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Document 52003DC0660

Parere della Commissione sulla domanda di modifica degli articoli 51 e 54 dello statuto della Corte di giustizia, presentata dalla Corte sulla base dell'articolo 245, secondo comma, del trattato CE e concernente una nuova ripartizione dei ricorsi diretti tra la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado, ai sensi dell'articolo 225, paragrafo 1, del trattato CE

/* COM/2003/0660 def. */

52003DC0660

Parere della Commissione sulla domanda di modifica degli articoli 51 e 54 dello statuto della Corte di giustizia, presentata dalla Corte sulla base dell'articolo 245, secondo comma, del trattato CE e concernente una nuova ripartizione dei ricorsi diretti tra la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado, ai sensi dell'articolo 225, paragrafo 1, del trattato CE /* COM/2003/0660 def. */


PARERE DELLA COMMISSIONE sulla domanda di modifica degli articoli 51 e 54 dello statuto della Corte di giustizia, presentata dalla Corte sulla base dell'articolo 245, secondo comma, del trattato CE e concernente una nuova ripartizione dei ricorsi diretti tra la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado, ai sensi dell'articolo 225, paragrafo 1, del trattato CE

La proposta della Corte di giustizia

La Corte di giustizia propone di modificare l'articolo 51 dello statuto come segue:

«In deroga alla norma di cui all'articolo 225, paragrafo 1, del trattato CE e dell'articolo 140 A, paragrafo 1, del trattato CEEA, sono di competenza della Corte di giustizia i ricorsi previsti dagli articoli 230 e 232 del trattato CE e 146 e 148 del trattato CEEA, proposti da uno Stato membro e diretti

- contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi del Parlamento europeo o del Consiglio o di queste due istituzioni che statuiscono congiuntamente, salvo che si tratti

- di decisioni adottate dal Consiglio in base all'articolo 88, paragrafo 2, terzo comma, del trattato CE,

- di atti emanati dal Consiglio in forza di un suo regolamento concernente misure di difesa commerciale ai sensi dell'articolo 133 del trattato,

- di atti con cui il Consiglio esercita direttamente competenze di esecuzione ai sensi dell'articolo 202, terzo trattino del trattato CE;

- contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi della Commissione ai sensi dell'articolo 11 A del trattato CE.

Sono altresì di competenza della Corte i ricorsi, previsti nei medesimi articoli, promossi da un'istituzione delle Comunità o dalla Banca centrale europea contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi del Parlamento europeo, del Consiglio, di queste due istituzioni che statuiscono congiuntamente, o della Commissione, e da un'istituzione delle Comunità contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi della Banca centrale europea.»

La modifica tecnica apportata all'articolo 54, terzo comma, dello statuto è sottolineata nel testo sotto riportato:

«Quando la Corte e il Tribunale siano investiti di cause che abbiano lo stesso oggetto, sollevino lo stesso problema d'interpretazione o mettano in questione la validità dello stesso atto, il Tribunale, dopo aver ascoltato le parti, può sospendere il procedimento sino alla pronunzia della sentenza della Corte o, laddove si tratti di ricorsi presentati a norma dell'articolo 230 del trattato CE o dell'articolo 146 del trattato CEEA, declinare la propria competenza affinché la Corte di giustizia possa statuire sui ricorsi medesimi.»

La Corte precisa che la presente proposta è stata redatta, in particolare, sulla base di «un esame statistico e sostanziale dei ricorsi presentati dalle istituzioni e dagli Stati membri nel corso degli ultimi cinque anni (1996-2000)» [1].

[1] Documento n. 6283 del Consiglio del 13.02.2003, pag. 3.

Osservazioni preliminari

a) La presente proposta fa parte delle riforme previste dal trattato di Nizza, volte, da un lato, ad alleggerire il carico di lavoro della Corte di giustizia, attraverso una nuova ripartizione delle competenze tra la Corte e il Tribunale di primo grado (di seguito il TPG), e, dall'altro, quello del TPG, che si libera, in particolare, del contenzioso inerente la funzione pubblica europea, grazie all'istituzione di una nuova giurisdizione di primo grado, ai sensi dell'articolo 225A del trattato.

Dalle dichiarazioni n. 12 e 16 adottate a tale scopo in occasione del vertice di Nizza si evince che le due riforme vanno di pari passo. Sarebbe quindi opportuno fare in modo che queste possano essere adottate, se non contemporaneamente, almeno in periodi il più possibile ravvicinati, al fine di evitare una sensibile dilatazione della durata dei procedimenti innanzi al TPG [2] il che deriverebbe inevitabilmente da un «trasferimento quantitativamente significativo di ricorsi» dalla Corte al TPG, come ipotizzato dalla presente proposta [3], mentre il TPG non sarebbe sgravato dal contenzioso della funzione pubblica.

[2] Il che soddisferà anche gli obiettivi del trattato di Nizza; sulla durata del procedimento, si veda C-185/95P Baustahlgewebe/Commissione, Racc. 1998, pag.I-8485 (punti 15 e da 26 a 49 della sentenza, in particolare punti da 44 a 47).

[3] Documento n. 6283, citato, pag.2 in fine.

b) La proposta della Corte non affronta l'esame di un eventuale trasferimento di competenze pregiudiziali al TPG, ai sensi dell'articolo 225 paragrafo 3 del trattato.

La Commissione condivide tale approccio nella misura in cui l'innovazione principale del trattato di Nizza consiste nel rendere il TPG il Tribunale di diritto comune in materia di ricorsi diretti e prevede il trasferimento di competenze pregiudiziali solo per materie specifiche che converrà determinare in un secondo tempo, se del caso in occasione dell'istituzione delle camere giurisdizionali specializzate, a norma dell'articolo 225 paragrafo 2 del trattato.

c) La proposta è volta ad attuare la parte della riforma prevista nel primo periodo dell'articolo 225, paragrafo 1, ritenendo la Corte che «le possibilità offerte dall'ultimo periodo dell'articolo 225, paragrafo 1, primo comma, del trattato non vadano sfruttate in questa fase» (Doc. 6283 del Consiglio, pag. 2).

La Commissione condivide del pari tale approccio, non essendo in questa fase prioritario il trasferimento al Tribunale dei ricorsi in carenza.

d) Nell'ambito dell'introduzione e della descrizione del campo di applicazione della proposta [4], la Corte dichiara che, nel contesto del nuovo articolo 225, paragrafo 1, del trattato, che rende il Tribunale il giudice di diritto comune di tutti i ricorsi diretti previsti nel primo periodo di tale disposizione, «le ipotesi in cui la Corte può conservare competenza esclusiva devono rispondere a motivi specifici». In quest'ottica, la Corte ritiene che nella sua sfera di competenza di primo e ultimo grado debba essere mantenuto «solamente il sindacato giurisdizionale dell'attività normativa di base e la risoluzione dei conflitti interistituzionali».

[4] Documento n. 6283, citato, pag.2.

La Commissione sottoscrive in pieno questa analisi. Lo scopo di questa nuova disposizione del trattato è volto, infatti, a riservare alla Corte di giustizia il contenzioso più importante, di modo che, in futuro, essa possa concentrarsi sul suo triplo ruolo di Corte costituzionale (ricorsi diretti di grande rilevanza, in carenza, funzione consultiva), di Corte di Cassazione delle sentenze di primo grado rese dal Tribunale, e di Giudice supremo dell'interpretazione attraverso le questioni pregiudiziali e il procedimento di riesame delle sentenze del Tribunale [5].

[5] Procedimento introdotto dall'articolo 225, paragrafi 2 e 3 (ultimi commi) del trattato.

Tra i ricorsi più importanti figurano indubbiamente i ricorsi presentati dagli Stati membri o dalle istituzioni contro gli atti normativi di base, nonché i ricorsi interistituzionali. Tale contenzioso riguarda direttamente il funzionamento della Comunità nell'ambito dell'equilibrio delle competenze e dei poteri definiti dai trattati fra le istituzioni e gli Stati membri, da un lato, e fra le stesse istituzioni, dall'altro. Essi devono quindi essere riservati alla competenza esclusiva della Corte.

La proposta della Corte richiede da parte della Commissione osservazioni di merito riguardanti gli atti e le controversie da riservare al controllo della Corte, nonché suggerimenti di forma circa l'articolato proposto.

NEL MERITO

GLI ATTI DA RISERVARE ALLA COMPETENZA DELLA CORTE

I. Gli atti normativi

1. La Commissione sottoscrive la proposta della Corte per quanto concerne gli atti del Parlamento europeo e/o del Consiglio. Gli atti normativi di base, adottati ai sensi di una disposizione del trattato, rientrano incontestabilmente nel campo del controllo della Corte, a norma dell'articolo 225, paragrafo 1, del trattato.

Tale filo conduttore della proposta porta correttamente la Corte ad escludere dalla sua competenza di primo e secondo grado le decisioni adottate dal Consiglio ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE [6], le misure di difesa commerciale, in questo caso i regolamenti attraverso i quali il Consiglio impone diritti antidumping o compensativi definitivi [7], nonché le misure d'esecuzione adottate dal Consiglio autorizzate da un atto legislativo di base.

[6] Come la Corte aveva già proposto nel 1998, conviene in effetti sottoporre il contenzioso relativo agli aiuti di Stato interamente al TPG, qualunque sia il ricorrente o il convenuto, «al fine di porre rimedio al frazionamento delle competenze che questo genere di contenzioso potenzialmente subisce a causa di ricorsi promossi contro il medesimo atto e da parte degli Stati membri e da parte delle persone fisiche e giuridiche», doc.5713/99-JUR-54 del Consiglio del 25.02.1999 (Relazione, pag.4).

[7] Regolamenti adottati in base ad una disposizione di un atto di base, quale l'articolo 12 del regolamento n. 2423/88 del Consiglio dell'11.7.1988 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da parte di paesi non membri della CE (GU L 209 del 2.08.1988, pag. 1), dopo l'intervento del regolamento della Commissione che istituisce un dazio provvisorio antidumping o compensativo (art.11). Per le medesime ragioni indicate per il contenzioso degli aiuti di Stato, la Corte aveva proposto nel 1998 di sottoporre anche il controllo di tali atti alla competenza del TPG.

Da un'analisi esaustiva dell'insieme delle misure d'esecuzione oggetto del contenzioso nel periodo di riferimento scelto dalla Corte, risulta che le misure adottate dal Consiglio, sia direttamente, sia all'esito di un procedimento di "comitatologia", costituiscono, con le misure d'esecuzione adottate dalla Commissione, un insieme di misure esecutive che conviene, in effetti, sottoporre al controllo di un medesimo giudice, in tal caso il TPG [8].

[8] Parere della Commissione, Documento SEC (2002) 994 del 20 settembre 2002, pagg. da 8 a. 12.

Con riferimento a questa analisi e al filo conduttore della proposta della Corte, la Commissione ritiene convenga eliminare la parola «direttamente» dalla formulazione dell'articolo proposta (primo comma, primo trattino, terzo punto, di detto articolo) [9].

[9] Si veda la proposta di nuova formulazione, nella parte intitolata «L'articolato».

Il mantenimento di questo termine, preso a prestito dall'articolo 202 del trattato [10], giungerebbe, in effetti, a conferire al TPG il controllo degli atti adottati «direttamente» dal Consiglio e a riservare alla Corte il controllo degli atti adottati dalla stessa istituzione a seguito di un procedimento di comitatologia [11].

[10] E che concerne gli atti di esecuzione adottati dal Consiglio senza un procedimento preliminare di comitatologia.

[11] Procedure facenti parte degli atti legislativi di base, conformemente alla decisione 1999/468 del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità di esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184 del 17.07.1999, pag.23), che ha sostituito la decisione del 13.07.1987 (GU L 197 del 18.07.1987, pag.33).

Tale distinzione non avrebbe giustificazione alcuna all'interno del blocco delle competenze d'esecuzione e introdurrebbe pertanto un'incoerenza nella nuova ripartizione delle competenze giurisdizionali previste dal trattato di Nizza [12].

[12] Si veda nota 8, sopra.

2. La Commissione ritiene, assieme alla Corte, che gli atti normativi che devono rimanere nella sua esclusiva sfera di controllo non debbano limitarsi agli atti adottati dal Parlamento e dal Consiglio.

A buon diritto la Corte si riserva anche i ricorsi contro gli atti adottati dalla Commissione in materia di cooperazione rafforzata, in applicazione dell'articolo 11 A del trattato. Come rilevato dalla Corte, si tratta qui di un potere della stessa natura di quello esercitato dal Consiglio a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del trattato, la cui portata normativa è fuor di dubbio.

3. La Commissione ritiene che l'obiettivo di riservare gli atti normativi di base al controllo esclusivo della Corte non potrà tuttavia essere raggiunto con tutta la coerenza necessaria ad una nuova ripartizione delle competenze giurisdizionali, se gli altri atti a carattere normativo adottati sulla base del trattato dalla Commissione, da un lato, e dalla BCE, dall'altro, rimanessero esclusi dalla sua competenza di primo e secondo grado.

a) Gli atti normativi adottati dalla Commissione

i) Le direttive adottate a norma dell'articolo 86, paragrafo 3 (ex 90, paragrafo 3) del trattato

Nel corso del periodo di riferimento scelto dalla Corte, diverse direttive adottate dalla Commissione a norma dell'ex articolo 90, paragrafo 3 (diventato articolo 86, paragrafo 3) del trattato sono state oggetto di quattro ricorsi di Stati membri [13]. Queste quattro cause sono state tuttavia cancellate dal ruolo della Corte con le ordinanze del 19.05 e 26.06.1998.

[13] Le cause C-11/96 Spagna/Commissione e C-12/96 Portogallol/Commissione riguardavano la direttiva 95/51 CE che modifica la direttiva 90/388 CEE in relazione all'eliminazione delle restrizioni riguardanti l'uso di reti televisive via cavo per la fornitura di servizi di telecomunicazione già liberalizzati (GU 1995 L 256 del 18.10.1995, pag.49). Le cause C-123/96 e 199/96 Spagna/Commissione riguardavano rispettivamente le direttive 96/2 e 96/19 che modificano la summenzionata direttiva 90/388 CEE.

È opportuno pertanto riferirsi a cause precedenti per verificare il carattere normativo di tali atti e la portata istituzionale delle controversie sottoposte alla Corte.

Nelle cause iscritte a ruolo dal n. 188 al n. 190/80, tre Stati membri domandavano l'annullamento della direttiva 80/723 della Commissione relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche [14]. Nella causa 202/88, la Francia, sostenuta nelle sue conclusioni da quattro Stati membri, domandava l'annullamento della direttiva 88/301 relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni [15].

[14] Da 188 a 190/80, Francia, Italia e Regno Unito/Commissione, Racc. 1982, pag. 2545. NB: La direttiva 80/723 considerata da questi ricorsi è stata modificata in particolare dalla direttiva 2000/52 della Commissione del 26.07.2000 (GU L 193 del 29.07.2000, pag. 75).

[15] C-202/88 Francia (appoggiata da Germania, Belgio, Grecia e Italia)/ Commissione, Racc. 1991 pag. I- 1259.

Orbene, risulta chiaramente da queste sentenze che l'articolo 90, paragrafo 3 (diventato articolo 86, paragrafo 3) del trattato conferisce alla Commissione il potere normativo «di emanare norme generali specificanti gli obblighi che discendono dal trattato, norme vincolanti per gli Stati membri per quanto attiene alle imprese di cui ai precedenti due capoversi del detto articolo» [16], che tale potere è indipendente dalla competenza che la Commissione esercita a norma dell'articolo 169 (diventato articolo 226) del trattato [17] e dal potere generale esercitato per contro dal Consiglio ai sensi del trattato [18].

[16] Punto 14 della sentenza 202/88, Racc. 1991 p. I- 1263.

[17] Punti 16 e 17 della sentenza 202/88.

[18] Punti 25 e 26 della sentenza 202/88.

È opportuno sottolineare qui che i ricorsi presentati nelle cause iscritte a ruolo coi numeri da 188 a 190/80 sono stati respinti dalla Corte. Le argomentazioni basate sull'incompetenza della Commissione e sullo sviamento della procedura invocate nella causa 202/88 sono state pure respinte. Se alcune disposizioni della direttiva 88/301, presa in considerazione da quest'ultimo ricorso, sono state tuttavia annullate dalla Corte, è soltanto per mancanza di motivazione circa l'abolizione di alcuni diritti speciali [19] e per il fatto che la predetta direttiva considera determinati comportamenti anticoncorrenziali delle imprese, mentre l'articolo 90, paragrafo 3 (diventato articolo 86 paragrafo 3) del trattato attribuisce un potere alla Commissione soltanto nei confronti delle misure statali [20].

[19] Punto 46 della sentenza 202/88.

[20] Punti 55 e 56 della sentenza 202/88.

Detti precedenti dimostrano che i ricorsi presentati dagli Stati membri contro direttive emanate dalla Commissione in base all'articolo 86, paragrafo 3, del trattato rivestono un carattere interistituzionale, ossia costituzionale, nella misura in cui riguardano le diverse competenze esercitate dalla Commissione a norma del trattato e la divisione dei poteri tra Commissione e Consiglio.

È d'uopo del pari sottolineare che le direttive non possono, in linea di principio, essere oggetto di ricorsi diretti da parte di persone fisiche o giuridiche presso il TPG, ma che, per contro, esse possono essere oggetto di rinvii pregiudiziali dinanzi alla Corte.

Risulta dalle considerazioni che precedono che, a parere della Commissione, le direttive adottate a norma dell'articolo 86, paragrafo 3, del trattato, devono essere riservate al controllo della Corte.

ii) i regolamenti adottati dalla Commissione a norma dell'articolo 39, paragrafo 3 (ex 48, paragrafo 3) lettera d) del trattato

In base a tale disposizione, la libera circolazione dei lavoratori

«3. importa il diritto...

d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l'oggetto di regolamenti d'applicazione stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego».

Il carattere normativo di tale competenza è fuor di dubbio. E la circostanza che l'ultimo atto di base adottato in quest'ambito dalla Commissione risalga al 1970 [21] non potrebbe giustificare la mancata considerazione dell'articolo 39, paragrafo 3, lettera d) nell'ambito di una nuova ripartizione delle competenze giurisdizionali, volta a riservare alla Corte il controllo degli atti normativi adottati sulla base del trattato.

[21] Il regolamento n. 1251/70 della Commissione del 29.06.1970 (GU L 142 del 30.06.1970, pag. 24) è stato oggetto della sentenza Givane del 9.01.2003 (C-257/00, Racc. 2003, p. I-345).

b) Gli atti adottati dalla BCE

Risulta dalle disposizioni del Capo 2 del Titolo VII (terza parte) del trattato e dai Capi VII e VIII del Protocollo sullo statuto del SEBC e della BCE [22] - di seguito statuto SEBC- che, nell'ambito della politica monetaria, il potere normativo è ripartito tra la BCE e il Consiglio [23].

[22] Raccolta dei trattati 1999- Tomo I- Vol. I, pagg. da 467 a 501.

[23] Diversamente da quanto accade nel settore della politica economica; si veda in tal senso l'articolo 111, paragrafo 4, del trattato e l'articolo 6 dello statuto SEBC.

Il Consiglio esercita una potestà legislativa generale comprendente la possibilità, da un lato, di modificare le disposizioni dello statuto SEBC di cui all'articolo 107, paragrafo 5, del trattato (articolo 41 dello statuto SEBC) e, dall'altro, di adottare le disposizioni «complementari» [24] previste dagli articoli del suddetto statuto, citati all'articolo 107, paragrafo 6, del trattato (articolo 42 dello statuto SEBC).

[24] Come indicato dal titolo del Capo VIII dello statuto SEBC: «Modificazione dello statuto e legislazione complementare», Raccolta dei trattati 1999, Tome I - Vol. I, pag.495.

Dall'articolo 110, paragrafo 1, del trattato (articolo 34.1 dello statuto SEBC), si evince che, per contro, è la BCE che prende le decisioni necessarie per assolvere i compiti attribuiti al SEBC dallo statuto.

Tale potere si concretizza nell'adottare, da un lato, «regolamenti» nella misura necessaria per assolvere i compiti definito nello statuto SEBC (articolo 110, paragrafo 1, primo trattino, del trattato), consistenti in particolare nel

- «definire e attuare la politica monetaria della Comunità» (articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, dello statuto SEBC; articolo 105, paragrafo 2-primo trattino- del trattato) [25],

[25] L'articolo 3.1 dello statuto SEBC è stato attuato da un atto denominato "Indirizzo della BCE, del 31 agosto 2000, sugli strumenti e sulle procedure di politica monetaria dell'Eurosistema" (GU L 310 dell'11.12.2000, pag.1).

- «obbligare gli enti creditizi insediati negli Stati membri a detenere riserve minime in conti preso la BCE e le banche centrali nazionali, nel perseguimento degli obiettivi di politica monetaria» (articolo 19, paragrafo 1 dello statuto SEBC) [26],

[26] Articolo attuato in particolare dal regolamento n. 2818/98 della BCE sull'applicazione di riserve obbligatorie minime (GU L 356 del 30.12.1998, pag.1).

- «assicurare sistemi di compensazione e di pagamento efficienti e affidabili all'interno della Comunità e nei rapporti con i paesi terzi» (articolo 22 dello statuto del SEBC).

Esso si concretizza, d'altra parte, nell'adozione di «decisioni» necessarie per assolvere i compiti attribuiti al SEBC in virtù del presente trattato e degli statuti del SEBC (articolo 110, paragrafo 1, secondo trattino, del trattato).

Riguardo i regolamenti della BCE, è significativo sottolineare che l'articolo 110, paragrafo 2, del trattato (articolo 34.2 dello statuto SEBC) riproduce in modo identico il dettato dell'articolo 249 (ex 189) del trattato, da cui risulta che «il regolamento (della BCE) ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri».

L'articolo 110, paragrafo 1-primo trattino- aggiunge che la BCE stabilisce regolamenti anche «nei casi che sono previsti negli atti del Consiglio di cui all'articolo 107, paragrafo 6».

Si tratta quindi di atti di esecuzione, emanati su autorizzazione di un atto di base del Consiglio [27]. Lo stesso vale per gli atti emessi dalla BCE nel settore dell'articolo 110, paragrafo 3 del trattato, in forza del quale la BCE può essere autorizzata dal Consiglio ad infliggere alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti e dalle decisioni da essa adottati [28], o in quello dell'articolo 105, paragrafo 6 del trattato, da cui risulta che il Consiglio può affidare alla BCE compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre imprese finanziarie, escluse le imprese d'assicurazione.

[27] Esempio: regolamento n. 2174/2002 della BCE relativo al bilancio consolidato del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (GU L 330 del 6.12.2002, pag.29) adottato sulla base degli articoli 5.1 e 6.4 del regolamento n. 2533/98 del Consiglio sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della BCE (GU L 318 del 27.11.1998, pag.8), esso stesso adottato in base all'articolo 5.4 dello statuto SEBC, menzionato all'articolo 107, paragrafo 6 del trattato.

[28] Quale il regolamento n. 2157/1999 della BCE sul potere della BCE di irrogare sanzioni (GU L 264 del 12.10.1999, pag.21), che si riferisce all'articolo 110, paragrafo 3, del trattato ed è stato adottato, in particolare, sulla base dell'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 2532/98 del Consiglio (GU L 318 del 27.11.1998, pag.4), esso stesso adottato in base all'ex articolo 108A paragrafo 3 (diventato 110 paragrafo 3) del trattato e dell'articolo 34.3 dello statuto, menzionato all'articolo 107 paragrafo 6 del trattato.

La Commissione ritiene convenga seguire, per gli atti della BCE, lo stesso filo conduttore degli altri atti comunitari.

Il controllo degli atti d'esecuzione adottati dalla BCE su autorizzazione di un atto di base del Consiglio può essere affidato al TPG.

Gli altri atti adottati dalla BCE ai sensi dell'articolo 110, paragrafo 1, del trattato o le disposizioni dello statuto SEBC dovrebbero per contro essere riservati al controllo della Corte.

La natura di atti normativi di base dei regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 110, paragrafo 1, primo trattino, del trattato non può essere messa in dubbio né dal punto di vista del loro fondamento giuridico e dei loro effetti, né dal punto di vista del merito delle misure adottate. Secondo il parere della Commissione, la complementarità tra queste misure e gli atti adottati dal Consiglio a norma dell'articolo 107, paragrafo 6 o ancora dell'articolo 107, paragrafo 5, del trattato implica in ogni caso che debba essere il medesimo giudice, in questo caso la Corte, ad assicurarne il controllo.

Quale esempio di disposizioni complementari, è opportuno segnalare, in primo luogo, i regolamenti relativi alle riserve minime obbligatorie, emanati, da un lato, dalla BCE sulla base dell'articolo 19.1 dello statuto SEBC [29] e, dall'altra, dal Consiglio sulla base dell'articolo 19.2 dello statuto SEBC [30].

[29] Regolamento n. 2818/98 della BCE dell'1.12.1998 sull'applicazione di riserve minime obbligatorie, riferimenti nota 26. Questo regolamento è stato modificato dal regolamento della BCE n. 1921/2000 (GU L 229 del 9.09.2000, pag.34) e dal regolamento della BCE n. 690/2002 (GU L 106 del 23.04.2002, pag. 9).

[30] Regolamento n. 2531/98 del Consiglio del 23.11.1998 sull'applicazione dell'obbligo di riserve minime da parte della BCE (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 1).

Risulta da quanto precede che l'eventualità di ricorsi promossi dagli Stati membri contro tali atti della BCE al fine di chiarire la ripartizione delle competenze tra la BCE e il Consiglio non può essere esclusa. A parere della Commissione, è d'uopo pertanto tenerne conto nella redazione dell'articolo 51 dello statuto della Corte.

Le decisioni previste dall'articolo 110, paragrafo 1, secondo trattino, del trattato non vanno, con ogni probabilità, incluse nella categoria degli atti normativi di base.

La Commissione ritiene tuttavia che convenga riservare alla Corte il controllo delle decisioni della BCE, nella misura in cui

- come indicato dal trattato, esse sono direttamente collegate all'assolvimento dei compiti attribuiti al SEBC e sono adottate ai sensi delle disposizioni dello statuto SEBC,

- esse sono collegate a numerosi atti del Consiglio tenuto conto della suddivisione delle competenze risultanti dal trattato e dello statuto SEBC [31],

[31] Si veda lo statuto SEBC, in particolare gli articoli 5.3, 5.4, 6 e 12.5, in collegamento con l'articolo 111, paragrafo 4 del trattato, articolo 20 commi 1e 2, articoli 28 e 29.

- e laddove i ricorsi eventualmente promossi dagli Stati membri contro tali atti abbiano, per loro natura, un carattere istituzionale oppure siano, in ogni caso, di una certa importanza in questo nuovo settore che finora non è stato ancora analizzato dalla giurisprudenza.

Tali considerazioni portano la Commissione a ritenere che convenga riservare alla Corte i ricorsi presentati dagli Stati membri contro gli atti della BCE a norma dell'articolo 110 paragrafo 1 del trattato o di altre disposizioni dello statuto SEBC, ad eccezione degli atti adottati su autorizzazione di un atto del Consiglio.

II. Gli altri atti da riservare alla competenza della Corte

a) Gli atti o le astensioni dal pronunciarsi della Commissione ai sensi degli articoli da 99 a 104 del trattato CE

Dagli articoli da 99 a 104 del trattato si evince che le misure adottate dal Consiglio nel settore della politica economica sono decise sella base di relazioni e raccomandazioni preparate dalla Commissione.

La possibilità di ricorsi in carenza, e del pari per annullamento, presentati dagli Stati membri contro la Commissione dovrebbe essere presa in considerazione nell'ambito delle competenze riservate alla Corte di giustizia.

b) Gli atti delle istituzioni non menzionati all'articolo 249 del trattato, ma che producono effetti giuridici

La Corte propone di riservare alla sua competenza «gli atti...del Parlamento europeo o del Consiglio o di queste due istituzioni che statuiscono congiuntamente».

Si evince da tale formulazione che sono presi in considerazione non solo gli atti normativi di base adottati dal solo Consiglio o in codecisione, ma anche gli atti di queste due istituzioni riguardanti il loro funzionamento, quali le risoluzioni sulla sede del Parlamento [32] o sui luoghi d'insediamento dei suoi uffici [33] o atti quali il codice di condotta sull'accesso ai documenti del Consiglio [34].

[32] C-230/81 Lussemburgo/Parlamento, Racc. 1983, pag. 255 (281).

[33] C-108/83 Lussemburgo/Parlamento, Racc. 1984, pag. 1945 (1947).

[34] C-58/94 Paesi Bassi/Consiglio, Racc. 1996, pag.I- 2169; lo stesso codice di condotta adottato dal Consiglio e dalla Commissione è stato oggetto di un ricorso contro la Commissione: C-303/90 Francia/Commissione, Racc. 1991, pag. I - 5315 (5343).

La Commissione condivide tale approccio, ma ritiene che esso debba valere per tutte le istituzioni. Le disposizioni adottate dalle istituzioni in forza della loro autonomia istituzionale e dirette a produrre effetti giuridici interessano necessariamente l'ordine delle competenze o l'equilibrio istituzionale [35]. I ricorsi promossi dagli Stati membri contro tali atti dovrebbero essere di conseguenza riservati alla Corte.

[35] Nella causa C-366/88 Francia/Commissione (Racc. 1990, pag. I-3571 (3595), la Corte ha annullato una istruzione interna, emanata dalla Commissione ai fini della definizione delle competenze dei suoi agenti rispetto ai terzi nell'ambito della gestione del FEOGA, poiché questa non si era limitata all'esplicitazione del regolamento di base, ma ne aveva esteso la portata. Nella causa C-325/91 Francia/Commissione (Racc. 1993, pag. I- 3283 (3303), la Corte ha annullato la Comunicazione della Commissione diretta a precisare le modalità d'applicazione della direttiva 80/723 sulla trasparenza dei rapporti finanziari intercorrenti tra gli Stati membri e le imprese pubbliche del settore manifatturiero, pubblicata sulla GU 1991 C 273, pag.2 e notificata ad ogni Stato membro.

Nella misura in cui la proposta della Corte riguarda già atti adottati a questo proposito dal Parlamento o dal Consiglio, e sarebbe completata per quanto riguarda la BCE, resta da modificare l'articolato in modo da coprire anche gli atti adottati dalla Commissione.

LE CONTROVERSIE INTERISTITUZIONALI

La proposta della Corte è volta a riservare alla sua competenza le controversie promosse fra le istituzioni, fra un'istituzione e la BCE e fra la BCE ed un'istituzione.

A parere della Commissione, la competenza della Corte dovrebbe estendersi ad ogni controversia di ordine istituzionale e comprendere di conseguenza anche i ricorsi promossi da un'istituzione, o da uno Stato membro [36], contro gli organi e gli organismi che, secondo la formulazione dell'articolo 286, paragrafo 1, del trattato sono «istituiti dal trattato o sulla base del medesimo».

[36] Ricorso previsto ad esempio dall'articolo 42 del regolamento n. 1592/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15.07.2002, recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile e che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza aerea (GU L 240 del 7.09.2002, pag. 1).

La Commissione ritiene che la realizzazione di determinati compiti in certi settori, in particolare compiti d'esecuzione implicanti il potere di assumere decisioni nei confronti di terzi, richieda competenze e conoscenze specifiche, che non sempre sono disponibili nell'amministrazione comunitaria [37]. Il legislatore può in tal caso creare un'Agenzia [38], ovverosia un organismo dotato di personalità giuridica che dispone dell'autonomia necessaria per l'esercizio delle sue funzioni.

[37] Comunicazione della Commissione relativa all'inquadramento delle agenzie europee di regolazione COM(2002)718 definitivo dell'11.12.2002.

[38] Si veda la lista delle agenzie attuali nel Documento COM(2002) 718, sopra citato, pag.3.

Nell'ambito della nuova ripartizione delle competenze previste dall'articolo 225, paragrafo 1 del trattato, i ricorsi promossi da un'istituzione o da uno Stato membro contro un organismo di questo tipo non dovrebbero essere assegnati al TPG, nella misura in cui il contenzioso portato dinanzi alla giurisdizione comunitaria riguarda per sua natura l'estensione dei poteri dell'organismo di cui trattasi e la posizione da esso occupata nell'ambito della struttura istituzionale.

Non si tratta qui di conferire ad organi o organismi un diritto di agire avanti alla Corte che non è loro stato attribuito dal trattato, ma di mantenere nella competenza della Corte i ricorsi eventualmente introdotti dagli Stati membri o dalle istituzioni contro tali organismi.

La Commissione ritiene che l'articolato proposto debba di conseguenza essere completato a tale scopo.

L'ARTICOLATO

I. La Commissione suggerisce di completare l'articolato proposto dalla Corte sulla base delle osservazioni che precedono

Primo comma

La Commissione suggerisce innanzi tutto una modifica di ordine strettamente redazionale al fine di facilitare l'individuazione degli atti di esecuzione del Consiglio, in quanto i "visti" relativi a questi atti menzionano non già l'articolo 202 del trattato, ma la disposizione dell'atto di base che contiene l'autorizzazione ad adottare l'atto di esecuzione in esame [39].

[39] Si veda ad esempio il regolamento n. 2772/1999 del Consiglio, del 21.12.1999, che stabilisce le regole generali per un sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine (GU L 334 del 28.12.1999), il cui visto recita: «Visto il regolamento n. 820/97 del 21 aprile 1997 che istituisce.....,in particolare l'articolo 19,»

Essa suggerisce poi di completare il dispositivo proposto dalla Corte, aggiungendo agli atti riservati alla sua competenza gli atti normativi e non normativi sopra citati.

Secondo comma

La Commissione suggerisce di semplificare la redazione e di aggiungervi la menzione dei ricorsi presentati dalle istituzioni della Comunità contro un organo o un organismo istituito dal trattato o sulla base di questo.

L'articolato così modificato è riportato nell'allegato 1 al presente documento.

II. Si potrebbe però ipotizzare un altro articolato

La Commissione ritiene convenga verificare se la nuova ripartizione delle competenze giurisdizionali tra la Corte e il TPG non guadagnerebbe in chiarezza, nello spirito del trattato di Nizza, se gli atti riservati al controllo della Corte fossero raggruppati per genere (atti emanati sulla base del trattato, atti autonomi...), piuttosto che essere enumerati esclusivamente in funzione del loro autore.

L'enumerazione degli atti adottati a norma del trattato, cui condurrebbe inevitabilmente la modalità di redazione dell'articolato scelta dalla Corte, in particolare per ciò che concerne gli atti della Commissione, rischia di rivelarsi incompleta e quindi incerta. Essa rischia per di più di pregiudicare la ricevibilità di alcuni ricorsi in carenza o in annullamento che potrebbero essere presentati dagli Stati membri contro la Commissione, soprattutto nel settore della politica economica (articoli da 99 a 104 del trattato CE).

Un approccio volto a riservare alla competenza della Corte gli atti adottati a norma del trattato, ad eccezione di quelli emanati in particolare nell'ambito dei settori della concorrenza, degli aiuti di Stato e della politica commerciale, appare pertanto raccomandabile. Bisogna anche considerare che un tale approccio potrebbe permettere di adattarsi più facilmente a eventuali modifiche risultanti da un futuro trattato costituzionale.

L'articolato proposto a tale scopo è riportato nell'allegato 2 del presente documento.

ALLEGATO 1

L'articolato modificato (passaggi sottolineati) si presenterebbe come segue:

«In deroga alla norma di cui all'articolo 225, paragrafo 1, del trattato CE e dell'articolo 140 A, paragrafo 1, del trattato CEEA, sono di competenza della Corte di giustizia i ricorsi previsti dagli articoli 230 e 232 del trattato CE e 146 e 148 del trattato CEEA, proposti da uno Stato membro e diretti

i) contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi del Parlamento europeo o del Consiglio o di queste due istituzioni che statuiscono congiuntamente, salvo che si tratti

- di decisioni adottate dal Consiglio in base all'articolo 88, paragrafo 2, terzo comma, del trattato CE,

- di atti emanati dal Consiglio in forza di un suo regolamento concernente misure di difesa commerciale ai sensi dell'articolo 133 del trattato,

- di atti del Consiglio emanati su autorizzazione di un atto del Consiglio o di un atto del Parlamento europeo e del Consiglio, adottati a norma del trattato;

ii) contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi della Commissione ai sensi dell'articolo 11 A, dell'articolo 39, paragrafo 3, lettera d), dell'articolo 86, paragrafo 3, e degli articoli da 99 a 104 del trattato CE;

iii) contro un atto non menzionato all'articolo 249 del trattato CE, adottato dalla Commissione e diretto a produrre effetti giuridici;

iv) contro gli atti o le astensioni dal pronunciarsi della BCE ai sensi dell'articolo 110, paragrafo 1, del trattato CE o di altre [40] disposizioni del Protocollo sugli statuti del SEBC e della BCE,

[40] diverse da quelle previste all'articolo 110, paragrafo 1, primo trattino, del trattato.

v) contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi di un organo o di un organismo istituito dal trattato o sulla base del medesimo.»

2. Sono altresì di competenza della Corte i ricorsi, previsti nei medesimi articoli, promossi

- da un'istituzione delle Comunità contro un atto o una astensione dal pronunciarsi di un'altra istituzione delle Comunità o della Banca centrale europea o dalla Banca centrale europea contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi di una istituzione delle Comunità,

- da un'istituzione delle Comunità contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi di un organo o di un organismo istituito dal trattato o sulla base del medesimo.»

ALLEGATO 2

Altro articolato possibile

«1. In deroga alla norma di cui all'articolo 225, paragrafo 1, del trattato CE e dell'articolo 140 A, paragrafo 1, del trattato CEEA, sono di competenza della Corte di giustizia i ricorsi previsti dagli articoli 230 e 232 del trattato CE e 146 e 148 del trattato CEEA, proposti da uno Stato membro e diretti

i) contro un atto basato su una disposizione del trattato CE o del trattato CEEA o un'astensione dal pronunciarsi a norma del trattato CE o del trattato CEEA del Parlamento e del Consiglio, del Consiglio o della Commissione, salvo che si tratti

- di decisioni adottate dalla Commissione o dal Consiglio in base all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE

- e di decisioni adottate dalla Commissione in base all'articolo 38, all'articolo 76, paragrafo 2, agli articoli 81, 82, 85, 86, paragrafo 3 e dell'articolo 134 del trattato CE;

ii) contro gli atti o le astensioni dal pronunciarsi della BCE ai sensi dell'articolo 110, paragrafo 1, del trattato CE o di altre [41] disposizioni del Protocollo sugli statuti del SEBC e della BCE,

[41] diverse da quelle previste all'articolo 110, paragrafo 1, primo trattino, del trattato.

iii) contro un atto non menzionato all'articolo 249 del trattato CE, adottato da un'istituzione delle Comunità e diretto a produrre effetti giuridici;

iv) contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi di un organo o di un organismo istituito dal trattato o sulla base del medesimo.

2. Sono altresì di competenza della Corte i ricorsi, previsti nei medesimi articoli, promossi

- da un'istituzione delle Comunità contro un atto o una astensione dal pronunciarsi di un'altra istituzione delle Comunità o della Banca centrale europea o dalla Banca centrale europea contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi di una istituzione delle Comunità,

- da un'istituzione delle Comunità contro un atto o un'astensione dal pronunciarsi di un organo o di un organismo istituito dal trattato o sulla base del medesimo.»

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