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Document 52012IE0476
Opinion of the European Economic and Social Committee on the ‘Social impact of the new economic governance legislation’ (own-initiative opinion)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle «Conseguenze sociali della nuova legislazione sulla governance economica» (parere d'iniziativa)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle «Conseguenze sociali della nuova legislazione sulla governance economica» (parere d'iniziativa)
GU C 143 del 22.5.2012, p. 23–28
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
22.5.2012 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 143/23 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle «Conseguenze sociali della nuova legislazione sulla governance economica» (parere d'iniziativa)
2012/C 143/05
Relatrice: BISCHOFF
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
Conseguenze sociali della nuova legislazione sulla governance economica.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali e cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 gennaio 2012.
Alla sua 478a sessione plenaria, dei giorni 22 e 23 febbraio 2012 (seduta del 22 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 232 voti favorevoli, 8 voti contrari e 9 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 L'Unione europea deve parlare con una sola voce, agire con più rapidità e decisione ed applicare le "ricette" adeguate per affrontare in maniera convincente la più grave crisi finanziaria, economica e di fiducia della sua storia.
1.2 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'approccio adottato dai governi, volto a correggere i "vizi di origine" della zona euro e a gettare le basi di una nuova architettura della governance economica europea. Si tratta di un passo necessario, in quanto gli strumenti e le procedure attuali non sono stati in grado di porre fine, come desiderato, all'indebitamento e agli squilibri macroeconomici. Tuttavia, questa nuova architettura della governance economica europea deve salvaguardare i diritti democratici degli Stati membri e dei loro parlamenti liberamente eletti, come anche l'autonomia delle parti sociali e la loro libertà di contrattazione collettiva.
1.3 La nuova governance metterà, certo, in primo piano la politica economica, ma finirà per incidere soprattutto sui sistemi sociali, costringendo gli Stati membri ad attuare determinate riforme sotto la minaccia di sanzioni (quasi) automatiche. Il CESE raccomanda di risanare i conti pubblici in modo intelligente e sostenibile, garantendo i necessari investimenti sociali, al fine di evitare situazioni di asimmetria sociale.
1.4 Alcune delle misure di austerità già attuate o previste avranno ripercussioni negative, ad esempio per le persone e le imprese, riducendo i servizi sociali o le misure per il mercato del lavoro a favore delle categorie più bisognose di tutela e smantellando le necessarie infrastrutture sociali, ad esempio per la custodia dei bambini o la formazione. Tutto ciò avrà a sua volta un impatto negativo sull'accesso ai servizi e la qualità degli stessi, peggiorando così notevolmente la qualità della vita delle persone appartenenti a dette categorie sociali.
1.5 Il CESE richiama l'attenzione sul conflitto intrinseco tra gli obiettivi della strategia Europa 2020 e quelli della governance economica europea. L'attuazione del "semestre europeo" e del pacchetto di misure denominato "six pack" non deve compromettere la realizzazione degli obiettivi di tale strategia: ad esempio, in materia di riduzione della povertà, occorre verificare, riguardo a tutte le misure da attuare, che esse non finiscano di fatto per accrescerla.
1.6 Il CESE ribadisce la necessità e l'urgenza di valutare l'impatto sociale delle nuove disposizioni sulla governance economica, e chiede in particolare:
1) |
di concludere un "patto per gli investimenti sociali"; |
2) |
di coinvolgere tempestivamente e ampiamente in tutte le misure le organizzazioni rappresentative della società civile, e specialmente le parti sociali, in ragione delle loro specifiche funzioni e competenze; |
3) |
di convocare una convenzione per definire un approccio orientato al progresso sociale nel quadro delle prossime modifiche dei Trattati; |
4) |
di attuare un "piano di salvataggio sociale" mediante una "governance sociale" corrispondente; |
5) |
di garantire e promuovere l'autonomia negoziale delle parti sociali; |
6) |
di utilizzare nuove fonti di gettito per risanare i bilanci pubblici; |
7) |
di rendere più efficiente la spesa pubblica, di eliminare le spese non pertinenti e di combattere con più forza l'evasione fiscale. |
2. Una nuova architettura per la gestione delle crisi
2.1 Il Trattato di Lisbona ha rafforzato la dimensione sociale dell'Europa e sancito l'obiettivo di un'economia sociale di mercato, nonché reso giuridicamente vincolanti i diritti sociali fondamentali e obbligatorie le valutazioni dell'impatto sociale per tutti i progetti e le iniziative dell'UE. Il CESE insiste da tempo sul concetto che in Europa un'economia sociale di mercato deve coniugare la competitività con la giustizia sociale. Dinamismo economico e progresso sociale non sono in contraddizione tra loro, ma si sostengono a vicenda (1).
2.2 Il CESE ha accolto con favore il fatto che, con la nuova strategia Europa 2020, l'UE abbia convenuto sulla necessità di garantire una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva.
2.3 L'Unione europea si trova oggi ad attraversare la crisi più grave della sua storia. Quella che all'inizio era una crisi finanziaria si è trasformata in molti paesi in una profonda crisi economica, del debito e sociale. Ci troviamo inoltre a dover affrontare una crisi di governance delle istituzioni europee e una crisi di fiducia nei loro confronti. L'Europa deve parlare con una sola voce, agire con più rapidità e decisione, ed applicare le "ricette" appropriate.
2.3.1 I programmi di austerità e i piani di salvataggio sono oggi al centro dell'attenzione, mentre le misure necessarie per migliorare la governance economica e stimolare la crescita restano frammentarie e poco trasparenti e il dibattito sui pro e i contro di un'integrazione più profonda rimane a un punto morto.
2.3.2 Si manifestano crescenti preoccupazioni che questa crisi di fiducia si trasformi in una crisi di democrazia, soprattutto per il timore di incorrere in sanzioni. Il CESE sottolinea che i parlamenti nazionali a elezione diretta devono poter decidere liberamente, secondo le loro competenze e responsabilità, sui bilanci e la composizione dei governi.
2.3.3 Il CESE ha già evidenziato in numerosi pareri che questa crisi è ormai divenuta un vero e proprio banco di prova per l'Europa. La politica di austerità provoca tensioni sociali in molti paesi e alimenta sentimenti antieuropei o rigurgiti nazionalisti.
2.4 La reazione politica dell'UE e dei governi nazionali alla cosiddetta crisi del debito, provocata tra l'altro dalla massiccia deregolamentazione dei mercati finanziari in seguito alla crisi finanziaria degli ultimi anni, è finora consistita nell'imporre programmi di austerità allo scopo di rassicurare i predetti mercati. Già in diverse occasioni, pertanto, il Comitato ha espresso apprezzamento per il fatto che, malgrado le molte opposizioni, la Commissione abbia presentato proposte per l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie e l'emissione di stability bonds (2).
2.5 Nel contempo ci si sforza di correggere alcuni dei "vizi di origine" della zona euro e di gettare le basi di una nuova architettura della governance economica europea. L'obiettivo è dunque quello di giungere a un miglior coordinamento della politica economica, a un maggior rigore nella politica e nel controllo dei bilanci, e a un rafforzamento della competitività (3). Nell'autunno 2011 il Parlamento europeo ha così adottato un pacchetto di misure (cinque regolamenti e una direttiva: il cosiddetto "six-pack") intese appunto a riformare la governance economica europea.
2.5.1 Questo pacchetto di sei misure poggia su tre pilastri:
— |
il rafforzamento dell'attuale Patto di stabilità e crescita (PSC): la Procedura per i disavanzi eccessivi (Excessive Deficit Procedure - EDP) prevede infatti regole aggiuntive, e assai più rigorose, sulla riduzione di disavanzi e debiti pubblici, imponendo agli Stati membri di riportare i loro livelli attuali di indebitamento entro il tetto fissato dal Trattato di Maastricht (60 %) entro i prossimi 20 anni, indipendentemente dal corso della congiuntura economica. Si tratta di una misura prociclica e potenzialmente dannosa per la crescita e l'occupazione; |
— |
l'applicazione di una Procedura per gli squilibri eccessivi (Excessive Imbalance Procedure - EIP). Si tratta di una misura di politica economica del tutto nuova a livello dell'UE, intesa a individuare e correggere gli squilibri macroeconomici che potrebbero minacciare la stabilità della moneta unica; |
— |
l'introduzione di sanzioni realmente "dissuasive" per garantire l'effettiva attuazione del PSC e dell'EIP. Infatti, se è vero che l'UE adotta raccomandazioni volte a ottimizzare le decisioni politiche nazionali fin dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, l'assoluta novità consiste ora nel fatto che tali raccomandazioni sarebbero accompagnate da sanzioni quasi "automatiche" nei confronti degli Stati membri della zona euro. Tutto ciò grazie all'introduzione del cosiddetto "voto a maggioranza invertita", il che è quantomeno discutibile trattandosi di una procedura del tutto inedita, finora non contemplata dai Trattati. In parole semplici, la proposta della Commissione di irrogare a uno Stato membro che non dia seguito alle sue raccomandazioni sanzioni pari allo 0,1 o 0,2 % del suo PIL annuale, si considererà accolta se il Consiglio dei ministri delle Finanze non l'avrà respinta a maggioranza qualificata entro un termine di dieci giorni. In tal modo, rendendo quasi automatico il processo di irrogazione delle sanzioni, la nuova procedura costringerà gli Stati membri a tenere effettivamente conto delle raccomandazioni politiche adottate a livello europeo. |
2.5.2 Il 23 novembre 2011 la Commissione ha aggiunto al "six-pack" due nuovi regolamenti: uno per migliorare la sorveglianza sugli Stati membri la cui stabilità finanziaria è in grave pericolo, l'altro per monitorare e correggere i progetti preliminari di bilancio degli Stati membri. Il primo regolamento amplierà, rafforzerà e approfondirà le raccomandazioni di politica economica specificamente rivolte ai singoli paesi che seguono un programma di adeguamento macroeconomico: l'inosservanza di tali raccomandazioni comporterà infatti la sospensione del pagamento degli aiuti erogati dai fondi strutturali e dal Fondo sociale europeo. Il secondo regolamento rafforza la competenza della Commissione in materia di vigilanza sulle procedure di bilancio nazionali, imponendo agli Stati membri di introdurre regole vincolanti sull'entità dei disavanzi di bilancio. Entrambi i regolamenti avrebbero l'effetto di accrescere la pressione reciproca tra Stati membri, rafforzandone così la prociclicità intrinseca, con le conseguenze che ben si possono immaginare.
2.5.3 La procedura di sorveglianza per i primi sei mesi di ogni anno – il cosiddetto "semestre europeo" - è intesa ad evitare orientamenti contraddittori nelle politiche di bilancio degli Stati membri e a monitorare l'attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020. Ciò al fine di assicurarsi che gli obiettivi principali dell'UE siano effettivamente fatti propri in tempo utile dagli Stati membri nei rispettivi progetti di bilancio, prima cioè che i parlamenti nazionali votino sul bilancio dell'esercizio successivo. Tuttavia, pur essendo naturalmente incentrata sulla politica economica, la nuova governance finirà per incidere soprattutto sui sistemi sociali, costringendo gli Stati membri a riformarli sotto la minaccia di sanzioni (quasi) automatiche.
3. L'impatto sociale delle nuove disposizioni
3.1 In questo quarto anno di crisi finanziaria ed economica, le prospettive economiche e occupazionali in Europa continuano a peggiorare. Secondo gli ultimi dati, nell'UE 23 milioni di persone sono senza lavoro. Nel settembre 2011 il tasso di disoccupazione (4) era aumentato, rispetto a un anno prima, sia nell'UE-27 che nella zona euro, dove era ormai rispettivamente del 9,7 % e del 10,2 %. Tra il 2008 e il 2011 anche il tasso di disoccupazione giovanile è cresciuto, passando dal 15,5 % al 21,4 %, così come il tasso di inattività, passato dal 55,6 % al 56,9 %. In Grecia e in Spagna quasi un giovane su due è disoccupato (5). Ciò significa che oltre cinque milioni di giovani sono senza lavoro o non seguono alcuna formazione. Nell'UE l'aumento dell'occupazione registratosi fino alla metà del 2011 (+ 1,5 milioni) non è riuscito a compensare l'enorme perdita di posti di lavoro (6 milioni) subita nel corso di questa crisi. La crescita dell'occupazione, del resto, è dovuta principalmente all'aumento dei contratti di lavoro a termine e a tempo parziale.
3.2 Alla luce di quanto sopra, le previsioni di crescita economica sono state drasticamente rivedute al ribasso, e proprio di recente, nelle sue previsioni d'autunno per il 2011-2013, la Commissione europea ha dichiarato che "la ripresa economica dell'UE si è fermata" e "la disoccupazione non si muoverà dagli alti livelli attuali" (6).
3.3 La crisi bancaria mondiale del 2007-2009 ha condotto direttamente all'attuale crisi del debito sovrano, dato che gli Stati hanno iniettato risorse considerevoli nel salvataggio delle banche e nelle garanzie sovrane per "mantenere a galla" il sistema monetario. L'indebitamento medio è aumentato di conseguenza, passando dal 60 all'80 % del PIL, il che ha ridotto notevolmente il margine di manovra per gli stabilizzatori automatici e le altre misure anticicliche. Ciò significa che, nel processo di adeguamento, saranno le politiche occupazionale e sociale a pagare il prezzo più alto. Le diverse iniziative politiche dell'UE sono infatti accomunate dal fatto di utilizzare le retribuzioni come principale strumento di adeguamento, segnatamente tramite la riduzione e deflazione dei salari.
3.4 Il CESE è dell'avviso che in Europa questa tendenza comporti dei rischi sia per il benessere economico generale che per il tessuto sociale. Come sottolineato dal Comitato per la protezione sociale nella sua relazione sull'impatto sociale della crisi economica, le misure di austerità già attuate o previste finiranno per ripercuotersi sull'inclusione sociale, riducendo le prestazioni e i servizi per le persone più bisognose di tutela, come ad esempio i disabili. Più in generale, ciò avrà un impatto negativo sull'accesso ai servizi pubblici e la qualità degli stessi, con conseguenze nefaste per le persone e le imprese (7). Tassi d'interesse elevati rendono inoltre quasi impossibile per gli Stati membri ridurre il loro deficit di bilancio e il loro debito pubblico: in Grecia, ad esempio, dalla primavera 2011 il bilancio dello Stato registra un avanzo primario, ma il deficit continua a crescere a causa del peso intollerabile degli alti tassi d'interesse.
3.5 Le misure di austerità, che mettono a rischio proprio i necessari investimenti sociali, rafforzeranno ulteriormente questa spirale discendente. Dato che non si apre alcuna nuova possibilità di crescita, i tagli di spesa esercitano nel contempo un impatto negativo sull'attivo di bilancio, determinando ad esempio un calo delle entrate fiscali e un aumento della spesa sociale per i disoccupati. I deficit di bilancio rischiano così di aumentare ulteriormente, con conseguenze potenzialmente disastrose sui mercati finanziari, i quali osservano attentamente l'evolversi della situazione in tutti gli Stati membri.
3.5.1 Inoltre, le misure di austerità, facendo contrarre la domanda finale in uno Stato membro, provocano reazioni a catena in altri paesi. Si innesca così una spirale discendente, sia lungo la catena del valore dell'intero mercato interno che nell'ambito degli scambi commerciali. L'avvio simultaneo di programmi di austerità in diversi paesi offusca ulteriormente le prospettive di crescita, ed è possibile che in questo modo si inneschi un circolo vizioso di insicurezza che incida in particolare sugli investimenti in formazione e perfezionamento professionale, sulla ricerca e l'innovazione, sull'occupazione e sui consumi.
3.6 Il Comitato è dell'avviso che, nell'elaborare e attuare le regole in materia di governance dell'UE, sia opportuno verificare attentamente se e in che misura l'andamento economico negativo negli Stati membri e nelle regioni sia dovuto anche a squilibri dei mercati, processi di concentrazione economica e abusi di mercato da parte di grandi gruppi imprenditoriali. Per porvi rimedio, ad avviso del CESE occorrerebbe adottare a tutti i livelli contromisure efficaci, ad esempio misure fiscali coordinate, e integrarle nelle misure di risanamento finanziario. Del pari, occorrerebbe rafforzare la competitività delle PMI così come la produzione industriale destinata all'esportazione. Tali misure dovrebbero essere accompagnate da quelle strutturali necessarie a garantire la crescita e la creazione di posti di lavoro.
3.7 Il CESE si rammarica che tutte le misure politiche all'esame siano fondate su asimmetrie e strutturalmente unilaterali. In una lettera, il commissario Olli Rehn afferma espressamente che, riguardo agli squilibri all'interno della zona euro, la Commissione è consapevole dei problemi che possono derivare da elevati deficit della bilancia dei pagamenti (deficit esteri), ma non considera i forti avanzi delle partite correnti un problema per la coesione dell'unione monetaria (8). La ridefinizione delle condizioni delle posizioni concorrenziali parte dal presupposto che a costituire un problema siano i paesi che accumulano debito per finanziare il loro deficit estero, mentre quelli che registrano degli avanzi sono incoraggiati a proseguire su questa via.
3.8 Per rilevare gli "squilibri macroeconomici", la Commissione definisce gli indicatori in modo tale che ogni variazione dell'andamento retributivo nei diversi comparti economici sia immediatamente segnalata e monitorata, mentre la stagnazione dei salari negli Stati membri sfugge all'osservazione e viene semplicemente persa di vista. Si considera inoltre la possibilità di effettuare anche comparazioni "relative" per confrontare la dinamica dei costi salariali unitari con quella dei principali concorrenti: un tipo di comparazione che, pur potendo servire a rilevare eventuali divergenze nell'evoluzione della competitività, non può portare a valutare automaticamente gli aumenti retributivi in maniera negativa e la fissazione dei salari in maniera positiva. Occorre invece che lo sviluppo della produttività sia riconosciuto come parametro di riferimento per l'aumento delle retribuzioni.
3.9 Il CESE deplora in particolare che gli Stati membri si siano impegnati ad adottare misure e regole di condotta che esulano dalla loro portata e dalla loro sfera d'influenza. L'articolo 3 del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici istituisce un meccanismo di allerta basato su un quadro di valutazione (scoreboard) con una serie di indicatori. Questi ultimi definiscono le soglie, sia minime che massime, degli squilibri economici interni ed esterni, oltrepassate le quali viene avviata una specifica procedura "per gli squilibri eccessivi". Fra i suddetti indicatori figurano altresì i costi salariali unitari, malgrado il fatto che questi ultimi derivino principalmente dalla contrattazione collettiva autonoma delle parti sociali e non rientrino nella politica economica degli Stati.
3.10 Il CESE ritiene pertanto che le parti sociali debbano essere associate all'attuazione del regolamento, sia a livello nazionale che dell'intera zona euro. Il Comitato sottolinea che, a prescindere dalla forma in cui verrà istituzionalizzata la collaborazione delle parti sociali, la loro autonomia non dovrà essere messa in discussione e le convenzioni OIL 87 e 98 dovranno essere pienamente osservate. Inoltre, il rispetto degli obiettivi generali dell'Unione europea, in particolare riguardo al progresso sociale e all'armonizzazione verso l'alto della politica sociale dell'UE, dovrebbero essere parte essenziale di tale processo, al pari dei diritti sociali fondamentali sanciti dall'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo "la Carta").
3.11 Nei periodi di difficoltà e cambiamento sul piano economico e sociale, è importante che le organizzazioni sociali partecipino ai processi come pure all'attuazione delle misure di governance e di risanamento. Esse, infatti, offrono un apporto prezioso in materia di formazione, prevenzione e occupazione e, in definitiva, contribuiscono a una pace sociale fondata sul rispetto della dignità umana e della solidarietà sociale.
4. L'impatto sociale delle misure negli Stati membri
4.1 Il CESE manifesta forti preoccupazioni per le conseguenze sociali di questa crisi, già evidenti nella maggior parte degli Stati membri, e raccomanda di imprimere alle riforme strutturali un orientamento favorevole alla crescita e all'occupazione. Garantire e promuovere i diritti dei lavoratori e i diritti sociali fondamentali ha un impatto positivo sulla produttività economica nel suo insieme. Per principio, bisogna assicurarsi che i governi dispongano di entrate fiscali sufficienti a garantirne la capacità di azione e che la frode fiscale sia combattuta con decisione.
4.1.1 Il CESE constata con preoccupazione l'esistenza di divari sempre più ampi tra gli Stati membri e tra le regioni, divari che minacciano gravemente il processo di integrazione perché, per la prima volta, diminuisce drasticamente la coesione economica e sociale in seno a un'Unione a perimetro costante. In passato, infatti, le disparità sociali ed economiche erano cresciute soltanto temporaneamente in conseguenza dell'adesione di nuovi Stati membri.
4.2 Nella sua relazione sull'impatto sociale della crisi, il Comitato per la protezione sociale perviene alla conclusione che la crisi economica e finanziaria ha causato un deterioramento notevole della situazione sociale di ampi strati della popolazione, e in particolare di quella dei giovani, dei lavoratori a tempo determinato e dei migranti, e che in tutti gli Stati membri i disoccupati sono una delle categorie sociali più colpite dalla povertà (9). Le agitazioni sociali e le proteste in Grecia, in Spagna e in molti altri Stati membri ne sono la conseguenza.
4.3 Anche l'ultimo sondaggio Eurostat del 2011 indica che i cittadini europei sono inquieti e constatano una crescente diffusione della povertà.
Un'ampia e crescente maggioranza di europei è dell'avviso che la povertà sia in aumento. Infatti, alla domanda se negli ultimi tre anni la povertà sia aumentata o diminuita, l'87 % degli europei ha risposto che essa è aumentata, e questa percentuale è assai maggiore di quella risultante da un sondaggio dell'autunno 2010. Inoltre, solo il 22 % degli europei ritiene che si sia fatto abbastanza per combattere la povertà (10).
4.4 Il CESE è profondamente preoccupato che, a causa delle conseguenze sociali di questa gestione della crisi, l'Europa si ritrovi ancor più profondamente divisa e finisca per perdere il sostegno dei suoi cittadini, mentre invece deve riconquistarne la fiducia.
4.5 Il CESE è dell'avviso che occorra compiere ogni sforzo per evitare che le misure di austerità aggravino il rischio di povertà. Si deve effettuare una valutazione d'impatto sociale efficace, per analizzare in che modo si possa realizzare, in queste mutate condizioni, l'obiettivo di far uscire dalla povertà e dall'esclusione sociale almeno 20 milioni di persone nei prossimi dieci anni e quali misure bisogna adottare a questo scopo. Il rovescio della medaglia, rispetto all'aumento della povertà, è l'aumento dei patrimoni e dei profitti, indotto in alcuni Stati membri da strategie fiscali e di bilancio inadeguate. L'architettura della nuova governance economica europea e l'attuazione del "semestre europeo" non devono impedire il conseguimento del suddetto obiettivo di ridurre la povertà nel quadro della più generale strategia Europa 2020.
5. Valutazioni d'impatto sociale approfondite: perché sono necessarie
5.1 Nel 2011 il CESE ha osservato che la clausola sociale orizzontale (CSO) di cui all'articolo 9 del TFUE rappresenta "una novità fondamentale" che impegna l'Unione nell'attuazione delle sue politiche (11).
5.2 In proposito il CESE ha già indicato che la CSO deve essere applicata agli ambiti generali e all'architettura globale della nuova governance socioeconomica dell'UE, prevista dalla strategia Europa 2020 e approvata dal Consiglio europeo nel 2010 (12). In tale contesto rientrano senz'altro sia il "semestre europeo" che il citato "six pack", ma anche il patto euro plus e i meccanismi finanziari di protezione.
5.3 Il CESE ribadisce che le misure anticrisi non devono in alcun caso condurre a violazioni dei diritti garantiti dalla Carta. D'altronde, bisognerebbe stabilire quali misure adottare, entro un anno, per garantire il rispetto di tali diritti (13).
5.4 Il Comitato per la protezione sociale e la Commissione europea hanno deplorato congiuntamente il fatto che finora solo pochi Stati membri abbiano effettuato valutazioni dell'impatto sociale delle misure di risanamento dei conti pubblici (14).
5.5 Il CESE ribadisce la necessità e l'urgenza di effettuare valutazioni dell'impatto sociale delle nuove disposizioni sulla governance economica. L'UE si è impegnata a promuovere l'inclusione sociale; un impegno tradottosi non solo nel fatto di essersi posta una serie di obiettivi quantitativi, ma anche, a livello qualitativo, in quello di aver sancito diritti sociali fondamentali nel Trattato. Tutto ciò incide direttamente sulla qualità della vita dei cittadini, e occorre tenerne conto e metterlo in evidenza, quantitativamente e qualitativamente, nelle valutazioni d'impatto. In merito alle proposte legislative si sono effettuate solo pochissime valutazioni d'impatto, in cui peraltro l'analisi delle conseguenze sociali ha svolto soltanto un ruolo secondario e le cui conclusioni sono inoltre state spesso disattese (15).
6. Un patto per gli investimenti sociali: un'esigenza europea
6.1 Considerate la natura e la modalità senza precedenti dell'impatto diretto e indiretto su diritti, strutture e conquiste sociali, vi è bisogno di un quadro complessivo che – sulla base di valutazioni d'impatto sociale circostanziate e indipendenti – leghi strettamente tra loro gli elementi di seguito indicati.
6.1.1
6.1.1.1 |
Tutte le misure finora adottate o da prevedere in futuro dovrebbero essere attuate soltanto dopo un ampio coinvolgimento delle parti sociali. Lo esige, non da ultimo, l'articolo 152 del TFUE. Tale esigenza vale in particolare per le misure di austerità, presentate come interventi puramente economici o di bilancio, che mirano a ridurre le prestazioni e le garanzie in campo sociale. A titolo di esempio delle misure cui è necessario associare le parti sociali, si può citare la creazione della task force per la Grecia. In tutte le misure, inoltre, dovrebbero essere tempestivamente e ampiamente coinvolte le organizzazioni sociali e quelle non governative. |
6.1.2
6.1.2.1 |
In linea generale, il CESE è dell'avviso che il solo strumento per uscire da una crisi come quella attuale non sia una politica di austerità – come quella adottata in Grecia e in altri Stati membri – bensì una politica orientata alla crescita. Il CESE propone dunque un Patto per gli investimenti sociali nel quadro della governance economica, che promuova investimenti sostenibili nella qualificazione professionale, nelle infrastrutture e nella produzione nonché investimenti nell'economia sociale, l'imprenditoria sociale (16) e i servizi sociali. |
6.1.2.2 |
Il CESE fa quindi propria l'analoga raccomandazione di Vandenbroucke, Hemerijk e Palier, i quali ritengono che il compito principale consista nel far sì che gli investimenti sociali a lungo termine e le misure di risanamento finanziario a breve si sostengano a vicenda, sia a livello dell'UE che dei singoli Stati membri. Gli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020 potrebbero creare un quadro di riferimento in tal senso, a condizione che il patto europeo per gli investimenti sociali sia integrato in una politica di bilancio orientata alla crescita e nella regolamentazione finanziaria. Di conseguenza, la nuova supervisione macroeconomica e di bilancio dovrebbe essere accompagnata da un patto di questo tipo (17). Il Comitato esprime viva preoccupazione per le conseguenze sociali dei tagli operati dalle misure anticrisi in particolare sulle pensioni di modesta entità. Reitera pertanto la sua richiesta che la Commissione intraprenda i primi passi verso una definizione a livello UE dell'adeguatezza delle pensioni (18). |
6.1.3
6.1.3.1 |
Non si può attingere ai bilanci pubblici per tutto, dai salvataggi bancari agli incrementi delle spese sociali passando per gli investimenti nell'innovazione e il sostegno alle imprese. È inevitabile il ricorso a nuove fonti di entrata per lo Stato. Ciò, tuttavia, deve andare di pari passo con un aumento dell'efficienza ed un impiego più mirato della spesa pubblica. Il CESE è del parere che sia necessario un rafforzamento della base imponibile degli Stati membri, tra l'altro attraverso l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, la chiusura dei paradisi fiscali, la fine della concorrenza fiscale e l'attuazione di misure antievasione. Nel contempo occorre mettere con più forza l'accento sulla qualità degli investimenti, facendo sì che gli Stati membri si impegnino a favore di investimenti sociali e che i bilanci vengano risanati grazie alla crescita e alle riforme. Inoltre, è opportuno un ripensamento complessivo dei regimi fiscali, nel cui ambito devono essere prese in considerazione le questioni relative alla capacità contributiva delle diverse forme di reddito e di patrimonio (19). |
6.1.4
6.1.4.1 |
Senza un "piano di salvataggio sociale" (Jean-Claude Juncker), la nuova architettura della governance economica europea rimarrà incompleta e segnerà un passo indietro per l'Europa. L'UE si degraderebbe a una mera unione economica e finanziaria, ben lontana dalle aspirazioni ad un'economia sociale di mercato. Il CESE mette decisamente in guardia contro questo pericolo. |
6.1.4.2 |
Il CESE è favorevole a una gestione responsabile da parte degli Stati membri in campo economico e sociale (governance economica e sociale). Il risanamento a breve termine deve dunque saldarsi assai più strettamente agli obiettivi della strategia Europa 2020, che sono il rafforzamento di una crescita intelligente, della coesione sociale e dell'inclusione sociale. |
6.1.4.3 |
L'UE deve continuare ad assicurarsi che tutte le misure di politica economica e di bilancio rispettino pienamente sia le norme di diritto primario che fissano obiettivi sociali sia i diritti sociali fondamentali, e in particolare quelli di contrattazione collettiva e di sciopero, e più in generale che tali misure non finiscano per ledere le conquiste sociali. |
6.1.5
6.1.5.1 |
Il CESE chiede con urgenza di convocare una convenzione. Considerata l'ampiezza delle modifiche dei Trattati oggi all'ordine del giorno, è necessario avviare un grande dibattito nonché garantire la legittimazione democratica. Come avvenuto per l'ultima convenzione, anche stavolta i parlamenti nazionali, il Parlamento europeo, le parti sociali e il CESE dovranno essere chiamati a recare il loro contributo. Nella relazione intermedia e nella tabella di marcia, occorre assicurarsi che a queste modifiche dei Trattati corrisponda un accompagnamento sociale di pari rilievo, e che le relative conclusioni siano integrate nella relazione, prevista per marzo, sulla natura e le modalità di attuazione delle misure concordate. |
6.1.6
6.1.6.1 |
Il CESE ribadisce la sua convinzione che le prescrizioni della Carta valgano per tutte le istituzioni e gli altri organi dell'UE; che pertanto sia assolutamente inammissibile qualsiasi vulnus dell'autonomia negoziale delle parti sociali; che la Commissione debba subito opporsi a eventuali violazioni; e che in nessun caso la Commissione stessa possa indirizzare agli Stati membri raccomandazioni che comportino violazioni della Carta, ma sia al contrario a compiere ogni sforzo non solo per garantire ma anche per promuovere il rispetto dei diritti fondamentali. La crisi è in definitiva un banco di prova di quanto sia radicata la cultura dei diritti fondamentali in Europa (20). |
Bruxelles, 22 febbraio 2012
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Cfr. il parere del CESE sull'agenda sociale, GU C 182 del 4.8.2009, pag. 65.
(2) Cfr. i pareri del CESE rispettivamente sul tema Tassa sulle operazioni finanziarie, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 81, e in merito all'Analisi annuale della crescita, GU C 132 del 3.5.2011, pag. 26.
(3) Cfr. l'elenco contenuto nel parere del CESE sull'Analisi annuale della crescita, GU C 132 del 3.5.2011, pag. 26.
(4) http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-31102011-BP/EN/3-31102011-BP-EN.PDF.
(5) Relazione comune sull'occupazione 2011, COM(2011) 815 final, pagg. 2 e 4.
(6) http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/11/1331&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=it.
(7) Aggiornamento 2010 della valutazione congiunta del Comitato per la protezione sociale e della Commissione europea sull’impatto sociale della crisi economica e delle risposte politiche (documento del Consiglio 16905/10, SOC 793 ECOFIN 786), http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/10/st16/st16905.en10.pdf, pagg. 9-10.
(8) Lettera del 4 novembre 2011 a Jan Vincent-Rostowski sulla gestione di disavanzi e avanzi delle partite correnti nel quadro della procedura per gli squilibri eccessivi.
(9) Cfr. la relazione congiunta del Comitato per la protezione sociale e della Commissione europea, del 26 novembre 2010 (16905/10, SOC 793, ECOFIN 786), pag. 2.
(10) Speciale eurobarometro n. 377.
(11) Cfr. il parere del CESE sul tema Rafforzare la coesione e il coordinamento dell'UE in campo sociale grazie alla nuova clausola sociale orizzontale di cui all'articolo 9 del TFUE (GU C 24 del 28.1.2012, pag. 29).
(12) Ibid.
(13) Cfr. il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione - Strategia per un'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 376 del 22.12.2011, pag. 74).
(14) Cfr. nota 9.
(15) Questa la valutazione dell'EAPN (Rete europea delle associazioni di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale), 2011.
(16) Una componente essenziale del modello sociale europeo è rappresentata dall'impresa sociale. Il CESE apprezza il fatto che la Commissione abbia lanciato un quadro politico e un piano d'azione per promuovere l'impresa sociale in Europa, e ritiene importante che essi vengano applicati pienamente sia a livello dell'UE che degli Stati membri. Cfr. il parere del CESE sul tema Imprenditoria sociale e impresa sociale, GU C 24 del 28.1.2012, pag. 1.
(17) Vandenbroucke, Frank e altri, The EU needs a social investment pact ("L'UE ha bisogno di un patto per gli investimenti sociali"), OSE n. 5, 2011, pag. 5.
(18) Cfr. il parere del CESE in merito al Libro verde — Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa, GU C 84 del 17.3.2011, pag. 38.
(19) Cfr. il parere del CESE sul tema Risultati del vertice sull'occupazione, GU C 306 del 16.12.2009, pag. 70, punto 3.4.2.
(20) Cfr. nota 13.