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Document 52002PC0017

    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale

    /* COM/2002/0017 def. - COD 2002/0021 */

    GU C 151E del 25.6.2002, p. 132–145 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    52002PC0017

    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale /* COM/2002/0017 def. - COD 2002/0021 */

    Gazzetta ufficiale n. 151 E del 25/06/2002 pag. 0132 - 0145


    Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale

    (presentata dalla Commissione)

    RELAZIONE

    1. Introduzione

    Dall'incidente di Seveso del luglio 1976 agli incidenti di Baia Mare e Baia Borsa (gennaio e marzo 2000) che hanno provocato un forte inquinamento fluviale in Romania [1], l'elenco dei casi di grave inquinamento ambientale è lungo [2]. In tali circostanze è evidente la necessità di garantire il ripristino dei beni ambientali danneggiati; la soluzione migliore sarebbe evitare a priori il danno e la prevenzione quindi è un importante obiettivo al riguardo. Quando tuttavia si verifica un danno ambientale, sorge inevitabilmente la domanda: "chi deve pagare*". Il principio "chi inquina paga", è alla base della politica [3] ambientale comunitaria; in molti casi l'operatore che provoca un danno va tenuto responsabile a livello finanziario.

    [1] Cfr. il rapporto della task force internazionale per la valutazione dell'incidente di Baia Mare (dicembre 2000).

    [2] Citiamo il grave inquinamento del Reno provocato da un incendio nello stabilimento Sandoz di Basilea nel 1986 e il cedimento di una diga di contenimento dei rifiuti nel complesso minerario di Aznalcóllar (Spagna) il 25 aprile 1998, che ha provocato un flusso di acque e di fanghi tossici verso il Parco nazionale Doñana. Si sono inoltre verificati numerosi casi di fuoriuscita di idrocarburi in seguito al naufragio di navi petroliere (Torrey Canion e Amoco Cadiz nel 1967 e nel 1978 ed Erika nel 1999).

    [3] Cfr. articolo 174, paragrafo 2 del trattato CE.

    La Commissione ha pertanto deciso di presentare al Parlamento europeo ed al Consiglio dell'Unione europea la presente proposta al fine di adottare un regime comunitario generale di prevenzione e riparazione del danno ambientale.

    Così facendo la Commissione onora l'impegno assunto nella sua proposta al Consiglio europeo di Göteborg "Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile" che prevede l'introduzione di una legislazione UE sulla responsabilità oggettiva in materia ambientale entro il 2003 [4] e sta cominciando ad attuare un'azione prevista dal Sesto programma di azione ambientale [5].

    [4] COM(2001) 264 definitivo del 15 maggio 2001, pag. 13: "Misure a livello di UE: (..) Approvare una legislazione UE su una rigida responsabilità ambientale entro il 2003."

    [5] Cfr. articolo 3, paragrafo 8 della posizione comune adottata dal Consiglio il 17 settembre 2001 in vista dell'adozione di una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Sesto programma di azione ambientale della Comunità.

    2. Linee generali della proposta

    La proposta mira ad introdurre un regime di prevenzione e riparazione del danno ambientale. Nella presente proposta il danno ambientale è definito con riferimento alla biodiversità protetta a livello comunitario e nazionale, alle acque disciplinate dalla direttiva quadro sull'acqua e la salute umana, nei casi in cui la minaccia per la salute umana è la contaminazione del terreno. La proposta lascia gli Stati membri liberi di decidere quando le misure devono essere adottate dall'operatore o dalle autorità competenti o da terzi per loro conto. In linea con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, le modalità dettagliate, istituzionali e procedurali, per conseguire i risultati prescritti sono lasciate in gran parte agli Stati membri. La proposta stabilisce tuttavia alcune regole sugli obiettivi di riparazione da conseguire e sulle modalità per individuare e scegliere le misure correttive adatte in modo da disporre di una base comune minima tra gli Stati membri e consentire loro di garantire un'efficace applicazione del regime proposto.

    Per quanto possibile, conformemente al principio "chi inquina paga", l'operatore, che ha causato il danno ambientale o che è confrontato ad una minaccia imminente di tale danno, deve in ultima analisi sostenere il costo connesso con tali misure. Se le misure sono state adottate dalle autorità competenti o da terzi a loro nome, i loro costi devono successivamente essere recuperati dall'operatore. Se il danno è stato causato da attività che presentano ad un rischio potenziale o reale per le persone e l'ambiente, l'operatore deve avere una responsabilità oggettiva, fatta salva la possibilità di avvalersi di talune difese; tali attività sono elencate in un allegato alla proposta. Nel caso specifico di danno alla biodiversità causato da attività diverse da quelle elencate in tale allegato, l'operatore è considerato responsabile soltanto in caso di dolo o colpa. Nei casi ove nessun operatore può essere tenuto responsabile, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per garantire il finanziamento e la realizzazione delle misure di prevenzione o riparazione necessarie, tramite qualsiasi mezzo ritenuto idoneo. Anche in questo caso, in linea con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, le modalità dettagliate, istituzionali e procedurali per conseguire i risultati prescritti sono lasciate in gran parte agli Stati membri.

    Poiché i beni ambientali (essenzialmente biodiversità ed acqua) spesso non sono soggetti a diritti di proprietà che fungerebbero da incentivi alla corretta esecuzione (e al relativo controllo) del regime proposto, sono adottate disposizioni per permettere alle entità qualificate, a fianco delle persone che hanno un interesse sufficiente, di chiedere all'autorità competente di prendere i provvedimenti adatti e contestare eventualmente la sua azione o mancanza di azione.

    Sono infine incluse adeguate disposizioni concernenti il danno transfrontaliero, la garanzia finanziaria, i nessi con il diritto nazionale, la revisione e l'applicazione temporanea del regime.

    Praticamente, quando si verifica un danno ambientale, gli Stati membri sono tenuti a garantirne la riparazione. Essa comprende la valutazione della gravità e della portata del danno e l'individuazione delle misure di riparazione più idonee da prendere in cooperazione per quanto possibile con l'operatore responsabile del danno ai sensi della proposta - ossia l'operatore dell'attività che ha causato il danno.

    L'autorità competente per chiedere all'operatore di prendere le necessarie misure di ripristino che in tal caso saranno finanziate direttamente dall'operatore. In alternativa, l'autorità competente può attuare tali misure direttamente oppure farle eseguire da terzi. È anche possibile una combinazione dei due approcci.

    Nel caso in cui il ripristino è stato attuato dall'autorità competente o da terzi per suo conto e uno o più operatori sono responsabili del danno ai sensi della proposta, conformemente al principio "chi inquina paga", l'autorità competente deve recuperare i costi di riparazione dagli operatori responsabili.

    Gli operatori potenzialmente responsabili ai sensi della presente direttiva dei costi di riparazione del danno ambientale sono gli operatori delle attività elencate nell'allegato I che hanno causato il danno ambientale. Gli operatori di attività non contemplate dall'allegato I possono anche essere tenuti responsabili ai sensi della direttiva dei costi di riparazione del danno alla biodiversità, ma soltanto se è dimostrata la loro negligenza.

    L'insolvenza degli operatori è un fattore che può ostacolare il recupero dei costi in linea con il principio "chi inquina paga" da parte delle autorità competenti, ma il suo impatto può essere limitato da adeguate assicurazioni finanziarie del danno potenziale.

    Quando si applica una delle esenzioni di cui all'articolo 9, paragrafo 1, non si applica il regime della proposta e la questione è di competenza del diritto nazionale. In alcuni casi l'operatore non potrà avvalersi dell'esenzione se è stato negligente e si applicherà quindi il regime sopra descritto.

    La proposta concerne obiettivi ambientali ed è quindi basata sull'articolo 175, paragrafo 1 del trattato CE. Il fatto che la proposta contenga disposizioni sul controllo giurisdizionale non incide sulla scelta della base giuridica in quanto tali disposizioni sono semplicemente accessorie agli obiettivi ambientali perseguiti e bisogna garantire il corretto funzionamento del regime. Notisi anche che le disposizioni di controllo giurisdizionale non rientrano in alcuno dei settori di azione individuati all'articolo 65 del trattato CE che concerne unicamente la cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere.

    3. Necessità dell'intervento comunitario

    La Comunità deve intervenire per trattare con efficacia e competenza la contaminazione dei siti e la perdita di biodiversità nella Comunità.

    La contaminazione dei siti è un problema in quanto rappresenta una minaccia per la salute umana e l'ambiente a seguito del rilascio di contaminanti nelle acque sotterranee o di superficie, l'assorbimento da parte delle piante, l'esposizione diretta delle persone ad incendi o all'esplosione di gas di discarica. Nella Comunità sono già stati individuati come contaminati definitivamente o potenzialmente circa 300 000 siti [6]. Non è stato possibile quantificare i rischi posti da questa contaminazione, ma i costi di risanamento danno già un'idea dell'entità del problema. Le stime pubblicate dall'Agenzia europea dell'ambiente situano i costi di risanamento parziale (soltanto per alcuni Stati membri o regioni e alcuni siti) tra 55 e 106 miliardi di EUR [7] - pari allo 0,6 e all'1,25% del PIL dell'UE. Questa cifra è considerevole ma rappresenta un effetto cumulato su più anni anziché impatti annuali [8].

    [6] Management of contaminated sites in Western Europe, EEA, giugno 2000.

    [7] Austria, 1,5 miliardi di EUR, 300 siti prioritari; Fiandre, 6,9 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Danimarca, 1,1 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Finlandia, 0,9 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Germania./Baviera, 2,5 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Germania/Sassonia-Anhalt 1,6-2,6 miliardi di EUR, risanamento su vasta scala; Germania/Schleswig-Holstein 0,1 miliardi di EUR, 26 siti prioritari; Germania/Turingia 0,2 miliardi di EUR, 3 progetti su vasta scala; Italia, 0,5 miliardi di EUR, 1 250 siti prioritari; Spagna, 0,8 miliardi di EUR, risanamento parziale; Svezia, 3,5 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Regno Unito, 13-39 miliardi di EUR, 10 000 ettari di terreno contaminato (da Management of contaminated sites in Western Europe, EEA, giugno 2000).

    [8] Il regime proposto ha soltanto natura prospettiva e i costi associati al risanamento di questi siti non rientra quindi nella presente proposta trattandosi di siti che sono stati contaminati prima della sua adozione.

    Questo grave problema ambientale è dovuto in gran parte al fatto che solo recentemente la maggior parte degli Stati membri ha varato normative in materia di danno ambientale, con la conseguenza che quasi tutti i costi di risanamento dei siti contaminati in passato saranno probabilmente a carico delle risorse pubbliche data la difficoltà di far pagare gli inquinatori iniziali. In futuro la responsabilità dovrebbe garantire che chi contamina ponga rimedio all'inquinamento oppure paghi i costi di risanamento e così facendo promuova una prevenzione (più) socialmente efficiente presso le parti potenzialmente responsabili.

    Occorrono quindi regole di responsabilità per impedire un'ulteriore contaminazione e garantire l'applicazione del principio "chi inquina paga" ogniqualvolta si verifica una contaminazione malgrado le misure preventive adottate.

    Il punto chiave in questo contesto non è però quello dell'opportunità o meno di regole di responsabilità: dopotutto molti Stati membri hanno già emanato normative al riguardo anche se partendo da approcci diversi - bensì se sia opportuno varare disposizioni a livello comunitario anziché lasciare la questione interamente alla competenza nazionale. È necessaria un'azione a livello comunitario per i motivi seguenti:

    * Non tutti gli Stati membri hanno adottato normative per trattare questa questione [9]. Di conseguenza, senza un'azione comunitaria si hanno poche garanzie che il principio "chi inquina paga" sia applicato efficacemente in tutta la Comunità. Il fatto di non applicare questo principio può perpetuare i comportamenti all'origine dell'attuale cumulo di inquinamento.

    [9] Il Portogallo e la Grecia sono tra i paesi privi di una legislazione specifica sui siti contaminati.

    * In quasi tutti gli Stati membri le normative specifiche non conferiscono alle autorità nazionali il compito di garantire che i siti orfani [10], contaminati dopo l'entrata in vigore delle normative, siano effettivamente risanati [11]. La legislazione nazionale non garantisce quindi il conseguimento dell'obiettivo ambientale - il risanamento.

    [10] Siti per i quali non si possono trovare i responsabili oppure essi sono insolventi.

    [11] Nei casi in cui le autorità competenti sono tenute a risanare i siti orfani, esse saranno incoraggiate a predisporre l'istituzione di buoni meccanismi di copertura assicurativa. Il mandato oltre a garantire il risanamento incoraggia quindi anche l'istituzione di meccanismi finanziari coerenti con il principio "chi inquina paga".

    * Senza un quadro armonizzato a livello comunitario i soggetti economici potrebbero sfruttare le diverse impostazioni negli Stati membri e avvalersi di argomentazioni giuridiche artificiali (ad esempio affidare le operazioni rischiose a società giuridicamente separate e undercapitalised, spostare la sede legale (front office) nella Comunità per sfruttare vuoti giuridici in materia di responsabilità senza grandi cambiamenti in termini di comportamento preventivo) nella speranza di evitare la responsabilità - un comportamento di questo tipo sconfiggerebbe l'obiettivo finale delle normative nazionali in materia di responsabilità e significherebbe uno spreco di risorse [12].

    [12] L'assenza di comportamenti di questo tipo negli USA (cfr. lo studio "Preventive Effect of Environmental Liability" svolto nel contesto della valutazione economica della bozza di proposta) può ragionevolmente essere spiegata con l'esistenza negli USA di una legge di armonizzazione federale che pur lasciando agli Stati ampia libertà di trattare i problemi locali, garantisce anche che i diversi approcci degli Stati non interagiscano negativamente o si indeboliscano a vicenda.

    Nel caso specifico della biodiversità si stanno ancora studiando indicatori validi della portata e dell'importanza del danno alla biodiversità e del ritmo di perdita di biodiversità registrato negli ultimi anni. La proposta della Commissione europea di una strategia dell'Unione per lo sviluppo sostenibile, adottata il 15 maggio 2001, ha comunque riconosciuto che la perdita di biodiversità si è drammaticamente accelerata negli ultimi decenni diventando una grave o irreversibile minaccia per il futuro benessere della società europea, cosa che giustifica un'azione prioritaria.

    I due principali strumenti giuridici della Comunità concernenti la protezione della biodiversità sono le direttive "Habitat" e "Uccelli selvatici" [13]. Queste direttive non contengono disposizioni sulla responsabilità all'insegna del principio "chi inquina paga" ed atte ad incoraggiare un buon comportamento preventivo da parte dei soggetti privati e pubblici. Attualmente quasi nessuno Stato membro colma questo vuoto imponendo la responsabilità del danno alla biodiversità a soggetti privati. L'azione comunitaria per tutelare e ripristinare la biodiversità è quindi giustificata in base a due motivi principali: garantire l'uso di mezzi socialmente efficienti per finanziare la riparazione del danno alla biodiversità nella Comunità e, così facendo, incoraggiare una valida prevenzione.

    [13] Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7) e direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, sulla conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1).

    4. Valutazione economica della proposta, dei suoi vantaggi e dei suoi costi

    La valutazione economica discute le principali questioni di efficienza sollevate dalla proposta: vantaggi e costi, compresa la distribuzione dei costi tra i soggetti economici e il previsto impatto sulla competitività industriale, effetti sulla prevenzione, assicurazione finanziaria delle potenziali responsabilità e valutazione del danno alle risorse naturali. Poiché l'impatto economico della proposta concerne principalmente una nuova distribuzione dei costi e non un'imposizione di costi aggregati e supplementari, nel seguito del testo si useranno i termini "spese finanziarie" anziché "costi" ogniqualvolta l'uso del termine "costi" potrebbe essere fuorviante. I risultati della valutazione sono presentati qui di seguito.

    Il principale vantaggio previsto dalla proposta è un migliore controllo dell'applicazione delle norme di protezione ambientale in linea con il principio "chi inquina paga". Ciò dovrebbe comportare un vantaggio indiretto ma non per questo meno importante: una spinta verso livelli più efficienti di prevenzione. I vantaggi ambientali saranno conseguiti a livello di razionalità economica e in sintonia con i principi di efficienza sociale ed economica.

    La responsabilità impone alle parti responsabili del danno di ripararlo. Il danno è definito con riferimento alle norme di protezione esistenti della legislazione ambientale. La responsabilità permette di controllare l'applicazione delle norme esistenti ed è un grande deterrente contro l'inosservanza.

    Poiché gli inquinatori potenziali sono tenuti responsabili dei costi di riparazione del danno che possono provocare, la responsabilità incentiva la prevenzione del danno. Se 1 EUR speso nella prevenzione evita un danno il cui costo di riparazione supera 1 EUR, le parti responsabili del danno potenziale tenderanno ad investire nella prevenzione piuttosto che pagare il costo più elevato di riparazione. La proposta orienterà quindi l'economia a puntare su efficienti livelli di prevenzione ambientale.

    L'effettiva applicazione delle norme esistenti e l'orientamento verso livelli più efficienti di prevenzione costituiscono obiettivi validi di per sè. I meccanismi di controllo dell'applicazione sono indispensabili ai fini del conseguimento degli obiettivi legislativi. La responsabilità, correttamente concepita, costituisce inoltre un complemento piuttosto che un sostituto rispetto ad altri strumenti politici, come discusso più avanti. In questo contesto la proposta deve superare il test del rapporto costi-efficacia [14] - gli obiettivi della proposta vanno perseguiti in sintonia con i principi dell'efficienza economica e dell'equità sociale e i costi di attuazione vanno ridotti al minimo.

    [14] Anche se non abbiamo cercato di eseguire un test quantificato sul rapporto costi-benefici, dato che la proposta non comporta costi aggregati supplementari rilevanti, esistono motivi per ritenere che i vantaggi legati al risanamento di terreno contaminato siano significativi. Una recente valutazione dei vantaggi legati al risanamento dell'insieme dei terreni contaminati nei Paesi Bassi (cfr. Howarth et al: Valuing the Benefits of Environmental Policy, the Netherlands, RIVM report 481505 024, marzo 2001) ne valuta il valore annuo tra 3,4 miliardi di EUR (prezzi 2000) e 842 milioni di EUR. Queste stime riguardano soltanto i benefici del proprietario a livello di rivalutazione del terreno e rispecchiano soltanto alcuni dei vantaggi sociali. Ciò indica che le stime forniscono un valore conservatore dei vantaggi del risanamento. A titolo di riferimento, le spese finanziarie stimate per la presente proposta e per tutta la CE (scenario mediano) sono dell'ordine di 1,5 miliardi di EUR.

    La proposta è stata per l'appunto elaborata in sintonia con i principi dell'efficienza economica e dell'equità sociale. Innanzitutto la proposta non si applica alle emissioni consentite nelle autorizzazioni e al danno che non può essere previsto sulla base delle attuali conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio delle emissioni o dello svolgimento delle attività. In secondo luogo, ogniqualvolta è invocata la responsabilità per garantire che abbiano luogo il risanamento o la riparazione del danno, l'obiettivo è garantire soluzioni efficienti - ad esempio in caso di danno alle risorse naturali, l'obiettivo di riparazione della proposta è realizzare soluzioni equivalenti anziché riprodurre, a prescindere dal costo, la situazione prima dell'incidente.

    La proposta dovrebbe quindi comportare spese finanziarie abbordabili che sono state stimate e presentate qui di seguito dopo una breve illustrazione dei risultati degli studi ordinati in materia di prevenzione, assicurazione finanziaria e valutazione del danno ambientale.

    Effetto sulla prevenzione

    Lo studio (http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/preventive.htm) svolto su quest'argomento indica che gli incentivi positivi forniti dalla responsabilità per buoni livelli di prevenzione sono prevalenti, a condizione che esista una politica coerente, e coerentemente applicata, di responsabilità a livello comunitario. Le differenze fra le norme di responsabilità a livello di Stato (come negli Stati Uniti) o a livello di Stato membro (come nella Comunità) possono significativamente indebolire gli effetti positivi della responsabilità sulla prevenzione, in assenza di un quadro comune (la legge federale sulla responsabilità negli Stati Uniti, la direttiva proposta sulla responsabilità nella Comunità). Lo studio indica la necessità di un'azione comunitaria.

    L'assicurazione finanziaria delle responsabilità in materia ambientale

    L'assicurazione finanziaria della responsabilità in materia ambientale è positiva per tutti i soggetti interessati: per le autorità pubbliche e il pubblico in generale è una delle maniere più efficaci, se non l'unica, di garantire l'effettiva riparazione dei danni in linea con il principio "chi inquina paga"; essa permette agli operatori industriali di ripartire i rischi e di gestire le incertezze e per il settore assicurativo rappresenta un mercato consistente. Al momento dell'adozione del Libro bianco sulla responsabilità in materia ambientale (febbraio 2000), molti soggetti interessati avevano sollevato la questione se le responsabilità create da una proposta comunitaria in materia fossero assicurabili. La Commissione si è adoperata per chiarire questo punto.

    La copertura dei costi di risanamento esiste da tempo nella Comunità anche se non sempre è commercializzata sotto lo stesso nome - in genere le designazioni sono: assicurazione di responsabilità ambientale, assicurazione di responsabilità civile inquinamento, assicurazione di risanamento e responsabilità in materia ambientale. La fornitura di questo tipo di assicurazioni è ben collaudata nel mercato e le condizioni sono relativamente standardizzate [15].

    [15] I dettagli sulla copertura offerta si trovano addirittura su Internet. Ad esempio un assicuratore ben noto sul mercato europeo elenca on line le caratteristiche della sua offerta di "responsabilità civile inquinamento", includendo addirittura i prezzi ("minimo per un massimale di un milione di USD sono 5 000 USD").

    In Europa il settore delle assicurazioni è già ampiamente presente sul mercato dei costi di risanamento ambientale. Le assicurazioni sono un settore in genere globalizzato - vale a dire ben al corrente delle tendenze nelle varie parti del mondo e in grado di trasferire rapidamente quanto appreso in un mercato in altri mercati. Le responsabilità in materia ambientale, compresa la responsabilità per i costi di risanamento, sono già state disciplinate negli Stati Uniti da circa vent'anni incoraggiando così la fornitura di coperture assicurative [16]. I prodotti inizialmente sviluppati e l'esperienza accumulata sul mercato degli Stati Uniti potrebbero quindi essere rapidamente trasferiti nel mercato UE dove i paesi membri hanno iniziato a rendere obbligatoria la responsabilità per i costi di risanamento ambientale.

    [16] Le specializzazioni e l'immensa varietà dei prodotti offerti dalle società di assicurazione specializzate nei rischi ambientali indica che la fornitura da parte del mercato di prodotti assicurativi segue rapidamente e addirittura anticipa le normative nel settore.

    Fatta questa premessa, l'assicurazione dei costi di risanamento nell'UE non è ancora un prodotto diffuso come negli Stati Uniti in quanto il mercato europeo resta più piccolo e più frammentato. I prezzi tenderanno quindi ad essere più elevati. L'esperienza degli Stati Uniti indica comunque che i prezzi diminuiranno rapidamente una volta che saranno stati introdotti requisiti di regolamentazione armonizzati e gli assicuratori abbiano acquisito maggiore esperienza (si tenga presente che il premio annuale medio per la copertura di un nuovo serbatoio sotterraneo negli Stati Uniti, acquistato sul mercato privato era di 1 000 USD nel 1989. Nel 1997 la media era scesa a 400 USD). Come mostra la nostra ricerca (cfr. http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/insurance_us.htm), negli Stati Uniti sono frequenti prezzi pari a circa l'1,0-1,5% dell'importo assicurato. I prezzi per le grandi imprese con un buon profilo a livello ambientale sono comparativamente più bassi.

    Complessivamente si può concludere che in pratica la responsabilità per il risanamento della contaminazione ambientale era assicurabile ed era de facto assicurata nella Comunità [17] al momento dell'adozione del Libro bianco. Se il danno alla biodiversità fosse assicurabile o meno era una questione più controversa. Questo tipo di responsabilità era poco noto nella Comunità e da alcune parti si sosteneva che non poteva essere quantificato e assicurato.

    [17] Tranne ovviamente nei casi dove il verificarsi e il periodo della contaminazione delle responsabilità associate erano note con certezza, come sempre con i prodotti assicurativi.

    In questa situazione la Commissione ha effettuato uno studio incentrato sulle questioni associate alla responsabilità del danno alle risorse naturali - un concetto simile al danno alla biodiversità - negli Stati Uniti dove la responsabilità del danno alle risorse naturali è stata disciplinata contemporaneamente alla responsabilità per i costi di risanamento, più di venti anni fa. Gli Stati Uniti sono quindi un buon riferimento per l'assicurabilità del danno alla biodiversità. Le conclusioni dello studio mostrano che i timori circa l'impossibilità di assicurare il danno alla biodiversità sono infondati.

    Lo studio (http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/insurance_gen.htm) chiarisce due aspetti. Primo: le responsabilità introdotte dalla proposta della Commissione, compreso il danno alla biodiversità, possono essere finanziariamente coperte da un'assicurazione. Negli Stati Uniti è possibile attualmente assicurare la responsabilità del danno alle risorse naturali e progressivamente si sono sviluppati senza grandi difficoltà i corrispondenti mercati assicurativi [18]. Si può quindi ragionevolmente presumere che lo stesso avvenga nell'UE per il danno alla biodiversità, tanto più che la proposta della Commissione offre un miglior compromesso tra obiettivi ambientali, sociali ed economici della società rispetto all'approccio statunitense (come mostrato più avanti al punto sulle differenze tra Superfund e la presente proposta).

    [18] La legge statunitense impone addirittura l'assicurazione finanziaria di parte delle responsabilità del danno alle risorse naturali. Il nostro studio mostra che il mercato delle assicurazioni private ha reagito rapidamente all'introduzione degli obblighi di regolamentazione offrendo nuove formule assicurative. Ciò ha rafforzato l'effettiva applicazione dei requisiti di regolamentazione.

    Il secondo aspetto importante indicato dallo studio è il fatto che efficaci incentivi di regolamentazione agli operatori per garantire finanziariamente le loro potenziali responsabilità sono determinanti per il successo delle politiche di responsabilità volte a garantire la prevenzione e la riparazione del danno ambientale in linea con il principio "chi inquina paga". La presente proposta segue questa linea creando un quadro comunitario che consente di stabilire tali incentivi di regolamentazione in maniera coerente in tutta la CE, pur lasciando agli Stati membri la facoltà di decidere le modalità di attuazione di tale quadro.

    Un secondo studio ha riguardato le questioni generali (http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/insurance_gen.htm) associate alle responsabilità in materia ambientale. Lo studio presenta il modello economico della responsabilità e la situazione nei Paesi Bassi e in Belgio. Mostra anche che è attualmente possibile assicurare sul mercato UE la responsabilità in materia di risanamento.

    Un'importante questione politica discussa negli studi sull'assicurazione è se la responsabilità debba essere limitata (ad importi specificati). I limiti presentano dei vantaggi ma anche degli svantaggi. Dei limiti (più bassi) ridurranno i costi di osservanza e miglioreranno l'assicurabilità, ma dei limiti più bassi ridurranno anche il fattore deterrente e renderanno più difficile il recupero dei costi. L'esperienza degli Stati Uniti dove la responsabilità in materia ambientale è in genere soggetta a limiti [19] indica come possibile conclusione che in alcuni casi i limiti possono essere troppo bassi. Per questo motivo la presente proposta non stabilisce limiti alla responsabilità. Ciò non impedisce tuttavia agli Stati membri di stabilire obblighi di assicurazione finanziaria limitata nell'attuare la proposta.

    [19] Questi limiti sono in genere stabiliti per i "rilasci di sostanze pericolose" o incidenti legati ad un rilascio. In pratica, la contaminazione e i danni spesso sono causati da più di un rilascio e quindi i limiti di responsabilità statunitensi diventano meno significativi per i singoli operatori di quanto sembrerebbe a prima vista.

    Valutazione del danno alle risorse naturali

    La valutazione del danno alle risorse naturali rimane controversa anche se necessaria per conseguire gli obiettivi ambientali della presente proposta. A causa delle difficoltà inerenti e oggetto di controversia, la valutazione del danno alle risorse naturali è stata trattata secondo un approccio di valutazione che favorisce il ripristino rispetto a provvedimenti monetari - in gran parte perché i costi di ripristino sono più facili da stimare, si basano su un minore numero di metodologie di valutazione economica non testate e sono verificabili ex post.

    Il ripristino mira a fornire alternative equivalenti alle risorse danneggiate anziché tentare di riprodurle come erano. Di conseguenza, la proposta dà una preferenza esplicita all'opzione del minimo costo fra le alternative atte ad apportare vantaggi ambientali analoghi. L'opzione prescelta nella proposta è stata sviluppata con l'ausilio di uno studio sulla valutazione e riparazione del danno alle risorse naturali (http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/biodiversity.htm) ed è simile all'approccio secondo il rapporto costi/efficacia, da tempo sperimentato e collaudato con successo nell'ambito della legge statunitense sull'inquinamento da petrolio (U.S. Oil Pollution Act) del 1990 [20] (per un riassunto di questo metodo cfr.

    [20] 33 U.S.C. 40.

    http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/tp_enveco.pdf). Il mercato assicurativo negli Stati Uniti, confrontato a questo stesso aspetto di valutazione, si è sviluppato senza grandi difficoltà, come già indicato.

    Possibili spese finanziarie associate al progetto di direttiva

    La valutazione dei costi legati alla proposta riprende il modello statunitense CERCLA [21] (anche conosciuto come Superfund) [22] in quanto:

    [21] 42 U.S.C. 103. CERCLA è in funzione da più di 20 anni e i dati sui costi di attuazione sono relativamente abbondanti.

    [22] Il nostro modello comprende inoltre dati sul costo dei programmi di responsabilità degli Stati Uniti, basati su CERCLA. Per un'analisi esauriente di CERCLA cfr. http://www.europa.eu.int/comm/environment/liability/comp.htm

    * Superfund ha una lunga storia e ha prodotto dati utili e pubblicamente disponibili sul numero di siti contaminati, sui costi di risanamento per tipo di sito, sulla distribuzione dei siti contaminati per attività industriali, sul ritmo cui sono stati individuati nuovi siti contaminati e sul numero di incidenti che comportano danni alle risorse naturali e i loro costi. Esistono alcuni dati sul numero di siti contaminati prima dell'entrata in vigore della legge e dopo la sua entrata in vigore [23]. È stato quindi relativamente semplice ricavare dalla situazione statunitense le stime della spesa finanziaria.

    [23] Cfr. nota 24.

    * Le economie degli Stati Uniti e dell'UE hanno probabilmente intensità di contaminazione ambientale simili - tenendo conto delle differenti dimensioni economiche - trattandosi in entrambi i casi di entità essenzialmente nella stessa fase di sviluppo economico e con requisiti di protezione ambientale simili.

    * Esistono varie fonti di dati e analisi per la situazione degli Stati Uniti che sono state reciprocamente comparate e analizzate da esperti. Questo processo ha migliorato e consolidato i dati statunitensi disponibili.

    * I dati europei invece, essenzialmente non sono verificati, provengono da un'unica fonte e comportano quindi un maggiore margine di errore. I dati inoltre sono disponibili per alcuni Stati membri o regioni, le stime sui costi di risanamento sono parziali e non individuano sempre il numero di siti ad essa associati. Esistono pochi dati sugli incidenti con danni alle risorse naturali e i costi associati. I dati disponibili non sono suddivisi per tipo di siti, industria all'origine della contaminazione, con la conseguenza che è praticamente impossibile estrarre stime significative dei costi di risanamento per una proposta a carattere non retroattivo come la presente.

    Elemento forse ancora più importante, CERCLA è molto simile in termini di obiettivi e mezzi alla presente proposta, tale da poter fungere da riferimento per l'estrapolazione dei costi (probabilmente è il migliore modello disponibile considerato che gli attuali modelli europei si discostano notevolmente dalla presente proposta). Esistono altre importanti differenze tra Superfund e la presente proposta, ma è stato possibile individuare le differenze chiave e il loro probabile impatto sui costi.

    CERCLA è una legge che conferisce all'ente per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti (U.S. Environmental Protection Agency - EPA) il mandato di individuare i siti contaminati da risanare e di avviare le operazioni di risanamento imputando successivamente il costo di questi interventi ai responsabili, attraverso un processo di responsabilità oppure di imporre alle parti responsabili di effettuare direttamente gli interventi di risanamento [24]. L'intervento sui siti contaminati è determinato soprattutto dalla minaccia che essi rappresentano per la salute o il benessere della popolazione (ad es. il benessere delle comunità nelle vicinanze ) nonché per l'ambiente e le risorse naturali. Ciò corrisponde da vicino all'obiettivo e ai mezzi della presente proposta.

    [24] Quando le parti responsabili non sono identificabili o sono insolventi, il costo di risanamento è coperto dai finanziamenti di un fondo fiduciario creato mediante imposte indirette sul petrolio e su materie prime chimiche specifiche e un'imposta aziendale sul reddito a favore dell'ambiente (dal 1996 il Fondo è stato alimentato soltanto dalle entrate dell'amministrazione pubblica in quanto le tasse sono state interrotte). A causa di questo fondo fiduciario, CERCLA è anche noto come "Superfund".

    In base alla legge CERCLA, le parti responsabili devono anche rispondere del danno alle risorse naturali. Le autorità competenti hanno il compito di riparare questo danno, attraverso la riparazione diretta o la sostituzione della risorsa danneggiata con un equivalente. Come per le operazioni di risanamento, le autorità competenti possono avviare la riparazione e poi obbligare le parti responsabili della contaminazione a pagarne i costi attraverso un processo di responsabilità oppure obbligare le parti responsabili ad intraprendere la riparazione direttamente.

    La principale differenza tra CERCLA e la proposta è che CERCLA è un programma interamente retroattivo, ossia introduce (anche) una responsabilità per i rifiuti legalmente smaltiti prima della sua entrata in vigore. Ai fini della presente analisi e poiché la proposta non ha carattere retroattivo, è stata rimossa da CERCLA la dimensione di retroattività presente, ossia sono stati considerati soltanto i costi connessi con il risanamento di siti contaminati da rifiuti smaltiti dopo l'entrata in vigore del programma.

    Su questa base, la tabella inserita alla fine di questo punto [25], presenta una stima delle spese finanziarie annue associate alla proposta, facendo astrazione da tutte le differenze tra CERCLA e la proposta, eccetto il carattere retroattivo (l'impatto delle altre differenze sarà discusso più avanti).

    [25] Ricavata essenzialmente da Footing the Bill for Superfund Cleanups, Katherine Probst et al, Resources for the Future (RFF), 1995. RFF ha anche pubblicato uno studio più recente (luglio 2001) sul futuro dei costi di Superfund a cura di Katherine Probst et al, Superfund's Future, What Will It Cost*, che è stato anche usato nel presente documento. Quest'ultimo studio sottolinea la stabilità e la resilienza relativa delle spese associate con Superfund nel corso del tempo e corrobora quindi la nostra stima. Sono stati aggiunti ad un ritmo costante e significativo nuovi siti contaminati cosa che ci permette di dedurre che i costi di risanamento resteranno grosso modo costanti nel tempo.

    La tabella presenta tre scenari: mediano, superiore e inferiore. Il primo scenario separa le spese sociali finanziarie associate alla "vecchia contaminazione" (contaminazione causata da attività precedenti il varo di Superfund) e la "nuova contaminazione" (contaminazione causata da attività avvenute dopo il varo di Superfund) nei siti dell'elenco nazionale di priorità di Superfund, individuati recentemente. La linea di demarcazione dà circa un terzo per i casi di "nuova contaminazione" e due terzi per i casi di "vecchia contaminazione". Lo scenario superiore ipotizza una ripartizione omogenea tra "vecchi" siti e "nuovi" siti. Lo scenario inferiore ipotizza che le politiche di responsabilità abbiano un effetto considerevole e relativamente rapido e rallentino la comparsa di nuovi siti contaminati. In questo caso la quota di "nuovi" siti rispetto al totale dovrebbe stabilizzarsi sul 20%.

    Esistono buoni motivi per ritenere che lo scenario mediano sia quello più plausibile per il futuro prevedibile [26], ma gli scenari superiore e inferiore forniscono un'utile analisi di sensibilità dei nostri risultati.

    [26] Una percentuale molto elevata dei costi di Superfund è infatti associata a rifiuti depositati prima della sua entrata in vigore. È poco probabile che questa situazione cambi materialmente in un prossimo futuro malgrado l'interesse intuitivo dell'ipotesi che la percentuale delle spese associate a siti "nuovi" sia destinata ad aumentare prossimamente in modo significativo. Ciò è dovuto al fatto di come i siti contaminati sono "scoperti" e (alcuni di essi) eventualmente inclusi in Superfund. Katherine Probst et al hanno così illustrato la situazione nel loro libro del 2001: Superfund's Future: What Will It Cost: "L'informazione relativa ai siti contaminati è incompleta e inconcludente per vari motivi. In parte non è nell'interesse dei proprietari dei beni divulgare informazioni sulla contaminazione del sito all'autorità di regolamentazione; tale informazione potrebbe ridurre il valore della loro proprietà e renderli responsabili dei costi di risanamento. Non è nemmeno nell'interesse della maggior parte dei gestori di programmi federali o statali contribuire a creare un elenco generale pubblico dei siti contaminati se non dispongono delle risorse adeguate per trattare questi problemi". Ciò indica che non solo il processo di scoperta di nuovi casi di contaminazione è lento, ma anche che con finanziamenti pubblici pressoché costanti per Superfund, molti siti individuati non vengono registrati per il risanamento per un lungo periodo di tempo. Questa situazione generale sembra essere confermata dalle informazioni fornite in un rapporto dell'Accounting Office, del novembre 1998, Hazardous Waste: Unaddressed Risks at Many Potential Superfund Sites, ossia che a tale momento l'85% dei siti potenzialmente ammissibili per inclusione nell'elenco nazionale di priorità (Superfund) era già stato scoperto prima del 1990. Il 42% era stato "scoperto" prima del 1985. Lo stesso rapporto indica che, alla data dell'ottobre 1997, 1 789 siti già individuati erano potenzialmente ammissibili per l'inserimento in Superfund. Secondo le stime di Resources for the Future (RFF), nel periodo 2001-2009 saranno aggiunti ogni anno a Superfund da 23 a 49 siti. Se consideriamo la fascia mediana di questa forcella (36) e nell'ipotesi che tutti i 1 789 siti siano eventualmente inseriti in Superfund, occorrerebbero quasi 50 anni per trattare questi casi già individuati. Chiaramente tosto o tardi tutti i siti contaminati saranno "nuovi" siti. Ai fini della presente analisi sembra però più rilevante lo scenario mediano (base case), innanzitutto perché la discussione di cui sopra indica che la ripartizione 1/3-2/3 dovrebbe prevalere per un periodo molto lungo e in secondo luogo perché l'introduzione di disposizioni sulla responsabilità dovrebbe portare ad una migliore prevenzione e quindi a livelli inferiori di contaminazione in futuro (ipotesi rispecchiata nello scenario inferiore.

    I costi possono sembrare elevati, ma non sparirebbero in assenza di una legislazione comunitaria in materia di responsabilità. Sono costi reali corrispondenti a danni ambientali che si verificherebbero a prescindere dall'esistenza di un regime di responsabilità. I costi sociali sarebbero addirittura superiori senza un adeguato regime di responsabilità, tenuto conto dell'assenza di incentivi efficaci alla prevenzione.

    Il costo complessivo di cui sopra dovrebbe essere inferiore all'1,5% della spesa totale nella Comunità per la protezione ambientale, cioè al di sotto dello 0,02% del prodotto interno lordo (PIL). Per dare un'idea dello sforzo necessario, si consideri che il costo pro capite è inferiore a 4 EUR (3 EUR includendo la popolazione dei 12 paesi candidati all'adesione).

    Inizialmente avevamo ipotizzato che l'unica differenza importante tra Superfund e la presente proposta fosse il carattere retroattivo. Esistono però altre differenze molto importanti, alcune delle quali possono modificare l'importo totale delle spese finanziarie sopra stimate. Le altre dovrebbero semplicemente modificare la distribuzione delle spese tra i soggetti economici ma non il loro importo totale. A fini di chiarezza, le differenze che possono incidere sulla spesa globale saranno presentate qui di seguito in maniera separata rispetto a quelle che hanno unicamente un impatto sulla loro distribuzione.

    Esistono quattro differenze significative tra Superfund e la proposta che potrebbero modificare le spese totali rispetto alle stime indicate. Innanzi tutto, Superfund non copre il risanamento di contaminazioni dovute a scarichi autorizzati di sostanze pericolose. Fornisce una difesa nei confronti di potenziali responsabilità per danni a risorse naturali individuati e autorizzati nelle dichiarazioni di impatto ambientale causati da strutture o progetti operanti nell'ambito di autorizzazioni o licenze. Non si applica al danno causato da antiparassitari legalmente registrati. La proposta ha esenzioni e difese comparabili [27] e va al di là di Superfund in quanto non copre il danno imprevedibile sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o quando l'attività si è svolta. Oltre a ridurre le spese totali, l'esenzione supplementare proposta dalla Commissione dovrebbe anche consentire un migliore equilibrio tra finalità ambientali da un lato e finalità economiche e sociali dall'altro. In particolare la proposta della Commissione dovrebbe tutelare meglio gli incentivi all'innovazione in quanto, a differenza di Superfund, non penalizza retroattivamente le attività innovative.

    [27] Tranne nel caso degli antiparassitari. Gran parte del danno associato potrà comunque essere preso in conto a titolo di danno diffuso, non coperto nella presente proposta.

    In secondo luogo l'approccio di valutazione proposto per la biodiversità si basa meno sulla valutazione economica rispetto a Superfund [28]. La proposta della Commissione si basa infatti più sulla riparazione che comporta costi inferiori e più facili da stimare rispetto a stime monetarie del valore delle risorse naturali. A differenza di Superfund, la proposta della Commissione conferisce una chiara preferenza alle opzioni ai minimi costi che dovrebbe quindi diminuire le spese della presente proposta rispetto alle nostre stime (e a Superfund).

    [28] Il ministero dell'Interno statunitense ha recentemente proposto di modificare l'impostazione di Superfund. La nuova impostazione proposta è più in linea con la proposta della Commissione e meno controversa.

    In terzo luogo, mentre le nostre stime ipotizzano che tutte le spese di risanamento siano spese supplementari originate dalla proposta, come era inizialmente il caso per Superfund, de facto gli Stati membri hanno già varato normative sulla responsabilità di risanamento anche se la copertura e il rigore dei programmi nazionali non corrispondono alla presente proposta e variano notevolmente da uno Stato membro all'altro [29]. In ogni caso l'impatto di questa considerazione va anche chiaramente nel senso di ridurre le spese di attuazione della proposta rispetto alle nostre stime precedenti.

    [29] Ad esempio le normative vigenti degli Stati membri non conferiscono alle autorità pubbliche un obbligo generalizzato di risanamento e riparazione anche nei casi in cui non è possibile determinare una parte responsabile oppure essa non è in grado di pagare. La proposta copre anche il danno ambientale in una maniera molto più sistematica rispetto agli attuali approcci nazionali.

    In quarto luogo la proposta stabilisce la responsabilità per danni causati da attività mentre Superfund fa riferimento alle sostanze pericolose. Il primo approccio è apparentemente più ampio del secondo, ma in pratica i due approcci dovrebbero apportare risultati simili e, tutti gli altri parametri restando invariati, comportare spese simili. Ciò perché l'impatto (negativo) della maggior parte delle attività sulla salute pubblica e sull'ambiente è essenzialmente legato al rilascio di sostanze pericolose. Le attività (e i loro livelli) possono avere impatti sulla biodiversità al di là di quelli associati al rilascio di sostanze pericolose. Ciò tuttavia non dovrebbe avere un impatto materiale sulle spese della proposta considerato che, da un lato, le esenzioni consentite nell'ambito delle direttive "Habitat" e "Acqua" sono di applicazione e, dall'altro, i costi legati al danno alla biodiversità dovrebbero rappresentare una percentuale ridotta dei costi totali. Di conseguenza, tenendo conto delle quattro grandi differenze tra la proposta e Superfund atte ad avere un impatto sull'entità globale delle spese, si può concludere che il loro impatto combinato è inferiore alle spese associate alla proposta rispetto alle stime presentate nella tabella precedente che rappresenta quindi un massimale difficilmente raggiungibile in ogni caso.

    Esistono due altre differenze con un impatto (soltanto) distributivo. La prima è che in Superfund la responsabilità concerne numerose parti potenzialmente responsabili, dai fabbricanti e trasportatori di sostanze pericolose ai gestori di siti di smaltimento dei rifiuti. La proposta della Commissione conferisce soltanto responsabilità agli operatori. Ciò non cambierà i costi complessivi rispetto al modello Superfund (poiché, nuovamente, in assenza di parti responsabili private l'autorità competente deve garantire che la riparazione abbia luogo), ma aumenterà la parte di costo delle autorità competenti.

    La seconda differenza di questo tipo è che Superfund prevede la responsabilità congiunta e in solido per i casi dove lo stesso danno è causato da più operatori mentre la presente proposta consente agli Stati membri di applicare la responsabilità congiunta e la responsabilità proporzionale [30]. Le stime di cui sopra sono quindi basate sulla responsabilità congiunta e in solido. Questa responsabilità standard è talvolta ritenuta atta a facilitare il recupero dei costi dalle parti private responsabili ed è quindi associata a livelli superiori di risanamento e riparazione (e spese) rispetto alla responsabilità proporzionale. Considerato che la presente proposta pone un obbligo residuo agli Stati membri di garantire l'esecuzione degli interventi di risanamento e riparazione, le spese (totali) di una responsabilità proporzionale standard dovrebbero essere le stesse delle spese della responsabilità congiunta e in solido. In quest'ultimo caso la quota di spesa delle parti private dovrebbe di norma aumentare mente si verificherebbe l'opposto con la responsabilità proporzionale standard.

    [30] Tranne per gli operatori che possono dimostrare la parte di danno di cui sono responsabili. Questi operatori possono essere tenuti responsabili soltanto dei costi associati a tale parte di danno.

    La valutazione tratta anche la questione dell'impatto diretto dei costi sulla competitività esterna dell'industria che non dovrebbe essere significativo. Innanzi tutto, difficilmente la responsabilità influirà in pari modo su tutte le imprese di qualsiasi ramo industriale. Le imprese che adottano pratiche efficienti ed economiche di prevenzione difficilmente saranno confrontate a costi significativi di responsabilità e quindi la loro competitività internazionale non ne risentirà. In altre parole, le singole imprese potranno risentirne ma non tutto il settore industriale in quanto all'interno di ciascun settore vi saranno delle imprese per le quali non vi saranno conseguenze. Queste ultime riprenderanno probabilmente le attività commerciali perdute dai loro concorrenti a causa degli effetti della responsabilità. Fatta questa premessa, nei settori dove non si può ridurre il livello di inquinamento perché sono già applicate le migliori tecnologie e pratiche disponibili, l'impatto della responsabilità può essere sistematico e tradursi in differenziali di costo a livello settoriale (tutti gli altri fattori restando invariati [31]) nei confronti di paesi terzi con politiche di internalizzazione meno severe.

    [31] Questa invariabilità non è però assoluta e i costi associati alle politiche di protezione ambientale spesso sono irrilevanti rispetto ad altri differenziali di costo (costi di manodopera, disponibilità di infrastruttura, ecc.).

    In secondo luogo, anche con l'impatto di costo significativamente più elevato di Superfund, le industrie statunitensi con i maggiori costi di risanamento [32] non hanno registrato alcun deterioramento significativo della loro competitività internazionale. L'industria chimica offre un buon esempio al riguardo. Pur rappresentando la quota maggiore (25%) dei costi di risanamento di Superfund, nettamente maggiori del settore industriale al secondo posto, questi costi sono comunque una percentuale esigua dei suoi profitti (circa il 2% [33]). Esistono industrie dove l'impatto relativo dei costi di risanamento sui profitti o sul valore aggiunto è più significativo e il miglior esempio di questo è l'industria mineraria. Ciò però è più il risultato di una persistente scarsa redditività, probabilmente associata a fattori strutturali, che dell'impatto delle spese ambientali.

    [32] Prodotti chimici, industria mineraria, metalli primari, legname e prodotti di legno, fabbricazione di prodotti metallici, esclusi macchinari e raffinerie di petrolio.

    [33] Dati sui profitti per il 1991 e il 1992.

    >SPAZIO PER TABELLA>

    * Ciascuna categoria di costo e il calcolo delle spese associate sono spiegati nelle note alla tabella.

    5. Consultazione pubblica

    I lavori preparatori in vista della presente proposta fanno capo, tra l'altro a diverse iniziative sulle quali vi sono stati ampi dibattiti tra le parti interessate. Citiamo il Libro verde della Commissione del 1993 (COM(93) 47 def.), un'audizione congiunta con il Parlamento europeo nello stesso anno, una risoluzione del Parlamento che chiede una direttiva comunitaria, un parere del Comitato economico e sociale nel 1994 e il Libro bianco sulla responsabilità ambientale del 9 febbraio 2000 [34]. Le parti interessate sono anche state consultate su un documento di lavoro del luglio 2001 [35]. Alla luce della consultazione pubblica, le proposte contenute nel documento di lavoro sono state rivedute. Per maggiori informazioni sulla consultazione pubblica e i suoi risultati si rinvia all'allegato alla relazione.

    [34] COM(2000) 66 definitivo Il Libro bianco ha suscitato numerose osservazioni da parte degli Stati membri e di molte altre parti interessate (I sunti di queste osservazioni si trovano al sito: http://europa.eu.int/comm/environment/wel/main/index.cfm). Il Libro bianco è stato anche oggetto di pareri del Comitato economico e sociale (parere del 12 luglio 2000 (GU C 268 del 19.9.2000, pag. 19)) e del Comitato delle regioni (parere del 14 giugno 2000 (GU C 317 del 6.11.2000, pag. 28)). Il Parlamento europeo non ha adottato una posizione ufficiale sul Libro bianco ma la commissione "Ambiente, salute pubblica e politica dei consumatori" ha adottato il 12 settembre 2000 un parere per la Commissione "Questioni giuridiche e mercato interno" sul Libro bianco sulla responsabilità ambientale (doc. PE 290.139). Il Consiglio Ambiente ha anche discusso la questione della responsabilità ambientale nell'aprile e nel dicembre 2000 (cfr. comunicato stampa del Consiglio n. 486 del 18.12.2000 (doc. n. 14668/00)).

    [35] Il testo integrale dei contributi ricevuti (in linea di massima nella loro lingua originale), per i quali non è stata chiesta la riservatezza è disponibile al sito: http://europa.eu.int/comm/environment/liability/followup.htm.

    Chiaramente non era possibile riprendere tutti i suggerimenti formulati dalle diverse parti interessate. In primo luogo, l'industria e le ONG ambientali hanno pareri contrastanti sull'argomento e soprattutto non era possibile riprendere suggerimenti non conciliabili con gli obiettivi della proposta e i motivi che la giustificano.

    Come sopra indicato, secondo la Commissione è necessario uno strumento comunitario sulla responsabilità e nel contesto del danno ambientale, consentire a gruppi di interesse pubblico e ONG di agire nell'interesse dell'ambiente data l'assenza di interesse proprietario in relazione ad esempio alla biodiversità.

    Per contro, la Commissione ritiene che non sia possibile riprendere alcuni suggerimenti formulati dalle ONG ambientali, in particolare il campo di applicazione del regime proposto. La Commissione quando propone una nuova iniziativa legislativa deve considerare tutti gli interessi in presenza e realizzare un buon equilibrio tra tutti, alla luce degli obiettivi ambientali perseguiti e del contesto socioeconomico generale. Non è stato ritenuto opportuno optare per un regime interamente retroattivo o un regime dove i principi usuali in termini di onere della prova e di nesso causale sarebbero stati significativamente alterati.

    Il danno tradizionale (lesione personale e danno a beni), non è trattato dalla proposta sebbene il Libro bianco sulla responsabilità ambientale suggerisca altrimenti. Ciò per vari motivi. In primo luogo, non sembra necessario coprire il danno tradizionale nell'ambito del regime proposto, per conseguire obiettivi ambientali ambiziosi e applicare in misura significativa i principi "chi inquina paga" e di prevenzione. In secondo luogo, il danno tradizionale può soltanto essere disciplinato attraverso la responsabilità civile [36]. I sistemi giuridici nazionali (legislazione e giurisprudenza) sono ben sviluppati circa il danno tradizionale, che è un loro tema di eccellenza. Ciò premesso, a seguito dei recenti e futuri sviluppi a livello internazionale in materia, probabilmente la Commissione dovrà riesaminare questi aspetti, se non altro con riferimento all'eventuale adesione della Comunità agli strumenti internazionali della responsabilità civile che completano gli accordi ambientali internazionali. Da notare tuttavia, che le diverse iniziative [37] internazionali settoriali non sono sempre interamente coerenti ed è quindi difficile in questa fase esprimere una posizione generale su come tali iniziative debbano essere considerate dalla Comunità. Occorrono ulteriori riflessioni in materia, alla luce degli sviluppi a livello internazionale.

    [36] Cfr. lo studio dedicato all'esame degli sviluppi recenti della legge sulla responsabilità ambientale negli Stati membri e sulla responsabilità ambientale in alcuni paesi OCSE (http://europa.eu.int/comm/environment/liability/legalstudy.htm) che evidenzia come nella maggior parte dei paesi, i siti contaminati e gli eventuali danni alla biodiversità sono stati finora soprattutto di competenza del diritto pubblico/amministrativo, mentre il danno alle persone ed alla proprietà rientra nella sfera del diritto civile privato. La Commissione ritiene che sarebbe difficile prevedere un quadro giuridico comune sia per la responsabilità civile che per quella civile/amministrativa. Questo è anche il motivo per cui la proposta non tratta il danno tradizionale.

    [37] Esiste uno strumento settoriale che è stato firmato ma non è ancora entrato in vigore: Il protocollo di Basilea del 1999 sulla responsabilità e il risarcimento dei danni derivanti da movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e dal loro smaltimento. Citiamo diverse altre iniziative in corso o future: un possibile strumento congiunto di responsabilità ai sensi della convenzione di Helsinki del 1992 sugli effetti transfrontalieri di incidenti industriali (convenzione TEIA) e la convenzione di Helsinki del 1992 sulla protezione e l'uso dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali (convenzione sulla protezione dell'acqua) e (a) strumento/i possibile (a medio termine) di responsabilità nell'ambito della convenzione sulla biodiversità e del protocollo di Cartagine sulla sicurezza biologica. Per completezza, si può anche far riferimento all'unico regime ambientale internazionale orizzontale esistente di responsabilità, che è la convenzione di Lugano del 1993 sulla responsabilità civile per il danno derivante da attività pericolose per l'ambiente. Questa convenzione non è, tuttavia, ancora in vigore e non c'è alcuna probabilità che la Comunità vi aderisca nell'immediato futuro.

    Garanzia finanziaria: il regime proposto non la rende obbligatoria. Il circoscritto campo di applicazione delle attività pericolose, la limitazione a talune risorse naturali e la limitazione al danno sono tutti aspetti che contribuiscono a rendere meglio calcolabili e gestibili i rischi che devono essere coperti dal regime. Il regime proposto offre la flessibilità necessaria per i primi anni di attuazione, poiché incorpora un certo numero di novità per gli assicuratori ed altri operatori della garanzia finanziaria.

    Con riferimento alla definizione di biodiversità ai fini della proposta va notato che la definizione di "diversità biologica" nell'articolo 2 della convenzione sulla diversità biologica, non potrebbe, in questa fase, costituire una base adatta per il regime proposto, in particolare per la responsabilità connessa con gli organismi geneticamente modificati. La definizione della convenzione va oltre gli habitat e le specie e ingloba l'idea di "variabilità" e si potrebbe quindi sostenere che il danno alla diversità biologica comprenda la lesione alla "variabilità fra organismi viventi". Tale approccio solleva la questione delicata della quantificazione del danno e della soglia di danno a partire dalla quale scatta la responsabilità [38]. Questa affermazione vale fatti salvi ulteriori sviluppi in materia, soprattutto nel contesto dell'attuazione della convenzione sulla diversità biologica e del protocollo sulla biosicurezza.

    [38] Va notato che simili questioni sono sollevate nel contesto del Comitato intergovernativo per il protocollo di Cartagine relativo alla sicurezza biologica (cfr. nota del segretario esecutivo sulla "Liability and redress for damage resulting from the transboundary movements of living modified organisms. Review of existing relevant instruments and identification of elements" [UNEP/CBD/ICCP/2/3 - paragrafo 77, pagina 24] - http://www.biodiv.org/biosafety/mtg-iccp-02.asp).

    La Commissione è comunque consapevole che, particolarmente in questo campo, il processo legislativo può soltanto essere di tipo iterativo a che l'esperienza acquisita nell'applicazione del regime e i nuovi sviluppi legali e tecnici sull'argomento devono essere riesaminati per migliorare eventualmente il regime.

    6. CONTENUTO DELLA PROPOSTA

    6.1. Articolo 1 - Obiettivo

    La proposta mira a creare un quadro basato sulla responsabilità ambientale per prevenire o riparare il danno ambientale.

    6.2. Articolo 2 - Definizioni

    Si devono definire opportunamente le nozioni necessarie per la buona interpretazione e applicazione del regime previsto dalla proposta.

    Il danno ambientale deve essere definito per quanto possibile con riferimento alle disposizioni pertinenti del diritto ambientale comunitario - direttiva Habitat e direttiva quadro sull'acqua - in modo da poter usare criteri comuni e promuovere un'applicazione uniforme. Si deve comunque tener conto di situazioni specifiche dove le direttive sopra menzionate permettono talune deroghe al livello di protezione stabilito per l'ambiente. Anche la biodiversità deve essere definita con riferimento alle zone di protezione o di conservazione designate conformemente a normative nazionali o regionali sulla conservazione della natura. La nozione di danno ambientale deve anche coprire le situazioni che presentano un grave rischio, potenziale o effettivo, per la salute umana qualora tale rischio derivi dalla contaminazione dei terreni.

    Il danno ad acqua, suolo e habitat a seguito del rilascio accidentale o deliberato di sostanze o materie o radiazioni nell'aria, deve essere incluso nella nozione di danno poiché tali elementi nell'aria potrebbero causare un danno ambientale ai sensi della presente direttiva.

    6.3. Articolo 3 - Campo di applicazione (in congiunzione con l'allegato I)

    Le attività professionali che presentano un rischio per la salute umana e l'ambiente devono essere coperte. Queste attività vanno di massima individuate con riferimento alla legislazione comunitaria pertinente che stabilisce requisiti di regolamentazione (comprese procedure di registrazione o di autorizzazione), in relazione a talune attività o pratiche che si considera comportino un rischio potenziale o reale per le persone e l'ambiente.

    In tale contesto la proposta deve coprire la fabbricazione, l'uso e il rilascio di sostanze e preparati pericolosi, organismi e microrganismi, prodotti fitosanitari e biocidi nell'ambiente.

    Si deve anche tener debitamente conto delle disposizioni della legislazione comunitaria sul trasporto di merci pericolose o inquinanti che possono interessare la presente proposta; è opportuno in tale contesto estendere tali disposizioni ad altri modi di trasporto in assenza di disposizioni comunitarie più specifiche. Tuttavia, data l'esistenza di una legislazione comunitaria specifica in materia di prodotti fitosanitari, biocidi e organismi e microrganismi geneticamente modificati, tutte le attività di trasporto concernenti questi elementi devono essere coperte, indipendentemente dalla loro eventuale copertura nell'ambito delle disposizioni comunitarie sul trasporto. Il fatto che tutti i modi di trasporto non sono attualmente disciplinati dalla legislazione comunitaria sul trasporto o che il trasporto praticamente non è disciplinato dalla legislazione specifica in materia di prodotti fitosanitari, biocidi o organismi e microrganismi geneticamente modificati è irrilevante ai fini della presente proposta, in quanto il trasporto di tali prodotti, organismi e microrganismi comporta un rischio, reale o potenziale, per le persone o l'ambiente.

    La proposta deve anche applicarsi, per il danno per la biodiversità, a qualsiasi attività professionale diversa da quelle già direttamente o indirettamente individuate nella legislazione comunitaria come comportanti un rischio reale o potenziale per le persone o l'ambiente.

    Esistono varie convenzioni internazionali che trattano la questione di responsabilità civile in relazione a campi specifici come l'inquinamento da idrocarburi e il danno nucleare. La maggior parte degli Stati membri hanno aderito a queste convenzioni che, anche se non prevedono necessariamente gli stessi requisiti della proposta, presentano il vantaggio di garantire un'armonizzazione globale o regionale. Nei casi dove queste convenzioni risultano carenti, la Comunità deve, conformemente al suo compito di promuovere sul piano internazionale misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale (articolo 174, paragrafo 1 del trattato CE), cercare di migliorare le disposizioni internazionali esistenti. Dopo l'incidente della petroliera Erika, la Comunità si è impegnata a migliorare la sicurezza marittima ed il funzionamento del Fondo internazionale di compensazione dell'inquinamento da petrolio per le questioni della responsabilità (IOPC) [39]. Una volta completato il riesame del funzionamento del Fondo IOPC intrapreso sotto gli auspici dell'Organizzazione marittima internazionale, la Comunità dovrà determinare se i risultati ottenuti in tale contesto sono soddisfacenti o no; in caso contrario si deve prevedere un'iniziativa comunitaria specifica sull'argomento.

    [39] Cfr. COM(2000) 802 def. del 6.12.2000.

    Si deve quindi tenere debitamente conto della legislazione Euratom e delle convenzioni internazionali esistenti in materia di danno nucleare, danno per inquinamento da idrocarburi e danno causato dal trasporto di sostanze pericolose e nocive e di merci pericolose.

    Dove il diritto comunitario stabilisce già un quadro di regolamentazione, avente tra i suoi scopi la prevenzione di incidenti [40], il regime proposto che mira a completare le disposizioni esistenti e non a sostituirle, non deve interferire con questi requisiti di regolamentazione dettagliati.

    [40] Cfr. direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (GU L 257 del 10.10.1996, pag. 26) e la direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13).

    Il regime proposto che non prevede regole supplementari di conflitti di leggi quando specifica i poteri delle autorità competenti, lascia impregiudicate le regole sulla giurisdizione internazionale dei tribunali, come previsto tra l'altro nel regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [41]. Tenuto conto del campo di applicazione della proposta e dell'esclusione da esso del danno tradizionale, non dovrebbero subentrare problemi di compatibilità con le disposizioni per la protezione della salute e sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro. Lo stesso vale per la legislazione comunitaria concernente la responsabilità [42] del prodotto e la sicurezza del prodotto [43], che non coprono il danno all'ambiente. La legislazione sulla responsabilità e sicurezza dei prodotti è quindi pienamente applicabile. In assenza di possibile sovrapposizione, non occorre prevedere nella proposta una disposizione specifica per chiarire la relazione tra la proposta e tali normative.

    [41] GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.

    [42] GU L 210 del 7.8.1985, pag. 29. Direttiva modificata dalla direttiva 1999/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 1999 (GU L 141 del 4.6.1999, pag. 20).

    [43] Direttiva 92/59/CEE del Consiglio, del 29 giugno 1992, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 228 dell'11.8.1992, pag. 24).

    Va infine precisato che la proposta non si applica all'inquinamento diffuso, né alle attività aventi l'unico scopo di servire la difesa nazionale.

    6.4. Articolo 4 - Prevenzione

    Oltre all'effetto preventivo generale allegato al regime proposto [44], bisogna anche istituire un quadro di regolamentazione per l'adozione di misure di prevenzione specifiche in caso di minaccia imminente di danno ambientale. In questo contesto la prevenzione implica che l'autorità competente chieda all'operatore di prendere le misure di prevenzione necessarie o le prenda essa stessa immediatamente o comunque se l'operatore non le prende. Se un operatore è a conoscenza (o è tenuto ad esserlo) di una minaccia imminente, deve agire immediatamente senza aspettare che l'autorità competente gli chieda di farlo. Se le misure di prevenzione adottate dall'operatore risultano inefficaci, l'operatore ne informa l'autorità competente.

    [44] Ossia l'effetto di prevenzione legato alla responsabilità da un punto di vista economico (cfr. sezione 2 precedente).

    6.5. Articolo 5 - Riparazione (in congiunzione con l'allegato II)

    Nel contesto del regime proposto la riparazione implica che l'autorità competente chieda all'operatore di prendere le misure di riparazione necessarie o prenda essa stessa tali misure immediatamente o quando l'operatore non le prende. La riparazione deve avere luogo in maniera efficace e garantire il conseguimento degli obiettivi di riparazione conformemente ai criteri minimi in base ai quali determinare e selezionare le misure di riparazione. Come regola generale, il valore del danno deve essere quello delle misure di riparazione in modo che non sia necessaria una valutazione monetaria. Tuttavia, le autorità competenti devono poter ricorrere, se necessario, a tecniche di valutazione monetaria. la ricerca svolta nel quadro dei programmi comunitari di ricerca e sviluppo può fornire informazioni e strumenti validi rispetto alla determinazione e valutazione del danno ambientale. La cooperazione attiva dell'operatore e di altre parti interessate dovrebbe contribuire ad un buon rapporto costi/efficacia delle misure prese.

    Diversi casi di danno ambientale possono verificarsi in un breve periodo. In tal caso, l'autorità competente deve poter decidere quale danno ambientale deve essere riparato a titolo prioritario. Per prendere tale decisione, l'autorità competente deve considerare, inter alia, la natura, misura, gravità e possibilità di recupero naturale dei diversi casi di danno ambientale in causa.

    6.6. Articolo 6 - Disposizioni complementari in materia di prevenzione e riparazione

    Data l'importanza di garantire una prevenzione e riparazione adeguate, gli Stati membri devono garantire che siano adottate le misure di prevenzione o riparazione necessarie quando non si può applicare il principio "chi inquina paga". In tali casi, gli Stati membri devono adottare qualsiasi disposizione ritengano idonea in conformità con i loro sistemi giuridici, a condizione di garantire effettivamente il finanziamento delle misure di prevenzione o riparazione. Tali regimi alternativi di finanziamento devono comunque lasciar impregiudicata la responsabilità dell'operatore individuato in un secondo tempo o che disponga nuovamente di mezzi finanziari sufficienti per sostenere il costo delle misure prese.

    6.7. Articolo 7 - Recupero dei costi

    L'azione comunitaria deve promuovere l'applicazione del principio "chi inquina paga", come previsto all'articolo 174, paragrafo 2 del trattato CE. L'operatore che causa un danno ambientale o crea una minaccia imminente di tale danno deve, in linea di massima, essere tenuto finanziariamente responsabile. Quando le misure di prevenzione o riparazione sono prese dall'autorità competente o da terzi per suo conto, il costo deve essere recuperato dall'operatore.

    6.8. Articolo 8 - Imputazione dei costi in relazione a taluni danni alla biodiversità

    Se il danno alla biodiversità è stato causato da un operatore nel corso di un'altra attività professionale, diversa da quelle individuate nella presente proposta come comportanti un rischio reale o potenziale per le persone o l'ambiente, detto operatore non deve essere finanziariamente responsabile se non in caso di dolo o colpa.

    6.9. Articolo 9 - Esenzioni e difese

    La direttiva non copre il danno o la minaccia imminente di esso interamente dovuti ad eventi indipendenti dalla volontà dell'operatore o emissioni o eventi specifici consentiti dalle leggi e dai regolamenti applicabili o che sono permessi sulla base di un'autorizzazione. Lo stesso approccio si applica anche quando il danno è stato causato da emissioni o attività che non erano state ritenute nocive secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dello svolgimento dell'attività. Possono presentarsi tuttavia dei casi dove è giustificato che, anche se l'operatore non deve sostenere il costo della prevenzione o riparazione, gli Stati membri sono comunque tenuti ad intervenire per tale danno. Qualora il danno sia stato causato intenzionalmente da una parte terza, gli Stati membri devono essere tenuti a garantire che tale danno sia riparato, restando inteso che la parte terza che ha causato il danno deve sostenerne i costi. Analogamente, quando il danno è stato causato dal fatto di dover rispettare obbligatoriamente disposizioni provenienti dalle autorità pubbliche, gli Stati membri dovrebbero anche essere tenuti a garantire che la riparazione sia effettuata. I curatori fallimentari svolgono un compito molto importante a beneficio dell'insieme dei creditori e non devono quindi essere tenuti responsabili finanziariamente in quanto agiscono conformemente alle disposizioni nazionali pertinenti e non sia ad essi imputabile dolo o colpa.

    6.10. Articolo 10 - Ripartizione dei costi in relazione a talune misure di prevenzione

    È chiaro che gli operatori devono sempre sostenere il costo delle misure che devono comunque prendere in quanto tenuti a farlo in forza di leggi e regolamenti (diversi dal regime proposto) o dell'autorizzazione che disciplina le loro attività.

    6.11. Articolo 11 - Ripartizione dei costi quando alla causa concorrono più parti

    Diversi operatori possono causare lo stesso danno. In tali casi, gli Stati membri devono prevedere la responsabilità finanziaria congiunta e in solido o la ripartizione su una base giusta ed equa della responsabilità finanziaria. Se un operatore può determinare di aver causato soltanto parte del danno, detto operatore è tenuto a sostenere soltanto il costo relativo a tale parte del danno.

    6.12. Articolo 12 - Prescrizione per il recupero

    Le autorità competenti devono essere abilitate a recuperare il costo dall'operatore almeno durante un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di esecuzione delle misure di prevenzione o riparazione.

    6.13. Articolo 13 - Autorità competente

    Negli Stati membri, i poteri necessari per realizzare ed applicare il regime proposto possono essere conferiti a tribunali, organismi quasi-giurisdizionali o autorità amministrative. In linea con il principio di sussidiarietà, gli Stati membri devono essere liberi di mantenere i loro sistemi istituzionali nella misura in cui essi sono compatibili con il conseguimento degli obiettivi della proposta. Alcuni compiti, ossia, valutazione dell'importanza del danno e determinazione delle misure di riparazione, devono comunque essere sempre svolti dalle autorità amministrative o da terzi per loro conto, poiché richiedono competenze particolari e modalità procedurali che non sono sempre completamente compatibili con l'operato degli organismi giudiziari. Ciò non significa tuttavia che le conclusioni dell'autorità competente in questi diversi rispetti non possano essere riesaminate dai tribunali qualora l'operatore ne contesti l'esattezza. Si devono prevedere disposizioni che consentano all'operatore di avvalersi dei mezzi di ricorso. L'operatore deve essere associato alla procedura considerato che la sua conoscenza dell'attività che ha causato il danno è in genere utile.

    6.14. Articolo 14 - Richiesta di azione

    La protezione dell'ambiente è un interesse diffuso a nome del quale i cittadini non sempre vogliono o possono agire. È quindi opportuno conferire ad entità qualificate uno status speciale per garantire il buon funzionamento del regime proposto. Le persone lese o che possono essere lese dal danno ambientale e le entità qualificate devono quindi essere abilitate a chiedere l'intervento dell'autorità competente a certe condizioni e in determinate circostanze. L'operatore deve avere la possibilità di far conoscere il suo punto di vista rispetto alla richiesta di azione e le osservazioni di accompagnamento. L'autorità competente deve informare il richiedente del risultato della richiesta di azione entro un lasso di tempo opportuno.

    6.15. Articolo 15 - Controllo giurisdizionale

    È importante garantire la possibilità di ricorso contro l'azione o la mancanza di azione delle autorità pubbliche in caso di violazione delle regole stabilite nel regime proposto.

    6.16. Articolo 16 - Garanzia finanziaria

    E in genere riconosciuto che l'assicurazione o altre forme di garanzia finanziaria obbligatorie aumentano l'efficienza del regime di responsabilità. L'uso di assicurazioni o di altre forme di garanzia finanziaria va pertanto incoraggiato.

    6.17. Articolo 17 - Cooperazione tra gli Stati membri

    In caso di danno transfrontaliero, gli Stati membri interessati devono attivamente cooperare per prevenire o riparare il danno.

    6.18. Articolo 18 - Relazione con il diritto nazionale

    Gli Stati membri devono rimanere liberi di mantenere o adottare disposizioni più severe di quelle indicate nel regime proposto e devono inoltre poter trattare la questione del "doppio recupero".

    6.19. Articolo 19 - Applicazione temporanea

    Il regime proposto non deve avere effetto retroattivo. Occorrono opportune disposizioni per i casi dove è probabile che il danno sia stato causato prima della data di attuazione del regime ma non ne esiste la certezza. Gli Stati membri rimangono comunque liberi di disciplinare il danno non coperto dal regime proposto.

    6.20. Articolo 20 - Revisione (in congiunzione con l'allegato III)

    Gli Stati membri devono riferire alla Commissione sull'esperienza acquisita nell'applicazione del regime proposto in modo da permetterle di decidere, alla luce dell'impatto sullo sviluppo sostenibile, se sia opportuno un riesame. Bisogna specificare un minimo di indicazioni sul contenuto delle relazioni nazionali.

    6.21. Articoli 21 - 23 - Attuazione, entrata in vigore e destinatari

    Disposizioni standard nelle direttive.

    Allegato - Elenco di parti interessate che sono state direttamente invitate a partecipare alla consultazione pubblica

    La Commissione europea ha adottato un Libro bianco sulla responsabilità ambientale il 9 febbraio 2000 [45] per esaminare come meglio applicare il principio "chi inquina paga", uno dei principi ambientali chiave del trattato CE, onde conseguire gli obiettivi della politica ambientale comunitaria. Il Libro bianco esamina come configurare nel modo migliore un regime comunitario sulla responsabilità ambientale. Dopo aver esaminato varie opzioni per l'azione comunitaria, la Commissione conclude che l'opzione più adatta è una direttiva quadro comunitaria sulla responsabilità ambientale.

    [45] COM(2000) 66 def.

    Gli antecedenti del Libro bianco comprendono un Libro verde della Commissione nel 1993 (COM(93) 47 def.), un'audizione congiunta con il Parlamento europeo nello stesso anno, una risoluzione del Parlamento che chiede una direttiva comunitaria e un parere del Comitato economico e sociale nel 1994.

    Il Libro bianco ha suscitato numerose osservazioni da parte degli Stati membri e anche di molti soggetti interessati [46]. Il Libro bianco è stato inoltre oggetto di pareri del Comitato economico e sociale [47] e del Comitato delle regioni [48]. Il Parlamento europeo non ha adottato una posizione ufficiale sul Libro [49] bianco. Il Consiglio Ambiente ha inoltre discusso la questione della responsabilità ambientale nei mesi di aprile e dicembre 2000 [50].

    [46] Riassunti di queste osservazioni si trovano nel sito: http://europa.eu.int/comm/environment/wel/main/index.cfm.

    [47] Parere del 12 luglio 2000 (GU C 268 del 19.9.2000, pag. 19).

    [48] Parere del 14 giugno 2000 (GU C 317 del 6.11.2000, pag. 28).

    [49] La commissione "Ambiente, sanità pubblica e politica dei consumatori" ha adottato il 12 settembre 2000 un parere per la commissione "Questioni giuridiche e mercato interno" sul Libro bianco sulla responsabilità ambientale (documento PE 290.139)

    [50] Cfr. comunicato stampa n. 486 del Consiglio del 18.12.2000 (documento n. 14668/00).

    Il 25 luglio 2001 la direzione generale Ambiente ha diffuso un documento di lavoro contenente i principi sui quali si potrebbe basare il futuro regime. Il documento di lavoro è stato inviato a:

    * gli Stati membri;

    * gli Stati del SEE;

    * i paesi di adesione;

    * alcune organizzazioni internazionali (EFTA e UNEP);

    * associazioni europee delle autorità locali e regionali (CEMR - Consiglio dei comuni e delle regioni di Europa e ARE - Assemblea delle regioni europee);

    * ONG ambientali europee (EEB - Ufficio ambientale europeo, WWF - World Wildlife Fund, Greenpeace, BirdLife, Amici della Terra e International Friends of Nature) ed associazione dei consumatori (BEUC);

    * federazioni ed associazioni industriali e professionali europee: Union of Industrial and Employer's Confederations of Europe (UNICE), European Chemical Industry Council (CEFIC), Union Europèenne de l'Artisanat et des Petites et Moyennes Entreprises (UEAPME), European Round Table of Industrialists (ERT), Centre europèen des Entreprises à Participation Publique et des Entreprises d'Intèrêt Economique Gènéral (CEEP), Network for Industrially Contaminated Land in Europe (NICOLE), European Association of BioIndustries (EuropaBio), Fèdèration Europèenne des Activitès du Dèchet et de l'Environnement (FEAD), Organismo di collegamento delle industrie metalliche europee (ORGALIME), EU Committee della camera di commercio americana in Belgio, Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell'UE e Comitato della Cooperazione agricola dell'UE (COPA/COGECA), Contaminated Land Rehabilitation Network for Environmental Technologies (CLARINET), Comitato europeo delle assicurazioni (CEA), Federazione bancaria dell'UE, International Association of Oil and Gas Producers (OGP), Associazione europea dell'industria petrolifera (EUROPIA), Unione petrolifera europea indipendente (UPEI), International Tankers Owners Pollution Federation (ITOPF), European Environmental Law Association (EELA), European Property Federation (EPF), European Atomic Forum (FORATOM).

    Sono state organizzate riunioni (5) con: Stati membri, paesi di adesione, ONG ambientali, industria e autorità locali e regionali.

    Sono state sollecitate osservazioni tramite la pubblicazione del documento di lavoro sul sito web della DG Ambiente.

    Belgio, Danimarca, Francia, Paesi Bassi hanno presentato osservazioni per iscritto, così come la Polonia. Quattro ONG ambientali (BirdLife International, WWF EPO - Ufficio europeo della Politica del World Wildlife Fund -, EEB - Ufficio ambientale europeo, e Amici della Terra Europa) hanno inviato osservazioni comuni. ECSA (Associazione degli armatori della Comunità europea), ICS (International Chamber of Shipping) e INTERTANKO - Associazione internazionale dei proprietari indipendenti di petroliere - hanno anche presentato osservazioni comuni. Inoltre, le seguenti parti interessate hanno inviato osservazioni: AFEP-AGREF - Association française des entreprises privèes; AVENTIS; BDI - Bundesverband der Deutschen Industrie; BERGKAMP Lucas (Prof. & Partner, HUNTON & WILLIAMS); BIPAR - European Federation of Insurance Intermediaries; BNFL - British Nuclear Fuels Plc; CBI - Confederation of British Industry; CEA - Comitato europeo delle assicurazioni; CEEP - Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica e delle imprese di interesse economico generale; CEFIC - Consiglio europeo dell'industria chimica; CEMBUREAU - Associazione europea del cemento; CEMR - Consiglio dei comuni e delle regioni di Europa; CLECAT - Comitato europeo di collegamento dei commissionari ed ausiliari dei trasporti del Mercato comune; CODACONS - Coordinamento delle associazioni per la tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori; ECGA - European Carbon and Graphite Association; EELA - European Environmental Law Association; EFCA - European Federation of Engineering Consultancy Associations; ELO - European Landowners Organisation; EPF - European Property Federation; ERT Environmental Group - European Round Table of Industrialists; ESA - Environmental Services Association; EURELECTRIC - Union of the Electricity Industry; EuroGeoSurveys - Association of Geological Surveys of the European Union; EUROMINES - European Association of Mining Industries; EUROPIA - Associazione europea dell'industria petrolifera; FBE - Federazione banche europee; FEAD - Federazione europea Gestione dei rifiuti e Servizi Ambientali; FIEC - European Construction Industry Federation; FLA - Finance and Leasing Association; FORATOM - European Atomic Forum; Freshfields Bruckhaus Deringer; IBEC - Irish Business & Employers Confederation; IFAW - Fondo internazionale per protezione degli animali; IoD - Institute of Directors; ITOPF - International Tanker Owners Pollution Federation; IV - Industriellenvereinigung; Leaseurope; MEDEF - Mouvement des entreprises de France; Leaseurope; NFU - National Farmers' Union; NICOLE - Network for Industrially Contaminated Land in Europe; NIREX Ltd; Nordic Family Forestry; OGP - International Association of Oil and Gas Producers; RUIZ Marta (avvocato); SMMT - The Society of Motor Manufacturers and Traders; Suez; Syngenta International; Thames Water; TVO - Teollisuuden Voima; UEAPME - Union europèenne de l'artisanat et des petites et moyennes entreprises; UEPC - Union europèenne des promoteurs-constructeurs; UIC - Union des industries chimiques; UKELA - UK Environmental Law Association (con presentazioni separate da parte di Scottish Law Working Party of UKELA); UNICE - Union of Industrial and Employers' Confederation of Europe; VCI - Verband der Chemischen Industrie; VDEW - Verband der Elektrizitätswirtschaft; VDMA - Verband Deutscher Maschinen- und Anlagenbau; WKÖ - Wirtschaftskammer Österreich; ZVEI - Zentralverband Elektrotechnik- und Elektronikindustrie.

    Riassunto dei principali pareri delle parti interessate

    I principali pareri delle parti interessate possono essere riassunti come segue [51]:

    [51] Il testo integrale delle comunicazioni (di massima nella lingua di origine) per le quali non è stata chiesta la riservatezza, è disponibile al sito seguente: http://europa.eu.int/comm/environment/liability/followup.htm.

    Stati membri

    * Nel complesso, il ricorso ai meccanismi di diritto pubblico è stato accolto favorevolmente, malgrado il rincrescimento per il fatto che la responsabilità civile ed il danno tradizionale non sono più coperti.

    * La necessità di un regime legale preciso, definizioni comprese, è stata sottolineata.

    * L'esigenza di garantire la piena applicazione del principio "chi inquina paga" e l'importanza di considerare attentamente il nuovo ruolo delle autorità pubbliche relativamente ai "danni orfani" (cioè quando l'inquinatore non dispone dei mezzi finanziari per riparare il danno) è stata sottolineata, in particolare in rapporto alle possibili conseguenze finanziarie per le autorità pubbliche.

    * È stata sottolineata la situazione particolare del proprietario o di chi occupa il terreno oggetto di danno ambientale causato da terzi.

    * Sono state espresse preoccupazioni circa le proposte che non rientrano nel settore ambientale e concernono maggiormente il diritto delle società o il diritto civile.

    * Sono state menzionate la necessità di chiarire la relazione con le convenzioni internazionali nonché varie iniziative a livello internazionale nel campo della responsabilità civile alla luce delle quali la Commissione deve approfondire le sue riflessioni.

    * Sono stati espressi dubbi circa l'inclusione delle perdite provvisorie.

    * Il futuro regime comunitario non deve impedire agli Stati membri di adottare disposizioni più severe.

    Paesi di adesione

    * Nel complesso, le proposte contenute nel documento di lavoro non hanno sollevato obiezioni; alcuni hanno osservato che le proposte dovrebbero essere più esaurienti.

    * Sono state espresse preoccupazioni circa le possibili conseguenze finanziarie per le autorità pubbliche.

    Industria ed associazioni professionali

    L'industria accoglie favorevolmente l'omissione del danno tradizionale (lesione personale e danni ai beni) ed il fatto che le ONG non siano abilitate a perseguire direttamente gli operatori, ma sono state riespresse le stesse preoccupazioni già formulate in passato. Essenzialmente l'industria:

    * insiste sulla necessità sia di disposizioni che di definizioni chiare e precise;

    * è in genere contraria a qualsiasi alleggerimento/inversione dell'onere della prova;

    * è generalmente contraria alla responsabilità congiunta e in solido;

    * desidera limitare la responsabilità oggettiva (strict liability) ad un numero ristretto di attività (alcuni rappresentanti dell'industria considerano che non c'è motivo di discostarsi dal principio della responsabilità per colpa);

    * insiste per mantenere tra le difese la conformità a un autorizzazione/stato dell'arte/rischio di sviluppo;

    * è generalmente contraria al conferimento di qualsiasi tipo di status privilegiato alle ONG per quanto riguarda l'accesso alla giustizia;

    * si preoccupa per la difficoltà di valutare il danno ambientale;

    * si preoccupa per le difficoltà che potrebbero registrare gli operatori a reperire un'adeguata copertura assicurativa, anche se si compiace del fatto che la garanzia finanziaria non è resa obbligatoria;

    * invita la Commissione a tenere conto delle convenzioni internazionali esistenti nei campi pertinenti (per esempio inquinamento di petrolio, danno nucleare), e

    * si preoccupa circa l'uso di tecniche di valutazione economica.

    * L'industria esprime anche riserve circa le nuove proposte nel documento di lavoro "spezzare l'opacità aziendale"(piercing the corporate veil).

    Organizzazioni non governative ambientali

    * L'intenzione della Commissione di presentare prossimamente una proposta legislativa è accolta favorevolmente ma si teme che il livello di ambizione non sia abbastanza alto. Più particolarmente, le osservazioni dalle ONG ambientali vanno nella direzione seguente:

    * In generale, suggeriscono di rivedere l'approccio minimalista figurante nel documento di lavoro per tener conto dei nuovi sviluppi in materia di organismi geneticamente modificati (OGM), la politica integrata dei prodotti (IPP), la politica comunitaria sulle sostanze chimiche pericolose e di seguire la questione dell'inquinamento di petrolio provocato dalla petroliera Erika.

    * Ritengono che il campo di applicazione della responsabilità oggettiva sia troppo limitato (tutte le attività potenzialmente pericolose devono essere coperte o, per lo meno, le attività elencate nelle loro osservazioni).

    * Insistono affinché siano coperti il danno alla biodiversità all'esterno di zone protette e il danno alle zone protette a titolo di convenzioni internazionali di cui la Comunità e gli Stati membri sono parti contraenti. La responsabilità deve anche applicarsi alle specie protette dalla legislazione nazionale e a tutti i tipi di zone protette a livello nazionale e regionale. La responsabilità deve applicarsi a tutte le specie di uccelli protette ai sensi della direttiva "Uccelli selvatici".

    * Ritengono che, se si mantiene la distinzione tra responsabilità oggettiva e responsabilità per colpa, sia assolutamente necessario estendere il regime di responsabilità per colpa anche all'inquinamento d'acqua derivante da attività che possono essere classificate come non pericolose (ad esempio inquinamento dell'acqua da fanghi fognari o acque reflue).

    * Insistono affinché sia coperta la contaminazione del suolo nociva per l'ambiente e potenzialmente nociva per la salute umana.

    * Ritengono che il danno tradizionale debba essere coperto.

    * Chiedono che le soglie di importanza (significance thresholds) siano sostanzialmente abbassate in modo che il futuro regime sia applicabile ai casi che si situano tra il "banale" e il "sensazionale".

    * Chiedono che la Commissione cerchi soluzioni al danno storico, particolarmente nel caso dei terreni contaminati.

    * Raccomandano che la "conformità ad un ordine pubblico" non permetta di esonerare dalla responsabilità le attività permesse o autorizzate, in particolare le colture commerciali di varietà geneticamente modificate.

    * Accolgono favorevolmente la responsabilità congiunta e in solido nei casi in cui è impossibile una ripartizione.

    * Accolgono favorevolmente la responsabilità delle persone giuridiche e delle persone che forniscono la garanzia finanziaria.

    * Ritengono che i cittadini e le categorie interessate debbano avere una legittimazione legale e che debbano potere avviare azioni dirette contro gli operatori almeno in certi casi; che si prevedano agevolazioni finanziarie per i cittadini (cioè alleggerimento dei costi procedurali e delle azioni di risarcimento dei danni) che intentano causa contro gli inquinatori, particolarmente in caso di danno imminente.

    * Raccomandano che la garanzia finanziaria sia resa obbligatoria a livello comunitario.

    * Accolgono favorevolmente in generale le condizioni di riparazione del danno.

    * Ritengono che l'onere della prova debba essere alleggerito.

    * Una ONG raccomanda che le tecniche di valutazione monetaria applicate quando non è possibile una riparazione comparabile comprendano tecniche di preferenza dichiarata (stated preference); sostiene inoltre un regime retroattivo.

    Autorità locali e regionali

    * Sono state espresse preoccupazioni circa il fatto che il regime previsto imporrebbe obblighi onerosi alle autorità pubbliche nell'attuazione del regime, specie quando nessun inquinatore può essere tenuto responsabile.

    * Sono anche state espresse preoccupazioni circa il fatto che l'azione delle autorità pubbliche possa essere contestata da entità qualificate.

    Alla luce delle osservazioni espresse dalle parti interessate, le proposte contenute nel documento di lavoro sono state rivedute.

    Citiamo i seguenti punti (nell'ordine degli articoli della proposta):

    * La nozione di "attività professionali e commerciali" è stata sostituita da quella di "attività professionali" per precisare il campo di applicazione.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che la nozione di "attività professionali e commerciali" potrebbe essere interpretata nel senso di non coprire le attività senza scopo di lucro svolte nel corso di un'attività professionale e le attività professionali svolte da imprese o autorità pubbliche, mentre l'intenzione è di coprire tali attività senza scopo di lucro.

    * La relazione con le convenzioni internazionali è stata chiarita.

    Questo cambiamento deriva dalla richiesta di chiarire la relazione tra i livelli internazionale e comunitario. Sono state elencate le convenzioni internazionali per le quali la direttiva dovrebbe applicarsi senza interferenze.

    * È stata ulteriormente precisata la portata in cui si possono usare come difesa le istruzioni delle autorità pubbliche.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che la nozione di "conformità ad un ordine di un'autorità pubblica" o di "osservanza di una misura obbligatoria" potrebbe essere interpretata come esentante dalla responsabilità attività soggette a permesso o ad autorizzazione, mentre non si vuole mantenere la possibilità di invocare come difesa la conformità alla regolamentazione.

    * La scelta è ora lasciata agli Stati membri tra responsabilità congiunta e in solido o ripartizione giusta ed equa di responsabilità quando non è possibile suddividere la responsabilità sulla base della migliore prova disponibile.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che la responsabilità congiunta e in solido non è sempre la regola negli Stati membri in un contesto di diritto pubblico.

    * Gli Stati membri hanno ora la possibilità di dare la priorità ai danni in circostanze dove troppi di essi si verificherebbero contemporaneamente (ma questa flessibilità non deve consentire loro di soprassedere alla riparazione di taluni danni).

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che si deve prevedere la possibilità di circostanze eccezionali.

    * Le disposizioni sui termini di prescrizione sono state rivedute.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che la prescrizione ha un diverso ruolo in diritto pubblico e in diritto civile. È ora precisato che nessun termine di prescrizione si applica alla facoltà delle autorità competenti di prendere o ordinare misure di riparazione; per contro, un termine di prescrizione si applica con riferimento al periodo di tempo lasciato alle autorità competenti per avviare procedure di recupero dei costi.

    * Il ruolo ed i poteri delle autorità pubbliche nell'attuazione del futuro regime sono stati chiariti.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che bisogna precisare le circostanze e le condizioni nelle quali le autorità competenti sono tenute ad intervenire su richiesta.

    * Le disposizioni sul ruolo delle ONG e sui procedimenti di controllo giurisdizionale sono state rivedute per renderle più operative.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che non è sempre possibile in pratica adottare una decisione definitiva concernente le misure di riparazione in un termine di quattro mesi. Il testo chiarisce ora che le autorità competenti devono agire entro un lasso di tempo ragionevole, coerente con il buon conseguimento degli obiettivi della proposta. Inoltre, la persona o l'entità qualificata che ha presentato una richiesta di azione deve essere informata entro un termine di quattro mesi.

    * È reintegrato il diritto degli Stati membri di adottare disposizioni più severe.

    Questo diritto deriva direttamente dall'articolo 176 del trattato ma, in seguito alle domande poste da diverse parti interessate che l'ignoravano, è ribadito nella proposta per ragioni di chiarezza del diritto.

    * Le disposizioni transitorie sono state rivedute.

    Questo cambiamento deriva dall'osservazione che un'inversione completa dell'onere della prova potrebbe condurre a situazioni ingiuste. È ora precisato che l'autorità competente deve innanzi tutto addurre prove convincenti prima di chiedere all'operatore di confutare la prova addotta.

    Oltre a questi cambiamenti specifici, sono state esaminate attentamente altre questioni sulle quali era stata richiamata l'attenzione, come l'esigenza della precisione e della chiarezza in generale, la piena applicazione del principio "chi inquina paga" e la questione dell'assicurabilità.

    Rispetto ai documenti di lavoro, alcune proposte sono state soppresse, ad esempio le disposizioni volte ad estendere la responsabilità a determinate persone fisiche e giuridiche ("spezzare l'opacità aziendale") e le disposizioni sui procedimenti per direttissima, volti ad evitare la dissipazione di fondi da parte di un inquinatore.

    Questo cambiamento deriva dalla considerazione che tali disposizioni non sono assolutamente necessarie - in quanto gli Stati devono prendere provvedimenti sussidiari - e, per alcune di essi, senza precedenti sia nel diritto comunitario che nazionale, cosa che ha quindi sollevato serie obiezioni, data l'interferenza con il diritto nazionale di procedura civile.

    Menzioniamo anche l'infondatezza di alcune preoccupazioni. Le ONG precisano che il regime proposto non si applica ai "prodotti chimici non classificati", ma la proposta non impone di classificare i prodotti chimici a livello comunitario; la legislazione [52] comunitaria pertinente impone ai fabbricanti di prodotti chimici, in attesa della classificazione a livello [53] comunitario, di effettuare di propria iniziativa una valutazione provvisoria delle proprietà pericolose delle sostanze chimiche e classificarle, etichettarle ed imballarle in conseguenza. Le ONG temono inoltre che la conformità ad un ordine pubblico (una difesa disponibile nell'ambito del regime proposto), potrebbe significare che il funzionamento in base ad un autorizzazione sarebbe una difesa, ma questo non è il caso e la disposizione pertinente è stata chiarita per togliere qualsiasi ambiguità. Hanno inoltre precisato che devono essere coperti non solo i siti designati a norma della legislazione nazionale ma anche i siti designati nell'ambito delle normative regionali o locali, come è sempre stata l'intenzione.

    [52] Articolo 6 della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernente la classificazione, l'imballaggio e l'etichettatura di sostanze pericolose, modificata dalla direttiva 92/32/CEE del Consiglio, del 30 aprile 1992.

    [53] Cioè sono stati inseriti nell'allegato I alla direttiva 67/548/CEE del Consiglio modificata.

    Base giuridica: il fatto che la proposta contiene disposizioni sul controllo giurisdizionale non deve influire sulla scelta della base giuridica poiché tali disposizioni sono solo accessorie agli obiettivi ambientali perseguiti ed è necessario garantire il buon funzionamento del sistema. Notisi inoltre che le disposizioni sul controllo giurisdizionale non rientrano in nessuno dei campi di azione di cui all'articolo 65 del trattato CE che riguarda soltanto la cooperazione giudiziaria in materia civile che presenta implicazioni transfrontaliere.

    2002/0021 (COD)

    Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale

    (Testo rilevante ai fini del SEE)

    IL PARLAMENTO EUROPEO ED IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

    visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

    vista la proposta della Commissione [54],

    [54] GU C ...

    visto il parere del Comitato economico e sociale [55],

    [55] GU C ...

    visto il parere del Comitato delle regioni [56],

    [56] GU C ...

    deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [57],

    [57] GU C ...

    considerando quanto segue:

    (1) Nella Comunità esistono attualmente molti siti contaminati che comportano rischi significativi per la salute e negli ultimi decenni vi è stata una forte accelerazione della perdita di biodiversità. Il non intervento potrebbe provocare in futuro ulteriori contaminazioni dei siti e una perdita di biodiversità ancora maggiore. La riparazione e la prevenzione, nella misura del possibile, del danno ambientale contribuisce a realizzare gli obiettivi ed i principi della politica ambientale comunitaria, stabiliti nell'articolo 174 del trattato.

    (2) La prevenzione e la riparazione del danno ambientale devono essere attuate applicando il principio "chi inquina paga", di cui all'articolo 174, paragrafo 2 del trattato. Uno dei principi fondamentali della presente direttiva deve essere quindi che l'operatore la cui attività ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sarà tenuto finanziariamente responsabile in modo da indurre gli operatori ad adottare misure e a sviluppare pratiche atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale in modo da ridurre la loro esposizione a tale responsabilità.

    (3) Poiché gli obiettivi dell'azione prevista, ossia istituire una disciplina comune per la prevenzione e riparazione del danno ambientale a costi contenuti per la società non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri e, a motivo delle dimensioni di detta azione e delle implicazioni con altre normative comunitarie come la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici [58], la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche [59] e la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque [60], possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure in linea con il principio di sussidiarietà enunciato all'articolo 5 del trattato. Conformemente al principio di proporzionalità di cui a detto articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per raggiungere tali obiettivi.

    [58] GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata con direttiva 97/49/CE della Commissione, del 29 luglio 1997 (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).

    [59] GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata con direttiva 97/62/CE del Consiglio, (GU L 305 del 8.11.1997, pag. 42).

    [60] GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.

    (4) Bisogna definire le nozioni necessarie ad una corretta interpretazione ed applicazione della disciplina prevista dalla presente direttiva. Quando la nozione in questione deriva da altra legislazione comunitaria pertinente, è opportuno usare la stessa definizione onde usare criteri comuni e promuovere un'applicazione uniforme.

    (5) La biodiversità deve anche essere definita con riferimento alle zone di protezione o di conservazione designate conformemente alla legislazione nazionale sulla conservazione della natura. Si deve tuttavia tener conto di situazioni specifiche in cui direttive comunitarie o disposizioni nazionali equivalenti consentono deroghe al livello di protezione stabilito per l'ambiente.

    (6) La presente direttiva deve applicarsi, con riferimento al danno ambientale, alle attività professionali che presentano un rischio per la salute umana e l'ambiente. In linea di principio, tali attività devono essere individuate con riferimento alla legislazione comunitaria pertinente che prevede requisiti normativi, in particolare in relazione a certe attività o pratiche che si considera presentino un rischio potenziale o reale per le persone o l'ambiente.

    (7) La presente direttiva deve inoltre applicarsi, con riferimento al danno alla biodiversità, allea attività professionali che non sono già direttamente o indirettamente contemplata nella legislazione comunitaria come comportanti un rischio reale o potenziale per le persone e l'ambiente.

    (8) Si deve tenere espressamente conto del trattato Euratom, delle convenzioni internazionali e della legislazione comunitaria che disciplina più completamente e più rigorosamente tutte le attività che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. Non contemplando regole supplementari di conflitto di leggi nell'attribuzione dei poteri delle autorità competenti, la presente direttiva fa salve le regole sulla competenza giurisdizionale previste tra l'altro nel regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [61]. La presente direttiva non si deve applicare alle attività svolte nell'interesse della difesa nazionale.

    [61] GU L 12 del 22.12.2000, pag. 1.

    (9) Non tutte le forme di danno ambientale possono essere risarcite attraverso la responsabilità civile. Affinché quest'ultima agisca effettivamente bisogna che vi siano uno o più soggetti individuabili (gli inquinatori), il danno deve essere concreto e quantificabile e bisogna accertare nessi causali tra il danno e gli inquinatori individuati. La responsabilità civile non è quindi uno strumento adatto per trattare l'inquinamento a carattere diffuso e generale nei casi in cui sia impossibile collegare gli effetti ambientali negativi alle attività di taluni singoli soggetti.

    (10) La prevenzione e riparazione del danno ambientale sono un compito d'interesse generale che contribuisce direttamente agli obiettivi della politica ambientale comunitaria. Bisogna quindi affidare speciali responsabilità alle pubbliche autorità per garantire la corretta attuazione ed esecuzione della disciplina prevista dalla presente direttiva.

    (11) Affinché il sistema sia efficace, l'autorità competente deve intervenire direttamente nei casi in cui gli operatori responsabili non prendono o non sono in grado di prendere le misure necessarie per prevenire il danno ambientale o per ripararlo.

    (12) La riparazione deve avere luogo in maniera efficace garantendo il conseguimento degli obiettivi di riparazione. A tal fine si devono definire opportuni orientamenti la cui corretta applicazione deve essere controllata dall'autorità competente.

    (13) Si devono prevedere opportune disposizioni per i casi in cui la concomitanza di più di un danno ambientale impedisce all'autorità competente di garantire la contestuale adozione di tutte le misure di riparazione necessarie. In tal caso, l'autorità competente deve poter decidere quale danno ambientale deve essere riparato a titolo prioritario.

    (14) Secondo il principio "chi inquina paga", l'operatore che provoca un danno ambientale o è all'origine di una minaccia imminente di tale danno è tenuto di massima a sostenere il costo delle misure di prevenzione o riparatrici necessarie. Quando l'autorità competente deve intervenire direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorità deve far si che il costo da essa sostenuto sia a carico dell'operatore. È inoltre opportuno che gli operatori in causa sostengano il costo della valutazione del danno ambientale ed eventualmente della valutazione della minaccia imminente di tale danno.

    (15) Gli Stati membri devono assicurare l'adozione delle necessarie misure di prevenzione o riparazione quando non è possibile applicare il principio "chi inquina paga". In tali casi, gli Stati membri devono adottare qualsiasi disposizione che ritengano idonea secondo i loro sistemi giuridici, a condizione di garantire l'effettivo finanziamento delle misure di prevenzione o riparazione necessarie.

    (16) Se il danno alla biodiversità è stato causato da un operatore nell'esercizio di un'attività professionale non indicata dalla presente direttiva fra quelle che implicano un rischio reale o potenziale per le persone o l'ambiente, nel caso in cui non sia accertato il dolo o la colpa di detto operatore, quest'ultimo non deve sostenere il costo di misure di prevenzione o riparazione adottate a norma della presente direttiva.

    (17) Bisogna tener debitamente conto delle situazioni in cui il danno in questione o la minaccia imminente di esso derivano interamente da eventi indipendenti dalla volontà dell'operatore o da emissioni o eventi espressamente autorizzati o la cui natura dannosa non era nota al momento del loro verificarsi; delle situazioni in cui le persone agiscono in qualità di curatori fallimentari e non è ad esse altrimenti imputabile un comportamento doloso o colposo nonché delle situazioni in cui gli operatori si limitano a rispettare i requisiti normativi imposti alla loro attività. In tale contesto possono verificarsi situazioni che giustificano l'obbligo degli Stati membri d'intervenire anche se l'operatore non dovrebbe sostenere il costo delle misure di prevenzione o riparazione.

    (18) Gli operatori devono sostenere i costi delle misure di prevenzione che avrebbero comunque dovuto prendere per conformarsi alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano le loro attività, compresi eventuali permessi o autorizzazioni.

    (19) Occorre prevedere adeguate disposizioni per tenere conto dei casi in cui il danno è stato provocato da più operatori, compresa la possibilità per gli Stati membri di prevedere una responsabilità finanziaria in solido oppure un'equa e ragionevole ripartizione di tale responsabilità.

    (20) Le autorità competenti devono poter recuperare dall'operatore il costo di misure preventive o di riparazione adottate, entro un termine congruo dalla data di esecuzione di dette misure.

    (21) È necessario garantire la disponibilità di mezzi di applicazione ed esecuzione efficaci, garantendo un'adeguata tutela dei legittimi interessi degli operatori e delle altre parti interessate. Le autorità competenti devono effettuare, se necessario, opportune indagini e svolgere compiti specifici che richiedono conoscenze approfondite e l'opportuna discrezionalità amministrativa, ossia il dovere di valutare l'entità del danno e di determinare le misure di riparazione da prendere.

    (22) Le persone che hanno subito o che possono subire un danno ambientale devono essere legittimate a chiedere all'autorità competente di agire a norma della presente direttiva. La protezione dell'ambiente è tuttavia un interesse diffuso, in nome del quale i singoli non sempre agiscono o sono in grado di agire. È quindi opportuno conferire ad entità qualificate diritti speciali per contribuire in maniera adeguata all'efficace attuazione della presente direttiva.

    (23) Per le richieste di agire si devono prevedere opportune procedure che includano l'obbligo per l'autorità competente di informare la parte interessata quando non è possibile prendere una decisione entro un termine congruo.

    (24) Le persone e le entità qualificate pertinenti devono essere legittimate ad avviare procedure di revisione delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell'autorità competente.

    (25) Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare più Stati membri, tali Stati membri devono cooperare per garantire una corretta ed efficace azione di prevenzione o di qualsiasi danno ambientale.

    (26) Gli Stati membri devono incoraggiare gli operatori a munirsi di una copertura assicurativa o di altre forme di garanzia finanziaria onde fornire un'efficace copertura degli obblighi finanziari derivanti dalla presente direttiva.

    (27) La presente direttiva non deve precludere agli Stati membri la conservazione o l'emanazione di norme più severe in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale né l'adozione di opportune disposizioni con riferimento alle situazioni di possibile doppio recupero, nel caso di azione concorrente da parte di un'autorità competente a norma della presente direttiva e di una persona che abbia subito un danno.

    (28) La presente direttiva non si deve applicare al danno cagionato prima della data della sua attuazione e si devono prevedere opportune disposizioni per le fattispecie in cui non sia chiaro se la causa del danno sia precedente a detta data.

    (29) È opportuno che gli Stati membri riferiscano alla Commissione sull'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva in modo da consentirle di esaminare, alla luce dell'impatto sullo sviluppo sostenibile, l'opportunità o meno di una revisione della medesima,

    HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

    Articolo 1

    Oggetto

    La presente direttiva istituisce una normativa quadro, basata sulla responsabilità ambientale, per la prevenzione e riparazione del danno ambientale.

    Articolo 2

    Definizioni

    1. Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

    1) "condizioni originarie", le condizioni delle risorse e dei servizi naturali che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno, stimate sulla base di dati storici, dati di riferimento, dati di controllo, o dati su mutamenti successivi (come il numero di animali morti), da soli o in combinazione, secondo il caso;

    2) "biodiversità", gli habitat e le specie naturali di cui all'allegato I della direttiva 79/409/CEE o agli allegati I, II e IV della direttiva 92/43/CEE del Consiglio o gli habitat e le specie cui non si applicano dette direttive e per i quali sono state designate zone di protezione o di conservazione secondo la pertinente legislazione nazionale sulla conservazione della natura;

    3) "stato di conservazione":

    a) con riferimento ad un habitat naturale, l'insieme dei fattori che intervengono su tale habitat e sulle sue specie tipiche e possono influenzarne la distribuzione naturale a lungo termine, la struttura e le funzioni come pure la sopravvivenza a lungo termine delle sue specie tipiche, secondo il caso nel territorio europeo degli Stati membri in cui si applica il trattato o nel territorio di uno Stato membro o nell'area di detto habitat;

    b) con riferimento ad una specie, l'insieme dei fattori che intervengono sulla specie interessata e possono influenzarne la distribuzione e l'abbondanza a lungo termine delle sue popolazioni, secondo il caso nel territorio europeo degli Stati membri in cui si applica il trattato o nel territorio di uno Stato membro o nell'areale naturale di detta specie;

    4) "costi", i costi giustificati dalla necessità di assicurare un'attuazione corretta ed efficace della presente direttiva, comprensivi delle spese amministrative, legali e di applicazione della medesima, dei costi di raccolta dei dati, di altri costi generali legati al processo di valutazione nonché dei costi di controllo e sorveglianza;

    5) "danno", un mutamento negativo misurabile di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente e che è cagionato da un'attività prevista dalla presente direttiva;

    6) "minaccia imminente", il rischio sufficientemente verosimile che si verifichi un danno ambientale in un futuro prossimo;

    7) "curatore fallimentare", una persona nominata secondo il diritto nazionale pertinente in relazione a procedure di insolvibilità, liquidazione, fallimento o procedure analoghe;

    8) "risorse naturali", biodiversità, acqua e suolo, compreso il sottosuolo;

    9) "operatore", qualsiasi persona che svolge un'attività cui si applica la presente direttiva, compresi il titolare del permesso o dell'autorizzazione a svolgere detta attività e la persona che registra o notifica l'attività medesima;

    10) "persona", qualsiasi persona fisica o giuridica;

    11) "contaminazione del terreno" o "contaminazione del suolo e sottosuolo", l'introduzione diretta o indiretta nel suolo e nel sottosuolo, a seguito dell'attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi che possono essere nocivi alla salute umana o alle risorse naturali;

    12) "misure di prevenzione", le misure prese dopo un evento, atto o omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine d'impedire o minimizzare tale danno;

    13) "attività professionale", attività comprensive di quelle senza scopo di lucro e della prestazione di servizi al pubblico;

    14) "entità qualificata", qualsiasi persona che, secondo criteri di diritto nazionale, ha un interesse a che la riparazione del danno ambientale sia garantita, compresi gli organismi e le organizzazioni il cui statuto prevede come fine istituzionale la protezione dell'ambiente e che sono conformi a tutti i requisiti previsti dal diritto nazionale;

    15) "ripristino", il ritorno delle risorse e dei servizi naturali danneggiati alle condizioni originarie;

    16) "riparazione", qualsiasi azione, o combinazione di azioni dirette a riparare, risanare, sostituire o acquisire l'equivalente delle risorse e dei servizi naturali danneggiati, comprensiva di quanto segue:

    a) la riparazione primaria, ossia qualsiasi azione, compreso il ripristino naturale, che riporta le risorse e i servizi naturali danneggiati alla condizione originaria;

    b) la riparazione compensativa, ossia qualsiasi azione di riparazione intrapresa in relazione a risorse e servizi naturali in un luogo diverso da quello dove dette risorse e servizi naturali sono stati danneggiati e qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e di servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino al ripristino [ritorno delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati alle condizioni originarie];

    17) "servizi" (o "servizi di risorse naturali"), le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali o del pubblico;

    18) "danno ambientale":

    a) danno alla biodiversità, vale a dire qualsiasi danno che produce gravi effetti negativi sullo stato di conservazione della biodiversità;

    b) danno alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida negativamente sullo stato ecologico, il potenziale ecologico o lo stato chimico delle acque interessate in misura tale che tale stato si deteriori o possa deteriorarsi rispetto ad una delle categorie di cui alla direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7 della medesima;

    c) danno al terreno, qualsiasi danno che rechi un grave pregiudizio potenziale o reale alla salute umana a seguito della contaminazione del suolo e sottosuolo;

    19) "valore", la quantità massima di beni, servizi, o denaro che un individuo è disposto a cedere per ottenere un bene o un servizio specifico, o la quantità minima di beni, servizi o denaro che un individuo è pronto ad accettare per rinunciare ad un bene o ad un servizio specifico; il valore totale di un habitat o di una specie include il valore che gli individui ricavano dall'uso diretto delle risorse naturali, come nuoto, navigazione da diporto o l'osservazione degli uccelli, come pure il valore attribuito dagli individui agli habitat ed alle specie, a prescindere dagli usi diretti; ne sono escluse le perdite d'introiti finanziari di soggetti privati;

    20) "acque", tutte le acque cui si applica la direttiva 2000/60/CE;

    21) "emissione", il rilascio nell'ambiente di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.

    2. Il danno alla biodiversità ai sensi del paragrafo 1, punto18, lettera a) non comprende gli effetti negativi derivanti da un atto dell'operatore espressamente autorizzato delle autorità competenti, secondo le norme di attuazione dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva 92/43/CEE o qualsiasi altra disposizione di diritto nazionale che abbia un effetto equivalente per gli habitat e le specie, protetti a norma della legislazione nazionale sulla conservazione della natura ma non disciplinati dalle direttive 79/409/CEE o 92/43/CEE, a condizione che tali disposizioni nazionali offrano garanzie almeno equivalenti, ivi compreso in termini di misure compensative previste.

    Il danno alla biodiversità non comprende gli effetti negativi derivanti da un atto dell'operatore espressamente autorizzato delle autorità competenti, conformemente alle norme di attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE o dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE.

    Articolo 3

    Campo di applicazione

    1. La presente direttiva si applica al danno ambientale causato dall'esercizio di una delle attività professionali elencate nell'allegato I e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una di tali attività.

    2. La presente direttiva si applica al danno alla biodiversità causato dall'esercizio di un'attività professionale non elencata nell'allegato I, e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una di tali attività.

    3. La presente direttiva non si applica al danno ambientale o ad una minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale la responsabilità civile o l'indennizzo sono disciplinati da uno dei seguenti accordi, come eventualmente modificati:

    a) la convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

    b) la convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per l'indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

    c) la convenzione internazionale del 23 marzo 2001 sulla responsabilità civile e sul risarcimento dei danni derivanti da inquinamenti determinati dal carburante delle navi (denominata convenzione "Bunker Oil");

    d) la convenzione internazionale del 3 maggio 1996 sulla responsabilità civile per i danni in relazione al trasporto marittimo di sostanze pericolose e nocive;

    e) la convenzione del 10 ottobre 1989 sulla responsabilità civile per i danni causati durante il trasporto di materiali pericolosi su strada, ferrovia o battello di navigazione interna.

    4. La presente direttiva non si applica ai rischi nucleari e al danno ambientale né alla minaccia imminente di tale danno causati dall'espletamento di attività industriali disciplinate dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica o causati da un incidente o un'attività per i quali la responsabilità civile o l'indennizzo sono disciplinati da uno dei seguenti accordi, come eventualmente modificati :

    a) la convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell'energia nucleare e la convenzione complementare di Bruxelles del 31 gennaio 1963;

    b) la convenzione di Vienna del 21 maggio 1963 sulla responsabilità civile in materia di danno nucleare, e la convenzione di Vienna del 12 settembre 1997 sull'indennizzo complementare per danno nucleare;

    c) il protocollo congiunto del 21 settembre 1988 relativo all'applicazione della convenzione di Vienna e della convenzione di Parigi;

    d) la convenzione di Bruxelles del 17 dicembre 1971 relativa alla responsabilità civile derivante dal trasporto marittimo di sostanze nucleari.

    5. La presente direttiva si applica fatte salve disposizioni più severe della legislazione comunitaria sull'esercizio di una delle attività che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva e fatta salva qualsiasi normativa comunitaria contenente disposizioni sul conflitto di giurisdizione.

    6. La presente direttiva non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso e generale quando non sia possibile accertare un nesso causale tra il danno e le attività di taluni singoli operatori.

    7. La presente direttiva non si applica alle attività aventi come unico scopo la difesa nazionale.

    8. Fatto salvo l'articolo 11, paragrafo 3, la presente direttiva non conferisce ai privati un diritto ad essere indennizzati per qualsiasi perdita patrimoniale subita in seguito ad un danno ambientale o ad una minaccia imminente di tale danno.

    Articolo 4

    Prevenzione

    1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'autorità competente chiede all'operatore di adottare le misure di prevenzione necessarie o adotta essa stessa tali misure.

    2. Fatta salva qualsiasi ulteriore azione che potrebbe imporre l'autorità competente a norma del paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché gli operatori che sono, o dovrebbero essere, a conoscenza di una minaccia imminente siano tenuti a prendere le misure necessarie per impedire il verificarsi di un danno ambientale, senza attendere una richiesta in tal senso dell'autorità competente.

    3. Se del caso, e comunque quando la minaccia imminente di danno ambientale persista nonostante le misure di prevenzione adottate dall'operatore, gli Stati membri provvedono affinché gli operatori informino l'autorità competente della situazione.

    4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al paragrafo 1 o 2, l'autorità competente adotta le misure di prevenzione necessarie.

    Articolo 5

    Riparazione

    1. Quando si è verificato un danno ambientale, l'autorità competente chiede all'operatore di adottare le misure di riparazione necessarie o adotta essa stessa tali misure.

    2. Se l'operatore non si conforma ad una richiesta a norma del paragrafo 1, l'autorità competente adotta essa stessa le misure di riparazione necessarie.

    3. Le misure di riparazione necessarie sono determinate conformemente all'allegato II.

    4. Qualora, in presenza di una pluralità di casi di danno ambientale, l'autorità competente non possa garantire l'adozione simultanea delle misure di riparazione necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario.

    Ai fini di tale decisione, l'autorità competente tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale nonché della possibilità di un ripristino naturale.

    Articolo 6

    Disposizioni complementari in materia di prevenzione e riparazione

    1. Fatto salvo l'articolo 9, paragrafo 1, gli Stati membri garantiscono l'adozione delle misure di prevenzione o riparazione necessarie in uno dei seguenti casi:

    a) quando non è possibile individuare l'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia di danno;

    b) quando l'operatore può essere individuato ma non ha mezzi finanziari sufficienti per prendere misure di prevenzione o riparazione necessarie;

    c) quando l'operatore può essere individuato ma non ha mezzi finanziari sufficienti per adottare tutte le misure di prevenzione o riparazione necessarie;

    d) quando a norma della presente direttiva il costo delle misure di prevenzione o riparazione necessarie non è a carico dell'operatore.

    2. Le misure adottate conformemente al paragrafo 1, lettere a), b) e c) fanno salva la responsabilità dell'operatore a norma della presente direttiva e l'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato.

    Articolo 7

    Recupero dei costi

    1. Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 10, l'autorità competente recupera dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia di danno i costi da essa sostenuti in relazione all'adozione delle misure di prevenzione o riparazione a norma della presente direttiva.

    2. L'autorità competente recupera dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia di danno anche i costi della valutazione del danno ambientale e, se del caso, i costi di valutazione della minaccia imminente di tale danno.

    Articolo 8

    Imputazione dei costi in relazione a taluni danni alla biodiversità

    Fatto salvo l'articolo 10, qualora nelle fattispecie di cui all'articolo 3, paragrafo 2 non sia accertato il dolo o la colpa dell'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia di danno, quest'ultimo non è tenuto a sostenere il costo delle misure di prevenzione o riparazione adottate conformemente alla presente direttiva.

    Articolo 9

    Eccezioni

    1. Fatto salvo l'articolo 10, la presente direttiva non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da quanto segue:

    a) un atto di conflitto armato, ostilità, guerra civile o insurrezione;

    b) un fenomeno naturale di carattere eccezionale, inevitabile e imprevedibile;

    c) un'emissione o un evento consentiti da leggi e regolamenti applicabili o da permessi od autorizzazioni rilasciati all'operatore;

    d) emissioni di attività che non erano considerate nocive secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attività.

    2. Il paragrafo 1, lettere c) e d) non si applica nel caso di colpa dell'operatore.

    3. Fatto salvo l'articolo 10, non sono a carico dell'operatore i costi delle misure di prevenzione o riparazione prese conformemente alla presente direttiva se il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sono imputabili a quanto segue:

    a) un atto compiuto da un terzo con l'intento di causare il danno quando questo, o la sua minaccia imminente, si sia verificato nonostante l'esistenza di opportune misure di sicurezza;

    b) l'osservanza di un'ingiunzione, istruzione o altra misura di una pubblica autorità, giuridicamente vincolante od obbligatoria.

    4. L'operatore che agisca in qualità di curatore fallimentare non è personalmente tenuto a sostenere i costi di prevenzione o riparazione a norma della presente direttiva, nella misura in cui si conformi alle disposizioni nazionali in materia di insolvibilità, liquidazione, fallimento o procedimenti analoghi e non gli sia altrimenti attribuibile un comportamento colposo o doloso.

    Articolo 10

    Imputazione dei costi in relazione a talune misure di prevenzione

    1. Gli Stati membri provvedono affinché, in ogni circostanza, gravino sugli operatori tutti i costi delle misure di prevenzione che erano comunque tenuti ad adottare per conformarsi alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano le loro attività, comprese le condizioni di permessi od autorizzazioni.

    2. L'articolo 4 non rientra fra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative menzionate al paragrafo 1.

    Articolo 11

    Imputazione dei costi nel caso di pluralità di autori del danno

    1. Fatto salvo il paragrafo 2, quando l'autorità competente può accertare con un grado sufficiente di verosimiglianza e probabilità che lo stesso danno è stato causato da azioni o omissioni di una pluralità di operatori, gli Stati membri possono prevedere la responsabilità finanziaria in solido per tale danno oppure che l'autorità competente ripartisca i costi tra i diversi operatori, secondo criteri di equità e ragionevolezza.

    2. Sono a carico degli operatori che possano provare l'entità del danno imputabile alle loro attività, i soli costi relativi a tale parte del danno.

    3. La presente direttiva fa salva qualsiasi disposizione del diritto nazionale riguardante i diritti di contributo o di regresso.

    Articolo 12

    Termini per il recupero dei costi

    L'autorità competente può avviare, nei confronti di un operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia di danno, i procedimenti per il recupero dei costi relativi a misure adottate conformemente alla presente direttiva entro cinque anni dalla data di espletamento delle medesime.

    Articolo 13

    Autorità competente

    1. Gli Stati membri designano l'autorità competente o le autorità competenti ai fini dell'esecuzione dei compiti previsti dalla presente direttiva.

    Lo Stato membro che decida di non conferire all'autorità competente il potere di emanare decisioni vincolanti o il potere di renderle esecutive, deve provvedere affinché un tribunale o altro organo pubblico indipendente ed imparziale sia competente ad emanare e rendere esecutive tali decisioni.

    2. A prescindere dal fatto che le decisioni di cui al paragrafo 1, secondo comma siano emanate dall'autorità competente, da un tribunale o da un altro organo pubblico indipendente ed imparziale, spetta all'autorità competente individuare l'operatore autore del danno o della minaccia imminente di danno, valutare la gravità del danno e determinare le misure di riparazione da prendere a norma dell'allegato II.

    3. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente effettui, se necessario, opportune indagini in modo da adempiere ai suoi compiti a norma della presente direttiva, indipendentemente da precedenti richieste di azione a norma dell'articolo 14.

    A tal fine l'autorità competente può chiedere all'operatore di fornire tutte le informazioni e i dati necessari ai fini dell'indagine.

    Gli Stati membri determinano le modalità di tali richieste d'informazioni e dati.

    4. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente possa delegare o chiedere a terzi di attuare le misure di prevenzione o riparazione necessarie.

    5. Le decisioni prese in applicazione della presente direttiva che impongono misure di prevenzione o riparazione sono motivate con precisione. Tali decisioni sono notificate senza indugio all'operatore interessato, il quale è contestualmente informato dei mezzi di ricorso di cui dispone secondo la legge dello Stato membro in oggetto, nonché dei termini relativi a detti ricorsi.

    Articolo 14

    Richiesta di azione

    1. Fatta salva qualsiasi indagine avviata d'ufficio dall'autorità competente, le persone lese o che possono essere lese da un danno ambientale e le entità qualificate sono legittimate a presentare all'autorità competente osservazioni concernenti qualsiasi caso di danno ambientale di cui siano a conoscenza e a chiedere all'autorità competente di intervenire a norma della presente direttiva.

    2. L'autorità competente può esigere che la richiesta di azione sia corredata da tutti i dati e le informazioni pertinenti a sostegno delle osservazioni presentate in relazione al danno ambientale.

    3. L'autorità competente tiene conto delle richieste di azione, e delle osservazioni ad esse allegate, che mostrino con sufficiente verosimiglianza l'esistenza di un caso di danno ambientale.

    4. L'autorità competente dà la possibilità all'operatore interessato di far conoscere le sue opinioni circa la richiesta di azione e le osservazioni allegate.

    5. Quanto prima, o comunque entro un termine congruo con riguardo alla natura, al l'entità e al la gravità del danno ambientale, l'autorità competente informa la persona interessata o l'entità qualificata della sua decisione di accogliere o rifiutare la richiesta di azione e indica i motivi della decisione.

    6. Qualora, nonostante la necessaria diligenza, l'autorità competente non possa decidere sulla richiesta di azione entro il termine di cui al paragrafo 5, entro quattro mesi dall'invito ad agire essa informa la persona interessata o l'entità qualificata delle iniziative e delle misure intraprese e che intende intraprendere per assicurare l'applicazione della presente direttiva in un lasso di tempo compatibile con la realizzazione degli obiettivi della medesima.

    Articolo 15

    Procedimenti di riesame

    1. Le persone o entità qualificate che abbiano presentato una richiesta di azione a norma della presente direttiva sono legittimate ad avviare procedimenti dinanzi ad un tribunale, o qualsiasi altro organo pubblico indipendente ed imparziale, al fine del riesame della legittimità e del merito delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell'autorità competente.

    2. La presente direttiva fa salve le disposizioni nazionali che consentono l'avvio di procedimenti giudiziari solo previo esperimento delle vie di ricorso amministrative.

    Articolo 16

    Garanzia finanziaria

    Gli Stati membri incoraggiano il ricorso degli operatori ad apposite coperture assicurative o ad altre forme di garanzia finanziaria. Gli Stati membri inoltre incoraggiano lo sviluppo di opportune assicurazioni o altri strumenti e mercati di copertura finanziaria da parte di operatori economici e finanziari, compresi i servizi del settore finanziario.

    Articolo 17

    Cooperazione fra Stati membri

    Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri, questi cooperano ai fini di una corretta ed efficace azione di prevenzione o di eventuale riparazione.

    Articolo 18

    Relazione con il diritto nazionale

    1. La presente direttiva non preclude agli Stati membri di conservare o adottare disposizioni più severe in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, compresa l'individuazione di altre attività soggette agli obblighi di prevenzione e riparazione previsti dalla presente direttiva, l'individuazione di altri soggetti responsabili e l'attribuzione della responsabilità finanziaria alle parti responsabili o la ripartizione di questa tra più parti.

    2. La presente direttiva non preclude l'adozione da parte degli Stati membri di idonee misure, come il divieto di doppio recupero quando un doppio recupero potrebbe verificarsi a seguito di azione concorrente di un'autorità competente a norma della presente direttiva e di una persona che abbia subito un danno patrimoniale.

    Articolo 19

    Applicazione nel tempo

    1. La presente direttiva non si applica al danno causato da attività svolte prima della data di cui all'articolo 21, paragrafo 1. In particolare non si applica al danno causato da rifiuti il cui smaltimento è avvenuto legalmente in impianti di smaltimento autorizzati prima della data di cui all'articolo 21, paragrafo 1 e da sostanze rilasciate nell'ambiente prima di detta data.

    2. Quando l'autorità competente può stabilire con un sufficiente grado di verosimiglianza e di probabilità che il danno ambientale è stato causato da un'attività svolta dopo la data di cui all'articolo 21, paragrafo 1, la presente direttiva si applica salvo che l'operatore provi che l'attività che ha causato il danno è stata svolta prima di tale data.

    3. Il paragrafo 2 non si applica agli operatori che, entro un anno dal la data di cui all'articolo 21, paragrafo 1, hanno presentato all'autorità competente una dichiarazione che censisce qualsiasi danno ambientale eventualmente causato dalle loro attività prima della data di cui all'articolo 21, paragrafo 1.

    Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la dichiarazione presentata dagli operatori sia affidabile in termini di qualità e veridicità.

    Articolo 20

    Relazioni

    Entro [data (cinque anni dopo la data di cui all'articolo 22, paragrafo 1)], gli Stati membri riferiscono alla Commissione sull'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva. Le relazioni nazionali comprendono le informazioni ed i dati indicati nell'allegato III.

    Alla luce di tali relazioni, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo ed al Consiglio corredata di ogni proposta che essa ritenga opportuna.

    Articolo 21

    Attuazione

    1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

    Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

    2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni principali del diritto nazionale che adottano nel campo disciplinato dalla presente direttiva.

    Articolo 22

    Entrata in vigore

    La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

    Articolo 23

    Destinatari

    Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

    Fatto a Bruxelles, il

    Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

    Il Presidente Il Presidente

    ALLEGATO I

    ATTIVITÀ DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 1

    - Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento [62].

    [62] GU L 257 del 10.10.1996, pag. 26.

    - Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali [63] relativamente al rilascio nell'aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da detta direttiva.

    [63] GU L 188 del 16.7.1984, pag. 20.

    - Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità [64], relativamente allo scarico di una qualsiasi delle sostanze pericolose coperte da detta direttiva.

    [64] GU L 129 del 18.5.1976, pag. 23.

    - Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione per scaricare una qualsiasi delle sostanze pericolose conformemente alla direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dell'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose [65], relativamente allo scarico di una qualsiasi delle sostanze pericolose coperte da detta direttiva.

    [65] GU L 20 del 26.1.1980, pag. 43.

    - Funzionamento di impianti soggetti a permesso, autorizzazione o registrazione conformemente alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque [66], relativamente allo scarico di una qualsiasi delle sostanze pericolose coperte da detta direttiva.

    [66] GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.

    Nota: le direttive 76/464/CEE e 80/68/CEE sono abrogate il 22 dicembre 2013 conformemente all'articolo 22 della direttiva 2000/60/CE; a decorrere dal 23 dicembre 2013, sono pienamente applicabili le disposizioni pertinenti della direttiva 2000/60/CE. Di conseguenza, la direttiva 2000/60/CE è presa in considerazione ai fini della presente direttiva soltanto a decorrere da tale data.

    - Estrazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

    - Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali operazioni e i controlli successivi sui siti di smaltimento, soggetti ad autorizzazione o registrazione, conformemente alla direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti [67] e alla direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991 [68], relativa ai rifiuti pericolosi.

    [67] GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39. Direttiva modificata da ultimo con decisione 96/350/CE della Commissione che adegua i suoi allegati II A e II B (GU L 135 del 6.6.1996, pag. 32).

    [68] GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20. Direttiva modificata con direttiva del Consiglio 94/31/CE (GU L 168 del 2.7.1994, pag. 28).

    Tali operazioni comprendono tra l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva del Consiglio 1999/31/CE del 26 aprile 1999 concernente le operazioni di discarica di rifiuti [69] ed il funzionamento di impianti d'incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento di rifiuti [70].

    [69] GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1.

    [70] GU L 332 del 28.12.2000, pag. 91.

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto nel perimetro della stessa impresa o rilascio nell'ambiente di sostanze pericolose definite e rientranti nel campo di applicazione della direttiva del Consiglio 67/548/CEE, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose [71].

    [71] GU 196 del 16.8.1967, pag. 1. Direttiva modificata con direttiva 2001/59/CE della Commissione, del 6 agosto 2001, che adegua per la 28a volta al progresso tecnico la direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (GU L 225 del 21.8.2001, pag. 1).

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto nel perimetro della stessa impresa o rilascio nell'ambiente di preparati pericolosi definiti e rientranti nel campo di applicazione della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura di preparati [72] pericolosi.

    [72] GU L 200 del 30.7.1999, pag. 1. Direttiva 2001/60/CE della Commissione, del 7 agosto 2001, che adegua al progresso tecnico la direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e alla denominazione di preparati pericolosi (GU L 226 del 22.8.2001, pag. 5).

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto o rilascio nell'ambiente di prodotti fitosanitari o di sostanze attive utilizzati in prodotti fitosanitari definiti e rientranti nel campo di applicazione della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari [73].

    [73] GU L 230 del 19.8.1991, pag. 1. Direttiva modificata con direttiva 2001/87/CE della Commissione, (GU L 276 del 19.10.2001, pag. 17).

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto o rilascio nell'ambiente di biocidi o di sostanze attive utilizzati in biocidi definiti e rientranti nel campo di applicazione della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi [74].

    [74] GU L 123 del 24.4.1998, pag. 1. Direttiva modificata con direttiva 2001/87/CE della Commissione, (GU L 276 del 19.10.2001, pag. 17).

    - Trasporto via strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria di merci pericolose o di merci inquinanti definite nell'allegato A alla direttiva 94/55/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada [75] o nell'allegato alla direttiva 96/49/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia [76] o definite nella direttiva 93/75/CEE del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti [77].

    [75] GU L 319 del 12.12.1994, pag. 7. Direttiva modificata con direttiva 2001/7/CE della Commissione, (GU L 30 dell'1.2.2001, pag. 43).

    [76] GU L 235 del 17.9.1996, pag. 25. Direttiva modificata con direttiva 2001/6/CE della Commissione, (GU L 30 dell'1.2.2001, pag. 42).

    [77] GU L 247 del 5.10.1993, pag. 19. Direttiva modificata con direttiva 98/74/CE della Commissione, (GU 276 del 13.10.1998, pag. 7).

    - Qualsiasi uso confinato, compreso il trasporto, di microrganismi geneticamente modificati definiti e rientranti nel campo di applicazione della direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati [78].

    [78] GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 1. Direttiva modificata con direttiva 98/81/CE del Consiglio, (GU L 330 del 5.12.1998, pag. 13).

    - Qualsiasi rilascio deliberato nell'ambiente o ulteriore uso o trasporto di organismi geneticamente modificati definiti e rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio [79].

    [79] GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1.

    ALLEGATO II

    RIPARAZIONE DEL DANNO AMBIENTALE SIGNIFICATIVO

    1. Introduzione

    Il presente allegato precisa le regole cui deve attenersi l'autorità competente per garantire la riparazione del danno ambientale.

    2. Obiettivi di riparazione

    2.1. La riparazione del danno ambientale, in termini di danno alla biodiversità ed inquinamento delle acque, è conseguita riportando gli habitat e le specie danneggiate alla condizioni originarie. Fatto salvo il punto 3.2.3., questo obbiettivo è raggiunto di massima attraverso il ripristino di habitat, specie e servizi associati alle risorse naturali o acque danneggiati alla condizione iniziale e la compensazione per qualsiasi perdita provvisoria registrata. La riparazione è effettuata ripristinando, sostituendo o predisponendo l'equivalente delle risorse naturali e/o servizi danneggiati sul sito del danno iniziale o in una diversa località.

    2.2. La riparazione del danno ambientale, in termini di inquinamento delle acque e danno alla biodiversità, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi effetto nocivo grave, effettivo o potenziale per la salute umana, in presenza di tale effetto.

    2.3. Quando il suolo o il sottosuolo inquinato provocano effetti nocivi gravi per la salute umana o possono comportare un tale rischio, si devono adottare le misure necessarie per garantire che gli agenti inquinanti pertinenti siano controllati, circoscritti, diminuiti o eliminati in modo che il terreno inquinato non causi alcun effetto nocivo grave, effettivo o potenziale, per la salute umana che sia incompatibile con l'uso attuale o probabile in futuro del terreno in causa. Il probabile uso futuro è calcolato sulla base delle normative sull'assetto territoriale vigenti quando si è verificato il danno.

    2.4. Il conseguimento della finalità della presente direttiva comporta inoltre interventi di riparazione per compensare le perdite provvisorie a decorrere dalla data del danno fino al ripristino della condizione originaria.

    3. Riparazione

    3.1. Individuazione di opzioni di riparazione ragionevoli

    Individuazione di azioni di riparazione primarie

    3.1.1. L'autorità competente prende in considerazione un'opzione naturale di recupero, ossia un'opzione senza interventi umani per riportare direttamente le risorse naturali e/o i servizi danneggiati alle condizioni originarie.

    3.1.2. L'autorità competente prende inoltre in considerazione altre opzioni, ossia azioni per riportare direttamente le risorse naturali ed i servizi alla condizioni originarie in tempi brevi.

    Individuazione di azioni di riparazione compensative

    3.1.3. Per ogni opzione, l'autorità competente considera le azioni di riparazione compensative per compensare la perdita provvisoria di risorse naturali e di servizi in attesa della riparazione.

    3.1.4. L'autorità competente garantisce che la riparazione compensativa tenga conto della dimensione temporale deducendo il valore attribuibile alle risorse naturali e/o ai servizi.

    3.1.5. Nella misura praticabile, l'autorità competente nel valutare le azioni di riparazione compensative, considera in primo luogo le azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo e della stessa qualità e di valore comparabile a quelli danneggiati.

    3.1.6. Nel determinare la portata delle azioni di riparazione che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo e della stessa qualità e di valore comparabile a quelli perduti, l'autorità competente considera l'uso di un metodo graduato (scaling) risorsa-risorsa o servizio-servizio. Con questo approccio, l'autorità competente determina la portata delle azioni di riparazione che forniranno risorse naturali e/o servizi quantitativamente pari a quelli perduti.

    3.1.7. Se non è possibile, come prima scelta, usare questo tipo di approccio, si può ricorrere per il sito danneggiato a tecniche di valutazione monetaria per scegliere le azioni compensative di riparazione.

    3.1.8. Se, a giudizio dell'autorità competente, la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'autorità competente può stimare il valore monetario delle risorse e/o dei servizi perduti e scegliere azioni di riparazione aventi un costo equivalente al valore perduto.

    3.2. Scelta delle opzioni di riparazione

    3.2.1. Una volta che l'autorità competente ha elaborato una gamma ragionevole di opzioni di riparazione, essa valuta le opzioni proposte, basate come minimo su:

    (1) effetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;

    (2) il costo di realizzazione dell'opzione;

    (3) la probabilità di successo di ciascuna opzione;

    (4) la misura in cui ciascuna opzione impedirà danni futuri ed eviterà danni collaterali a seguito dell'attuazione dell'opzione;

    (5) la misura in cui ciascuna opzione giova ad ogni componente della risorsa naturali e/o del servizio.

    3.2.2. Se diverse opzioni possono offrire lo stesso valore, è scelta quella meno costosa.

    3.2.3. Nel valutare le diverse opzioni di riparazione, l'autorità competente è abilitata a scegliere azioni primarie di riparazione che non riportano completamente la biodiversità, l'acqua o il suolo danneggiato alla situazione originaria. L'autorità competente è abilitata a prendere questa decisione soltanto se compensa i servizi, le risorse o il valore perduti sul sito primario a seguito della sua decisione mediante azioni compensative di ordine crescente per fornire un livello di servizi, risorse o valore simile a quello perduto. Queste azioni compensative supplementari sono determinate conformemente alle regole precisate nella sezione 3.1. e nella presente sezione di questo allegato.

    3.2.4. L'autorità competente invita l'operatore a cooperare nell'applicazione delle procedure precisate nel presente allegato in modo da attuare tali procedure correttamente e efficacemente. La partecipazione dell'operatore può tra l'altro consistere nel fornire informazioni e dati opportuni.

    3.2.5. L'autorità competente invita inoltre le persone sul cui terreno si devono effettuare le misure di riparazione a presentare le loro osservazioni e le prende in considerazione.

    3.2.6. Sulla base della valutazione di cui sopra, l'autorità competente decide quali misure di riparazione effettuare.

    ALLEGATO III

    INFORMAZIONI E DATI DI CUI ALL'ARTICOLO 20, PARAGRAFO 1

    Le relazioni nazionali di cui all'articolo 20, paragrafo 1 includono un elenco di casi di danno ambientale e di casi di responsabilità ai sensi della presente direttiva con le seguenti informazioni e dati per ciascun caso:

    (1) Data dell'avvenimento del danno ambientale e data in cui sono state avviate procedure ai sensi della presente direttiva.

    (2) Codice di classificazione dell'industria del o dei soggetti legalmente responsabili.

    (3) Tipo di danno ambientale.

    (4) Costi delle misure di prevenzione o riparazione, ai sensi della presente direttiva:

    - pagati direttamente dalle parti responsabili;

    - recuperati a posteriori dalle parti responsabili;

    - non recuperati dalle parti responsabili (precisare le ragioni del mancato recupero).

    (5) Spese amministrative supplementari sostenute annualmente dalla pubblica amministrazione nell'organizzazione e gestione delle strutture amministrative necessarie per attuare e controllare l'attuazione della presente direttiva.

    (6) Menzione dell'eventuale ricorso a procedure di controllo giurisdizionale avviate da parti responsabili o entità qualificate (precisare l'identità dei soggetti ed il risultato dei procedimenti).

    (7) Risultato del processo di riparazione.

    (8) Data di chiusura dei procedimenti.

    Gli Stati membri possono accludere nelle loro relazioni qualsiasi altra informazione e qualsiasi altro dato considerati utili, come l'opportunità di introdurre la responsabilità limitata in taluni casi, in modo da permettere una buona valutazione del funzionamento della presente direttiva. Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva si dovrà valutare l'opportunità di introdurre un massimale.

    SCHEDA DI VALUTAZIONE DI IMPATTO

    IMPATTO DELLA PROPOSTA SULLE IMPRESE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE (PMI)

    Titolo della proposta

    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale.

    Numero di riferimento del documento

    COM(2002) 17

    La proposta

    Alla luce del principio di sussidiarietà, perché è necessaria una legislazione comunitaria in questo settore e quali sono i suoi obiettivi principali *

    La Comunità deve intervenire per trattare con efficacia e competenza la contaminazione dei siti e la perdita di biodiversità nella Comunità.

    La contaminazione dei siti è un problema in quanto rappresenta una minaccia per la salute umana e l'ambiente a seguito del rilascio di contaminanti nelle acque sotterranee o di superficie, l'assorbimento da parte delle piante, l'esposizione diretta delle persone ad incendi o all'esplosione di gas di discarica. Nella Comunità sono già stati individuati come contaminati definitivamente o potenzialmente circa 300 000 siti [80]. Non è stato possibile quantificare i rischi posti da questa contaminazione, ma i costi di risanamento danno già un'idea dell'entità del problema. Le stime pubblicate dall'Agenzia europea dell'ambiente situano i costi di risanamento parziale (soltanto per alcuni Stati membri o regioni e alcuni siti) tra 55 e 106 miliardi di EUR [81] - pari allo 0,6 e all'1,25% del PIL dell'UE. Questa cifra è considerevole ma rappresenta un effetto cumulato su più anni anziché impatti annuali [82].

    [80] Management of contaminated sites in Western Europe, EEA, giugno 2000.

    [81] Austria, 1,5 miliardi di EUR, 300 siti prioritari; Fiandre, 6,9 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Danimarca, 1,1 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Finlandia, 0,9 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Germania./Baviera, 2,5 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Germania/Sassonia-Anhalt 1,6-2,6 miliardi di EUR, risanamento su vasta scala; Germania/Schleswig-Holstein 0,1 miliardi di EUR, 26 siti prioritari; Germania/Turingia 0,2 miliardi di EUR, 3 progetti su vasta scala; Italia, 0,5 miliardi di EUR, 1 250 siti prioritari; Spagna, 0,8 miliardi di EUR, risanamento parziale; Svezia, 3,5 miliardi di EUR, totale costi di risanamento; Regno Unito, 13-39 miliardi di EUR, 10 000 ettari di terreno contaminato (da Management of contaminated sites in Western Europe, EEA, giugno 2000).

    [82] Il regime proposto ha soltanto natura prospettiva e i costi associati al risanamento di questi siti non rientra quindi nella presente proposta trattandosi di siti che sono stati contaminati prima della sua adozione.

    Questo grave problema ambientale è dovuto in gran parte al fatto che solo recentemente la maggior parte degli Stati membri ha varato normative in materia di danno ambientale, con la conseguenza che quasi tutti i costi di risanamento dei siti contaminati in passato saranno probabilmente a carico delle risorse pubbliche data la difficoltà di far pagare gli inquinatori iniziali. In futuro la responsabilità dovrebbe garantire che chi contamina ponga rimedio all'inquinamento oppure paghi i costi di risanamento e così facendo promuova una prevenzione (più) socialmente efficiente presso le parti potenzialmente responsabili.

    Occorrono quindi regole di responsabilità per impedire un'ulteriore contaminazione e garantire l'applicazione del principio "chi inquina paga" ogniqualvolta si verifica una contaminazione malgrado le misure preventive adottate.

    Il punto chiave in questo contesto non è però quello dell'opportunità o meno di regole di responsabilità: dopotutto molti Stati membri hanno già emanato normative al riguardo anche se partendo da approcci diversi - bensì se sia opportuno varare disposizioni a livello comunitario anziché lasciare la questione interamente alla competenza nazionale. È necessaria un'azione a livello comunitario per i motivi seguenti:

    * Non tutti gli Stati membri hanno adottato normative per trattare questa questione [83]. Di conseguenza, senza un'azione comunitaria si hanno poche garanzie che il principio "chi inquina paga" sia applicato efficacemente in tutta la Comunità. Il fatto di non applicare questo principio può perpetuare i comportamenti all'origine dell'attuale cumulo di inquinamento.

    [83] Il Portogallo e la Grecia sono tra i paesi privi di una legislazione specifica sui siti contaminati.

    * In quasi tutti gli Stati membri le normative specifiche non conferiscono alle autorità nazionali il compito di garantire che i siti orfani [84], contaminati dopo l'entrata in vigore delle normative, siano effettivamente risanati [85]. La legislazione nazionale non garantisce quindi il conseguimento dell'obiettivo ambientale - il risanamento -.

    [84] Siti per i quali non si possono trovare i responsabili oppure essi sono insolventi.

    [85] Nei casi in cui le autorità competenti sono tenute a risanare i siti orfani, esse saranno incoraggiate a predisporre l'istituzione di buoni meccanismi di copertura assicurativa. Il mandato oltre a garantire il risanamento incoraggia quindi anche l'istituzione di meccanismi finanziari coerenti con il principio "chi inquina paga".

    * Senza un quadro armonizzato a livello comunitario i soggetti economici potrebbero sfruttare le diverse impostazioni negli Stati membri e avvalersi di argomentazioni giuridiche artificiali (ad esempio affidare le operazioni rischiose a società giuridicamente separate e undercapitalised, spostare la sede legale (front office) nella Comunità per sfruttare vuoti giuridici in materia di responsabilità senza grandi cambiamenti in termini di comportamento preventivo) nella speranza di evitare la responsabilità - un comportamento di questo tipo sconfiggerebbe l'obiettivo finale delle normative nazionali in materia di responsabilità e significherebbe uno spreco di risorse [86].

    [86] L'assenza di comportamenti di questo tipo negli USA (cfr. lo studio "Preventive Effect of Environmental Liability" svolto nel contesto della valutazione economica della bozza di proposta) può ragionevolmente essere spiegata con l'esistenza negli USA di una legge di armonizzazione federale che pur lasciando agli Stati ampia libertà di trattare i problemi locali, garantisce anche che i diversi approcci degli Stati non interagiscano negativamente o si indeboliscano a vicenda.

    Nel caso specifico della biodiversità si stanno ancora studiando indicatori validi della portata e dell'importanza del danno alla biodiversità e del ritmo di perdita di biodiversità registrato negli ultimi anni. La proposta della Commissione europea di una strategia dell'Unione per lo sviluppo sostenibile, adottata il 15 maggio 2001, ha comunque riconosciuto che la perdita di biodiversità si è drammaticamente accelerata negli ultimi decenni diventando una grave o irreversibile minaccia per il futuro benessere della società europea, cosa che giustifica un'azione prioritaria.

    I due principali strumenti giuridici della Comunità concernenti la protezione della biodiversità sono le direttive "Habitat" e "Uccelli selvatici" [87]. Queste direttive non contengono disposizioni sulla responsabilità all'insegna del principio "chi inquina paga" ed atte ad incoraggiare un buon comportamento preventivo da parte dei soggetti privati e pubblici. Attualmente quasi nessuno Stato membro colma questo vuoto imponendo la responsabilità del danno alla biodiversità a soggetti privati. L'azione comunitaria per tutelare e ripristinare la biodiversità è quindi giustificata in base a due motivi principali: garantire l'uso di mezzi socialmente efficienti per finanziare la riparazione del danno alla biodiversità nella Comunità e, così facendo, incoraggiare una valida prevenzione.

    [87] Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7) e direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, sulla conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1).

    impatto sulle imprese

    Chi sarà influenzato dalla proposta*

    Imprese interessate

    Saranno interessate le imprese che svolgono una qualsiasi delle seguenti attività:

    - funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.

    - funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali, relativamente al rilascio nell'aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da detta direttiva.

    - funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione conformemente alla direttiva 76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose, scaricate nell'ambiente idrico della Comunità relativamente allo scarico di una qualunque delle sostanze pericolose coperte da detta direttiva.

    - funzionamento di impianti soggetti a autorizzazione per scaricare una qualsiasi delle sostanze pericolose conformemente alla direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dell'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose, relativamente allo scarico di una qualsiasi delle sostanze pericolose coperte da detta direttiva.

    - funzionamento di impianti soggetti a autorizzazione conformemente alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che stabilisce un quadro comunitario in materia di acque relativamente allo scarico di una qualsiasi delle sostanze pericolose trattate da detta direttiva.

    Nota: Le direttive 76/464/CEE e 80/68/CEE sono abrogate il 22 dicembre 2013 conformemente all'articolo 22 della direttiva 2000/60/CE; a decorrere dal 23 dicembre 2013, sono pienamente applicabili le disposizioni pertinenti della direttiva 2000/60/CE. Di conseguenza, la direttiva 2000/60/CE è presa in considerazione ai fini della presente direttiva soltanto a decorrere da tale data.

    - Estrazione e arginazione di acque soggette ad autorizzazione preventiva, conformemente alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

    - Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali operazioni e il controllo successivo dei siti di discarica, soggetti a autorizzazione o a registrazione, conformemente alla direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e alla direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi.

    Tali operazioni comprendono tra l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, concernente le discariche di rifiuti ed il funzionamento degli impianti di incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento dei rifiuti.

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto o rilascio nell'ambiente, di sostanze pericolose rientranti nel campo di applicazione della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose.

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto o rilascio nell'ambiente, di preparati pericolosi rientranti nel campo di applicazione della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e alla denominazione di preparati pericolosi.

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto o rilascio nell'ambiente, di prodotti fitosanitari rientranti nel campo di applicazione della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari.

    - Fabbricazione, uso, stoccaggio, trasporto o emissione nell'ambiente, di biocidi rientranti nel campo di applicazione della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi.

    - Trasporto per strada, ferrovia, vie di navigazione interna, marittimo o aereo di merci pericolose o inquinanti quali definite all'Allegato A alla direttiva 94/55/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada o all'Allegato alla direttiva 96/49/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia o nella direttiva 93/75/CEE del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti.

    - Qualsiasi uso confinato di microrganismi geneticamente modificati rientranti nel campo di applicazione della direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.

    - Qualsiasi rilascio deliberato nell'ambiente di organismi geneticamente modificati rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio.

    - Trasporto di organismi geneticamente modificati rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

    Oltre a dette imprese, saranno anche coperte tutte le altre attività professionali atte a causare un danno alla biodiversità (come definito nel regime proposto).

    Dimensioni delle imprese (quale è la concentrazione di piccole e medie imprese*)

    Le imprese di ogni dimensione possono essere influenzate sebbene le singoli imprese siano soltanto influenzate nella misura in cui sono potenzialmente responsabili del danno ambientale. La concentrazione di piccole e medie imprese non è precisamente nota, ma è probabile che non sia significativamente diversa dalla concentrazione di PMI nell'industria in generale.

    Eventuale concentrazione di queste imprese in zone geografiche della Comunità

    Anche se potrebbe essere probabile una maggiore concentrazione di imprese coperte dal regime proposto in zone di antica industrializzazione della Comunità, le imprese che rientrano nel campo di applicazione del regime proposto sono presenti in tutta la Comunità. Notisi che saranno anche coperte le imprese situate al di fuori di queste zone di antica industrializzazione ma presenti in zone caratterizzate da una ricca biodiversità.

    Che cosa devono fare le imprese per conformarsi alla proposta*

    Le imprese coperte dal regime proposto dovranno sostenere direttamente (adottando esse stesse le misure necessarie e pagandone l'esecuzione) o indirettamente (rimborsando l'autorità competente che ha adottato le misure) il costo di riparazione e, in certi casi, di prevenzione del danno ambientale.

    Quali sono i probabili effetti economici della proposta*

    - Sull'occupazione

    È probabile che l'impatto diretto della proposta sui livelli globali d'occupazione sia neutrale, come è il caso con la regolamentazione ambientale in generale. Circa la distribuzione settoriale dell'occupazione, è probabile che la proposta porti nel tempo ad un passaggio dell'occupazione da settori relativamente inquinanti e imprese ecologicamente poco responsabili a settori più puliti e imprese più ecologicamente responsabili, il che è una tendenza socialmente auspicabile.

    - Sull'investimento e sulla creazione di nuove imprese

    In generale, è probabile che l'effetto diretto sia simile all'effetto sull'occupazione sopra descritto. Tuttavia la proposta potrà anche stimolare investimenti in tecnologie preventive e pratiche atte a condurre col tempo a livelli più efficienti di prevenzione. Ciò permetterebbe alle nostre società di conseguire elevati standard di protezione ambientale a costi minori, liberando così risorse e facilitando una maggiore crescita.

    - Sulla competitività delle imprese

    È probabile che l'impatto diretto sulla competitività esterna dell'industria UE sia significativo. Questa conclusione si basa su due argomenti principali. In primo luogo, è improbabile che la proposta influisca su tutte le imprese di un dato settore nello stesso modo. Le imprese che adottano buone pratiche preventive difficilmente dovranno affrontare costi di responsabilità significativi e quindi la loro competitività internazionale non sarà scalfita. In secondo luogo, anche l'impatto diretto sui costi nettamente superiore del Superfund degli Stati Uniti (un programma a sua volta basato sulla responsabilità di risanamento e riparazione), non ha influito significativamente sulla competitività internazionale dell'industria statunitense.

    La proposta contiene misure per tenere conto della situazione specifica di piccole e medie imprese (esigenze ridotte o diverse ecc.)*

    No. Tali misure specifiche non sono state considerate opportune poiché, in primo luogo, il danno ambientale può verificarsi indipendentemente dalla dimensione delle imprese che lo hanno causato e poiché, in secondo luogo, la maggior parte delle direttive, con riferimento alle quali è stato redatto l'elenco delle attività che dovranno sostenere il costo di riparazione di un danno ambientale in base alla responsabilità oggettiva, non fanno tale distinzione.

    Consultazione

    Elenco delle organizzazioni consultate sulla proposta e loro principali punti di vista

    Il 9 febbraio 2000 la Commissione europea ha adottato un Libro bianco sulla responsabilità ambientale [88] avente l'obiettivo di esaminare come meglio applicare il principio "chi inquina paga", uno dei principi ambientali chiave nel trattato CE, onde perseguire gli obiettivi della politica ambientale comunitaria. Il Libro bianco esamina le possibili configurazioni di un regime comunitario sulla responsabilità ambientale. Dopo aver esaminato le varie opzioni per l'azione comunitaria, la Commissione conclude che la migliore è una direttiva quadro comunitaria sulla responsabilità ambientale.

    [88] COM (2000) 66 def.

    Gli antecedenti del Libro bianco comprendono un Libro verde della Commissione nel 1993 (COM(93) 47 def.), un'audizione congiunta con il Parlamento europeo nello stesso anno, una risoluzione del Parlamento che auspica una direttiva comunitaria e un parere del Comitato economico e sociale nel 1994.

    Il Libro bianco ha suscitato numerose osservazioni degli Stati membri e di una vasta gamma di parti interessate [89]. Il Libro bianco è stato inoltre oggetto di pareri del Comitato economico e sociale [90] e del Comitato delle regioni [91]. Il Parlamento europeo non ha adottato una posizione ufficiale sul Libro bianco [92]. Il Consiglio Ambiente ha inoltre discusso la questione della responsabilità ambientale nei mesi di aprile e dicembre 2000 [93].

    [89] I riassunti di tali osservazioni si trovano nel sito seguente: http://europa.eu.int/comm/environment/wel/main/index.cfm.

    [90] Parere del 12 luglio 2000 (GU C 268 del 19.9.2000, pag. 19).

    [91] Parere del 14 giugno 2000 (GU C 317 del 6.11.2000, pag. 28).

    [92] Il comitato "Ambiente, sanità pubblica e politica dei consumatori" ha adottato il 12 settembre 2000 un parere per il comitato "Questioni giuridiche e mercato interno" sul Libro bianco sulla responsabilità ambientale (PE 290.139 del documento).

    [93] Cfr. comunicato stampa n. 486 del Consiglio, del 18.12.2000 (documento n. 14668/00).

    Il 25 luglio 2001 la direzione generale Ambiente ha pubblicato un documento di lavoro che precisa i principi su cui basare il futuro regime. Il documento di lavoro è stato inviato a:

    * gli Stati membri;

    * gli Stati del SEE;

    * i paesi di adesione;

    * alcune organizzazioni internazionali (EFTA ed UNEP);

    * associazioni europee delle autorità locali e regionali (CEMR - Consiglio dei comuni europei e delle regioni di Europa - Assemblea delle regioni europee);

    * ONG ambientali europee (EEB - Ufficio ambientale europeo, WWF - Fondo mondiale della natura, Greenpeace, BirdLife, Friends of the Earth e International Friends of Nature) ed associazione dei consumatori (BEUC);

    * federazioni ed associazioni industriali e professionali europee: Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), Consiglio europeo dell'industria chimica (CEFIC), Union Europèenne de l'Artisanat et des Petites et Moyennes Entreprises (UEAPME), European Round Table of Industrialists (ERT), Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica e delle imprese di interesse economico generale (CEEP), Network for Industrially Contaminated Land in Europe (NICOLE), Associazione europea delle BioIndustrie (EuropaBio), Fèdèration Europèenne des Activitès du Dèchet et de l'Environnement (FEAD), Gruppo di collegamento delle Industrie Meccaniche, Elettriche, Elettroniche e Metallurgiche europee (ORGALIME), Comitato UE della Camera di commercio americana in Belgio, Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell'UE e Comitato della cooperazione agricola dell'UE (COPA/COGECA), Contaminated Land Rehabilitation Network for Environmental Technologies (CLARINET), Comitè Europèen des Assurances (CEA), Fèdèration Bancaire de l'UE, Associazione Internazionale dei produttori di petrolio e di gas (OGP), Associazione europea dell'industria petrolifera (EUROPIA), Union Pètrolière Europèenne Indèpendante (UPEI), International Tankers Owners Pollution Federation (ITOPF), European Environmental Law Association (EELA), European Property Federation (EPF), European Atomic Forum (FORATOM).

    Sono state organizzate riunioni (5) con gli Stati membri, i paesi di adesione, le ONG ambientali, l'industria e le autorità locali e regionali.

    Sono state inoltre sollecitate osservazioni attraverso la pubblicazione del documento di lavoro sul sito web dell'Ambiente della DG.

    Il Belgio, la Danimarca, la Francia ed i Paesi Bassi hanno inviato osservazioni per iscritto. Anche la Polonia ha presentato osservazioni per iscritto. Quattro ONG ambientali (BirdLife International, WWF EPO- Ufficio politico europeo del Fondo mondiale della natura, EEB - Ufficio ambientale europeo e Friends of the Earth Europa) hanno inviato osservazioni comuni. ECSA - European Community Shipowners' Association, ICS - International Chamber of Shipping e INTERTANKO -International Association of Independent Tanker Owners hanno anche presentato congiuntamente osservazioni. Hanno inoltre inviato osservazioni le seguenti parti interessate: AFEP-AGREF - Association française des entreprises privèes; AVENTIS; BDI - Bundesverband der Deutschen Industrie; BERGKAMP Lucas (Prof. & Partner, HUNTON & WILLIAMS); BIPAR - European Federation of Insurance Intermediaries; BNFL - British Nuclear Fuels Plc; CBI - Confederation of British Industry; CEA - Comitè europèen des assurances; CEEP - European Centre of Enterprises with public participation and of enterprises of general economic interest; CEFIC - European Chemical Industry Council; CEMBUREAU - The European Cement Association; CEMR - Council of European Municipalities and Regions; CLECAT - European Organisation for Forwarding and Logistics; CODACONS - Coordinamento di Associazioni per la Tutela dell'Ambiente e dei Diritti di Utenti e Consumatori; ECGA - European Carbon and Graphite Association; EELA - European Environmental Law Association; EFCA - European Federation of Engineering Consultancy Associations; ELO - European Landowners Organisation; EPF - European Property Federation; ERT Environmental Group - European Round Table of Industrialists; ESA - Environmental Services Association; EURELECTRIC - Union of the Electricity Industry; EuroGeoSurveys - Association of Geological Surveys of the European Union; EUROMINES - European Association of Mining Industries; EUROPIA - European Petroleum Industry Association; FBE - European Banking Federation; FEAD - European Federation of Waste Management and Environmental Services; FIEC - European Construction Industry Federation; FLA - Finance and Leasing Association; FORATOM - European Atomic Forum; Freshfields Bruckhaus Deringer; IBEC - Irish Business & Employers Confederation; IFAW - International Fund for Animal Welfare; IoD - Institute of Directors; ITOPF - International Tanker Owners Pollution Federation; IV - Industriellenvereinigung; Leaseurope; MEDEF - Mouvement des entreprises de France; Leaseurope; NFU - National Farmers' Union; NICOLE - Network for Industrially Contaminated Land in Europe; NIREX Ltd; Nordic Family Forestry; OGP - International Association of Oil and Gas Producers; RUIZ Marta (avvocato); SMMT - The Society of Motor Manufacturers and Traders; Suez; Syngenta International; Thames Water; TVO - Teollisuuden Voima; UEAPME - Union europèenne de l'artisanat et des petites et moyennes entreprises; UEPC - Union europèenne des promoteurs-constructeurs; UIC - Union des industries chimiques; UKELA - UK Environmental Law Association (con presentazioni separate da parte di Scottish Law Working Party of UKELA); UNICE - Union of Industrial and Employers' Confederation of Europe; VCI - Verband der Chemischen Industrie; VDEW - Verband der Elektrizitätswirtschaft; VDMA - Verband Deutscher Maschinen- und Anlagenbau; WKÖ - Wirtschaftskammer Österreich; ZVEI - Zentralverband Elektrotechnik- und Elektronikindustrie.

    Descrizione dei principali pareri delle parti interessate

    I pareri principali delle parti interessate possono essere riassunti come segue [94]:

    [94] Il testo integrale delle presentazioni ricevute (di massima nella loro lingua originale), per le quali non è stata chiesta la riservatezza, si trova al sito seguente: http://europa.eu.int/comm/environment/liability/followup.htm.

    Stati membri

    * Nel complesso, il ricorso ai meccanismi del diritto pubblico è stato accolto favorevolmente, malgrado sia stato espresso rincrescimento che la responsabilità civile ed il danno tradizionale non sono più coperti.

    * È stata sottolineata la necessità di un regime giuridico il più possibile preciso (definizioni comprese).

    * È stata sottolineata la necessità di garantire la piena applicazione del principio "chi inquina paga" nonché l'importanza di considerare attentamente il nuovo ruolo delle autorità pubbliche relativamente ai "danni orfani" (cioè quando l'inquinatore non può pagare per riparare il danno), in particolare in rapporto alle possibili conseguenze finanziarie per le autorità pubbliche.

    * È stata richiamata l'attenzione sulla situazione particolare del proprietario o dell'occupante del terreno che ha subito un danno ambientale causato da terzi.

    * Sono state espresse preoccupazioni circa le proposte che esulano dal settore ambientale e trattano questioni concernenti più il diritto delle società o il diritto civile.

    * È stato fatto riferimento alla necessità di chiarire la relazione con le convenzioni internazionali; sono inoltre state menzionate varie iniziative a livello internazionale nel campo di responsabilità civile di cui la Commissione dovrebbe tener conto nelle sue riflessioni.

    * Sono stati espressi dubbi circa l'inclusione delle perdite provvisorie.

    * Il futuro regime comunitario non deve impedire agli Stati membri di adottare disposizioni più severe.

    Paesi di adesione

    * Nel complesso, le proposte contenute nel documento di lavoro non hanno sollevato obiezioni; alcune osservazioni suggeriscono che le proposte dovrebbero essere più esaurienti.

    * Sono state espresse preoccupazioni circa le possibili conseguenze finanziarie per le autorità pubbliche.

    Industria ed associazioni professionali

    L'industria accoglie favorevolmente l'omissione del danno tradizionale (lesione personale e danni ai beni) ed il fatto di non conferire poteri di intervento diretto alle ONG contro gli operatori; sono state ripetute le stesse preoccupazioni già espresse in passato. Essenzialmente l'industria:

    * insiste sulla necessità di disposizioni, in particolare definizioni, chiare e precise in generale;

    * è generalmente contraria a qualsiasi alleggerimento/inversione dell'onere della prova;

    * è generalmente contraria alla responsabilità congiunta e in solido;

    * auspica una nozione di responsabilità oggettiva limitata ad un numero ristretto di attività (alcuni rappresentanti dell'industria considerano che non c'è motivo di discostarsi dalla responsabilità per colpa);

    * insiste per mantenere tra le difese l'osservanza a un'autorizzazione/stato dell'arte/rischio di sviluppo;

    * è generalmente contraria al conferimento di un qualsiasi stato privilegiato alle ONG per quanto riguarda l'accesso alla giustizia;

    * è preoccupata per le difficoltà relative alla valutazione di danno ambientale;

    * è preoccupata per la difficoltà che gli operatori potrebbero registrare nel reperire la copertura assicurativa adatta, sebbene si compiaccia del fatto che la copertura finanziaria non è resa obbligatoria;

    * invita la Commissione a tenere conto delle convenzioni internazionali esistenti nei campi pertinenti (per esempio inquinamento di petrolio, danno nucleare), e

    * è preoccupata circa l'uso di tecniche di valutazione economica.

    * L'industria è inoltre preoccupata per le nuove proposte nel documento di lavoro sulla "spezzare l'opacità aziendale".

    Organizzazioni non governative ambientali

    * L'intenzione della Commissione di presentare una proposta legislativa presto è accolta favorevolmente, ma si teme che il livello d'ambizione non sia abbastanza alto. Più particolarmente, le osservazioni dalle ONG ambientali vanno nelle seguenti direzioni:

    * In generale, suggeriscono un ampio esame del metodo minimalista esposto nel documento di lavoro per considerare i nuovi sviluppi nel campo degli organismi geneticamente modificati (GMO), la politica integrata dei prodotti (IPP), l'esame della politica comunitaria nel campo di prodotti chimici pericolosi e la questione della fuoriuscita di petrolio della petroliera Erika.

    * Considerano che il campo di applicazione della responsabilità oggettiva sia troppo limitato (tutte le attività potenzialmente pericolose devono essere coperte o, per lo meno, le attività elencate nelle loro osservazioni).

    * Insistono che sia coperto il danno alla biodiversità al di fuori delle zone protette e il danno alle zone protette a titolo di convenzioni internazionali di cui la Comunità e gli Stati membri sono parti contraenti. La responsabilità deve anche applicarsi alle specie protette dalla legislazione nazionale e a tutti i tipi di zone protette a livello nazionale e sub-nazionale. La responsabilità deve applicarsi a tutte le specie di uccelli protette ai sensi della direttiva Uccelli selvatici.

    * Considerano che, se si mantiene la distinzione tra responsabilità oggettiva e responsabilità per colpa, sia imperativo estendere il regime di responsabilità anche all'inquinamento d'acqua derivante da attività che possono essere classificate come non pericolose. (nella fattispecie, ad esempio, inquinamento delle acque da fanghi fognari o da acque reflue).

    * Insistono che sia coperta la contaminazione del terreno nociva per l'ambiente e potenzialmente nociva per la salute umana.

    * Considerano che il danno tradizionale debba essere coperto.

    * Chiedono che le soglie significative siano sostanzialmente abbassate in modo che il futuro regime sia applicabile ai casi tra il banale e il sensazionale.

    * Chiedono che la Commissione cerchi soluzioni per il danno storico, particolarmente nel caso dei terreni contaminati.

    * Raccomandano che la "conformità con un ordine pubblico" non permetta di esonerare dalla responsabilità le attività cui è stata concessa una licenza o autorizzate, comprese le colture commerciali di varietà geneticamente modificate.

    * Accolgono favorevolmente la responsabilità congiunta e in solido nei casi in cui non è attuabile una ripartizione.

    * Accolgono favorevolmente la responsabilità di controllo delle persone giuridiche e delle persone che forniscono la copertura finanziaria.

    * Considerano che i cittadini ed i gruppi influenzati debbano avere legittimazione giuridica e possano avviare azioni dirette contro gli operatori almeno in certi casi; propongono opportune agevolazioni finanziarie per i cittadini (cioè alleviamento dei costi di tribunale e azioni di risarcimento dei danni) che avviano cause contro gli inquinatori, particolarmente quando può verificarsi un danno imminente.

    * Raccomandano che la copertura finanziaria sia resa obbligatoria a livello comunitario.

    * Accolgono favorevolmente le condizioni generali di riparazione del danno.

    * Considerano che l'onere della prova debba essere alleggerito.

    * Una ONG raccomanda inoltre che le tecniche di valutazione monetaria applicate quando non è possibile una riparazione comparabile dovrebbero comprendere tecniche di preferenza dichiarate; sostiene inoltre un regime retroattivo.

    Autorità locali e regionali

    * Sono state espresse preoccupazioni circa il fatto che il regime previsto imporrebbe obblighi onerosi alle autorità pubbliche nell'esecuzione del regime, specie quando nessun inquinatore può essere giudicato responsabile.

    * Sono state inoltre espresse preoccupazioni circa il fatto che l'azione di autorità pubbliche potrebbe essere messa in causa da entità qualificate.

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