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Document 51998IR0236
Opinion of the Committee of the Regions on the 'Communication from the Commission to the Member States on the links between regional and competition policy: Reinforcing concentration and mutual consistency'
Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione agli Stati membri sulla politica regionale e la politica di concorrenza-Rafforzare la concentrazione e la coerenza di queste politiche»
Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione agli Stati membri sulla politica regionale e la politica di concorrenza-Rafforzare la concentrazione e la coerenza di queste politiche»
CdR 236/98 fin
GU C 51 del 22.2.1999, p. 16–20
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione agli Stati membri sulla politica regionale e la politica di concorrenza-Rafforzare la concentrazione e la coerenza di queste politiche» CdR 236/98 fin -
Gazzetta ufficiale n. C 051 del 22/02/1999 pag. 0016 - 0020
Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione agli Stati membri sulla politica regionale e la politica di concorrenza-Rafforzare la concentrazione e la coerenza di queste politiche» (1999/C 51/04) IL COMITATO DELLE REGIONI, vista la «Comunicazione della Commissione agli Stati membri sulla politica regionale e la politica di concorrenza - Rafforzare la concentrazione e la coerenza di queste politiche» (); vista la decisione dell'Ufficio di Presidenza del 15 luglio 1998, conformemente al disposto dell'articolo 198 C, quarto comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di elaborare un parere al riguardo, e d'incaricare la Commissione 1 «Politica regionale, fondi strutturali, coesione economica e sociale, cooperazione transfrontaliera ed interregionale» della preparazione di detto documento; visto il progetto di parere formulato dalla Commissione 1 il 30 settembre 1998 (CdR 236/98 riv.) (relatori Henry e Muñoa), ha adottato il 19 novembre 1998, nel corso della 26a sessione plenaria, il seguente parere. PARTE A: STRUTTURA GENERALE DELLA COMUNICAZIONE 1. Il problema e le possibili soluzioni 1.1. Situazione attuale 1.1.1. Secondo i dati forniti dalla Commissione, per il periodo 1994-1999 le zone beneficiarie degli aiuti strutturali comunitari rappresentano il 50,6 % della popolazione dell'Unione dei quindici, mentre quelle ammissibili agli incentivi regionali in base all'articolo 92, paragrafo 3, lettere a) e c), rappresentano il 46,7 %. Il 6,6 % della popolazione comunitaria vive in regioni beneficiarie dei Fondi strutturali per le quali la politica di concorrenza non autorizza aiuti nazionali a finalità regionale, mentre il 2,7 % vive in regioni interessate da un regime di aiuti a finalità regionale, ma che non sono beneficiarie dei fondi strutturali. L'obiettivo della proposta della Commissione è quello di concedere il sostegno dell'UE solo dove vi sia anche un sostegno nazionale. Quel 6,6 % della popolazione, che vive attualmente in regioni beneficiarie dei fondi strutturali, ma per le quali non possono essere concessi aiuti nazionali, sarebbe escluso dal sostegno. La Commissione vuole ammettere solo un margine del 2 % della popolazione. Nei singoli Stati membri e regioni la suddetta percentuale varia considerevolmente (ad esempio in Finlandia il 12,6 %, nei Paesi Bassi il 10,4 %, in Francia il 9,6 %, nel Regno Unito il 9 %, in Spagna l'8,9 %, in Svezia l'8,7 %, in Italia il 7,5 %). 1.1.2. Il CdR riconosce l'esigenza di un'analisi dettagliata della situazione, nella prospettiva di realizzare gli obiettivi della politica regionale e di concorrenza nel modo più efficiente possibile nel prossimo futuro. 1.2. Obiettivi della proposta della Commissione: concentrazione e coerenza 1.2.1. Per quanto riguarda la concentrazione, il Comitato concorda con la Commissione sul fatto che, nonostante i progressi compiuti da quando è stata avviata la politica regionale comunitaria all'interno dell'Unione, permangono rilevanti disparità strutturali. Il Comitato concorda pertanto anche con il fatto che, in linea con l'esigenza espressa dall'articolo 130 A del Trattato di rafforzare la coesione economica e sociale, occorre concentrare maggiormente i cofinanziamenti comunitari per poter raggiungere una massa critica ed avere un impatto significativo; ciò presuppone in particolare che debbano essere identificate le regioni più svantaggiate dell'Unione. 1.2.2. Quanto alla concorrenza, la concentrazione consentirebbe di limitare geograficamente le distorsioni derivanti dalla concessione di aiuti nazionali a finalità regionale. 1.2.3. Per ciò che concerne la coerenza, gli enti locali e regionali ritengono che l'attuale sistema decisionale sia inadeguato. Nel quadro della politica regionale intervengono numerose parti, che si fanno carico delle varie responsabilità istituzionali con obiettivi e calendari diversi. Ciò rende più difficile il coordinamento delle due politiche. 1.2.4. Inoltre, considerato che i cofinanziamenti dei fondi strutturali supportano i fondi impiegati dagli Stati membri e dagli enti locali e regionali per le proprie politiche di sviluppo, sembrerebbe logico che i fondi strutturali, in particolare il FESR, possano intervenire in tutti i settori in cui vengono concessi aiuti da Stati membri, enti locali e regionali. 1.2.5. Il problema si pone nelle zone ammesse ad usufruire degli interventi dei fondi strutturali ma non dei finanziamenti statali a finalità regionale, in cui è possibile cofinanziare regimi di aiuto a favore delle PMI e programmi di aiuto per l'ambiente o la ricerca secondo aliquote inferiori a quelle autorizzate nelle zone ammissibili a norma dell'articolo 92, paragrafo 3, lettere a) e c). 1.2.6. Le discordanze fra i due sistemi di classificazione regionali limitano in questo modo la possibilità di attirare gli investimenti di grosse imprese che rivestono invece, grazie agli effetti trainanti e di accesso al mercato mondiale, particolare interesse per lo sviluppo regionale. 1.2.7. Il Comitato ritiene necessario perseguire la coerenza, visti i problemi derivanti dalla delocalizzazione delle imprese e dalle distorsioni della concorrenza che in alcuni casi possono essere provocate dalla concessione di aiuti per l'ambiente o la ricerca. 1.2.8. Secondo il Comitato, si manifestano gravi disfunzioni quando settori che, all'interno di uno Stato membro, accusano gli stessi problemi (cfr. il settore della pesca), vengono discriminati relativamente agli aiuti pubblici, e le imprese sono costrette a trasferirsi in zone in cui è disponibile maggiore assistenza. PARTE B: LE DUE POLITICHE 2. La politica di concorrenza: gli aiuti di Stato 2.1. Il Comitato ritiene che il mantenimento di mercati concorrenziali in Europa, oltre ad essere un obiettivo importante, è coerente con l'ideologia economica prevalente, con il programma per il mercato interno, ora completato, e con la moneta unica. 2.2. Nello stesso tempo, il Comitato ritiene che la politica di concorrenza sia una delle basi della politica industriale europea. 2.3. Il Comitato accoglie dunque il duplice obiettivo della politica di concorrenza: mantenere norme coerenti col sistema economico scelto dall'UE e limitare all'indispensabile gli interventi, in particolare nei momenti di crisi attraversati dall'economia comunitaria. 2.4. A parte tali regole, il Comitato ritiene che un'altra funzione della politica di concorrenza sia quella di stabilire un quadro per le attività degli operatori economici e di offrire incentivi a coloro che prendono decisioni in materia di investimenti e di strategia; in altre parole, tale politica dovrebbe concentrarsi maggiormente sull'«attribuzione» piuttosto che sulla «distribuzione». 2.5. Gli aiuti di Stato sono giustificati dal contributo che apportano allo sviluppo equilibrato e sostenibile e al rafforzamento della coesione economica e sociale della Comunità, nei casi in cui è impossibile conseguire tali obiettivi attraverso il libero gioco del mercato, dato che i costi sarebbero insostenibili, o quando la concorrenza si intensificherebbe al punto da rischiare di diventare autodistruttiva. 2.6. L'articolo 92 del Trattato ammette gli aiuti di Stato qualora destinati a correggere gravi squilibri regionali, ad agevolare o accelerare il necessario adeguamento settoriale o contrastare l'abbandono di alcune attività per neutralizzare, almeno temporaneamente, alcune distorsioni della concorrenza causate da azioni esterne. 2.7. Il Comitato ritiene che gli aiuti di Stato consentano la parità di opportunità necessaria al mercato interno per svolgere la sua funzione di attribuzione delle risorse. Una volta assicurate le pari condizioni, entreranno in azione le forze di mercato, e solo allora sarà possibile effettuare una valutazione in base ai risultati. È nel settore della valutazione e dell'analisi che opera la politica strutturale. 3. Politica regionale 3.1. Scopo della politica regionale è contribuire ad eliminare le sperequazioni di reddito superiori alla media all'interno della Comunità. I problemi regionali implicano l'esistenza di disparità persistenti e ampie fra regioni di uno stesso sistema economico in termini di variabili come il reddito pro capite, il tasso di occupazione e la produttività. 3.2. Il Comitato è cosciente del fatto che in Europa esistono un centro e una periferia, diverse forme di decentramento politico nonché una grande diversità e considerevoli disparità fra Stati membri e regioni. Di conseguenza gli operatori economici del settore privato entrano nello scenario della concorrenza intraeuropea con handicap molto diversi. 3.3. Il Comitato riconosce che il sistema europeo emergente, in particolare con la moneta unica, sarà caratterizzato da una grande mobilità di beni, servizi e di alcuni fattori di produzione, in particolare del capitale finanziario, e da un alto grado di decentramento del potere politico; ciò non impedirà tuttavia il trasferimento su ampia scala del potere economico dal livello statale a quello transnazionale, che è stato rafforzato dall'adozione di regole di azione comuni. Sembra tuttavia che la mobilità del lavoro non sarà completa. 3.4. D'altro canto, è innegabile che l'integrazione economica abbia avuto una notevole influenza sull'interazione fra Stato e mercato, nel senso di un forte spostamento verso il secondo in quanto meccanismo di ripartizione. Il Comitato avverte pertanto il pericolo che il modello europeo diventi più dinamico ma meno equo. 3.5. Il Comitato reputa che lo scopo fondamentale delle misure strutturali europee dovrebbe essere quello di garantire un sostegno a lungo termine alle regioni che presentano le maggiori difficoltà strutturali. Per le regioni meno favorite, in termini di PIL o di occupazione, il recupero dei ritardi è spesso un processo lento che richiede impegni a lungo termine. 3.6. Il Comitato considera necessaria la collaborazione fra gli Stati membri, l'Unione e gli enti pubblici a livello sub-nazionale al fine di combattere le sperequazioni, in linea col principio di partenariato. Solo così sarà possibile consentire l'adeguamento alle nuove circostanze, compresa la moneta unica, e sfruttare le nuove possibilità a vantaggio di tutte le regioni e di tutti i cittadini. 4. Osservazioni finali dell'analisi comparativa 4.1. Il Comitato rileva che né la filosofia né i principi della politica di concorrenza coincidono con quelli della politica regionale. Non sarà pertanto sempre possibile attendersi una coerenza totale e assoluta fra i meccanismi di intervento di queste due politiche. 4.2. Nel perseguire tale coerenza, andrebbe tenuto conto del tipo di attori che intervengono nei due processi e degli operatori pubblici e privati che partecipano alla loro gestione. 4.3. In sede di elaborazione della politica regionale, si dovrebbe tener presente che la politica di concorrenza riguardante il monitoraggio degli aiuti di Stato ha un impatto diretto sugli strumenti attivi di politica industriale a disposizione dei governi nazionali e delle amministrazioni regionali, e che le istituzioni europee non hanno legittimità o potere politico per agire in questo ambito. D'altro lato, l'equilibrio regionale dello sviluppo economico e della coesione economica e sociale fa parte degli elementi di base del modello economico europeo. La concorrenza e la politica regionale devono pertanto trovarsi in una situazione di equilibrio. 5. Conclusioni 5.1. Il Comitato appoggia la proposta secondo cui la percentuale della popolazione delle regioni dell'Unione ammesse a beneficiare degli aiuti strutturali nell'ambito dei futuri obiettivi 1 e 2 dovrà essere portata dall'attuale 51 % ad un tasso complessivo inferiore a quello della popolazione delle regioni ammissibili ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 3, lettere a) e c). In tal modo è possibile rafforzare la coerenza fra la politica regionale comunitaria e le misure di politica regionale nazionale, regionale e locale, nonché eliminare i problemi di spesa attualmente registrati dalle zone ammesse a beneficiare dell'assistenza dei fondi strutturali ma escluse dagli aiuti di Stato a finalità regionale. 5.2. Il Comitato vorrebbe evitare una situazione in cui l'ammissibilità al beneficio dei fondi strutturali e la sua portata dipendano automaticamente dalle condizioni di ammissibilità agli aiuti di Stato. Ciò rappresenterebbe una chiara violazione del principio di sussidiarietà ed impedirebbe al Consiglio ed al Parlamento europeo di avere una visione generale della riforma dei fondi strutturali e delle zone ammissibili. Come già rilevato nel parere di Behrendt e Fraga, è necessario che gli enti locali e regionali collaborino con gli Stati membri nella definizione delle zone ammissibili agli aiuti statali a finalità regionale. 5.3. Si sostiene lo sforzo di raggiungere la maggior coerenza possibile fra la politica di concorrenza e quella strutturale. Vista la diversità degli obiettivi, la suddetta coerenza non può in nessun caso essere assoluta. Le disparità regionali esistenti all'interno dell'UE ed all'interno degli Stati membri impongono una certa flessibilità. 5.4. Il Comitato appoggia inoltre la proposta di ridurre, nel periodo compreso fra il 2000 ed il 2006, il massimale della popolazione comunitaria ammissibile nelle regioni dell'Unione, in quanto è coerente con lo sforzo volto a perseguire la concentrazione. 5.5. La riduzione del massimale significherà che alcune zone non saranno più ammissibili agli aiuti a finalità regionale una volta che le riforme entreranno in vigore. Il Comitato chiede un approccio rigoroso e selettivo che garantisca l'effettivo conseguimento dell'obiettivo di concentrare gli aiuti nelle zone che più ne hanno bisogno, evitando riduzioni proporzionali che non risponderebbero a criteri né qualitativi né quantitativi. Il Comitato auspica che le zone ammissibili agli aiuti a finalità regionale che gli Stati membri proporranno alla Commissione siano il risultato di una procedura effettivamente improntata alla trasparenza ed all'obiettività. 5.6. Il Comitato è favorevole ad una maggior concentrazione degli aiuti ed alla ricerca di una maggior coerenza fra politiche strutturali e di concorrenza. 5.7. Il Comitato sottolinea tuttavia che tale coerenza dovrebbe essere compatibile con il mantenimento di una certa flessibilità, tenuto conto soprattutto del fatto che le due politiche non coincidono perfettamente. 5.8. Il Comitato ritiene che, visto che attualmente il 6,6 % della popolazione comunitaria vive in regioni ammissibili agli aiuti dei fondi strutturali, ma che non possono fruire degli aiuti di Stato, il margine del 2 % proposto dalla Commissione ostacolerebbe l'applicazione del principio di flessibilità sopracitato. 5.9. Il Comitato ritiene che i sistemi di distribuzione regionale della politica regionale e della politica di concorrenza dovrebbero essere come due cerchi concentrici, in quanto questo approccio garantirà agli Stati membri ed alle regioni una certa flessibilità nel perseguimento degli obiettivi della politica regionale. 5.10. Il Comitato ritiene che vi siano per definizione delle differenze tra i due approcci per determinare le zone ammissibili agli aiuti. È pertanto difficile far coincidere perfettamente le zone ammissibili sul piano nazionale e su quello europeo. La Commissione dovrà di conseguenza accettare il fatto che esistano alcune eccezioni. 5.11. Il Comitato riconosce che in talune condizioni mantenere l'omogeneità nelle zone da sostenere, conservare l'identità culturale e regionale e preservare il dinamismo di zone che producono economie di scala sufficienti ad assicurare il progresso e la crescita della regione possono richiedere una certa flessibilità ovvero azioni differenziate. 5.12. Il Comitato sostiene la proposta della Commissione di definire le zone di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera a) adottando il criterio di un PIL pro capite inferiore al 75 % della media comunitaria, e propone un criterio di ultraperifericità oltre ad uno fondato sulla bassa densità demografica, cosa che corrisponde alla definizione delle zone dell'obiettivo 1. Per quanto riguarda il nuovo obiettivo 2, il Comitato condivide l'idea di garantire la coerenza con l'articolo 92, paragrafo 3, lettera c). 5.13. Il Comitato propone di far rientrare le regioni ultraperiferiche, e quelle attualmente ammesse al sostegno dell'obiettivo 6, tra quelle che possono beneficiare degli aiuti previsti dall'articolo 92, paragrafo 3, lettera a) del trattato CE. In tal modo esse sarebbero considerate come regioni di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera a), a prescindere dal livello di reddito, e verrebbe rispettato l'obiettivo di coordinamento proposto dalla Commissione rispetto ai criteri per definire le zone ammissibili agli aiuti regionali. 5.14. Facendo riferimento al proprio parere sul progetto di Regolamento generale per i fondi strutturali europei, del 17 settembre 1998 (), il Comitato ritiene auspicabile che nella determinazione dei massimali per le zone ammissibili agli aiuti per ogni Stato membro si tengano in particolare considerazione, per le zone di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera c, gli indicatori della disoccupazione e il PIL. Tuttavia, esso sottolinea che è necessario prevedere un sufficiente grado di flessibilità all'interno dei suddetti massimali nazionali nell'ambito della selezione delle zone ammissibili, allo scopo di applicare ulteriori indicatori e riservare la giusta attenzione alle specificità nazionali e regionali. Sarebbe, comunque, opportuno coinvolgere gli enti locali e regionali nella suddetta selezione. 5.15. Il Comitato accoglie favorevolmente la proposta secondo cui le zone che rientrano attualmente nell'articolo 92, paragrafo 3, lettera a), e che perderanno l'ammissibilità agli aiuti di Stato potranno beneficiare di un sostegno statale «provvisorio». 5.16. Il Comitato propone inoltre, in linea con il principio di sussidiarietà, che venga attribuito alle regioni un ruolo di maggior rilievo nella concessione degli aiuti dei fondi strutturali e degli aiuti nazionali a finalità regionale. Le regioni possono e devono partecipare alla definizione, gestione, valutazione e supervisione di tali misure, in partenariato con tutte le parti interessate. 5.17. Tuttavia, allo scopo di evitare che sorgano disparità eccessive o squilibri comparativi all'interno di una regione quasi completamente ammissibile al sostegno dei fondi strutturali, il Comitato considera essenziale che l'amministrazione regionale sia in grado di rendere l'intero territorio ammissibile agli aiuti, onde consentire l'elaborazione e l'applicazione di strategie di sviluppo regionale integrato per l'intera regione. 5.18. Il Comitato concorda con la proposta della Commissione secondo cui le regioni che perderanno il loro status dopo il 2000 a seguito dello sforzo di concentrazione territoriale saranno soggette alle disposizioni relative alla politica del caso, con la garanzia che le regioni le quali continueranno a beneficiare del sostegno dei fondi strutturali a titolo provvisorio («phasing out») dovranno rispettare le regole della politica di concorrenza in materia di aiuti di Stato. 5.19. Sempre che il processo conservi flessibilità e coerenza, il Comitato sostiene la posizione della Commissione secondo cui le decisioni in materia di determinazione delle due categorie di zone (aiuti di Stato a finalità regionale e fondi strutturali) vanno adottate in tempo utile per poter entrare in vigore il 1° gennaio 2000. Bruxelles, 19 novembre 1998. Il Presidente del Comitato delle regioni Manfred DAMMEYER () GU C 90 del 26.3.1998. () CdR 167/98 fin - GU C 373 del 2.12.1998, pag. 1.