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Document 52003AR0327

Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema Il partenariato euromediterraneo e gli enti territoriali: la necessità di un coordinamento e di uno strumento specifico per la cooperazione decentrata

GU C 121 del 30.4.2004, p. 18–25 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/18


Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema Il partenariato euromediterraneo e gli enti territoriali: la necessità di un coordinamento e di uno strumento specifico per la cooperazione decentrata

(2004/C 121/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la lettera che la vicepresidente della Commissione europea Loyola de PALACIO ha indirizzato, in data 5 settembre 2003, al Presidente del Comitato delle regioni BORE, invitando il Comitato ad elaborare, conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, un parere di prospettiva che valuti i progressi realizzati nel processo di Barcellona e analizzi il funzionamento degli accordi di associazione in vigore con i paesi partner del Mediterraneo e, in base alla propria esperienza, fornisca un quadro dello sviluppo della cooperazione fra le regioni dell'UE e quelle dei paesi del Mediterraneo meridionale o fra le regioni del Mediterraneo meridionale stesse,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza del 6 novembre 2003 di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere di prospettiva in materia,

visto il protocollo sulle modalità di cooperazione fra la Commissione europea e il Comitato delle regioni, firmato dai loro rispettivi Presidenti il 20 settembre 2001 (DI CdR 81/2001 riv. 2),

visto il proprio parere sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Il consolidamento della politica mediterranea dell'Unione europea: proposte per la creazione di un partenariato euromediterraneo (COM(1995) 72 def.) (CdR 371/95) (1),

visto il proprio parere sul tema Gli enti locali e il partenariato euromediterraneo (CdR 125/97 fin) (2),

vista la propria risoluzione sul tema La cooperazione decentrata e il ruolo degli enti locali e regionali nel partenariato euromediterraneo (CdR 40/2000 fin) (3),

visto il proprio parere sul tema Gli enti regionali e locali di fronte alla strategia comune dell'Unione europea per il Mediterraneo (CdR 123/2000 fin) (4),

vista la relazione del Parlamento europeo in merito alla comunicazione della Commissione sulle relazioni UE/regione mediterranea Imprimere un nuovo impulso al processo di Barcellona (A5-0009/2001),

vista la relazione del Parlamento europeo sulla relazione annuale del programma MEDA 2000 A5-0114/2003),

vista la relazione del Parlamento europeo sull'Europa ampliata (A5-0378/2003),

vista la comunicazione della Commissione Europa ampliata — Prossimità (COM(2003) 104 def.),

visto il proprio parere del 9 ottobre 2003 in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Europa ampliata — Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali (CdR 175/2003 fin) (5),

viste le conclusioni della conferenza Per un nuovo spazio euromediterraneo, che ha riunito, su iniziativa del Comitato delle regioni, i rappresentanti locali e regionali il 31 ottobre 2003 a Livorno (CdR 350/2003),

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo intitolata Preparazione della VI riunione dei ministri degli Affari esteri (Barcellona VI) che si terrà il 2 e 3 dicembre 2003 a Napoli in merito alla quale il Comitato delle regioni ha ricevuto una richiesta di consultazione dalla Commissione in data 5 novembre 2003,

viste le conclusioni della conferenza interistituzionale per il rilancio della dimensione mediterranea, svoltasi a Palermo il 27-28 novembre 2003,

vista la propria risoluzione sulla VI conferenza euromediterranea svoltasi il 2 e 3 dicembre 2003 a Napoli (CdR 357/2003fin) (6),

visto il rapporto del Gruppo dei Saggi sul dialogo fra i popoli e le culture del 2 dicembre 2003,

vista la terza relazione della Commissione sulla politica di coesione economica e sociale e in particolare il riferimento alla necessità di promuovere una politica di prossimità e creare un'azione o uno strumento di grande prossimità per le regioni ultraperiferiche dell'UE,

visto il proprio progetto di parere (CdR 327/2003 riv. 2) adottato il 1o marzo 2004 dalla commissione Relazioni esterne [relatori: Jacques BLANC, presidente del consiglio regionale della Linguadoca-Rossiglione (FR/PPE), e Gianfranco LAMBERTI, sindaco di Livorno (IT/PSE)],

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 21 aprile, nel corso della 54a sessione plenaria del 21 e 22 aprile 2004.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

si compiace che la Commissione, nel quadro del protocollo di cooperazione con il Comitato, abbia chiesto a quest'ultimo un parere di prospettiva sul partenariato euromediterraneo e la cooperazione decentrata, per poter valutare l'esperienza del partenariato fra le sponde settentrionali e meridionali del Mediterraneo dal punto di vista delle regioni e degli enti locali;

1.2

accoglie con grande favore ogni nuova occasione e iniziativa di cooperazione fra gli enti territoriali dell'Unione europea e le regioni e i loro omologhi dei paesi partner del Mediterraneo;

1.3

considera che le relazioni che gli enti regionali, locali e le città delle sponde meridionali e settentrionali hanno già intrattenuto, da almeno due decenni, costituiscono un «patrimonio comune» di know-how, di conoscenze e di scambi. Tale patrimonio, che deve essere valorizzato e incoraggiato, rappresenta per il Comitato delle regioni un pilastro importante del partenariato, non solo a livello sociale e culturale, ma anche a livello della stabilità politica e della sicurezza, che non ha raggiunto un livello sufficiente;

1.4

fa osservare che l'allargamento dell'UE rappresenta per le istituzioni comunitarie una duplice sfida:

l'attuazione di politiche di sviluppo e di coesione intese a realizzare effettivamente il processo di integrazione fra 25 Stati,

la gestione di un nuovo contesto di relazioni con i nuovi vicini dell'Europa orientale e del Mediterraneo meridionale, alla luce della strategia dell'Europa ampliata.

Ad Alessandria d'Egitto il Presidente PRODI ha recentemente dichiarato che «ciò significa stabilire relazioni sempre più strette e più salde con tutti i nostri vicini e creare un »anello di paesi amici« con i quali condividere tutti i vantaggi dell'associazione, tranne le istituzioni dell'Unione»;

1.5

osserva che, già nel parere del 1995 sul rafforzamento della politica mediterranea dell'UE, esso aveva sottolineato quanto il bacino del Mediterraneo rappresentasse — sia per l'UE che per i suoi attuali e futuri Stati membri — un'area strategica, all'interno della quale occorreva creare una zona economica forte, capace di contribuire all'equilibrio regionale dell'Unione, facendo della pace, della stabilità e della prosperità gli obiettivi prioritari;

1.6

ritiene che nel creare una zona di pace, stabilità e prosperità nel Mediterraneo non si possa ignorare che il Regno del Marocco ha un versante atlantico che ne costituisce la frontiera con l'UE e che occorre favorire la cooperazione di questa zona con i territori europei più vicini, tra i quali si trovano alcune regioni ultraperiferiche;

1.7

considera che ignorare la dimensione euromediterranea equivarrebbe ormai a dare carattere permanente all'instabilità e all'insicurezza nella periferia meridionale dell'Unione europea, dal Marocco alla Turchia, dal Sahara al Caspio. La cooperazione nel Mediterraneo è fattore di pace e di stabilità. «Tentare di costruire l'Europa trascurando il mondo mediterraneo, che è la culla delle civiltà, sarebbe un grave errore» (R. PRODI, Bologna, maggio 2003);

1.8

ritiene che l'adesione di Cipro e Malta all'UE possa dare un impulso positivo al partenariato euromediterraneo. A tale proposito, auspica inoltre che i negoziati in corso per la riunificazione di Cipro siano coronati da successo;

1.9

sottolinea che la situazione dei paesi delle sponde meridionale e orientale del Mediterraneo e in Medio Oriente impone un significativo rafforzamento dell'azione dell'Unione europea. Il Mediterraneo non può essere considerato al tempo stesso culla di civiltà e regione periferica, non può essere prioritario nell'azione di promozione della coesistenza e della cooperazione fra i popoli e le culture, ma venire di fatto ridotto ad una questione di sicurezza. Del resto una delle specificità dell'ambiente mediterraneo è la sua ricchezza e la sua diversità, legate a territori densi di storia, e anche la sua vulnerabilità;

1.10

insiste sul fatto che, nel quadro della strategia di cooperazione euromediterranea, «L'UE è impegnata nella promozione della democrazia, della buona governance, dello Stato di diritto, nonché nella promozione e protezione di tutti i diritti umani: civili, politici, economici, sociali e culturali (…) Attribuisce estrema importanza all'abolizione della pena di morte, alla lotta contro la tortura e i trattamenti inumani, alla lotta contro il razzismo, la xenofobia e le discriminazioni nei confronti delle minoranze, alla promozione e protezione dei diritti della donna e del bambino e alla protezione dei difensori dei diritti umani. L'UE riconosce appieno il ruolo cruciale svolto dalla società civile nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione»;

1.11

fa osservare che, già nei propri pareri Gli enti locali e regionali e il partenariato euromediterraneo e Gli enti regionali e locali di fronte alla strategia comune dell'Unione europea per il Mediterraneo aveva giudicato indispensabile favorire il dialogo fra le culture e le religioni.

Il processo di Barcellona: uno slancio da proseguire e rafforzare

Il Comitato delle regioni

1.12

considera il processo di Barcellona, per la sua dimensione strategica, come il quadro più importante di dialogo e cooperazione tra l'Unione ed i suoi interlocutori mediterranei;

1.13

ricorda che in seguito allo spirito di Barcellona il partenariato euromediterraneo si è strutturato su due livelli d'azione — bilaterale e regionale — ed è basato su tre linee d'intervento, tutte della stessa importanza, ovvero: la cooperazione politica e di sicurezza, la cooperazione economica e finanziaria, e la cooperazione sociale, culturale ed umana. Tale strategia, avviata nel 1995, sta gradualmente assorbendo lo spirito dello sviluppo sostenibile, che dovrebbe essere il fulcro di tutta la cooperazione euromediterranea a livello sub-nazionale, analogamente a quanto avviene nell'iniziativa Piano d'azione per il Mediterraneo avviata dagli Stati nell'ambito del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (PNUA);

1.14

sottolinea il fatto che i 27 partner euromediterranei hanno stabilito tre obiettivi prioritari: 1) la creazione di una zona di pace e di stabilità fondata sul dialogo; 2) l'istituzione di una zona di prosperità basata sul libero scambio; 3) la conoscenza reciproca ed il ravvicinamento tra i popoli e le culture del bacino mediterraneo;

1.15

osserva che il processo di Barcellona — come constatato dalla Commissione e dal Parlamento — non ha avuto un'evoluzione lineare e non ha prodotto i risultati attesi, nonostante gli sforzi dei vari interlocutori: 1) i conflitti e le tensioni nei Balcani, in Algeria, nel Vicino e nel Medio Oriente, compresa la guerra in Iraq, hanno ostacolato la creazione di una zona di stabilità, mentre il processo di pace arabo-israeliano si è bloccato del tutto; 2) a fronte della firma di nuovi accordi d'associazione e dell'aumento del valore assoluto degli scambi, la disparità economica tra le due sponde mediterranee è aumentata. Da un lato è aumentata la dipendenza economica del Sud dal Nord, e dall'altro è diminuita l'autosufficienza alimentare del Sud (7); 3) si sono registrati alcuni progressi in materia di dialogo culturale e sociale. Tuttavia in numerosi paesi la libertà d'espressione non è ancora completa. È inoltre necessario che il dialogo esca dagli ambienti elitari dei politici, dei funzionari e degli intellettuali per coinvolgere la società civile e le istituzioni locali e regionali, più vicine ai cittadini. Da ciò derivano le nostre proposte concrete;

1.16

ritiene che il Piano d'azione di Valencia, che prevede la creazione di istituzioni euromediterranee ad hoc e sostiene la proposta del Patto «Eurocittà» abbia costituito un momento importante per rilanciare il processo di Barcellona;

1.17

si associa al sostegno offerto dai ministri, a Valencia, al processo di Agadir e a tutte le iniziative per estendere il campo di applicazione degli accordi di libero scambio — in un'ottica Sud-Sud — ai partner del Maghreb e del Vicino Oriente, ivi compresi i processi d'integrazione a livello sub-nazionale quali l'Unione del Maghreb arabo (UMA). Osserva tuttavia che il fatto che continuino ad esservi frontiere chiuse tra alcuni dei paesi partner ha ostacolato il processo d'integrazione;

1.18

si rallegra che, a seguito di Valencia, le decisioni adottate alla Sesta conferenza euromediterranea di Napoli si siano tradotte nella creazione dell'Assemblea parlamentare euromediterranea, in quanto strumento di dialogo politico;

1.19

prende atto della decisione della conferenza di Napoli di rafforzare il Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP) nel quadro della BEI, e valutare entro la fine del 2006 l'inserimento di uno strumento sussidiario;

1.20

guarda con attenzione a tale valutazione relativa alla possibilità di creare una Banca euromediterranea per gli investimenti;

1.21

accoglie molto favorevolmente la creazione della Fondazione euromediterranea per il dialogo tra le culture e le civiltà, che contribuirà a sviluppare l'aspetto società civile del processo di Barcellona, e chiede di essere coinvolto nelle future attività di tale istituzione;

1.22

accoglie positivamente la relazione del Gruppo dei Saggi sul dialogo tra popoli e culture nello spazio euromediterraneo, elaborata nel dicembre 2003 su iniziativa del Presidente della Commissione (8), nella quale viene proposto un programma per mettere in atto le iniziative della fondazione di cui sopra;

1.23

osserva con soddisfazione che i ministri euromediterranei, riuniti a Napoli (Barcellona VI), hanno preso nota delle conclusioni della conferenza Per un nuovo spazio euromediterraneo che si è tenuta a Livorno il 31 ottobre 2003 su iniziativa del Comitato delle regioni. In tale occasione si era richiesto di dare un nuovo impulso al partenariato euromediterraneo e di coinvolgere maggiormente gli enti locali in qualità di attori privilegiati, allo scopo di realizzare una zona di libertà, di stabilità, di prosperità e di pace nell'area mediterranea;

1.24

si rammarica tuttavia che i ministri euromediterranei riuniti a Napoli non abbiano preso in considerazione la richiesta — pur formulata in ripetute occasioni dal Comitato delle regioni fin dal 1997 — di creare un organo che rappresenti gli enti locali e regionali.

Il programma MEDA: un bilancio in chiaroscuro

Il Comitato delle regioni

1.25

ricorda che sono in vigore accordi d'associazione con la Tunisia, Israele, il Marocco, l'Autorità palestinese e la Giordania, che tali accordi sono in corso di ratifica con l'Egitto, il Libano e l'Algeria e che sono in corso negoziati con la Siria;

1.26

insiste sul fatto che le finalità principali del programma MEDA consistono nell'agevolare le riforme socioeconomiche strutturali dei paesi partner, migliorare le condizioni di vita degli strati più deboli della popolazione e ridurre l'impatto della liberalizzazione dell'economia sul tessuto sociale e sul territorio, in previsione della realizzazione della zona di libero scambio entro il 2010 (9);

1.27

ritiene che la zona di libero scambio costituisca una tappa necessaria dei tre pilastri del processo di Barcellona e non sia fine a se stessa. Deve essere concepita nel quadro dei principi dello sviluppo sostenibile e nella consapevolezza che la fase di transizione comporterà una serie di rischi per i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo: 1) squilibri sociali considerevoli, risultanti dalle ristrutturazioni del sistema produttivo ed economico; 2) nuove polarizzazioni e concentrazioni spaziali in grado di peggiorare ulteriormente gli esistenti squilibri territoriali; 3) una pressione molto importante sull'ambiente, risultante dall'aumento degli scambi, dalla realizzazione delle necessarie infrastrutture energetiche e di trasporto, dall'aumentato sfruttamento del suolo e dall'incremento del volume di rifiuti;

1.28

conviene con la Commissione sul fatto che la cooperazione economica con i paesi in questione è stata significativa, e che l'efficacia globale della cooperazione economica comunitaria con i partner mediterranei si è dimostrata nel complesso soddisfacente, ma non ha sviluppato tutto il proprio potenziale a causa di una serie di inefficienze emerse nella gestione dei programmi (10);

1.29

deplora che nella terza parte del programma MEDA I siano emersi grossi ostacoli alla partecipazione delle regioni e degli enti locali delle due sponde del Mediterraneo;

1.30

constata che con il programma MEDA I (1996-1999) l'Unione ha speso 3,5 miliardi di euro — su un importo di oltre 4,68 miliardi destinati ai partner mediterranei — mentre con il programma MEDA II (2000-2006) il contributo dell'Unione ammonta a circa 5,35 miliardi di euro;

1.31

ritiene che queste somme non siano sufficienti, considerate le ambizioni del processo di Barcellona e l'enorme richiesta di cooperazione e di risorse proveniente dai paesi del Mediterraneo meridionale;

1.32

si rammarica che la situazione sia lungi dall'essere soddisfacente sul piano dell'impiego di tali risorse, nonostante i miglioramenti constatati con il programma MEDA II (con un tasso di spesa effettiva di circa il 50 % delle somme impegnate nel 2001, e di circa il 70 % nel il 2002). Invita la Commissione ad intensificare le iniziative a favore dell'informazione e le altre misure adottate per migliorare il tasso di utilizzo;

1.33

considera positive le iniziative di cooperazione regionale che integrano programmi bilaterali, come ad esempio Euromed-Heritage, MEDA-Democracy e il programma regionale Euromed per la gestione locale delle risorse idriche, pur sottolineando la loro mancanza di visibilità presso gli interlocutori — e più in generale i cittadini — della sponda meridionale del Mediterraneo;

1.34

deplora tuttavia l'estrema esiguità dei finanziamenti stanziati a favore dei paesi mediterranei all'interno dei programmi orizzontali previsti dalla Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo (IEDDU) che, con il passaggio a MEDA II, ha sostituito i programmi MEDA-Democracy;

1.35

ricorda che gli interlocutori meridionali accusano difficoltà oggettive nella messa in atto della cooperazione bilaterale, in particolare a causa delle procedure burocratiche e delle lungaggini nell'esecuzione dei progetti; deplora l'assenza di un meccanismo istituzionale interamente dedicato ai partenariati (11);

1.36

prende atto della riforma che ha condotto, nel 2001, alla creazione della DG EuropeAid, che comporta un approccio decentrato della gestione dei fondi verso le delegazioni, secondo il principio in base al quale quanto può essere meglio gestito e deciso sul posto non deve venir gestito e deciso a Bruxelles; ribadisce — con il Parlamento — che questa nuova procedura di decentramento richiede un monitoraggio costante e un maggior coinvolgimento delle amministrazioni partner che partecipano ai programmi o ai progetti;

1.37

deplora che la Commissione non abbia ancora portato a termine la valutazione dell'impatto dell'apertura della zona euromediterranea di libero scambio; tale valutazione dovrebbe tenere conto, oggi, delle cinque sfide poste dal programma MEDA II, ovvero quella demografica, quella dell'occupazione e dell'emigrazione, quella della globalizzazione, quella della diminuzione delle risorse e quella ambientale. Ricorda che questo studio, già previsto dalla conferenza di Malta (Barcellona II, 1997), è stato sollecitato in ripetute occasioni dal Comitato delle regioni e dal Parlamento europeo;

1.38

insiste sul fatto che gli enti territoriali comunitari non hanno riscontrato, nel programma MEDA, uno strumento adeguato al contributo che essi potrebbero apportare al partenariato. Gli enti locali e regionali hanno progressivamente acquisito competenze suscettibili di contribuire efficacemente alla creazione di partenariati, di scambi e di attività di cooperazione in settori specializzati, nonché alla promozione di politiche di prossimità e di accoglienza per gli immigrati provenienti dalla sponda meridionale del Mediterraneo;

1.39

deplora il mancato coordinamento tra MEDA e Interreg, nonostante la richiesta esplicita del Comitato delle regioni di includere nel programma MEDA II un capitolo dedicato alla cooperazione decentrata, richiesta ribadita anche dal Parlamento europeo nella fase di preparazione della conferenza di Valencia.

La cooperazione decentrata: il valore aggiunto delle comunità locali e regionali

Il Comitato delle regioni

1.40

desidera condividere con gli interlocutori dell'area mediterranea l'esperienza acquisita dai suoi membri nel corso del processo d'allargamento grazie ai contatti con le comunità locali e regionali dei paesi candidati;

1.41

ritiene che gli enti locali costituiscano il livello più adeguato per le attività di cooperazione decentrata;

1.42

ricorda i settori nei quali si esprimono al meglio le competenze degli enti locali e regionali:

assetto del territorio e pianificazione,

gestione urbana,

agricoltura, pesca e sviluppo rurale,

ambiente, gestione delle risorse e prevenzione dei rischi naturali,

trasporti ed energia, nelle loro dimensioni infraregionali,

politiche a favore delle PMI,

politiche a favore dell'occupazione,

iniziative culturali e sportive,

politiche di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio,

politiche sociali di prossimità,

insegnamento e formazione,

salute,

gestione dei flussi migratori, accoglienza dei migranti e politiche per l'integrazione;

1.43

si rammarica che l'assenza di coordinamento tra MEDA II ed Interreg III abbia limitato il coinvolgimento degli enti locali della sponda meridionale del Mediterraneo ai soli progetti di cooperazione avviati nel quadro di Interreg III a causa dell'assenza di un finanziamento europeo complementare destinato ai partner mediterranei;

1.44

si rammarica pertanto che ciò abbia impedito di diffondere, conformemente allo spirito di Barcellona, le esperienze di scambio e le buone pratiche di partenariato su scala locale e regionale, nonostante il fatto che molti enti locali comunitari hanno allacciato relazioni assai strette con i loro omologhi della sponda meridionale del Mediterraneo;

1.45

considera necessario ed urgente realizzare entro il 2006 un'iniziativa che, nell'ambito del programma MEDA, permetta di rendere compatibili gli obiettivi strategici e macroeconomici dell'Unione (aspetto bilaterale del programma MEDA) con le capacità di avviare iniziative di governance locale per intrattenere relazioni privilegiate, analogamente a quelle esistenti tra gli enti locali e regionali comunitari e i loro omologhi mediterranei;

1.46

ritiene che questa strategia debba, dopo il 2006, sfociare nell'istituzione di uno strumento finanziario specifico per la cooperazione decentrata, destinato agli enti locali euromediterranei, strumento concreto, e con sufficienti fondi a disposizione, per manifestare un'ambizione reale, che potrebbe riflettersi nella denominazione «Medplus»;

1.47

considera che un tale strumento finanziario dovrà: 1) superare la fase del mero scambio di esperienze per arrivare all'attuazione di progetti concreti e tangibili agli occhi delle popolazioni locali (che devono essere i beneficiari prioritari della cooperazione); 2) rivalutare l'esperienza pilota dei progetti MED, che, al di là delle critiche ben note di cui sono stati oggetto, hanno contribuito a intrecciare relazioni e promuovere azioni concrete in molti settori, coinvolgendo in tale processo istituzioni, enti locali, ONG e società civile; 3) poggiare — per i finanziamenti — non soltanto sulle risorse proprie, bensì anche sul Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP) della BEI e sull'eventuale Banca euromediterranea per gli investimenti;

1.48

ricorda che gli enti regionali e locali hanno la possibilità di intraprendere azioni che integrano e superano i limiti tradizionali della cooperazione tra i governi nazionali. È infatti a livello degli enti locali decentrati che si possono realizzare progressi concreti nell'attuazione della nuova politica di vicinato, auspicata dalla Commissione. Occorrerebbe dunque superare le difficoltà insite nei modelli tradizionali di sviluppo e potenziare il circuito delle relazioni tra le città, allo scopo di creare progetti di sviluppo tangibile e raccogliere le sfide dello sviluppo sostenibile nelle zone urbane e rurali;

1.49

considera una necessità imperativa - in un contesto di sviluppo sostenibile in aree che si affacciano su un mare chiuso e vulnerabile - non soltanto migliorare la gestione territoriale, ma anche prestare un'attenzione particolare alla prevenzione sanitaria, sociale e dei rischi naturali e, infine, alla sicurezza dei trasporti. In questo senso l'Irmedd (Istituto delle regioni mediterranee per lo sviluppo sostenibile) (12) è un buon esempio di come confrontare le analisi e raccogliere le azioni e gli scambi di esperienze avviate tra gli enti locali delle due sponde del Mediterraneo nell'ambito dello sviluppo sostenibile;

1.50

ritiene importante che l'articolazione tra le dotazioni e l'assetto dei territori sia controllata non soltanto dagli Stati, ma anche e soprattutto, per una maggior efficacia, a livello delle prossimità funzionali: cioè quello degli enti territoriali e delle loro reti di fondazioni e istituti di ricerca. Nel settore della sicurezza marittima, ad esempio, la fondazione LEM (Livorno Euro Mediterraneo) agisce in stretta collaborazione con numerosi partner (13) per promuovere in tutto il Mediterraneo la diffusione della cultura della sicurezza marittima;

1.51

ritiene che il programma Interreg III possa servire da riferimento per le potenzialità di cooperazione tra gli enti territoriali della sponda settentrionale e quelli della sponda meridionale del Mediterraneo. Ad esempio, più del 60 % dei progetti di Interreg III B «MEDOC» prevedono la partecipazione concreta di uno o più paesi partner mediterranei situati in regioni europee esterne allo spazio MEDOC. Tuttavia, l'assenza di un cofinanziamento europeo limita il coinvolgimento finanziario dei partner della sponda meridionale del Mediterraneo (14);

1.52

si compiace che la Commissione europea abbia deciso di lanciare un progetto pilota «MedAct» per la cooperazione tra le città dell'area euromediterranea, ed auspica che tale interesse da parte della Commissione europea si rifletta in un programma regionale globale riguardante la cooperazione — nel quadro del programma MEDA — tra gli enti locali euromediterranei;

1.53

osserva che le pratiche di cooperazione decentrata sviluppate negli ultimi anni hanno evidenziato le responsabilità degli enti locali nel loro ruolo di catalizzatore di questi nuovi processi di cooperazione, come riconosce la nota della Commissione sulla cooperazione decentrata del gennaio 2000;

1.54

constata che il ruolo determinante degli enti locali è stato riconosciuto da numerosi Stati membri, ma che sarebbe tuttavia necessario armonizzarlo e chiarirlo maggiormente a livello comunitario. Occorrerebbe altresì precisare che gli omologhi partner della sponda meridionale del Mediterraneo rappresentano organismi decentrati, eletti dai cittadini dei territori interessati, e non — o non soltanto — funzionari locali dei governi centrali.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

sottolinea che gli enti locali e regionali rappresentano — su entrambe le sponde del Mediterraneo — l'articolazione funzionale, politica e territoriale tra governi nazionali centrali e società civile;

2.2

si rammarica che nessuna delle riunioni riguardanti gli enti regionali previste dalla dichiarazione di Barcellona abbia sinora avuto luogo, a dispetto delle sollecitazioni del Comitato delle regioni (si vedano i documenti CdR 125/1997, 40/2000, 123/2000, 173/2003 e 357/2003) e nonostante le dichiarazioni formulate dai ministri euromediterranei in ripetute occasioni, dalla conferenza di Stoccarda (Barcellona III, 1999) a quella di Napoli (Barcellona VI, 2003);

2.3

raccomanda la consultazione degli enti locali e regionali dell'Unione nel quadro della politica di vicinato, in particolare per quanto riguarda la definizione degli obiettivi, dei criteri di riferimento e del calendario d'esecuzione dei programmi d'azione, sul modello del ruolo che è stato loro riconosciuto dalla Commissione nel Libro bianco sulla governance europea;

2.4

invita la Commissione ad istituire un forum, o un organo, destinato a rappresentare — nel quadro delle istituzioni del processo di Barcellona — gli enti sub-nazionali decentrati (comunali, provinciali e regionali) dei paesi comunitari e dei paesi partner del bacino mediterraneo;

2.5

suggerisce che quest'organo sia dedicato alla discussione dei problemi operativi e contribuisca attivamente agli scambi in materia di cooperazione decentrata (in particolare, per quanto riguarda la formazione, la gestione dei progetti, la mediazione culturale e la comunicazione, i rischi naturali, lo sviluppo sostenibile, ecc.);

2.6

domanda il coordinamento di MEDA e Interreg, non appena possibile, in particolare mediante l'integrazione della «strategia di vicinato» prevista dai nuovi orientamenti della Commissione. In tale prospettiva sottolinea che MedAct costituisce, su un'altra scala territoriale, un buon esempio di «progetti unici» che coinvolgono città euromediterranee (inter alia Bordeaux, Roma, Bruxelles-Capitale, Tunisi, Sfax e Casablanca). L'inclusione della dimensione urbana nel programma MEDA è stata del resto sollecitata nella dichiarazione dei sindaci euromediterranei alla vigilia della conferenza di Napoli;

2.7

propone che, sulla base dei progetti di cooperazione che permetteranno di sviluppare il coordinamento tra MEDA e Interreg entro il 2006, venga creato un programma di iniziativa comunitaria specifico per preservare, sviluppare e agevolare il dialogo tra le culture delle diverse comunità del bacino mediterraneo;

2.8

chiede che sia sperimentato d'ora in avanti, con la partecipazione delle regioni ultraperiferiche site in questo contesto geografico, il nuovo strumento euromediterraneo per la cooperazione sub-nazionale «Medplus» e che il Comitato delle regioni sia consultato nella definizione del nuovo «strumento di vicinato» per il partenariato euromediterraneo, previsto a partire dal 2006. Chiede di poter apportare la sua esperienza pratica di governance su scala locale. Dovrebbe essere valorizzata anche l'esperienza di organismi esistenti quali il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa e la rete di molte associazioni internazionali e nazionali degli enti locali e regionali delle due sponde del Mediterraneo (fra le quali ARE, CCRE, CRPM, FMCU, ARFE, REVES, Eurocities, Arco Latino) (15) ; e ciò grazie alle competenze acquisite dagli enti locali dell'Unione sia nelle loro relazioni reciproche sia nelle loro relazioni con i loro omologhi dei paesi candidati all'adesione. In questo contesto il Comitato delle regioni ha chiesto che venga effettuato uno studio sull'evoluzione del partenariato euromediterraneo e sulla cooperazione decentrata;

2.9

giudica decisivo superare l'attuale frammentazione e dispersione dei programmi e delle azioni di cooperazione decentrata;

2.10

suggerisce alla Commissione di riservare una particolare attenzione alle azioni previste su scala mediterranea e di coordinarle e centralizzarle nell'ambito di una sola Direzione generale;

2.11

chiede che le regioni e gli enti locali comunitari possano cogestire, in partenariato con la Commissione europea, le risorse destinate alla cooperazione decentrata su modello del partenariato realizzato nel quadro dei PIM (1986-92). Ritiene che gli enti territoriali costituiscano un livello di governance adeguato per rafforzare il dialogo e la cooperazione, in quanto possono liberarsi più facilmente dai vincoli macroeconomici e geostrategici;

2.12

raccomanda alla Commissione di approfondire la conoscenza delle funzioni e delle competenze delle istituzioni sub-nazionali della sponda meridionale del Mediterraneo, attraverso uno studio che possa fornire un quadro comparativo degli enti locali e regionali e delle riforme in corso. Allo stato attuale non è disponibile alcuna visione globale ed esauriente di queste istituzioni, né della loro evoluzione. Sottoscrive in questo senso la richiesta del Parlamento europeo che ha invitato la Commissione «a presentare una relazione sui progressi in materia di riforme istituzionali registrati nei paesi beneficiari»;

2.13

considera che la cooperazione decentrata favorisca la crescita democratica degli enti locali e regionali della sponda meridionale del Mediterraneo, rafforzandone il ruolo istituzionale rispetto ai governi centrali ed alle autorità decentrate dello Stato (16), e legittimandone l'azione agli occhi dei cittadini;

2.14

invita, quindi, a sostenere le riforme di decentramento e il processo di strutturazione - in corso - degli enti locali e regionali dei paesi della sponda meridionale del Mediterraneo in quanto attori a pieno titolo della governance locale, e anche a vegliare affinché la cooperazione decentrata coinvolga maggiormente gli organismi eletti piuttosto che rivolgersi soprattutto alle autorità decentrate e ai funzionari nazionali;

2.15

insiste sulla necessità di prevedere una nuova base giuridica per il sostegno dei gemellaggi, strumenti «naturali» del partenariato. A tale riguardo ricorda le conclusioni della riunione ministeriale euromediterranea, svoltasi a Creta il 26 e 27 maggio 2003, in cui si insisteva sul fatto che «gli enti locali e regionali potrebbero contribuire in modo significativo al dialogo tra le culture e le civiltà mediante una cooperazione decentrata e azioni di gemellaggio tra città ed essere, in questo contesto, coinvolti più intensamente in un compito che costituisce una componente essenziale del partenariato euromediterraneo»;

2.16

insiste sul fatto che nel quadro della zona di libero scambio siano valorizzate le diversità delle varie identità locali ed ambientali affinché gli scambi reciproci (Nord-Sud, Sud-Nord e Sud-Sud) possano venir stabiliti sulla complementarità, secondo i principi dello sviluppo sostenibile;

2.17

sollecita, come già ribadito, uno studio sull'impatto socioeconomico e ambientale relativo all'attuazione della zona di libero scambio euromediterranea entro il 2010;

2.18

considera che la politica d'immigrazione debba poggiare sull'inclusione sociale e l'integrazione culturale. Gli immigrati nell'Unione possono rappresentare un ponte naturale per l'affermazione e lo sviluppo di iniziative di cooperazione;

2.19

propone di proclamare il 2008 «Anno della prossimità». In questa prospettiva insiste sulla creazione di programmi gestiti dagli enti locali, capaci di coinvolgere le ONG, la società civile e i cittadini sia dell'UE che dei paesi circostanti. Le iniziative potranno interessare un maggior numero di persone se saranno accompagnate da manifestazioni culturali che mettano in evidenza le nuove dimensioni culturali ed economiche sia in Europa sia nei paesi limitrofi. Come preparazione delle mostre e degli eventi gli enti locali e regionali potranno organizzare varie conferenze tematiche atte a coinvolgere un più ampio pubblico su questa iniziativa;

2.20

sostiene l'attività di organismi e fondazioni locali e regionali come la Irmedd di Montpellier, la Fondazione LEM di Livorno, la Fondazione delle tre culture di Siviglia, la Fondazione «Laboratorio Mediterraneo» di Napoli, l'Istituto catalano del Mediterraneo di studi e cooperazione di Barcellona, l'Istituto del Mediterraneo di Marsiglia, l'Istituto mediterraneo di studi europei di Valencia, MedCities di Barcellona, ecc.; incoraggia fortemente il loro ruolo di ricerca, di scambio di esperienze e di divulgazione culturale, in vista della loro partecipazione alle iniziative della Fondazione euromediterranea lanciata dalla conferenza di Napoli.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 126 del 29.4.1996, pag. 12.

(2)  GU C 64 del 27.2.1998, pag. 59.

(3)  GU C 156 del 6.6.2000, pag. 47.

(4)  GU C 22 del 24.1.2001, pag. 7.

(5)  GU C 23 del 27.1.2004, pag. 36.

(6)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 77.

(7)  Cfr. relazione T. SCHUMACHER, Programma mediterraneo, Istituto universitario europeo di Fiesole, Livorno, 31 ottobre 2003.

(8)  Euromed Report n. 68, 2 dicembre 2003.

(9)  Questa data è indicativa, poiché gli accordi prevedono che la Tunisia entri a far parte della zona euromediterranea di libero scambio nel 2008, il Libano nel 2014 e l'Algeria e la Siria in una fase successiva.

(10)  Evaluation of Economic co-operation between the European Commission and Mediterranean Countries (12/1997) - 951645.

(11)  H. ABOUYOUB, Ambasciatore del Marocco in Francia, Le partenariat euro-méditerranéen, lavori delle tavole rotonde delle Assise del Mediterraneo, Marsiglia luglio 2000.

(12)  L'Irmedd è stato creato il 17 settembre 2002 a Ioannina dalla Conferenza delle regioni periferiche marittime (CRPM) ed è stato istituito a Montpellier il 19 dicembre 2003.

(13)  In particolare la regione Toscana, l'Università di Pisa, la commissione intermediterranea del CRPM, il ministero italiano dei Trasporti.

(14)  Cfr. R. FAVRESSE, Analyse des partenariats entre les pays de l'espace MEDOC e les Pays tiers méditerranéens au sein du programme Interregg III B MEDOC (Analisi dei partenariati tra i paesi dello spazio MEDOC e i paesi terzi mediterranei nell'ambito del programma Interregg III B MEDOC), Caisse des Dépôts et Consignations, novembre 2003.

(15)  Assemblea delle regioni d'Europa, consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa, Conferenza delle regioni periferiche marittime dell'Europa, federazione mondiale città unite, associazione delle regioni frontaliere europee, rete europea delle città e delle regioni per l'economia sociale.

(16)  Ad esempio, «Wilayas» (governatorati o prefetture) nella maggior parte dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo.


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