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Document 52001AE0241

Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Gli indicatori strutturali"

GU C 139 del 11.5.2001, p. 79–84 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52001AE0241

Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Gli indicatori strutturali"

Gazzetta ufficiale n. C 139 del 11/05/2001 pag. 0079 - 0084


Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Gli indicatori strutturali"

(2001/C 139/15)

La Commissione, in data 3 ottobre 2000, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale sul tema di cui sopra.

La Sezione "Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale", incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della relatrice Bulk, in data 8 febbraio 2001.

Il Comitato economico e sociale ha adottato, nel corso della 379a sessione plenaria del 28 febbraio e 1o marzo 2001 (seduta del 1o marzo 2001), con 87 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astensioni il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Al Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23-24 marzo 2000), l'Unione europea si è prefissata un nuovo obiettivo strategico per promuovere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale, nel quadro di un'economia della conoscenza: diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale (punto 5).

1.2. Secondo il Consiglio europeo, gli attuali indirizzi di massima per le politiche economiche e i processi di Lussemburgo, Cardiff e Colonia offrono i necessari strumenti. In particolare, tali indirizzi devono concentrarsi maggiormente sulle implicazioni di medio e lungo periodo delle politiche strutturali e sulle riforme volte alla promozione del potenziale di crescita economica, dell'occupazione e della coesione sociale, nonché sulla transizione verso un'economia basata sulla conoscenza (punto 35). Il metodo del coordinamento aperto, basato su obiettivi, indicatori e parametri di riferimento ben definiti, è stato esteso agli ambiti della politica economica, strutturale e sociale.

1.2.1. Le riforme relative alle quattro politiche si consolidano a vicenda, dati i vari legami esistenti fra loro e con il contesto economico generale. Per trarre i maggiori vantaggi dalle riforme economiche strutturali, è necessario un approccio chiaro e omogeneo che tenga conto dei legami di interdipendenza esistenti tra i vari mercati.

1.2.2. In tale contesto, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a elaborare annualmente una relazione di sintesi sui progressi realizzati, in base a indicatori strutturali da convenire per quanto attiene all'occupazione, all'innovazione e alla ricerca, alle riforme economiche e alla coesione sociale (punto 36).

1.3. Il Consiglio europeo di Feira (19-20 giugno 2000) ha invitato la Commissione a presentare entro la fine di settembre 2000 una relazione sull'approccio proposto in materia di indicatori e parametri di riferimento, di cui avvalersi sia per l'elaborazione di politiche specifiche, sia per l'elaborazione della relazione di sintesi da presentare al Consiglio europeo di primavera, per garantire la necessaria coerenza e una presentazione uniforme (punto 38). La Comunicazione della Commissione in oggetto soddisfa le richieste avanzate dai Consigli europei di Lisbona e Feira.

1.4. In tale Comunicazione, la Commissione definisce 27 indicatori da utilizzare nella relazione di sintesi destinata al Consiglio europeo di Stoccolma della primavera 2001. Gli indicatori proposti dalla Commissione sono uno strumento importante per seguire da vicino e comparare i progressi realizzati, nonché per valutare l'efficacia delle politiche degli Stati membri nei suddetti settori. In seguito a tale valutazione, si procederà altresì a definire degli orientamenti a breve e medio termine per la politica economica e sociale.

2. Osservazioni generali

2.1. Il Comitato sottolinea che l'iniziativa di produrre relazioni strutturate annue sui progressi nelle suddette politiche appare adeguata all'approccio di un monitoraggio reciproco fra gli Stati membri, nel cui ambito si deciderà un sistema di indicatori e parametri di riferimento per realizzare il meccanismo della sorveglianza incrociata. In tal modo si potrebbe attribuire minore rilievo ai parametri di riferimento, a vantaggio degli indicatori qualitativi e delle relazioni sui singoli Stati.

2.2. Il Comitato esprime particolare soddisfazione per la proposta della Commissione. Gli indicatori da essa proposti vanno considerati come pezzi diversi di un unico puzzle. Essi sono ripartiti nei quattro ambiti politici summenzionati. Grazie all'impiego di indicatori economici generali, è possibile delimitare il contesto economico globale nel quale s'inseriscono le riforme strutturali. Si potrà così procedere a valutazioni e analisi comparative improntate alla massima trasparenza tra gli Stati membri e le altre economie sviluppate (ad esempio, Stati Uniti e Giappone).

2.3. Il metodo caldeggiato dal Consiglio e dalla Commissione del coordinamento aperto, della pressione reciproca ("peer pressure") e dell'analisi comparativa ("benchmarking") può trarre un notevole vantaggio dalla disponibilità di dati adeguati, i quali possono fungere da base per una concertazione reciproca e un raffronto tra le prassi nazionali.

2.3.1. Per questo motivo bisogna vigilare affinché gli indicatori consentano un raffronto tra i risultati degli Stati membri. Gli indicatori che si limitino a fornire un quadro della situazione complessiva nell'Unione europea appaiono insufficienti ai fini di un coordinamento tra gli Stati membri. Non basta infatti appurare in quale misura l'Unione ottemperi nel complesso agli accordi politici di Lisbona, bensì quale sia il grado di realizzazione in ciascuno Stato membro.

2.4. Il Comitato sottolinea che gli indicatori necessitano di un inquadramento adeguato sul piano teorico. In ogni caso, essi devono basarsi su fonti statistiche indiscusse e misurabili univocamente, e presentare le seguenti caratteristiche:

- i costi inerenti alla raccolta dei dati devono essere proporzionati o giustificati rispetto ai risultati;

- i dati devono poter essere elaborati e resi disponibili in tempi brevi;

- i dati quantitativi devono essere disponibili con relativa facilità su fonti pubbliche;

- gli indicatori scelti devono essere sufficientemente solidi per resistere ai mutamenti istituzionali sui mercati;

- anche le eventuali misurazioni future dovranno poter essere effettuate agevolmente.

2.5. L'attendibilità delle conclusioni che, nell'ambito della relazione di sintesi, la Commissione potrà trarre dagli indicatori dipenderà a sua volta dall'attendibilità, dalla qualità e dall'attualità del materiale trasmesso all'Eurostat. È preferibile che gli indicatori vengano forniti nella misura del possibile dagli uffici statistici nazionali, anziché da altre fonti le cui modalità di raccolta e di armonizzazione spesso sono meno note. È molto importante perciò che tali dati rispondano a criteri elevati di affidabilità e siano quanto più possibile aggiornati. Solo così, infatti, un indicatore può tracciare un quadro attendibile e concreto della situazione nell'Unione europea.

2.5.1. Ci si chiede quindi ancora se gli indicatori proposti dalla Commissione possano essere utilizzati per una relazione di sintesi che dovrà essere pronta entro sei mesi. È la prima volta che la Commissione elaborerà una relazione di sintesi sulla base degli indicatori proposti ed essa stessa già riconosce nella Comunicazione che tali indicatori non hanno un valore limitativo, ma richiederanno integrazioni e miglioramenti. Il Comitato desidera raccomandare con forza che venga data priorità all'ulteriore sviluppo e al perfezionamento di un sistema affidabile d'informazioni statistiche. Data la complessità e l'importanza di sviluppare ulteriormente la serie degli indicatori, il Comitato continuerà a seguire da vicino l'evoluzione del sistema di informazioni statistiche, ferme restando le osservazioni esposte qui di seguito.

2.6. Il Comitato desidera inoltre far presente che ogni strumento di misurazione deve essere funzionale rispetto all'obiettivo a cui serve, il che è vero anche per gli indicatori strutturali. La scelta di determinati indicatori è legata all'obiettivo della relazione di sintesi della Commissione che è quello di valutare i progressi nell'attuazione degli obiettivi strategici di Lisbona, vertenti sulla riforma dell'UE affinché diventi "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo".

2.7. Il Comitato desidera inoltre sottolineare che non solo gli indicatori proposti devono rispondere a criteri elevati di attendibilità, attualità ed uniformità, ma anche che l'interpretazione del materiale in cifre fornito dagli indicatori deve consentire di esprimere un giudizio sui progressi registrati in campo economico, sociale e strutturale. Ciò sarà possibile con l'ausilio di un sistema d'informazione statistica di base, di modo che la lettura dei dati tenga conto ad esempio delle caratteristiche economiche e demografiche di ciascuno Stato membro. Una valutazione corretta è indispensabile per poter realizzare effettivamente l'obiettivo convenuto al vertice di Lisbona, cioè un'occupazione elevata in un'economia competitiva e dinamica. Per tale motivo anche l'interpretazione e la valutazione del materiale in cifre predisposto mediante gli indicatori dovranno rispondere a requisiti elevati in termini di possibilità di controllo, di efficacia e di affidabilità.

2.8. Il Comitato nota che in gran parte gli indicatori proposti non sono nuovi. Essi vengono già applicati, fra l'altro, come supporto della contabilità nazionale degli Stati membri, degli indirizzi economici di massima e del patto sull'occupazione.

2.8.1. Il Comitato desidera richiamare l'attenzione sulla necessità di istituire un chiaro legame tra la relazione annua di sintesi della Commissione e le attuali procedure dell'Unione europea per il progresso economico e sociale. La relazione di sintesi della Commissione europea presenta un nesso evidente con tali procedure in corso e potrà quindi, secondo il Comitato, servire perfettamente di base agli indirizzi politici nei settori suindicati, anche grazie alla valutazione della misura in cui gli obiettivi strategici di Lisbona sono attuati dagli Stati membri.

2.8.2. Pertanto, il valore aggiunto dell'elenco di indicatori proposti dalla Commissione non risiede in ciascuno di essi, bensì nell'approccio integrato dei settori politici da essi coperti. Il metodo di coordinamento aperto presentato dal Consiglio e dalla Commissione, in base al quale gli Stati membri armonizzano tra di loro le rispettive politiche può trarre ampio beneficio da una base strutturante chiara come quella fornita dalla relazione di sintesi della Commissione. Con l'ausilio di detta relazione la Commissione europea può creare una base del genere per i dibattiti che saranno tenuti nelle diverse sedute del Consiglio di ministri.

2.9. Sebbene la Commissione dichiari che i diversi indicatori non possono essere considerati disgiunti gli uni dagli altri, per effetto della loro ripartizione in quattro ambiti politici, i collegamenti diretti e le interrelazioni tra di loro rischiano di essere percepiti con minore chiarezza, dando origine a un quadro distorto della situazione. Oltre a ciò, esistono grandi disparità nella struttura economica degli Stati membri, ad esempio nell'ambito dei sistemi finanziari e fiscali e dei regimi di previdenza sociale, ragion per cui l'applicazione di una serie di indicatori isolati non è adeguata allo scopo. È inoltre difficile che dall'elenco di una serie di indicatori possa risultare un quadro dettagliato dei legami esistenti tra loro. Ai fini di una descrizione più chiara, sarà necessaria una struttura più particolareggiata nella quale gli indicatori provengano il più possibile da un unico sistema d'informazione statistica di base.

2.9.1. Un tale sistema d'informazione e gli indicatori che ne costituiscono il sostrato possono essere orientati ai diversi settori dell'economia e al tessuto economico generale di un paese. In tal modo, gli indicatori proposti dalla Commissione possono essere definiti e delimitati in maniera univoca, e misurare così gli stessi fenomeni nei vari contesti economici degli Stati membri. Solo a tale condizione la relazione di sintesi consentirà di trarre conclusioni realistiche sui progressi effettuati nell'attuazione degli obiettivi strategici di Lisbona.

2.9.2. A giudizio del Comitato, si dovrà ovviamente tener presente l'allargamento dell'Unione europea. Dopo l'adesione dei paesi candidati, anche i loro uffici statistici dovranno infatti trasmettere all'Eurostat i dati numerici destinati a elaborare gli indicatori della Commissione. Si dovrà appurare in quale misura tali dati siano già disponibili.

3. Osservazioni specifiche

3.1. La Commissione propone cinque indicatori economici generali per delimitare il contesto economico globale in cui rientrano le riforme strutturali intraprese nel mercato del lavoro, dei prodotti e dei capitali. Essi sono il PIL pro capite e il tasso di crescita reale del PIL, l'intensità energetica dell'economia, la produttività del lavoro (per lavoratore dipendente e per ora di lavoro), il tasso di inflazione e il saldo di bilancio depurato delle variazioni cicliche.

3.1.1. Il Trattato di Amsterdam stabilisce che la protezione dell'ambiente dev'essere integrata nelle politiche comunitarie per assicurare uno sviluppo sostenibile. Gli indirizzi di massima per la politica economica devono garantire che vengano proposte misure politiche coerenti per i diversi settori dell'economia.

3.1.1.1. Le strategie d'integrazione finora elaborate dal Consiglio hanno già fornito diversi indicatori importanti sul piano sia settoriale che generale. Indicatori quali il grado di efficienza energetica, gli investimenti ambientali e l'emissione di gas a effetto serra o di altre sostanze inquinanti devono essere tenuti presenti per qualsiasi valutazione generale, sia in termini assoluti sia per unità di PIL. Il Comitato si chiede per quale ragione manchi un simile indicatore ambientale, e in proposito fa nuovamente osservare che gli indicatori devono riferirsi alle strutture economiche degli Stati membri e dei diversi settori. Solo in questo modo si può procedere a un reale confronto tra gli Stati membri. Ciò implica la necessità di estrapolare tali elementi da un sistema coerente di informazioni economiche e ambientali. Il cosiddetto sistema NAMEA, attualmente in fase di sviluppo da parte dell'Eurostat (e già applicato in 14 Stati membri), appare particolarmente idoneo a tale scopo.

3.1.1.2. L'indicatore "Intensità energetica dell'economia", proposto dalla Commissione in relazione al contesto economico generale, appare difficile da valutare in quanto è legato alla struttura economica di ogni singolo paese. Una possibile alternativa è costituita dal già menzionato grado di efficienza energetica, il quale può essere definito come la somma ponderata dei consumi energetici dei vari settori economici rispetto alla media europea per ciascun comparto.

3.2. Indicatori relativi all'occupazione

3.2.1. Uno degli obiettivi chiave della nuova strategia dell'UE, fissati dal Consiglio europeo di Lisbona, consiste nella promozione dell'occupazione nel quadro di una società fondata sulla conoscenza. L'Unione europea dovrebbe mirare a conseguire un tasso del 70 % entro il 2010, mentre la media dell'occupazione femminile dovrebbe superare il 60 %. A tal fine è necessaria un'attiva politica dell'occupazione. Gli indicatori proposti servono in primo luogo a raggiungere per il 2010 le due percentuali strategiche fissate per l'occupazione. In tale ambito ne vengono proposti sette: il tasso d'occupazione, il tasso d'occupazione delle donne, il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani, il tasso di disoccupazione, il tasso di disoccupazione di lunga durata, il tasso di prelievo sui bassi salari e la formazione permanente (partecipazione degli adulti all'istruzione e alla formazione).

3.2.2. Secondo il Comitato, è necessario tenere conto non solo della situazione specifica dei lavoratori anziani, ma anche di quella dei giovani lavoratori. Colpisce inoltre la mancanza, tra gli indicatori, del tasso di occupazione ripartito fra donne e uomini, come pure fra giovani e anziani.

3.2.3. Per quanto riguarda l'indicatore "Tasso d'occupazione delle donne", il Comitato fa osservare che si tratta di un dato significativo, ma che è importante abbinarlo contestualmente al tasso di occupazione degli uomini, sì da consentire un confronto. Il Comitato raccomanda peraltro di ripartire anche il tasso di disoccupazione fra uomini e donne.

3.2.4. Quanto all'indicatore "Tasso di prelievo sui bassi salari", il Comitato si chiede se questo misuri davvero gli aspetti rilevanti sotto il profilo politico. La Commissione intende misurare la cosiddetta "trappola della povertà" nel caso dei redditi più bassi, ma il problema è legato non tanto ai prelievi, quanto piuttosto al divario del reddito. In secondo luogo, rileva che la fonte menzionata è l'OCSE, i cui dati sono basati su una costruzione modellizzata. L'Eurostat utilizza una definizione lievemente diversa, e dispone di dati provenienti da indagini. Il Comitato esprime la propria preferenza per quest'ultimo approccio.

3.2.5. Riferendosi all'indicatore "Formazione permanente", il Comitato torna a sottolineare la grande rilevanza di questo aspetto della politica occupazionale per i cittadini, nel quadro dell'acquisizione delle abilità e delle conoscenze necessarie per mantenere una determinata posizione sul mercato del lavoro e migliorarla nei limiti del possibile. Il Comitato indica però che nelle definizioni in uso nei vari Stati membri esistono lievi differenze. Inoltre tale indicatore è orientato all'input, mentre dovrebbe prendere in considerazione anche l'output. Parimenti, il Comitato ritiene molto importante che anche in relazione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita si elaborino indicatori non solo quantitativi, ma anche qualitativi, come la durata e l'adeguatezza della formazione seguita.

3.3. Indicatori per l'innovazione e la ricerca

3.3.1. Lo sviluppo tecnologico e il miglioramento della qualità del lavoro e del flusso di capitali nel processo produttivo sono in ampia misura all'origine della crescita economica e costituiscono l'elemento trainante della promozione della concorrenza e dell'occupazione. Migliorare la capacità d'innovazione è perciò una componente essenziale del nuovo obiettivo strategico dell'Unione europea. Il passaggio ad un'economia basata sulla conoscenza dev'essere sostenuto con una politica più efficace in materia di R& S, di formazione e di società dell'informazione.

3.3.1.1. Nel corso degli ultimi anni la visibilità della società dell'informazione si è notevolmente accentuata, mentre lo sviluppo tecnologico si va accelerando. Si sta generalizzando l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per la gestione, le transazioni e la comunicazione. Con le nuove possibilità offerte dalle TIC questo settore può potenziare la propria competitività. L'aumento esponenziale delle possibilità di procedere a rapidi scambi d'informazione tra i diversi attori porta a mutamenti (a volte radicali) delle strutture organizzative e del processo del lavoro, determinando nel contempo una più grande mobilità della conoscenza. Ciò avrà certamente un impatto sulla possibilità di organizzare il lavoro transfrontaliero.

3.3.1.2. Per l'innovazione e la ricerca vengono proposti sette indicatori: le spese pubbliche per l'istruzione, le spese di R& S, le spese relative alle TIC, il livello di accesso a Internet, i brevetti nei settori di alta tecnologia, l'esportazione di prodotti di alta tecnologia e il capitale di rischio.

3.3.2. Gli anziani e le persone con un basso livello d'istruzione hanno tuttavia delle difficoltà di accesso alle TIC. Oltre all'interesse da attribuire per questo ambito politico all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, occorre prestare attenzione all'accesso alla nuova economia della conoscenza dei disoccupati (di lunga durata) e di coloro che ne dipendono. È necessario un approccio integrato, in quanto non è chiaro fino a che punto bastino in proposito indicatori isolati. Si tratta infatti di evitare un'ulteriore spaccatura della società. Se ne desume l'interesse di costituire alla base un sistema di informazioni che consenta di individuare i gruppi di popolazione che approfittano direttamente o indirettamente dell'economia della conoscenza. Indicatori semplicemente aggregati sono quindi insufficienti.

3.3.3. In merito all'indicatore "Spese pubbliche per l'istruzione", il Comitato osserva che si tratta di un indicatore input che non riflette in misura sufficiente i mutamenti qualitativi nell'insegnamento. Si potrebbe porvi rimedio aggiungendovi l'indicatore delle contabilità nazionali relativo allo sviluppo in volume di tale settore. Quest'ultimo indicatore tiene infatti conto degli aspetti qualitativi e tra poco saranno disponibili dati armonizzati in proposito presso l'Eurostat.

3.3.4. Quanto all'indicatore "Spese per la ricerca e lo sviluppo", il Comitato osserva che anche questo è orientato all'input, mentre si dovrebbe prestare attenzione anche allo sviluppo in termini di volume e non solo a quello in termini di valore.

3.3.5. Per quanto riguarda l'indicatore "Brevetti nei settori di alta tecnologia", secondo il Comitato è preferibile prendere in considerazione tutti i brevetti e non solo quelli relativi al settore delle tecnologie avanzate. Infatti, la competitività degli Stati membri viene determinata anche dagli sviluppi tecnologici in settori diversi dall'high-tech.

3.3.6. In relazione all'indicatore "Esportazioni di prodotti high-tech", il Comitato osserva che è importante valutare la quota di produzione high-tech integrata nelle altre esportazioni. È però opportuno notare marginalmente che la posizione concorrenziale di un paese è determinata non tanto dalla produzione high-tech, quanto dalla produzione di alto livello di una gamma più ampia possibile di beni e di servizi.

3.4. Indicatori per la riforma economica

3.4.1. Con la realizzazione dell'UEM e l'introduzione dell'euro sono stati compiuti dei notevoli passi avanti verso un mercato interno europeo integrato. Il progresso tecnologico e la globalizzazione hanno dato un ulteriore impulso a tali processi d'integrazione in relazione al mercato dei beni e dei capitali. Nel campo delle riforme economiche sono stati proposti sette indicatori relativi all'integrazione e all'efficienza del mercato: l'integrazione del commercio, i livelli dei prezzi relativi e la convergenza dei prezzi, i prezzi nelle industrie in rete, gli appalti pubblici, gli aiuti statali settoriali e ad hoc, la penetrazione transfrontaliera delle banche e il capitale acquisito sui mercati azionari.

3.4.2. Il Comitato desidera sottolineare che l'indicatore "Integrazione del commercio" è poco significativo e che tutt'al più si possono trarre delle conclusioni dalla sua evoluzione.

3.4.3. Riguardo all'indicatore "Livello dei prezzi relativi e convergenza dei prezzi", il Comitato rileva la difficoltà di trovare un paniere di beni comparabili e validi per tutti i paesi interessati. Nell'UE si sta tentando di risolvere tale problema ricorrendo alle parità di potere d'acquisto, anche se finora la qualità di tali dati lascia a desiderare.

3.4.4. Il Comitato si chiede inoltre se tutti gli Stati membri dell'UE dispongano delle informazioni molto particolareggiate inerenti all'indicatore "Penetrazione bancaria transfrontaliera". Nota peraltro che l'indicatore "Costi del capitale", che la Commissione propone di elaborare, forse risponderebbe meglio all'obiettivo prefissato, quello cioè di misurare l'integrazione dei mercati finanziari.

3.4.5. Quanto all'indicatore "Appalti pubblici", il Comitato si chiede se esso misuri davvero l'apertura e la trasparenza degli appalti pubblici nell'Unione europea. Tale indicatore, ad esempio, non tiene affatto conto delle disparità nelle dimensioni delle economie degli Stati membri. Un migliore indicatore sarebbe forse costituito dal rapporto tra il valore degli appalti pubblici e il PIL. Anch'esso però fornisce ben pochi ragguagli sull'impulso derivante per il mercato nazionale, in quanto non misura il valore degli appalti pubblici che alla fine vengono effettivamente attribuiti a imprese di altri Stati membri.

3.5. Indicatori per la coesione sociale

3.5.1. La composizione della popolazione attiva sta subendo una modifica strutturale. In tale contesto, considerato che il mercato del lavoro si va restringendo, un compito importante consiste nell'ottenere una popolazione attiva disponibile, ben formata e pronta ad apprendere lungo tutto l'arco della vita. Le grandi sfide consistono tuttora nella lotta contro la povertà e nell'impegno a mantenere le persone nella vita attiva. Ne risulta chiaro il valore permanente dei compiti chiave classici della politica socioeconomica: promozione della partecipazione sociale attraverso il lavoro; equa ripartizione dei redditi; garanzia di un reddito per le persone che non sono in grado di provvedervi da sé; dissuasione dalla dipendenza dalle prestazioni sociali e lotta all'esclusione prematura dalla vita attiva.

3.5.2. Per la coesione sociale vengono proposti sei indicatori: ripartizione dei redditi; (rapporto dei quintili di reddito) tasso di povertà prima e dopo le prestazioni sociali, il persistere della povertà, i nuclei familiari senza impiego, la coesione regionale (divari regionali del PIL pro capite in SPA) e giovani che abbandonano prematuramente la scuola e non continuano gli studi né seguono altri tipi di formazione.

3.5.3. L'ambizioso obiettivo di diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo implica tra l'altro la necessità di combattere la povertà. La lotta contro la povertà e l'emarginazione sociale comporta il sostegno all'accesso a posti di lavoro di qualità e l'accesso generalizzato ai mezzi, ai diritti, ai beni e ai servizi. Occorre tener conto della proposta presentata dalla Commissione in occasione del Consiglio europeo di Lisbona e intesa ad abbassare la percentuale di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà dal 18 % al 15 % nel 2005 e al 10 % nel 2010 e di dimezzare per questa data la percentuale dei bambini che vivono nella povertà. Il Comitato osserva al riguardo che l'indicatore proposto in relazione alla povertà si basa su una soglia di povertà relativa, ragion per cui lo standard di povertà cambia automaticamente al variare del livello di reddito nello Stato membro in questione. Al Comitato sembra molto importante che si misuri anche il persistere della povertà. Infatti, i nuclei familiari che vivono da parecchi anni al di sotto della soglia di povertà si trovano in una situazione molto più vulnerabile di quelli che la attraversano solo temporaneamente.

3.5.3.1. È perciò evidente la necessità di far coincidere gli indicatori che riflettono i diversi aspetti della politica dell'occupazione e gli indicatori che misurano la coesione sociale. Al riguardo appare assai indicato il ricorso al cosiddetto Social Accounting System, attualmente in fase di elaborazione nell'ambito di un progetto pilota condotto da 8 Stati membri e l'Eurostat.

3.5.3.1.1. La definizione di indicatori qualitativi e quantitativi su scala comunitaria può servire di base allo sviluppo di un metodo aperto di coordinamento tra gli Stati membri, quale già esiste nel settore dell'occupazione, nonché per lo sviluppo di programmi nazionali di studio e di lotta contro la povertà e l'emarginazione sociale, e ciò in conformità delle conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona.

3.5.4. In riferimento all'indicatore "Ripartizione dei redditi", la Commissione propone di effettuare tale misurazione utilizzando i quintili dei redditi (confrontando cioè le entrate del 20 % della popolazione avente il reddito più elevato con quelle del 20 % con il reddito meno elevato). Il Comitato reputa che i decili (il rapporto tra le entrate del 10 % della popolazione avente il reddito più elevato e del 10 % con il reddito meno elevato) siano un indicatore migliore delle disparità di uno Stato membro in termini di redditi, poiché riproducono in modo più efficace le differenze fra i valori estremi della suddivisione dei redditi.

3.5.5. Riguardo all'indicatore "Nuclei familiari senza impiego", il Comitato rileva che su di esso incidono in notevole misura le differenze nelle dimensioni dei nuclei.

3.5.6. Il rafforzamento della coesione economica e sociale, in vista dell'evoluzione armoniosa delle diverse regioni dell'Unione, fa parte, in base al Trattato di Amsterdam, delle priorità politiche comunitarie. I 15 Stati membri dell'Unione europea sono suddivisi in 150 regioni. Le cifre relative al PIL pro capite che servono di base per determinare se il livello di sviluppo di una determinata regione si situa al di sopra o al di sotto della media UE datano però del 1995 e non sono più attuali; indicano tuttavia l'esistenza di forti disparità. Mancando dati attuali, non è chiaro se il fossato tra le varie regioni si sia ridotto con gli anni oppure se in realtà sia iniziato un processo di convergenza. A ciò si aggiunge il fatto che talvolta le cifre relative ai PIL regionali pro capite non forniscono le indicazioni più precise sul benessere nelle regioni in questione. Ciò vale ad esempio per le regioni caratterizzate da intensi movimenti pendolari (periferie residenziali), nelle quali spesso si produce relativamente poco ma si ottengono guadagni relativamente ingenti (da parte di quanti lavorano fuori sede). Per tale motivo, un indicatore migliore sembra essere il reddito disponibile pro capite della popolazione.

3.5.6.1. A questo proposito, il Comitato desidera raccomandare nel contempo che in una fase successiva non ci si limiti a sviluppare standard nazionali, come avviene ora, ma anche su scala regionale.

3.5.7. Riguardo all'indicatore "Registrazione delle imprese", ancora da mettere a punto, il Comitato raccomanda di considerare che per quanto esista un accordo riguardo alle definizioni, quest'ultimo viene attuato secondo modalità differenti da parte degli Stati membri. Ad esempio, le registrazioni relative alla creazione e allo scioglimento di imprese non avvengono nello stesso modo su scala comunitaria.

4. Conclusioni

4.1. Il Comitato è particolarmente soddisfatto della proposta della Commissione di definire una serie di indicatori che fungano da base per la relazione di sintesi annua. Il Comitato desidera sottolineare in modo esplicito che al riguardo la priorità va attribuita all'ulteriore sviluppo e al perfezionamento di un sistema affidabile di informazioni statistiche. Spera quindi che la Commissione si avvarrà del contribuito apportato dal presente parere. Data la complessità e l'importanza di procedere a un ulteriore sviluppo della serie di indicatori, il Comitato continuerà a seguire da vicino l'evoluzione del sistema di informazioni statistiche.

4.2. Il Comitato esorta a riflettere sul fatto che il ricorso a singoli indicatori isolati non consente di effettuare alcuna vera sintesi, né tanto meno può tenere conto delle differenze esistenti tra le strutture economiche globali degli Stati membri. Ai fini di una definizione più chiara, si renderà necessaria una struttura maggiormente particolareggiata in base alla quale gli indicatori derivino quanto più possibile da un unico sistema di informazioni statistiche.

4.3. Il Comitato desidera sottolineare che l'interpretazione dei dati numerici forniti dagli indicatori deve consentire di esprimere un giudizio sui progressi registrati nel campo dell'occupazione, dell'innovazione e della ricerca, delle riforme economiche e della coesione sociale. La traduzione di tale materiale in orientamenti politici dovrà rispondere a requisiti elevati in termini di efficacia, possibilità di controllo e attendibilità. Al riguardo bisognerà tenere conto del fatto che i dati quantitativi non possono mai fornire un quadro del tutto oggettivo della realtà sociale.

4.4. Il Comitato reputa che il metodo del coordinamento aperto, come quello applicato alla politica economica, sociale e strutturale, può trarre un beneficio notevole da una base strutturante chiara come quella fornita dalla relazione di sintesi della Commissione. Con l'ausilio di detta relazione, la Commissione europea può fornire una base del genere per i dibattiti che saranno tenuti nelle diverse sedute future del Consiglio di Ministri.

Bruxelles, 1o marzo 2001.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

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