EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52005PC0391

Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente {SEC(2005) 1057}

/* COM/2005/0391 def. - COD 2005/0167 */

52005PC0391




[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 1.9.2005

COM(2005) 391 definitivo

2005/0167 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

(presentata dalla Commissione){SEC(2005) 1057}

RELAZIONE

1) CONTESTO DELLA PROPOSTA

Nella comunicazione su una politica comune in materia di immigrazione illegale del 15 novembre 2001, la Commissione sottolinea come la politica di rimpatrio sia parte integrante e fondamentale della lotta all’immigrazione clandestina. La politica di rimpatrio deve poggiare su tre elementi: principi comuni, norme comuni e misure comuni. Il Libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio, del 10 aprile 2002, approfondisce ulteriormente il problema del rimpatrio come elemento integrante di una politica comunitaria globale di immigrazione e asilo. Esso evidenzia la necessità di ravvicinare e migliorare la cooperazione fra Stati membri in materia di rimpatrio e prospetta diversi elementi possibili per una futura proposta di norme comuni, diretti a sollecitare un ampio dibattito fra le parti interessate.

La susseguente comunicazione della Commissione, del 14 ottobre 2002, su una politica comunitaria in materia di rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente tiene conto dei risultati di questa consultazione pubblica e imbastisce un programma concreto di azioni future, privilegiando un approccio olistico. Il documento afferma a chiare lettere: “ (…) perché tale azione sia pienamente efficace, deve inserirsi armoniosamente nel contesto di una vera e propria gestione delle questioni relative all’immigrazione, il che richiede un consolidamento chiaro dei canali dell’immigrazione legale e della situazione delle persone in soggiorno regolare, un sistema d’asilo efficace e generoso basato su procedure rapide e che diano accesso a una reale protezione per coloro che ne hanno bisogno, e un dialogo rafforzato con i paesi terzi, che saranno invitati in misura sempre maggiore ad agire come partner nel trattare la questione dell’immigrazione. ” Sulla base di questa comunicazione, il Consiglio adotta il programma d’azione in materia di rimpatrio del 28 novembre 2002 in cui chiede di migliorare la cooperazione operativa fra Stati membri, intensificare la cooperazione con i paesi terzi e istituire norme comuni per agevolare il rimpatrio operativo.

Da ultimo il programma dell’Aia, adottato il 4 e 5 novembre 2004 dal Consiglio europeo di Bruxelles, riprende la questione e sollecita espressamente l’istituzione di norme comuni perché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti e della loro dignità. Chiede quindi alla Commissione di presentare una proposta agli inizi del 2005.

Obiettivo della presente proposta è rispondere a tale richiesta e disporre norme comuni, eque e trasparenti riguardanti il rimpatrio, l’allontanamento, l’uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso, che tengano pienamente conto del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali degli interessati.

La cooperazione fra Stati membri può funzionare se basata su una comprensione comune degli aspetti fondamentali. Di conseguenza è opportuno fissare norme comuni per facilitare l’operato delle autorità competenti e per consentire una cooperazione rafforzata fra gli Stati membri. Nel lungo periodo tali norme costituiranno la base per un trattamento uniforme e adeguato dei cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, qualunque sia lo Stato membro che esperisce la procedura di rimpatrio.

- Disposizioni vigenti

Al programma d’azione in materia di rimpatrio[1] del novembre 2002 hanno dato seguito svariate iniziative concrete, legislative e non legislative. Con riguardo alla cooperazione per il rimpatrio, la direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea e la decisione 2004/573/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’organizzazione di voli congiunti per l’allontanamento sono i primi traguardi importanti sul piano giuridico.

La direttiva 2001/40/CE relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, in combinato disposto con la decisione 2004/191/CE del Consiglio che definisce i criteri e le modalità pratiche per la compensazione degli squilibri finanziari, costituisce il quadro giuridico per il riconoscimento reciproco delle decisioni di espulsione.

Per quanto riguarda la dimensione finanziaria del rimpatrio, la Commissione ha proposto di istituire un Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013, nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005) 123 del 6.4.2005). Le azioni preparatorie per il periodo 2005-2007 permetteranno di introdurre gradualmente lo strumento finanziario previsto.

2) CONSULTAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE E VALUTAZIONE D’IMPATTO

Il Libro verde del 2002 su una politica comunitaria di rimpatrio (COM(2002) 175) ha dato adito a un ampio dibattito culminato con un’audizione pubblica cui hanno partecipato più di 200 persone, con interventi dal palco di una trentina di esperti. L’audizione ha permesso a tutte le parti interessate di esprimersi sugli aspetti oggetto della presente proposta. Sulla base delle idee esposte nel libro verde, sono state discusse le attuali prassi delle politiche di rimpatrio e le opzioni per una futura politica comune dell’UE in materia di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. L’audizione ha permesso uno scambio aperto di opinioni fra rappresentanti delle istituzioni europee, Stati membri, paesi candidati, paesi di origine e di transito dei movimenti migratori illegali, altri paesi di destinazione, organizzazioni internazionali, autorità regionali e comunali, organizzazioni non governative e istituzioni universitarie. I contributi scritti presentati durante il processo di consultazione sono pubblicati su Internet.

Nel secondo semestre 2004 si è poi proceduto alla consultazione di esperti degli Stati membri attivi nel settore del rimpatrio in merito a un progetto di direttiva sulle norme minime per le procedure di rimpatrio.

3) ELEMENTI GIURIDICI DELLA PROPOSTA

- Sintesi dell’azione proposta

Una politica di rimpatrio efficace è la componente necessaria di una politica d’immigrazione opportunamente gestita e credibile. Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque che rispondano a tale esigenza nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali degli interessati. Per raggiungere questi obiettivi la presente proposta intende:

1. stabilire una norma che metta fine al soggiorno irregolare con un procedimento equo e trasparente;

2. promuovere il principio del rimpatrio volontario attraverso una disposizione di carattere generale che preveda la concessione, di norma, di un “termine per la partenza”;

3. stabilire – come principio generale – una procedura armonizzata in due fasi che contempli l’adozione, in un primo tempo, di una decisione di rimpatrio e se necessario, in un secondo tempo, di un provvedimento di allontanamento, allineando in parte gli ordinamenti nazionali attualmente divergenti;

4. occuparsi della situazione di coloro che sono in posizione irregolare ma che non è (ancora) possibile allontanare;

5. prevedere garanzie procedurali minime;

6. limitare l’uso di misure coercitive, subordinandolo al rispetto del principio di proporzionalità e stabilendo garanzie minime per l’esecuzione del rimpatrio forzato;

7. conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto di reingresso valido in tutta l’Unione;

8. premiare il rispetto della legge (possibilità di annullare il divieto di reingresso) e penalizzare la non osservanza (possibilità di prorogare il divieto di reingresso);

9. proteggere gli interessi dello Stato in caso di grave minaccia per l’ordine pubblico e per la sicurezza nazionale (possibilità di prorogare il divieto di reingresso):

10. limitare il ricorso alla custodia temporanea, subordinandolo al rispetto del principio di proporzionalità;

11. introdurre garanzie minime per le condizioni di custodia temporanea;

12. disporre con riguardo alla situazione dei cittadini di paesi terzi nei confronti dei quali uno Stato membro abbia adottato un provvedimento di allontanamento o una decisione di rimpatrio, che siano arrestati nel territorio di un altro Stato membro.

È stata valutata l’opportunità di trattare la questione dell’ espulsione/allontanamento per motivi di ordine pubblico e di sicurezza nazionale nel contesto della presente proposta, con particolare riguardo all’espulsione di presunti terroristi. La proposta non contempla disposizione esplicite al riguardo, per tre ragioni:

- tutte le direttive CE afferenti all’asilo e all’immigrazione già contengono clausole di “ordine pubblico” in forza delle quali gli Stati membri hanno facoltà di revocare permessi di soggiorno e espellere i cittadini di paesi terzi che costituiscono una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale. La Commissione, nel suo documento di lavoro “post 11 settembre” (COM(2001) 743 del 5 dicembre 2001), giungeva alla seguente conclusione: “ sembra che una scrupolosa applicazione di tali clausole sia un metodo più appropriato per aumentare la sicurezza interna piuttosto che procedere alla sostanziale modifica delle proposte di cui trattasi. ”;

- non sempre è nell’interesse dello Stato espellere uno straniero sospettato di terrorismo. Talvolta può essere preferibile promuovere un’azione penale nei suoi confronti o tenerlo sotto osservazione nello Stato membro piuttosto che espellerlo verso un paese terzo;

- Anche se vi fossero argomenti a favore di un’ulteriore armonizzazione dell’aspetto “espulsione per motivi di ordine pubblico/sicurezza nazionale”, tale processo andrebbe proposto non già nell’ambito di una direttiva che pone fine al soggiorno irregolare e governa le procedure di rimpatrio, bensì in quello di direttive che disciplinano le condizioni di ingresso e soggiorno e le procedure per porre fine a un soggiorno o a una presenza regolari.

Tuttavia, quando si pone fine al soggiorno regolare di un cittadino di un paese terzo per motivi di ordine pubblico, egli diventa, ai fini della presente direttiva, un cittadino di un paese terzo che soggiorna irregolarmente sul territorio di uno Stato membro e a cui si applicano le disposizioni di tale direttiva.

- Base giuridica

Articolo 63, paragrafo 3, lettera b), del trattato.

- Diritti fondamentali

La presente proposta è stata oggetto di un esame approfondito diretto a garantirne la piena compatibilità con i diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario, e con il diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti umani derivanti dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo. Particolare attenzione è stata pertanto annessa alle disposizioni afferenti le garanzie procedurali, l’unità familiare, la custodia temporanea e le misure coercitive.

- Principio di sussidiarietà

Il principio di sussidiarietà si applica in quanto la proposta non rientra tra le competenze esclusive della Comunità. Gli Stati membri non possono realizzare in maniera sufficiente gli obiettivi della proposta per i motivi che seguono.

Obiettivo della presente proposta è disporre norme comuni in materia di rimpatrio, allontanamento, uso di misure coercitive, custodia temporanea e reingresso. Tali norme comuni, che stabiliscono un trattamento uniforme e adeguato delle persone soggiornanti illegalmente in tutto il territorio dell’Unione, qualunque sia lo Stato membro che procede all’arresto, possono essere convenute soltanto a livello comunitario.

In particolare, disporre di una normativa comune è indispensabile per trattare il caso di quei cittadini di paesi terzi nei confronti dei quali uno Stato membro abbia già emesso una decisione di rimpatrio, un provvedimento di allontanamento e/o un divieto di reingresso, e che siano arrestati nel territorio di un altro Stato membro o tentino di introdursi in quel territorio.

Il programma dell’Aia ha chiesto espressamente alla Commissione di presentare questa proposta. Tale richiesta è la prova che gli Stati membri riconoscono di non essere sufficientemente in grado di realizzare gli obiettivi di un’efficace politica europea di rimpatrio, che può essere realizzata meglio a livello dell’UE.

- Principio di proporzionalità

La proposta è in linea con il principio di proporzionalità per i seguenti motivi.

La direttiva proposta stabilisce principi generali ma lascia la scelta della forma e dei mezzi più appropriati per attuarli agli Stati membri che ne sono i destinatari, nel rispettivo ordinamento giuridico e contesto generale nazionale.

È obiettivo della proposta sostenere efficaci sforzi nazionali in materia di allontanamento e evitare inutili duplicazioni. Una volta adottata, dovrebbe pertanto comportare una riduzione dell’onere amministrativo globale delle autorità preposte alla sua attuazione.

- Scelta dello strumento

Strumento proposto: direttiva.

Era necessario optare per uno strumento giuridico vincolante, facilmente integrabile in sistemi nazionali divergenti. Il regolamento sarebbe stato troppo rigido, mentre un atto di “legislazione leggera” (come la raccomandazione) non avrebbe avuto la forza giuridica vincolante necessaria.

- Partecipazione allo strumento giuridico

La base giuridica della proposta è il titolo IV del trattato CE. Poiché si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen, la proposta costituisce uno sviluppo dell’ acquis di Schengen e in quanto tale va presentata e adottata a norma dei protocolli allegati al trattato di Amsterdam sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda e sulla posizione della Danimarca, e del protocollo sull’integrazione dell’ acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea. Conformemente agli accordi conclusi rispettivamente con l’Islanda e la Norvegia e con la Svizzera, la proposta costituisce uno sviluppo dell’ acquis di Schengen per le ragioni di cui sopra.

4) INFORMAZIONI SUPPLEMENTARI

- Illustrazione dettagliata della proposta

Le spiegazioni che seguono vertono sugli aspetti più critici della proposta. Per osservazioni più puntuali si rimanda all’allegato.

Capitolo I

Punto di partenza per l’applicabilità della direttiva proposta è il “soggiorno irregolare”. L’obiettivo di questa misura in materia di immigrazione illegale basata sull’articolo 63, paragrafo 3, lettera b), del trattato è stabilire un corpus di norme orizzontali, applicabile a qualunque cittadino di paesi terzi soggiornante illegalmente, qualunque sia la ragione dell’irregolarità della sua presenza (visto scaduto, permesso di soggiorno scaduto, ritiro o revoca del permesso di soggiorno, domanda d’asilo definitivamente respinta, revoca dello status di rifugiato, ingresso illegale). La presente proposta non riguarda i motivi o le procedure per porre fine a un soggiorno regolare.

Capitolo II

La proposta prevede una procedura in due fasi diretta a porre fine a un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di paesi terzi soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio. Va data priorità al rimpatrio volontario. Se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri eseguono l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. Durante consultazioni [preventive], molti Stati membri hanno obiettato che la procedura in due fasi potrebbe comportare lungaggini procedurali. Per rispondere a tale preoccupazione, la presente proposta stabilisce espressamente che gli Stati membri sono liberi di prendere la decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento con un unico atto o una stessa decisione. Che scelgano di emettere la decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento separatamente ovvero con un unico atto o una stessa decisione, gli Stati membri dovranno rispettare le disposizioni sostanziali di questo capitolo, specie per quanto riguarda la protezione contro l’allontanamento e la possibilità del rimpatrio volontario.

La presente proposta prevede l’acclusione al provvedimento di allontanamento di un “divieto di reingresso” che impedisce il rientro in tutti gli Stati membri. Questa “europeizzazione” degli effetti delle misure nazionali di rimpatrio dovrebbe avere un impatto di prevenzione e conferire maggiore credibilità a una politica di rimpatrio veramente europea. La durata del divieto sarà determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso. Di norma, non dovrà superare i cinque anni. Il divieto di reingresso potrà essere deciso per periodi più lunghi soltanto in caso di grave minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale.

Capitolo III

La proposta prevede il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni di rimpatrio e i provvedimenti di allontanamento. Il ricorso giurisdizionale avrà effetto sospensivo ovvero conferirà al cittadino di paesi terzi il diritto di chiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione di rimpatrio o del provvedimento di allontanamento, nel qual caso l’esecuzione sarà differita fino a che la decisione o il provvedimento non siano confermati o consentano ricorso con effetto sospensivo.

Capitolo IV

Questo capitolo tende a limitare il ricorso alla custodia temporanea, subordinandolo al rispetto del principio di proporzionalità. La misura della custodia temporanea è disposta soltanto se necessaria per prevenire rischi di fuga o se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente. I motivi che giustificano il mantenimento della custodia temporanea devono essere regolarmente assoggettati al controllo di un’autorità giudiziaria. I termini massimi previsti garantiranno che la custodia temporanea non sia indebitamente protratta. Tale armonizzazione delle disposizioni nazionali è destinata anche a evitare movimenti secondari fra Stati membri di persone soggiornanti illegalmente, destinatarie delle misure previste dalla presente direttiva.

Capitolo V

Questo capitolo stabilisce un corpus di norme flessibili, applicabile al cittadino di paesi terzi che, raggiunto da un provvedimento di allontanamento o da una decisione di rimpatrio presa in uno Stato membro (“primo Stato membro”), sia arrestato in un altro Stato membro (“secondo Stato membro”). Gli Stati membri possono scegliere fra più possibilità, secondo le circostanze del caso.

In effetti, il secondo Stato membro può riconoscere la decisione di rimpatrio o il provvedimento di allontanamento ordinati dal primo Stato membro, nel qual caso si applica la compensazione finanziaria di cui alla decisione 2004/191/CE.

In alternativa, il secondo Stato membro può chiedere al primo Stato membro di riaccogliere il cittadino di paesi terzi in posizione irregolare ovvero decidere di avviare autonomamente una nuova procedura di rimpatrio conformemente al suo diritto interno.

Legame con il sistema di informazione Schengen

Per una rapida e effettiva applicazione della presente proposta sarà vitale condividere le informazioni con gli altri Stati membri. Questi ultimi devono disporre di un accesso rapido alle informazioni riguardanti le decisioni di rimpatrio, i provvedimenti di allontanamento e i divieti di reingresso di altri Stati membri. Disciplineranno tale scambio le disposizioni sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II).

2005/0167 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 63, paragrafo 3, lettera b),

vista la proposta della Commissione[2],

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato,

considerando quanto segue:

1. Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l’istituzione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni perché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

2. Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace che sia elemento necessario di una politica d’immigrazione opportunamente gestita.

3. È opportuno che la direttiva introduca un corpus di norme orizzontali, applicabile ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di soggiorno in uno Stato membro.

4. È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare secondo una procedura equa e trasparente.

5. In linea di principio, dovrebbe applicarsi una procedura armonizzata in due fasi comportante una decisione di rimpatrio in un primo tempo e, se necessario, un provvedimento di allontanamento in un secondo tempo. Tuttavia, per evitare lungaggini procedurali, dovrebbe essere data facoltà agli Stati membri di prendere la decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento con un unico atto o una stessa decisione.

6. Se non vi è motivo di ritenere che ciò possa compromettere la finalità della procedura di rimpatrio, si deve preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato e concedere un termine per la partenza volontaria.

7. Occorre stabilire garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni di rimpatrio e i provvedimenti di allontanamento, per la protezione effettiva degli interessi del destinatario.

8. È necessario occuparsi della situazione di coloro che sono in posizione irregolare ma che non è (ancora) possibile allontanare. È opportuno fissare norme minime sulle condizioni di soggiorno di quelle persone, rifacendosi alle disposizioni della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri[3].

9. È auspicabile che l’uso di misure coercitive sia espressamente subordinato al rispetto del principio di proporzionalità e che siano stabilite garanzie minime per l’esecuzione del rimpatrio forzato alla luce della decisione 2004/573/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’organizzazione di voli congiunti per l’allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o più Stati membri[4].

10. Occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto di reingresso che impedisca il rientro nel territorio di tutti gli Stati membri. È opportuno che la durata del divieto di reingresso sia determinata alla luce di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso e non superi, di norma, i cinque anni. In caso di grave minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale, gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di disporre divieti di reingresso di durata superiore.

11. È auspicabile che il ricorso alla custodia temporanea sia limitato e vincolato al rispetto del principio di proporzionalità. La custodia temporanea andrebbe disposta soltanto se necessaria per prevenire rischi di fuga o se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente.

12. Occorre disporre con riguardo alla situazione dei cittadini di paesi terzi che, destinatari di un provvedimento di allontanamento o di una decisione di rimpatrio adottati in uno Stato membro, siano arrestati nel territorio di un altro Stato membro.

13. La presente direttiva prevede disposizioni sul riconoscimento delle decisioni di rimpatrio o dei provvedimenti di allontanamento che sostituiscono la direttiva 2001/40/CE del Consiglio relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi[5]. Quest’ultima direttiva andrebbe pertanto abrogata.

14. La decisione 2004/191/CE[6] del Consiglio definisce i criteri e le modalità pratiche per la compensazione degli squilibri finanziari risultanti dal riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento e dovrebbe applicarsi, mutatis mutandis, al riconoscimento delle decisioni di rimpatrio o dei provvedimenti di allontanamento ai sensi della presente direttiva.

15. Gli Stati membri dovrebbero disporre di un accesso rapido alle informazioni riguardanti le decisioni di rimpatrio, i provvedimenti di allontanamento e i divieti di reingresso di altri Stati membri. Tale scambio di informazioni dovrebbe svolgersi a norma [della decisione/del regolamento (…) sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II)][7].

16. Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia disporre norme comuni riguardanti il rimpatrio, l’allontanamento, l’uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e quindi, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione, può essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5 del trattato. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato in quell’articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento del suddetto obiettivo.

17. Gli Stati membri devono applicare la presente direttiva senza discriminazioni fondate sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

18. In linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, l’“interesse superiore del minore” deve costituire una considerazione preminente degli Stati membri quando applicano la presente direttiva. In linea con la convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il rispetto della vita familiare deve costituire una considerazione preminente degli Stati membri quando applicano la presente direttiva.

19. L’applicazione della presente direttiva non pregiudica gli obblighi derivanti dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 sullo status dei rifugiati, integrata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967.

20. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

21. Ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, che non la vincola né è ad essa applicabile. Poiché la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell’ acquis di Schengen ai sensi del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen[8], la Danimarca decide, a norma dell’articolo 5 del suddetto protocollo, entro sei mesi dall’adozione della presente direttiva, se intende recepirla nel suo diritto interno.

22. La presente direttiva, in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen, costituisce uno sviluppo dell’ acquis di Schengen ai sensi dell’accordo concluso tra il Consiglio dell’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sull’associazione di questi due Stati all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’ acquis di Schengen, che rientra nel settore contemplato all’articolo 1, lettera C, della decisione 1999/437/CE del Consiglio[9] relativa ad alcune modalità per l’applicazione del suddetto accordo.

23. La presente direttiva costituisce uno sviluppo dell’ acquis di Schengen ai sensi dell’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’ acquis di Schengen, che ricade nell’ambito contemplato all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2004/860/CE[10] del Consiglio relativa all’applicazione provvisoria di alcune disposizioni del suddetto accordo.

24. La presente direttiva, in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen, è un atto basato sull’ acquis di Schengen o altrimenti ad esso correlato ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, dell’atto di adesione,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Capitolo I DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1 Oggetto

La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario, e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti umani.

Articolo 2 Ambito di applicazione

1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nel territorio di uno Stato membro,

25. che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi dell’articolo 5 della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen ovvero

26. il cui soggiorno irregolare nel territorio di uno Stato membro è dovuto ad altri motivi.

2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi cui sia stato rifiutato l’ingresso in una zona di transito di uno Stato membro. Tuttavia provvedono affinché a quei cittadini di paesi terzi siano riservati un trattamento e un livello di protezione non meno favorevoli di quanto disposto agli articoli 8, 10, 13 e 15.

3. La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi

27. membri della famiglia di un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il diritto alla libera circolazione sul territorio della Comunità, ovvero

28. che, ai sensi di accordi conclusi dalla Comunità e i suoi Stati membri, da un lato, e i paesi di cui sono cittadini, dall’altro, godono di diritti in materia di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione.

Articolo 3 Definizioni

Ai sensi della presente direttiva, si intende per

a) “cittadino di paesi terzi”: chi non è cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;

b) “soggiorno irregolare”: la presenza sul territorio di uno Stato membro di un cittadino di paesi terzi che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni di presenza o soggiorno in quello Stato membro;

c) “rimpatrio”: il processo di ritorno nel proprio paese di origine o di transito o in un altro paese terzo, volontario o forzato;

d) “decisione di rimpatrio”: decisione o atto amministrativo o giudiziario che dichiari l’illegalità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga l’obbligo di rimpatrio;

e) “allontanamento”: l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio comportante il trasporto fisico fuori dal paese;

f) “provvedimento di allontanamento”: decisione o atto amministrativo o giudiziario che ordina l’allontanamento;

g) “divieto di reingresso”: decisione o atto amministrativo o giudiziario che impedisce il rientro nel territorio degli Stati membri per uno specificato periodo.

Articolo 4 Disposizioni più favorevoli

1. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli vigenti in forza:

29. di accordi bilaterali o multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;

30. di accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.

2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dal diritto comunitario nel campo dell’immigrazione e dell’asilo, fra cui:

31. la direttiva 2003/86/CE del Consiglio relativa al diritto al ricongiungimento familiare[11];

32. la direttiva 2003/109/CE del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo[12];

33. la direttiva 2004/81/CE del Consiglio riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti[13];

34. la direttiva 2004/83/CE del Consiglio recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta[14];

35. la direttiva 2004/114/CE del Consiglio relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato[15];

36. la direttiva 2005/XX/CE del Consiglio relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica[16].

3. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni nazionali più favorevoli alle categorie di persone cui si applica, purché compatibili con le norme in quella stabilite.

Articolo 5 Vincoli familiari e interesse superiore del minore

Quando applicano la presente direttiva, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari del cittadino di paesi terzi, la durata del suo soggiorno nello Stato membro e l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese d’origine. Tengono altresì conto dell’interesse superiore del minore conformemente alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

Capitolo II FINE DEL SOGGIORNO IRREGOLARE

Articolo 6 Decisione di rimpatrio

1. Gli Stati membri prendono una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di paesi terzi soggiornante illegalmente sul loro territorio.

2. La decisione di rimpatrio fissa un termine congruo per la partenza volontaria di quattro settimane al massimo, salvo quando sussistono elementi oggettivi per ritenere che l’interessato possa tentare la fuga in quel periodo. Per la durata del termine, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l’obbligo di dimorare in un determinato luogo.

3. La decisione di rimpatrio è presa come atto o decisione distinta, ovvero contestualmente al provvedimento di allontanamento.

4. La decisione di rimpatrio non è presa quando gli Stati membri sono soggetti agli obblighi derivati dai diritti fondamentali, in particolare dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo, come il principio di non refoulement , il diritto all’istruzione e il diritto all’unità familiare. Qualora sia stata già presa, la decisione di rimpatrio è revocata.

5. In qualsiasi momento, gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno per motivi umanitari o altri motivi, a cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sul loro territorio. In questi casi la decisione di rimpatrio non è presa o, qualora sia stata già presa, è revocata.

6. Quando un cittadino di paesi terzi soggiornante illegalmente sul territorio di uno Stato membro è in possesso di un permesso di soggiorno valido, rilasciato da un altro Stato membro, il primo Stato membro evita di prendere una decisione di rimpatrio qualora tale cittadino rientri volontariamente sul territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno.

7. Qualora un cittadino di paesi terzi soggiornante illegalmente sul suo territorio abbia iniziato una procedura per il rinnovo del proprio permesso di soggiorno o di altro permesso conferente un diritto di soggiorno, lo Stato membro in questione evita di prendere una decisione di rimpatrio fino al completamento della procedura.

8. Qualora un cittadino di paesi terzi soggiornante illegalmente sul suo territorio abbia iniziato una procedura per il rilascio del permesso di soggiorno o di altro permesso conferente un diritto di soggiorno, lo Stato membro in questione evita di prendere una decisione di rimpatrio fino al completamento della procedura.

Articolo 7 Provvedimento di accompagnamento

1. Gli Stati membri ordinano un provvedimento di accompagnamento nei confronti del cittadino di paesi terzi destinatario di una decisione di rimpatrio se sussiste il rischio di fuga o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il termine per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 6, paragrafo 2.

2. Il provvedimento di allontanamento specifica il termine per l’esecuzione dell’allontanamento e il paese di ritorno.

3. Il provvedimento di allontanamento è preso come atto o decisione distinta, ovvero contestualmente alla decisione di rimpatrio.

Articolo 8 Rinvio dell’esecuzione

1. Gli Stati membri possono differire l’esecuzione di una decisione di rimpatrio per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche per ciascun caso.

2. Gli Stati membri possono differire l’esecuzione di un provvedimento di allontanamento se e fino a quando ricorrano le seguenti circostanze:

37. incapacità del cittadino di paesi terzi di viaggiare o essere trasportato nel paese di ritorno, dovuta alle sue condizioni fisiche o mentali;

38. ragioni tecniche, come l’assenza di mezzi di trasporto o altre difficoltà che impediscano di eseguire l’allontanamento in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del cittadino di paesi terzi e della sua dignità;

39. non è garantito che il minore non accompagnato possa essere consegnato al punto di partenza o di arrivo a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione delle condizioni di rimpatrio di quel minore.

3. Ove sia disposto il rinvio dell’esecuzione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento ai sensi dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di paesi terzi interessato possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l’obbligo di dimorare in un determinato luogo.

Articolo 9 Divieto di reingresso

1. I provvedimenti di allontanamento comportano un divieto di reingresso per un termine massimo di cinque anni.

Le decisioni di rimpatrio possono comportare un divieto di reingresso.

2. La durata del divieto è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso, in particolare se il cittadino di paesi terzi:

(a) è colpito da provvedimento di allontanamento per la prima volta;

(b) è già soggetto di più provvedimenti di allontanamento;

(c) è entrato nello Stato membro durante il periodo di divieto di reingresso;

(d) è considerato una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale.

Il divieto di reingresso può essere ordinato per termini superiori a cinque anni se il cittadino di paesi terzi interessato costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale.

3. Il divieto di reingresso può essere annullato, in particolare se il cittadino di paesi terzi:

(a) è per la prima volta destinatario di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento;

(b) si è presentato al consolato di uno Stato membro;

(c) ha rimborsato l’intero costo della precedente procedura di rimpatrio.

4. Il divieto di reingresso può, in casi appropriati, essere sospeso in via eccezionale e transitoria.

5. I paragrafi da 1 a 4 non pregiudicano il diritto di chiedere asilo in uno degli Stati membri.

Articolo 10 Allontanamento

1. Ove gli Stati membri ricorrano a misure coercitive per allontanare un cittadino di paesi terzi che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non eccedono un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità del cittadino di paesi terzi interessato.

2. Nell’effettuare l’allontanamento gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza per l’allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.

Capitolo III GARANZIE PROCEDURALI

Articolo 11 Forma

1. La decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento sono adottati in forma scritta.

Gli Stati membri provvedono affinché la decisione e/o il provvedimento siano adeguatamente motivati in fatto e in diritto e al cittadino di paesi terzi interessato siano notificate per iscritto le modalità di impugnazione disponibili.

2. Gli Stati membri provvedono alla traduzione scritta o orale dei principali elementi della decisione di rimpatrio e/o del provvedimento di allontanamento in una lingua che si può ragionevolmente supporre comprensibile per il cittadino di paesi terzi.

Articolo 12 Impugnazione

1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso le decisioni di rimpatrio e i provvedimenti di allontanamento.

2. Il ricorso giurisdizionale ha effetto sospensivo ovvero conferisce al cittadino di paesi terzi il diritto di chiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione di rimpatrio o del provvedimento di allontanamento, nel qual caso l’esecuzione è differita fino a che la decisione o il provvedimento non siano confermati o consentano ricorso con effetto sospensivo.

3. Gli Stati membri dispongono che il cittadino di paesi terzi interessato abbia la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e possa, ove necessario, avvalersi di un’assistenza linguistica. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

Articolo 13 Garanzie prima del rimpatrio

1. Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per i quali sia stata differita l’esecuzione della decisione di rimpatrio o che non possano essere allontanati per le ragioni di cui all’articolo 8 della presente direttiva non siano meno favorevoli delle condizioni previste agli articoli da 7 a 10, 15 e da 17 a 20 della direttiva 2003/9/CE.

2. Gli Stati membri confermano per iscritto alle persone di cui al paragrafo 1 che l’esecuzione della decisione di rimpatrio è differita per uno specificato periodo o che il provvedimento di allontanamento è temporaneamente sospeso.

Capitolo IV CUSTODIA TEMPORANEA AI FINI DELL’ALLONTANAMENTO

Articolo 14 Custodia temporanea

1. Se vi è fondato sospetto che sussista un rischio di fuga e l’uso di misure meno coercitive come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti, l’obbligo di dimorare in un determinato luogo o altre misure dirette a evitare quel rischio, non è sufficiente, gli Stati membri tengono sotto custodia temporanea il cittadino di paesi terzi nei cui confronti è o sarà disposto l’allontanamento o il rimpatrio.

2. La custodia temporanea è disposta dalle autorità giudiziarie. In casi urgenti può essere disposta dalle autorità amministrative, nel qual caso il provvedimento è convalidato dall’autorità giudiziaria entro le settantadue ore successive all’inizio della custodia temporanea.

3. Il provvedimento di custodia temporanea è assoggettato al controllo giurisdizionale almeno una volta al mese.

4. L’autorità giudiziaria può prorogare la custodia temporanea fino a un massimo di sei mesi.

Articolo 15 Condizioni della custodia temporanea

1. Gli Stati membri garantiscono un trattamento umano e dignitoso ai cittadini di paesi terzi sotto custodia temporanea, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità con il diritto nazionale e internazionale. Su richiesta, è data loro facoltà, senza indugio, di entrare in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti, e con le pertinenti organizzazioni internazionali e non governative.

2. La custodia temporanea avviene presso gli appositi centri di custodia temporanea. Lo Stato membro che non possa ospitare il cittadino di paesi terzi interessato in un apposito centro di custodia temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, provvede affinché quel cittadino sia tenuto costantemente separato, fisicamente, dai detenuti ordinari.

3. Particolare attenzione merita la situazione delle persone vulnerabili. Gli Stati membri dispongono che i minori non siano tenuti sotto custodia temporanea nei normali istituti penitenziari. I minori non accompagnati sono separati dagli adulti, salvo se ritenuto contrario all’interesse superiore del minore.

4. Gli Stati membri dispongono che le organizzazioni internazionali e non governative possano accedere ai centri di custodia temporanea per valutare le condizioni della custodia temporanea. Tali visite possono essere soggette a autorizzazione.

Capitolo V ARRESTO IN UN ALTRO STATO MEMBRO

Articolo 16 Arresto in un altro Stato membro

Quando il cittadino di paesi terzi che non soddisfa o non soddisfa più le condizioni di ingresso ai sensi dell’articolo 5 della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen ed è destinatario di un provvedimento di allontanamento o di una decisione di rimpatrio ordinati in uno Stato membro (“primo Stato membro”), è arrestato in un altro Stato membro (“secondo Stato membro”), il secondo Stato membro può prendere una delle seguenti misure:

a) riconosce la decisione di rimpatrio o il provvedimento di allontanamento del primo Stato membro e dà esecuzione all’allontanamento, nel qual caso gli Stati membri procedono alla compensazione degli eventuali squilibri finanziari applicando per analogia la decisione 2004/191/CE del Consiglio;

b) chiede al primo Stato membro di riaccogliere il cittadino di paesi terzi interessato senza indugi, nel qual caso il primo Stato membro è tenuto a dare seguito alla richiesta, salvo se può dimostrare che l’interessato ha lasciato il territorio degli Stati membri in applicazione della sua decisione di rimpatrio o del suo provvedimento di allontanamento;

c) avvia una nuova procedura di rimpatrio conformemente al diritto nazionale;

d) mantiene o rilascia un permesso di soggiorno o altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno per ragioni di protezione, motivi umanitari o altri motivi, previa consultazione del primo Stato membro ai sensi dell’articolo 25 della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen.

Capitolo VI DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 17 Relazioni

La Commissione riferisce periodicamente al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri proponendo modifiche, se del caso.

La Commissione presenta la prima relazione entro quattro anni dalla data di cui all’articolo 18, paragrafo 1.

Articolo 18 Trasposizione

1. Gli Stati membri attuano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il ( 24 mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ). Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all’atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel campo disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 19 Relazione con la convenzione Schengen

La presente direttiva sostituisce gli articoli 23 e 24 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen.

Articolo 20 Abrogazione

La direttiva 2001/40/CE è abrogata.

Articolo 21 Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea .

Articolo 22 Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

Fatto a Bruxelles,

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il Presidente Il Presidente

[1] Un elenco esaustivo di queste misure figura nella relazione annuale sull’elaborazione di una politica comune sull’immigrazione illegale, l’introduzione clandestina e la tratta di esseri umani, le frontiere esterne e il rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente; documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25.10.2004, SEC(2004) 1349.

[2] GU C […], pag. […].

[3] GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18.

[4] GU L 261 del 6.8.2004, pag. 28.

[5] GU L 149 del 2.6.2001, pag. 34.

[6] GU L 60 del 27.2.2004, pag. 55.

[7]

[8] GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19.

[9] GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.

[10] GU L 370 del 17.12.2004, pag. 78.

[11] GU L 251 del 3.10.2003, pag. 12.

[12] GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44.

[13] GU L 261 del 6.8.2004, pag. 19.

[14] GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.

[15] GU L 375 del 23.12.2004, pag. 12.

[16] GU L XX

Top