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Document 52006DC0404

    Comunicazione della Commissione al Consiglio ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3 della direttiva 77/388/CEE

    /* COM/2006/0404 def. */

    52006DC0404

    Comunicazione della Commissione al Consiglio ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3 della direttiva 77/388/CEE /* COM/2006/0404 def. */


    IT

    Bruxelles, 19.7.2006

    COM(2006) 404 definitivo

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO

    ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3 della direttiva 77/388/CEE

    1. Contesto

    Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme [1], il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure particolari di deroga alle disposizioni della direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Dato che questa procedura prevede deroghe ai principi generali armonizzati dell’IVA, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte di giustizia europea, le deroghe devono essere limitate e proporzionali.

    Con lettera protocollata dal Segretariato generale della Commissione il 27 ottobre 2005, la Repubblica d’Austria ha chiesto l’autorizzazione ad introdurre misure di deroga all’articolo 21 della direttiva 77/388/CEE. Conformemente all’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE, con lettera dell’8 giugno 2006, la Commissione ha informato gli altri Stati membri della richiesta presentata dall’Austria. Con lettera del 9 giugno 2006, ha poi comunicato all’Austria che disponeva di tutte le informazioni ritenute necessarie per valutare la richiesta.

    Con lettera protocollata dal Segretariato generale della Commissione il 18 aprile 2006, la Repubblica federale di Germania ha chiesto l’autorizzazione ad introdurre misure di deroga all’articolo 21 della direttiva 77/388/CEE. A norma dell’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE, la Commissione, con lettera del 7 giugno 2006, ha informato gli altri Stati membri della richiesta presentata dalla Germania. Con lettera dell’8 giugno 2006, ha poi comunicato alla Germania che disponeva di tutti i dati che riteneva necessari per valutare la richiesta.

    2. Sintesi delle richieste

    2.1. Richiesta austriaca

    L’Austria vorrebbe introdurre il meccanismo dell’inversione contabile per quanto riguarda tutte le forniture da impresa a impresa di beni o servizi in cui il valore della fattura supera i 10 000 €. Qualora il valore di una singola fattura non superasse i 10 000 €, l’inversione contabile si applicherebbe soltanto se le forniture a un determinato cliente superano i 40 000 € nel periodo contabile.

    Per giustificare la richiesta, l’Austria asserisce che l’inversione contabile è uno strumento di lotta contro la frode carosello o la frode delle società prestanome e precisa che la sua introduzione ha dato risultati positivi nel settore edilizio. L’Austria ritiene che i metodi tradizionali non consentono più di lottare contro la frode all’IVA, in particolare la frode carosello e la frode per mezzo di false fatture. Ritiene che tale misura potrebbe prevenire alcuni tipi di frode o di evasione fiscale, come il mancato pagamento o il pagamento parziale dell’IVA indicata su una fattura da parte di un soggetto passivo che scompare senza aver pagato il debito nei confronti del Tesoro. L’Austria ritiene anche che l’applicazione del principio dell’inversione contabile consentirebbe di ridurre il carico di lavoro delle amministrazioni fiscali, che altrimenti dovrebbero procedere al recupero dell’imposta dovuta dai soggetti passivi inadempienti o effettuare ispezioni prima di concedere rimborsi dell’IVA. Per quanto riguarda le società, l’Austria ritiene che l’inversione contabile potrebbe essere favorevole nei loro confronti in quanto non sarebbero più obbligate a prefinanziare [2] l’IVA. Al fine di lottare contro eventuali nuovi tipi di frode, l’Austria desidera imporre alle società l’obbligo di comunicare ogni mese l’importo della cifra di affari globale con ciascuna società cliente.

    2.2. Richiesta tedesca

    La Germania vorrebbe introdurre il meccanismo dell’inversione contabile per quanto riguarda tutte le forniture da impresa a impresa di beni o servizi in cui il valore della fattura supera i 5 000 €. Il soggetto passivo che effettua la fornitura confermerebbe la validità del numero speciale di partita IVA del cliente prima di effettuare una fornitura in base al principio dell’inversione contabile. La conferma della validità avverrebbe per via elettronica o online. Dopo aver verificato la validità del numero del cliente, il fornitore non fatturerebbe l’IVA alla consegna, ma sarebbe l’acquirente a dichiarare alle autorità l’IVA che deve pagare, che normalmente può anche dichiarare come IVA a credito detraibile. Oltre a verificare il numero del cliente, il soggetto passivo che effettua una fornitura in base al principio dell’inversione contabile sarebbe tenuto ad informare le autorità fiscali per via elettronica per ogni fornitura non tassata e a dichiararne l’importo. Il cliente dovrebbe invece menzionare separatamente nella dichiarazione la fornitura ricevuta in base al principio dell’inversione contabile. L’amministrazione fiscale farebbe un controllo incrociato tra l’informazione ricevuta dal fornitore per via elettronica e quella figurante sulla dichiarazione dell’acquirente. La Germania desidera così proteggersi da nuove possibilità di frode create dal sistema dell’inversione contabile.

    La ragione invocata dalla Germania per giustificare la richiesta è simile a quella dell’Austria ma, contrariamente alla proposta austriaca, il sistema tedesco comporta un notevole aumento delle pratiche amministrative per i soggetti passivi.

    3. Contesto delle richieste: problema della frode all’IVA

    La frode all’IVA preoccupa da tempo la Commissione, la quale auspica che gli Stati membri prendano tutte le misure necessarie contro i truffatori al fine di evitare distorsioni della concorrenza sul mercato unico. A causa di recenti problemi di bilancio, la frode all’IVA preoccupa molto alcuni Stati membri.

    La Commissione constata con soddisfazione che la Germania e l’Austria si preoccupano di un tipo particolare di frode all’IVA, noto come “frode carosello” o frode “delle società prestanome”. Questo tipo di frode ha conseguenze sul gettito IVA dato che un soggetto passivo trasferisce un credito IVA a un altro soggetto passivo prima di scomparire senza pagare l’imposta. La Germania e l’Austria pensano di poter risolvere il problema applicando il principio dell’inversione contabile fra soggetti passivi nel quadro delle forniture nazionali all’interno degli Stati membri. Questo avrebbe l’effetto di annullare la frode in quanto l’eventuale “società prestanome” non sarebbe assoggettata all’IVA. Tuttavia, in generale in tutti gli Stati membri l’80% dell’IVA è pagato da meno del 10% dei soggetti passivi. In altre parole, le amministrazioni fiscali degli Stati membri attualmente possono controllare molto facilmente gran parte del gettito IVA.

    Pochissimi Stati membri comunicano i dati relativi alle perdite del gettito IVA a causa della frode. L’Austria stima che le perdite totali derivanti dalla frode all’IVA ammontino al 4,4% dell’importo del gettito IVA ma non dispone di dati esatti sulla percentuale delle perdite dovuta alla frode intracomunitaria delle società prestanome. La Germania stima che le perdite dovute alla frode delle società prestanome rappresentino circa il 2% del suo gettito IVA. Questi importi non sono trascurabili e mostrano quanto sia importante prestare attenzione alla frode all’IVA e in particolare alla frode intracomunitaria delle società prestanome. Anche la Commissione è sensibile al problema. La lotta contro la frode fiscale è pertanto un grande obiettivo della Strategia di Lisbona, dato che tale frode non soltanto riduce il gettito di cui gli Stati membri hanno bisogno per far funzionare i servizi pubblici a livello nazionale ma provoca inoltre una concorrenza sleale tra gli operatori. In questo contesto, la Commissione intende presentare entro la fine dell’anno una comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo al fine di elaborare una nuova strategia di lotta contro la frode su scala europea. La frode all’IVA, e in particolare la frode intracomunitaria delle società prestanome, sarà uno dei grandi temi della comunicazione.

    È però importante mettere nel loro contesto i dati relativi alla frode delle società prestanome, in particolare quando una modifica del sistema fiscale ha conseguenze sia sugli operatori onesti che sui truffatori, i quali approfittano dell’incapacità delle amministrazioni fiscali a trattare i loro casi in modo rapido e definitivo.

    Dopo l’introduzione di un sistema d’inversione contabile più generalizzato è probabile che nascano nuove forme e nuovi tipi di frode. Con il trasferimento dell’imposta da pagare, l’ultima azienda della catena di fornitura sarà più portata a scomparire. Occorre inoltre rilevare che il meccanismo dell’inversione contabile non risolve il problema delle “vendite in nero”, che eludono il circuito ufficiale. Per il soggetto passivo che deve fatturare l’IVA alla fine della catena di fornitura, la tentazione di ottenere consegne in nero aumenterà in quanto dovrà fatturare l’importo totale dell’IVA e non più soltanto la parte relativa al suo “valore aggiunto”.

    4. La nozione d’inversione contabile

    In generale, l’IVA relativa alla fornitura di beni e servizi in uno Stato membro è fatturata dal fornitore. Il cliente può recuperare l’IVA pagata se è assoggettato all’IVA, dichiarando l’importo dell’imposta a credito nella dichiarazione periodica dell’IVA. La detrazione è immediata in quanto non è subordinata al previo pagamento dell’IVA al Tesoro da parte del fornitore. Il problema è però che se la persona che rilascia la fattura non paga l’IVA al Tesoro, quest’ultimo concede un credito sull’IVA che non ha mai riscosso. Oltre ai casi di liquidazione e di fallimento, gli Stati membri hanno avuto problemi con operatori che rimanevano attivi per un breve periodo, fatturavano l’IVA e poi sparivano senza pagarla, ma in gran parte dei casi (dal 90 al 95% a seconda degli Stati membri), l’importo dell’IVA esatto viene pagato alle autorità entro i termini previsti.

    Attualmente, gran parte dell’IVA riscossa dagli Stati membri è pagata da un piccolissimo gruppo di grandi soggetti passivi rispettosi della legislazione fiscale. Con l’applicazione dell’inversione contabile generalizzata l’imposta sarebbe pagata da un gruppo nettamente più grande di soggetti passivi, il che complicherebbe i controlli in proporzione.

    L’applicazione dell’inversione contabile in base al modello previsto dalla Germania e dall’Austria implicherebbe la verifica da parte del fornitore dello status del cliente per determinare se è un soggetto passivo e pertanto se l’IVA deve essere fatturata. L’attuale sistema non impone tale verifica in quanto generalmente l’IVA è fatturata indipendentemente dallo status del cliente. Parimenti, l’obbligo di comunicare ogni mese l’importo della cifra di affari globale per quanto riguarda le imprese clienti (nel caso dell’Austria), di comunicare per via elettronica con le autorità fiscali e di dichiarare il valore di ciascuna fornitura non tassata (nel caso della Germania) sarebbero requisiti nuovi che si aggiungerebbero a quelli esistenti.

    5. Parere della Commissione sulle richieste

    Quando riceve richieste ai sensi dell’articolo 27, la Commissione le esamina per garantire che siano rispettate le condizioni di base per accoglierle, vale a dire che la misura specifica proposta semplifichi la procedura per i soggetti passivi e/o per l’amministrazione fiscale oppure che la proposta consenta di evitare alcuni tipi di frode o di evasione fiscale. In questo contesto, la Commissione ha sempre dato prova di selettività e di prudenza affinché le deroghe non minino il funzionamento del sistema generale dell’IVA. Infatti nel 2005 ha presentato la proposta [3] di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare l’evasione e l’elusione e recante abrogazione di talune decisioni che autorizzano misure derogatorie, che consentirebbero a tutti gli Stati membri di applicare deroghe che si sono rivelate utili ed efficaci.

    Il regime particolare applicabile all’oro di cui all’articolo 26 ter della sesta direttiva IVA può essere descritto come un sistema d’inversione contabile stabilito, ma il campo e le modalità di applicazione di tali disposizioni sono attentamente mirati e circoscritti e pertanto non è possibile fare un confronto fra quel regime e le richieste presentate alla Commissione.

    5.1. Richieste tedesca e austriaca

    La Commissione ritiene che le richieste tedesca e austriaca intendano valersi dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA per introdurre una modifica fondamentale al sistema dell’IVA e per eliminare così una delle sue caratteristiche, il pagamento frazionato. La ragione alla base delle richieste è la capacità apparentemente insufficiente dei due paesi di controllare le imprese responsabili della frode delle società prestanome, che provoca perdite stimate fino al 2% dell’intero gettito IVA dei due paesi. La Germania e la Austria pensano che se un’azienda non è autorizzata a fatturare l’IVA in primo luogo, non è più tentata di sparire senza pagarla.

    L’Austria ritiene che l’applicazione di un sistema d’inversione contabile generalizzato ai soggetti passivi austriaci riguarderebbe sette milioni di fatture emesse nel paese, mentre la Germania ritiene che la sua proposta avrà conseguenze sullo 0,5% delle fatture emesse sul suo territorio, il che rappresenta comunque 130 milioni di fatture. Ciononostante, è probabile che ogni soggetto passivo sia interessato e obbligato ad applicare l’inversione contabile parallelamente alle “normali” regole in materia di IVA.

    6. Conclusione

    Le richieste della Germania e dell’Austria intendono utilizzare l’articolo 27 per modificare in modo fondamentale il sistema dell’IVA, introducendo un sistema d’inversione contabile generalizzato, per eliminare così una delle caratteristiche dell’IVA, vale a dire il pagamento frazionato. Ciò significa inoltre che i soggetti passivi dovrebbero gestire tre tipi di regimi impositivi diversi:

    · il sistema IVA “classico”

    · il sistema d’inversione contabile per le forniture fra imprese se sono rispettati alcuni criteri

    · il sistema intracomunitario

    La contabilità delle imprese sarebbe ulteriormente appesantita. Nello stesso ordine di idee, agli operatori onesti attivi nei settori in cui la frode non è corrente sarebbero imposti ulteriori oneri di messa in conformità (controllo dello status del cliente e dichiarazione delle operazioni). Inoltre, le amministrazioni fiscali tedesca e austriaca dovrebbero investire risorse nettamente maggiori per controllare l’IVA, dato che il numero di persone che pagano gran parte dell’IVA non rappresenterebbe più la minoranza ma la maggioranza dei soggetti passivi.

    A parere della Commissione tali richieste non rispondono ai criteri dell’articolo 27 in quanto complicheranno invece di semplificare il compito dei soggetti passivi e delle amministrazioni fiscali, comportando nel contempo un aumento e non un calo delle possibilità di evasione fiscale.

    La Commissione ritiene che l’articolo 27 non costituisce una base giuridica corretta per proporre un’inversione contabile generalizzata del tipo previsto dalla Germania e dall’Austria. La Commissione ha già proposto al Consiglio di autorizzare gli Stati membri ad applicare l’inversione contabile, ma le richieste precedenti generalmente erano diverse in quanto si applicavano a settori specifici (edilizia, rifiuti, legname, ecc.) e in quanto l’inversione contabile risaliva sempre la catena di fornitura (quindi eliminando soltanto l’anello debole all’inizio della catena). Pertanto non era la piccola impresa effimera più a rischio che fatturava l’IVA, ma l’impresa di dimensioni maggiori, più facilmente controllabile. L’unico esempio riguardante un prodotto è quello dell’oro ma, anche in quel caso, si tratta di un solo prodotto e non di una vasta gamma di prodotti che interessano diversi settori. Inoltre, le misure prese in considerazione dalla Germania e dall’Austria si ripercuoterebbero sulle operazioni effettuate in tutti i settori economici, compresi quelli che non sono mai stati sospettati di dar luogo a frodi delle società prestanome o frodi carosello. La Commissione ritiene che le deroghe chieste da Germania e Austria non rispettino il principio di proporzionalità, consacrato da diverse sentenze della Corte.

    Inoltre, consentire a uno Stato membro di applicare misure particolari di tale portata e con un tale impatto sulle imprese danneggerebbe molto il buon funzionamento del mercato interno. Infatti, in base all’importo della fornitura, al tipo di prodotto o a qualsiasi altro criterio considerabile, le imprese sarebbero sottoposte a norme e procedure diverse a seconda dello Stato membro in materia di forniture intracomunitarie. Per questo motivo tali misure vanno ben oltre il campo d’applicazione dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA.

    Per di più, nel sistema d’inversione contabile il rischio finanziario derivante dal mancato pagamento dell’IVA viene trasferito dal Tesoro alle imprese. Sono queste ultime che si accollano il rischio, quando decidono se fatturare l’IVA al momento della convalida dello status di soggetto passivo del cliente. Questo trasferimento di responsabilità dalle amministrazioni fiscali alle imprese, con i potenziali costi che possono derivarne per queste ultime, è contrario agli obiettivi di Lisbona.

    Inoltre, un sistema d’inversione contabile indebolisce molto il controllo verso la fine della catena di distribuzione. Le amministrazioni fiscali dovrebbero pertanto aumentare notevolmente il numero di controllori a causa dell’aumento del rischio dovuto alla ripartizione del debito fiscale fra un numero maggiore di soggetti passivi. A ciò si aggiunge che il risultato di un’estensione dell’inversione contabile, alle condizioni proposte da Germania e Austria, introduce di fatto un sistema nettamente più complesso del sistema IVA attuale.

    Le richieste della Germania e dell’Austria intendono utilizzare l’articolo 27 per modificare in modo fondamentale il sistema dell’IVA, eliminando così una delle sue caratteristiche, vale a dire il pagamento frazionato. Le richieste derivano dall’ipotesi che un’impresa che non è autorizzata a fatturare l’IVA in primo luogo non è più tentata di scomparire senza pagarla, facendo così aumentare il gettito IVA.

    La Commissione rimane tuttavia convinta che è possibile risolvere il problema della frode delle società prestanome aumentando i controlli dell’IVA in base all’analisi dei rischi piuttosto che modificando le norme fiscali di base; non si oppone però a prendere in considerazione strumenti complementari o soluzioni alternative. Considerando che secondo l’Austria e la Germania l’attuale sistema dell’IVA presenta lacune, la Commissione esaminerà se occorre prendere in considerazione un intervento più generale nel quadro della sesta direttiva IVA.

    In questo contesto la Commissione ritiene che l’articolo 93 del trattato sia la base giuridica adatta per consentire agli Stati membri di introdurre misure di grande portata per lottare contro la frode all’IVA.

    La Commissione conclude dunque che le richieste presentate dalla Germania e dall’Austria non rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA e per tale motivo respinge le deroghe richieste.

    [1] GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1; modificata da ultimo dalla direttiva 2006/18/CE (GU L 51 del 22.2.2006, pag. 12).

    [2] In funzione delle condizioni di credito concesse ai loro clienti e della periodicità delle dichiarazioni IVA, i soggetti passivi spesso devono pagare l'IVA al Tesoro prima di averla riscossa ai clienti.

    [3] COM(2005) 89 del 16.3.2005.

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