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Document 52012DC0022
COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL AND THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE Trade, growth and developmentTailoring trade and investment policy for those countries most in need
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Commercio, crescita e sviluppoRipensare le politiche commerciali e d'investimento per i paesi più bisognosi
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Commercio, crescita e sviluppoRipensare le politiche commerciali e d'investimento per i paesi più bisognosi
/* COM/2012/022 definitivo */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Commercio, crescita e sviluppoRipensare le politiche commerciali e d'investimento per i paesi più bisognosi /* COM/2012/022 definitivo */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL
PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Commercio, crescita e sviluppo
Ripensare le politiche commerciali e d'investimento per i paesi più bisognosi
1.
Scopo
Negli ultimi dieci anni il panorama
economico mondiale ha subito cambiamenti radicali, con profonde conseguenze
sulle politiche commerciali, di investimento e di sviluppo. Tariffe doganali storicamente basse e riorganizzazione del commercio
internazionale per catene di approvvigionamento globali spostano sempre di più
le politiche commerciali verso questioni relative al contesto normativo e alla
regolazione nazionale. I paesi in via di sviluppo hanno subito profonde
trasformazioni. Alcuni di essi, come Cina, India e Brasile, sono riusciti a
usufruire dei vantaggi di mercati globali aperti e sempre più integrati e oggi
sono fra le economie più forti e competitive del mondo, mentre altri continuano
a restare indietro col rischio di una sempre maggiore emarginazione. I
paesi meno sviluppati in particolare, soprattutto in Africa, continuano ad
affrontare molte difficoltà e sono i più in ritardo rispetto al raggiungimento
degli obiettivi di sviluppo del millennio. Di conseguenza, il concetto di "paesi
in via di sviluppo" come gruppo sta perdendo rilevanza ed è ormai necessario ripensare di conseguenza le politiche
commerciali, di investimento e di sviluppo. La questione dello sviluppo e il
ruolo specifico del commercio nello sviluppo rimangono tuttavia pressanti. L'UE
ha una particolare responsabilità in quanto prima potenza commerciale mondiale,
maggior partner commerciale di molti paesi meno sviluppati e di altri paesi a
reddito basso e medio-basso e maggior erogatore di assistenza allo sviluppo
(compresi i programmi in campo commerciale). Facendo seguito alla comunicazione della
Commissione "Commercio, crescita e affari mondiali"[1] del
2010, la presente comunicazione aggiorna la comunicazione della Commissione su
commercio e sviluppo del 2002[2] al fine di riflettere i cambiamenti delle realtà economiche,
verificare se e come l'UE abbia tenuto fede agli impegni presi e delineare la
direzione che dovrebbero prendere le politiche commerciali e di investimento
dell'UE nei prossimi dieci anni. La presente comunicazione, pur confermando i
principi fondamentali affermati nel 2002, sottolinea la necessità di fare
distinzioni sempre maggiori fra paesi in via di sviluppo al fine di individuare
quelli più bisognosi, come anche di migliorare il funzionamento dei nostri
strumenti. Essa sottolinea inoltre la necessità che i paesi in via di sviluppo
partner dell'UE intraprendano riforme interne, e che altre economie, sia
emergenti che sviluppate, rispondano alle nostre iniziative di apertura dei
mercati ai paesi più bisognosi. La presente Comunicazione propone modi
concreti per rafforzare le sinergie fra le politiche commerciali e di sviluppo. Una politica commerciale efficace è fondamentale per stimolare la
crescita e l'occupazione in Europa e altrove e per diffondere nel mondo i
valori e gli interessi dell'UE. Essa può inoltre rappresentare un potente
motore di sviluppo, in linea col principio dell'UE della coerenza delle
politiche per lo sviluppo[3].
Un'efficace politica per lo sviluppo è essenziale per creare migliori
condizioni di commercio e investimento nei paesi in via di sviluppo, come anche
per assicurare un'equa distribuzione dei benefici che ne derivano ai fini
dell'eliminazione della povertà. La comunicazione "Un programma di
cambiamento"[4]
promette un maggiore sostegno per migliorare il contesto imprenditoriale,
promuovere l'integrazione regionale e aiutare a cogliere le opportunità offerte
dai mercati globali, come motore di crescita inclusiva e sviluppo sostenibile.
Tutta l'azione esterna dell'UE è guidata dai valori che stanno alla base della
sua stessa esistenza, valori che comprendono il rispetto e la promozione dei
diritti umani[5].
2.
Un mondo che cambia
2.1.
Il grande rimescolamento dell'ordine economico
mondiale
L'economia mondiale sta cambiando a un
ritmo senza precedenti. Molti paesi sono riusciti a
gestire le potenzialità di un sistema commerciale aperto per dare impulso alle
esportazioni di beni manifatturieri e servizi rispetto ai prodotti tradizionali
di base e per avere buoni tassi di crescita del PIL. La Cina è diventata il
maggiore esportatore mondiale dopo l'UE e gli Stati Uniti d'America. L'India,
il Brasile e altre economie emergenti stanno seguendo la stessa strada,
attraendo investimenti esteri diretti e diventando essi stessi investitori
globali fondamentali. Le economie emergenti guidano la crescita a livello
globale, sono ormai riconosciute a livello internazionale come attori economici
e politici fondamentali, rafforzano la loro presenza e i loro rapporti con i
paesi più poveri. Per la prima volta nella storia recente, più della metà degli
scambi commerciali globali si deve ai paesi in via di sviluppo. La crisi
economica e finanziaria mondiale ha accelerato lo spostamento del potere
economico dai paesi sviluppati verso le economie emergenti, che oggi vengono
considerate come parte della soluzione alla crisi stessa. Attività commerciale
dei paesi in via di sviluppo Fonte: FMI Questi cambiamenti hanno contribuito a far
uscire centinaia di milioni di persone dalla povertà, ma non tutti i paesi in
via di sviluppo hanno goduto di questo miglioramento. I paesi meno sviluppati in particolare sono
stati ulteriormente emarginati[6].
Sebbene il PIL e il commercio siano notevolmente cresciuti in alcuni di questi
paesi, ciò è successo grazie al forte aumento delle esportazioni di petrolio e
materie prime, con risultati limitati quanto alla riduzione della povertà.
Molti dei paesi meno sviluppati sono diventati sempre più dipendenti da alcuni
prodotti da esportazione, soprattutto prodotti di base[7].
Ciononostante alcuni di questi paesi, come il Bangladesh e la Cambogia, hanno
registrato buoni progressi grazie alla specializzazione in prodotti a bassa
tecnologia, soprattutto tessili. Negli ultimi dieci anni anche alcuni paesi
africani esportatori di beni diversi da petrolio e materie prime hanno avuto
buone prestazioni, e hanno addirittura sviluppato il settore dei servizi. Dal
2001 il Ruanda registra un incremento medio annuo delle esportazioni del 19%,
accompagnato da alti tassi di crescita economica e da un costante miglioramento
degli indicatori di sviluppo umano, grazie in parte ai risultati di un
programma per stimolare le esportazioni di prodotti agricoli come il caffè e
per attrarre il turismo. Un altro esempio è il Capo Verde, che è uscito dal
gruppo dei paesi meno sviluppati raggiungendo il livello di paese a reddito
medio-basso nel 2007, grazie a una buona gestione e governance macroeconomica
comprendente la progressiva apertura commerciale e integrazione nell'economia
mondiale. I risultati dei paesi che si situano fra
quelli meno sviluppati e quelli emergenti nel frattempo sono stati
diversificati, soprattutto in rapporto con la portata
delle riforme interne e la loro integrazione nell'economia mondiale.
2.2.
Insegnamenti per le politiche commerciali e di
investimento per lo sviluppo
L'apertura agli scambi commerciali è da
tempo un elemento chiave del successo delle strategie di crescita e sviluppo. Nessun paese è mai stato in grado di sostenere una crescita sul lungo
termine senza integrarsi nell'economia mondiale. L'accesso ai mercati esteri
consente economie di scala e specializzazione maggiori, mentre quello a fattori
produttivi meno cari e più diversificati, compresi servizi più efficienti, apre
nuove possibilità di produzione. Gli investimenti esteri diretti sono inoltre
diventati un contributo essenziale alla crescita economica e alle esportazioni
(le consocietà estere, per esempio, oggi costituiscono il 75% degli scambi
commerciali della Cina). L'apertura alla mobilità delle persone può
contribuire al trasferimento di competenze tanto quanto agli investimenti nei
paesi in via di sviluppo, soprattutto se si tiene conto del ruolo delle
comunità della diaspora[8]. Il commercio è però una condizione
necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo. Esso
può favorire la crescita e la riduzione della povertà, in base alla struttura
dell'economia e a una corretta tempistica di provvedimenti di liberalizzazione
degli scambi commerciali e di politiche complementari. Le riforme interne sono
fondamentali per sostenere una crescita basata su commercio e investimenti. La performance
economica dei paesi meno sviluppati è spesso ostacolata non solo da economie e
basi di esportazione scarsamente diversificate, infrastrutture e servizi
inadeguati o mancanza di competenze adeguate, ma anche da fattori politici
legati a una cattiva governance, a frodi e corruzione, a trasparenza e
protezione dei diritti umani insufficienti, a scarse capacità amministrative, a
politiche fiscali inefficaci ed evasione diffusa, a strumenti redistributivi
insufficienti, a quadri di politica sociale e ambientale deboli, a sfruttamento
insostenibile delle risorse naturali, a minacce alla sicurezza e a mancanza di
stabilità Ci vuole ben altro che un abbassamento
delle tariffe doganali per far sì che il commercio sia al servizio dello
sviluppo. Politiche commerciali moderne e a favore
dello sviluppo devono affrontare una gamma complessa di questioni, che vanno
dalla facilitazione degli scambi commerciali a livello locale e regionale a
normative tecniche, sociali e ambientali, rispetto dei diritti fondamentali,
misure di sostegno agli investimenti, protezione dei diritti di proprietà
intellettuale, regolamentazione dei servizi, politiche e trasparenza della
concorrenza e accesso al mercato degli appalti pubblici. Affrontare tali
questioni può favorire trasparenza, prevedibilità e responsabilità, che sono
essenziali per uno sviluppo inclusivo e per la riduzione della povertà e che
non si possono realizzare solo con i tagli ai dazi. Infine, c'è bisogno di
politiche attive per minimizzare gli effetti negative dell'apertura degli
scambi. La sempre maggiore diversità dei paesi in
via di sviluppo richiede una maggiore differenziazione del progettare e attuare
le politiche dell'UE. Le economie emergenti e quelle
più povere hanno potenzialità, esigenze e obiettivi diversi, e hanno quindi
bisogno di impostazioni politiche diverse. Le politiche vanno progettate con
accuratezza in modo da riflettere le differenze delle situazioni. La priorità
va data ai paesi che in assenza di aiuti esterni avrebbero prospettive limitate
di crescita a lungo termine e di sviluppo sostenibile, in particolare i paesi
meno sviluppati e altri paesi più bisognosi, in conformità a quanto proposto
nell'ambito della politica di sviluppo[9].
Parallelamente stiamo aumentando il nostro impegno con le economie emergenti,
come menzionato nella comunicazione "Commercio, crescita e affari
mondiali" del 2010. Ma la natura del nostro rapporto con queste economie
sta cambiando: ci concentriamo in misura minore sullo sviluppo e in misura
maggiore su nuove forme di partenariato basate su interessi e benefici
reciproci e su responsabilità globali condivise alla pari[10].
3.
Che cosa abbiamo fatto finora
La comunicazione "Commercio e
sviluppo" del 2002 conteneva l'impegno ad accordare ai paesi in via di
sviluppo un maggiore accesso al mercato dell'UE, a finanziare adeguatamente i
programmi di aiuto nel settore del commercio e a mettere il commercio al centro
delle strategie di sviluppo. Tali impegni comprendevano l'uso di accordi
commerciali per favorire un maggiore accesso al mercato, per sostenere
l'integrazione regionale e per migliorare l'assistenza in campo commerciale al
fine di contribuire alla promozione dello sviluppo. Il mercato dell'UE è il più
aperto ai paesi in via di sviluppo. Esclusi i combustibili, importiamo dai
paesi meno sviluppati più di Stati Uniti, Canada, Giappone e Cina messi
insieme. Abbiamo mantenuto i nostri impegni, dando spesso il buon esempio a
livello mondiale. Ma molto resta ancora da fare.
3.1.
Regimi autonomi innovativi
Abbiamo istituito due nuovi regimi
preferenziali nel quadro del sistema delle preferenze generalizzate (SPG)[11]: ·
l'iniziativa "Tutto tranne le armi"
(EBA – Everything But Arms) del 2001 ha aperto completamente il mercato dell'UE
ai paesi meno sviluppati, senza alcun dazio o contingente di importazione. A dieci anni di distanza, l'EBA si è rivelata un motore efficace di
potenziamento delle esportazioni di questi paesi verso il nostro mercato. Le
importazioni UE dai paesi in via di sviluppo sono cresciute di oltre il 25% più
velocemente di quelle da paesi non beneficiari di regimi preferenziali (un
esempio su tutti: le esportazioni di tessili del Bangladesh)[12]. D'altro
canto, l'effetto sulla diversificazione delle esportazioni non è omogeneo. I
tassi di utilizzo possono ancora essere migliorati. Le pressioni concorrenziali
di partner preferenziali più avanzati (che assorbono oltre il 40% delle
esportazioni preferenziali nel quadro dell'SPG) e l'erosione delle preferenze
sono aumentate, il che indica la necessità di riformare il sistema (v. 4.1.1); ·
il regime SPG+ istituito nel 2006 è uno
strumento altamente innovativo della politica commerciale dell'UE a supporto
dello sviluppo sostenibile, rivolto specificamente ai paesi in via di sviluppo
vulnerabili. Le preferenze supplementari previste dal
regime forniscono un potente incentivo ai paesi che si impegnano ad applicare
le convenzioni internazionali fondamentali sui diritti umani e del lavoro,
sulla protezione dell'ambiente e sul buon governo. I beneficiari sono
attualmente 16[13],
e questo regime ha fortemente incrementato le loro esportazioni verso l'UE, con
corrispondenti vantaggi economici praticamente per tutti questi paesi. Una
delle sfide per il futuro è quella di ampliare i criteri e gli incentivi,
monitorando con attenzione l'effettiva applicazione delle convenzioni
internazionali fondamentali. Abbiamo inoltre
realizzato sforzi considerevoli per facilitare l'uso dei regimi preferenziali
esistenti: ·
le nuove norme dell'SPG relative all'origine
applicabili dal 2011[14]
sono una risposta alla critica secondo cui regole di origine troppo rigide
impediscono un pieno uso delle preferenze UE da parte dei paesi in via di
sviluppo. Le nuove regole sono più semplici e più
facili da osservare, ampliano le possibilità
di approvvigionamento e offrono nuove opportunità di cumulo regionale e trans
regionale tra paesi. I paesi meno sviluppati beneficiano di maggiori
flessibilità, ben oltre i livelli offerti dai regimi di tipo SPG della gran
parte degli altri paesi sviluppati. Anche nel
corso dei negoziati per gli accordi di partenariato economico (APE) sono state
proposte regole migliori (v. 3.3); ·
Nel 2004 la Commissione ha istituito l'Export
Helpdesk[15], un servizio on
line per i potenziali esportatori dei paesi in via di sviluppo sugli aspetti
pratici dell'accesso al mercato dell'UE. Tale servizio
fornisce informazioni particolareggiate su dazi all'importazione, norme
sull'origine, procedure doganali, requisiti tecnici dell'UE ecc. Si tratta di
uno strumento unico al mondo, anche se il suo uso nei paesi meno sviluppati
potrebbe essere incrementato
3.2.
In prima fila negli aiuti al commercio
·
L'UE insieme ai suoi Stati membri è in prima
fila negli aiuti al commercio a livello mondiale, con una quota superiore a un
terzo dei flussi globali. Nel 2007 l'UE ha adottato una
strategia congiunta con gli Stati membri. Abbiamo raddoppiato i nostri sforzi,
raggiungendo nel 2009 i 10,5 miliardi di EUR, oltre gli obiettivi. Più di un
terzo degli aiuti UE allo sviluppo va oggi a sostegno delle necessità legate al
commercio. Tuttavia, ci preoccupa il fatto che i paesi meno sviluppati ricevano
solo una quota limitata di aiuti al commercio (22%). Stiamo lavorando da tempo
per rafforzare l'efficacia dell'iniziativa mediante la promozione di una
migliore corrispondenza con le opportunità commerciali, anche aumentando la
coerenza e il controllo internazionali, anche se riconosciamo che anche qui
molto è ancora da fare. Aiuti al commercio
complessivi dell'UE (UE e Stati membri)
3.3.
Rinnovati sforzi bilaterali e regionali
Nel 2002, in
seguito all'accordo di Cotonou, hanno avuto inizio i negoziati con i paesi ACP
(dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico) per concludere accordi di
partenariato economico (APE). È stato sottoscritto e
applicato in via provvisoria un accordo APE regionale globale col gruppo di
stati caraibici del CARIFORUM. Allo scadere delle preferenze di Cotonou, alla
fine del 2007, abbiamo negoziato APE interinali con altri paesi e regioni per
assicurare continuità allo scambio di merci. Sono oggi in corso altri negoziati
per accordi rafforzati con tutte le regioni. In attesa della ratifica degli APE
interinali, nel dicembre 2007 sono state adottate misure temporanee[16]. A
settembre 2011, la Commissione ha proposto di mantenere questi accordi di
accesso al mercato dopo il 2013 solo per quei paesi che stanno facendo i passi
necessari verso la ratifica dei rispettivi APE[17]. Nel 2006, la comunicazione "Europa
globale"[18]
ha lanciato una nuova serie di negoziati per accordi di libero scambio (ALS)
con paesi e regioni in via di sviluppo più avanzati.
Sono in corso colloqui con l'India e i paesi del Mercosur. A causa della
lentezza dei progressi dovuta all'impostazione interregionale con l'ASEAN, al
momento i negoziati con Singapore e Malaysia procedono bilateralmente. Abbiamo inoltre concluso negoziati su ALS globali
con Perù, Colombia e America Centrale, come anche con l'Ucraina. Da tempo l'UE persegue con coerenza
l'obiettivo dell'integrazione regionale, soprattutto
come mezzo per superare gli svantaggi dei mercati piccoli e frammentati, per attirare
maggiormente gli investimenti esteri diretti e per stimolare la crescita
economica. I nostri accordi con l'America centrale e il CARIFORUM sono un
elemento di forte sostegno ai processi di integrazione regionale, ma ci siamo
resi conto che laddove la volontà politica o la capacità regionale erano
insufficienti era necessario adattare la nostra strategia. In alcuni casi
dobbiamo procedere su base bilaterale, come fase intermedia verso l'obiettivo
più a lungo termine di accordi interregionali, in modo tale però da non
impedire ad altri partner regionali di aderire nel momento in cui siano pronti.
Abbiamo devoluto ingenti finanziamenti all'integrazione regionale, per quanto i
risultati siano stati spesso al di sotto delle aspettative. Una delle difficoltà
maggiori è la scarsa capacità delle organizzazioni regionali di proporre
progetti che siano realizzabili e sostenuti dai loro membri.
3.4.
Un quadro globale con luci e ombre
Nel 2001 l'UE ha avuto parte attiva nel
lancio dei negoziati commerciali multilaterali di Doha. Dieci anni di negoziati
tuttavia non sono riusciti a produrre un accordo.
Sembra impossibile perfino varare un accordo interinale su un pacchetto di
misure per i paesi più poveri. Abbiamo fatto grandi sforzi per far progredire i
negoziati, anche proponendo offerte senza precedenti con notevoli vantaggi per
i paesi in via di sviluppo, sia in termini di accesso al mercato che di norme
sulle sovvenzioni agricole. Abbiamo ripetutamente avanzato proposte di
compromesso. Ma difficoltà strutturali, unite alla mancanza di impegno di
alcuni dei membri dell'OMC, hanno reso impossibile arrivare a un accordo sui
criteri fondamentali. Allo scoppiare della crisi economica e
finanziaria mondiale, l'impegno ad astenersi dal protezionismo, fortemente sostenuto dall'UE, ha avuto maggiore successo, sebbene sia
ancora necessario essere vigili[19].
L'UE ha inoltre sostenuto l'ingresso di vari paesi in via di sviluppo nell'OMC
(per esempio, di recente, Samoa e Vanuatu).
4.
Impegni per il prossimo decennio
L'UE, sulla scorta degli sforzi e dei risultati recenti, ma anche sulla
base dell'esperienza acquisita nei casi in cui i progressi non sono stati
all'altezza delle aspettative, aumenterà gli sforzi per aiutare i paesi più
bisognosi a usufruire dei benefici di mercati mondiali sempre più integrati. Questo dipenderà tuttavia soprattutto
dall'appropriazione dei processi di sviluppo (ownership) da parte dei
paesi interessati e dalla loro volontà di intraprendere le riforme interne
necessarie. C'è molto da fare nel quadro
multilaterale, all'interno del quale i nostri sforzi a nome dei paesi più
bisognosi devono ancora essere affiancati da quelli di altre grandi potenze
commerciali.
4.1.
Che cosa può offrire l'Europa
L'UE deve concentrare i propri sforzi sui paesi più poveri e vulnerabili
e far sì che tali sforzi siano commisurati ai loro vincoli e necessità,
assicurando al contempo coerenza e complementarità fra commercio, sviluppo e
altre politiche. 4.1.1. Preferenze più focalizzate La Commissione ha proposto una riforma del
regime SPG per far sì che le preferenze corrispondenti vadano a vantaggio dei
paesi più bisognosi[20]. Tale riesame tiene conto delle sempre maggiori differenze tra paesi in
via di sviluppo e della diversità delle loro necessità, e suggerisce di
rivedere i criteri di ammissibilità e i meccanismi di graduazione affinché solo
i paesi meno sviluppati, quelli a basso reddito e quelli a medio-basso reddito
traggano effettivamente vantaggio dal sistema nei settori in cui hanno bisogno
di aiuto. Verrà inoltre rafforzata la prevedibilità per gli operatori
economici, basata su un regime a tempo indeterminato e su fasi procedurali più
trasparenti per gli adattamenti necessari, con periodi di transizione adeguati. Un pacchetto per promuovere il
commercio per i piccoli operatori nei paesi in via di sviluppo Sono le piccole imprese a reggere l'economia di
molti paesi in via di sviluppo, in particolare il grande settore informale, ed
esse soffrono eccessivamente per la complessità delle procedure amministrative
e per la scarsità di informazioni, formazione, relazioni o accesso al credito.
Al fine di affrontare questi problemi, verranno prese in considerazione le
seguenti iniziative: ·
ampliamento delle informazioni pratiche su
politiche commerciali e mercati. A integrazione
dell'Export Helpdesk, sosterremo un'iniziativa multilaterale sulla trasparenza
nel commercio per fornire informazioni analoghe su tutti i mercati. Questa iniziativa ha un'utilità particolare per il
commercio sud-sud e regionale; ·
facilitazione dell'uso degli strumenti della
proprietà intellettuale da parte di piccoli produttori e agricoltori per aiutarli a massimizzare il valore economico dei loro beni
sviluppando e proteggendo l'identità e la qualità dei loro prodotti,
utilizzando marchi d'impresa, indicazioni geografiche e disegni[21]; ·
formazione a beneficio di reti di piccoli
operatori delle comunità straniere della diaspora nell'UE (p. es. su procedure commerciali, norme, accesso al credito) perché
possano dare un contributo positivo allo sviluppo nei loro paesi d'origine; ·
promozione del dialogo con le piccole e medie
imprese nell'ambito dello SME Finance Forum (Forum sul
finanziamento delle PMI) sull'Africa istituito nel 2011 e del Memorandum di
intesa sottoscritto con la Commissione dell'Unione africana il 30 novembre 2011; ·
agevolazione dell'accesso al credito per i
piccoli esportatori/operatori dei paesi in via di sviluppo. Siamo pronti a sostenere il lavoro delle istituzioni finanziarie
internazionali in questo campo, come anche il riesame delle necessità
intrapreso dal G20 nei paesi a basso reddito[22]; ·
estensione della procedura semplificata per
l'ottenimento della prova dell'origine. Le preferenze
commerciali sono relativamente meno usate per piccole transazioni, in parte a
causa dell'elevato rapporto costi/benefici relativo all'ottenimento del
certificato di origine. La riforma del 2011 delle norme sull'origine
nell'ambito dell'SPG consente una procedura semplificata basata
sull'autocertificazione per tutte le spedizioni, previa registrazione
dell'esportatore. Se questo sistema funziona prenderemo in considerazione
l'eventualità di estenderlo ad altri accordi preferenziali; ·
sostegno alla partecipazione delle piccole
imprese a regimi degli scambi che garantiscano il valore aggiunto per i
produttori, compresi i regimi ispirati alla sostenibilità (p. es. il commercio equo, etico o di prodotti biologici) e a criteri
di origine geografica nella cooperazione allo sviluppo con i paesi terzi. Questo
per i produttori può essere un modo efficace per differenziare il loro
prodotto, avere un maggior potere negoziale e ottenere aumenti di prezzo. 4.1.2. Aiuto per il
commercio più mirato Continueremo a incoraggiare i paesi in via di sviluppo affinché
includano il commercio nelle loro strategie di sviluppo. In questo quadro l’aiuto per il commercio può essere di grande
utilità, e porteremo avanti i nostri sforzi per migliorare ulteriormente la sua
programmazione ed erogazione. ·
Rafforzare la complementarità fra politiche
commerciali e di sviluppo: quando le misure di
politica commerciale aumenteranno le opportunità per i nostri paesi partner in
via di sviluppo (p. es. gli APE, il nuovo SPG, le nuove norme sull'origine),
saremo pronti a offrire aiuto per il commercio per aiutarli ad approfittarne.
Strumenti come i programmi settoriali o il sostegno di bilancio possono
contribuire alle riforme economiche necessarie per poter trarre vantaggio dalle
opportunità commerciali e di investimento[23]. Oltre ai programmi geografici, si
potrebbero usare nuovi programmi tematici per accompagnare le aperture commerciali[24]. ·
Concentrarsi sui paesi meno sviluppati: dobbiamo continuare a sostenere efficacemente il rafforzamento delle
capacità di individuazione, definizione delle priorità e attuazione dell’aiuto
per il commercio, a partire dal quadro integrato rafforzato, programma
multidonatori che aiuta i paesi meno sviluppati a sviluppare il commercio. ·
Concentrarsi sui piccoli operatori: dobbiamo far sì che i piccoli operatori, compresi i piccoli
proprietari rurali, abbiano accesso adeguato all’aiuto per il commercio per
agevolare il loro coinvolgimento nei mercati esteri. ·
Rafforzare i partenariati economici, il dialogo
normativo e la cooperazione tra imprese: condividere l'esperienza dell'UE può
aiutare i nostri paesi partner a gestire le riforme interne (v. 4.2) e ad avere
accesso al mercato dell'UE. Il nuovo strumento di partenariato proposto dalla
Commissione può sostenere tali iniziative in particolare nelle economie
emergenti e aiutare a far nascere nuove forme di cooperazione in paesi in via
di emancipazione dall'assistenza bilaterale allo sviluppo. ·
Rivedere la nostra impostazione nel sostegno
all'integrazione regionale: pur continuando a
concentrarci sullo sviluppo delle capacità delle amministrazioni, sia regionali
che nazionali, responsabili dell'integrazione, nel nostro dialogo politico con
i paesi in via di sviluppo dovremmo affrontare tali questioni in una
prospettiva più strategica. Si potrebbero progettare programmi regionali
specifici di aiuto per il commercio apposito per facilitare gli scambi commerciali
e la connettività. Nel momento in cui le organizzazioni regionali snelliscono
la loro composizione per riflettere meglio le realtà economiche e politiche,
noi siamo pronti a sostenerle. ·
Preparare la gente al cambiamento: le politiche relative all'istruzione e alle competenze, ai diritti dei
lavoratori e alla protezione sociale sono particolarmente importanti per i
segmenti più poveri e vulnerabili della popolazione, fra cui donne e bambini,
in particolare in relazione alle riforme del commercio. Questa dimensione va
quindi pienamente integrata nella cooperazione allo sviluppo dell'UE, in linea
col suo costante adoperarsi per un lavoro dignitoso, i diritti umani e la
protezione sociale[25]. ·
Migliorare l'efficacia degli aiuti: L'erogazione dell’aiuto per il commercio dovrebbe seguire i principi e
gli impegni concordati nei forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti[26]. Come
concordato durante il forum di Busan, l’aiuto per il commercio dovrebbe
concentrarsi sui risultati e sugli effetti, per costruire capacità produttive,
aiutare ad affrontare i fallimenti del mercato, aumentare l'accesso ai mercati
dei capitali e favorire metodi che limitino il rischio corso dagli operatori
del settore privato. È essenziale un miglior coordinamento fra i donatori
dell'UE. Sarà necessario inoltre rafforzare la cooperazione con donatori
tradizionali o emergenti al di fuori dell'UE. Come concordato a Busan, inoltre,
ci concentreremo sull'attuazione degli impegni a livello dei singoli paesi e
sosterremo il nuovo partenariato globale per un'efficace cooperazione allo
sviluppo[27].
4.1.3. Strumenti
complementari per rafforzare gli investimenti esteri diretti Benché negli
ultimi dieci anni gli investimenti esteri diretti verso e dai paesi in via di
sviluppo abbiano registrato un forte incremento, essi hanno in larga misura
evitato i paesi più bisognosi a causa di prospettive economiche negative e
condizioni di investimento sfavorevoli. Gli investitori hanno bisogno di
contesti normativi stabili, trasparenti e prevedibili. L'UE può aiutare a
migliorare il contesto imprenditoriale per mezzo dell’aiuto per il commercio e
di una serie di strumenti relativi agli investimenti esteri diretti, ora
ampliati dal trattato di Lisbona, che ha fatto rientrare gli investimenti nel
quadro della politica commerciale, di esclusiva competenza dell'UE[28]. ·
Le
disposizioni degli ALS dell'UE danno agli investitori una maggiore certezza del
diritto rispetto all'accesso al mercato e alle
condizioni in cui potranno operare. Sono compresi settori (p. es. telecomunicazioni,
trasporti, banche, energia, servizi ambientali, edilizia e distribuzione) che
aiutano a creare un ambiente favorevole alle imprese e a sviluppare
infrastrutture. In questi negoziati l'UE dimostra flessibilità e sensibilità
alle esigenze dei nostri partner: sono coperti
solo i settori menzionati esplicitamente, e viene preservato il diritto dei
singoli paesi di regolamentare e inserire limiti e restrizioni. ·
Anche la protezione degli investimenti
assicurata dai trattati bilaterali di investimento (TBI) può rafforzare le
potenzialità degli investimenti esteri diretti, dal
momento che essa fornisce garanzie ulteriori e aumenta la certezza del diritto
per gli investitori. Fra gli Stati membri dell'UE e i paesi in via di sviluppo
esiste già una vasta rete di TBI. Intendiamo diffondere progressivamente gli
accordi di protezione degli investimenti a livello dell'UE, nel quadro dei
negoziati ALS in corso o come accordi a sé stanti. Siamo pronti a esaminare le
richieste dei paesi in via di sviluppo nostri partner che siano interessati a
questa opportunità. ·
I meccanismi di combinazione dell'UE possono
essere utilizzati per favorire investimenti interni ed esteri nei paesi in via
di sviluppo[29]. Le sovvenzioni sarebbero combinate con, per esempio, prestiti o capitali
di rischio per sostenere la fattibilità finanziaria degli investimenti
strategici. Noi agiremo per realizzare l'erogazione di maggiori aiuti
attraverso questi innovativi strumenti finanziari nell'ambito dei nuovi
strumenti contenuti nel quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020[30]. L'uso
di tali strumenti sarà valutato caso per caso nei paesi con fragile
sostenibilità del debito. Fra gli altri strumenti che verranno presi in
considerazione vi sono le garanzie, la private equity e i partenariati tra
settore pubblico e settore privato. Si perseguirà la collaborazione con la
Banca europea per gli investimenti e le agenzie di aiuto allo sviluppo degli
Stati membri e non solo. È necessaria anche una maggiore coerenza con gli
accordi commerciali e di investimento. 4.1.4. Accordi
bilaterali/regionali globali e modulati Nel dare attuazione all'agenda europea globale[31],
perseguiremo ALS globali e continueremo a tenere conto del livello di sviluppo
dei paesi nostri partner, offrendo impostazioni
flessibili che rispondano alle esigenze e alle capacità di ogni paese. Cercheremo di concludere negoziati APE con
tutti i paesi e le regioni ACP interessati, in linea
con l'obiettivo dell'accordo di Cotonou di sostenere un'integrazione regionale
più profonda, modernizzare le nostre relazioni economiche e usare gli scambi
commerciali per rafforzare la crescita economica. Il tempo è di estrema
importanza per dare certezza e prevedibilità agli operatori. Prima si concludono questi accordi, prima si
comincerà a vederne i benefici per lo sviluppo[32]. Se i
paesi ACP decidono in questo senso, gli APE conterranno impegni su servizi,
investimenti e settori attinenti agli scambi, individuati dall'accordo di
Cotonou come importanti motori di crescita. Se si rivela impossibile concludere
accordi globali e regionali, possiamo introdurre accordi a geometria variabile
o a più velocità. Confermiamo la nostra offerta di libero accesso al mercato UE
e di miglioramento delle norme relative all'origine per quei paesi ACP cui in
passato sono state accordate le preferenze commerciali previste dall'accordo di
Cotonou, mentre i paesi ACP liberalizzano parzialmente e con gradualità. Noi
abbiamo proposto soluzioni pragmatiche mirate per gli ostacoli che rimangono ai
negoziati, e restiamo aperti a una loro ulteriore messa a punto, guidati dal
principio fondamentale che gli APE che verranno conclusi dovranno rispettare la
prospettiva dell'accordo di Cotonou: promuovere lo sviluppo dei paesi e delle
regioni ACP. I paesi che non sono pronti ad assumersi
gli obblighi derivanti dagli accordi commerciali compatibili con l'OMC
possono scegliere di avvalersi dell'SPG, se hanno i requisiti. Ciò però non
offrirebbe loro le stesse potenzialità di sviluppo degli APE, soprattutto in
termini di integrazione regionale, aumento degli investimenti e miglioramento
del contesto imprenditoriale. In risposta alla primavera araba, l'UE ha
inoltre annunciato un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa
che va molto al di là dell'accesso al mercato per approfondire ulteriormente
l'integrazione con i paesi del Mediterraneo meridionale e per promuovere i
diritti umani, la buona governance e le riforme democratiche[33].
Apriremo negoziati per ALS approfonditi e globali con Egitto, Tunisia,
Giordania e Marocco. Costruiremo inoltre rapporti commerciali più stretti con
alcuni dei paesi limitrofi orientali: Armenia, Georgia e Moldova. Lo scopo
finale è quello di aiutare a istituire una zona di prosperità condivisa,
offrendo ai paesi di entrambe le regioni la prospettiva di prendere parte al
mercato interno dell'UE nel momento in cui le condizioni saranno riunite.[34]. 4.1.5. Un'agenda
commerciale basata sui valori per promuovere lo sviluppo sostenibile Uno degli obiettivi fondamentali dell'UE è quello di far sì che la crescita
economica e lo sviluppo vadano di pari passo con la giustizia sociale, comprese
le norme fondamentali del lavoro, e con pratiche ambientali sostenibili, anche
nelle politiche estere. Questi sforzi hanno
particolare importanza nel contesto dello sviluppo, in cui i paesi devono
affrontare sfide impegnative. Il regime SPG+
è lo strumento di politica commerciale più importante dell'UE a sostegno dello
sviluppo sostenibile e della buona governance nei paesi in via di sviluppo. La Commissione ha proposto di migliorarne la forza di attrazione
eliminando la graduazione per i suoi beneficiari, mitigando i criteri economici
di entrata e consentendo ai paesi di far domanda in qualsiasi momento. Al tempo
stesso verranno rafforzati i meccanismi di controllo e di ritiro per assicurare
l'efficacia dell'attuazione degli impegni presi dai paesi beneficiari. Gli ultimi ALS
dell'UE comprendono sistematicamente disposizioni sul commercio e sullo
sviluppo sostenibile. Il fine è quello di coinvolgere
i paesi partner in un processo di cooperazione con la società civile e di
aumentare il rispetto delle norme interne e internazionali sul lavoro e
sull'ambiente. Le disposizioni consentono anche un riesame indipendente e
imparziale. All'entrata in vigore di questi accordi, dovremo assicurarci che
tali meccanismi vengano usati in modo efficace e sostengano in modo adeguato la
nostra cooperazione allo sviluppo. Abbiamo preso
l'impegno di valutare in modo migliore l'effetto delle iniziative commerciali
sull'UE e sui suoi partner commerciali, compresi i paesi in via di sviluppo[35]. Faremo sì che le analisi svolte al momento di sviluppare una nuova
politica (valutazioni d'impatto), di negoziare un accordo (valutazioni
d'impatto della sostenibilità) o di applicarlo (analisi ex-post) valutino tutti
gli impatti economici, sociali, ambientali e relativi ai diritti umani,
basandosi su un'ampia consultazione delle parti interessate. Tali analisi
dovrebbero anche aiutare a progettare le misure di accompagnamento relative
all’aiuto per il commercio. Abbiamo
adottato provvedimenti per la promozione della gestione sostenibile di alcune
risorse naturali fondamentali, come il legname e il pesce importati nell'UE[36]. Assisteremo i nostri partner in via di
sviluppo nell'applicazione di questi regimi, in modo che siano in grado di
massimizzare le loro potenzialità di crescita sostenibile. Collaboreremo
inoltre con altri paesi che costituiscono importanti mercati per le risorse
naturali per promuovere l'applicazione di standard dello stesso tipo. Favoriremo l'eliminazione
degli ostacoli, tariffari e non, su beni e servizi che possono dare vantaggi
ambientali. Questo sosterrà i nostri sforzi per
garantire un migliore accesso dei paesi in via di sviluppo alle tecnologie
ecocompatibili. Gli incentivi
al commercio possono provenire non solo dall'azione dei governi, ma anche da
uno spostamento del mercato verso prodotti più sostenibili. I regimi sostenibili privati (come ad esempio quelli equi, etici e dei
prodotti biologici) possono rivelarsi uno strumento efficace per favorire la
crescita sostenibile e inclusiva nei paesi in via di sviluppo[37]. Tali
iniziative possono essere promosse dalle autorità pubbliche. Rafforzeremo il
nostro sostegno ai produttori dei paesi in via di sviluppo perché prendano
parte a regimi di commercio sostenibile mobilitando ulteriormente la
cooperazione, comprese le misure di aiuto per il commercio, aumenteremo il
controllo delle attività connesse e continueremo a incoraggiare la promozione
del commercio equo ed etico da parte dei paesi partner. Intendiamo inoltre
agevolare ulteriormente le scelte d'acquisto equo ed etico delle autorità
pubbliche europee nel contesto dell'imminente riesame delle direttive sugli
appalti pubblici. Anche la responsabilità sociale delle imprese svolge un ruolo sempre
più importante a livello internazionale: le imprese
possono infatti contribuire a una crescita inclusiva e sostenibile tenendo
maggior conto degli effetti delle loro attività dal punto di vista sociale,
ambientale e relativo ai diritti umani. Incoraggiamo le imprese a sottoscrivere
gli orientamenti e i principi riconosciuti a livello internazionale in questo
campo[38],
come le linee guida dell'OCSE per le imprese multinazionali, e i nostri partner
commerciali a rispettarli. Nei nostri accordi, inoltre, includiamo disposizioni
per la promozione di un comportamento imprenditoriale responsabile da parte
degli investitori. 4.1.6. Aiutare i paesi
vulnerabili a migliorare la capacità di resistere e reagire alla crisi I paesi meno
sviluppati e altri paesi vulnerabili sono più soggetti alle crisi, che possono
compromettere i loro sforzi di sviluppo a lungo termine, in particolare per
quei paesi che seguono una strategia di crescita basata principalmente sulle
esportazioni, dal momento che gli shock dei prezzi delle materie prime a
livello mondiale o le catastrofi naturali interne possono causare gravi
difficoltà per la bilancia dei pagamenti nel caso in cui diminuiscano i
proventi delle esportazioni o aumentino i costi delle importazioni. Noi
possiamo contribuire ad aumentare la capacità di resistere e reagire agli shock
esterni: ·
le catastrofi naturali possono avere effetti
dirompenti su catene di approvvigionamento, scambi commerciali e attività
economica. In seguito alle alluvioni del luglio 2010,
l'UE ha proposto di concedere preferenze aggiuntive al Pakistan, ma
l'esperienza ha dimostrato che questa impostazione non è bastata a innescare
una reazione sufficientemente rapida, e ha inoltre causato preoccupazioni sul
potenziale effetto di deviazione degli scambi commerciali per altri paesi
poveri. In futuro, nelle nuove norme SPG sull'origine cercheremo di usare
deroghe temporanee ai requisiti delle norme sull'origine per i paesi colpiti da
una crisi. Al fine di essere più pronti ad affrontare le catastrofi naturali, ci
adopereremo per tener conto dei fattori di vulnerabilità commerciale nella
valutazione delle esigenze effettuata nel contesto della politica di aiuti
umanitari dell'UE. L'UE sta inoltre dando il suo contributo allo sviluppo di
un'innovativa assicurazione indicizzata contro le intemperie nei paesi partner,
e possiamo imparare da alcuni validi esempi in cui i rischi legati alle
intemperie sono trasferiti al mercato finanziario, per esempio con l'impiego di
obbligazioni-catastrofe (catastrophic bonds) per una protezione dai
rischi finanziari a carico del bilancio pubblico associati a un terremoto; ·
alcuni dei paesi in via di sviluppo sono
afflitti da lotte, spesso legate al controllo delle risorse naturali. La Commissione ha proposto alcuni progetti di direttive per promuovere
la trasparenza sui pagamenti ai governi per le industrie estrattive e del
legname, sia per le imprese quotate nelle borse dell'UE[39] che per
altre grandi società europee[40].
Si tratta di un primo passo verso condizioni d'investimento più trasparenti,
che possono ridurre il rischio di corruzione ed evasione fiscale. Partendo
dall'esperienza del processo di Kimberley, dell'iniziativa per la trasparenza
delle industrie estrattive (Extractive Industries Transparency Initiative -
EITI), l’applicazione delle normative, governance e commercio nel settore
forestale (Forest Law Enforcement, Governance and Trade - FLEGT) e il
regolamento sul legname, esploreremo inoltre altri modi di migliorare la
trasparenza lungo tutta la catena della fornitura, compresi gli aspetti della
debita diligenza. Al tempo stesso sosterremo un maggiore supporto e uso delle
linee guida dell'OCSE per le imprese multinazionali, recentemente aggiornate, e
delle raccomandazioni OCSE sulla debita diligenza e gestione responsabile della
catena della fornitura, cosa che dobbiamo promuovere anche presso i paesi
non-OCSE. Parallelamente, continueremo a cooperare coi paesi in via di sviluppo
nostri partner e ad assisterli sulla sostenibilità delle attività estrattive,
sulle conoscenze geologiche e sulla buona governance nella gestione delle
risorse naturali[41]; ·
la volatilità dei prezzi delle materie prime ha
conseguenze sui bilanci dei paesi partner. Possiamo
aiutare i paesi nostri partner a fare uso di regimi di assicurazione basati sul
mercato, come il mercato a termine delle materie prime, per proteggersi da
eventuali diminuzioni delle entrate. Sulla scia del meccanismo FLEX "Vulnerabilità"
(V-FLEX) istituito nel 2009 per aiutare a mitigare gli effetti delle crisi
globali, alimentare e finanziaria, sui paesi ACP, ci adopereremo per istituire
un nuovo regime di assorbimento dei grandi shock esogeni di portata
transnazionale[42].
4.2.
Riforme interne e buona governance sono
fondamentali per una crescita trainata dal commercio
L'impulso
principale alla crescita economica è prima di tutto interno. Una buona governance è essenziale per lo sviluppo del settore privato
e per una crescita basata sugli investimenti e sugli scambi commerciali. Alla
sua base stanno istituzioni e pratiche politiche stabili, una magistratura
indipendente, la protezione dei diritti umani, la trasparenza della finanza
pubblica, delle norme e delle istituzioni, e il rifiuto di frodi e corruzione.
Sono fondamentali anche politiche, regolamenti e istituzioni a sostegno dello
sviluppo del settore privato, posti di lavoro dignitosi e la competitività
delle esportazioni. Sono necessarie riforme interne per aumentare la capacità
dell'offerta e la dotazione di capitale (compreso quello umano), ridurre i
costi del trasporto, incrementare la produttività agricola e industriale,
migliorare il ritmo di applicazione di determinati standard ambientali e del
lavoro, e ottimizzare le condizioni per gli investimenti. Le riforme interne
sono inoltre necessarie per minimizzare le possibili perdite di introiti
doganali e per consentire gli adeguamenti necessari per mezzo di strumenti
efficienti di tassazione e redistribuzione e reti di sicurezza. Infine, sono
fondamentali per far sì che i benefici della crescita economica si trasformino
in un'effettiva eliminazione della povertà. Questo processo
può essere sostenuto da accordi commerciali e di assistenza esterna. Attualmente, in molti paesi i riformatori stanno in effetti cercando di
concludere accordi commerciali bilaterali o regionali per consolidare il programma
di politica interna e mettere al sicuro le riforme interne. Per essere
efficaci, questi accordi devono contenere regole che promuovano la trasparenza,
la prevedibilità e la responsabilità. La ownership
è una condizione fondamentale per il successo. Non
si possono imporre soluzioni dall'esterno. In definitiva, sono i paesi in via
di sviluppo che devono fare le proprie scelte. Perù e Colombia, i paesi
dell'America centrale e del CARIFORUM hanno optato per un cambiamento
qualitativo concludendo con l'UE accordi ambiziosi che implicano trasformazioni
strutturali delle loro economie anziché affidarsi alle preferenze commerciali
unilaterali. Tali accordi contribuiranno a
consolidare alcune delle riforme più importanti messe in atto dai paesi
latinoamericani fin dal tempo delle politiche di sostituzione delle
importazioni. Questo è un chiaro esempio dell'importanza della volontà politica
rispetto al livello di sviluppo, dal momento che paesi come Honduras, Nicaragua
o Haiti non sono certo tra i più ricchi.
4.3.
L'agenda multilaterale fino al 2020
Un forte sistema
commerciale multilaterale è di vitale importanza per gli interessi a lungo
termine dei paesi in via di sviluppo, sia per il suo complesso di norme sia
perché garantisce l'accesso ai mercati principali. I
mercati sono sempre più collocate negli stessi paesi in via di sviluppo. Infatti, per la prima volta nella storia recente,
il commercio sud-sud supera quello nord-sud, sebbene le barriere agli scambi
sud-sud siano notevolmente maggiori che per l'accesso ai mercati dei paesi
sviluppati[43].
Per questo i negoziati multilaterali sono essenziali. Dobbiamo portare a
positiva conclusione i negoziati in corso, stabilire una solida base per
negoziati futuri e migliorare il sistema multilaterale per far sì che il commercio
favorisca ancor di più lo sviluppo. 4.3.1. Realizzazione
della dimensione "sviluppo" dell'agenda di Doha per lo sviluppo (DDA) L'agenda multilaterale resta una priorità per l'UE. L'agenda di Doha per lo sviluppo (DDA) è in una grave impasse, ma racchiude
troppe potenzialità per i paesi in via di sviluppo in generale e per quelli
meno sviluppati in particolare perché la si possa abbandonare. L'UE conferma il
suo impegno per la DDA e per il pacchetto specifico per i paesi meno
sviluppati. Siamo convinti che i paesi membri dell'OMC debbano proseguire i
negoziati, ove possibile, nel 2012 e oltre, per includere ad esempio argomenti
come la facilitazione degli scambi, le barriere non tariffarie e la risoluzione
delle controversie, tutti temi significativamente legati allo sviluppo. Un accordo sulla facilitazione degli scambi offre notevoli benefici per
lo sviluppo poiché garantisce riforme coerenti in
tutti i paesi membri dell'OMC per agevolare il commercio sia interno che nei
mercati di esportazione. Ne trarrebbero vantaggi tutti i paesi membri, ma
soprattutto quelli in via di sviluppo, in particolare quelli privi di accesso
al mare. L'applicazione di tale accordo verrebbe adattata alle esigenze e
capacità di ogni paese e sostenuta, ove necessario, con assistenza esterna.
Tutti avrebbero da guadagnare da una rapida conclusione di questi negoziati. Continueremo a
spingere per ottenere risultati concreti a vantaggio dei paesi meno sviluppati. Non possiamo essere
soddisfatti della mancata applicazione da parte dei membri dell'OMC delle
decisioni in vigore sull'accesso in esenzione da dazi e contingenti, che sono
essenziali per creare nuove e sicure opportunità di scambi commerciali per i
paesi meno sviluppati. È inoltre importante
raggiungere un risultato positivo relativamente al cotone nei negoziati
sull'agricoltura. Sulla scia della nostra
recente riforma delle norme sull'origine, insisteremo su una maggiore coerenza
nelle regole d'origine preferenziali per i paesi meno sviluppati, includendovi
maggior trasparenza e semplicità e il miglioramento dell'accesso al mercato. La deroga nel settore dei servizi per i paesi meno
sviluppati, adottata nel corso dell'ottava conferenza ministeriale dell'OMC del
dicembre 2011, che consente ai membri dell'OMC di accordare ai paesi meno
sviluppati un accesso preferenziale al mercato nel settore dei servizi, è un
primo passo nella direzione di un pacchetto specifico per i paesi meno
sviluppati. Oltre
ai negoziati sulla DDA, allo scopo di consentire al maggior numero possibile di
paesi di trarre benefici dal sistema, continueremo a sostenere e facilitare
l'adesione dei paesi meno sviluppati all'OMC e a contribuire attivamente alla
revisione delle norme di adesione, in modo tale che vengano fatte appropriate
raccomandazioni in tal senso entro luglio 2012. Il
percorso di adesione è un processo utile e uno stimolo per le riforme, ma
spesso è lungo e impegnativo. Pur preservando l'integrità delle regole
dell'OMC, continueremo a dare prova di moderazione sul tema dell'apertura dei
mercati e assisteremo i paesi meno sviluppati nell'emanazione e applicazione di
nuove regolamentazioni. Anche nell'esaminare le esigenze e i requisiti dei
paesi meno sviluppati relativamente all'applicazione dell'accordo OMC sugli
aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS),
considereremo favorevolmente le richieste di proroga del termine ultimo di
attuazione del 2013, come anche quelle di un'assistenza tecnica adeguata. 4.3.2. Definizione di una
base solida per il futuro La nostra
priorità assoluta deve essere quella di preservare e rafforzare il sistema
commerciale multilaterale. Un eventuale indebolimento
dell'OMC andrebbe a detrimento dei suoi membri più piccoli e deboli, in
particolare in tempi di crisi, quando è forte la tentazione di ricorrere al
protezionismo. L'attuale impasse della DDA rivela una
debolezza di fondo dell'impostazione dell'OMC, che non si è evoluta allo stesso
ritmo delle realtà economiche. Gli importanti
spostamenti degli equilibri di potere economico fra i maggiori partner
commerciali non si sono ancora riflessi appieno nel sistema dell'OMC. C'è un
sempre maggiore squilibrio fra il contributo dei grandi paesi emergenti al
sistema commerciale multilaterale e i vantaggi che essi ne traggono. Il
problema è sempre più sentito nei paesi più poveri, che vedono allargarsi il
solco fra loro e i paesi emergenti. Questa tendenza, già percepibile quando è
stata lanciata la DDA, è da allora cresciuta notevolmente, e tutto fa pensare
che continuerà a crescere in futuro. Il problema della differenziazione e il
ruolo delle economie emergenti devono essere affrontati nell'interesse del
sistema multilaterale e a vantaggio dello sviluppo. I
paesi emergenti dovrebbero mostrare maggiore leadership e assumersi più
responsabilità per aprire i loro mercati ai paesi meno sviluppati per mezzo di
regimi preferenziali ma anche su base non discriminatoria verso il resto dei
membri dell'OMC, quattro quinti dei quali sono paesi in via di sviluppo. A nostro avviso ciò non implica una piena
reciprocità di impegni con i paesi sviluppati come esito della DDA, ma una maggiore proporzionalità del loro contributo con i vantaggi che
traggono dal sistema. 4.3.3. Risposte alle
sfide emergenti I paesi in via di sviluppo beneficiano di norme multilaterali forti e
immediatamente esecutive. Nella moderna economia
globale, gli ostacoli agli scambi commerciali derivano sempre meno dalle
tariffe doganali e sempre più da misure normative inutilmente onerose o
incompatibili tra loro, che spesso creano molte più difficoltà ai paesi in via
di sviluppo più poveri e a quelli con capacità amministrative molto limitate. Sarà necessario rivolgere più attenzione al
modo in cui il commercio interagisce con altre questioni di grande interesse
per i paesi in via di sviluppo più poveri. Questo è
già successo per quanto riguarda l'interdipendenza tra scambi commerciali e
sicurezza alimentare, in particolare in seguito agli appelli (tuttora
inascoltati) del G20 e delle Nazioni Unite a rimuovere una volta per tutte le
restrizioni e le tasse sulle esportazioni alimentari per gli acquisti
alimentari per scopo umanitario del Programma alimentare mondiale. Si può fare
anche altro, per esempio per migliorare la trasparenza delle restrizioni sulle
esportazioni alimentari, tenendo conto dei loro effetti e della consultazione
di altri membri dell'OMC. I paesi poveri in via di sviluppo devono affrontare
anche altre difficoltà a livello globale, per esempio assicurarsi
approvvigionamenti energetici sufficienti e affidabili o adattare i propri
sistemi economici ai cambiamenti delle condizioni climatiche globali e alle
minacce alle loro risorse naturali, come anche promuovere e salvaguardare la
concorrenzialità delle loro imprese sul mercato mondiale. Nei prossimi anni i
membri dell'OMC dovranno prestare maggiore attenzione a questi problemi
fondamentali. Sarà essenziale un'efficace cooperazione con i paesi emergenti. 5. Conclusione L'ascesa dei
paesi emergenti manda un forte segnale: lo sviluppo è possibile, e nel quadro
di un'economia mondiale sempre più integrata i mercati aperti hanno un ruolo di
primo piano in questo processo. Eppure, molti paesi in via di sviluppo continuano a restare indietro. Hanno bisogno di aiuto, e questo significa che l'UE
deve mantenere e aumentare la forza del suo impegno, concentrandosi ancora di
più sui paesi più bisognosi. Il sostegno si concretizza in un
partenariato in cui anche i paesi in via di sviluppo devono fare scelte e
prendersi responsabilità al fine di consolidare i vantaggi a lungo termine di
commercio e investimenti. Da questo punto di vista, ownership e buona governance sono
centrali. Forniremo sostegno per mezzo della
cooperazione allo sviluppo e offriremo accordi commerciali e di investimento
che sostengano e rendano stabili i cambiamenti istituzionali che sono
essenziali per lo sviluppo. Guardando ancora avanti, tutte le parti
devono adeguarsi allo spostamento degli equilibri economici cui abbiamo
assistito negli ultimi dieci anni. Oggi, per la prima
volta, il commercio sud-sud supera quello nord-sud. Molti paesi sviluppati ed
emergenti devono ancora adeguarsi all'apertura dell'UE agli scambi commerciali
con i paesi in via di sviluppo più poveri. Si tratta di un argomento forte sia
per l'azione multilaterale, compresa la DDA e oltre, sia per un completo
riesame della base dei negoziati multilaterali. I grandi paesi emergenti devono
assumere maggiore leadership e responsabilità nel sistema commerciale
multilaterale, nell'interesse del sistema stesso e a vantaggio dello sviluppo
globale. Alla conferenza
dei paesi meno sviluppati di Istanbul del maggio 2011 è stato fissato un
obiettivo ambizioso: raddoppiare la quota di esportazioni globali dei paesi
meno sviluppati entro il 2020. Il metodo delineato
nella presente comunicazione può contribuire al raggiungimento di questo
obiettivo. Ciò dovrebbe riflettersi nei prossimi grandi incontri
internazionali, soprattutto l'UNCTAD XIII a Doha ad aprile 2012 e la conferenza
Rio+20 per lo sviluppo sostenibile a giugno 2012, che dovrebbero dare nuove
indicazioni sulla strada verso un'economia ecocompatibile. [1] Commercio,
crescita e affari mondiali: la politica commerciale quale componente essenziale
della strategia 2020 dell'UE", COM(2010) 612) [2] "Commercio
e sviluppo: Aiutare i paesi in via di sviluppo a beneficiare degli
scambi", COM(2002) 513 del 18.9.2002 [3] L'articolo
208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che l'UE tenga
conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo, il più importante dei
quali è l'eliminazione della povertà, nell'attuazione delle politiche che
possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo. [4] "Potenziare
l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di
cambiamento", COM(2011) 637 del 13.10.2011 [5] "Diritti
umani e democrazia al centro dell’azione esterna dell'Unione europea: Verso un
approccio più efficace", COM(2011) 886 del 12.12.2011 [6] Collettivamente,
nel 2010 essi formano lo 0,6% del PIL mondiale, contro lo 0,7% del 2000. [7] In media,
tre prodotti da esportazione formano oltre il 75% delle loro esportazioni
compessive. In 8 dei paesi meno sviluppati questa percentuale è superiore al
95%. [8] "L'approccio
globale in materia di migrazione e mobilità", COM(2011)743, 18.11.2011, e
proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di
paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari. [9] COM(2011)
637 [10] Conclusioni
del Consiglio Europeo, 16.09.2010 [11] Il regime
SPG è stato esso stesso rivisto nel 2006 per coprire un maggior numero di
prodotti, semplificare le regole e aumentare la prevedibilità. La riforma
incrementò le esportazioni e gli investimenti esteri diretti per i paesi
beneficiari, e contribuì alla diversificazione delle esportazioni di molti
paesi. [12] CARIS,
Valutazione intermedia del Sistema di preferenze generalizzate (SPG)
dell'Unione europea, 2010 [13] Armenia,
Azerbaigian, Bolivia, Capo Verde, Colombia, Costa Rica, Ecuador, El Salvador,
Georgia, Guatemala, Honduras, Mongolia, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù [14] Regolamento
(CE) n. 1063/2010 del Consiglio del 18.11.2010 [15] www.exporthelp.europa.eu [16] Regolamento
(CE) n. 1528/2007 del Consiglio del 20.12.2007 [17] COM(2011)
598 del 30.09.2011 [18] "Europa
globale: Competere nel mondo", COM(2006) 567 del 4.10.2006 [19] V. "Eighth Report on Potentially Trade Restristive
Measures (Ottava relazione su misure potenzialmente restrittive per gli
scambi)", ottobre 2010-settembre 2011: http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2011/october/tradoc_148288.pdf [20] COM(2011)
241 del 10.05.2011. [21] V.
l'imminente comunicazione della Commissione "Strategy for the protection
and enforcement of intellectual property rights in third countries"
("Strategia per la tutela e l'applicazione dei diritti di proprietà
intellettuale nei paesi terzi") [22] Vertice
del G20 di Cannes – Dichiarazione finale, "Building Our Common Future: Renewed
Collective Action For The Benefit Of All" (Costruire il nostro futuro
commune, rafforzare l'azione collettiva al servizio di tutti), 4.11.2011 [23] "Il
futuro approccio al sostegno dell'UE al bilancio dei paesi terzi",
COM(2011) 638 del 13.10.2011 [24] Il
programma tematico per i "beni pubblici e le sfide globali" dello
strumento di cooperazione allo sviluppo proposto dalla Commissione in
"Europa globale: un nuovo approccio al finanziamento dell'azione esterna
dell'UE", COM(2011) 865 del 7.12.2011, prevede fra l'altro il sostegno
alla definizione e attuazione di politiche e accordi commerciali, assistenza
all'integrazione nel sistema commerciale multilaterale, la promozione delle
relazioni in materia di investimenti fra l'UE e i paesi e le regioni partner. [25] COM(2011)
637 [26] Roma 2003,
Parigi 2005, Accra 2008, Busan 2011 [27] Partenariato
di Busan per un'efficace cooperazione allo sviluppo, quarto forum ad alto
livello sull'efficacia degli aiuti, Busan, Repubblica di Corea,
29.11.2011-1.12.2011 [28] Nella sua
comunicazione "Verso una politica globale europea degli investimenti
internazionali", COM(2010) 343 del 7.7.2010, la Commissione ha delineato
gli obiettivi delle future politiche di investimento dell'UE. [29] Come il
fondo fiduciario UE-Africa per le infrastrutture, il Fondo investimenti per la
politica di vicinato, il Fondo investimenti per l'America Latina e il Fondo
investimenti per l'Asia centrale [30] COM(2011)
865 [31] COM(2006)
567 del 04.10.2006 [32] Una volta
concluso un APE da parte di paesi ACP, altri paesi ACP possono ovviamente
chiedere l'adesione. [33] "Un
partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo
meridionale", COM(2011) 200 dell’8.3.2011. [34] "Una
risposta nuova ad un vicinato in mutamento", COM(2011) 303 del 25.5.2011 [35] COM(2010)
612 [36] Regolamento
sul legname (Regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 20.10.2010) e Rettifica del regolamento (CE) n. 1005/2008 del
Consiglio che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed
eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata [37] Contribuire
allo sviluppo sostenibile: il ruolo del commercio equo e solidale e dei
programmi non governativi in ambito commerciale a garanzia della
sostenibilità", COM(2009) 215 del 5.5.2009 [38] “Strategia
rinnovata dell’UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale
delle imprese”, COM(2011) 681 del 25.10.2011 [39] Direttiva
2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15.12.2004
sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni
sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un
mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE [40] Proposta
di direttiva relativa ai rendiconti finanziari annuali, ai rendiconti
finanziari consolidati e alle relative relazioni di taluni tipi di imprese,
COM(2011)684 [41] Comunicazione
sui mercati dei prodotti di base e materie prime, COM(2011)25, 2.2.2011 [42] Quadro
finanziario pluriennale relativo al finanziamento della cooperazione dell'UE a
favore degli ACP e dei PTOM per il periodo 2014-2020 (11° Fondo europeo di
sviluppo) [43] Quasi tre
volte maggiori, nella stima di P. Kowalski e B. Shepherd (2006), “South-South
Trade In Goods" (Il commercio di beni sud-sud), documenti dell'OCSE sulla
politica commerciale, n. 40