelle regioni del Mezzogiorno. Per quanto pertinenti, queste misure hanno portata limitata e molte di esse non sono ancora operative. Inoltre, le elevate aliquote marginali effettive per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare, specialmente nelle famiglie a basso reddito, rispetto a quelle applicate ai singoli possono scoraggiare l'ingresso nel mercato del lavoro.

Gli sforzi profusi per decentrare ulteriormente la contrattazione salariale dovrebbero favorire l'adeguamento dei salari all'andamento della produttività e alle condizioni locali del mercato del lavoro. Nel novembre 2012 le parti sociali hanno firmato un accordo sulla produttività che riconosce la necessità di collegare i salari fissati nei contratti nazionali non solo all'inflazione attesa, ma anche alle condizioni economiche e di concorrenza del paese e del settore interessato, e promuove un ulteriore decentramento della contrattazione collettiva rafforzandone il secondo livello. L'accordo caldeggia anche un rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva per disciplinare certe questioni che incidono sulla produttività, che attualmente sono definite esclusivamente o prevalentemente da norme di legge, e impegna le parti a ridefinire le norme relative alla rappresentatività nella contrattazione collettiva. Pur non avendo sottoscritto l'accordo, la CGIL, primo sindacato del paese, ha accettato che il salario di produttività rientri nel livello decentrato della contrattazione. Il governo sostiene l'accordo con misure di defiscalizzazione del salario di produttività fissato nei contratti di secondo livello. La legge di bilancio 2013-15 ha stanziato per queste misure 2,1 miliardi di EUR nel periodo 2013-14.

Se sarà attuato correttamente, l'accordo sulla produttività potrebbe porre le basi di un sistema più stabile ed efficace di relazioni industriali. L'accordo, tuttavia, contiene solo orientamenti di massima e deve essere sostenuto da impegni specifici contenuti in ulteriori accordi tra le parti sociali nonché essere attuato integralmente. Un decreto attuativo adottato lo scorso gennaio stabilisce i criteri per l'applicabilità delle misure di defiscalizzazione del salario di produttività, collegandola a risultati misurabili in termini di produttività, redditività, efficienza e qualità, in base a indicatori da specificare nel contratto o subordinandola a una combinazione di cambiamenti organizzativi e tecnologici che dovrebbero determinare i miglioramenti in questione. Il decreto rappresenta quindi una misura importante per evitare perdite di entrate e usi impropri. Ad aprile le autorità e le parti sociali italiane hanno concluso che le modifiche concordate della distribuzione delle ore di lavoro sono una condizione sufficiente per poter beneficiare delle misure di defiscalizzazione. Questo potrebbe far aumentare il numero di imprese potenziali beneficiarie del regime, ma potrebbe anche limitare l'efficacia degli incentivi fiscali in termini di incremento della produttività a livello sistemico. Sono state prese misure anche per aumentare la rappresentatività dei sindacati a livello aziendale, con un ulteriore accordo firmato in aprile dai principali sindacati e ora in fase di discussione con le organizzazioni dei datori di lavoro.

Una volta che i controlli saranno stati intensificati, vi sarà ancora margine per portare avanti la lotta contro l'economia sommersa e il lavoro non dichiarato. Secondo le stime, nel 2008 l'economia sommersa rappresentava tra il 16,3% e il 17,5% del PIL[17], mentre il lavoro non dichiarato era pari al 12,2% dell'occupazione totale[18], con punte massime nelle regioni del Mezzogiorno. La misura più concreta adottata finora per portare allo scoperto l'economia sommersa e il lavoro non dichiarato è il recepimento della direttiva 2009/52/CE, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare. La direttiva, la cui attuazione deve ancora essere monitorata, riguarda però solo i cittadini di paesi terzi; è quindi fondamentale lottare attivamente contro l'economia sommersa e il lavoro non dichiarato, come ribadito anche nel programma nazionale di riforma.

Istruzione

Sono state adottate alcune misure per migliorare la qualità dell'istruzione, ma occorre dar prova di maggiore ambizione. La raccomandazione del Consiglio del 2012 esortava l'Italia a migliorare l'efficienza dell'istruzione e agevolare il passaggio alla vita professionale. È stato fatto qualche progresso verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica: le misure adottate finora sono pertinenti e credibili, ma la loro portata rimane insufficiente rispetto all'entità della sfida.

In Italia il tasso di abbandono scolastico rimane nettamente al di sopra della media UE. Pur essendo ulteriormente diminuito nel 2012 (passando al 17,6% rispetto al 18,2% del 2011), questo tasso rimane nettamente al di sopra della media UE (12,8%) e dell'obiettivo di Europa 2020 (15-16%). Gran parte di questa cifra è legata ai cittadini di paesi terzi, che nel 2011 rappresentavano il 44% di tutti i casi di abbandono scolastico. Anche se per ora non risulta che sia stata definita una strategia globale per combattere questo fenomeno, si potrebbe realizzare un intervento a breve termine attraverso il Piano d'azione Coesione[19], che annovera l'istruzione fra i settori prioritari, come confermato nel programma nazionale di riforma. A medio-lungo termine il miglioramento della qualità e dei risultati nel campo dell'istruzione contribuirebbe anche a ridurre l'abbandono scolastico. La principale misura in questo campo, approvata nel marzo 2013, istituisce un sistema nazionale per la valutazione degli istituti scolastici, che sarà coordinato dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo (INVALSI) e potrebbe risultare utile, purché sia dotato di risorse adeguate.

Il miglioramento dell'istruzione è strettamente legato alla qualità dell'insegnamento. In Italia gli insegnanti seguono un percorso di carriera con una progressione salariale basata unicamente sull'anzianità, limitate prospettive di sviluppo professionale, nessuna valutazione globale del rendimento e, rispetto ad altri paesi, stipendi inferiori a quelli di altri impieghi per laureati[20].

L'Italia è tuttora in ritardo rispetto all'obiettivo di Europa 2020 per l'istruzione terziaria. Sebbene la situazione sia lievemente migliorata dal 2009, il tasso di istruzione terziaria dell'Italia è ancora il più basso dell'UE (21,7% nel 2012 contro il 35,8% nell'UE). Per aiutare gli studenti a fare scelte più consapevoli, contribuendo quindi a ridurre i tassi di abbandono dell'università, nel luglio 2012 è stato attivato un portale web unico che presenta tutti i corsi universitari disponibili. La portata di questa misura è tuttavia limitata, e le azioni mirate volte ad adeguare l'offerta di qualifiche elevate alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare attraverso servizi di orientamento professionale, rimangono insufficienti. La riforma universitaria del 2010 è comunque in via di attuazione. Il sistema di valutazione e accreditamento gestito dall'Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) sarà introdotto progressivamente a partire dall'anno accademico 2013-2014. Questo contribuirà all'applicazione di uno dei principi della riforma, secondo il quale occorre aumentare la quota dei finanziamenti pubblici destinata alle università in funzione dei risultati a livello di insegnamento e di ricerca. Nel 2012 i finanziamenti erogati in base ai risultati rappresentavano solo il 13% del totale (in aumento rispetto al 7% nel 2009). 

Sono state adottate diverse iniziative con l'obiettivo principale di agevolare il passaggio dalla scuola al lavoro. La riforma del mercato del lavoro del giugno 2012 mira a far sì che i contratti di apprendistato diventino il canale di accesso privilegiato verso un'occupazione stabile. Nel dicembre 2012 è stato concluso, allo stesso scopo, un accordo con la Germania per incentivare la cooperazione onde favorire la mobilità e l'apprendimento sul lavoro nel campo dell'istruzione e della formazione professionale. La recente creazione di 62 istituti tecnici superiori (ITS), che rilasciano titoli di ciclo breve in un certo numero di settori chiave dell'economia, è inoltre un primo passo verso lo sviluppo del sistema di istruzione professionale superiore, in linea con la priorità di lotta alla disoccupazione dell'analisi annuale per la crescita. Occorre tuttavia riflettere su come agire per migliorare il sistema di istruzione professionale a livello secondario e terziario.

Se correttamente attuate, le misure adottate per favorire il riconoscimento delle competenze a livello nazionale potrebbero permettere di utilizzare meglio le competenze acquisite lungo tutto l'arco della vita. Come previsto dalla riforma del mercato del lavoro, nel gennaio 2013 è stato adottato un decreto legislativo che istituisce un sistema nazionale di certificazione delle competenze, compreso il riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali. Ora il decreto deve essere debitamente attuato, tenendo conto del fatto che le regioni hanno competenze esclusive riguardo alle politiche di formazione.

Politiche sociali

In linea con le priorità individuate nell'analisi annuale della crescita, l'Italia deve lottare contro le conseguenze sociali della crisi economica. L'Italia ha preso provvedimenti per sostenere i gruppi vulnerabili, in un contesto di prolungata recessione che mette sempre più a dura prova la coesione sociale. Tra il 2008 e il 2011 il rischio di povertà o di esclusione sociale è salito di circa 3 punti percentuali, arrivando quasi al 30%, con un picco tra il 2010 e il 2011. Inoltre il rischio di scivolare in una situazione di povertà è elevato e poche sono le persone che riescono a uscirne.

Una ripartizione adeguata dei trasferimenti sociali, associata a politiche mirate, è indispensabile per far fronte ai bisogni sociali in aumento. L'efficacia dei sistemi di protezione sociale ai fini della riduzione del rischio di povertà e di esclusione sociale dipende dalla composizione della spesa per la protezione sociale. In Italia la struttura dei trasferimenti sociali è largamente orientata a favore degli anziani con una predominanza dalla spesa per le pensioni che, con il 16% del PIL nel 2010, rappresentava una delle quote più elevate in Europa. Questo significa che i trasferimenti sociali, escluse le pensioni, non bastano a ridurre il tasso complessivo del rischio di povertà e non esiste alcun regime di reddito minimo garantito[21]. A fronte della sempre maggiore vulnerabilità sociale e in considerazione dell'obiettivo di Europa 2020 relativo alla povertà e all'esclusione sociale, l'Italia sta introducendo in via esperimentale in 12 città, dal 2013 e per 12 mesi, la nuova "social card", una carta di credito finanziata dallo Stato e associata a un programma personalizzato di reinserimento sociale, e prevede di estenderla, come indicato nel programma nazionale di riforma. Pur essendo potenzialmente pertinente, questa misura ha una portata limitata rispetto all'entità della sfida. La promozione dell'occupabilità è fondamentale per favorire l'inclusione sociale, attenuando quindi le conseguenze sociali negative della crisi. È indispensabile che il programma di riforma sia improntato al principio dell'equità sociale e che comprenda misure volte a migliorare l'efficienza e l'efficacia dei trasferimenti sociali.

3.4. Misure strutturali a favore della crescita e della competitività

La promozione della competitività, considerata prioritaria dall'analisi annuale della crescita, rimane una notevole sfida per l'Italia nonostante le misure ad ampio raggio già adottate. Per affrontare i problemi di produttività dell'Italia sono indispensabili misure volte a favorire la concorrenza, liberalizzare i segmenti di mercato protetti, promuovere la trasparenza e garantire il buon funzionamento del mercato nel settore delle industrie di rete. Queste riforme farebbero scendere i prezzi e sosterrebbero quindi sia la ripresa economica che il reddito disponibile delle famiglie. La scarsa capacità di innovazione dell'economia italiana richiede inoltre misure a favore della ricerca e dell'innovazione, in linea con la raccomandazione specifica del 2012. Nonostante l'adozione di diversi provvedimenti fondamentali in questi campi, vista l'entità della sfida vi è ancora margine per ulteriori interventi.

Apertura del mercato dei servizi

Sono stati compiuti sforzi considerevoli verso la liberalizzazione del settore dei servizi. La raccomandazione che il Consiglio ha rivolto all'Italia nel 2012 sottolineava l'importanza di attuare le misure di liberalizzazione adottate nel settore dei servizi. È stato fatto qualche progresso al riguardo: alla maggior parte delle misure adottate prima del luglio 2012 è stato dato seguito con le necessarie disposizioni attuative e sono state prese altre misure pertinenti, ma l'attuazione concreta risulta problematica e vi è margine per ulteriori interventi. Si osserva inoltre qualche passo indietro nella liberalizzazione dei servizi professionali e dei servizi pubblici locali.

La riforma delle professioni regolamentate è un notevole passo avanti, ma non porta a compimento il processo di liberalizzazione. La riforma delle professioni regolamentate ha eliminato alcune restrizioni in termini di onorari e di accesso, abolendo le tariffe minime e agevolando l'inizio del praticantato per i giovani.  Sussistono tuttavia notevoli ostacoli all'accesso e "riserve di attività", che limitano l'esercizio di un'attività di servizio ai titolari di una qualifica professionale specifica, nonché restrizioni alla partecipazione al capitale delle imprese professionali che potrebbero ostacolarne lo stabilimento, il finanziamento e l'espansione. Inoltre determinati ordini professionali devono ancora definire norme per rendere applicabili le nuove disposizioni. La riforma della professione forense adottata nel dicembre 2012 ha annullato alcune delle misure applicabili agli avvocati nell'ambito della riforma generale degli ordini professionali. In particolare, la riforma introduce una nuova attività riservata per gli avvocati, impone condizioni restrittive per la costituzione di studi legali e ripristina onorari minimi in caso di contenzioso facendo riferimento alle tariffe fissate e regolarmente aggiornate dal ministero della Giustizia. Occorre un attento monitoraggio delle norme di attuazione per limitare le incompatibilità con l'impostazione generale della riforma delle professioni regolamentate,

La legge sull'organizzazione delle professioni non regolamentate è positiva, ma potrebbe comportare alcuni ostacoli alla concorrenza. Una legge adottata a gennaio 2013 disciplina la creazione su base volontaria di associazioni per l'esercizio delle professioni non regolamentate e consente l'autocertificazione delle competenze in base a norme tecniche definite a livello nazionale, nell'intento di migliorare la trasparenza e di fornire garanzie ai clienti. Tuttavia, l'adozione di criteri di adesione e di norme tecniche troppo restrittivi potrebbe ostacolare l'ingresso sul mercato di potenziali concorrenti, in particolare per i professionisti qualificati in altri Stati membri.

Il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali ha subito una battuta d'arresto. Come evidenziato dall'autorità italiana garante della concorrenza, i servizi pubblici locali sfuggono in gran parte alla concorrenza, perché gestiti attraverso concessioni locali senza gare d'appalto pubbliche. Questo contribuisce alla frammentazione e alle inefficienze dell'approvvigionamento. Le misure volte a liberalizzare la prestazione dei servizi pubblici locali sono state abrogate dalla Corte costituzionale nel luglio 2012 per incompatibilità con i risultati del relativo referendum del giugno 2011. Il programma nazionale di riforma individua nell'attuale incertezza giuridica sulle norme che disciplinano i servizi pubblici locali il principale ostacolo allo sviluppo e agli investimenti e sottolinea l'urgenza di una riforma del settore.

Le misure di liberalizzazione adottate finora sono un passo nella giusta direzione, ma occorrono ulteriori interventi. Come evidenziato dall'autorità italiana garante della concorrenza, in altri settori sussistono alcuni ostacoli e restrizioni alla concorrenza, nonché segmenti di mercato protetti, specialmente nei settori della distribuzione dei carburanti, delle assicurazioni e dei servizi postali. Secondo i calcoli della Commissione[22], un'ulteriore riduzione degli ostacoli alla concorrenza nei settori a cui si applica la direttiva sui servizi[23] potrebbe determinare un notevole aumento del PIL, compreso tra l'1,4% e il 2,2%[24].

Il funzionamento degli sportelli unici, che possono facilitare la prestazione transfrontaliera di servizi, non è ancora ottimale in Italia. Gli sportelli unici aperti in Italia, in conformità della direttiva sui servizi, per ridurre le formalità amministrative associate alla prestazione dei servizi sono di difficile accesso per i non residenti a causa della mancanza di informazioni adeguate e del numero limitato di procedure elettroniche. Secondo i calcoli della Commissione[25], l'apertura degli sportelli unici ha fatto aumentare il PIL dello 0,1% e un ulteriore intervento potrebbe determinare un incremento supplementare dello 0,3% del PIL a lungo termine.

Industrie di rete

Occorre ancora rendere operative alcune misure importanti volte a migliorare la capacità concorrenziale e infrastrutturale delle industrie di rete. Nel 2012 il Consiglio ha raccomandato specificamente all'Italia di migliorare ulteriormente l'accesso al mercato e di sviluppare un'adeguata capacità infrastrutturale nel settore delle industrie di rete. È stato fatto qualche progresso in questo senso con misure ambiziose e pertinenti, la cui attuazione è stata però rinviata, ma vi è margine per ulteriori interventi.

Nel settore dei trasporti devono ancora essere attuate pienamente diverse misure volte a favorire la concorrenza e vi è margine per ulteriori interventi. L'abrogazione, nel luglio scorso, delle disposizioni sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali ha bloccato il piano di liberalizzazione dei servizi ferroviari regionali, che avrebbe assoggettato tali servizi a gare d'appalto pubbliche con un regime di esenzione temporaneo per le concessioni dirette esistenti.  Inoltre, l'istituzione della nuova Autorità di regolazione dei trasporti non è stata completata entro il termine del 31 maggio 2012. L'Autorità avrebbe dovuto presentare entro giugno 2013 una relazione sul piano di separazione dell'operatore dei trasporti ferroviari dal gestore delle relative infrastrutture. Per migliorare l'efficienza del sistema portuale e facilitare lo sviluppo di infrastrutture adeguate, l'Italia ha preso misure volte ad aumentare l'autonomia finanziaria delle autorità portuali e a semplificare il quadro amministrativo per l'approvazione dei progetti infrastrutturali strategici. Tuttavia, manca ancora una strategia globale per la gestione dei porti, e i trasporti marittimi potrebbero essere migliorati, tra l'altro, promuovendo le sinergie e le interconnessioni con l'entroterra.

Sono stati adottati provvedimenti importanti per migliorare il funzionamento del mercato dell'energia e incentivare gli investimenti infrastrutturali. La separazione in corso tra l'operatore storico e il gestore dell'infrastruttura nel settore del gas è un notevole passo avanti verso la realizzazione della raccomandazione specifica del 2012.  Se sarà ultimato entro il termine fissato (settembre 2013), il processo darà un contributo determinante al miglioramento della concorrenza, della trasparenza e del funzionamento del mercato nel settore del gas, un obiettivo di estrema importanza vista la forte dipendenza della produzione di elettricità dalle centrali a gas. Nell'agosto 2012 sono state inoltre adottate misure importanti per razionalizzare le procedure di autorizzazione per le infrastrutture energetiche, la cui attuazione è però di competenza degli enti locali. Sono invece scarsi i progressi in termini di miglioramento della qualità della rete idrica, il cui pessimo stato, specialmente nel Mezzogiorno, è all'origine di perdite e contribuisce all'inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, per cui l'indice di produttività idrica è nettamente al di sotto della media UE[26]. A ciò si aggiunge l'insufficienza degli incentivi a sviluppare il riciclaggio dei rifiuti e a ridurre le discariche.

I prezzi elevati dell'energia gravano tuttora sui bilanci di famiglie e imprese. Nonostante le misure adottate, il costo dell'elettricità e del gas per le famiglie e le imprese rimane elevato a causa di una concorrenza tuttora insufficiente nel settore del gas e delle strozzature che ancora sussistono a livello infrastrutturale.  La forte dipendenza dell'Italia dai contratti a lungo termine per l'importazione di gas e lo sviluppo limitato dei mercati a pronti del gas contribuiscono ulteriormente a far aumentare i prezzi dell'energia. La relazione 2010 del Gruppo dei regolatori europei per il gas e l'elettricità evidenziava la scarsa capacità di importazione via gasdotto ancora disponibile in Italia, da cui si evince che le rotte di trasporto del gas operano quasi a piena capacità. Apparentemente, negli ultimi due anni questi problemi di capacità sono stati attenuati dalla diminuzione della domanda interna di gas conseguente alla recessione, e non da un aumento della capacità infrastrutturale. La situazione è analoga per l'elettricità, con forti disparità tra Nord e Sud in termini di strutture e lunghezza delle linee.

Gli interventi previsti dalla strategia nazionale per l'energia potrebbero contribuire a migliorare ulteriormente il funzionamento del mercato in questo settore, a potenziare le infrastrutture e a sviluppare le fonti rinnovabili, in linea con gli obiettivi di Europa 2020. Nel marzo 2013 è stata approvata una strategia nazionale per l'energia che ora deve essere tradotta in azioni concrete. La strategia mira a ridurre i costi, garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e incentivare lo sviluppo industriale nel settore dell'energia e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, al fine di conseguire gli obiettivi ambientali di Europa 2020 e di promuovere l'efficienza energetica. La strategia si prefigge in particolare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Tra il 2005 e il 2011 le emissioni di gas a effetto serra sono diminuite del 13% nei settori che non rientrano nel sistema di scambio delle quote di emissioni (ETS), raggiungendo quindi l'obiettivo per il 2020. Le più recenti proiezioni italiane disponibili indicano tuttavia un'inversione di questa tendenza positiva nei prossimi anni.

La limitata apertura del mercato e le carenze infrastrutturali incidono anche sulle telecomunicazioni. Nonostante i notevoli progressi compiuti dalla fine degli anni '90 per quanto riguarda l'apertura alla concorrenza del settore delle telecomunicazioni, sono ancora in vigore restrizioni. L'autorità italiana garante della concorrenza auspica un uso migliore dello spettro, prospetta la possibilità di separare il proprietario della rete dal fornitore dei servizi di telecomunicazioni e individua nelle carenze infrastrutturali una delle cause della scarsa penetrazione della banda larga in Italia.

Se sarà attuata correttamente, la riforma della disciplina in materia di "golden share" potrebbe contribuire a migliorare il funzionamento del mercato in tutta una serie di settori di rete. L'anno scorso è stata avviata una revisione delle norme in materia di "golden share", segnatamente nei settori dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, al fine di allinearle con la normativa europea. Le nuove norme previste dispongono l'abrogazione automatica di tutte le clausole relative alla "golden share" esistenti nello statuto delle imprese di proprietà dello Stato, fermo restando il mantenimento di certi poteri speciali. Prima che la riforma possa dare effetti positivi, tuttavia, occorre adottare la normativa necessaria.

Ricerca e innovazione

I progressi sono stati limitati nel campo della ricerca e dell'innovazione. La raccomandazione del Consiglio del 2012 esortava ad agevolare l'accesso ai finanziamenti quale fattore fondamentale per stimolare l'innovazione. La legge di bilancio 2013-2015 introduce un credito d'imposta per promuovere la ricerca e lo sviluppo (R&S) delle imprese. Sono state adottate misure per favorire la creazione e lo sviluppo di start-up innovative[27], ma il fatto che ci si concentri su queste ultime limita il numero di imprese interessate. È stato inoltre creato un Fondo per la crescita sostenibile per promuovere la R&S, l'innovazione e l'internazionalizzazione delle imprese. Pur essendo pertinenti e credibili, queste misure non sembrano sufficientemente ambiziose da migliorare le prestazioni dell'Italia in termini di innovazione[28], ridurre il divario rispetto alla media UE in termini di intensità di R&S e raggiungere l'obiettivo di Europa 2020. L'Italia, che nel 2011 ha investito l'1,25% del PIL nella R&S, è ancora lontana dall'obiettivo di Europa 2020 (1,53% del PIL). Il quadro in materia di finanziamento dei progetti è ancora troppo oneroso per le imprese e le misure volte a facilitare gli investimenti nel capitale proprio e il venture capital, come l'introduzione dell'ACE, hanno portata limitata. Per incentivare l'innovazione, infine, è fondamentale migliorare le competenze della forza lavoro.

3.5. Modernizzazione della pubblica amministrazione

Il miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione rimane un obiettivo complesso. Una pubblica amministrazione efficace ed efficiente contribuisce alla qualità e al funzionamento del contesto imprenditoriale e favorisce l'assorbimento dei fondi strutturali. Sebbene siano state adottate diverse misure volte a ridurre gli oneri amministrativi e a migliorare trasparenza ed efficienza, si può ancora fare molto per migliorare la qualità della pubblica amministrazione italiana. In particolare, le gravi inefficienze della giustizia civile sono all'origine di lunghi procedimenti e di un elevato arretrato giudiziario, come risulta dal quadro di valutazione UE della giustizia[29].

Contesto imprenditoriale

Le misure importanti adottate per migliorare la qualità del contesto imprenditoriale inizieranno a produrre effetti solo quando saranno attuate pienamente. La raccomandazione che il Consiglio ha rivolto all'Italia nel 2012 caldeggiava un'ulteriore semplificazione amministrativa e un aumento dell'efficienza della giustizia civile. È stato fatto qualche progresso verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica, ma alcune importanti misure di semplificazione amministrativa sono ancora in preparazione e non tutte quelle adottate sono state attuate. Questo vale anche per alcune delle misure pertinenti e ambiziose adottate nel settore della giustizia civile, in cui si è fatto anche qualche passo indietro.

Il paese ha portato avanti il processo di semplificazione amministrativa in linea con la raccomandazione specifica del 2012. A continuazione delle misure adottate all'inizio del 2012, in ottobre il governo ha adottato un disegno di legge sulla semplificazione che prevede, tra l'altro, la creazione di un quadro semplificato per gli investimenti infrastrutturali. Alcune delle misure volte a facilitare l'attività imprenditoriale hanno iniziato a dare risultati: dalla loro adozione, rispettivamente ad agosto e giugno 2012, sono state costituite più di 5 000 società a responsabilità limitata semplificate per gli imprenditori di età inferiore a 35 anni e 2 000 società a responsabilità limitata con capitale ridotto per gli imprenditori di età superiore a 35 anni. A ciò si aggiungono le misure adottate per procedere verso il completamento dell'agenda digitale (maggiore informatizzazione delle procedure, aumento dei servizi di e-government e creazione dell'Agenzia per l'Italia digitale), che tuttavia non sono ancora operative.

Alcuni fattori, principalmente carenze a livello di attuazione, impediscono tuttora di sfruttare appieno i vantaggi della semplificazione amministrativa. A tutt'oggi non è stato dato seguito all'esame dei regimi di autorizzazione ex ante per l'avvio di un'attività commerciale e alla successiva abrogazione e sostituzione con controlli ex post di quelli non necessari, secondo quanto previsto dalla normativa precedente. Inoltre, il disegno di legge sulla semplificazione dell'ottobre 2012 non è stato approvato dal Parlamento italiano. Questo fa sì che l'onere amministrativo per le imprese sia ancora molto pesante. In particolare, nonostante le misure adottate in questo campo, l'Italia è fortemente arretrata in classifica per quanto riguarda la facilità di avviare attività d'impresa[30]. Inoltre, malgrado la disponibilità di servizi di e-government, i cittadini e le piccole imprese continuano a farne un uso molto limitato, inferiore alla media UE, e dal 2010 i progressi sono stati molto modesti. Questo può essere dovuto al livello globalmente basso di competenze nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e alla scarsa conoscenza di questi servizi da parte dei cittadini.

Sono state prese misure per promuovere l'internazionalizzazione delle imprese e attirare gli investimenti esteri, in particolare attraverso la creazione del Desk Italia, uno sportello unico per aiutare gli investitori esteri a conformarsi ai requisiti amministrativi connessi ai progetti di investimento. Se sarà predisposto correttamente e utilizzato da imprese e investitori, questo strumento potrebbe migliorare il contesto imprenditoriale.

Nonostante i risoluti provvedimenti adottati per migliorare l'efficienza del sistema giudiziario, permangono diverse sfide. In linea con la raccomandazione specifica del 2012, che esortava l'Italia ad attuare la prevista riorganizzazione degli organi giurisdizionali, le disposizioni attuative dell'agosto 2012 hanno avviato una revisione radicale della distribuzione territoriale degli uffici giudiziari a fini di razionalizzazione e di miglioramento dell'efficienza. Per poter produrre effetti positivi, questa riforma deve essere attuata con rigore entro settembre 2013. Questo misura fondamentale è stata integrata da interventi volti a ridurre la durata e il costo dei procedimenti e ad abbassare l'elevato livello di contenzioso, principalmente attraverso una maggiore specializzazione dei tribunali (i 21 tribunali specializzati nel diritto societario sono operativi dal settembre scorso), l'istituzione di procedure accelerate e l'introduzione di disincentivi all'uso dei servizi giudiziari.  Anche le iniziative volte a modernizzare e informatizzare i servizi giudiziari contribuiscono a migliorare l'efficienza. Visto l'elevato livello di contenzioso in Italia, i meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie possono contribuire in misura considerevole ad abbreviare i procedimenti civili e ad alleggerire il carico di lavoro dei giudici e dei tribunali, come è stato sottolineato nella raccomandazione specifica per paese del 2012 e nel programma nazionale di riforma. Nell'ottobre 2012, tuttavia, la Corte costituzionale italiana ha rigettato le disposizioni che rendono la mediazione obbligatoria in diversi settori della giustizia civile.

La legge anticorruzione rappresenta un passo importante, atteso da tempo, nella giusta direzione, ma devono ancora essere affrontate diverse questioni. La pervasività della corruzione comporta costi ingenti per il sistema produttivo dell'Italia – che nel 2012 la Corte dei conti italiana ha stimato a 60 miliardi di EUR – e mina la fiducia dei cittadini nel governo e nelle istituzioni. La legge anticorruzione approvata nel novembre 2012, che istituisce un'autorità specifica, introduce nuove reati e aumenta gli obblighi di trasparenza delle amministrazioni, rappresenta un passo avanti verso la creazione di un contesto imprenditoriale più favorevole in Italia. La legge, tuttavia, richiede ancora provvedimenti attuativi e non affronta alcune questioni fondamentali. Il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) annovera i brevi termini di prescrizione fra le principali carenze del sistema penale italiano. Per radicare il concetto di integrità nella pubblica amministrazione è importante anche migliorare ulteriormente il perseguimento di reati comuni contro la pubblica amministrazione quali la frode contabile e l'"autoriciclaggio".

Il quadro istituzionale per la gestione degli aiuti di Stato presenta alcune lacune. A differenza di altri Stati membri, l'Italia coordina a livello centrale il recupero degli aiuti concessi illegalmente e le procedure di infrazione, ma il governo centrale non ha il potere di coordinare le notifiche, la normativa e la raccolta dei dati.  Le altre carenze riscontrate rispetto ad altri Stati membri riguardano l'assenza di meccanismi di controllo e di conoscenza degli aiuti concessi e carenze nel recupero degli aiuti concessi illegalmente, come evidenziato dall'autorità italiana garante della concorrenza. L'Italia ha adottato una nuova legge che affronta alcuni di questi problemi, la cui efficacia dovrà però essere dimostrata.

Occorre chiarire le modalità di coordinamento tra i vari livelli amministrativi. L'attuazione delle misure adottate e la corretta applicazione della normativa UE sono spesso state ostacolate da un coordinamento insufficiente tra le amministrazioni centrali e locali e dalla mancanza di chiarezza in merito alla ripartizione delle competenze. Questo ha impedito, ad esempio, di applicare correttamente la direttiva sui servizi, specialmente nei settori del turismo e del commercio al dettaglio. In seguito alla riforma 2001 del titolo V della Costituzione italiana, che disciplina la ripartizione dei poteri di regolamentazione e di spesa fra tutti i livelli amministrativi, nell'ottobre scorso è stato adottato un disegno di legge di modifica volto a rivedere ulteriormente questa parte della Costituzione. In particolare, la modifica costituzionale ritrasferisce determinate competenze[31] al livello centrale e cerca di ridurre i conflitti di competenza. La riforma non è ancora stata approvata dal Parlamento italiano.  

Ritardi nel pagamento dei debiti commerciali

Il recepimento, da parte dell'Italia, della direttiva dell'UE sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali contribuisce al miglioramento dei rapporti tra pubblica amministrazione e prestatori di servizi. L'Italia è al secondo posto nell'UE per quanto riguarda i ritardi nel rimborso dei debiti commerciali, soprattutto da parte del settore pubblico. L'attuazione tempestiva della direttiva 2011/7/UE, che si applica ai contratti firmati a partire dal 1° gennaio 2013, dovrebbe ridurre i tempi di rimborso, sia fra partner commerciali privati che fra fornitori privati e  amministrazioni pubbliche, e contribuire a evitare un nuovo accumulo di debiti commerciali presso la pubblica amministrazione. Il volume di debiti commerciali pregressi del settore pubblico è giudicato considerevole (circa il 5,8% del PIL nel 2011), sebbene comprenda anche debiti commerciali per i quali non sono ancora stati superati i termini contrattuali di rimborso.

Il governo ha adottato un piano per accelerare il rimborso dell'ingente volume di debiti commerciali pregressi, soprattutto da parte delle amministrazioni regionali e locali, nel periodo 2013-2014. Il piano aumenta la tesoreria delle amministrazioni subnazionali, che hanno contratto la maggior parte dei debiti commerciali pregressi, e dovrebbe quindi risultare più efficace delle misure adottate nel 2012 per promuovere la certificazione dei crediti e utilizzarli come garanzie per ottenere prestiti bancari. È importante garantire l'effettivo rimborso dei debiti ai creditori per migliorare la liquidità delle imprese e l'introduzione di protezioni adeguate contro l'azzardo morale da parte delle amministrazioni responsabili dell'eccesso di debito.

Fondi strutturali

L'efficienza dei provvedimenti presi dall'Italia per aumentare l'assorbimento dei fondi strutturali è in contrasto con l'assenza di iniziative volte a migliorare la gestione dei fondi stessi. La raccomandazione del Consiglio del 2012 sottolineava l'importanza di migliorare l'assorbimento e la gestione dei fondi strutturali, specialmente nel Mezzogiorno, nell'ambito dell'azione volta a migliorare l'efficienza della spesa pubblica. È stato fatto qualche progresso in questo campo. L'attuazione del Piano d'azione Coesione procede e nell'arco di 12 mesi l'assorbimento dei fondi è aumentato di 10 punti percentuali, dal 21% al 31%. L'Italia, tuttavia, non ha ancora adottato misure strutturali e durature per ovviare ai problemi di gestione dei fondi nelle regioni meridionali (come dimostra l'esperienza della task force dedicate in Sicilia e in Campania), specie per quanto riguarda la capacità di elaborazione, preparazione e realizzazione dei progetti, nonché la prevenzione e l'individuazione precoce delle irregolarità nell'uso dei fondi UE. In vista del prossimo periodo di programmazione, e come sottolineato nel documento sulla posizione della Commissione in merito allo sviluppo di accordi di partenariato e programmi in Italia nel periodo 2014-2020, la persistenza di questi problemi desta serie preoccupazioni in quanto ostacola il regolare flusso di assistenza dell'UE verso le regioni meno sviluppate dell'Italia e le loro possibilità di sviluppo.

4. Tabella riepilogativa

Impegni 2012 || Sintesi della valutazione

Raccomandazioni specifiche per paese

Raccomandazione 1: attuare la strategia di bilancio come previsto e garantire che la situazione di disavanzo eccessivo sia corretta nel 2012; garantire il programmato obiettivo di avanzi primari strutturali per riportare il rapporto debito/PIL su una traiettoria in discesa entro il 2013; garantire progressi adeguati verso l'obiettivo di bilancio a medio termine, nel rispetto del parametro di riferimento per la spesa, e realizzare sufficienti progressi verso il rispetto del parametro della riduzione del debito. || È stato fatto qualche progresso verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica. Il 10 aprile il governo ha presentato il nuovo documento di economia e finanza (DEF) per il periodo 2013-2017, da cui risulta un peggioramento delle prospettive economiche e di bilancio. Il disavanzo è arrivato al 3,0% del PIL nel 2012 (termine fissato dal Consiglio nel quadro della procedura per i disavanzi eccessivi). Il disavanzo pubblico dovrebbe registrare una lieve diminuzione, arrivando al 2,9% del PIL nel 2013 e consentendo quindi di liquidare un volume di debiti commerciali pari allo 0,5% circa del PIL, per poi scendere all'1,8% nel 2014, all'1,5% nel 2015, allo 0,9% nel 2016 e allo 0,4% nel 2017. Per raggiungere gli obiettivi relativi al disavanzo dal 2015 in poi occorreranno ulteriori misure di risanamento. Quest'anno il debito dovrebbe salire al 130,4% del PIL, anche a causa del rimborso dei debiti commerciali, per poi diminuire in modo costante arrivando al 117,3% nel 2017. Le misure di risanamento adottate finora sono ambiziose, ma l'adempimento degli impegni di bilancio potrebbe essere  a rischio, non solo per le fragili prospettive economiche, ma anche per il possibile allentamento dell'orientamento della politica di bilancio. L'Italia deve portare avanti il risanamento di bilancio in modo favorevole alla crescita e in totale coerenza con i requisiti del patto di stabilità e crescita rafforzato. In particolare, l'Italia deve garantire gli avanzi primari strutturali programmati, indispensabili per riportare il rapporto debito/PIL su un percorso discendente.

Raccomandazione 2: garantire che il chiarimento nelle disposizioni attuative delle caratteristiche chiave della norma costituzionale sul pareggio di bilancio, ivi compreso un adeguato coordinamento tra i diversi livelli amministrativi, sia coerente con il quadro dell'UE; perseguire un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica mediante la prevista spending review e l'attuazione del Piano d'azione Coesione del 2011 per migliorare l'assorbimento e la gestione dei fondi UE, in particolare nell'Italia meridionale. || La parte della raccomandazione specifica relativa alla norma costituzionale sul pareggio di bilancio è stata pienamente realizzata; è stato fatto qualche progresso in risposta alla raccomandazione relativa alla spesa pubblica e ai fondi strutturali. In linea con la raccomandazione specifica, nel dicembre 2012 è stato adottato il diritto derivato connesso all'introduzione di una norma relativa al pareggio di bilancio nella Costituzione italiana, in modo globalmente coerente con il quadro di bilancio rafforzato dell'UE. Nell'agosto scorso è stata adottata una legge sulla spending review successivamente integrata da misure volte a ridurre i costi degli organi eletti e da ulteriori disposizioni sulla revisione della spesa contenute nella legge di bilancio per il periodo 2013‑2015 adottata nel dicembre 2012. Tuttavia, alcune delle misure previste nella spending review devono ancora essere adottate e/o attuate. Per quanto riguarda l'attuazione del Piano d'azione Coesione, si osservano sviluppi positivi per la parte della raccomandazione relativa all'assorbimento, ma la questione della gestione non è ancora stata affrontata, specialmente nel Mezzogiorno.

Raccomandazione 3: adottare ulteriori misure per combattere la disoccupazione giovanile, migliorando anche la pertinenza del percorso formativo rispetto al mercato del lavoro facilitando il passaggio al mondo del lavoro, anche attraverso incentivi per l'avvio di nuove imprese e per le assunzioni di dipendenti; attuare il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche a livello nazionale per promuovere la mobilità del lavoro; adottare misure per ridurre i tassi di abbandono dell'università e combattere l'abbandono scolastico. || È stato fatto qualche progresso verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica. Le misure adottate per affrontare il problema dei tassi di abbandono scolastico, anche fra gli studenti universitari, e adeguare l'offerta di competenze di alto livello in funzione della domanda del mercato del lavoro sono ancora insufficienti. Il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche a livello nazionale è stato garantito mediante il sistema nazionale di certificazione delle competenze. Sono state prese diverse misure per favorire la creazione di start-up innovative e l'assunzione di giovani molto qualificati, ma la loro portata è limitata e in alcuni casi mancano le disposizioni attuative.

Raccomandazione 4: adottare in via prioritaria la riforma del mercato del lavoro per affrontare la segmentazione del mercato del lavoro e istituire un sistema integrato per le indennità di disoccupazione. adottare ulteriori provvedimenti per incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, in particolare fornendo servizi per l'infanzia e l'assistenza agli anziani. monitorare e se necessario potenziare l'attuazione del nuovo quadro per la determinazione dei salari al fine di contribuire all'allineamento della crescita salariale e della produttività a livello settoriale e imprenditoriale. || È stato fatto qualche progresso verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica. In linea con la raccomandazione specifica, nel giugno 2012 è stata adottata una riforma ambiziosa, ma per alcune delle sue disposizioni non sono ancora stati adottati i decreti attuativi. Sono state adottate misure per incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma la loro portata rimane limitata. Le misure relative all'offerta di strutture per l'infanzia e l'assistenza agli anziani rimangono di livello generale e hanno una portata limitata. Per quanto riguarda la contrattazione salariale, l'accordo firmato nel novembre 2012 dalle parti sociali, tranne la CGIL, promuove la contrattazione decentrata e riconosce la necessità di collegare i salari non solo all'inflazione, ma anche alla situazione economica e alla competitività del paese e dello specifico settore. L'accordo può contribuire utilmente ad allineare meglio i salari all'andamento della produttività e a sostenere la competitività.  La sua efficacia, tuttavia, resta da dimostrare, perché l'accordo contiene solo orientamenti e la sua applicazione concreta richiede ulteriore accordi tra le parti sociali.  Il governo sostiene l'accordo con misure di defiscalizzazione del salario di produttività, attuate di recente attraverso un decreto legge che ha ricevuto il sostegno delle parti sociali.

Raccomandazione 5: proseguire la lotta contro l'evasione fiscale; perseguire l'economia sommersa e il lavoro non dichiarato, ad esempio intensificando verifiche e controlli; adottare misure per ridurre la portata delle esenzioni fiscali, le indennità e le aliquote IVA ridotte e semplificare il codice tributario; intraprendere ulteriori azioni per spostare il carico fiscale dal lavoro e dal capitale verso i consumi e i beni immobili nonché l'ambiente. || Sono stati compiuti progressi limitati verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica. Dopo le ambiziose misure adottate tra il 2010 e il 2011, i progressi sono stati limitati per quanto riguarda lo spostamento del carico fiscale dal lavoro e dal capitale verso i beni immobili e i consumi. Un disegno di legge di delega per la riforma del sistema tributario contiene misure pertinenti volte a migliorare l'adempimento fiscale, semplificare il sistema tributario e aumentarne l'efficienza, rivedendo in particolare i valori catastali per avvicinarli ai valori di mercato ai fini dell'imposta sugli immobili, che rimangono però alla stadio progettuale perché la legge non è stata adottata dal Parlamento italiano. L'Italia ha attuato misure mirate per potenziare gli strumenti di lotta all'evasione di cui dispone l'amministrazione fiscale, il cui impatto dipenderà dalla capacità dell'amministrazione di usare tali strumenti. Occorre ancora affrontare con urgenza il problema dell'economia sommersa e del lavoro non dichiarato.

Raccomandazione 6: attuare le misure già adottate di liberalizzazione e semplificazione nel settore dei servizi; proseguire gli sforzi al fine di migliorare l'accesso al mercato nelle industrie di rete, nonché la capacità e le interconnessioni infrastrutturali; semplificare ulteriormente il quadro normativo per le imprese e rafforzare la capacità amministrativa; migliorare l'accesso agli strumenti finanziari, in particolare al capitale, per finanziare le imprese in crescita e l'innovazione; attuare la prevista riorganizzazione del sistema della giustizia civile e promuovere il ricorso a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie. || È stato fatto qualche progresso verso la realizzazione di questa raccomandazione specifica. Sono state adottate misure importanti per migliorare il funzionamento del mercato dei servizi, specialmente quelli professionali, e delle industrie di rete, segnatamente attraverso la separazione in corso nel settore del gas. Vi sono tuttavia determinati rischi per quanto riguarda la corretta attuazione di alcune di queste misure (la riforma della professione forense potrebbe essere in conflitto con la riforma generale delle professioni regolamentate; non è ancora stata istituita l'Autorità di regolazione dei trasporti; devono ancora essere adottati decreti attuativi per la riforma della disciplina in materia di "golden share", la liberalizzazione dei servizi pubblici locali si è interrotta e vi è margine per ulteriori interventi in settori quali la distribuzione dei carburanti, le assicurazioni e i servizi postali. I progressi sono inoltre limitati in termini di miglioramento delle infrastrutture nei settori dell'elettricità e del gas. È proseguito il processo di semplificazione amministrativa, contestualmente a una maggiore informatizzazione dei servizi pubblici, per migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione e il contesto imprenditoriale. Tuttavia, il disegno di legge sulla semplificazione che dovrebbe sostenere questo processo non è stato approvato dal Parlamento italiano. Sono stati introdotti diversi strumenti per agevolare l'accesso delle imprese ai finanziamenti e incentivare la ricerca e l'innovazione, la cui portata rimane però limitata. Per quanto riguarda il sistema giudiziario, la revisione delle circoscrizioni giudiziarie rappresenta una tappa fondamentale per migliorare l'organizzazione dei tribunali. Il provvedimento è stato completato da misure volte ad accelerare i procedimenti giudiziari, a favorire la specializzazione dei tribunali e dei giudici, a ridurre le controversie e a modernizzare i servizi giudiziari. La Corte costituzionale italiana ha però abrogato l'introduzione della mediazione obbligatoria per un certo numero di questioni civili.

Europa 2020 (obiettivi nazionali e progressi realizzati)

Obiettivo in materia di tasso di occupazione: 67-69% || Il tasso di occupazione era del 61,2% nel 2011 e del 61,0% nel 2012. Non è stato fatto alcun progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

Obiettivo in materia di ricerca e sviluppo: 1,53% del PIL || La spesa nazionale lorda per R&S è stata dell'1,26% del PIL nel 2010 e dell'1,25% del PIL nel 2011. Non è stato fatto alcun progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

Obiettivo relativo alle emissioni di gas a effetto serra: ‑13% (rispetto alle emissioni del 2005); le emissioni ETS non rientrano in questo obiettivo nazionale. || Tra il 2005 e il 2011 le emissioni di gas a effetto serra non ETS sono diminuite del 13%. Secondo le ultime proiezioni disponibili, la diminuzione totale raggiunta nel periodo 2005-2020 sarà del 9%, per cui l'obiettivo non verrebbe raggiunto. Finora sono stati compiuti notevoli progressi verso il conseguimento dell'obiettivo, ma questa tendenza potrebbe invertirsi.

Obiettivo relativo alle energie rinnovabili: 17% quota di energie rinnovabili nel settore dei trasporti: 10% || La quota delle energie rinnovabili totali nel consumo finale lordo di energia è stata dell'11,5% nel 2011 e del 4,7% nel settore dei trasporti. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

Obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica: riduzione del consumo di energia primaria di 20 Mtep e risparmio annuo di energia finale di 15 Mtep entro il 2020. || L'Italia ha fissato un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica a norma degli articoli 3 e 24 della direttiva sull'efficienza energetica (2012/27/UE). Nel 2011 il risparmio è ammontato a 5,12 Mtep. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

Obiettivo relativo all'abbandono scolastico: 15-16% || Il tasso di abbandono scolastico (misurato in percentuale della popolazione di età compresa tra 18 e 24 anni con al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore che non segue ulteriori corsi di istruzione o formazione) era del 18,2% nel 2011 e del 17,6% nel 2012. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

Obiettivo relativo all'istruzione terziaria: 26-27% || Il tasso di istruzione terziaria era del 20,3% nel 2011 e del 21,7% nel 2012. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

Obiettivo di riduzione della parte della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, in numero di persone: - 2 200 000 || Persone a rischio di povertà o esclusione sociale (in migliaia): 14 757 000 nel 2010 e 17 126 000 nel 2011. Non è stato fatto alcun progresso verso il conseguimento dell'obiettivo.

5. Allegato

Tabella I. Indicatori macroeconomici

 

Tabella II. Confronto tra sviluppi e prospettive a livello macroeconomico

Tabella III. Composizione dell'aggiustamento di bilancio

 

Tabella IV. Dinamica del debito

 

Tabella V. Indicatori di sostenibilità

 

Tabella VI. Indicatori fiscali

Tabella VII. Indicatori del mercato finanziario

Tabella VIII. Indicatori del mercato del lavoro e sociali

Tabella IX. Risultati per i mercati dei prodotti e indicatori di policy

                                                                

Tabella X. Crescita verde

[1] COM(2012) 318 final del 30 maggio 2012.

[2] GU C 219 del 24 luglio 2012.

[3] COM(2012) 750 final.

[4] COM(2012) 751 final.

[5] SWD(2013) 118 final. I 13 esami approfonditi sono stati pubblicati il 10 aprile 2013. Pur essendo stato selezionato per un esame approfondito nella relazione sul meccanismo di allerta, alla fine Cipro non è stato oggetto di esame nell'ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici in considerazione dello stadio avanzato dei suoi preparativi per un programma di assistenza finanziaria.

[6] Secondo una relazione pubblicata nel febbraio 2013 dal governo italiano, gran parte delle misure adottate non richiede disposizioni attuative ed è quindi immediatamente applicabile. Inoltre, deve ancora essere adottato il 56% circa delle principali disposizioni attuative necessarie.

[7] Secondo il Fondo monetario internazionale, la piena attuazione delle riforme dei mercati dei prodotti e del lavoro in Italia dovrebbe far aumentare il PIL del 5,7% in cinque anni e del 10,5% nel lungo periodo.

[8] SWD(2012) 318 final.

[9] Una clausola di salvaguardia stipula che la riforma deve essere effettuata nel pieno rispetto degli obiettivi programmatici primari di bilancio; inoltre, in caso di mancata adozione di una riforma neutra in termini di bilancio entro la fine di agosto 2013, la rata sospesa dell'imposta sui beni immobili dovrà essere versata entro il 16 settembre.

[10] I saldi strutturali ricalcolati dalla Commissione differiscono lievemente da quelli indicati nel programma di stabilità, soprattutto perché i primi si basano sui divari tra prodotto effettivo e prodotto potenziale calcolati secondo un metodo che limita le revisioni a ritroso rispetto alle previsioni di primavera 2013 della Commissione, mentre il metodo utilizzato nel programma di stabilità consente tali revisioni.

[11] L'ACE consente alle imprese di escludere dalla base imponibile parte del rendimento nozionale dei nuovi apporti di capitale.

[12] Le regioni dovranno mantenere un bilancio in pareggio al loro livello, mentre le amministrazioni comunali saranno autorizzate a contrarre prestiti per finanziare gli investimenti.

[13] Banca d'Italia, "Relazione annuale 2011", 2012.

[14] La raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per i giovani (2013/C 120/01) caldeggia l'introduzione di sistemi di garanzia per i giovani al fine di assicurare a tutti i giovani di età inferiore a 25 anni un'offerta di lavoro di buona qualità, formazione continua, apprendistato o tirocinio entro quattro mesi dal termine dell'istruzione formale o dall'inizio della disoccupazione.

[15] Relazione "Gruppi di intervento per l'occupazione giovanile - Aggiornamento per il Consiglio europeo di primavera, 14-15 marzo 2013".

[16] Il tasso di partecipazione alla forza lavoro comprende le persone in età lavorativa occupate, disoccupate o in cerca di occupazione.

[17] ISTAT, 2010.

[18] ISTAT, 2010.

[19] Il Piano d'azione Coesione è stato adottato alla fine del 2011 nell'intento di migliorare l'uso dei fondi strutturali attraverso l'attribuzione di priorità e la riassegnazione delle risorse a favore di quattro settori chiave (istruzione, occupazione, trasporto ferroviario e agenda digitale), successivamente estesi, tra l'altro, alle strutture di cura all'infanzia e agli anziani.

[20] OCSE, 'Education at a Glance', 2012.

[21] Pur consapevole della possibile utilità di introdurre un regime che garantisca per legge un reddito minimo a livello nazionale, il gruppo di lavoro sulle questioni socioeconomiche/europee istituito nell'aprile 2013 dal Presidente della Repubblica italiana riconosce che i forti vincoli di bilancio ne limitano la fattibilità e suggerisce invece di valutare la fattibilità dell'introduzione di un regime di questo tipo nell'ambito di una revisione più estesa delle prestazioni sociali in Italia.

[22] http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/economic_paper/2012/pdf/ecp_456_en.pdf

[23] Poiché il punto di partenza è la fine del 2011, non si tiene conto delle misure adottate dall'Italia nel 2012.

[24] A seconda dello scenario: il 2,2% corrisponde a uno scenario ambizioso in cui gli Stati membri riducono il livello di restrizioni a quello dei cinque migliori paesi dell'UE per settore, corrispondente alla quasi totale abolizione delle barriere, mentre l'1,4% potrebbe essere ottenuto con uno scenario moderatamente ambizioso.

[25] http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/economic_paper/2012/pdf/ecp_456_en.pdf

[26] L'indice di produttività idrica misura il valore dei beni prodotti per metro cubo di acqua utilizzato.

[27] Sono definite start-up innovative le imprese che investono più del 30% dei loro costi di produzione nella ricerca, o in cui più del 30% dei dipendenti sono ricercatori o titolari di dottorato oppure che detengono diritti di proprietà industriale.

[28] Secondo il quadro di valutazione Ue dell'innovazione 2013, l'Italia è un innovatore moderato.

[29] COM(2013) 160 final.

[30] L'Italia occupa l'84a posizione (su 185 economie) nella classifica 2013 della Banca mondiale "Doing business" per quanto riguarda le condizioni di avvio di un'attività d'impresa (in termini di tempi, costi e numero di procedure da espletare) mentre nel 2012 si collocava al 76° posto.

[31] tra cui il coordinamento delle finanze pubbliche e del sistema fiscale, le principali reti di trasporto, l'istruzione, il commercio estero e la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia.

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