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Document 62011TO0286

    Order of the General Court (Appeal Chamber) of 15 November 2012.
    Luigi Marcuccio v European Commission.
    Appeal - Civil service - Officials - Non-contractual liability - Compensation for the damage resulting from the fact that a letter concerning the costs in a case was sent to the lawyer who represented the appellant in that case - Appeal in part manifestly inadmissible and in part manifestly unfounded.
    Case T-286/11 P.

    Court reports – Reports of Staff Cases

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2012:602

    ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

    15 novembre 2012 (*)

    «Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Responsabilità extracontrattuale – Risarcimento del danno derivante dall’invio di una lettera relativa alle spese di una causa all’avvocato che ha rappresentato il ricorrente in tale causa – Impugnazione in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata»

    Nella causa T‑286/11 P,

    avente ad oggetto un’impugnazione diretta all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Seconda Sezione) del 16 marzo 2011, Marcuccio/Commissione (F‑21/10),

    Luigi Marcuccio, residente in Tricase (Italia), rappresentato da G. Cipressa, avvocato,

    ricorrente,

    procedimento in cui l’altra parte è,

    Commissione europea, rappresentata da J. Currall e C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

    convenuta in primo grado,

    IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

    composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra I. Pelikánová e dal sig. L. Truchot (relatore), giudici,

    cancelliere: sig. E. Coulon

    ha emesso la seguente

    Ordinanza

    1        Con la sua impugnazione proposta ai sensi dell’articolo 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Seconda Sezione) del 16 marzo 2011, Marcuccio/Commissione (F‑21/10; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto, in quanto manifestamente infondato in diritto, il ricorso con cui detto ricorrente aveva chiesto, da un lato, l’annullamento della decisione recante rigetto implicito della sua domanda in data 23 febbraio 2009 di risarcimento del danno asseritamente derivato dall’invio al suo difensore nella causa conclusasi con l’ordinanza del Tribunale del 17 maggio 2006, Marcuccio/Commissione (T‑241/03, Racc. FP, pag. I‑A‑2‑111 e II‑A‑2‑517; in prosieguo: l’«ordinanza del 17 maggio 2006»), di una lettera riguardante il pagamento delle spese relative a tale causa, dall’altro lato, l’annullamento della decisione della Commissione del 1° dicembre 2009 recante rigetto del suo reclamo, e, infine, la condanna della Commissione a versargli, a titolo di risarcimento del danno lamentato, l’importo di EUR 10 000, ovvero l’importo ritenuto equo e giusto dal Tribunale della funzione pubblica, maggiorato, fino al suo effettivo pagamento, di interessi nella misura del 10% all’anno con capitalizzazione annuale.

     Fatti all’origine della controversia

    2        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti, ai punti 2‑7 dell’ordinanza impugnata, nei termini che seguono:

    «2.      Il ricorrente è una delle parti nella controversia oggetto dell’ordinanza 17 maggio 2006, secondo il dispositivo della quale doveva sopportare “le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione”. Nell’ambito di tale controversia egli è stato rappresentato dall’avv. L. Garofalo.

    3.      Con lettera del 4 dicembre 2006, la Commissione comunicava all’avv. Garofalo l’importo delle spese da essa sopportate, pari a EUR 4 875 e lo informava altresì che nelle settimane successive sarebbe stata inviata al ricorrente una nota di addebito, chiedendogli conferma delle coordinate del ricorrente ai fini dell’invio di detta nota.

    4.      (…)

    5.      Il ricorrente dichiara di aver preso conoscenza in data 16 febbraio 2009 della lettera del 4 dicembre 2006. Orbene, dagli atti di causa risulta che ne aveva preso conoscenza molto tempo prima, dal momento che vi si riferiva nel suo reclamo dell’11 giugno 2007.

    6.      Il 23 febbraio 2009, ritenendo che l’invio della lettera del 4 dicembre 2006 causasse un danno nei suoi confronti e facesse sorgere la responsabilità extracontrattuale della Commissione, il ricorrente, ai sensi dell’art. 90, primo comma, dello Statuto, introduceva domanda di risarcimento del danno.

    7.      A fronte del silenzio della Commissione, il 14 settembre 2009, il ricorrente proponeva reclamo avverso il rigetto implicito della sua domanda formatosi ai sensi dell’art. 90, secondo comma, dello Statuto. La Commissione rigettava detto reclamo con decisione 1° dicembre 2009 argomentando, in sostanza, che il ricorrente era rappresentato dall’avv. Garofalo nella causa T‑241/03 e che, pertanto, si era necessariamente rivolta al medesimo per comunicare l’importo delle spese che il suo cliente doveva sostenere e il procedimento che aveva seguito per il suo recupero. Nella stessa decisione, la Commissione chiariva per quale ragione nel caso di specie non era soddisfatta alcuna delle condizioni richieste per far sorgere la sua responsabilità».

     Procedimento in primo grado e ordinanza impugnata

    3        Con atto introduttivo pervenuto nella cancelleria del Tribunale della funzione pubblica in data 31 marzo 2010, il ricorrente ha proposto un ricorso inteso ad ottenere, da un lato, l’annullamento della decisione di rigetto della sua domanda di risarcimento e, dall’altro, la condanna della Commissione europea a corrispondergli un risarcimento del danno.

    4        Dai punti 10‑13 dell’ordinanza impugnata risulta che, a sostegno delle domande di annullamento e di risarcimento del danno formulate nel suo ricorso in primo grado, il ricorrente deduceva tre motivi, attinenti alla violazione dell’obbligo di motivazione, alla violazione delle norme disciplinanti la responsabilità dell’amministrazione, nonché alla violazione dei doveri di sollecitudine e di buona amministrazione.

    5        Mediante l’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto il ricorso in quanto manifestamente infondato in diritto, a norma dell’articolo 76 del suo regolamento di procedura.

    6        Dopo aver richiamato la consolidata giurisprudenza secondo cui la domanda di annullamento diretta contro gli atti che esprimono, durante la fase precontenziosa, la posizione dell’istituzione in materia risarcitoria non può essere valutata in modo autonomo rispetto alla domanda di risarcimento, il Tribunale della funzione pubblica ha deciso che non vi era luogo a statuire in modo autonomo sulla domanda di annullamento formulata dal ricorrente.

    7        Il Tribunale della funzione pubblica ha dunque statuito in merito alla domanda di risarcimento.

    8        Il Tribunale della funzione pubblica ha ricordato la costante giurisprudenza secondo cui la responsabilità extracontrattuale dell’Unione a norma dell’articolo 340, secondo comma, TFUE è subordinata alla presenza di un complesso di tre condizioni cumulative, ossia l’illegittimità di un atto amministrativo o di un comportamento contestato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento dedotto ed il danno lamentato. Su tale base, detto giudice ha concluso che la mancanza di una delle tre condizioni suddette era sufficiente per respingere un ricorso per risarcimento danni.

    9        Il Tribunale della funzione pubblica ha poi constatato che, nel caso di specie, e relativamente alla prima condizione, nella causa sfociata nell’ordinanza del 17 maggio 2006 il ricorrente era rappresentato dall’avv. Garofalo, e che nessun elemento negli atti di causa consentiva di dimostrare che il ricorrente avesse revocato il mandato dell’avv. Garofalo in tale causa prima dell’invio della lettera del 4 dicembre 2006. Secondo il Tribunale della funzione pubblica, risultava, al contrario, da altre decisioni del Tribunale che l’avv. Garofalo aveva continuato a rappresentare il ricorrente dinanzi ai giudici dell’Unione dopo il 4 dicembre 2006 e sino al 1° dicembre 2008, motivo per cui tale difensore godeva della fiducia del ricorrente.

    10      Il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato che, mediante la lettera del 4 dicembre 2006, la Commissione si limitava a indicare l’importo che essa si apprestava a riscuotere dal ricorrente, a titolo delle spese che essa stessa avrebbe sostenuto, e a chiedere conferma dell’indirizzo di quest’ultimo ai fini dell’invio della nota di addebito. Secondo il Tribunale della funzione pubblica, anche supponendo che, nel procedere alla riscossione delle spese presso un ricorrente, l’istituzione fosse tenuta a rivolgersi unicamente a quest’ultimo, astenendosi da qualsivoglia contatto con il suo avvocato, l’invio della lettera del 4 dicembre 2006 all’avv. Garofalo avrebbe potuto costituire, alla luce del contenuto della stessa, tutt’al più una svista, priva di particolare gravità, e certamente non un comportamento tale da far sorgere la responsabilità della Commissione.

    11      Esaminando la censura relativa alla divulgazione all’avv. Garofalo dell’ammontare delle spese richiesto dalla Commissione, il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato che, se il ricorrente si fosse astenuto dal rimborsare le spese, l’istituzione avrebbe avuto il diritto di chiedere a detto Tribunale di pronunciare un’ordinanza di liquidazione delle spese, e che la domanda di liquidazione delle spese avrebbe dovuto essere notificata all’avvocato che aveva rappresentato il ricorrente nella causa da cui era derivata la sua condanna alle spese, avvocato che sarebbe stato in tal modo pienamente informato dell’importo delle spese richiesto.

    12      Esaminando la censura relativa alla domanda di conferma dell’indirizzo del ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica ha ricordato che, in passato, erano sorte incertezze in ordine all’indirizzo esatto del ricorrente, il quale aveva più volte affermato di non aver ricevuto o di aver ricevuto tardivamente la corrispondenza che la Commissione gli aveva inviato.

    13      Il Tribunale della funzione pubblica ha aggiunto che, nel caso di specie, non poteva ritenersi che il ricorrente fosse stato posto in una situazione di incertezza quanto allo svolgimento della procedura di pagamento delle spese e fosse stato costretto ad adoperarsi inutilmente al fine di modificare la situazione. In ogni caso, a suo giudizio, nel contenuto estremamente succinto della lettera del 4 dicembre 2006 non vi era alcun elemento che giustificasse le affermazioni del ricorrente riguardanti, in particolare, la violazione della sua riservatezza e del segreto professionale.

    14      Secondo il Tribunale della funzione pubblica, nessun comportamento illegittimo poteva essere addebitato alla Commissione in correlazione ai suoi obblighi di motivazione, da un lato, e al suo dovere di sollecitudine e di buona amministrazione, dall’altro, obblighi questi che sarebbero stati asseritamente violati nel caso di specie.

    15      Quanto alla presunta violazione dell’obbligo di motivazione, il Tribunale della funzione pubblica, dopo aver rilevato che la motivazione di un atto amministrativo può essere fornita al più tardi al momento del rigetto del reclamo dell’interessato, ha constatato che, nel caso di specie, la decisione della Commissione del 1° dicembre 2009 chiariva sufficientemente le ragioni per le quali la lettera del 4 dicembre 2006 era stata inviata all’avv. Garofalo e il motivo per cui tale invio non era idoneo a far sorgere la responsabilità della Commissione.

    16      Quanto all’asserita violazione dei doveri di sollecitudine e di buona amministrazione, il Tribunale della funzione pubblica, constatando che il ricorrente non aveva apportato alcun elemento a comprova di tale violazione, ne ha dedotto che la relativa censura non soddisfaceva i requisiti dettati dall’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del suo regolamento di procedura ed era pertanto irricevibile.

    17      Il Tribunale della funzione pubblica ha così constatato che la prima condizione richiesta per il ricorrere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione non era manifestamente soddisfatta nella specie, ed ha respinto la domanda di risarcimento del ricorrente affermando che non occorreva né dar seguito alla sua domanda di escussione di testimoni e di effettuazione di una perizia, né procedere all’esame delle altre due condizioni per la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

    18      Ad abundantiam, il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato che era altamente improbabile che l’asserito pregiudizio grave e multiplo, anche a volerlo ritenere reale e certo, potesse essere la conseguenza di una lettera come quella del 4 dicembre 2006. Detto giudice ha constatato che lo stesso ricorrente non faceva valere alcun argomento inteso a dimostrare il nesso di causalità tra l’illegittimità invocata e il danno dedotto. Orbene, in assenza di qualsivoglia chiarimento da parte del ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che non vedeva in che modo il danno morale, grave e multiplo, lamentato da costui potesse derivare dal semplice fatto che egli aveva preso conoscenza di una lettera indirizzata all’avvocato che l’aveva rappresentato in una certa causa, lettera in cui la Commissione, da una parte, menzionava l’importo delle spese che essa avrebbe sostenuto in tale causa e che intendeva recuperare presso il ricorrente e, dall’altra, chiedeva all’avvocato de quo di dare conferma dell’indirizzo del ricorrente ai fini dell’invio della nota di addebito.

    19      Avendo constatato che le condizioni previste dall’articolo 87, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura risultavano soddisfatte, il Tribunale della funzione pubblica ha deciso che il ricorrente doveva essere condannato alle spese.

    20      Il Tribunale della funzione pubblica ha poi rilevato che, giusta quanto previsto dall’articolo 94 del suo regolamento di procedura, esso giudice, se aveva dovuto sopportare spese che avrebbero potuto essere evitate, e in particolare se il ricorso era manifestamente ingiustificato, poteva condannare la parte che le aveva provocate a rimborsarle integralmente o in parte, senza che l’ammontare di tale rimborso potesse eccedere la somma di EUR 2 000.

    21      A questo proposito, il Tribunale della funzione pubblica ha ricordato che, nel caso di specie, il ricorso proposto era stato respinto in quanto manifestamente infondato in diritto. Esso ha precisato inoltre che, tra tutti i ricorsi che il ricorrente aveva presentato dinanzi ai giudici dell’Unione prima di quello attualmente sub iudice, quattro di essi erano stati bensì accolti, per difetto di motivazione o violazione dei diritti della difesa, ma numerosissimi altri erano stati già respinti, quantomeno in parte, perché manifestamente irricevibili o manifestamente infondati in diritto.

    22      Detto giudice ha rilevato, a titolo indicativo, come il Tribunale di primo grado e lo stesso Tribunale della funzione pubblica avessero già constatato che il ricorrente aveva optato senza alcuna giustificazione per la via contenziosa, e come fosse manifesto che la presente causa si collocava nel solco di tale comportamento.

    23      Il Tribunale della funzione pubblica ha dunque deciso, in considerazione del carattere manifestamente superfluo e defatigatorio del ricorso, di condannare il ricorrente a rifondere al Tribunale un importo di EUR 2 000, ai sensi dell’articolo 94 del regolamento di procedura di quest’ultimo.

     Sull’impugnazione

     Procedimento e conclusioni delle parti

    24      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 giugno 2011, il ricorrente ha proposto la presente impugnazione.

    25      Il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

    –        annullare l’ordinanza impugnata;

    –        in via principale, accogliere tutte le domande da lui presentate e respinte nell’ordinanza impugnata;

    –        condannare la Commissione a rimborsargli le spese sostenute dinanzi al Tribunale della funzione pubblica;

    –        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

    26      Nella sua comparsa di risposta pervenuta nella cancelleria del Tribunale il 23 agosto 2011, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

    –        respingere l’impugnazione in quanto irricevibile e/o infondata;

    –        condannare il ricorrente alle spese del giudizio.

    27      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2011, il ricorrente ha chiesto, a norma dell’articolo 143, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, di poter presentare una memoria di replica. Il presidente della Sezione delle impugnazioni ha respinto tale domanda.

     In diritto

    28      Ai sensi dell’articolo 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

    29      Nella specie, il Tribunale si reputa sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide di statuire a norma dell’articolo suddetto.

    30      A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente deduce due motivi.

    31      Il primo motivo di impugnazione è formulato nei seguenti termini: «Difetto assoluto di motivazione della ripulsa della “domanda risarcitoria” (sic a cavallo tra i [punti] 21 e (…) 22 dell’ordinanza impugnata), anche per carenza d’istruzione e snaturamento e sviamento dei fatti, errata erronea falsa ed irragionevole interpretazione ed applicazione: (…) delle norme di diritto inerenti l’insorgere della responsabilità aquiliana in capo alle istituzioni dell’Unione (…); (…) della nozione di obbligo di motivazione incombente su ogni istituzione dell’Unione (…); e (…) della nozione di comportamento illecito da parte di un’istituzione dell’Unione (…) (in particolare, [punti] dal (…) 22 al (…) 30 incluso dell’ordinanza impugnata)».

    32      Tale motivo è suddiviso in nove parti.

    33      Con la prima parte del motivo, il ricorrente fa valere che il fatto che egli, nella causa decisa dall’ordinanza del 17 maggio 2006, fosse stato rappresentato dall’avv. Garofalo e che non risulterebbe che egli abbia revocato tale mandato, è assolutamente inconferente ai fini della pretesa motivazione della legittimità del comportamento adottato dalla Commissione. A suo avviso, tale causa era già da tempo passata in giudicato, e dunque non era più in essere alla data in cui la nota del 4 dicembre 2006 era stata redatta, motivo per cui, a quest’ultima data, non era più in essere, anche per carenza di oggetto, il mandato conferito all’avv. Garofalo al fine di rappresentare esso ricorrente in quella causa. Il ricorrente aggiunge che il fatto che l’avv. Garofalo godesse della sua fiducia e lo rappresentasse in alcune cause differenti dalla causa conclusasi con l’ordinanza del 17 maggio 2006 non lo qualificava certo né quale suo domiciliatario, né quale suo mandatario in virtù di una sorta di procura generale.

    34      Con la seconda parte del primo motivo, il ricorrente censura il Tribunale della funzione pubblica per aver qualificato, nell’ordinanza impugnata, come «svista» l’invio della nota del 4 dicembre 2006 all’avv. Garofalo, dal momento che la Commissione aveva chiaramente inteso agire nel modo in cui l’ha fatto e d’altronde non aveva mai sostenuto di aver inviato le informazioni contenute nella nota suddetta all’avv. Garofalo per errore. Il ricorrente aggiunge che il fatto che un determinato comportamento sia colposo, o di lieve entità, ovvero la natura di «svista» del medesimo, non esime «l’istituzione dell’Unione europea che lo pone in essere dall’obbligo di risarcire il danno da questo causato».

    35      Con la terza parte del motivo, il ricorrente si duole che il Tribunale della funzione pubblica abbia statuito che un’eventuale domanda presentata dalla Commissione per la liquidazione delle spese della causa sfociata nell’ordinanza del 17 maggio 2006 avrebbe dovuto essere notificata all’avv. Garofalo, facendo valere l’erroneità in diritto di tale statuizione. A suo avviso, la motivazione addotta dal giudice di primo grado a sostegno della suddetta affermazione è chiaramente irragionevole, in quanto integra un’errata, falsa ed irragionevole interpretazione della nozione di analogia e del contenuto dell’ordinanza pronunciata il 6 luglio 2010 nella causa T‑401/09, Marcuccio/Corte di giustizia, citata in questa parte della motivazione dell’ordinanza impugnata, dal momento che tale ordinanza non concerne in alcun modo una domanda di liquidazione delle spese.

    36      Con la quarta parte del primo motivo, il ricorrente fa valere che, anche ammettendo che, in caso di presentazione da parte della Commissione di una domanda di liquidazione delle spese relative alla causa conclusasi con l’ordinanza del 17 maggio 2006, l’avv. Garofalo sarebbe stato legittimamente informato di quanto preteso da detta istituzione a titolo di rifusione delle spese, nulla lascia supporre che, se la Commissione non avesse agito come essa ha fatto, una tale domanda avrebbe avuto ragion d’essere e sarebbe venuta in essere, e che quindi l’avv. Garofalo sarebbe venuto a conoscenza delle pretese della Commissione.

    37      Con la quinta parte del motivo, il ricorrente sostiene che non spettava all’avv. Garofalo dissipare le incertezze riguardo al suo indirizzo di cui si fa menzione al punto 25 dell’ordinanza impugnata, anche a voler ammettere che esse esistessero – circostanza questa contestata dal ricorrente –, che «fossero alla base» dell’invio all’avv. Garofalo della nota del 4 dicembre 2006 e che fossero fondate, là dove tali tre elementi di fatto non corrispondono, secondo il ricorrente, a verità.

    38      Con la sesta parte del motivo, il ricorrente deduce il carattere assolutamente «apodittico» di una serie di asserzioni formulate dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata, e precisamente, da un lato, quella secondo cui, «[i]n ogni caso, nel contenuto, estremamente succinto, della lettera del 4 dicembre 2006, non ricorre alcun elemento che giustifichi le affermazioni del ricorrente riprese al precedente punto 12 [della presente ordinanza]», e, dall’altro, quelle secondo cui, «[q]uanto all’asserita violazione degli obblighi di sollecitudine e di buona amministrazione, è giocoforza rilevare che il ricorrente non apporta alcun elemento a comprova di tale violazione» e «[n]e consegue che detta censura non soddisfa i requisiti dettati dall’art. 35, n. 1, lett. e), del regolamento di procedura e che essa è, pertanto, irricevibile».

    39      Con la settima parte del motivo, il ricorrente sostiene che è tutt’al più ammissibile l’integrazione, successiva all’emanazione dell’atto medesimo, della motivazione di un atto che, in nuce, sia già contestuale al venire in essere del medesimo, ma non già, come nel caso di specie, la motivazione postuma di un atto totalmente immotivato nel momento in cui fu adottato. A suo avviso, se così fosse, quod absurdum est, la Commissione potrebbe legittimamente emettere atti totalmente immotivati e successivamente rabberciarne una motivazione, la quale sarebbe chiaramente ad hoc ed in funzione delle circostanze medio tempore intervenute.

    40      Con l’ottava parte del motivo, il ricorrente si duole che il Tribunale della funzione pubblica abbia statuito che il danno morale da lui lamentato dinanzi a tale giudice era privo di un nesso di causalità con la circostanza che egli avesse preso conoscenza della lettera del 4 dicembre 2006 indirizzata all’avvocato che lo aveva rappresentato nella causa sfociata nell’ordinanza del 17 maggio 2006, mentre sarebbe evidente, ad avviso del ricorrente, che il suddetto avvocato nulla doveva sapere delle pretese della Commissione a proposito della rifusione delle spese legali da questa pretesamente incorse nella causa di cui sopra e che detto avvocato nulla poteva dire alla Commissione a proposito di dati sensibili che riguardavano esso ricorrente, quali il suo indirizzo, evidentemente conosciuti dal predetto difensore nell’esercizio delle sue funzioni e sotto il vincolo del segreto professionale.

    41      Con la nona parte del primo motivo di impugnazione, il ricorrente espone che il giudice di primo grado sembra voler rimarcare il preteso fatto che il ricorrente non avrebbe soddisfatto l’onere a lui incombente di provare la sussistenza delle tre condizioni da cui dipende l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Orbene, trasparirebbe in modo cristallino dagli atti di causa che così non è. Inoltre, si dovrebbe tener conto del fatto che il ricorrente sarebbe stato privato del suo diritto di provare l’esistenza delle tre condizioni suddette, anche a mezzo di testimoni, essendo state le domande di misure istruttorie da lui formate – in particolare quelle volte all’escussione di testimoni – irragionevolmente ed immotivatamente respinte. Ed anzi, più in generale, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe misconosciuto il proprio obbligo di istruire congruamente la causa conclusasi con l’ordinanza impugnata.

    42      Il secondo motivo di impugnazione, relativo all’illegittimità delle conclusioni del giudice di primo grado in merito alle spese, è suddiviso in due parti.

    43      Con la prima parte del motivo, il ricorrente sostiene che la sua condanna a sopportare le spese sostenute dalla Commissione nel giudizio di primo grado deve essere cassata, perché strettamente consequenziale all’illegittima reiezione, per le ragioni esposte a sostegno del primo motivo di impugnazione, del ricorso da lui presentato.

    44      Con la seconda parte del motivo, il ricorrente fa valere che la sua condanna a versare al Tribunale della funzione pubblica la somma di EUR 2 000 è manifestamente irragionevole, immotivata e illegittima.

    45      Il ricorrente sostiene, in primo luogo, che, ai sensi dell’articolo 94 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, la condanna in questione avrebbe dovuto essere corredata di una puntuale dimostrazione dell’ammontare di quelle spese in cui detto giudice sarebbe incorso nell’ambito della causa decisa dall’ordinanza impugnata. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica non può comminare ammende, ma solo esigere il rimborso di spese, e ciò solo in presenza di determinate condizioni che nel caso di specie non sussisterebbero. Comunque, anche se così fosse, l’imposizione di un rimborso di spese presupporrebbe che sia dimostrato a sufficienza di diritto che tale rimborso non eccede l’ammontare delle spese sopportate. Ebbene, nel caso di specie, mancherebbe tale dimostrazione.

    46      Il ricorrente espone, in secondo luogo, che il giudice di primo grado cita tutta una serie di circostanze aliene alla causa, e concernenti, in particolare, altre cause che il ricorrente ha intentato innanzi ai giudici dell’Unione. Orbene, sarebbe evidente che la condanna di una parte in lite a rifondere al Tribunale della funzione pubblica, ex articolo 94 del regolamento di procedura di quest’ultimo, spese in cui tale giudice sarebbe incorso nell’istruire e decidere una causa intentata dalla parte medesima, non può che fondarsi su fatti strettamente inerenti la causa in questione, e certamente non su pretesi comportamenti della parte medesima in altre cause.

     Sul primo motivo di impugnazione

    47      Occorre esaminare in primo luogo l’ottava parte di tale motivo, che presenta carattere preliminare.

    –       Sull’ottava parte del primo motivo

    48      L’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che siano soddisfatte una serie di condizioni cumulative riguardanti l’illegittimità del comportamento addebitato all’istituzione convenuta, l’effettiva esistenza del danno asserito e la sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento censurato e il danno fatto valere (v. ordinanza del Tribunale del 28 settembre 2009, Marcuccio/Commissione, T‑46/08 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑77 e II‑B‑1‑479, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata; v. sentenza del Tribunale del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

    49      Il fatto che una decisione di un’istituzione sia viziata da illegittimità non è una condizione sufficiente per far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, giacché la nascita di tale responsabilità presuppone che il ricorrente sia pervenuto a dimostrare l’effettiva esistenza del danno lamentato (ordinanza Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 48, punto 67) e il nesso di causalità tra tale danno e l’asserita illegittimità.

    50      Al punto 30 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha statuito in sostanza, ad abundantiam, che, in assenza di qualsiasi spiegazione da parte del ricorrente, mancava la prova che il pregiudizio morale, grave e multiplo, lamentato da quest’ultimo – anche a volerlo ritenere reale e certo – potesse trovare la propria origine nel semplice fatto che egli era venuto a conoscenza di una lettera della Commissione indirizzata all’avvocato che lo aveva rappresentato in una certa causa, lettera nella quale la suddetta istituzione, da un lato, menzionava l’importo delle spese che essa avrebbe sostenuto in tale causa e che intendeva recuperare presso il ricorrente e, dall’altro, chiedeva a tale avvocato di confermare l’indirizzo del ricorrente ai fini dell’invio della nota di addebito.

    51      A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente sostiene che l’avv. Garofalo nulla doveva sapere delle pretese della Commissione riguardanti il rimborso delle spese nella causa conclusasi con l’ordinanza del 17 maggio 2006, e che il medesimo avvocato nulla doveva dire a detta istituzione in merito ai dati sensibili riguardanti esso ricorrente, che erano coperti da segreto professionale.

    52      Tuttavia, la presente parte del motivo è inoperante. Infatti, il divieto per l’avv. Garofalo di prendere conoscenza delle pretese della Commissione riguardanti le spese della causa conclusasi con l’ordinanza del 17 maggio 2006, menzionate nella lettera del 4 dicembre 2006, e il segreto professionale cui detto avvocato rimaneva tenuto nell’ambito di tale causa, il quale avrebbe ostato a che questi comunicasse le informazioni richieste dalla Commissione nella medesima lettera, non erano sufficienti per dimostrare che tale lettera – della quale il giudice di primo grado ha definitivamente constatato, al punto 30 dell’ordinanza impugnata, il contenuto in linea di massima innocuo per il ricorrente – potesse essere all’origine del danno morale, grave e multiplo, asserito da quest’ultimo.

    53      Orbene, risulta dalla giurisprudenza citata supra al punto 49 che l’eventuale violazione, da parte della Commissione, del diritto alla riservatezza non poteva essere sufficiente per far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità in mancanza della prova di un nesso di causalità tra la suddetta violazione e il danno asserito dal ricorrente. Spettava dunque al ricorrente provare in che modo l’invio di una lettera – la quale si limitava a menzionare l’importo delle spese che la Commissione riteneva di aver sostenuto nella causa conclusasi con l’ordinanza del 17 maggio 2006, a precisare che una nota di addebito sarebbe stata trasmessa al ricorrente nelle settimane successive e a chiedere al suo avvocato conferma delle coordinate del ricorrente medesimo per l’invio di tale nota, al consulente cui egli stesso aveva conferito l’incarico di rappresentarlo nella causa suddetta, il quale era assoggettato, a tale titolo, a un obbligo di riservatezza – potesse essere stato all’origine del danno morale, grave e multiplo, lamentato da esso ricorrente (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale del 6 luglio 2010, Marcuccio/Commissione, T‑401/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 26).

    54      Pertanto, il Tribunale non è incorso nelle mancanze imputategli con l’impugnazione, là dove ha statuito, ad abundantiam, al punto 30 dell’ordinanza impugnata, che il presupposto per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità attinente all’esistenza di un nesso di causalità tra l’illegittimità asserita e il danno lamentato non era soddisfatto nel caso di specie.

    55      Vero è che, con la nona parte del primo motivo, il ricorrente addebita, in sostanza, al Tribunale della funzione pubblica di aver evocato il fatto che egli non avrebbe provato l’esistenza delle tre condizioni da cui dipende il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità, malgrado che le domande di misure istruttorie da lui presentate fossero state respinte in modo irragionevole e immotivato.

    56      Occorre tuttavia ricordare come dall’articolo 11 dell’allegato I dello Statuto della Corte e dall’articolo 138, paragrafo 1, primo comma, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale risulti che l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti giuridici specificamente dedotti a sostegno di tale domanda, a pena di irricevibilità dell’impugnazione o del motivo di gravame di cui trattasi (v., per analogia, sentenze della Corte del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, Racc. pag. I‑5291, punto 34; dell’8 gennaio 2002, Francia/Monsanto e Commissione, C‑248/99 P, Racc. pag. I‑1, punto 68, e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P, e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 426; sentenza del Tribunale del 19 marzo 2010, Bianchi/ETF, T‑338/07 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 59).

    57      Nel caso di specie, il ricorrente si limita a rilevare che il Tribunale della funzione pubblica «sembra voler rimarcare il preteso fatto che (…) il ricorrente non avrebbe soddisfatto il suo onere [della prova]», senza indicare con precisione le motivazioni dell’ordinanza impugnata che vengono censurate con questa parte del motivo di impugnazione. Inoltre, il ricorrente si limita ad affermare che «non solo così non è» e che «ciò traspare in modo cristallino dagli atti della causa per cui è appello», senza sviluppare, a sostegno di tale censura, alcuna argomentazione giuridica volta dimostrare che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe commesso un errore di diritto pronunciandosi in tal senso.

    58      La medesima imprecisione affligge la presente parte del motivo di gravame là dove il ricorrente deplora il fatto di essere stato privato del suo diritto di provare l’esistenza delle tre condizioni menzionate supra al punto 48, dal momento che il sig. Marcuccio si limita ad affermare che «il Tribunale della funzione pubblica ha misconosciuto il suo obbligo di istruire congruamente la causa [conclusasi con l’ordinanza impugnata]», senza sviluppare alcuna argomentazione giuridica a sostegno di tale censura.

    59      Per quanto riguarda la censura attinente al fatto che le domande istruttorie sarebbero state respinte dal Tribunale della funzione pubblica in modo irragionevole e immotivato, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, se certo spetta al Tribunale della funzione pubblica, a norma dell’articolo 58, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, decidere in merito all’utilità di mezzi istruttori ai fini della soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente, incombe però al Tribunale verificare se il Tribunale della funzione pubblica sia incorso in un errore di diritto rifiutando di ordinare mezzi istruttori richiesti dal ricorrente (v., in tal senso, e per analogia, sentenza della Corte del 14 ottobre 2004, Antas de Campos/Parlamento, C‑279/02 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 32; ordinanza della Corte del 4 ottobre 2007, Olsen/Commissione, C‑320/05 P, non pubblicata nella Raccolta, punti 63 e 64, e sentenza della Corte del 9 giugno 2011, Diputacion Foral de Vizcaya e a./Commissione, da C‑465/09 P a C‑470/09 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 108).

    60      Nel caso di specie, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto la domanda di risarcimento del ricorrente «senza che occorra (…) dar seguito alla sua domanda di escussione di testimoni e di [effettuazione di una perizia]».

    61      Quanto al rifiuto del Tribunale della funzione pubblica di sentire i testimoni proposti dal ricorrente, occorre osservare che il regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica conferisce a quest’ultimo un potere discrezionale quanto alla decisione di sentire o meno dei testimoni. Infatti, ai sensi dell’articolo 59 di detto regolamento, il Tribunale della funzione pubblica ordina, d’ufficio o su richiesta di una delle parti, l’accertamento di determinati fatti per mezzo di testimoni. Qualora una richiesta di audizione di testimoni, formulata nel ricorso introduttivo, indichi con precisione i fatti sui quali occorre escutere il testimone o i testimoni nonché le ragioni che possono giustificare la loro audizione, spetta al Tribunale della funzione pubblica valutare la pertinenza di tale richiesta in rapporto all’oggetto della controversia e alla necessità di procedere all’audizione dei testimoni citati (v., in tal senso, e per analogia, sentenza Antas de Campos/Parlamento, cit. supra al punto 59, punto 35). Dunque, risulta dal punto 29 dell’ordinanza impugnata che il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto che la testimonianza delle persone indicate nel ricorso introduttivo non fosse necessaria per pronunciarsi sull’esistenza della «prima condizione richiesta perché ricorra la responsabilità extracontrattuale dell’Unione». Infatti, risulta dalla richiesta di audizione di testimoni, come formulata al punto 28 del ricorso introduttivo del giudizio, che tale richiesta era giustificata dalla volontà del ricorrente di fornire al Tribunale della funzione pubblica elementi essenziali per stabilire l’entità e l’ammontare del danno in questione. Date tali circostanze, il Tribunale della funzione pubblica – il quale aveva ricordato, da un lato, che il fatto che facesse difetto una delle tre condizioni era sufficiente per respingere un ricorso per risarcimento danni e, dall’altro, che «la prima condizione richiesta perché ricorra la responsabilità extracontrattuale dell’Unione non [era] manifestamente soddisfatta nella specie» – non era tenuto a dare corso ad una misura supplementare di assunzione di prove finalizzata a dimostrare l’esistenza di una delle altre due condizioni.

    62      Per quanto riguarda il rifiuto del Tribunale della funzione pubblica di ricorrere ad una perizia, occorre osservare che il regolamento di procedura di quest’ultimo conferisce a tale giudice un potere discrezionale anche riguardo alla decisione se ordinare o meno una misura siffatta. Infatti, ai sensi dell’articolo 62 del citato regolamento, il Tribunale della funzione pubblica può disporre perizie, d’ufficio o su richiesta di una delle parti. Qualora una richiesta di effettuazione di una perizia, formulata nel ricorso introduttivo, indichi con precisione le ragioni idonee a giustificare una misura siffatta, spetta al Tribunale della funzione pubblica valutare la pertinenza di tale richiesta in rapporto all’oggetto della controversia e alla necessità di dare corso alla misura stessa. Nel caso di specie, risulta dal punto 28 del ricorso introduttivo della causa conclusasi con l’ordinanza impugnata che il ricorrente ha chiesto al Tribunale della funzione pubblica di disporre l’effettuazione di una perizia «al fine di accertare la sussistenza delle condizioni per la condanna della Commissione a versare al ricorrente la somma [richiesta], nonché, più in generale, qualsiasi fatto rilevante ai fini dell’emananda sentenza nella causa de qua».

    63      Occorre osservare che, formulando la richiesta di effettuazione di una perizia in termini così generici, il ricorrente non ha consentito al Tribunale della funzione pubblica di valutare la pertinenza di tale richiesta in rapporto all’oggetto della controversia e alla necessità di procedere a tale misura. Date tali circostanze, il Tribunale della funzione pubblica non era tenuto a procedere ad una misura supplementare di assunzione di prove se riteneva che tale misura non fosse necessaria.

    64      Da quanto precede risulta che la nona parte del primo motivo deve essere dichiarata manifestamente irricevibile.

    65      Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza citata supra ai punti 48 e 49, la motivazione dell’ordinanza impugnata ricordata prima al punto 54 è sufficiente per giustificare i punti 1 e 2 del dispositivo dell’ordinanza stessa, mediante i quali il Tribunale della funzione pubblica ha respinto, da un lato, la domanda del ricorrente di annullamento della decisione della Commissione recante rigetto della sua domanda di risarcimento del danno morale risultante, a suo dire, dall’invio all’avv. Garofalo della lettera del 4 dicembre 2006 e, dall’altro, la domanda del ricorrente di risarcimento di tale danno, in quanto entrambe manifestamente infondate in diritto, e lo ha condannato a sopportare la totalità delle spese.

    66      Orbene, risulta dalla giurisprudenza che, qualora una delle motivazioni adottate dal Tribunale della funzione pubblica sia sufficiente per giustificare il dispositivo della sua sentenza, gli eventuali vizi che potrebbero inficiare un’altra parte della motivazione, del pari esposta nella sentenza in questione, sono comunque privi di incidenza su detto dispositivo, cosicché il motivo di gravame con il quale vengono dedotti tali vizi è inoperante e dev’essere respinto (v., per analogia, sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C‑496/99 P, Racc. pag. I‑3801, punto 68 e la giurisprudenza ivi citata).

    67      Occorre dunque respingere perché inoperanti le altre parti del primo motivo di impugnazione rivolte contro l’ordinanza impugnata, là dove il Tribunale della funzione pubblica ha statuito, in via principale, che il presupposto per l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità attinente all’esistenza di un comportamento illegittimo della Commissione non era soddisfatto.

    68      Pertanto, poiché il primo motivo, considerato nelle nove parti che lo compongono, deve essere integralmente respinto, occorre altresì respingere l’impugnazione nella parte in cui è diretta contro il punto 1 del dispositivo dell’ordinanza impugnata.

     Sul secondo motivo di impugnazione

    69      Risulta dall’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato I dello Statuto della Corte, che un’impugnazione non può avere ad oggetto unicamente l’onere e l’importo delle spese. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui tutti gli altri motivi di impugnazione siano stati respinti, le conclusioni riguardanti l’asserita irregolarità della decisione del Tribunale della funzione pubblica sulle spese devono essere dichiarate irricevibili (ordinanza del Tribunale del 20 giugno 2011, Marcuccio/Commissione, T‑256/10 P, punto 77).

    70      Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto perché manifestamente irricevibile.

    71      Risulta da quanto precede che la presente impugnazione deve essere respinta perché in parte manifestamente irricevibile ed in parte manifestamente infondata.

     Sulle spese

    72      Conformemente all’articolo 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

    73      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, primo comma, del citato regolamento, che si applica al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 144 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    74      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente grado di giudizio.

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

    così provvede:

    1)      L’impugnazione è respinta.

    2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente grado di giudizio.

    Lussemburgo, 15 novembre 2012

    Il cancelliere

     

          Il presidente

    E. Coulon

     

          M. Jaeger


    * Lingua processuale: l’italiano.

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