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Document 52003DC0842

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Nuovi e migliori posti di lavoro attraverso la modernizzazione della protezione sociale, un approccio globale per contribuire a rendere il lavoro proficuo

/* COM/2003/0842 def. */

52003DC0842

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Nuovi e migliori posti di lavoro attraverso la modernizzazione della protezione sociale, un approccio globale per contribuire a rendere il lavoro proficuo /* COM/2003/0842 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - Nuovi e migliori posti di lavoro attraverso la modernizzazione della protezione sociale, un approccio globale per contribuire a rendere il lavoro proficuo

1. Introduzione

Nel marzo 2003 il Consiglio europeo ha invitato la Commissione «a riferire in tempo per il Consiglio di primavera del 2004 in merito al miglioramento nel contesto generale delle politiche in materia di protezione sociale, ponendo una maggiore enfasi sull'efficacia degli incentivi (ad esempio: regimi previdenziali, conciliazione della vita familiare e professionale, misure per gli anziani) e identificando le migliori pratiche».

Lo scopo principale della presente comunicazione consiste nell'affrontare la sfida di promuovere incentivi al lavoro più efficaci nei sistemi di protezione sociale senza pregiudicare l'obiettivo primario di fornire a tutti un elevato livello di tutela sociale ed evitando nel contempo eccessivi costi di bilancio. La questione ha suscitato un notevole interesse politico in tutti gli Stati membri, la maggior parte dei quali sta compiendo considerevoli sforzi per aumentare il livello di partecipazione al mercato del lavoro. Si tratta di un aspetto essenziale per neutralizzare la minaccia a lungo termine dell'invecchiamento demografico, che pesa sulla sostenibilità finanziaria e sociale dei sistemi di sicurezza sociale. Una crescente partecipazione all'occupazione, soprattutto per quanto concerne le persone più svantaggiate, è considerata inoltre la migliore tutela contro il rischio dell'impoverimento e dell'emarginazione sociale.

A livello comunitario gli sforzi compiuti dagli Stati membri nella revisione dei sistemi di protezione sociale, per renderli più favorevoli all'occupazione, sono sostenuti e alimentati da un maggiore coordinamento delle politiche economiche, sociali e occupazionali. Per il 2010 l'UE si è posta obiettivi ambiziosi: portare il tasso di occupazione complessivo al 70%, il tasso di occupazione femminile al 60% e quello delle persone comprese nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni al 50%. Questi obiettivi sono sostenuti da orientamenti e raccomandazioni contenuti negli indirizzi di massima per le politiche economiche, negli orientamenti per l'occupazione, nonché negli obiettivi comuni del metodo di coordinamento aperto nei settori delle pensioni e dell'inclusione sociale. Nell'attuazione dell'agenda politica per la modernizzazione del modello sociale europeo i sistemi di protezione sociale vanno adattati al contesto di uno stato sociale attivo, in modo da garantire che il lavoro sia proficuo, salvaguardando nel contempo gli obiettivi di politica sociale, quali la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Tali obiettivi comunque non si contraddicono: conformemente alle conclusioni di Lisbona la migliore tutela contro l'esclusione sociale è un posto di lavoro. Si tratta pertanto di un interesse trasversale, da perseguire in diversi settori del coordinamento politico adottando un approccio più integrato, che combini un'attenzione per il ruolo e le funzioni dei sistemi di protezione sociale con l'esigenza di mantenere incentivi adeguati per consentire alle persone di trovare e di conservare un posto di lavoro, tenendo conto anche dell'impatto di politiche altrettanto rilavanti nei settori del mercato del lavoro, dell'assistenza sanitaria e del sostegno alle famiglie.

La decisione di accedere a un posto di lavoro è influenzata da motivi finanziari, ma anche da un'ampia gamma di aspetti non finanziari. La formula «rendere il lavoro proficuo» è stata utilizzata come etichetta di politiche intese a riformare i sistemi fiscali e previdenziali al fine di fornire gli adeguati incentivi finanziari ad accedere a un posto di lavoro, conservarlo, aumentare l'impegno professionale e investire in istruzione e formazione. Tali strategie sono illustrate nell'orientamento per l'occupazione n. 8 e nell'indirizzo di massima per le politiche economiche n. 4 [1]. Sia la relazione comune sull'occupazione, sia la relazione sull'attuazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche analizzano attentamente gli sforzi compiuti dagli Stati membri nell'affrontare questo aspetto.

[1] Si veda COM (2003) 176 def. e COM (2003) 170 def.

Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti per l'occupazione, così come le rispettive relazioni sull'attuazione continueranno a incentrarsi sull'obiettivo di «rendere il lavoro proficuo» nell'ottica delle politiche economiche e dell'occupazione. In particolare, in base alla comunicazione relativa alla razionalizzazione del coordinamento aperto nel settore della protezione sociale [2]: «i processi di coordinamento delle politiche economiche e dell'occupazione abbordano le misure d'incentivo congrue ad accedere a un posto di lavoro, conservarlo, aumentare l'impegno professionale e investire in istruzione e formazione. Ciò significa, in particolare, che essi esaminano gli effetti incentivanti prodotti dall'interazione dei regimi fiscali e previdenziali, nonché da politiche attive del mercato del lavoro».

[2] COM (2003) 261.

Se gli incentivi finanziari integrati nei sistemi previdenziali e fiscali rappresentano il nucleo delle politiche intese a rendere il lavoro proficuo, anche gli incentivi non finanziari, quali servizi di custodia dei bambini, assistenza delle persone disabili e degli anziani non autosufficienti, assistenza nella ricerca di lavoro, formazione, assistenza sanitaria, ecc., possono svolgere un ruolo importante. Occorre pertanto un approccio globale che tenga conto di un'ampia gamma di incentivi, finanziari e non, intesi a favorire l'attitudine al lavoro e la capacità d'integrazione professionale e a garantire che il lavoro sia proficuo.

La presente comunicazione individua le principali sfide e le risposte politiche degli Stati membri intese a rendere i sistemi di protezione sociale più favorevoli all'occupazione. A questo scopo sono state utilizzate le risposte al questionario della DG EMPL presentate nel settembre 2003 dalle delegazioni del comitato per la protezione sociale. Il questionario è incentrato sulle misure di sostegno al reddito e sul trattamento fiscale delle persone in età lavorativa, inclusi gli incentivi per prolungare l'attività dei lavoratori anziani, nonché sulle misure intese ad agevolare la conciliazione della vita familiare e professionale. La comunicazione si basa su una recente relazione sulla protezione sociale e sull'occupazione, redatta dalla DG EMPL e sottoposta a discussione in sede del comitato per la protezione sociale [3], nonché sulla relazione di un gruppo di esperti che opera nell'ambito del comitato per l'occupazione [4], incentrata sull'interazione tra imposte e prestazioni, un aspetto centrale della discussione sulla necessità di rendere il lavoro proficuo.

[3] Una versione riveduta del documento della Commissione "Protezione sociale e occupazione: aspetti chiave" è stata discussa il 13 giugno 2003 dal comitato sulla protezione sociale.

[4] La relazione del gruppo di esperti del comitato per l'occupazione sul tema "Rendere il lavoro proficuo" è stata discussa il 9 ottobre 2003 dal comitato per l'occupazione.

CASELLA- Relazione del comitato per l'occupazione sul tema "Rendere il lavoro proficuo" -Gruppo di esperti sul tema "rendere il lavoro proficuo".

La relazione individua i fattori principali che determinano l'assenza di incentivi finaziari a cercare e ad accedere a un posto di lavoro, nonché a rimanere in attività. Si sottolinea che gli incentivi finanziari condizionano in larga misura la possibilità di transizioni nel mercato del lavoro e quindi costituiscono un importante meccanismo di allocazione. Altrettanto importanti sono gli incentivi non finanziari e la concezione dei sistemi di sicurezza sociale, che consentono di rendere il lavoro conveniente.

La relazione analizza inoltre possibili strumenti intesi a potenziare i vantaggi finanziari derivanti dall'accedere a un posto di lavoro. Gli esempi tratti dagli Stati membri sono utilizzati per illustrare le possibili scelte politiche. La relazione è incentrata sui fondamentali compromessi che occore raggiungere tra la capacità dei programmi di sostegno al basso reddito di alleviare efficacemente la povertà attrverso prestazioni mirate e la necessità di mantenere opportuni incentivi al lavoro, evitando costi di bilancio insostenibili. Nel definire le politiche intese a rendere il lavoro remunerativo è opportuno tener conto di tre aspetti:

1. aumento dell'offerta di lavoro: le trappole della disoccupazione, dell'inattività e del basso reddito (povertà) hanno un'influenza negativa sull'offerta di lavoro totale e andrebbero ridotte al fine di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e la crescita dell'ocupazione, nonché di ridurre la dipendenza dalle prestazioni;

2. lotta contro la povertà: i sistemi di sicurezza sociale e i sistemi di prestazioni legate al reddito svolgono un ruolo importante nell'alleviare la povertà sostenendo le famiglie a basso reddito;

3. costi di bilancio: i provvedimenti destinati a migliorare gli incentivi per rendere il lavoro remunerativo dovrebbero presentare un buon rapporto costi-efficacia ed essere compatibili con un quadro di bilancio più generale.

Questi aspetti costituiscono quello che in alcuni casi è denominato "rompicapo triangolare", a causa della necessità di compromessi. Le politiche efficaci degli Stati membri intese a rendere il lavoro remunerativo devono quindi trovare un equilibrio all'interno di questo rompicapo triangolare.

La relazione analizza le cifre legate ai tre indicatori principali delle trappole dei bassi salari (povertà), della disoccupazione e dell'inattività [5].

[5] Una presentazione dettagliata della metodologia e dei risultati del progetto comune realizzato dai servizi della Commissione (ECFIN, EMPL, TAXUD, EUROSTAT) e l'OCSE per il calcolo delle trappole dei bassi salari, della disoccupazione e dell'inattività è pubblicato dalla Commissione europea nella serie Economic paper n. 195, Indicators of Unemployment and low-wage traps.

Indicatore della trappola della disoccupazione (sul 67% della media degli operatori di produzione, 2001 )

>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

L'aspetto principale evidenziato dalla relazione è il seguente: nella transizione dalle prestazioni di disoccupazione a un posto di lavoro quasi l'80% dell'aumento dello stipendio lordo non è percepito dai lavoratori di quasi tutti gli Stati membri. In alcuni casi eccezionali tuttavia il lavoratore perde anche più della metà del guadagno lordo. La trappola della disoccupazione costituisce quindi un serio problema nella maggior parte degli Stati membri, poiché la variazione del reddito netto legata all'abbandono delle prestazioni è insignificante. Per quanto concerne la trappola dell'inattività e del basso reddito (povertà), i dati non sono uniformi. In alcuni paesi l'aumento del salario lordo non comporta alcun guadagno netto, per cui non è interessante finanziariamente. In altri paesi più della metà dell'aumento di reddito lordo si traduce in guadagno netto. Nel complesso, la relazione dimostra che spesso gli incentivi finanziari sono assenti per le persone che vivono di indennità di disoccupazione (trappola della disoccupazione), di assistenza sociale (trappola dell'inttività) e per i lavoratori a basso reddito, che vengono dissuasi dell'accedere a posti di lavoro remunerati meglio (trappola della povertà e del basso reddito).

Nella conclusione si sottolinea con chiarezza che non esiste un unico strumento per rendere il lavoro remunerativo per tutti in ogni situazione. La situazione specifica di un paese determina in larga misura le dimensioni e la natura del problema, nonché l'efficacia di eventuali soluzioni. Se l'assenza di incentivi finanziari a rendere il lavoro remunerativo deriva generalmente dall'interazione di sistemi concepiti per altri obiettivi primari, (essenzialmente la lotta contro la povertà), è importante che le politiche intese a rendere il lavoro convenienteo siano integrate e riformate, al fine di ridurre l'impatto negativo sull'offerta di manodopera. Le politiche che consentono di rendere il lavoro remunerativo dovrebbero essere saldamente integrate nelle politiche di occupazione.

2. Necessità di modernizzare le politiche di protezione sociale

La protezione sociale, operando attraverso un'ampia mutualizzazione dei rischi individuali, consente un livello di tutela più efficace e una copertura migliore rispetto a un'assicurazione individuale. La previdenza deve fornire un'adeguata compensazione del reddito, tale da garantire un livello di vita accettabile a coloro che non possono provvedere a sé stessi attraverso il lavoro. Numerose situazioni sono definite e controllate mediante disposizioni di applicazione: malattia, invalidità, anzianità, disoccupazione, basso reddito. La funzione primaria degli istituti di protezione sociale consiste nel tutelare dai rischi della vita. Nel perseguire tale funzione, i programmi fiscali e previdenziali possono comportare potenziali effetti di distorsione sull'efficace funzionamento del mercato del lavoro.

Tali effetti vengono generalmente descritti in letteratura come trappole dell'inattività, della disoccupazione e della povertà [6]. La trappola dell'inattività e della disoccupazione si verifica quando le prestazioni assistenziali risultano elevate rispetto ai redditi che si prevede di ottenere lavorando e/o una parte sostanziale del reddito percepito è prelevato dal fisco quando una persona inizia a lavorare. La situazione descritta come trappola della povertà generalmente si verifica quando i lavoratori scarsamente retribuiti godono di scarsi incentivi finanziari immediati ad aumentare il numero di ore di lavoro, oppure, nell'ambito familiare, è poco vantaggioso per il coniuge, di norma la moglie, entrare nel mercato del lavoro. Altrettanto scarsi sono gli incentivi a lavorare a tempo parziale o a investire nell'istruzione e nella formazione per accedere a livelli di retribuzione più elevati.

[6] Per dati precisi in merito alla portata di tali effetti si veda "Joint Commission-OECD project on calculating the effective tax rates on labour" (Progetto comune Commissione-OCSE sul calcolo delle aliquote fiscali effettive sul lavoro).

Occorre pertanto ridefinire le politiche fiscali e previdenziali in modo da ridurre il rischio rappresentato dalle trappole dell'inattività, della disoccupazione e della povertà. In altri termini, un elevato livello di protezione sociale è auspicabile nella misura in cui si mantengono gli incentivi al lavoro. Non esistono soluzioni facili a questo problema, poiché la riforma dei sistemi fiscali e previdenziali per rendere il lavoro proficuo comporta la necessità di privilegiare alcuni obiettivi politici rispetto ad altri. Un aspetto rilevante ai fini di tale valutazione è costituito dal margine di scelta lasciato ai singoli dai diversi tipi di istituzione, in particolare per quanto concerne le prestazioni di sicurezza sociale su base individuale o familiare (prestazioni familiari), un aspetto importante anche in rapporto alla parità tra donne e uomini.

Modernizzare i sistemi di protezione sociale degli Stati membri mediante l'eliminazione degli intrinseci disincentivi al lavoro e la creazione di incentivi e condizioni appropriate, intese a rendere più conveniente lavorare, è essenziale per ottenere sistemi più favorevoli all'occupazione e promuovere una maggiore partecipazione al mercato del lavoro. Tale modernizzazione contribuirà inoltre a rendere i sistemi di protezione sociale più sostenibili a lungo termine.

Per raggiungere livelli di occupazione più elevati è di fondamentale importanza assistere le persone nei periodi di transizione, ossia quando si verifica un cambiamento della loro posizione lavorativa, per esempio nel caso di disoccupati alla ricerca di un lavoro, oppure di lavoratori che prevedono di cambiare tipo, luogo o natura del lavoro, cercano di avanzare professionalmente o pensano di andare in pensione. La presente comunicazione è strutturata in funzione dei diversi ruoli che i sistemi di protezione sociale possono svolgere per favorire il successo delle transizioni nel mercato del lavoro in cinque diverse situazioni:

* dalle prestazioni ai posti di lavoro,

* conciliare vita professionale e familiare,

* da un posto di lavoro a un altro,

* dall'inabilità al lavoro,

* prolungare la vita lavorativa.

3. Migliorare le politiche di protezione sociale e le transizioni nel mercato del lavoro

Conformemente all'approccio sopra descritto, il presente capitolo esamina l'interazione tra i sistemi di protezione sociale e diversi tipi di transizioni proprie del mercato del lavoro. L'obiettivo consiste nell'individuare strategie che favoriscano la partecipazione all'occupazione attraverso una migliore attivazione della protezione sociale. Per ogni singola transizione vengono individuati gli ostacoli all'integrazione nel mercato del lavoro incontrati dai beneficiari di prestazioni, segnatamente il ruolo dei criteri di ammissibilità, la loro applicazione e, in generale, la gestione dei regimi previdenziali. L'analisi verte poi sulle recenti riforme delle strategie adottate o previste al fine di superare tali ostacoli e di rendere il lavoro proficuo. L'esame è sostenuto da esempi di buone prassi basati sulle informazioni disponibili.

Lo studio delle diverse transizioni nel mercato del lavoro prende in considerazione i seguenti tipi di regimi previdenziali: i) assicurazione di disoccupazione e assistenza ai disoccupati; ii) garanzia di reddito minimo e altre forme di assistenza sociale (comprese le prestazioni di alloggio); iii) prestazioni legate all'occupazione e altre disposizioni analoghe; iv) sostegno alle famiglie e ai genitori (prestazioni familiari, congedi di maternità, di paternità, parentali, sussidi per la custodia dei bambini e prestazioni connesse, assistenza agli anziani e alle persone disabili); v) pensionamento anticipato; e vi) assistenza in caso di malattia, invalidità e infortuni sul lavoro.

Nell'affrontare la gamma di politiche intese a rendere il lavoro più proficuo occorre sottolineare che la retribuzione non è l'unico né il principale fattore determinante della qualità e dell'attrattiva di un lavoro. Dal punto di vista del lavoratore un'occupazione conveniente presenta sia vantaggi finanziari (retribuzione, pensione) sia vantaggi non finanziari, definiti in modo più o meno soggettivo, in base a numerose caratteristiche, quali status professionale, comportamento del datore di lavoro, possibilità di istruzione e formazione sul lavoro, orari, tipo di contratto, vantaggi complementari forniti dal datore di lavoro (custodia dei bambini di età prescolare, formazione, assistenza sanitaria, alloggio, ecc.), distanza percorsa per recarsi al lavoro e pendolarismo.

3.1. Dalle prestazioni ai posti di lavoro: aiutare le donne e gli uomini a provvedere alle proprie necessità

Nel corso dell'ultimo decennio in tutta l'Unione è stato riesaminato il ruolo delle prestazioni sociali nell'incentivare i disoccupati a un'attiva ricerca di lavoro. L'attenzione si è incentrata primariamente sulle indennità di disoccupazione e sul loro impatto sulle persone che cercano di reinserirsi nel mercato del lavoro dopo un periodo di disoccupazione, ma è stata rivolta anche ad altre prestazioni sociali, segnatamente quelle subordinate a condizioni di reddito. E' stato inoltre riesaminato l'impatto delle prestazioni su coloro che per la prima volta entrano nel mercato del lavoro. Le riforme sono state motivate dagli elevati tassi di disoccupazione, in particolare dalla disoccupazione di lunga durata, e dalla preoccupazione di garantire che i sistemi di protezione sociale non incoraggino le persone a ritardare il ritorno all'occupazione o a scegliere di vivere di indennità anziché lavorare. Occorreva inoltre rispondere all'aumento della tassazione del lavoro e dei contributi di sicurezza sociale. In numerosi casi tuttavia tali riforme hanno suscitato timori nell'opinione pubblica in rapporto al loro impatto sulla qualità del lavoro e al rischio di povertà. Pertanto, l'attuazione delle riforme è avvenuta solo dopo un intenso dibattito pubblico e difficili negoziati con le parti sociali.

Diversi Stati membri hanno inasprito le condizioni di ammissibilità per aumentare la pressione sui disoccupati e indurli ad accettare le offerte di lavoro, per sviluppare efficaci strumenti intesi a contrastare richieste fraudolente e abusi dei sistemi e per abbreviare il periodo di versamento delle indennità. In alcuni casi tali provvedimenti hanno causato una riduzione del livello delle prestazioni. I provvedimenti sono stati applicati non solo alle prestazioni di disoccupazione, ma anche ai regimi di invalidità e di prepensionamento, che in numerosi Stati membri avevano finito per sostituire l'indennità di disoccupazione nel contesto delle ristrutturazioni degli anni "80, considerata la difficoltà di numerosi lavoratori anziani a trovare un nuovo posto di lavoro.

Numerosi Stati membri hanno aumentato gli investimenti in misure attive per aiutare le persone che cercano di reintegrarsi nel mercato del lavoro, o di entrarvi per la prima volta, a migliorare la propria capacità d'inserimento professionale. Questa scelta si è tradotta in misure generalmente rivolte all'offerta, quali formazione e assistenza personalizzata nella ricerca del lavoro, in molti casi associate a provvedimenti quali sussidi all'occupazione e riduzioni dei contributi di sicurezza sociale, intesi a creare nel mercato del lavoro una domanda di persone oggettivamente svantaggiate (giovani con un basso livello di istruzione, persone con disabilità, disoccupati anziani, ecc.). Quest'ultimo aspetto è stato particolarmente sottolineato nel contesto delle strategie destinate a creare mercati del lavoro più favorevoli all'integrazione, in cui trovare un posto di lavoro è considerato il modo più sicuro per garantire l'inclusione sociale delle persone esposte al rischio della povertà e dell'esclusione sociale.

In un crescente numero di paesi la revisione dei sistemi previdenziali è stata associata al tentativo di rendere il lavoro finanziariamente più interessante, attraverso l'introduzione di misure intese a migliorare opportunamente il reddito netto delle persone che accedono a un posto di lavoro, in rapporto a quanto riceverebbero in forma di prestazioni, consentendo loro di continuare a percepire qualche sussidio o riducendo l'onere fiscale sui lavoratori scarsamente retribuiti. Tali misure miravano in particolare ad incoraggiare le persone ad accettare lavori scarsamente retribuiti o a tempo parziale che altrimenti non verrebbero presi in considerazione se la retribuzione percepita fosse solo marginalmente superiore all'importo delle prestazioni.

3.1.1. Ostacoli all'integrazione dei beneficiari di prestazioni nel mercato del lavoro

Le indennità di disoccupazione svolgono l'importante funzione di tutelare i disoccupati dalla perdita temporanea di reddito in un periodo di disoccupazione. Tali prestazioni contribuiscono inoltre a un migliore adeguamento della domanda e dell'offerta di lavoro consentendo ai disoccupati di scegliere le offerte di lavoro secondo precisi criteri, evitando decisioni affrettate. Le prestazioni di disoccupazione svolgono anche un importante ruolo macroeconomico, e contribuiscono a mantenere la domanda globale in periodi di recessione o di rallentamento economico. D'altra parte tali indennità possono creare disincentivi al lavoro, nella misura in cui vengono versate per un lungo periodo senza essere opportunamente seguite o controllate attraverso chiare disposizioni in materia di ricerca attiva del lavoro, test di idoneità al lavoro e partecipazione a programmi di politiche attive rivolte al mercato del lavoro.

Nella maggior parte degli Stati membri l'approccio adottato per affrontare il rischio di tali disincentivi era basato su un inasprimento delle condizioni per il versamento di prestazioni, legato alla ricerca di un lavoro e ad altre attività pertinenti. Un provvedimento sempre più diffuso consiste nell'ottenere l'impegno personale del disoccupato, subordinando il diritto a prestazioni alla firma di un contratto in cui l'interessato si impegna a intraprendere determinate attività. La gamma di tali attività è molto varia e comprende un'attiva ricerca del posto di lavoro, formazione, l'acquisizione di esperienze lavorative nell'ambito di un'organizzazione volontaria o di una task force ambientale o l'accettazione di un'adeguata offerta di lavoro da parte dei servizi pubblici dell'occupazione. Tale approccio deve tuttavia essere oggetto di un attento controllo per evitare che la riduzione o l'eliminazione delle prestazioni apra la via alla povertà e all'esclusione sociale. Il fatto che nel 2000, malgrado i meccanismi esistenti di sostituzione del reddito, il 39% dei disoccupati nell'UE fosse a rischio di povertà [7] (il 44% degli uomini e il 33% delle donne) appare particolarmente preoccupante.

[7] Per rischio di povertà si intende il fatto di vivere in un nucleo familiare con un reddito equivalente inferiore al 60% della media nazionale.

I sistemi di protezione sociale influenzano inoltre la disponibilità al lavoro mediante un sistema particolare: la subordinazione a condizioni di reddito ha acquisito importanza in numerosi Stati membri che cercano di contenere la crescita dei costi della sicurezza sociale concentrando parallelamente le risorse sulle persone più svantaggiate (ossia i nuclei familiari con un reddito inferiore a una determinata soglia). In base ai dati SESPROS nel 1999 le spese subordinata a condizioni di reddito rappresentavano circa il 10% delle spese totali di protezione sociale nell'UE, ma in Irlanda costituivano quasi il 28% del totale e nel Regno Unito il 17%. L'espansione della subordinazione a condizioni di reddito ha avuto un impatto determinate su un'ampia gamma di sistemi di protezione sociale, quali prestazioni di alloggio, assistenza sociale, prestazioni di disoccupazione e d'invalidità.

Il problema della subordinazione a condizioni di reddito consiste nel fatto che definisce una soglia artificiale, superata la quale, in seguito all'accettazione di un posto di lavoro, può verificarsi una notevole riduzione delle prestazioni, tale da lasciare la famiglia interessata con un reddito netto appena superiore o persino inferiore a quanto percepiva prima della transizione dalle prestazioni sociali all'occupazione. Un problema analogo è causato dall'introduzione di condizioni di ammissibilità al lavoro per il versamento di alcune prestazioni sociali, per esempio, quando l'accesso ad assegni familiari più elevati è legato al fatto che uno dei genitori sia disoccupato. Negli ultimi anni gli Stati membri hanno cercato di porre rimedio ai disincentivi determinati dalla subordinazione a condizioni di reddito e a condizioni di ammissibilità al lavoro attraverso l'elaborazione di nuove prestazioni sociali. L'Irlanda per esempio ha eliminato o ridotto i disincentivi finanziari all'accettazione di un posto di lavoro, segnatamente congelando il livello assoluto dei supplementi all'assegno per figli a carico e aumentando il livello della prestazione universale per figli; inoltre, per incoraggiare ulteriormente l'integrazione nel mercato del lavoro, ha introdotto disposizioni transitorie che consentono di versare le indennità in base a una scala variabile. In Francia le prestazioni di alloggio penalizzano il superamento del «revenu minimum d'insertion» (RMI - reddito minimo d'inserimento), che comporta una perdita sostanziale di reddito, particolarmente significativa per i lavori a tempo parziale con una retribuzione corrispondente al salario minimo. Pertanto, la riforma delle prestazioni di alloggio del 1991 mirava ad eliminare questa distorsione che scoraggiava la transizione dall'RMI al lavoro.

In termini più generali, gli Stati membri hanno concentrato i propri sforzi nell'eliminazione dei disincentivi prodotti dai sistemi di protezione sociale ricorrendo all'utilizzo di crediti d'imposta, alla possibilità di combinare indennità e lavoro e concedendo trattamenti fiscali e previdenziali più favorevoli. Si ritiene che le misure abbiano avuto un impatto positivo sulla riduzione delle aliquote d'imposta marginali effettive, manca tuttavia una valutazione di queste politiche sia in termini di impatto sull'occupazione per quanto concerne i costi e le entrate di bilancio nel breve e nel medio periodo. Pochi Stati membri indicano il numero di persone che beneficiano di un regime specifico o la riduzione stimata delle aliquote marginali o l'azione di bilancio inerente i regimi di sostegno intesi a rendere il lavoro più conveniente [8].

[8] E' il caso della Francia, che per migliorare gli incentivi finanziari al lavoro ha riformato la tassa sull'abitazione nel 2000, introdotto un credito d'imposta (prime pour l'emploi) nel 2001 e consentito di combinare occupazione e prestazioni sociali in una vasta gamma di regimi. L'incidenza finanziaria di queste tre misure era stimata a 4 miliardi di euro, mentre il reddito disponibile dei nuclei familiari interessati è aumentato del 3% circa, consentendo una riduzione di oltre 4 pp dell'aliquota marginale implicita più elevata.

Pur non rientrando formalmente nei sistemi di protezione sociale, le politiche in tema di salari minimi vengono applicate da diversi Stati membri per affrontare il problema dei lavoratori poveri. Se sufficientemente superiore alle indennità di disoccupazione e ad altre prestazioni connesse, il salario minimo può accrescere l'attrattiva di lavori a bassa retribuzione, contribuendo in tal modo a rendere il lavoro proficuo. Per evitare di incidere negativamente sulla domanda di manodopera, riducendo così le possibilità di lavoro, alcuni Stati membri hanno tuttavia adottato provvedimenti supplementari al fine di indennizzare i datori di lavoro per l'assunzione di lavoratori a bassa produttività a un costo superiore al tasso stimato sul mercato libero.

3.1.2. Tendenze in tema di riforme delle politiche e misure favorevoli all'occupazione

Guidati dal principio di attivazione iscritto nella strategia europea per l'occupazione, gli Stati membri hanno introdotto un'ampia gamma di provvedimenti intesi ad evitare che i regimi di sostegno alla disoccupazione possano produrre disincentivi al lavoro, incoraggiando parallelamente i disoccupati ad accettare un'occupazione. Alcune di queste misure riguardano il canale della domanda di manodopera, mentre altre influiscono direttamente sull'offerta. Le misure applicate possono essere raggruppate in tre categorie: i) incentivi all'occupazione, ii) abbinamento di prestazioni e lavoro e iii) trattamento fiscale e previdenziale più favorevole.

(1) Per quanto riguarda gli incentivi all'occupazione, (canale dell'offerta di manodopera) le misure applicate dagli Stati membri miravano principalmente a: i) limitare l'importo (Spagna) o la durata dell'indennità di disoccupazione percepibile; ii) associare l'assicurazione di disoccupazione alle prestazioni sociali; iii) fornire incentivi per i giovani (Finlandia) o per l'assunzione di giovani e di adulti al sopra dei 25 anni senza un impiego a tempo indeterminato (Italia); iv) subordinare le prestazioni legate all'attivazione (indennità di sussistenza) alla ricerca del lavoro e alla partecipazione a misure attive dopo un determinato periodo di disoccupazione (Finlandia) e v) ricorrere alle prestazioni legate al lavoro, ossia crediti d'imposta e prestazioni subordinati all'esercizio di un'attività lavorativa e altre disposizioni con finalità analoghe. Per quanto riguarda le prestazioni legate al lavoro, diversi Stati membri hanno utilizzato in passato e introdotto recentemente incentivi finanziari diretti al fine di rendere il lavoro proficuo, segnatamente in forma di crediti d'imposta. Considerato il numero di persone che si sono reintegrate nel mercato del lavoro dopo aver beneficiato di crediti d'imposta, i risultati ottenuti negli Stati membri appaiono incoraggianti. Questi sistemi presentano tuttavia un significativo svantaggio, legato alla possibilità di causare un ribasso dei salari che i datori di lavoro sono disposti a pagare. Un ulteriore svantaggio presentato è costituito dal fatto che in alcuni casi (Paesi Bassi) il livello minimo delle prestazioni è connesso al salario minimo, pertanto l'incentivo finanziario ad accettare un posto di lavoro retribuito con il salario minimo tende ad essere debole.

(2) La seconda linea d'azione seguita dagli Stati membri consiste nella possibilità di combinare il diritto all'indennità con il reddito da lavoro (canale dell'offerta di manodopera), autorizzando quanto segue: i) l'abbinamento di lavoro a tempo parziale o a tempo pieno con prestazioni di disoccupazione o assistenza alla disoccupazione parziali (Spagna, Irlanda e Portogallo) o con altri sistemi previdenziali, come prestazioni di disoccupazione normali o specifiche, RMI, assegno per famiglie monoparentali, ASS (allocation spécifique de solidarité, sussidio di solidarietà specifica) e assegno per gli adulti con disabilità (Francia); ii) incentivi per l'avvio di imprese e per incoraggiare il lavoro autonomo consentendo di ricevere l'indennità di disoccupazione in forma di importo forfetario (Spagna).

(3) La terza linea d'azione concerne disposizioni in merito a un trattamento fiscale e previdenziale più favorevole sia per i lavoratori (canale dell'offerta di manodopera) sia per i datori di lavoro (canale della domanda). Poiché la presente comunicazione non riguarda provvedimenti che incidono sulla domanda di manodopera, si è tenuto conto solo delle misure applicate dagli Stati membri al fine di influenzare l'offerta: i) trattamento fiscale più favorevole per i lavoratori anziani che decidono di prolungare la loro attività lavorativa (Spagna); ii) riforma della tassa di abitazione per non penalizzare l'ingresso nel mercato del lavoro, segnatamente per i nuclei familiari con un reddito basso ed esenzione totale per i beneficiari dell'RMI (Francia); e iii) riduzione parziale dei contributi di sicurezza sociale o esenzione completa per gruppi specifici di lavoratori dipendenti, per esempio, coloro che lavorano in condizioni estremamente difficili, le persone disabili, ecc. (Francia, Portogallo).

3.2. Conciliare vita professionale e familiare e aiutare i genitori che lavorano

Gli aiuti pubblici destinati alla conciliazione della vita professionale e familiare hanno due obiettivi. In primo luogo le prestazioni familiari devono aiutare le famiglie in quanto adempiono a compiti fondamentali per l'organizzazione e la perpetuazione della società. Si tratta segnatamente di fornire sostegno alle famiglie perché fanno nascere figli, li allevano, li educano e si occupano dei membri dipendenti della famiglia, in particolare i familiari ammalati, disabili o anziani. Nel contesto dell'invecchiamento demografico queste politiche acquistano un'importanza crescente in quanto strumenti per invertire il calo dei tassi di fecondità. Generalmente gli Stati membri forniscono parte di questi sostegni in forma di prestazioni universali, come le prestazioni familiari, ma alcuni aiuti sono legati alla situazione specifica della famiglia, per esempio l'assegno per genitori soli, o sono versati unitamente ad altre indennità, come i supplementi per figli a carico versati con le prestazioni di disoccupazione.

Un'altra gamma di provvedimenti ha il fine di consentire a uomini e donne l'esercizio delle proprie responsabilità familiari senza dover rinunciare ad accettare posti di lavoro o a restare attivi sul mercato del lavoro. La custodia dei bambini, sovvenzionata o pubblica, contribuisce in tal modo a mantenere sul mercato del lavoro soggetti attivi in periodi in cui le responsabilità familiari potrebbero indurli a ritirarsi [9]. Le indennità versate per i congedi di maternità, di paternità e parentali favoriscono un ritiro temporaneo dal lavoro. In numerosi paesi tali indennità sono associate a disposizioni intese a mantenere il legame con il mercato del lavoro. Altri aiuti pubblici hanno lo scopo di indennizzare le persone nei periodi in cui scelgono di lasciare il mercato del lavoro ufficiale per adempiere alle proprie responsabilità familiari. Tale indennità può assumere la forma di prestazioni in denaro, come assegni di assistenza e/o contributi figurativi ai regimi pensionistici destinati a limitare gli svantaggi subiti dalla persona interessata in termini di diritti a pensione. Alcuni sistemi prevedono inoltre aiuti specifici destinati a uomini e donne che tornano nel mercato del lavoro dopo un'assenza dovuta a ragioni familiari, al fine di contrastare l'effetto di un'interruzione dell'occupazione sulla loro capacità d'inserimento professionale.

[9] L'importanza primaria della custodia dei bambini per facilitare la partecipazione al lavoro dei genitori è sottolineata nella raccomandazione 92/214/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992 che invitava gli Stati membri ad «adottare e/o stimolare iniziative in merito all'organizzazione di servizi di custodia di bambini mentre i genitori lavorano, seguono corsi di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro o sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro.»

Scopo del secondo gruppo di disposizioni è consentire a uomini e donne di conciliare le proprie responsabilità familiari con la partecipazione al mercato del lavoro e facilitare la transizione dall'occupazione all'assistenza in famiglia a tempo pieno o parziale e viceversa. Le disposizioni perseguono inoltre l'importante obiettivo della promozione di pari opportunità tra donne e uomini nel mercato del lavoro e rappresentano un rafforzamento della partecipazione al mercato del lavoro nonché uno strumento per promuoverla attivamente. Generalmente tali provvedimenti sono più diffusi nei paesi caratterizzati da un elevato livello di partecipazione femminile (e globale) al mercato del lavoro.

3.2.1. Ostacoli all'integrazione nel mercato del lavoro dei genitori che lavorano

E' importante che i meccanismi utilizzati per versare le prestazioni familiari non incidano negativamente sugli incentivi al lavoro. Nella misura in cui sono universali, le indennità per figli a carico non rappresentano un problema. Tuttavia, il versamento di indennità supplementari per figli o congiunti a carico come parte delle prestazioni di disoccupazione, secondo quanto avviene comunemente nella maggior parte degli Stati membri, può ulteriormente indebolire l'incentivo finanziario ad accettare posti di lavoro, come indicato al punto 3.1.1 (cfr. il modo in cui l'Irlanda ha individuato il problema e ha cercato di porvi rimedio).

I meccanismi relativi ai sussidi di disoccupazione dovrebbero inoltre tenere conto dell'impatto sugli incentivi per tutti i membri della famiglia. Se le prestazioni sono subordinate a condizioni di reddito e la valutazione del diritto si basa sul reddito della famiglia anziché su quello del singolo, il sistema può avere un'incidenza negativa sull'incentivo al lavoro sia per il richiedente sia per il coniuge.

L'assenza di servizi di custodia dei bambini accessibili è considerata il principale ostacolo alla partecipazione al lavoro dei genitori, in particolare delle donne. I costi della custodia dei bambini, l'esistenza di diversi tipi di servizi di custodia, la compatibilità tra le ore di apertura e gli orari di lavoro, la qualità e il numero di posti sono indicati tra i fattori più importanti, in particolare per quanto concerne l'estremità inferiore della scala retributiva, per uomini e donne con i livelli più bassi di istruzione e di qualifiche. E' evidente che l'offerta di manodopera di questo tipo è condizionata dai costi della custodia dei bambini. Pertanto le sovvenzioni destinate a ridurre i costi dei servizi di custodia dei bambini possono facilitare il ritorno all'occupazione, anche a tempo parziale. Sebbene il rapporto di causalità non sia del tutto chiaro, diversi studi indicano che l'estensione dei servizi di custodia dei bambini può aumentare la partecipazione al lavoro, soprattutto delle donne.

Il ruolo fondamentale dei servizi di custodia dei bambini nel promuovere la partecipazione al mercato del lavoro specialmente da parte delle donne è stato riconosciuto dal Consiglio Europeo di Barcellona, nel quali tutti gli Stati membri sono stati invitati a fornire assistenza all'infanzia per almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni.

I genitori soli, il cui numero è in significativo aumento nella maggior parte degli Stati membri, sono generalmente ritenuti molto vulnerabili agli ostacoli nella partecipazione al lavoro, pertanto possono essere caratterizzati da elevati livelli di disoccupazione, dipendenza da sostegni al reddito e/o rischio di povertà. L'importanza di questo problema è stata sottolineata anche dai risultati di un'indagine secondo cui il rischio di povertà più elevato si registra nelle famiglie monoparentali (il 35% nella media comunitaria secondo i dati più recenti dell'indagine del panel europeo delle famiglie), a capo delle quali si trovano prevalentemente donne. Nel Regno Unito il rischio di povertà per le famiglie monoparentali, che rappresentano una percentuale relativamente elevata di famiglie, è particolarmente allarmante, pari al 50%. Il Regno Unito ha inoltre espresso preoccupazione per la lunga durata della dipendenza dai sussidi che caratterizza i genitori soli.

L'impossibilità di accedere a servizi di custodia dei bambini economici e adeguati può porre particolari problemi a questa categoria di persone. Un ampio dibattito orientativo concerne inoltre le strategie per equilibrare la fornitura di adeguati sostegni al reddito per genitori soli con incentivi alla reintegrazione nel mercato del lavoro.

Un altro aspetto che suscita preoccupazione è costituito dalla possibilità di continuare l'attività lavorativa in caso di interruzioni legate alla vita familiare. Per questa ragione sono stati studiati diversi sistemi di congedi di breve durata a complemento delle forme più lunghe ed elaborate di congedi parentali o per assistenza. Nel Regno Unito per esempio i genitori che lavorano hanno diritto a un congedo in caso di emergenze connesse con un familiare a carico (time off for dependants). In Portogallo il versamento dei contributi previdenziali è mantenuto per le persone che scelgono di lavorare a tempo parziale al fine di prendersi cura di un figlio o di un figlio adottivo, o di prendere un breve congedo (15 giorni) per assistere un membro della famiglia. In Svezia i genitori che si occupano di un figlio malato possono ricevere una prestazione parentale temporanea.

Mentre la possibilità di un congedo di maternità retribuito può rafforzare il legame delle donne con il mercato del lavoro, un congedo prolungato può accrescere le difficoltà e le incertezze in merito al ritorno all'occupazione, in particolare per quanto concerne le donne caratterizzate da una posizione professionale incerta o da un basso livello di qualifiche e di retribuzione [10]. Osservazioni analoghe valgono per altre forme di congedi, come il congedo parentale. Una politica globale a favore della famiglia che aiuti i genitori a conciliare efficacemente responsabilità familiari e professionali contribuirebbe ad attenuare gli effetti negativi di un congedo unico, isolato dal contesto occupazionale.

[10] "OECD Employment Outlook. Towards more and better jobs". (Rassegna sull'occupazione dell'OCSE. Verso posti di lavoro migliori e più numerosi) OCSE, Parigi 2003.

3.2.2. Tendenze in tema di riforme delle politiche e misure favorevoli all'occupazione

Nei paesi nordici si continua a registrare un elevato un tasso d'investimento nei servizi di custodia dei bambini. In Finlandia al termine dell'indennità parentale ogni bambino in età prescolare ha diritto a un posto in asili nido comunali, indipendentemente dal reddito dei genitori o dal loro inserimento nel mercato del lavoro. Nel gennaio 2002 la Svezia ha introdotto un tetto per le rette degli asili, segnatamente per i servizi di asili nido. Questa misura impedirà l'aumento dei costi per la custodia dei bambini quando i genitori lavoreranno per un maggior numero di ore, per esempio in caso di transizione dalla disoccupazione al lavoro. Dal 2002 viene garantita una custodia di tre ore al giorno ai figli di genitori disoccupati e di madri con figli più piccoli, al fine di facilitare la ricerca e l'esercizio di un'occupazione ai genitori di bambini piccoli.

A partire dal 2004 la Francia avvierà una serie di provvedimenti destinati a migliorare e semplificare il sistema delle prestazioni familiari. Una nuova indennità, chiamata Prestation d'Accueil du Jeune Enfant (PAJE - prestazione per la custodia di figli in tenera età) privilegerà le famiglie a basso reddito e aumenterà l'importo delle prestazioni. Inoltre sono possibili indennizzi più elevati se il beneficiario inizia un lavoro a tempo parziale. Questi miglioramenti delle prestazioni saranno associati a misure intese potenziare l'offerta di posti negli asili nido. Per il 2007 sono previsti 20 000 nuovi posti. Saranno concessi crediti d'imposta alle compagnie che investiranno per venire incontro alle necessità del personale in tema di custodia dei bambini.

Nell'aprile 2003 il Regno Unito ha introdotto due sistemi subordinati a condizioni di reddito, il Child Tax Credit (credito d'imposta per figli) e il Working Tax Credit (WTC - credito d'imposta per lavoratori a bassa retribuzione) che sostituiscono precedenti crediti d'imposta. Tali strumenti perseguono il duplice obiettivo di contribuire ad eliminare la povertà infantile e a rendere il lavoro proficuo. Il Child Tax Credit è il canale principale attraverso cui le famiglie ricevono contributi per i bambini e per i ragazzi di età compresa tra i 16 e i 18 anni che seguono un corso di studi. Precedenti crediti d'imposta e prestazioni vengono in tal modo sostituiti da un'unica prestazione, versata direttamente al genitore principalmente responsabile dei figli. Il Working Tax Credit aiuta a integrare il reddito di lavoratori a bassa retribuzione, anche autonomi. La prestazione comprende un indennizzo che contribuisce a coprire i costi di asili nido legalmente riconosciuti o autorizzati ed è versato direttamente al genitore principalmente responsabile dei figli. Per le coppie sussiste tuttavia un tasso di recupero della riduzione fiscale compreso tra il 50% e il 60% per i redditi complementari eccedenti i costi della custodia dei bambini. Il sistema di prestazioni legate al lavoro del Regno Unito, esteso ora anche alle coppie senza figli, persegue l'obiettivo primario di ridurre il numero di famiglie dipendenti da prestazioni. Ne deriva che il sistema, sebbene promuova l'inserimento nel mondo del lavoro del principale sostentatore di un nucleo familiare o di famiglie monoparentali, ha un effetto negativo sulle possibilità di occupazione del secondo sostentatore del nucleo familiare e in base all'indagine dell'OCSE [11] ha ridotto il tasso di occupazione delle donne sposate con coniugi che lavorano.

[11] "OECD Employment Outlook. Towards more and better jobs". (Rassegna sull'occupazione dell'OCSE. Verso posti di lavoro migliori e più numerosi) op. cit.

Gli Stati membri hanno rivolto particolare attenzione all'equilibrio da trovare nel definire le condizioni alle quali accordare le prestazioni per genitori soli. Tali versamenti sono stati spesso effettuati senza esigere che i beneficiari siano disponibili sul mercato del lavoro. Gli Stati membri cercano tuttavia di potenziare gli aiuti e gli incentivi alla partecipazione al mercato del lavoro. In Francia, per esempio, ai genitori singoli è concessa l'Allocation de Parent Isolé (API - indennità per genitori singoli) che fornisce un reddito familiare minimo ai genitori singoli con figli o in attesa di un bambino. Tale indennità non è subordinata alla partecipazione al mercato del lavoro o a misure d'integrazione, tuttavia consente una temporanea combinazione con il reddito da lavoro come incentivo all'ingresso nel mercato del lavoro. Nel Regno Unito le misure relative ai beneficiari di prestazioni per genitori singoli sono descritte come strumenti basati sulla persuasione a partecipare al mercato del lavoro e sulla concessione di incentivi, piuttosto che sul potenziamento dell'obbligo formale a cercare un lavoro, proprio delle riforme del New Deal degli ultimi anni. L'obiettivo indicato consiste nell'aiutare i genitori singoli a non essere più inattivi a livello economico e a iniziare la ricerca di un lavoro. E' obbligatoria la partecipazione a colloqui destinati a suscitare un nuovo interesse nel mondo del lavoro.

3.3. Da un'occupazione a un'altra: facilitare la mobilità professionale e geografica

La mobilità professionale e geografica è fondamentale per un elevato livello di efficacia economica. La mobilità aiuta le imprese ad adeguarsi ai rapidi mutamenti delle condizioni del mercato e consente ai lavoratori di volgersi ad attività in cui possono essere più produttivi e ottenere retribuzioni migliori.

La mobilità professionale può assumere forme diverse, dal cambiamento del posto di lavoro all'interno della stessa organizzazione alla fondazione di un'impresa dopo l'esercizio di un'attività dipendente. In questo contesto i sistemi di protezione sociale possono rappresentare un ostacolo, segnatamente nei casi in cui la mobilità comporta la riduzione o la perdita di alcuni diritti a prestazioni. Tuttavia, questi sistemi possono anche favorire la mobilità in diversi modi, per esempio, assistendo il lavoratore nella fase del cambiamento professionale (anche attraverso congedi annuali), contribuendo ai costi temporanei del trasferimento o attenuando in certa misura i rischi inerenti a un nuovo progetto professionale.

In passato i sistemi di protezione sociale sono stati istituiti a livello nazionale per diversi settori, gruppi di imprese o tipi di occupazione. Sebbene i principali sistemi di protezione sociale degli Stati membri attualmente coprano in linea di massima l'intero paese, esistono pertanto numerosi regimi speciali, segnatamente per funzionari, lavoratori autonomi e agricoltori, che possono complicare il passaggio da un settore all'altro. In alcuni Stati membri in particolare il passaggio al lavoro autonomo comporta una riduzione della protezione sociale contro perdite di reddito e/o malattia. La mobilità esige un collegamento tra questi sistemi in modo da garantire che i diritti acquisiti presso un'assicurazione pensione, malattia o invalidità non siano persi e non occorra ripartire dall'inizio.

I sistemi di protezione privati e complementari spesso non sono ancora coordinati, perciò risulta difficile, o persino impossibile trasferire i propri diritti da un regime a un altro. E' quanto avviene segnatamente nel caso dei regimi pensionistici di imprese, dove il cambiamento di datore di lavoro può comportare una sensibile riduzione dei futuri diritti a pensione [12]. Occorre pertanto provvedere affinché quanti cambiano lavoro o interrompono la propria carriera beneficino di condizioni migliori per l'acquisizione, il mantenimento e il trasferimento dei diritti pensionistici professionali.

[12] Per ulteriori informazioni sugli ostacoli alla mobilità causati dai regimi pensionistici professionali si veda il documento di consultazione adottato dalla Commissione il 12/9/2003 "Migliorare la trasferibilità dei diritti a pensione integrative. Seconda fase di consultazione delle parti sociali europee" (SEC/2003/916).

A livello comunitario il coordinamento dei regimi legali di sicurezza sociale a norma del regolamento 1408/71, nonostante la sua complessità, è stato importante per garantire ai lavoratori la possibilità di esercitare il diritto alla libera circolazione nel mercato del lavoro dell'UE, sebbene solo un piccola percentuale della manodopera totale europea si avvalga di tale diritto. Per le pensioni integrative e le assicurazioni malattia private non esiste ancora uno strumento comunitario equivalente.

La mobilità comporta spesso il passaggio dal lavoro a tempo parziale al lavoro a tempo pieno o viceversa. La percentuale del lavoro a tempo parziale è in continuo aumento nell'UE e circa un terzo di tutti i nuovi posti di lavoro creati sono a tempo parziale. Questi impieghi possono dimostrarsi di particolare rilievo come premessa alla ripresa di un'attività a tempo pieno dopo un periodo di disoccupazione o dopo un'interruzione della carriera dovuta a ragioni personali o come preparazione alla pensione. I sistemi di protezione sociale talvolta ostacolano questi passaggi, per esempio nel caso in cui i diritti a prestazioni sono calcolati in base alla retribuzione finale o la copertura della sicurezza sociale è limitata da una soglia relativa al numero di ore lavorate.

Nel contesto dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita l'istruzione e la formazione possono svolgere un ruolo essenziale nella promozione della mobilità professionale e geografica. Provvedimenti specifici ai fini di un'azione a livello nazionale ed europeo sono stati proposti nel piano d'azione della Commissione per le competenze e la mobilità (febbraio 2002) [13], che completa la strategia europea per l'occupazione, nel processo "Istruzione & formazione 2010" e nel processo di Copenaghen sulla promozione di una maggiore cooperazione in tema di istruzione e formazione professionale [14]. La prossima comunicazione della Commissione sulla mobilità europea in tema di occupazione presenta i progressi compiuti e contiene raccomandazioni per interventi futuri.

[13] COM (2002) 72.

[14] Si veda anche la comunicazione della Commissione sul progetto di relazione intermedia "Istruzione & formazione 2010: l'urgenza delle riforme per la riuscita della strategia di Lisbona" COM (2003) 685 def.

Infine, anche la trasformazione del lavoro non dichiarato in occupazione regolare rappresenta una meta importante, con un'incidenza sull'aumento della competitività, sul rafforzamento della sostenibilità del sistema di protezione sociale e sulla promozione della coesione sociale.

3.4. Dall'inabilità al lavoro: offrire la possibilità di un nuovo inizio alle persone con problemi di salute

L'inabilità riduce significativamente l'offerta di manodopera, in particolare per quanto riguarda i lavoratori cinquantenni e sessantenni. In alcuni Stati membri fino a un quinto o un quarto delle persone di età compresa tra 55 e 59 e tra 60 e 64 anni percepiscono prestazioni di invalidità e restano al di fuori del mercato del lavoro. Molte persone che fanno domanda di prestazioni di inabilità sarebbero chiaramente in grado di esercitare un'attività retribuita. Nel Regno Unito si è osservato che il 90% di tutti i nuovi richiedenti di prestazioni d'invalidità desiderano e si aspettano di tornare a lavorare a tempo debito [15].

[15] Va tuttavia osservato che questa situazione rispecchia la particolare natura della prestazione, che non è destinata solo a persone presumibilmente colpite da inabilità permanente, come avviene invece in numerosi Stati membri.

Sono molteplici i casi in cui i problemi di salute possono rendere difficile o persino impossibile continuare un'attività lavorativa, sia a titolo temporaneo sia permanentemente. Se l'inabilità è temporanea i sistemi di protezione sociale dovrebbero favorire una rapida ripresa dell'occupazione svolta in precedenza offrendo servizi di riabilitazione medica di elevata qualità. L'inabilità permanente a riprendere il proprio impiego precedente non significa inabilità a svolgere qualsiasi lavoro. I mercati del lavoro moderno offrono un'ampia gamma di occupazioni che comportano esigenze molto diverse in tema di attitudini fisiche e mentali del titolare del posto. Pertanto, se un lavoratore è costretto a rinunciare al suo precedente posto di lavoro per ragioni di salute, occorre prevedere, oltre alle cure mediche, misure di riabilitazione professionale, al fine di facilitare un rapido reinserimento nel mercato del lavoro. I sistemi di protezione sociale sono un fattore di primaria importanza nel determinare se le persone con problemi di salute troveranno la via per tornare nel mercato del lavoro.

3.4.1. Ostacoli all'integrazione delle persone con problemi di salute nel mercato del lavoro

I regimi previdenziali di invalidità si basano spesso su una netta suddivisione delle persone in due distinte categorie: persone abili e persone inabili o portatori di handicap. Numerosi regimi riconoscono il diritto a prestazioni qualora a causa di problemi di salute la capacità di guadagno del lavoratore sia ridotta di un terzo (o meno) rispetto a quella di un lavoratore abile. In alcuni casi tale capacità di guadagno è valutata in base alla retribuzione percepita da una persona con qualifiche analoghe che svolge il lavoro precedente dell'interessato; in altri, il diritto a prestazioni di invalidità è determinato semplicemente dalla capacità dell'interessato di guadagnarsi decorosamente da vivere.

Molti regimi previdenziali di invalidità tendono chiaramente a evidenziare l'inabilità anziché la rimanente capacità lavorativa. Le prestazioni di invalidità sono tipiche prestazioni passive destinate a persone considerate inabili al lavoro. I beneficiari possono essere dissuasi in vari modi dall'offrire la propria rimanente capacità lavorativa sul mercato del lavoro. Per alcune attività lavorative può essere necessaria un'autorizzazione preliminare dell'ente di previdenza. Se l'attività viene autorizzata le prestazioni possono essere sospese o ridotte in base all'importo del reddito da lavoro. Gli incentivi finanziari a intraprendere un'attività remunerativa sono quindi tendenzialmente deboli. Inoltre, i beneficiari possono essere dissuasi dal manifestare la propria disponibilità e la propria capacità di lavorare se è troppo difficile tornare alle prestazioni qualora la partecipazione al mercato del lavoro risulti insostenibile a lungo termine.

Dal punto di vista del datore di lavoro, l'assunzione di un portatore di handicap può presentare alcuni svantaggi, reali o immaginari. E' possibile che il luogo di lavoro debba essere adattato, che la produttività e la flessibilità del lavoratore disabile siano inferiori (o percepite come tali) e può sussistere il timore che il lavoratore disabile si assenti più frequentemente per motivi di salute. Il trasferimento dei costi delle malattie dall'assicurazione sociale (prestazioni di malattia in denaro) ai datori di lavoro, verificatosi in alcuni paesi (per esempio, i Paesi Bassi), può contribuire a dissuadere i datori di lavoro dall'assumere lavoratori disabili.

L'importanza dei regimi previdenziali di invalidità nel ridurre oggettivamente la partecipazione al mercato del lavoro è accentuata dall'utilizzo di criteri di ammissibilità diversi dai criteri medici oggettivi. In numerosi casi la definizione dell'invalidità può basarsi sulla precedente capacità di guadagno dell'interessato, che è legata alla professione, alle qualifiche o anche dalla regione in cui lavorava. Anche la situazione del mercato del lavoro, e quindi la possibilità di trovare un lavoro adeguato, può essere presa in considerazione per la concessione di prestazioni di invalidità.

3.4.2. Tendenze in tema di riforme delle politiche e misure favorevoli all'occupazione

Un intervento precoce è spesso il modo migliore per prevenire una dipendenza a lungo termine dalle prestazioni. Occorre un rapido accesso a cure mediche per evitare l'acuirsi di problemi di salute con conseguente invalidità o per consentire la riabilitazione di persone che presentano già gravi problemi. Se non è possibile impedire il deterioramento dello stato di salute né ottenere un'inversione di tendenza, si rende indispensabile un cambiamento di attività, pertanto è opportuno prendere in considerazione la riconversione professionale. Tali provvedimenti sono previsti nella maggior parte dei sistemi di protezione sociale, spesso in settori diversi (assicurazione pensionistica, di disoccupazione, cure sanitarie, assicurazione infortuni).

In Finlandia viene attualmente introdotto il diritto a misure di riabilitazione professionale per persone a rischio di disabilità. La portata delle misure di riqualificazione professionale a carico del regime previdenziale è in continua crescita. I risultati della politica attuata in Finlandia sono incoraggianti. E' stato dimostrato che le misure di riabilitazione si autofinanziano perché in media prolungano la vita lavorativa di oltre due anni. I risultati migliori si ottengono quando la riabilitazione inizia in uno stadio sufficientemente precoce ed è opportunamente mirata. A questo fine occorre ovviamente un buon livello di cooperazione tra i diversi soggetti interessati.

Nei Paesi Bassi e in Lussemburgo i datori di lavoro sono tenuti a trovare alle persone disabili lavori più adatti all'interno dell'azienda (se conta più di 25 impiegati nel caso del Lussemburgo) o, nel caso dei Paesi Bassi, anche in un'altra impresa. La Francia cerca di favorire l'occupazione dei lavoratori disabili attraverso un sistema di quote che costringe le imprese con più di 20 impiegati ad assumere almeno il 6% di lavoratori disabili o a versare un contributo. In Lussemburgo i lavoratori disabili con un nuovo impiego beneficiano per un anno di una speciale protezione contro il licenziamento. Questi obblighi di occupazione e di riconversione sono generalmente abbinati a misure di sostegno per il datore di lavoro, che può ricevere sovvenzioni per adattare il luogo di lavoro o garantire una formazione.

Alcuni Stati membri riconoscono l'invalidità parziale, tenendo conto quindi, in certa misura, delle diverse situazioni di inabilità. La Svezia distingue quattro livelli di capacità lavorativa ridotta: il 25%, il 50%, il 75% e il 100%. I beneficiari di prestazioni di invalidità parziali sono incoraggiati a utilizzare la capacità lavorativa di cui ancora dispongono. Una distinzione tra prestazioni di invalidità completa e parziale esiste anche in Germania ed è allo studio in Austria.

Anche in assenza di prestazioni di invalidità parziale può essere possibile percepire un reddito da lavoro parallelamente a una prestazione di invalidità. Tali redditi sono generalmente soggetti a un tetto massimo che può dipendere dalla retribuzione percepita prima dell'inizio dell'invalidità; per esempio, in Francia il tetto massimo del reddito complessivo è costituito dall'importo della retribuzione prima dell'invalidità. Il regime di assicurazione infortuni tedesco rappresenta un'eccezione a questo sistema: in caso di invalidità permanente dovuta a un infortunio sul lavoro viene versata come indennizzo una pensione concessa indipendentemente da ogni altro reddito.

Per incoraggiare i beneficiari di prestazioni d'invalidità ad accedere a un'occupazione in Svezia e in Finlandia è consentito sospendere temporaneamente il diritto a prestazioni per verificare la propria attitudine al lavoro. In Finlandia questo periodo è compreso tra i sei mesi e i cinque anni; nel corso dei primi due anni di attività viene versato un supplemento. In Svezia è previsto un periodo di prova di due anni senza perdita del diritto a prestazioni e il versamento delle prestazioni continua durante i primi tre mesi di attività. L'Irlanda offre un'indennità per il "ritorno al lavoro", che consente ai beneficiari di mantenere il diritto a prestazioni per tre anni (quattro nel caso di lavoratori autonomi), esercitando parallelamente un'attività a tempo pieno.

Numerosi paesi hanno avviato un riesame delle condizioni di ammissibilità relative alle prestazioni di invalidità, concentrandosi meno sugli aspetti legati al mercato del lavoro e applicando criteri medici più severi. In tal modo il Lussemburgo, tra il 1996 e il 2000, è riuscito a dimezzare il numero delle nuove pensioni d'invalidità. La Polonia nel 1997 ha introdotto regole più severe per la valutazione medica dell'invalidità, trasferendo questo compito dai comitati di medici ai medici della sicurezza sociale (ZUS) e la Francia ha annunciato l'intenzione di rafforzare l'efficacia dei controlli medici. In assenza di efficaci misure d'integrazione nel mercato del lavoro destinate ai portatori di handicap l'inasprimento dei criteri di ammissibilità, di carattere medico o economico e sociale, potrebbe tuttavia comportare uno spostamento degli oneri dai regimi d'invalidità ad altri settori della sicurezza sociale, come disoccupazione, malattia, pensionamento anticipato e assistenza sociale.

Infine, una pratica molto diffusa consiste nell'accordare ai datori di lavoro delle sovvenzioni, spesso in forma di riduzione dei contributi sociali, per favorire l'assunzione o il mantenimento al lavoro delle persone con disabilità. La Danimarca, per esempio, ha introdotto il concetto di "lavori flessibili" per persone con capacità di lavoro permanentemente ridotte; le compensazioni salariali per i datori di lavoro sono comprese tra la metà e i due terzi della retribuzione. Gli incentivi finanziari possono essere rafforzati da un significativo sostegno nel corso dell'attività, assicurato da istruttori personali assunti dal datore di lavoro o dalla collettività (Austria, Danimarca, Germania e Regno Unito). Una soluzione per consentire sbocchi occupazionali alle persone più gravemente disabili consiste nel proporre particolari condizioni di lavoro in ambienti protetti, sia in laboratori o aziende speciali, sia in settori protetti di normali imprese. I Paesi Bassi e la Polonia hanno riservato particolare attenzione a questo approccio.

3.5. Prolungare la vita lavorativa

Il Consiglio europeo di Stoccolma ha posto l'ambizioso obiettivo di portare al 50% il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni (che nel 2002 era pari al 40,1%, mentre per la fascia di età dai 60 ai 64 anni non superava il 25%). Il Consiglio europeo di Barcellona ha introdotto un obiettivo complementare altrettanto ambizioso: aumentare di cinque anni l'età media di pensionamento entro il 2010 (attualmente è di 61 anni in base alle valutazioni di Eurostat). Il conseguimento di tali obiettivi sarà essenziale per garantire in futuro la sostenibilità finanziaria della protezione sociale e in particolare per assicurare ai futuri pensionati un adeguato livello di reddito.

L'accresciuta partecipazione di persone di ogni età al mercato del lavoro impone di promuovere un prolungamento della vita attiva attraverso una positiva interazione delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione e un efficace coinvolgimento delle parti sociali. Occorre inoltre investire maggiormente nella qualità del lavoro favorendo misure intese a creare un ambiente di lavoro appagante e adattabile, migliorando l'accesso alla formazione e potenziando gli incentivi ad accedere a un'occupazione o a rimanere più a lungo in attività. In quest'ottica sarà necessario cambiare gli attuali modelli di pensionamento e di assunzione e la cultura del prepensionamento non dovrà più essere accettata come la migliore soluzione in caso di riduzioni del personale o di ristrutturazioni di imprese.

3.5.1. Ostacoli al prolungamento della vita attiva negli attuali sistemi di protezione sociale

I sistemi di protezione sociale costituiscono indubbiamente una delle cause dei bassi tassi occupazionali dei lavoratori anziani registrati attualmente, poiché offrono diverse possibilità di ritiro precoce dal mercato del lavoro. In seguito all'aumento della disoccupazione verso la metà degli anni "70 il prepensionamento è diventato lo strumento principale del ricambio di manodopera nelle imprese. Grazie ai sistemi di protezione sociale è diventato più facile, e socialmente più accettabile, liberarsi dei lavoratori più anziani anziché dei giovani. Considerato l'invecchiamento demografico, tale politica, intesa a ridurre l'offerta di lavoro delle persone tra i 50 e i 60 anni non è più sostenibile. Il gruppo di lavoro "Invecchiamento" del comitato di politica economica valuta che l'innalzamento di un anno dell'età pensionabile effettiva ridurrebbe l'aumento previsto delle spese per le pensioni pubbliche dello 0,6% e fino a un massimo dell'1% del PIL (a condizione che la minore incidenza dei prepensionamenti non comporti diritti a pensione supplementari). Anche ai fini dell'adeguatezza sarà opportuno rendere i regimi previdenziali più favorevoli all'occupazione: se i lavoratori possono aumentare i diritti a pensione lavorando oltre la normale età pensionabile (sia abbinando il reddito di lavoro alla pensione, sia posticipando il godimento della pensione) o optare per un pensionamento graduale, questo rappresenta un significativo contributo alla futura adeguatezza delle pensioni.

L'uscita precoce dei lavoratori anziani dal mercato del lavoro è favorita in molteplici modi dai sistemi di protezione sociale. Per alcune professioni l'età pensionabile meno è elevata in quanto il lavoro richiesto è impegnativo sul piano fisico. Un'alternativa al prepensionamento di questi gruppi potrebbe consistere in un miglioramento delle condizioni di lavoro e nella possibilità per i lavoratori anziani di passare ad attività diverse. I lavoratori con una lunga carriera retributiva possono avere diritto al godimento della pensione molto prima di aver raggiunto la normale età pensionabile. Questo appare giustificato per correttezza verso persone che hanno dovuto iniziare a lavorare in giovane età, generalmente con basse retribuzioni, ma non dovrebbe impedire a questi lavoratori di rimanere più a lungo nel mercato del lavoro per ottenere redditi da pensione più elevati.

I regimi previdenziali spesso penalizzano persino, sul piano finanziario, coloro che desiderano lavorare più a lungo: per esempio, riducendo le pensioni se il beneficiario ha un reddito da lavoro o negando un incremento attuariale ai lavoratori che richiedono il pensionamento posticipato (e quindi per un periodo di vita più breve). Il fatto che per i regimi previdenziali il godimento della pensione sia subordinato al pensionamento e a numerose condizioni di reddito tende a dissuadere i lavoratori più anziani dal rimanere sul mercato del lavoro. Le restrizioni relative al reddito che può essere percepito oltre alla pensione sono numerose. In alcuni casi il versamento delle pensioni viene sospeso, mentre in altri si effettuano detrazioni dalle pensioni. Inoltre, in caso di pensionamento posticipato i contributi versati dal lavoratore e l'aspettativa di vita più breve al momento della pensione spesso non vengono considerati o si rispecchiano solo in parte nell'importo della pensione [16].

[16] Questo significa che posticipando il pensionamento il "reddito netto da pensione" di un lavoratore viene ridotto.

In numerosi Stati membri i regimi di disoccupazione offrono un'ulteriore possibilità di uscita dal mercato del lavoro. I disoccupati anziani talvolta percepiscono prestazioni più generose e spesso non sono tenuti ad essere disponibili a lavorare e a cercare un'occupazione. In alcuni Stati membri le prestazioni di invalidità consentono a una significativa percentuale di lavoratori di accedere al prepensionamento, in base alla facilità con cui vengono accordate le prestazioni, al sostegno dato nella ricerca di un posto di lavoro più adatto e al controllo più o meno regolare dell'evoluzione delle condizioni di salute.

3.5.2. Tendenze in tema di riforme delle politiche e misure favorevoli all'occupazione

Gli Stati membri riconoscono che l'obiettivo dell'UE di accrescere il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni e di innalzare l'età media effettiva di uscita dal mercato del lavoro va perseguito attraverso profondi adattamenti dei sistemi di protezione sociale. Queste riforme, attualmente in corso, possono aumentare in modo significativo i tassi di attività [17] delle persone di età compresa tra i 50 e i 60 anni. Sebbene la maggior parte degli Stati membri tendenzialmente si concentri sulle riforme previdenziali e sia lontana dall'elaborare strategie globali di promozione dell'invecchiamento attivo, un numero crescente di paesi sottolinea la necessità di mantenere la capacità d'inserimento professionale dei lavoratori anziani attraverso l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, di offrire una migliore assistenza nella ricerca del lavoro, di adattare le condizioni di lavoro, modificare le mentalità, combattere la discriminazione fondata sull'età e, in alcuni casi di abbassare i costi dell'assunzione di lavoratori anziani, segnatamente riducendo i contributi di sicurezza sociale.

[17] Il tasso di attività indica la percentuale di persone comprese nella fascia di età indicata che sono disponibili a lavorare e cercano attivamente un posto di lavoro.

Alcuni Stati membri inaspriscono i criteri di ammissibilità alle prestazioni di disoccupazione e parallelamente offrono ai lavoratori anziani una maggiore assistenza nella ricerca del lavoro. In Belgio i disoccupati anziani saranno tenuti ad iscriversi come persone alla ricerca di un impiego e obbligati ad accettare offerte di lavoro fino a 58 anni (anziché 57 come in precedenza). I Paesi Bassi stanno per abolire interamente il limite di età al di sopra del quale la ricerca di un lavoro non è più obbligatoria (attualmente 57 anni e ½). La Finlandia e L'Austria chiuderanno i regimi di prepensionamento ai disoccupati e la Germania ridurrà il periodo in cui i disoccupati anziani possono percepire indennità di disoccupazione. In seguito a questi provvedimenti i disoccupati anziani non saranno più considerati definitivamente esclusi dal mercato del lavoro.

Il pensionamento anticipato sta diventando difficile persino per i lavoratori con lunghe carriere contributive. In Spagna tale possibilità è essenzialmente riservata alle persone entrate nel mercato del lavoro prima del 1967. L'Italia sta gradualmente aumentando il numero di annualità contributive necessarie per una pensione di anzianità. Il pensionamento prima dell'età stabilita rimane possibile in numerosi Stati membri, ma solo al prezzo di una riduzione attuariale delle prestazioni pensionistiche.

Il pensionamento graduale, ossia l'abbinamento di una pensione corrisposta parzialmente a un lavoro a tempo parziale può rappresentare un'alternativa a un'uscita dal mercato del lavoro anticipata e completa. Tale possibilità esiste già o è in fase di introduzione in diversi Stati membri. Si tratta tuttavia di una soluzione ambigua: può comportare una crescita della partecipazione al mercato del lavoro se l'alternativa è una completa cessazione dell'attività lavorativa, ma può ridurre l'offerta di lavoro se in assenza della pensione parziale i lavoratori avrebbero continuato a lavorare a tempo pieno. Occorre inoltre rendere più interessanti le condizioni relative alla possibilità di combinare pensione parziale e lavoro a tempo parziale, se un numero significativo di lavoratori dovrà adottare questa formula nei paesi in cui già esiste (Germania e Belgio, tra gli altri).

Alcuni Stati membri iniziano a prendere in considerazione un innalzamento della "normale" età pensionabile, spesso nel contesto di regimi di pensionamento flessibile. In Svezia si tratta di una realtà che esiste dalla riforma del 1999 e in Germania questa alternativa viene apertamente discussa. L'Austria e la Francia aumentano il numero di annualità necessarie per una pensione completa. Nel caso della Francia questo significa che un numero crescente di persone dovrà continuare a lavorare oltre la normale età pensionabile fissata a 60 anni per acquisire il diritto a una pensione completa. La parificazione dell'età pensionabile di uomini e donne (Belgio, Italia, Portogallo, Regno Unito) o tra settore pubblico e privato (Austria, Regno Unito) contribuirà parimenti ad innalzare l'effettiva età pensionabile.

Si registra una chiara tendenza a consentire ai lavoratori anziani di rimanere più a lungo sul mercato del lavoro abbinando redditi e pensione o, se si posticipa l'accesso alla pensione, mediante l'acquisizione di diritti a pensione più elevati. La possibilità di differire l'accesso alla pensione viene presa in considerazione anche in paesi con pensioni forfetarie di base (Danimarca, Irlanda e Regno Unito). In altri Stati membri viene introdotto o migliorato un incremento delle pensioni per coloro che rimangono più a lungo nel mercato del lavoro. Permane tuttavia una serie di restrizioni relative ai redditi dei pensionati che rappresentano un serio ostacolo al prolungamento dell'attività lavorativa e sottraggono inoltre ai lavoratori anziani importanti possibilità di ottenere un reddito adeguato per la vecchiaia.

Numerosi Stati membri hanno introdotto o stanno attualmente introducendo una maggiore connessione tra il reddito percepito nell'arco della vita (o i contributi versati) e le prestazioni pensionistiche. Questo provvedimento consiste segnatamente nel non considerare solo gli anni finali della carriera ai fini del calcolo della pensione, in modo che i lavoratori caratterizzati da redditi inferiori negli ultimi anni (a causa di un lavoro a tempo parziale o di una "seconda carriera") non subiranno ingiustificate riduzioni dei diritti a pensione.

Infine, gli Stati membri con un significativo numero di regimi pensionistici professionali dovranno verificare l'impatto di tali regimi, che spesso godono di agevolazioni fiscali, sul pensionamento anticipato. Sia i Paesi Bassi sia il Regno Unito hanno inasprito le condizioni di ammissibilità alle agevolazioni fiscali previste da regimi pensionistici professionali che offrono l'opzione del prepensionamento. Nel Regno Unito l'età minima ammessa sarà portata da 50 a 55 anni.

4. La situazione degli Stati aderenti

Sebbene gli attuali problemi relativi ai sistemi di sicurezza sociale dei paesi aderenti varino sensibilmente dall'uno all'altro, le seguenti caratteristiche sembrano maggiormente presenti [18]: i) bassi tassi di occupazione: a prescindere da alcune eccezioni i paesi aderenti sono caratterizzati da bassi tassi di attività che riflettono in parte elevati indici di disoccupazione e di dipendenza derivanti dall'ampio ricorso a prepensionamenti e a pensioni di invalidità nel corso dei processi di ristrutturazione propri degli anni "70 e "80. Alcuni paesi aderenti dispongono inoltre di strutture sociali più tradizionali che restringono l'accesso delle donne al mercato del lavoro e ostacolano la riconciliazione della vita professionale e familiare; ii) debole protezione sociale e sistemi fiscali non favorevoli all'occupazione: nonostante le ultime riforme gli attuali sistemi di assistenza sociale non sono molto generosi in termini finanziari, sono caratterizzati da condizioni di ammissibilità mal definite e consentono un accesso limitato alla protezione sociale; questa situazione contribuisce a diffondere una mentalità per cui è più opportuno impegnarsi per ricevere prestazioni anziché orientare i propri sforzi nella ricerca di un lavoro. Infine, i sistemi fiscali talvolta non sono ben preparati all'attuazione di un'efficace riscossione delle imposte, mentre la tassazione sul lavoro è relativamente elevata; e iii) economia informale e migrazione: mentre gli immigrati, legali o illegali aumentano lo stock di capitale e quindi il potenziale di crescita di queste economie, si impone la necessità di rendere interessanti i lavori a bassa retribuzione (immigrazione legale) e di trasformare il lavoro non dichiarato in occupazioni regolari (immigrazione illegale). L'immigrazione legale pone seri problemi per quanto concerne la copertura di questi lavoratori, nonché la sostenibilità finanziaria a lungo termine dei sistemi di protezione sociale dei paesi ospitanti.

[18] Gli elementi di analisi di cui si dispone sono ancora troppo scarsi per consentire una visione complessiva dei principali ostacoli alla partecipazione al mercato del lavoro connessi alla struttura e al funzionamento dei sistemi di protezione sociale dei paesi aderenti.

I paesi aderenti dovrebbero rafforzare i propri sistemi di protezione sociale e sviluppare politiche attive in materia di mercato del lavoro al fine di ridurre l'indice di dipendenza di coloro che percepiscono prestazioni a lungo termine, di migliorare la capacità d'integrazione professionale delle persone alla ricerca di un lavoro e di aumentare i tassi di occupazione, soprattutto delle donne e dei lavoratori anziani. Nell'esame delle politiche intese a prolungare la vita lavorativa occorre tuttavia tenere conto delle concrete condizioni di vita proprie di queste società, in particolare per quanto concerne l'inferiore aspettativa di vita, soprattutto degli uomini. Infine, è opportuno rafforzare le sanzioni relative al lavoro non dichiarato, spesso connesso all'economia illegale, ed elaborare programmi personalizzati per rendere proficuo il lavoro legale.

5. Insegnamenti politici da trarre

Senza pregiudicare le raccomandazioni politiche che saranno formulate negli indirizzi di massima per le politiche economiche e negli orientamenti per l'occupazione, dalla presente relazione è possibile trarre le seguenti conclusioni in merito al contributo che i sistemi di sicurezza sociale possono apportare in rapporto all'attitudine al lavoro e alla capacità d'integrazione professionale:

(1) gli Stati membri dovrebbero riesaminare e modernizzare i propri sistemi di protezione sociale per renderli più favorevoli all'occupazione eliminando gli ostacoli e i disincentivi al lavoro e creando le condizioni adeguate per rendere il lavoro più conveniente. E' possibile che questo obiettivo richieda l'introduzioni di nuovi strumenti, tuttavia un significativo miglioramento può verificarsi solo attraverso un semplice riesame delle politiche esistenti, inteso ad eliminare le disposizioni previste dagli attuali regimi previdenziali e fiscali che influiscono negativamente sulla volontà e sulla disponibilità delle persone ad accedere a un'occupazione o a rimanere nel mercato del lavoro, nonché a ridurre la pressione fiscale sui lavoratori con basse retribuzioni;

(2) nessuno strumento o sistema di prestazioni basterà di per sé a rendere il lavoro conveniente. Pertanto, nell'attuazione delle politiche destinate a questo fine gli Stati membri dovranno esaminare l'interrelazione degli obiettivi perseguiti in diversi settori d'azione, quali la fiscalità, i sistemi di sicurezza sociale e i sistemi di prestazioni legate al reddito. Sebbene si riscontri la tendenza a seguire un approccio frammentario nell'attuazione delle politiche intese a rendere il lavoro proficuo, gli Stati membri dovrebbero elaborare una strategia globale che associ gli obiettivi sociali agli obiettivi economici, occupazionali e di bilancio, come viene sottolineato nell'orientamento per l'occupazione n. 8 e nell'indirizzo di massima per l'occupazione n. 4. Occorre inoltre stabilire un coordinamento più stretto tra i diversi enti ed organismi incaricati di applicare riforme collegate;

(3) gli Stati membri dovrebbero esaminare gli incentivi non finanziari in connessione con gli incentivi finanziari. Nell'elaborazione di riforme della protezione sociale gli Stati membri dovrebbero inoltre accordare particolare attenzioni ad aspetti che si sono dimostrati efficaci incentivi al lavoro - oltre agli incentivi finanziari - quali:

(a) l'offerta di strutture adeguate (accessibili e di elevata qualità) per la custodia dei bambini e di altre persone dipendenti, come membri della famiglia anziani o disabili;

(b) la qualità del lavoro, determinata da fattori quali orari di lavoro flessibili, possibilità di formazione, sicurezza del posto di lavoro, copertura sociale adeguata;

(4) nel riesame delle politiche intese a rendere il lavoro proficuo si dovrebbe prestare particolare attenzione all'interazione tra le prestazioni passive e i provvedimenti attivi, segnatamente per quanto concerne la ricerca del lavoro e la formazione. Condizioni più severe possono contribuire ad eliminare i disincentivi finanziari al lavoro propri dei regimi fiscali e previdenziali senza necessariamente ridurne la generosità (ossia durata e importo del reddito sostitutivo). Nel contesto del miglioramento degli incentivi al lavoro è importante evitare che condizioni più severe, applicate segnatamente alle prestazioni sociali, espongano le persone particolarmente svantaggiate a seri rischi di povertà e di esclusione sociale.

(5) nella valutazione del rapporto costi-efficacia dei regimi previdenziali gli Stati membri dovrebbero effettuare un'analisi più completa e sistematica delle implicazioni e considerare parimenti le conseguenze a medio termine. In particolare, misure ben congegnate intese a reintegrare le persone nel mercato del lavoro o a prolungarne le vite lavorative possono risultare vantaggiose tanto per il singolo quanto per la società nel suo insieme;

(6) l'eliminazione degli ostacoli alla mobilità geografica e professionale è un obiettivo importante, tuttavia i progressi compiuti sono scarsi. Occorre pertanto potenziare le politiche destinate a superare tali difficoltà. Gli Stati membri devono quindi impegnarsi maggiormente nel promuovere la mobilità del mercato del lavoro, per esempio la transizione dal lavoro a tempo parziale al lavoro a tempo pieno, il passaggio al lavoro autonomo o al pensionamento graduale e la trasformazione del lavoro non dichiarato in impiego regolare. Tra gli interventi specifici possono rientrare regimi di sostegno sotto forma di incentivi finanziari, come sovvenzioni per la mobilità, possibilità di formazione e disposizioni legislative. A tal fine risulta altrettanto essenziale il ruolo dell'istruzione e della formazione nella prospettiva di un apprendimento lungo tutto l'arco della vita;

(7) infine, gli Stati membri dovrebbero garantire che i sistemi di protezione sociale complementari, che stanno diventando un elemento importante della protezione sociale, siano concepiti in modo da non ostacolare la mobilità dei lavoratori né la loro carriera professionale.

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