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Document 52000PC0652

Proposta modificata di direttiva del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (presentata dalla Commissione in applicazione dell'articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE)

/* COM/2000/0652 def. - CNS 99/0225 */

GU C 62E del 27.2.2001, p. 152–163 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52000PC0652

Proposta modificata di direttiva del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (presentata dalla Commissione in applicazione dell'articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE) /* COM/2000/0652 def. - CNS 99/0225 */

Gazzetta ufficiale n. 062 E del 27/02/2001 pag. 0152 - 0163


Proposta modificata di DIRETTIVA DEL CONSIGLIO CHE STABILISCE UN QUADRO GENERALE PER LA PARITÀ DI TRATTAMENTO IN MATERIA DI OCCUPAZIONE E DI CONDIZIONI DI LAVORO (presentata dalla Commissione in applicazione dell'articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE)

RELAZIONE

1. INTRODUZIONE

Il 25 novembre 1999 la Commissione ha adottato un pacchetto di proposte antidiscriminatorie fondate sull'articolo 13 del trattato CE. Il Comitato delle regioni ha espresso un parere sul pacchetto il 12 aprile 2000, mentre il Comitato economico e sociale si è pronunciato il 25 maggio 2000. Il Parlamento europeo ha formulato un parere sulla proposta di direttiva che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro il 5 ottobre 2000.

Alla luce di tali pareri, la Commissione ha modificato la proposta iniziale.

2. EMENDAMENTI

Gli emendamenti del Parlamento europeo accolti dalla Commissione possono essere raggruppati in tre grandi categorie:

1) Emendamenti che allineano la proposta alla direttiva 2000/43/CE del Consiglio [1].

[1] Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

Questi riguardano gli aspetti seguenti:

*Riferimento alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario (emendamento 2).

*Considerazione della tematica delle pari opportunità tra uomo e donna - discriminazioni multiple (emendamenti 4 e 26).

*Riferimento agli orientamenti in materia di occupazione per l'anno 2000, approvati dal Consiglio europeo di Helsinki (emendamento 7).

*Definizione ampliata della nozione di molestie (emendamento 23).

*Riferimento all'istigazione alla discriminazione in quanto discriminazione vera e propria (emendamento 24).

*Precisazione del campo di applicazione sostanziale della proposta, indicando che essa si applica sia al settore pubblico che a quello privato, compresi gli enti pubblici. Si chiarisce inoltre che la proposta di applica anche al lavoro non retribuito o volontario e ai tirocini (emendamenti 29 e 30).

*Introduzione del rispetto dei principi di legittimità e proporzionalità rispetto alle differenze di trattamento giustificate da un requisito professionale essenziale (emendamento 36).

*Modifica della disposizione sull'azione positiva in un senso più vicino allo spirito dell'articolo 141, paragrafo 4, del trattato (emendamento 40).

*Introduzione dell'importanza delle procedure di conciliazione e della nozione di interesse legittimo per la difesa dei propri diritti (emendamenti 42 e 73).

*Precisazione che il dialogo sociale va incoraggiato senza pregiudicare l'autonomia delle parti sociali e l'aderenza alle tradizioni e prassi nazionali (emendamenti 13, 48 e 49).

*Introduzione di un nuovo articolo sul dialogo con le organizzazioni non governative (emendamenti 50 e 51).

*Indicazione che le sanzioni possono comprendere il versamento di un risarcimento alle vittime (emendamento 46).

*Diverse precisazioni riguardanti la disposizione sull'attuazione della direttiva, per riflettere più fedelmente i diversi sistemi esistenti negli Stati membri (emendamenti 14, 54 e 59).

*Rafforzamento del controllo sull'applicazione della direttiva, specie mediante verifiche periodiche (emendamento 60).

Inoltre, per motivi di coerenza giuridica, si è provveduto a sopprimere qualsiasi riferimento alla discriminazione fondata sulla razza o l'origine etnica (emendamenti 5, 9, 10 et 20).

2) Emendamenti che chiariscono o migliorano la proposta della Commissione:

*La realizzazione personale come una delle ragioni fondamentali per esercitare una professione o svolgere un lavoro (emendamento 8).

*Discriminazione come ostacolo alla libera circolazione delle persone (emendamento 9).

*Precisazione che le norme relative all'onere della prova si applicano anche in ambito amministrativo (emendamento 12).

*Applicazione della proposta ai cittadini di paesi terzi (emendamento 34).

*Semplificazione della disposizione relativa alla diffusione delle informazioni (emendamento 47).

3) Emendamenti relativi a punti fondamentali legati all'handicap, alla religione e alle convinzioni personali

Per quanto riguarda le discriminazioni nei confronti dei disabili, il testo chiarisce che cosa si intende per "adattamento ragionevole" a favore dei portatori di handicap e per "onere indebito" a carico del datore di lavoro (emendamento 25).

Per i casi in cui la religione e le convinzioni personali costituiscono un requisito professionale essenziale, la proposta della Commissione è stata modificata per tener conto delle attività sociali delle organizzazioni religiose. È stata inoltre completata per sottolineare che questa disposizione non può dar luogo a discriminazioni fondate su altri motivi (emendamento 37).

Proposta modificata di

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 13,

vista la proposta della Commissione [2],

[2] COM(1999) 565 def.

visto il parere del Parlamento europeo [3],

[3] 5.10.2000.

visto il parere del Comitato economico e sociale [4],

[4] 25.2.2000.

visto il parere del Comitato delle regioni [5],

[5] 12.4.2000.

IN CONSIDERAZIONE DI QUANTO SEGUE:

(1) L'Unione europea è fondata sui principi della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi comuni a tutti gli Stati membri. Conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, l'Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.

(2) L'articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea conferisce al Consiglio il potere di adottare provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

(3) Il principio della parità di trattamento tra i sessi è ormai consolidato da un consistente corpus di norme comunitarie, in particolare dalla direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro [6]. Il trattato che istituisce la Comunità europea conferisce al Consiglio il potere di adottare misure che assicurino l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e condizioni di lavoro.

[6] GU L 39 del 14.2.1976, pag. 40.

(4) Nell'attuazione del principio della parità di trattamento la Comunità deve mirare, conformemente all'articolo 3, paragrafo2, del trattato CE, ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne, soprattutto in considerazione del fatto che le donne sono spesso vittime di discriminazioni multiple.

(5) Il diritto all'uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione di tutte le persone contro le discriminazioni costituisce un diritto universale, riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, di cui tutti gli Stati membri sono firmatari. La Convenzione n. 111 dell'OIL proibisce la discriminazione in materia di occupazione e di impiego.

(6) La Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori riconosce l'importanza di combattere qualsiasi forma di discriminazione, compresa la necessità di intraprendere azioni appropriate per l'integrazione sociale ed economica degli anziani e dei disabili.

(7) Il trattato che istituisce la Comunità europea comprende tra i suoi obiettivi la promozione del coordinamento tra le politiche degli Stati membri in materia di occupazione. A tal fine, nel trattato è stato incorporato un nuovo capitolo sull'occupazione che fa della Comunità europea il tramite per sviluppare una strategia europea coordinata in materia di occupazione, allo scopo di promuovere una forza lavoro qualificata, adeguatamente formata e adattabile.

(8) Gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati il 10 e 11 dicembre 1999 dal Consiglio europeo di Helsinki, ribadiscono la necessità di promuovere un mercato del lavoro favorevole all'inserimento sociale, formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi di persone, quali i portatori di handicap. Essi ribadiscono altresì la necessità di aiutare in particolar modo i lavoratori più anziani, onde accrescere la loro partecipazione alla vita professionale.(9) L'occupazione e l'impiego sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti i cittadini, contribuendo notevolmente alla loro piena partecipazione alla vita economica, culturale e sociale, nonché alla loro realizzazione personale.

(10) Il Consiglio ha adottato il 29 giugno 2000 la direttiva 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Tale direttiva prevede già una protezione contro queste forme di discriminazione nel campo dell'occupazione e dell'impiego.

(11) La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà, nonché la libera circolazione delle persone.

(12) Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali per quanto concerne gli ambiti di cui alla presente direttiva dev'essere pertanto proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione si applica anche ai cittadini di paesi terzi, ma non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni relative all'ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi, né il loro accesso all'occupazione e al lavoro.

(13) Le molestie sono da considerarsi una forma di discriminazione in caso di comportamento indesiderato, adottato per motivi di religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.

(14) La messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nella lotta alla discriminazione fondata sull'handicap.

(15) Occorre prevedere adattamenti ragionevoli, vale a dire misure efficaci e pratiche per trasformare il posto di lavoro in funzione dell'handicap, ad esempio procedendo ad una sistemazione dei locali o ad un adeguamento delle attrezzature, dei ritmi di lavoro, della ripartizione delle mansioni oppure dell'offerta di strumenti di formazione o di crescita professionale.

(16) Per determinare se le misure in questione danno luogo ad un onere indebito, occorre tener conto in particolare dei costi che comportano in termini finanziari ed altro, dell'entità delle risorse finanziarie di cui l'organismo o l'impresa dispone e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre forme di aiuto.

(17) Una differenza di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata a una causa di discriminazione costituisce un requisito professionale essenziale.

(18) Nella dichiarazione n. 11 sullo status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali, allegata all'atto finale del trattato di Amsterdam, l'Unione europea ha riconosciuto espressamente di rispettare e non pregiudicare lo status riconosciuto dalle legislazioni nazionali alle chiese e associazioni o comunità degli Stati membri e, inoltre, di rispettare lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali.

(19) Il divieto di discriminazione non deve pregiudicare il mantenimento o l'adozione di misure destinate a prevenire o compensare svantaggi dovuti per motivi di religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali.

(20) Le disposizioni della presente direttiva fissano requisiti minimi, lasciando agli Stati membri la facoltà di introdurre disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non può servire da pretesto per far regredire la situazione preesistente a livello nazionale.

(21) Le vittime di una discriminazione fondata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali dovrebbero disporre di adeguati mezzi di protezione giuridica. Per garantire un livello di tutela più efficace, occorre conferire anche alle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche il potere di esercitare il diritto di difesa per conto o a sostegno della parte lesa.

(22) L'efficace attuazione del principio di parità richiede un'adeguata protezione giuridica contro le ritorsioni e un adeguamento delle norme generali relative all'onere della prova in ambito civile e amministrativo.

(23) Gli Stati membri devono fornire adeguate informazioni sulle disposizioni adottate in virtù della presente direttiva.

(24) Gli Stati membri devono promuovere il dialogo fra le parti sociali, nonché con le organizzazioni non governative, ai fini della lotta contro varie forme di discriminazione sul lavoro.

(25) Gli Stati membri devono dotarsi dei mezzi necessari per assicurare che leggi, regolamenti, disposizioni amministrative, accordi collettivi, regolamenti aziendali interni o regolamenti a disciplina del lavoro autonomo, delle professioni o delle organizzazioni di categoria contrari al principio della parità di trattamento siano o possano essere dichiarati nulli e privi di effetto o modificati.

(26) Gli Stati membri devono prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, applicabili in caso di violazione degli obblighi stabiliti dalla presente direttiva.

(27) Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi, a condizione di prendere tutte le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva.

(28) In base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità enunciati all'articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, gli scopi della presente direttiva, in particolare la creazione all'interno della Comunità di un campo d'azione omogeneo per la parità in materia di occupazione e condizioni di lavoro, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e dell'impatto dell'azione proposta, essere conseguiti meglio a livello comunitario. La presente direttiva si limita a quanto è strettamente necessario per raggiungere tali scopi,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I: DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Obiettivo

La presente direttiva mira a rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento di tutte le persone, a prescindere da religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali, per quanto concerne l'accesso all'occupazione e all'impiego, compresi gli aspetti della promozione, della formazione professionale, delle condizioni di lavoro e di affiliazione ad alcune organizzazioni.

Articolo 2

Nozione di discriminazione

1. 1. Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta di alcun genere per nessuna delle cause di cui all'articolo 1.

2. 2. Ai sensi del paragrafo 1:

a) una discriminazione diretta si dà quando, per una qualsiasi causa di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarà trattata un'altra.

b) una discriminazione indiretta si dà quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono ripercuotersi negativamente su una persona o su più persone per una qualsiasi causa di cui all'articolo 1, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

3. 3. Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per uno dei motivi di cui all'articolo 1 e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, la nozione di molestia può essere definita conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri.

4. 4. Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento nei confronti dei disabili occorre provvedere a ragionevoli adattamenti. Ciò significa che in una situazione concreta il datore di lavoro è tenuto a prendere le misure appropriate in funzione delle esigenze dei portatori di handicap per consentire loro di accedere ad un lavoro, esercitare una professione, progredire nella carriera o seguire corsi di formazione, a meno che tali misure impongano al datore di lavoro un onere indebito.

5. 5. Ogni comportamento che induca chiunque a praticare una discriminazione nei confronti di persone per uno dei motivi di cui all'articolo 1 è considerato una discriminazione ai sensi del paragrafo 1.

Articolo 3

Campo d'applicazione sostanziale

La presente direttiva si applica a tutte le persone che operano nel settore pubblico e privato, compresi gli enti pubblici, per quanto riguarda :

6. a) le condizioni di accesso al lavoro dipendente e autonomo, non retribuito o volontario, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, quale che sia il settore di attività e a tutti i livelli gerarchici, nonché la promozione;

7. b) l'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, compresa l'acquisizione di un'esperienza pratica;

8. c) l'occupazione e le condizioni di lavoro, compresi la fine del rapporto e le retribuzioni;

9. d) l'affiliazione e l'attività in un'organizzazione di lavoratori o datori di lavoro, o in qualunque altra organizzazione i cui membri esercitino una determinata professione, nonché le prestazioni erogate da tali organizzazioni.

Articolo 4

Requisito professionale essenziale

10. 1. In deroga all'articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento, basata su una caratteristica correlata a una qualunque delle cause di discriminazione di cui all'articolo 1, non costituisca discriminazione, laddove, per la natura delle particolari attività lavorative interessate o per il contesto in cui esse vengono espletate, tale caratteristica costituisca un requisito professionale essenziale, a condizione che la finalità sia legittima e che il requisito sia proporzionato.

11. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, gli Stati membri possono disporre che nel caso di organizzazioni pubbliche o private fondate sulla religione o su convinzioni personali, nonché per le loro attività professionali direttamente ed essenzialmente collegate alla religione o a tali convinzioni personali, una differenza di trattamento basata sulla religione o le convinzioni personali non costituisca discriminazione, laddove, in ragione della natura di tali attività o del contesto in cui vengono svolte, la religione e le convinzioni personali costituiscano un requisito professionale essenziale. Tale differenza non può, tuttavia, dar luogo ad alcuna discriminazione fondata sugli altri motivi di discriminazione di cui all'articolo 13 del trattato CE.

Articolo 5

Giustificate difformità di trattamento collegate all'età

In deroga all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), le difformità di trattamento fondate sull'età non costituiscono discriminazione diretta laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima, specie attinente alla politica occupazionale e al mercato del lavoro, e gli strumenti volti a conseguire tale finalità siano appropriati e necessari .

Tali difformità possono comprendere:

12. a) il divieto di accesso all'occupazione o la definizione di condizioni di lavoro speciali onde assicurare la protezione dei giovani e dei lavoratori anziani;

13. b) la fissazione di un'età minima, quale condizione per aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all'invalidità, nel quadro dei regimi professionali di sicurezza sociale, compresa la determinazione di età diverse per singoli lavoratori, oppure gruppi o categorie di lavoratori, sulla base di requisiti professionali d'ordine fisico o intellettuale;

14.

15. c) la fissazione di un'età massima per l'assunzione, basata sul livello di formazione richiesto dal lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di occupazione prima del pensionamento.

18.

Articolo 6

Azione positiva

Per garantire la totale uguaglianza nella vita professionale, il principio della parità di trattamento non impedisce agli Stati membri di mantenere o adottare misure specifiche volte a prevenire o compensare le ineguaglianze dovute ad una delle cause di discriminazione di cui all'articolo 1.

Articolo 7

Requisiti minimi

19. 1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli per quanto riguarda il principio della parità di trattamento di quelle fissate nella presente direttiva.

20. 2. L'attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire giustificato motivo per ridurre il livello di tutela contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva.

CAPO II: MEZZI DI RICORSO ED ESECUZIONE

Articolo 8

Difesa dei diritti

21. 1. Gli Stati membri riconoscono a tutte le persone che si ritengono lese in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, il diritto di ricorrere, per l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, in via giurisdizionale e/o amministrativa, avvalendosi eventualmente delle procedure di conciliazione.

22. 2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un legittimo interesse a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di richiedere o di appoggiare, in via giurisdizionale o amministrativa, per conto della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

23. 3. I paragrafi 1 e 2 non pregiudicano le norme nazionali sui termini entro i quali vanno presentati i ricorsi per far valere il principio della parità di trattamento.

Articolo 9

Onere della prova

24. 1. Conformemente ai sistemi giudiziari nazionali, gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.

25. 2. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli alle parti attrici.

26. 3. Il paragrafo 1 non si applica ai procedimenti penali, salvo diversa disposizione degli Stati membri.

27. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni legali promosse ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 2.

Articolo 10

Tutela contro le ritorsioni

Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere i dipendenti dal licenziamento, o da altro trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro, quale reazione a un reclamo interno all'impresa o a qualsiasi altra azione legale di qualsiasi genere volta a ottenere l'esecuzione del principio della parità di trattamento.

Articolo 11

Diffusione delle informazioni

29.

Gli Stati membri fanno in modo che le disposizioni adottate in virtù della presente direttiva, insieme alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate all'attenzione delle persone interessate con i mezzi appropriati, ad esempio sul luogo di lavoro e su tutto il loro territorio.

Articolo 12

Dialogo sociale

30. 1. Conformemente alle tradizioni e prassi nazionali, gli Stati membri prendono le misure necessarie per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali, al fine di promuovere il principio della parità di trattamento attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, i contratti collettivi, i codici di comportamento, la ricerca e lo scambio di esperienze e prassi positive.

31. 2. Gli Stati membri incoraggiano le parti sociali, nel rispetto della loro autonomia, a concludere al livello appropriato, compreso quello aziendale, accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all'articolo 3 rientranti nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare il dettato della presente direttiva e delle misure nazionali di trasposizione.

Articolo 13

Dialogo con le organizzazioni non governative

Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti organizzazioni non governative che, conformemente alle rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un interesse legittimo a contribuire alla lotta contro le discriminazioni di cui all'articolo 1.

CAPO III: DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 14

Ottemperanza alla direttiva

Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:

32. a) tutte le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative contrari al principio della parità di trattamento siano abrogate;

33. b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano le attività e le professioni autonome e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate.

Articolo 15

Sanzioni

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere il versamento di un risarcimento alla vittima, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro la data di cui all'articolo 16 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni.

Articolo 16

Attuazione

Gli Stati membri adottano le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative necessari per ottemperare alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2002 o possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso, gli Stati membri si assicurano che, al più tardi entro la data in cui la direttiva deve essere trasposta, le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 17

Relazione

34. 1. Entro due anni dalla data di cui all'articolo 16 e successivamente ogni 5 anni, gli Stati membri trasmettono tutte le informazioni necessarie per consentire alla Commissione di redigere una relazione sull'applicazione della direttiva, destinata al Parlamento europeo e al Consiglio.

35. 2. La relazione della Commissione tiene nel debito conto le posizioni delle parti sociali e delle organizzazioni non governative interessate. Conformemente al principio secondo cui occorre sistematicamente tener conto della tematica delle pari opportunità, tale relazione fornisce altresì una valutazione dell'impatto che le disposizioni adottate hanno sugli uomini e le donne. Alla luce delle informazioni ricevute, la relazione contiene eventualmente proposte volte a rivedere e aggiornare la presente direttiva.

Articolo 18

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 19

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Consiglio

Il Presidente

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