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Document 51994IE0580

    SUPPLEMENTO DI PARERE D' INIZIATIVA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE sulle relazioni tra l' Unione europea e i paesi dell' Europa centrorientale: la Slovenia

    GU C 195 del 18.7.1994, p. 91–104 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT)

    51994IE0580

    SUPPLEMENTO DI PARERE D' INIZIATIVA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE sulle relazioni tra l' Unione europea e i paesi dell' Europa centrorientale: la Slovenia

    Gazzetta ufficiale n. C 195 del 18/07/1994 pag. 0091


    Parere sulle relazioni tra l'Unione europea e i paesi dell'Europa centrorientale: la Slovenia (94/C 195/27)

    Il Comitato economico e sociale, in data 19 ottobre 1993, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 20, paragrafo 4 del Regolamento interno, di elaborare un parere in merito alle relazioni tra l'Unione europea e i paesi dell'Europa centrorientale: la Slovenia.

    La Sezione « Relazioni esterne, politica commerciale e dello sviluppo », incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il supplemento di parere (Relatore: Frerichs), in data 18 aprile 1994.

    Il Comitato economico e sociale ha adottato a maggioranza e una astensione il 28 aprile 1994, nel corso della 314a sessione plenaria, il seguente parere.

    1. Introduzione

    1.1. La cooperazione dell'Unione europea con la Slovenia attualmente si basa sui seguenti accordi conclusi nel corso del 1993: un Accordo per il commercio e la cooperazione, un protocollo finanziario, un Accordo sui trasporti e una dichiarazione congiunta sul dialogo politico. Si tratta di una rielaborazione e di un ampliamento dell'Accordo per il commercio e la cooperazione siglato nel 1980 con l'allora Repubblica di Iugoslavia. Tali accordi furono siglati il 5 aprile del 1993 ed entrarono in vigore il 1° settembre dello stesso anno.

    1.2. L'accordo per il commercio e la cooperazione contiene, all'articolo 50, una clausola evolutiva in base alla quale le relazioni tra l'UE e la Slovenia porteranno appena possibile alla conclusione di un accordo di associazione (accordo europeo). Il Comitato economico e sociale nel presente parere auspica una sollecita conclusione di un simile accordo europeo.

    1.3. Allo scopo di elaborare il presente parere sulle « Relazioni tra l'Unione europea e i paesi dell'Europa centrorientale - la Slovenia » il gruppo di studio del Comitato economico e sociale ha effettuato una missione di studio in Slovenia dal 9 all'11 febbraio 1994, nel corso della quale si sono avuti intensi contatti con rappresentanti del governo sloveno e dei gruppi economici e sociali.

    2. Profilo storico e geografico del paese

    2.1. La Slovenia è un paese di dimensioni relativamente ridotte situato al centro dell'Europa, sul versante meridionale delle Alpi. Gli Stati confinanti sono l'Italia a ovest, l'Austria a nord, l'Ungheria a est e la Croazia a sud. La Slovenia si trova pertanto a un importante incrocio di vie di comunicazione tra l'Europa occidentale, da un lato, e l'Europa centrorientale come pure il Medio Oriente dall'altro. In particolare il traffico di transito dagli Stati dell'Unione europea e dell'EFTA verso i paesi dell'Europa centrorientale fanno della Slovenia un partner molto importante per l'UE.

    2.2. Dal punto di vista climatico la Slovenia può essere suddivisa in tre zone principali: prima, la fascia costiera adriatica lunga circa 40 km in cui si trova anche il porto mediterraneo di Capodistria (Koper), importante per il commercio della Slovenia. Lungo la costa si estende un paesaggio di dolci colline calcaree ricco di grotte con stalattiti e stalagmiti. A nord si trovano i ripidi pendii delle Alpi meridionali, con la cima più elevata della Slovenia, il Monte Tricorno (Triglav, 2 864 m). Qui ci sono piste di sci alpino. Infine, lungo la Drava e i fiumi Sava e Savinja, nella Slovenia centrale e verso il confine orientale ungherese si trova una fertile pianura.

    2.3. La Repubblica di Slovenia conta circa 2 milioni di abitanti su una superficie di 20 251 km2 (di cui metà coperti da boschi) pari a circa metà della Svizzera. Appartengono alla Slovenia un tratto di costa adriatica e anche una zona alpina. Le città più grandi sono Lubiana (Llubljana, 300 000 abitanti) e Maribor.

    2.4. La popolazione della Slovenia è molto omogenea. Oltre il 90 % appartiene al gruppo etnico slavo; sono presenti inoltre due piccole minoranze, una italiana e una ungherese, che insieme costituiscono meno dello 0,5 % della popolazione e beneficiano di uno statuto speciale che prevede l'utilizzo dell'italiano o rispettivamente dell'ungherese come lingua ufficiale di tali aree di confine. Circa il 10 % sono emigrati economici provenienti da aree meno sviluppate dell'ex Iugoslavia. In queste cifre non si tiene ancora conto dei circa 30 500 profughi di guerra provenienti dalla Croazia e dalla Bosnia-Erzegovina.

    2.5. Il territorio dell'attuale Slovenia era abitato già in epoca celtica. Sotto i Romani l'odierna capitale, Lubiana, si chiamava Emona. Gli antenati degli sloveni arrivarono verso la fine del secolo VI durante la migrazione dei popoli slavi. All'inizio del secolo VIII veniva già fondato un libero regno degli sloveni: la Carinthia. Nello stesso secolo gli Sloveni abbracciarono la fede cristiana. Fino a oggi oltre il 90 % della popolazione è di religione cattolica. Verso la fine del secolo il regno sloveno cadde sotto il dominio dei Franchi e con Carlomagno entrò a far parte del Sacro Romano Impero germanico. Dal 1335 al 1918 l'odierna Slovenia fu governata dalla monarchia asburgica viennese. Tale influsso austriaco è tuttora chiaramente visibile nella città di Lubiana.

    2.6. Dopo lo scioglimento dell'impero asburgico gli sloveni optarono per la fondazione di uno stato indipendente insieme alla Serbia e alla Croazia: il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, che nel 1929 prese il nome di « Iugoslavia ». Dopo avere combattuto contro l'occupazione tedesca, italiana e ungherese durante la Seconda guerra mondiale, la Slovenia divenne una delle sei repubbliche che costituivano la Repubblica popolare socialista di Iugoslavia, un paese non allineato.

    3. Il cammino verso l'indipendenza

    3.1. La Slovenia era la repubblica più prospera della ex Jugoslavia. Il reddito pro capite era circa il doppio della media iugoslava. Il movimento per l'autonomia della Slovenia nacque già nel 1988.

    3.2. In dicembre 1990 in Slovenia si tenne un referendum popolare sulla questione dell'indipendenza: l'88 % della popolazione optò per l'indipendenza (l'afflusso alle urne fu quasi del 93 %). La Slovenia si dichiarò indipendente il 25 giugno 1991. Due giorni dopo l'esercito jugoslavo entrava in Slovenia. Dopo dieci giorni di combattimenti si giunse a una tregua negoziata dalla CE a patto di sospendere di tre mesi la validità dell'indipendenza. Durante tale periodo l'esercito si ritirò completamente dalla Slovenia.

    3.3. L'8 ottobre 1991 la dichiarazione d'indipendenza slovena diviene effettiva. In Slovenia viene introdotta una valuta propria, il tolar sloveno. Il nome ufficiale dello Stato è « Repubblica di Slovenia ». La lingua ufficiale è lo sloveno (che appartiene al gruppo delle lingue slave meridionali e utilizza l'alfabeto latino) cui si affiancano l'italiano e rispettivamente l'ungherese nelle aree di confine in cui predominano tali minoranze, vedi sopra. La capitale è Lubiana.

    3.4. La Slovenia è l'unico paese dell'ex Iugoslavia che quasi non è stato toccato dalla guerra e che ha coronato con successo le sue aspirazioni di autonomia. Dato che dall'entrata in vigore della dichiarazione d'indipendenza non è stata più coinvolta nella guerra, la Slovenia non subisce l'embargo commerciale dell'UE (tranne per quanto riguarda le armi).

    3.5. La nuova costituzione slovena fu adottata il 23 dicembre 1991. Essa garantisce il principio dello stato di diritto, i diritti dell'uomo e del cittadino, come pure la tutela delle minoranze. La Repubblica di Slovenia è pertanto una democrazia pluralista. Il Parlamento, che conta 90 deputati è affiancato da una seconda camera, il Consiglio nazionale. Il governo è presieduto dal Primo ministro, mentre il Presidente della repubblica ha funzioni puramente rappresentative.

    3.6. In Slovenia, la funzione legislativa si esplica attraverso il diritto d'iniziativa del governo, di ogni singolo parlamentare, del Consiglio nazionale, ma anche di un gruppo di cittadini previa raccolta di un certo numero di firme. Dopo il dibattito parlamentare i disegni di legge passeranno al vaglio del Consiglio nazionale, composto da 40 membri. Qui sono rappresentati da 22 membri sia gli interessi comunali sia quelli economici (datori di lavoro attraverso la camera di commercio, agricoltori, libere professioni, impiegati attraverso rappresentanti sindacali) sia le attività non economiche (l'amministrazione pubblica statale e i servizi sociali).

    3.7. Il voto del Consiglio nazionale può tuttavia essere superato dal Parlamento nella votazione successiva, in cui viene varata la legge. Per questioni particolarmente importanti il Consiglio nazionale può esigere un referendum. Una legge entra in vigore in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale slovena. La Corte costituzionale può eventualmente verificare la costituzionalità di una legge.

    3.8. Le prime elezioni democratiche del dopoguerra ebbero luogo in aprile del 1991. Ottenne la maggioranza dei voti una coalizione di centro-destra sotto il nome « DEMOS ». Il primo Capo di governo fu Peterle, in seguito deposto con un voto di sfiducia nell'aprile 1992, ma che occupa tuttora la carica di Ministro degli Esteri. Il nuovo governo (una coalizione di diversi partiti di centro-destra e centro-sinistra) è presieduto da Janez Drnovsek.

    3.9. La Repubblica di Slovenia fu riconosciuta come Stato sovrano dagli Stati membri della CE il 15 gennaio 1992 e in seguito da oltre 100 paesi. Dal 3 ottobre 1993 la Commissione europea è rappresentata direttamente a Lubiana da una delegazione diplomatica.

    3.10. La Slovenia è già entrata a far parte di numerose organizzazioni internazionali: le Nazioni Unite (dal 22 maggio 1992), l'FMI (dal 19 gennaio 1993), la Banca mondiale (dal 25 febbraio 1993), il Consiglio d'Europa (dal 14 maggio 1992) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD, dal dicembre del 1992). All'inizio di aprile del 1994 la Slovenia ha siglato l'iniziativa NATO « partenariato per la pace ». Sono attualmente in corso le trattative per l'adesione al GATT. La Slovenia ha aderito inoltre ad alcune convenzioni internazionali e sta prendendo in considerazione una collaborazione più stretta con i paesi del gruppo di Visegrad.

    4. Profilo economico della Slovenia

    4.1. Nel 1993 il reddito pro capite della Slovenia - pari a US$ 6 186, secondo le stime della Banca Mondiale - era inferiore alla media irlandese e superiore a quella del Portogallo e della Grecia. Paragonato ai paesi dell' Europa centrorientale era decisamente superiore sia a quello ungherese, sia a quello della Repubblica Ceca.

    4.2. Per la Slovenia, che è un paese di dimensioni ridotte, il commercio con l'estero è molto importante. In rapporto al prodotto interno lordo, nel 1992 le esportazioni erano quasi pari al 60 %. La Slovenia risulta così avere l'economia più aperta di tutta l'Europa centrorientale.

    4.3. Per quanto riguarda il peso specifico dei vari settori economici, la Slovenia sta gradualmente avvicinandosi ai livelli europei. Nel 1992 il settore agricolo e forestale apportò il 4,6 % del PIL, quello dell'industria il 39,4 % (30,9 % la sola industria della trasformazione) e il settore dei servizi il 56,0 % (di cui 17,7 % i servizi finanziari, 13,1 % il commercio e l'industria alberghiera, 6,8 % i trasporti e le comunicazioni). L'amministrazione pubblica assorbe il 20,2 % del PIL, una percentuale decisamente ragionevole.

    4.4. Se si guarda all'occupazione, il settore agro-forestale occupa il 5,7 % (meno della media CE), l'industria il 45,6 % e i servizi il 48,6 %, ove questo settore è tendenzialmente in crescita.

    4.5. Anche il turismo costituisce un'importantissima fonte di reddito per la Slovenia. Le località turistiche e le terme slovene vantano una tradizione ultracentennale. Il turismo riguarda principalmente la costa adriatica, le località sciistiche e le zone adatte al trekking alpino e alcune località con fonti termali.

    4.6. Il fatturato dell'industria del turismo per il 1993 è stato stimato attorno agli 850 milioni di US$. La Slovenia è tra i pochi paesi in cui nel 1993 si è registrato un aumento del turismo (nella misura del 25 %) I turisti provengono soprattutto da Ungheria, Germania, Austria, Benelux, Svizzera, Francia, Regno Unito e USA. Esistono per ora 7 uffici del turismo sloveni all'estero che si adoprano a pubblicizzare le località turistiche slovene (per es. a Rotterdam, presso Francoforte sul Meno e a New York). La Slovenia dispone inoltre già da trent'anni di una compagnia di volo nazionale: Adria Airways.

    5. Lo sviluppo dell'economia nazionale

    5.1. La Slovenia si trova in una fase di stabilizzazione dopo essere passata da un'economia parzialmente pianificata di tipo socialista a un'autentica economia di mercato di stampo occidentale. Il crollo cumulativo della produzione, a partire dal 1987, è stato pari al 21,6 %. Tuttavia nel 1992 e nel 1993 è stata ottenuta una stabilizzazione. Questo sta a indicare che i processi di adattamento più importanti hanno già avuto luogo.

    5.2. Il prodotto nazionale lordo del 1993 - secondo stime provvisorie - è aumentato dell'1 % scarso rispetto all'andamento dell'anno precedente, mentre nei due anni antecedenti era stata registrata una diminuzione del 9,3 % nel 1991 e del 6,5 % nel 1992. Questa fase di stabilizzazione preannuncia, secondo le aspettative del governo, una lieve crescita dell'1,3 % nel 1994.

    5.3. Responsabile principale di tale flessione della produzione è l'improvvisa interruzione delle relazioni economiche con gli altri paesi dell'ex Iugoslavia, come continuano a sottolineare i rappresentanti del governo sloveno. L'economia slovena risente delle conseguenze dell'embargo commerciale ONU contro le altre repubbliche dell'ex Iugoslavia e della guerra civile che in esse continua tuttora. La flessione della crescita in Slovenia non fu causata soltanto dall'improvvisa perdita degli sbocchi tradizionali. Anche l'interruzione dei circuiti economici consueti, come per esempio il venir meno di fornitori di un tempo nel processo di produzione o il blocco delle vie di comunicazione tradizionali, possono essere addotti quali cause.

    5.4. Ciononostante, il calo della produzione in Slovenia risulta nettamente inferiore rispetto a quello osservato nella maggioranza degli altri Stati dell'Europa centrorientale che si trovano nella fase di passaggio da un'economia parzialmente pianificata a un'autentica economia di mercato. Questo sta a indicare che per la struttura produttiva slovena il processo di adattamento è meno radicale rispetto ai paesi limitrofi dell'Europa orientale, perché la Slovenia era già tradizionalmente la repubblica più orientata verso i mercati dell'Europa occidentale rispetto agli stati vicini.

    5.5. Nel corso degli ultimi anni gli investimenti sono diminuiti; nel 1993 corrispondevano a circa il 17 % del PIL. Negli ultimi sei mesi è stato tuttavia registrato un aumento degli investimenti. Per contro è cresciuto leggermente il livello dei consumi, come si può notare dalla natura delle importazioni della Slovenia.

    5.6. Le finanze pubbliche slovene sono relativamente sane. Nel 1992 il bilancio pubblico del governo e i bilanci degli enti locali realizzarono nel complesso eccedenze pari allo 0,3 del PIL, (2,6 % nel 1991). Per il 1993, a causa dell'aumento delle spese sostenute per la disoccupazione, era previsto un deficit di bilancio pari a circa lo 0,9 % del PIL. Per contro i crediti netti dovevano raggiungere circa il 2 % del PIL (di cui 1,3 % all'estero).

    5.7. Il debito pubblico della Slovenia, pari complessivamente a 1,8 miliardo di US$, non è molto elevato. Anche considerando la quota di debito federale della ex Iugoslavia che compete alla Slovenia, il rapporto tra debito pubblico e PIL è appena del 20 %, ovvero relativamente basso. Finora la Slovenia ha puntualmente adempiuto agli obblighi di pagamento derivanti dal debito pubblico.

    5.8. Le sovvenzioni prelevate dal bilancio nazionale e versate direttamente alle imprese sono pari al 3,8 % del PIL, e quindi non esageratamente alte. Alcuni prodotti godono inoltre di sovvenzioni al consumo. Questo riguarda solo una piccola parte di tutti i prodotti e alcuni servizi (trasporti pubblici, ferrovie, poste).

    5.9. I costi della sicurezza sociale slovena ammontano complessivamente al 28,2 % del PIL, ove l'assicurazione malattia rappresenta il 7,9 % del PIL e il fondo pensioni il 13,7 %. Entro il 1997 tale quota dovrebbe passare al 12 %. Anche in Slovenia si avverte il problema generale della struttura della popolazione in relazione all'età, con un tasso di crescita della popolazione pari appena allo 0,7 %. Attualmente l'età pensionabile per gli uomini è 63 anni, per le donne 58. Si sta riflettendo ad una riforma del sistema, che tuttavia assumerà contorni più precisi tra alcuni anni.

    5.10. Finora la politica monetaria di stabilizzazione in Slovenia è risultata efficace. Il tasso d'inflazione della moneta slovena - il tolar - è stato notevolmente abbassato attraverso una politica monetaria molto restrittiva. Dal 92,9 % nel 1992, il tasso d'inflazione è passato nel 1993 al 21,9 % circa, il più basso degli ultimi 11 anni. Il governo intende continuare la politica di stabilizzazione della valuta slovena. Nel 1994 si cercherà di mantenere il tasso d'inflazione tra il 15 e il 18 %. Nel 1995, tuttavia, con l'introduzione dell'IVA programmata per tale anno, potrebbe registrarsi un nuovo leggero aumento dell'inflazione.

    5.11. Attualmente il tolar sloveno è la più forte delle valute dell'Europa orientale (calcolato sul rapporto tra il tasso di cambio ufficiale e il tasso di cambio in parità di potere d'acquisto). Dall'introduzione del tolar sloveno le riserve valutarie sono costantemente aumentate; attualmente sono pari a 1,7 miliardo di US$ e coprono abbondantemente l'equivalente di tre mesi di importazioni ma dovrebbero essere aumentate ulteriormente.

    5.12. Sin dall'ottobre del 1992 è stata realizzata la convertibilità del tolar per le transazioni della bilancia delle partite correnti. Così la Slovenia si è assicurata un notevole vantaggio per intensificare il commercio con i paesi a valuta forte. I cittadini sloveni possono cambiare liberamente il tolar in valuta straniera per uso privato. Soltanto per le transazioni in valuta straniera che rientrano nella bilancia in conto capitale sono tuttora in vigore alcune restrizioni.

    5.13. In linea di massima il tasso di cambio del tolar è flessibile. Tuttavia talvolta la banca centrale slovena interviene per mantenere il più stabile possibile il tasso rispetto al marco tedesco (la Germania è il paese verso cui è diretta la maggior parte delle esportazioni slovene). 75 tolar corrispondono circa a un DM (febbraio 1994).

    5.14. In base alle statistiche slovene il tasso di disoccupazione nel 1991 era attorno al 10,1 %, nel 1992 del 13,3 % circa, nel 1993 del 15,0 % di media su base annua e nel marzo del 1994 attorno al 14,1 %. Tuttavia, usando i metodi standard dell'ILO, riconosciuti a livello internazionale, il tasso di disoccupazione risulta nettamente inferiore, per esempio in maggio 1993 attorno al 9,1 % (tasso ufficiale alla stessa data: 14,0 %).

    5.15. La disoccupazione giovanile (disoccupati al di sotto dei 26 anni) ammonta al 36 % della totale, ed è quindi relativamente elevata. Oltre la metà di questi giovani risulta alla ricerca di un primo impiego. I disoccupati da lungo tempo sono oltre il 55 %, ciò va imputato soprattutto al processo di ristrutturazione dell'economia. 45 % dei disoccupati risultano non qualificati. Tra i disoccupati, il 44 % sono donne.

    5.16. In Slovenia il tasso d'attività femminile è pari al 52 %, quello maschile al 64 %. Poiché le donne sono impiegate principalmente nel settore dei servizi, che non è colpito dal processo di ristrutturazione economica quanto l'industria, il tasso di disoccupazione femminile è inferiore a quello maschile. In Slovenia generalmente viene applicato il principio della parità di trattamento per uno stesso lavoro, ma le donne sono attive soprattutto nel terziario, dove il livello medio della retribuzione è più basso. Il lavoro part-time non è molto diffuso, riguarda meno del 2 % delle popolazione attiva.

    5.17. I costi per coprire l'indennità di disoccupazione e la riqualificazione sono stati nel 1993 circa l'1,8 % del PIL. 44,4 % dei disoccupati hanno ottenuto l'indennità di disoccupazione e 21,7 % un'assistenza integrativa, che consente loro, a determinate condizioni, di beneficiare della previdenza sociale. Già prima di dare il via al processo di trasformazione verso un'economia di mercato di stile occidentale, la Slovenia possedeva un sistema di uffici di collocamento. Non è stato pertanto necessario crearne uno ex novo; questo ha posto la Slovenia in una posizione di vantaggio rispetto agli altri Stati dell'Europa orientale.

    5.18. Il 10 % dei disoccupati hanno preso parte ai programmi nazionali di perfezionamento e riqualificazione. Due terzi di tali programmi sono di breve durata. Soprattutto per i giovani che lasciano la scuola lo Stato garantisce sovvenzioni alle imprese che permettono ai giovani di ottenere una formazione professionale. I costi della formazione vengono coperti dallo Stato al 100 %. Nel 1993 circa 10 000 giovani hanno potuto usufruirne.

    5.19. Inoltre, a partire dal 1994 esiste un programma nazionale di lotta alla disoccupazione di lunga durata. Un fondo apposito sovvenziona le imprese che assumono disoccupati di lungo periodo, senza lavoro da oltre due anni. Esiste poi una serie di iniziative pubbliche per la creazione di occupazione. Queste includono l'impiego di disoccupati in ambito sociale, nella salvaguardia dell'ambiente o nel restauro di infrastrutture ed edifici pubblici. Nel 1993 tali iniziative hanno dato lavoro a 6000 disoccupati. Al fine di ridurre la disoccupazione di lungo periodo è stato inoltre introdotto il prepensionamento. Nel 1993 ne beneficiarono circa 2000 disoccupati.

    6. Il commercio estero sloveno

    6.1. Per la Slovenia, paese relativamente piccolo con un mercato interno limitato, il commercio con l'estero riveste un ruolo estremamente importante. Per questo il governo sloveno promuove un'attiva politica del commercio estero, e a tal fine sta conducendo le trattative per l'adesione della Slovenia al GATT.

    6.2. Sono stati conclusi accordi commerciali bilaterali per il miglioramento dell'accesso al mercato con i seguenti paesi: un accordo per il commercio e la cooperazione con l'Unione europea (v. sotto un'analisi approfondita), accordi di libero scambio con la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca che prevedono l'istituzione di una zona di libero scambio tra due anni (esclusi i prodotti di origine agricola), un accordo commerciale con l'ex repubblica iugoslava di Macedonia, uno con il paese limitrofo, la Croazia (già ratificato dal Parlamento croato).

    6.3. Un accordo di libero scambio con l'Ungheria è stato siglato il 6 aprile 1994. Tale accordo prevede l'istituzione di una zona di libero scambio in un arco di 5-6 anni. La Slovenia, nell'ambito della cooperazione regionale, fa parte, inoltre, dell'« Alpe-Adria », un'iniziativa (suggerita dall'Italia) di collaborazione tra gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo. Attualmente si stanno conducendo dei colloqui per avviare delle trattative in merito ad accordi commerciali con Polonia, Lituania, Romania e altri paesi.

    6.4. Le trattative della Slovenia con l'EFTA relative a un accordo di libero scambio sono state interrotte dall'EFTA. Il motivo è che l'EFTA vuole basarsi sulle scadenze fissate per la liberalizzazione che l'Unione europea stabilirà in un nuovo accordo europeo con la Slovenia che deve ancora essere messo a punto, e ciò al fine di mantenere un parallelismo (anche in previsione dell'adesione di alcuni paesi dell'EFTA). Ciò evidenzia quanto sia importante per la Slovenia la rapida conclusione di un accordo con l'Unione europea.

    6.5. Sul commercio estero, la Slovenia ha i seguenti partner commerciali (v. anche il grafico allegato): l'Unione europea è di gran lunga il partner commerciale più importante della Slovenia che nel primo semestre del 1993 ha assorbito il 58 % delle esportazioni slovene; segue l'EFTA con il 7 %. Circa il 16 % delle esportazioni sono dirette verso i paesi della ex Iugoslavia.

    6.6. Per quanto riguarda le importazioni, il 55 % provengono dall'Unione europea, il 12 % dai paesi dell'EFTA, l'11 % dai paesi dell'ex Iugoslavia e il 22 % dai rimanenti paesi (superiori alle esportazioni a causa dell'importazione di petrolio e gas). Considerando il valore degli scambi per paese, nell'ordine i primi 5 partner commerciali della Slovenia sono stati: Germania, Croazia, Italia, Francia, Austria.

    6.7. Per l'Unione europea il commercio con la Slovenia, rispetto ad altri paesi dell'Europa centrale e orientale, è relativamente importante. Il volume degli scambi bilaterali tra UE e Slovenia è pari circa all'80 % degli scambi tra UE e Ungheria, al 75 % di quelli con la repubblica Ceca, superiore agli scambi tre UE e Slovacchia, e pari a 9 volte gli scambi tra UE e Bulgaria. Queste cifre dimostrano che la Slovenia, pur essendo un paese di dimensioni relativamente ridotte, è un partner commerciale significativo anche per l'UE nell'Europa centrale e orientale.

    6.8. Nel 1993 i più importanti settori di esportazione della Slovenia sono stati: costruzione di macchine elettriche (16,1 %), attrezzature relative ai trasporti (12,0 %), industria chimica (9,4 %), metallurgia (8,6 %), lavorazione del legno e mobili (7,0 %), industria meccanica (5,7 %) e tessili e abbigliamento (3,3 %). Le esportazioni in regime di perfezionamento costituiscono un 19,1 % delle esportazioni slovene, e rivestono altresì un ruolo di rilievo.

    6.9. Per quanto riguarda le importazioni, nel 1993 si è trattato soprattutto di: automobili (15,0 %), macchine (9,2 %), apparecchi elettrici (10,5 %), prodotti chimici inclusi petrolio e gas (17,1 %), alimentari (9,5 %) e metallurgia (8,7 %). Quanto alle importazioni, le merci importate in regime di perfezionamento passivo sono state il 13,4 %.

    6.10. Il vantaggio relativo della Slovenia riguarda piuttosto i prodotti « medium-tech », a medio contenuto tecnologico, come i semilavorati ed i prodotti in regime di perfezionamento dell'industria di trasformazione. In tal senso la Slovenia completa ampiamente l'Unione europea, che fornisce principalmente prodotti ad alto contenuto tecnologico per progetti d'investimento tesi allo sviluppo e alla ristrutturazione dell'industria slovena.

    6.11. La natura delle merci oggetto di scambio è cambiata nel corso degli ultimi anni. Hanno perduto importanza le cosiddette industrie tradizionali dei settori tessile, calzaturiero e l'industria del legno. Per contro, altre industrie a più alto tenore tecnologico (industria elettrica, automobilistica, prodotti chimici di base) hanno assunto maggiore importanza. Tale sviluppo è stato reso possibile grazie anche alla formazione relativamente buona della forza lavoro slovena. Come si può dedurre da questo quadro dei settori dell'import ed export, gran parte del commercio sloveno con l'estero è di carattere infra-industriale, il che conferma, ancora una volta, lo stadio di sviluppo relativamente occidentale della struttura economica slovena.

    6.12. Nel 1993 lo sviluppo quantitativo del commercio con l'estero sloveno non ha avuto un andamento così positivo come nei due anni precedenti. Dopo due anni di lieve crescita nominale delle esportazioni, nel 1993 la Slovenia ha registrato un calo pari all'8,9 %. La causa va ricercata in parte nell'aumento dei costi salariali in Slovenia, che ha così perso competitività rispetto ai propri vicini dell'Europa centrorientale. D'altra parte la Slovenia, avendo un'economia fortemente orientata verso i mercati occidentali, ha subito le ripercussioni della recessione verificatasi nell'Unione europea e nei paesi EFTA, dove è diretto oltre il 65 % delle esportazioni slovene. Tuttavia le esportazioni della Slovenia verso l'UE sono diminuite del 7 % in meno rispetto al volume globale delle esportazioni.

    6.13. Nel 1993 le importazioni della Slovenia sono aumentate del 5,7 % rispetto all'anno precedente. Questo è spiegabile soprattutto con l'aumento della domanda di beni di consumo e d'investimento generata dall'incremento dei salari reali. Le importazioni dall'UE sono aumentate addirittura del 16 %. Così il saldo della bilancia commerciale slovena, dopo un avanzo nel 1992, registra ora un disavanzo pari a 400 milioni di US$. Rispetto ai paesi dell'ex Iugoslavia la Slovenia ha registrato un surplus commerciale, mentre rispetto a tutti gli altri partner commerciali, e quindi anche con l'UE, un disavanzo della bilancia commerciale.

    7. La politica di riforma del governo

    7.1. Per conseguire l'obiettivo di una stabilizzazione macroeconomica, la Slovenia persegue una politica monetaria estremamente restrittiva. La banca centrale è indipendente dal governo per quanto riguarda la politica valutaria e dispone di una serie di strumenti politico-finanziari che in linea di massima corrispondono a quelli delle banche centrali degli Stati membri dell'Unione europea.

    7.2. L'introduzione del tolar è stata il primo passo per prendere le distanze dall'iper-inflazione del dinaro iugoslavo. La politica monetaria restrittiva perseguita in seguito ha portato ad una relativa stabilizzazione monetaria, come dimostra la diminuzione del tasso d'inflazione che attualmente si situa attorno al 21 % annuo. Si è avuto, per contro, un aumento del tasso di disoccupazione.

    7.3. Il governo sloveno ha già varato le leggi principali per creare la cornice istituzionale di un'economia di mercato spianandosi così la via verso una riforma indipendente dai regolamenti dell'FMI. La costituzione stessa garantisce la proprietà privata. Il governo mira soprattutto alla creazione di un quadro regolamentare. Di questo fanno parte, per esempio, la norma relativa ai tipi d'impresa varata nella primavera del 1993, strutturata secondo l'esempio della Germania e dell'Austria, la legge sulla protezione della proprietà industriale e commerciale del marzo 1992, la legge sulla tenuta della contabilità del 1993, come pure una legge contro la concorrenza sleale.

    7.4. In giugno del 1991 la Slovenia adottò una nuova legge bancaria che disciplinava tra l'altro la ricapitalizzazione e la liquidazione nel caso di fallimenti bancari. Il paese conta circa 30 banche, di cui 15 di nuova fondazione.

    7.5. Il sistema finanziario sloveno è tuttora gravato dei debiti delle vecchie aziende di stato che negli anni passati hanno per lo più registrato perdite. Circa un terzo del debito del sistema bancario dovrebbe essere ammortizzato. Per sanare le banche il governo sloveno ha dato il via a un programma di risanamento bancario. Inizialmente questo ha riguardato le due banche più grandi, che insieme hanno una quota di mercato pari al 50 % circa. Tale programma ha trasformato il debito in buoni del tesoro a 30 anni. I costi del programma vengono coperti in parte dal bilancio dello stato, e in parte da un prestito della Banca mondiale.

    7.6. Dal mese di marzo del 1990 anche Lubiana possiede una borsa valori. Il volume degli scambi nel 1993 è stato pari a 1,5 miliardo di DM. Rispetto al mondo occidentale essi sono ridotti, ma calcolando la media pro capite su tutta la popolazione la Slovenia registra il livello più alto in tutta l'Europa centrorientale. All'inizio del 1994 i titoli trattati erano 50. L'avanzare delle privatizzazioni dovrebbe portare a un aumento degli scambi borsistici.

    7.7. Nella primavera del 1993, attraverso un'azione di vendita, un terzo delle abitazioni sono passate nelle mani di privati. A tal fine gli sloveni hanno attinto ai loro risparmi in marchi tedeschi. Pertanto l'operazione è servita al contempo ad aumentare le riserve valutarie della banca centrale slovena.

    7.8. La trasformazione dell'economia slovena in proprietà privata procede lentamente. La legge per la privatizzazione è stata rallentata da un'ampia discussione sui risarcimenti per le espropriazioni ed è stata varata appena nel novembre del 1992. Viene definita « Legge per la trasformazione del regime di proprietà », ciò tiene conto della situazione particolare delle imprese nel sistema economico dell'ex Iugoslavia. In particolare, tiene conto della relativa autonomia di cui godevano i manager delle imprese.

    7.9. Delle 29 500 imprese slovene, 2 600 grandi imprese di proprietà collettiva sono colpite da questa norma. Esse rappresentano oltre il 10 % delle imprese effettivamente operanti, tuttavia producono il 60 % del fatturato globale e rappresentano il 79 % dell'occupazione. Queste cifre evidenziano l'importanza relativa del settore imprenditoriale di proprietà collettiva. Sono esclusi dalla privatizzazione alcuni settori, come quello bancario e assicurativo, l'agricoltura e le foreste, le lotterie e imprese per le quali è già in corso un procedimento fallimentare.

    7.10. L'agenzia di stato per la privatizzazione realizza il programma di privatizzazione del governo. Tutte le imprese interessate dall'operazione dovevano costituire entro l'1° gennaio 1993 un bilancio d'apertura da cui si deduca l'ammontare del « capitale di proprietà collettiva ». Entro il 31 dicembre 1994, poi, ogni azienda deve presentare un piano di privatizzazione che dovrà essere approvato dall'agenzia di stato per la privatizzazione, la quale tiene conto, tra l'altro, del mantenimento dei posti di lavoro e per motivi sociali ed inerenti alla politica regionale.

    7.11. Se non viene presentato un piano di privatizzazione entro la fine del 1994 (solo circa un sesto delle imprese vi riusciranno), sarà la stessa agenzia per la privatizzazione a presentare un piano ed in seguito ne supervisionerà la realizzazione. La trasformazione dell'impresa in una società per azioni (società di capitale) di solito avviene già all'inizio del processo. Nel caso di imprese che non sarebbero in grado di sopravvivere, l'agenzia si occupa della vendita del patrimonio.

    7.12. In linea di massima la privatizzazione di tali aziende di proprietà collettiva dovrebbe concludersi entro la fine del 1995, tuttavia potrebbero intervenire alcune difficoltà che rallenterebbero il processo. Prima che possa essere definito un bilancio d'apertura di un'azienda, devono essere eseguiti parziali trasferimenti di capitale al fine di ripristinare le condizioni originali. Sono coinvolte in questo processo circa un sesto di tutte le aziende. Per un altro sesto le condizioni di proprieta non sono chiare a causa delle richieste d'indennizzo degli antichi proprietari. Infine è anche prevedibile che la scarsità di crediti e capitali in Slovenia ostacoli il processo di privatizzazione.

    7.13. La privatizzazione delle aziende slovene di proprietà collettiva si attua secondo una forma mista tra una distribuzione gratuita ai cittadini sloveni e una vendita. Lo schema di base è il seguente: 10 % delle quote aziendali (azioni) va al fondo pensioni, un altro 10 % al fondo per gli indennizzi degli espropri, 20 % a un fondo per lo sviluppo aziendale, 20 % viene suddiviso all'interno dell'azienda a condizioni particolari e il 40 % viene venduto liberamente.

    7.14. La popolazione slovena viene direttamente coinvolta attraverso certificati nominativi di diritto alla ex-proprietà collettiva, che ogni cittadino sloveno può ottenere. Il valore dei certificati nominativi varia in base all'età. I certificati nominativi non sono trasferibili, ma possono essere ereditati. I detentori possono o convertire tali certificati in azioni nell'ambito della distribuzione interna di quote aziendali, o farseli rimborsare in sede di vendita pubblica, oppure trasformarli in quote del fondo investimenti.

    7.15. In linea di massima gli investitori stranieri possono prender parte alla privatizzazione, tuttavia la quota di partecipazione di capitale straniero che superi il 40 % delle azioni liberamente vendibili è soggetta all'approvazione dell'agenzia di stato per la privatizzazione. Anche per gli investimenti che superano i 10 milioni di ECU va chiesta l'autorizzazione del governo. In genere è tuttavia possibile anche una partecipazione di capitale straniero pari al 100 %. Naturalmente oltre alla partecipazione al processo di privatizzazione sono possibili anche le altre forme consuete di investimenti stranieri.

    7.16. Tanto il governo sloveno quanto gli ambienti economici vedono di buon occhio gli investimenti stranieri, che possono migliorare notevolmente la competitività dell'economia slovena all'estero, come pure il livello interno dell'occupazione. La quota del capitale straniero nell'economia slovena per il momento risulta ancora ridotta.

    7.17. Alla fine del 1991 fu varata in Slovenia una normativa liberale per quanto riguarda gli investimenti esteri che corrisponde agli standard internazionali. Vengono garantiti, tra l'altro, il diritto al « trattamento nazionale », al trasferimento di capitali e profitti, come pure il diritto di partecipare alla gestione in proporzione alla quota investita. Sono possibili investimenti stranieri in tutti i settori, tranne alcuni specificamente esclusi per motivi di sicurezza nazionale (materiale militare, telecomunicazione ecc.)

    7.18. Dal 1988 al settembre del 1993 complessivamente è stato investito in Slovenia 1 miliardo di ECU di capitale straniero, di cui, nel solo 1993 (da gennaio a settembre) 110 milioni di ECU. In linea di principio in Slovenia sono possibili quattro forme d'investimento straniero: sotto forma di joint venture con un partner locale, come apporto di capitale in un'azienda locale preesistente, come acquisizione di una quota (fino al 100 %) di un'azienda locale, e infine come creazione di un'azienda nuova. La forma più frequente d'investimento straniero è quella della joint venture. La creazione di società controllate al 100 % è stata pari al 2 %, quindi ancora relativamente rara. A partire dal 1988 ci sono state joint ventures con società straniere per quasi 500 milioni di ECU, acquisizioni per 200 milioni di ECU e investimenti per nuovi impianti (« greenfield investment ») pari a 135 milioni di ECU.

    7.19. La cifra media investita per ogni progetto è relativamente bassa, poiché inizialmente gli investitori si sono rivolti al settore dei servizi e al commercio. Tuttavia sono in corso alcuni progetti stranieri di portata decisamente più vasta che riguardano l'industria di trasformazione. Tra i circa 40 paesi di provenienza del capitale straniero, i più importanti sono la Germania (44,9 %), l'Austria (20,7 %), l'Italia (16 %) e la Francia (7,1 %). Quasi il 70 % del capitale straniero investito in Slovenia deriva pertanto dagli Stati dell'Unione europea. Nonostante il rapido aumento degli investimenti stranieri negli ultimi due anni, per ora la loro importanza per l'economia slovena è relativamente ridotta come volume e percentuale.

    7.20. Consideriamo ora il regime di proprietà nell'economia slovena. A metà del 1993 in Slovenia erano attive e operanti 23 298 aziende, di cui 82 % di proprietà privata (spesso si tratta di aziende di nuova fondazione). Secondo le stime circa il 10 % della popolazione attiva è occupato nel settore privato, mentre le aziende di dimensioni grandi o medie ancora di proprietà statale impiegano il 72 % della popolazione attiva e rappresentano il 60 % della cifra d'affari. Il settore privato e quello misto generano circa il 25 % del fatturato totale. Vi è poi una percentuale di frontalieri - soprattutto pendolari verso l'Italia e l'Austria - che lavorano in tali paesi in parte senza permesso di lavoro ufficiale e sfuggono così alle statistiche.

    7.21. La ristrutturazione dell'economia slovena è un obiettivo prioritario. Due programmi, il programma di privatizzazione già presentato a cui si affianca uno per la rivitalizzazione e lo sviluppo delle imprese, contribuiranno al suo raggiungimento. Il programma per la rivitalizzazione riguarda attualmente 100 aziende. Un fondo per lo sviluppo garantirà alle aziende solide i crediti necessari per superare il periodo di stabilizzazione e provvederà a dare il via alla liquidazione di aziende prive di futuro.

    8. Gruppi economici e sociali sloveni

    8.1. Rispetto alle altre vecchie economie pianificate di stampo socialista, l'economia slovena presenta il vantaggio di possedere dei quadri dirigenti. Questo è dovuto al sistema d'autogestione socialista delle aziende, così diffuso soltanto nell'ex Iugoslavia. I quadri dirigenti delle aziende erano infatti relativamente autonomi. Questo spiega l'alta propensione alla creazione di aziende indipendenti (vedi sopra il grande numero di aziende di nuova creazione). Questa realtà favorirà notevolmente il processo di adattamento dell'economia slovena alla concorrenza internazionale.

    8.2. La Slovenia dispone di una forza lavoro relativamente ben formata. Dopo la scuola dell'obbligo esiste un sistema di scuole professionali che prepara i giovani ai diversi mestieri. Esistono inoltre licei, università e istituti specializzati nelle professioni tecniche e scientifiche. In Slovenia vi sono circa 37 000 artigiani e altri 32 500 addetti operano nel settore.

    8.3. La settimana lavorativa legale è di 36-42 ore, i giorni di ferie almeno 18 all'anno (Attualmente la settimana lavorativa è per lo più di 40 ore). Il salario orario è inferiore a quello del Portogallo, che attualmente è il più basso dell'Unione europea. Al salario vanno sommati i costi salariali aggiunti, che rispetto ai salari non sono eccessivamente alti. Rispetto ad altri paesi dell'Europa centrorientale, tuttavia, sotto questo aspetto la Slovenia ha perso parte della sua competitività a causa della sua valuta relativamente forte.

    8.4. Le circa 39 500 aziende indipendenti slovene sono iscritte alla Camera di commercio slovena. Di queste, attualmente 23 000 possono essere considerate aziende attive. La Camera di commercio è un organismo indipendente, apolitico. L'iscrizione alla Camera di commercio è obbligatoria per legge anche per le joint ventures costituite in base alla legislazione slovena.

    8.5. La Camera di commercio si suddivide in 13 camere regionali. Vi sono inoltre 23 associazioni di categoria, per esempio per l'industria, il commercio, il settore bancario, il turismo, il tessile, l'elettronica ecc. Anche la camera artigiana è una delle organizzazioni che fanno parte della Camera di commercio. Essa esiste da circa 140 anni; vi sono iscritti i 37 100 maestri artigiani e i loro 32 500 dipendenti.

    8.6. Tra le funzioni della Camera di commercio c'è, tra l'altro, la promozione della cooperazione internazionale, la diffusione di informazioni su fiere specialistiche all'estero, la formazione professionale e la specializzazione, oltre alla composizione delle controversie tra aziende. La Camera di commercio dispone di tre centri di formazione in cui vengono organizzati seminari di perfezionamento per i quadri intermedi e i dirigenti. Le attività della Camera di commercio rivolte al mondo internazionale vengono gestite da Lubiana.

    8.7. La Camera di commercio slovena è membro associato di Eurochambres e può pertanto partecipare ad alcune attività organizzate da Eurochambres. Inoltre essa coopera con gli organismi europei di normalizzazione e standardizzazione dei prodotti. Non vi sono ancora rappresentanze all'estero della Camera di commercio slovena, per cui vi sono limitate possibilità di promuovere degli investimenti diretti esteri.

    8.8. In febbraio 1994 erano in atto preparativi per fondare una confederazione dei datori di lavoro al di fuori della Camera di commercio. A metà febbraio a tale iniziativa avevano aderito circa 1 500 imprenditori, che danno lavoro circa al 58 % di tutti i lavoratori. La nuova confederazione difenderà in forma esclusiva gli interessi dei datori di lavoro in sede di contrattazione collettiva, una funzione finora svolta da rappresentanti della Camera di commercio. Questa confederazione potrà inoltre avere relazioni ufficiali con l'ILO (International Labour Organisation).

    8.9. In Slovenia la contrattazione collettiva si svolge tra la Camera di commercio (in rappresentanza dei datori di lavoro), da un lato, e quattro confederazioni sindacali (in rappresentanza dei lavoratori) dall'altro. La costituzione slovena garantisce ai lavoratori il diritto di sciopero. Tuttavia, finora da parte dei datori di lavoro non sono ancora previste contromisure legali come la serrata.

    8.10. Il livello di organizzazione sindacale in Slovenia, pari al 70 %, è relativamente elevato. Le quattro confederazioni sindacali attive sono: 1. la confederazione dei sindacati liberi, 2. il sindacato PERGAM (stampa e carta), 3. la federazione di 90 sindacati e 4. la federazione dei nuovi sindacati indipendenti sloveni.

    8.11. La confederazione sindacale di gran lunga più importante è la confederazione dei sindacati liberi che conta 437 000 iscritti e deriva dal precedente sindacato socialista obbligatorio. L'organizzazione è basata sul vecchio sistema sindacale. Le altre confederazioni sindacali sono tuttora in fase di strutturazione. Attualmente è in corso un processo di sgretolamento che porta al distacco di sindacati specifici, settoriali ed aziendali, dai sindacati preesistenti. Si vedono tuttavia i primi segnali di una tendenza al raggruppamento settoriale dei sindacati aziendali, al fine di migliorare la loro posizione contrattuale.

    8.12. Il dialogo tra le parti sociali riguardo al patto di solidarietà è iniziato più o meno un anno e mezzo fa prima del varo dei programmi di privatizzazione dell'economia slovena. Le trattative sono però estremamente complesse a causa dell'importanza del tema, (indicazione del trattamento economico e soglia minima degli aumenti retributivi) tanto che finora non si sono avuti risultati concreti.

    8.13. L'influenza dei sindacati sul processo legislativo si limita all'audizione da parte del parlamento nel caso di iniziative legislative e al diritto di partecipazione a gruppi di lavoro. Il sindacato più importante ha anche un'altra possibilità di influire sul Consiglio nazionale, in quanto ha diritto al 10 % dei voti. Un voto del Consiglio nazionale può tuttavia essere respinto dal Parlamento.

    8.14. Esistono vari tipi di contratti collettivi di lavoro diversi: quelli contenenti norme programmatiche, quelli per il settore economico e quelli per i servizi pubblici e sociali. Oltre ai contratti collettivi quadro, esistono dei contratti collettivi settoriali (per esempio tessile) e aziendali nelle imprese più grandi.

    8.15. Il principio dell'autonomia contrattuale delle parti sociali non è ancora completamente riconosciuto dal governo che nel 1992 e nel 1993 ha più volte interrotto con provvedimenti legislativi le trattative per i contratti collettivi. Nonostante fosse stata varata una legge per congelare salari nominali per un periodo di tre mesi (da marzo a giugno 1993), nel 1993 si è registrato un aumento globale dei salari reali superiore al 10 %.

    8.16. Questo ha portato a una perdita di competitività dei prodotti sloveni. A causa dei costi salariali elevati e della valuta forte, in alcuni casi la Slovenia si è già vista sottrarre contratti in regime di perfezionamento da parte di dei paesi limitrofi dell'Europa centrorientale in cui i livelli salariali sono più bassi.

    8.17. In particolare i contratti collettivi aziendali hanno contribuito ad aumentare i salari reali, che spesso superano gli aumenti di produttività. A causa di condizioni di proprietà frequentemente ancora poco chiare, prima della privatizzazione delle aziende di proprietà collettiva i dirigenti avevano approvato degli aumenti di salari, a detrimento delle prospettive a lungo termine dell'impresa, determinando così una lievitazione del volume dei crediti del sistema bancario.

    8.18. Anche i contratti collettivi negoziati tra sindacati e la Camera di commercio prevedevano almeno l'indicizzazione dei salari all'aumento dei prezzi. A causa dei problemi di liquidità dovuti al processo di ristrutturazione dell'economia slovena, numerose aziende non si attennero ai contratti collettivi o non si sentirono da essi vincolati.

    8.19. Una delle funzioni principali dei sindacati, oltre a quelle già menzionate, consiste nell'assicurare un'assistenza giuridica nel campo del diritto del lavoro, tuttavia la normativa slovena in questo ambito non è ancora molto vasta. I tribunali del lavoro operano in condizioni molto difficili, con mancanza di personale, cosicché anche procedimenti legali semplici, spesso durano diversi anni. La legge per la riforma della giurisdizione del lavoro è allo studio del Parlamento già da quasi due anni. Anche dopo che sarà stata varata saranno necessari circa 4-5 anni per garantirne l'applicazione.

    8.20. Riguardo la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, è stata varata una legge nell'agosto del 1993 che prevede l'ingresso di una rappresentanza di lavoratori nel consiglio di vigilanza di ogni società per azioni o coperativa. Inoltre prevede una partecipazione attraverso le commissioni interne o l'ombudsman per le questioni che riguardano direttamente il lavoro. Anche i singoli lavoratori hanno il diritto di avanzare determinate proposte. I sindacati sloveni tuttavia non sono ancora pronti ad esercitare appieno tali diritti.

    8.21. Attualmente le commissioni interne sono ancora in fase di istituzione. Dato che la legge è così recente, la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori da parte della direzione dell'impresa non è ancora diventata una consuetudine. Prima che la partecipazione dei lavoratori diventi parte integrante della cultura aziendale slovena dovranno senza dubbio trascorrere ancora alcuni anni.

    8.22. La classe media riveste un ruolo particolare nell'economia slovena. Le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono infatti oltre il 70 % degli iscritti alla Camera di commercio. In particolare gli artigiani sono organizzati in cooperative.

    8.23. Il governo sloveno si sforza di appoggiare le PMI. Esiste infatti un apposito ministero per le PMI e un fondo per la promozione delle PMI istituito dal governo stesso, che concede prestiti a termine, bonificii d'interessi per progetti d'investimento e garanzie. Inoltre vengono monitorati i risultati economici delle PMI e promossi promettenti programmi diretti verso il mercato interno dell'UE.

    8.24. La Camera di commercio slovena contribuisce inoltre al sostegno della classe media organizzando, tra l'altro, seminari di formazione permanente per i quadri dirigenti. Nonostante le iniziative già in corso, i mezzi finanziari messi a disposizione delle PMI sono ancora relativamente scarsi, se confrontati alle reali esigenze di tale categoria. La Camera di commercio è responsabile anche del doppio sistema di formazione.

    8.25. Per la promozione delle esportazioni in Slovenia esiste un programma speciale di crediti che offre garanzie per l'esportazione attraverso il sistema bancario. Inoltre le imprese possono ottenere contributi da un fondo speciale per gli investimenti che aumentano le esportazioni verso i mercati occidentali. La Slovenia persegue in linea di principio una strategia di crescita basata sulle esportazioni. Oggi viene esportato un po' più del 30 % della produzione industriale. Nel lungo periodo tale quota dovrebbe passare al 60-70 %. In vista di questi obiettivi, i mezzi disponibili sono tuttavia troppo esigui.

    8.26. Per la tassazione delle imprese è prevista un'aliquota unica d'imposta sulle società del 30 %, che situa la Slovenia tra i paesi con un onere fiscale per le imprese relativamente basso. Nel caso di reinvestimento, la base imponibile può essere ridotta del 20 %, e se una parte dei proventi viene incorporata nelle riserve, la base imponibile è ridotta del 10 %. Anche per la creazione di nuove aziende sono previsti sgravi fiscali (del 100 % il primo anno, del 66 % il secondo e del 33 % il terzo). Simili agevolazioni sono previste per imprese situate in regioni che beneficiano di un sostegno speciale.

    8.27. Sui profitti e sui dividendi viene praticata una ritenuta alla fonte del 15 %. Gli imprenditori devono versare inoltre dei contributi sociali che corrispondono a circa al 25 % del salario lordo.

    8.28. L'imposta personale sul reddito è ad aliquota progressiva. Allo scaglione inferiore corrisponde un'aliquota del 17 %; l'aliquota più alta è pari al 50 %. L'evasione fiscale è tuttavia un problema ancora relativamente diffuso.

    8.29. Per quanto riguarda le imposte indirette, il 1° gennaio 1995 la Slovenia introdurrà l'imposta sul valore aggiunto (IVA) o imposta generale sulle entrate secondo il sistema adottato dagli Stati membri dell'Unione europea. Attualmente viene applicata una semplice imposta di consumo che grava sul consumatore finale. L'aliquota generale è pari al 20 %. Godono dell'aliquota ridotta del 10 % tra gli altri i materiali di costruzione, il carbone, i vini, e l'abbigliamento. Un'aliquota del 5 % è applicata ad auto usate, concimi e macchine agricole. L'aliquota massima del 32 % grava su beni di lusso come tappeti, gioielli e simili. Le esportazioni sono esentate dall'imposta.

    8.30. Gli interessi dei consumatori in Slovenia vengono difesi da un'Unione per la difesa dei consumatori fondata nel 1990. Tale unione conta attualmente 3 500 soci (privati) e si finanzia con le quote associative, inoltre ottiene un aiuto dal governo per finanziare alcuni progetti, per esempio la pubblicazione di un bollettino per la tutela dei consumatori. Gran parte del lavoro all'interno dell'unione viene espletato da volontari molto impegnati. Attraverso l'informazione dei consumatori si contribuisce alla comprensione del sistema dell'economia di mercato e della libera definizione dei prezzi. Attraverso una rete di servizi d'informazione telefonici che funziona su base volontaria i consumatori possono ottenere informazioni relative all'offerta di merci, ma anche sporgere lamentele e reclami. L'unione fa parte dell'organizzazione internazionale per la difesa dei consumatori, ed è il primo membro dell'organizzazione internanazionale per i test dei prodotti dell'Europa orientale.

    8.31. L'agricoltura slovena è organizzata per l'80 % in aziende di dimensioni piccole e medie a conduzione familiare, mentre per il 20 % si tratta di grandi aziende. Nel 1993 uno scarso 4 % della popolazione slovena era attivo nel settore agricolo, il 2 % nella pesca.

    8.32. Oltre ai cereali, si coltiva mais, luppolo, patate e barbabietole da zucchero, e numerose varietà di frutta e verdura. La viticoltura (vino bianco e rosso) ha una tradizione di secoli. Dal punto di vista della qualità i vini sloveni non hanno nulla da invidiare ai migliori vini delle maggiori zone vitivinicole europee.

    8.33. L'agricoltura slovena oggi si svolge prevalentemente su terreni di proprietà privata. Da circa 20 anni non vengono più costituite cooperative agricole, ma esiste un limite pro capite per quanto riguarda la proprietà del suolo, pari a 10 ettari a testa. Alla fine degli anni '70 tale quota venne portata a 20 ettari pro capite. Per i cittadini slolveni oggi non esiste un limite quantitativo alla proprietà del suolo.

    8.34. È prevedibile che anche le cooperative agricole tuttora esistenti gradualmente non avranno più motivo di esistere. A questo sviluppo ha dato il via la legge sulla « denazionalizzazione » che comporta la restituzione di numerosi terreni ai proprietari originari. Tra questi c'è soprattutto la Chiesa cattolica, che intende far valere i suoi diritti sulle vaste proprietà agro-forestali di un tempo.

    8.35. La Slovenia ha un apposito ministero per la protezione dell'ambiente che collabora con il Ministero del lavoro e altri enti per la riconversione di programmi regionali. Nel campo del consumo finale stanno prendendo piede alcune iniziative di riciclaggio. Nelle città la raccolta differenziata di carta, vetro e batterie usate è già molto diffusa. Sono in corso anche progetti per la raccolta dei rifiuti lungo le strade, che mirano alla formazione di una nuova mentalità ecologica nei bambini di età scolare.

    8.36. Per le automobili provviste di catalizzatore sono previsti sgravi fiscali e la benzina senza piombo è reperibile presso quasi tutti i distributori. Per quanto riguarda le emissioni industriali durante il processo produttivo e gli altri rifiuti esistono ben poche norme ecologiche specifiche. Le soglie massime d'inquinamento consentite - rispetto a quelle previste in Germania, che sono le più severe di tutta l'UE - sono relativamente elevate.

    8.37. La Slovenia dispone di una centrale nucleare che copre circa il 20 % del fabbisogno. Poiché non si tratta di un impianto provvisto delle misure di sicurezza più recenti, alcuni gruppi ecologisti chiedono che sia disattivata.

    9. Quadro legale di cooperazione con l'Unione europea

    9.1. In quanto parte dell'ex Iugoslavia, all'interno dell'accordo per il commercio e la cooperazione in vigore dal 1980, la Slovenia ha già consolidato i rapporti commerciali con la Comunità europea. In seguito allo scioglimento dell'ex Iugoslavia e alla dichiarazione d'indipendenza della Slovenia si avvertì la necessità di una rielaborazione di tale accordo. Il nuovo accordo è stato siglato il 5 aprile 1993.

    9.2. Il 1° settembre 1993 è entrato in vigore il nuovo Accordo per il commercio e la cooperazione tra la Comunità europea e la Slovenia. In molti settori (telecomunicazioni, statistica, ravvicinamento delle legislazioni ecc.) sono previsti un più intenso scambio d'informazioni e lo sviluppo della cooperazione. È stata introdotta una nuova clausola per il rispetto dei diritti dell'uomo che comprende anche la tutela delle minoranze.

    9.3. Nell'ambito della politica commerciale, il nuovo accordo prevedeva l'immediata abolizione delle restrizioni quantitative e delle misure ad effetto equivalente relative ai prodotti industriali. Per quanto riguarda gli altri prodotti sloveni era previsto di migliorare le condizioni di accesso al mercato comunitario. Esistono dazi doganali differenziati per classi di prodotti. Per alcuni è stato fissato un tetto, superato il quale entra in vigore un dazio superiore. Per i prodotti agricoli sono in vigore quote precise che risultano da una suddivisione dell'antica quota globale. Nelle trattative future particolare attenzione andrà prestata al vino.

    9.4. Per determinati prodotti considerati sensibili, come per esempio l'acciaio, vi sono accordi speciali. Il 23 luglio 1993 è stato siglato un nuovo accordo per il settore tessile che prevede delle disposizioni speciali, per esempio la sostituzione dei contingenti con massimali doganali e un sistema a doppio controllo. L'applicazione è stata anticipata, e tale accordo è in vigore dal 1° gennaio 1994. Gli strumenti per combattere le pratiche commerciali sleali (dazi anti-dumping, diritti compensativi e altre misure protettive) restano in vigore, in alcuni casi motivati, negli scambi commerciali bilaterali.

    9.5. È parte integrante dell'accordo di cooperazione un protocollo finanziario in base al quale l'Unione europea fornisce alla Slovenia entro fine 1997 un totale di 150 milioni di ECU sotto forma di prestiti erogati dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). Tali prestiti serviranno per lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto cui l'UE è interessata in quanto la Slovenia si trova in una posizione strategica e costituisce uno snodo importante. I prestiti beneficeranno di un bonifico d'interesse del 2 %. Gli stanziamenti per coprire tale cifra (20 milioni di ECU) provengono dal bilancio dell'Unione europea. Nel dicembre del 1993 la BEI ha già concesso un primo prestito di oltre 47 milioni di ECU che servirà per il miglioramento della più importante linea ferroviaria slovena tra il confine con l'Italia, vicino a Trieste, e Maribor.

    9.6. Inoltre è stato siglato un Accordo sui trasporti, anch'esso in vigore dal 1° settembre 1993. Da un punto di vista contenutistico, esso fa parte del protocollo finanziario. In base a tale accordo la Slovenia autorizza il transito sul proprio territorio dei Tir dell'UE in cambio di un aiuto finanziario. È previsto altresì uno snellimento delle pratiche doganali. La Slovenia si impegna inoltre ad aderire ad alcune convenzioni internazionali nell'ambito dei trasporti (AETR e altre).

    9.7. Contemporaneamente all'accordo per il commercio e la cooperazione, i dodici Stati membri dell'UE hanno siglato con la Slovenia una Dichiarazione congiunta sul dialogo politico. L'obiettivo è il consolidamento dei rapporti tra EU e Slovenia al fine di appoggiare il paese in un momento di cambiamento politico ed economico e di sviluppare nuove forme di cooperazione. Il primo incontro ufficiale in questo senso ha avuto luogo nel dicembre del 1993.

    9.8. Dal 1992 la Slovenia ottiene fondi anche attraverso il programma Phare (Programma di assistenza dell'Unione europea alla ristrutturazione delle economie dei paesi dell'Europa centrorientale). Nel contesto del primo programma per la Slovenia nel 1992 la CE ha messo a disposizione complessivamente 9 milioni di ECU, di cui 6,7 milioni per assistenza tecnica, mentre il resto è stato utilizzato nell'ambito del Programma Tempus. Nel 1993 la Comunità europea ha messo a disposizione della Slovenia 11 milioni di ECU dei fondi Phare, di cui 7,5 milioni di ECU per assistenza tecnica. Per il 1994, poiché la collaborazione bilaterale ha dato risultati positivi, è previsto quasi il raddoppiamento dei fondi concessi finora. 12,5 milioni di ECU serviranno per assistenza tecnica, 2,5 milioni nel contesto del programma Tempus e ulteriori 4 milioni per altri programmi tecnici per la promozione della cooperazione regionale (per es. Eureka e ACE).

    9.9. Il governo sloveno ha previsto delle priorità per l'utilizzo dei fondi Phare nei seguenti campi: riconversione economica e privatizzazione (delle imprese e del settore finanziario), ristrutturazione del settore pubblico (energia, trasporti e telecomunicazioni) e rafforzamento dell'integrazione economica con l'UE. Per citare un esempio concreto, i fondi Phare vengono utilizzati per ammodernare le stazioni termali slovene e garantire così anche nel lungo periodo le entrate nel settore turistico che è particolarmente importante per il paese. I gruppi socioeconomici sloveni desiderano tuttavia una maggiore trasparenza e una migliore informazione a proposito del programma Phare.

    9.10. Le diverse istituzioni dell'UE mantengono inoltre i contatti con i ministeri e le autorità della Slovenia e creano frequenti occasioni di dialogo e scambio d'informazioni. Un esempio è il seminario organizzato a Bruxelles a fine novembre 1993 dalla Commissione cui sono stati invitati a partecipare i rappresentanti di diversi ministeri sloveni.

    9.11. La Slovenia partecipa già ad alcuni progetti comunitari. Per esempio a fine gennaio 1994 ha siglato con Eurostat un accordo di cooperazione nel settore delle statistiche. Assieme agli altri 6 stati dell'Europa centrorientale che hanno già concluso degli accordi europei con la CE, la Slovenia gode di supporti tecnici per l'armonizzazione delle statistiche slovene con quelle dell'UE. In Slovenia potranno essere usati parte dei complessivi 5,5 milioni di ECU dei fondi a disposizione dell'Eurostat per questo scopo.

    10. Proposte per un futuro accordo europeo

    10.1. L'accordo per il commercio e la cooperazione concluso con la Slovenia contiene una clausola evolutiva. L'art. 50 prevede infatti che « le parti contraenti esamineranno quanto prima la possibilità di concludere un accordo europeo (accordi di associazione) ».

    10.2. Un accordo europeo sotto molti aspetti sarebbe più vasto dell'attuale accordo per il commercio e la cooperazione. Dal punto di vista della politica commerciale comporterebbe un graduale smantellamento dei reciproci dazi doganali e delle altre restrizioni commerciali fino alla creazione di una zona di libero scambio. Tale liberalizzazione riguarderebbe gran parte degli scambi commerciali bilaterali e si realizzerebbe gradualmente durante un periodo di transizione.

    10.3. Inoltre un accordo europeo solitamente contiene disposizioni nei seguenti campi: istituzionalizzazione del dialogo politico, libertà di stabilimento, mobilità dei lavoratori (nella maggior parte dei casi contingentata) (diritto al « trattamento nazionale »), cooperazione in campo ecologico, scambi interculturali, ecc.

    10.4. Oltre a questa vasta liberalizzazione del commercio bilaterale, un accordo europeo prevede in particolare anche la richiesta da parte del paese associato di divenire membro a tutti gli effetti dell'Unione europea.

    10.5. In un accordo europeo il paese associato si impegna inoltre a ravvicinare le proprie legislazioni a quelle dell'Unione europea. Poiché il paese associato in un simile accordo dichiara per iscritto di voler diventare membro, lo stimolo al ravvicinamento delle legislazioni è particolarmente forte.

    10.6. Dal canto suo la Slovenia ha annunciato di voler iniziare al più presto le trattative per un accordo europeo con l'Unione europea da concludersi entro il 1994. Nel medio periodo l'obiettivo esplicito della Slovenia è l'adesione all'UE come membro effettivo, con tutti i diritti e i doveri derivanti dall'accordo.

    10.7. D'altro canto, per quanto attiene alla procedura interna dell'Unione europea, va sottolineato che la Commissione ha già condotto nel dicembre del 1993 colloqui preliminari riguardanti un accordo europeo, da cui risulta che non dovrebbero presentarsi particolari complicazioni nelle trattative in tal senso.

    10.8. Con decisione dell'8 febbraio 1993 il Consiglio dell'UE ha stabilito che tutti gli Stati - inclusi quelli dell'ex Iugoslavia (e quindi in particolare la Slovenia) - che soddisfano le condizioni richieste, possono presentare una domanda d'adesione all'Unione europea. Il Consiglio ha inoltre previsto le misure necessarie in tal senso (accordi europei). Nell'aprile del 1994 la Commissione richiederà al Consiglio un mandato per avviare le trattative in merito ad un accordo europeo che con la Slovenia potrebbero pertanto cominciare verso maggio 1994.

    11. Considerazioni riassuntive e raccomandazioni finali

    11.1. In base al reddito pro capite e alle condizioni di vita della popolazione, la Slovenia risulta il più ricco tra tutti i paesi dell'Europa centrorientale. Tradizionalmente è parte integrante del cuore dell'Europa; ciò si rispecchia chiaramente nella cultura, nella mentalità e negli usi della popolazione. L'autonomia della Slovenia e le particolarità del sistema socialista dell'ex Iugoslavia hanno abituato i quadri dirigenti economici e amministrativi a un'autonomia di azione unica in tutta l'Europa centrorientale.

    11.2. La democrazia pluralistica, il principio dello stato di diritto e il rispetto dei diritti dell'uomo e delle minoranze sono garantiti dalla costituzione slovena e vengono anche applicati in modo completo. In Slovenia le più importanti leggi quadro per la creazione di istituzioni di un'economia di mercato sono già in vigore. Il paese ha inoltre adottato misure efficaci per modernizzare e ristrutturare l'economia. La politica di stabilizzazione macroeconomica del governo è risultata finora efficace; la moneta slovena, per esempio, risulta la più stabile di tutta l'Europa centrorientale.

    11.3. La Slovenia sta cercando con impegno di avvicinarsi all'UE in modo rapido e cosciente. Tali sforzi comprendono un orientamento della legislazione alla finalità d'armonizzazione con quella dell'UE, l'adozione di norme europee e la cooperazione in tutti i settori possibili.

    11.4. L'Unione europea è di gran lunga il principale partner commerciale del paese. Anche per l'Unione europea il commercio con la Slovenia dal punto di vista quantitativo è decisamente importante rispetto ad altri paesi dell'Europa centrorientale (rappresenta un valore equivalente, per esempio, all'80 % del commercio con l'Ungheria, ovvero a 9 volte gli scambi tra UE e Bulgaria).

    11.5. Tra l'Unione europea e la Slovenia esiste una complementarità nel commercio estero dovuta a diversi vantaggi comparativi ed al basso livello salariale praticato in Slovenia.

    11.6. Quanto alla posizione geografica, la Slovenia è situata in una zona strategicamente importante per il completamento del mercato interno. Inoltre la Slovenia è un importante punto di transito nel commercio tra l'Unione europea e i paesi dell'Europa centrorientale.

    11.7. Da tutte queste considerazioni emerge che un accordo europeo è la cornice giuridica che manca ancora alla Slovenia per consolidare la situazione economica e democratica nel paese e approfondire l'auspicata integrazione con l'UE.

    11.8. Il Comitato economico e sociale accoglie favorevolmente le iniziative come il seminario organizzato dalla Commissione europea per i rappresentanti dei ministeri e dell'amministrazione sloveni. Ritiene utile dare seguito a diversi livelli a tali contatti informativi con le autorità slovene per facilitare la transizione in Slovenia e aiutare il paese a compiere le scelte giuste nelle prossime fasi del processo d'integrazione.

    11.9. Il CES auspica un pronto inizio delle trattative tra l'Unione europea e la Slovenia che si traduca in un accordo europeo. Si augura che le trattative possano concludersi entro la fine del 1994.

    11.10. Poiché i gruppi economici e sociali sloveni possiedono già un buon livello di coesione interna e sono in grado di influenzare le decisioni importanti per l'economia del paese, il Comitato economico e sociale ritiene utile prevedere un Forum che consenta una cooperazione regolare con gli ambienti socioeconomici dell'UE. Una simile cooperazione dovrà servire soprattutto a mettere a fuoco i problemi nella vita economica slovena legati agli scambi con l'UE e a favorire così un avvicinamento alle strutture e alla vita economica dell'UE.

    11.11. Il Comitato economico e sociale propone quindi la creazione di un comitato consultivo paritetico per dare un quadro istituzionale al negoziato dell'accordo europeo. A tal fine il testo dell'accordo potrebbe comprendere un articolo in linea con il seguente.

    PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 594IC0580.1

    Proposta per l'inserzione di un articolo nell'accordo di associazione (accordo europeo) tra l'Unione europea e la Slovenia riguardante la creazione di un comitato consultivo paritetico

    1. Viene istituito un comitato consultivo paritetico dei gruppi sociali ed economici dell'UE e della Slovenia con l'incarico di promuovere il dialogo e la cooperazione.

    2. Tale comitato consta di sei membri del Comitato economico e sociale dell'Unione europea e di altrettanti rappresentanti di gruppi economici e sociali della Slovenia.

    3. Il dialogo e la cooperazione riguardano tutti gli aspetti economici e sociali delle relazioni tra l'Unione europea e la Slovenia, con particolare attenzione ai settori menzionati nell'accordo europeo.

    4. Il comitato consultivo paritetico si dota di un regolamento interno.

    11.12. Il Comitato economico e sociale ritiene che le trattative relative a un accordo europeo siano utili anche in preparazione di ulteriori negoziati per una adesione a tutti gli effetti della Slovenia nell'UE. Pertanto nelle trattative in vista di un accordo europeo dovranno essere coperti tutti quegli aspetti che in futuro potrebbero tornare utili in tal senso.

    11.13. Secondo il Comitato, quando si tratterà di verificare se la Slovenia è matura per entrare a pieno titolo nell'Unione europea, occorrerà guardare esclusivamente al livello di sviluppo e all'efficacia del processo di riforma in atto in detto paese. In particolare non si dovrebbero fare paragoni con gli altri paesi dell'ex Iugoslavia. Inoltre, il giudizio non dovrebbe essere influenzato dagli sviluppi politici negli altri paesi dell'Europa centrorientale.

    11.14. Il Comitato economico e sociale ritiene che la Slovenia, dopo un periodo di transizione gestito adeguatamente nell'ambito di un accordo europeo e dopo la realizzazione della zona di libero scambio con l'UE, sarà pronta all'entrata nell'UE senza necessariamente dover passare per un secondo periodo di transizione. Al momento opportuno la Slovenia potrebbe quindi entrare come membro nell'UE con tutti i diritti e i doveri che ne derivano, senza bisogno delle consuete riserve, limitazioni e scadenze.

    11.15. Il Comitato economico e sociale ritiene che la conclusione di un simile accordo europeo con la Repubblica di Slovenia potrebbe svolgere in tutta l'area balcanica e nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo una funzione stabilizzante e contribuire all'affermazione della pace e al graduale raggiungimento di una prosperità economica.

    Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 1994.

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale

    Susanne TIEMANN

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