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Doiciméad 61999TJ0118
Judgment of the Court of First Instance (First Chamber) of 7 February 2001. # Beatrice Bonaiti Brighina v Commission of the European Communities. # Officials - Competitions - Rules on the use of languages - Admissibility - Non-admission to the oral test - Access to documents. # Case T-118/99.
Sentencia del Tribunal de Primera Instancia (Sala Primera) de 7 de febrero de 2001.
Beatrice Bonaiti Brighina contra Comisión de las Comunidades Europeas.
Funcionarios - Concurso - Régimen lingüístico - Admisibilidad - Exclusión de las pruebas orales - Acceso a los documentos.
Asunto T-118/99.
Sentencia del Tribunal de Primera Instancia (Sala Primera) de 7 de febrero de 2001.
Beatrice Bonaiti Brighina contra Comisión de las Comunidades Europeas.
Funcionarios - Concurso - Régimen lingüístico - Admisibilidad - Exclusión de las pruebas orales - Acceso a los documentos.
Asunto T-118/99.
Recopilación de Jurisprudencia – Función Pública 2001 I-A-00025; II-00097
Aitheantóir ECLI: ECLI:EU:T:2001:44
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)
7 febbraio 2001 ( *1 )
«Dipendenti — Concorso — Regime linguistico — Ricevibilità — Mancata ammissione alle prove orali — Accesso ai documenti»
Nella causa T-118/99,
Beatrice Bonaiti Brighina, dipendente della Commissione assegnata al Centro comune di ricerca di Ispra, con gli avv.ti M. Rizzoglio e F. Colussi, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Valsesia, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
avente ad oggetto principale la domanda di annullamento della decisione della commissione giudicatrice del concorso COM/B/18/96 di non ammettere la ricorrente alle prove orali del detto concorso e, se del caso, della graduatoria conseguente alla valutazione delle prove scritte e della graduatoria finale dei vincitori, nonché della conseguente nomina degli stessi,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),
composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, M. Vilaras e N.J. Forwood, giudici,
cancelliere: J. Palacio González, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 18 ottobre 2000,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti e procedimento
1 |
Alla fine del mese di ottobre 1996 la Commissione pubblicava il bando di concorso interno COM/B/18/96 per il passaggio di dipendenti dalla categoria C alla categoria B. Tale bando, al punto VI, lett. C), così dispone: «Sono ammessi a partecipare alla prova orale i candidati che hanno ottenuto i 120 migliori punteggi per la prova scritta, a condizione che abbiano raggiunto il punteggio minimo richiesto per tale prova». Al punto VI, lett. A), il punteggio minimo richiesto è fissato a 25 su 50. |
2 |
La ricorrente, dipendente della Commissione in servizio presso il Centro comune di ricerca di Ispra, essendo in possesso dei requisiti generali previsti per l'iscrizione al detto concorso veniva ammessa al medesimo e partecipava alla prova scritta. A seguito della correzione di tale prova, con lettera 17 aprile 1998 la ricorrente riceveva comunicazione del risultato ottenuto, ossia 26/50, nonché del fatto che non era stata ammessa alla prova orale. |
3 |
In data 14 luglio 1998 la ricorrente introduceva un reclamo in lingua italiana ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») avverso la decisione della commissione giudicatrice di non ammetterla alla prova orale. Il reclamo veniva respinto con lettera 5 gennaio 1999, redatta in lingua francese, di cui la ricorrente accusava ricevuta il 18 gennaio 1999. |
4 |
La ricorrente richiedeva una traduzione italiana della detta lettera, che le veniva inviata per posta interna con lettera 1o febbraio 1999. La ricorrente dichiara di aver ricevuto tale comunicazione l'8 febbraio 1999. |
5 |
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 maggio 1999, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. |
6 |
Con atto separato, depositato nella cancelleria il 17 giugno 1999, la Commissione ha sollevato un'eccezione di irricevibilità ai sensi dell'art. 114 del regolamento di procedura. Tale eccezione è stata riunita al merito con ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione) 18 ottobre 1999. |
7 |
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento. Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale sono state ascoltate all'udienza del 18 ottobre 2000. |
Conclusioni delle parti
8 |
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
|
9 |
La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
|
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
10 |
La Commissione solleva un'eccezione di irricevibilità relativa al mancato rispetto del termine di tre mesi previsto per i ricorsi dall'art. 91, n. 3, dello Statuto. Senza precisare la data in cui la traduzione italiana della decisione di rigetto del reclamo è giunta alla ricorrente, essa sostiene che quest'ultima, che ha una buona conoscenza della lingua francese, attestata, in particolare, dal suo ultimo rapporto informativo, era perfettamente in grado di prendere conoscenza della detta decisione sin dal 18 gennaio 1999. Secondo la Commissione, date le circostanze, la ricorrente non potrebbe sostenere che solo la consegna della traduzione italiana della decisione di rigetto del suo reclamo fosse idonea a far decorrere i termini di ricorso. Conseguentemente, a suo avviso, il presente ricorso, proposto il 17 maggio 1999, sarebbe stato depositato fuori termine e, quindi, dovrebbe essere considerato irricevibile. |
11 |
Nelle sue osservazioni sull'eccezione di irricevibilità, la ricorrente sostiene, in via principale, che il termine di ricorso è cominciato a decorrere solo dall'8 febbraio 1999, data in cui ha ricevuto la traduzione italiana della decisione di rigetto del suo reclamo. |
Giudizio del Tribunale
12 |
Occorre ricordare, in primo luogo, che l'art. 2 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), dispone che «[i] testi, diretti alle istituzioni da uno Stato membro o da una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti, a scelta del mittente, in una delle lingue ufficiali. La risposta è redatta nella medesima lingua». |
13 |
Questa disposizione non si applica nel caso di specie, dal momento che i dipendenti e gli altri agenti delle Comunità, nonché i candidati ai concorsi, quando propongono una domanda, un reclamo o un ricorso ai sensi degli artt. 90 e 91 dello Statuto, sono soggetti unicamente alla giurisdizione comunitaria. Inoltre, l'art. 6 del regolamento n. 1 permette espressamente alle istituzioni di stabilire le modalità di applicazione del regime linguistico nei propri regolamenti interni. |
14 |
Tuttavia, poiché lo Statuto non ha fissato regole esplicite in merito alla lingua nella quale l'istituzione deve notificare la risposta ad un reclamo, nei casi in cui l'istituzione abbia risposto al reclamo introdotto da un dipendente in una lingua diversa da quella utilizzata da quest'ultimo e che non sia neppure la lingua madre dell'interessato, spetta al giudice comunitario stabilire la data da cui inizia a decorrere il termine di ricorso di cui all'art. 91, n. 3. |
15 |
A tale proposito va osservato che tutti i dipendenti hanno una conoscenza soddisfacente almeno di una lingua ufficiale delle Comunità oltre alla lingua madre, e tale conoscenza è una delle condizioni per l'assunzione ai sensi dell'art. 28, lett. f), dello Statuto. Equivarrebbe a non tener conto di questa realtà ritenere che l'istituzione debba necessariamente rispondere a un reclamo nella lingua madre dell'interessato o, se del caso, nella lingua in cui quest'ultimo ha scelto di presentare il proprio reclamo, scelta che implica che egli accetti l'utilizzo di tale lingua da parte dell'istituzione nelle sue risposte. |
16 |
Va inoltre ricordato che la notifica di una decisione deve consentire all'interessato di venire utilmente a conoscenza della decisione stessa e dei motivi in base ai quali l'amministrazione intende giustificarla (v. sentenza della Corte 15 giugno 1976, causa 5/76, Jänsch/Commissione, Racc. pag. 1027, punto 10, e sentenza del Tribunale 9 giugno 1994, causa T-94/92, X/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-149, II-481, punto 24). |
17 |
Si deve pertanto considerare regolare la notifica di una decisione, con la quale si respinge un reclamo, in una lingua diversa sia dalla lingua madre del dipendente sia da quella in cui è stato redatto il reclamo, purché l'interessato possa venirne utilmente a conoscenza. |
18 |
Se, al contrario, il destinatario della decisione ritiene di non essere in grado di comprenderla, deve chiedere all'istituzione, con la diligenza del caso, di fornirgli una traduzione nella lingua del reclamo ovvero nella sua lingua madre. |
19 |
Nel caso in cui una simile domanda venga formulata senza ritardi, il termine per il ricorso inizia a decorrere solo dalla data in cui la traduzione è notificata al dipendente interessato, a meno che l'istituzione non possa provare, senza che sussistano dubbi al riguardo, che quest'ultimo avrebbe potuto venire utilmente a conoscenza tanto del dispositivo quanto della motivazione della decisione con cui è stato respinto il reclamo nella lingua della notifica iniziale (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 23 marzo 2000, causa T-197/98, Rudolph/Commissione, Racc. PI pag. II-241, punti 43-45). Va ricordato al riguardo che, secondo una costante giurisprudenza, spetta alla parte che fa valere il carattere tardivo del ricorso, considerati i termini prescritti dall'art. 91 dello Statuto, fornire la prova della data in cui la decisione di rigetto del reclamo è stata notificata (v., per esempio, sentenze del Tribunale 9 novembre 1999, causa T-102/98, Papadeas/Comitato delle regioni, Race. PI pagg. I-A-211, II-1091, punto 31, e Rudolph/Commissione, citata, punto 43). |
20 |
Nel caso di specie, va rilevato che la ricorrente ha chiesto in tempi brevi una traduzione italiana della decisione di rigetto notificatale in francese il 18 gennaio 1999 - e la Commissione pare non aver sollevato obiezioni in merito - poiché detta traduzione le è stata inviata in forma di lettera recante data 1o febbraio 1999. Spetta pertanto alla Commissione dimostrare che la ricorrente era in grado di venire utilmente a conoscenza della versione francese della decisione di rigetto, ma tale prova non è stata apportata. Infatti, dalla semplice circostanza che la ricorrente, dipendente di grado C, ha dichiarato nel suo ultimo rapporto informativo di possedere un livello «avanzato» di comprensione del francese scritto non si può dedurre che fosse in grado di comprendere utilmente la versione francese di una decisione di rigetto del suo reclamo lunga nove pagine, contenente un ragionamento giuridico dettagliato e numerosi riferimenti alla giurisprudenza. |
21 |
Si deve pertanto considerare che il termine per il ricorso, nel caso di specie, è iniziato a decorrere dalla data in cui la ricorrente ha ricevuto la traduzione italiana della decisione con la quale veniva respinto il suo reclamo. La ricorrente sostiene che questa versione della decisione le è stata notificata soltanto l'8 febbraio 1999. La Commissione asserisce che la traduzione è stata spedita per posta interna a Ispra, luogo in cui la ricorrente lavora, il 1o febbraio 1999, ma non deduce alcun elemento che possa dimostrare in quale giorno il documento è giunto a destinazione. |
22 |
Di conseguenza, e tenuto conto del fatto che, come già affermato, spetta alla parte che fa valere il carattere tardivo di un ricorso dimostrare in quale data la decisione di rigetto del reclamo è stata regolarmente notificata, si deve considerare che il termine di tre mesi di cui all'art. 91, n. 3, dello Statuto, è iniziato a decorrere l'8 febbraio 1999. Pertanto il ricorso in oggetto, presentato il 17 maggio 1999, è stato introdotto entro il termine di tre mesi, prolungato di 10 giorni in ragione della distanza previsti per le parti che risiedono abitualmente in Italia, ai sensi dell'art. 102, n. 2, del regolamento di procedura. |
23 |
Da quanto precede deriva che il ricorso è ricevibile. |
Nel merito
24 |
A sostegno del suo ricorso la ricorrente fa valere cinque motivi, relativi, rispettivamente, a una violazione dell'art. 28, lett. d), dello Statuto e dell'art. 5, secondo e quinto comma, dell'allegato III allo Statuto, a una violazione del punto VI, lett. A), ultimo comma, del bando di concorso, a un errore manifesto di valutazione, a un vizio di motivazione e a un eccesso di potere. |
Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell'art. 28, lett. d), dello Statuto e dell'art. 5, secondo e quinto comma, dell'allegato III allo Statuto
Argomenti delle parti
25 |
La ricorrente sostiene che la convenuta ha violato l'art. 5, secondo comma, dell'allegato III allo Statuto, applicabile in forza dell'art. 28, lett. d), dello Statuto, prevedendo al punto VI, lett. C), del bando di concorso l'ammissione alla prova orale dei soli candidati che avessero ottenuto i 120 migliori punteggi. Secondo la ricorrente, dalla differenza tra la lettera del secondo comma e quella del quarto comma dell'art. 5 dell'allegato III allo Statuto deriva che, in caso di concorso per esami, tutti i candidati in possesso dei requisiti stabiliti dal bando di concorso debbono essere ammessi a tutte le prove, compresa la prova orale. La possibilità di una limitazione numerica pari al doppio dei posti da assegnare, prevista dall'art. 5, quinto comma, dell'allegato III allo Statuto, sarebbe giustificata nella fase della redazione dell'elenco degli idonei, mentre non potrebbe essere applicata, secondo la ricorrente, nella fase dell'ammissione alla prova orale. |
26 |
Inoltre, il bando di concorso violerebbe anche l'art. 5, quinto comma, dell'allegato III allo Statuto, in quanto prevede, al punto VIII, la redazione di un elenco degli idonei «comprendente al massimo i 60 migliori candidati», ovvero il numero di posti da assegnare. Questo punto del bando non terrebbe affatto in conto eventuali rinunce di candidati dopo la redazione del detto elenco. |
27 |
Secondo la Commissione, l'art. 5 dell'allegato III allo Statuto non consentirebbe di giungere alla conclusione della ricorrente secondo la quale in un concorso per esami i candidati in possesso dei requisiti generali di ammissione avrebbero il diritto di partecipare a tutte le prove. Del resto, non vi sarebbe violazione dell'art. 5 dell'allegato III dello Statuto per il fatto che solo 60 candidati potevano essere inseriti nell'elenco degli idonei. |
Giudizio del Tribunale
28 |
In primo luogo, occorre considerare che l'unica differenza tra il regime dei concorsi per esami, di cui all'art. 5, secondo comma, dell'allegato III allo Statuto, e il regime dei concorsi per titoli, di cui al quarto comma del medesimo articolo, consiste nel fatto che nel caso di un concorso per titoli ed esami la commissione giudicatrice deve valutare, prima di ogni prova, i titoli dei candidati per stabilire quali ammettere. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dal differente dettato delle due disposizioni non si può inferire che, nel caso di un concorso per esami, tutti i candidati in possesso dei requisiti fissati dal bando di concorso debbano essere ammessi a tutte le prove. |
29 |
Per esempio, nel caso di specie, l'autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'«APN»), nell'esercizio dell'ampio potere discrezionale di cui dispone per stabilire le condizioni di un concorso (v. sentenza del Tribunale 3 marzo 1993, causa T-44/92, Delloye e a./Commissione, Racc. pag. II-221, punto 22), era legittimata a prevedere che, al termine della prova scritta, soltanto i candidati in possesso di taluni requisiti sarebbero stati ammessi alla prova orale, riducendo così progressivamente il numero dei candidati ammessi alle fasi successive del concorso. |
30 |
Del resto, non sussiste violazione dell'art. 5 dell'allegato III allo Statuto, né dell'art. 28, lett. d), dello stesso, per il fatto che il bando di concorso ha precisato che soltanto 60 candidati sarebbero stati inseriti nell'elenco degli idonei, né per il fatto che la commissione giudicatrice si è conformata a tale indicazione, com'era tenuta a fare. Infatti, l'indicazione in base alla quale l'elenco doveva contenere un numero di candidati pari almeno al doppio dei posti da coprire costituisce semplicemente una raccomandazione alla commissione giudicatrice che non può, in ogni caso, imporsi sui termini espliciti del bando di concorso (v., ad esempio, sentenza della Corte 26 ottobre 1978, causa 122/77, Agneessens e a./Commissione, Racc. pag. 2085, punto 22, e sentenza del Tribunale 17 dicembre 1997, causa T-166/95, Karagiozopoulou/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-397, II-1065, punto 55). |
31 |
Va comunque rilevato che detto argomento è inconferente, dal momento che la candidatura della ricorrente non è stata respinta perché il numero dei candidati iscritti nell'elenco degli idonei era limitato a 60, come prescritto al punto VIII del bando di concorso, disposizione di cui la ricorrente non ha peraltro chiesto l'annullamento, bensì a causa del fatto che il numero dei candidati ammessi alla prova orale era limitato a 120, come risulta dal punto VI, lett. C), del bando di concorso. |
32 |
Ad abundantiam, occorre rilevare che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, l'equivalenza tra il numero di posti da coprire e il numero di candidati che compaiono nell'elenco degli idonei non ha compromesso lo scopo del concorso. |
33 |
Va ricordato, a tale proposito, che si tratta, nella fattispecie, di un concorso interno per il passaggio di categoria e che lo scopo era pertanto quello di selezionare taluni dipendenti che avrebbero dovuto tutti, in linea di principio, passare alla categoria superiore. Occorre sottolineare che in un concorso di questo tipo il rischio di rinuncia dopo la redazione dell'elenco degli idonei è assai ridotto, per non dire inesistente. Infatti, un dipendente non ha di massima alcun motivo per abbandonare le istituzioni nel momento in cui supera un concorso di questo tipo, e un dipendente che desidera rimanere in servizio presso le Comunità di solito non rifiuta una promozione. |
34 |
Infine, ai sensi dell'art. 30 dello Statuto, l'APN «sceglie» dall'elenco degli idonei risultante dal concorso i candidati da assegnare ai posti vacanti, ma ciò non implica che l'elenco debba necessariamente contenere un numero di vincitori superiore a quello dei posti da coprire. Questo significa semplicemente che l'APN, nell'ambito del suo ampio potere discrezionale di cui dispone nel raffrontare i meriti dei candidati iscritti nell'elenco (v. sentenza del Tribunale 19 settembre 1996, causa T-158/94, Brunagel/Parlamento, Racc. PI pagg. I-A-383, II-1131, punto 69), seleziona coloro che risultano maggiormente adatti a ciascuno dei posti da coprire. |
35 |
In ogni caso, se è auspicabile che l'APN disponga di una facoltà di scelta nel caso di un concorso organizzato allo scopo di comporre un elenco di riserva per coprire posti in futuro vacanti, non è invece opportuno che essa sia tenuta a prevedere un elenco contenente un numero di nomi superiore a quello dei posti da coprire nel caso di un concorso interno, come quello del caso di specie, la cui sola finalità è di selezionare un numero predeterminato di dipendenti di grado C che verranno promossi al grado B. In un contesto di questo tipo, infatti, l'esercizio di una scelta nell'ambito di un elenco di riserva si rivelerebbe inutile, per non dire inopportuno. |
36 |
Da ciò consegue che il primo motivo va disatteso. |
Sul secondo motivo, relativo ad una violazione del punto VI, lett. A), del bando di concorso
37 |
La ricorrente indica che solo i candidati che hanno ottenuto un punteggio di almeno 33/50 alla prova scritta sono stati ammessi alla prova orale. Ciò costituirebbe una violazione del punto VI, lett. A), del bando di concorso, che prevedeva un minimo di 25/50 per tale ammissione. |
38 |
La Commissione ritiene di non aver affatto violato i termini del bando di concorso informando la ricorrente che la sua candidatura era stata esclusa poiché il punteggio da essa ottenuto alla prova scritta era inferiore a 33/50. |
Giudizio del Tribunale
39 |
È sufficiente osservare che, nel caso di specie, era necessario ottenere nella prova scritta un punteggio di 33/50 per essere inclusi tra i 120 migliori candidati e soddisfare, così, il secondo requisito prescritto dal bando di concorso per l'ammissione alla prova orale. Da ciò consegue che la commissione giudicatrice, la quale è vincolata dai termini del bando (v., ad esempio, sentenze del Tribunale 17 dicembre 1997, causa T-216/95, Moles García Ortúzar/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-403, II-1083, punto 45, e Karagiozopoulou/Commissione, citata, punto 54), non aveva altra scelta se non quella di respingere i candidati che, come la ricorrente, non avevano ottenuto detto punteggio alla prova scritta. |
40 |
Il secondo motivo dev'essere pertanto disatteso. |
Sugli ultimi tre motivi, relativi, rispettivamente, ad un errore manifesto di valutazione, a un vizio di motivazione e aun eccesso di potere
41 |
Nell'ambito di questi tre motivi la ricorrente accusa la Commissione di non averle trasmesso i criteri di valutazione utilizzati dalla commissione giudicatrice, la copia corretta della prova scritta di tutti i candidati, i verbali di svolgimento del concorso e, infine, la graduatoria finale dei candidati. Essa sostiene che, in mancanza di tale elementi, la decisione di rigetto della sua candidatura non è sufficientemente motivata. Inoltre, la ricorrente accusa la Commissione di aver abusato del suo potere discrezionale o di aver commesso un errore manifesto di valutazione respingendo la sua candidatura prima della prova orale. Tuttavia, ella non sarebbe in grado di dimostrare l'esistenza di una tale violazione senza poter consultare i documenti di cui trattasi. |
42 |
La ricorrente sostiene che il principio della segretezza dei lavori della commissione esaminatrice, di cui all'art. 6 dell'allegato III allo Statuto, non doveva estendersi al periodo successivo alla conclusione delle operazioni riguardanti il concorso. Infatti, se il rispetto di questo principio si giustifica durante lo svolgimento del concorso, la sua applicazione successiva alla conclusione di tali operazioni avrebbe piuttosto la conseguenza di garantire le eventuali irregolarità che potrebbero inficiare i lavori della commissione giudicatrice. |
43 |
La ricorrente invoca inoltre il principio del «più ampio accesso possibile ai documenti di cui dispongono la Commissione e il Consiglio», fissato dal codice di condotta relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione (GU 1993, L 340, pag. 41; in prosieguo: il «codice di condotta»). Essa sostiene che, secondo la giurisprudenza, esistono in diritto comunitario «sviluppi che lasciano intravedere un'affermazione graduale del diritto d'accesso dei singoli ai documenti in possesso delle autorità pubbliche» (sentenza della Corte 30 aprile 1996, causa C-58/94, Paesi Bassi/Consiglio, Racc. pag. I-2169, punto 36). |
44 |
La Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza, «la commissione giudicatrice non può ritenersi obbligata, laddove motivi il mancato superamento di una prova d'esame da parte di un candidato, a precisare le risposte fornite dal candidato giudicate insufficienti o a chiarire i motivi per i quali tali risposte sono state considerate insufficienti» (sentenza del Tribunale 14 luglio 1995, causa T-291/94, Pimley-Smith/Commissione, Racc. PI pag. II-637, punto 64). Alla luce di tale giurisprudenza, il comportamento della commissione giudicatrice nel caso di specie non può essere criticato. |
45 |
Inoltre, il principio della segretezza dei lavori della commissione giudicatrice di cui all'art. 6 dell'allegato III dello Statuto, così come interpretato dalla giurisprudenza (sentenza della Corte 4 luglio 1996, causa C-254/95 P, Parlamento/Innamorati, Racc, pag. I-3423, punti 28-32), impedirebbe alla Commissione di comunicare alla ricorrente gli altri documenti da essa richiesti. Il codice di condotta non rileverebbe nel caso di specie, in quanto riguarderebbe esclusivamente i rapporti tra il pubblico e le istituzioni. Il rapporto tra i candidati a un concorso e le istituzioni avrebbe caratteristiche particolari ed è disciplinato dallo Statuto e non dal codice di condotta. |
Giudizio del Tribunale
46 |
In limine, occorre ricordare che il principio della segretezza dei lavori delle commissioni giudicatrici si giustifica in base a considerazioni imperative di ordine pubblico. Infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, esso è inteso a garantire l'indipendenza delle commissioni di concorso e l'obiettività del loro operato, ponendole al riparo da qualsiasi ingerenza e pressione esterna, da parte tanto della stessa amministrazione comunitaria quanto dei candidati interessati o di terzi (v. sentenze della Corte 28 febbraio 1980, causa 89/79, Bonu/Consiglio, Racc. pag. 553, punto 5, e Parlamento/Innamorati, citata, punto 24). |
47 |
Di conseguenza, si deve ritenere che le disposizioni del codice di condotta, che prevedono il principio del più ampio accesso possibile ai documenti, e l'art. 1 della decisione della Commissione 8 febbraio 1994, 94/90/CECA, CE, Euratom, relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Commissione (GU L 46, pag. 58), la quale applica il principio alle attività della Commissione, non prevalgono sulla regola del segreto dei lavori della commissione giudicatrice previsto dall'art. 6 dell'allegato III allo Statuto. Infatti, in base al principio della gerarchia delle norme, né il codice di condotta né la decisione 94/90 possono modificare gli effetti di una disposizione statutaria, essendo state adottate senza osservare la procedura prevista, per la revisione delle disposizioni statutarie, dall'art. 24, n. 1, secondo comma, del Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee e dall'art. 10 dello Statuto stesso (v. sentenza 14 dicembre 1995, causa T-285/94, Pfloeschner/Commissione, Racc. pag. II-3029 e Racc. PI pagg. I-A-291, II-889, punto 51). Va osservato, peraltro, che le considerazioni richiamate al punto precedente ostano a che tale segretezza venga meno dopo la conclusione dei lavori della commissione giudicatrice. |
48 |
Per quanto riguarda il motivo attinente al difetto di motivazione, si deve ricordare che, tenuto conto della segretezza cui sono soggetti i lavori di una commissione giudicatrice in forza dell'art. 6 dell'allegato III allo Statuto, la comunicazione del punteggio conseguito nelle varie prove costituisce una motivazione sufficiente della decisione della commissione di respingere un candidato dopo una o più prove, dal momento che la decisione adottata in tale fase rientra in un esame comparativo dei meriti dei candidati (v. sentenza Parlamento/Innamorati, citata, punti 26-31, e sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T-157/96, Affatato/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-41, II-97, punti 33-35). |
49 |
Nel caso di specie, la Commissione ha comunicato alla ricorrente, con lettera 17 aprile 1998, la sua mancata ammissione alle prove orali, nonché il punteggio da essa ottenuto alla prova scritta. In seguito, nella risposta al reclamo, la Commissione ha informato la ricorrente che si era classificata al 452o posto tra i 1207 candidati che avevano superato la prova scritta e le ha comunicato i criteri di valutazione di tale prova contenuti nel piano di lavoro della commissione giudicatrice. Da ciò deriva che, nel caso di specie, la decisione della commissione giudicatrice del concorso COM/B/18/96 di non ammettere la ricorrente alle prove orali è stata sufficientemente motivata, rispondendo ai criteri di cui all'art. 25 dello Statuto. |
50 |
Per quanto riguarda i motivi attinenti ad un errore manifesto di valutazione e ad un eccesso di potere, la ricorrente non ha dedotto alcun argomento concreto a sostegno, ad esclusione del fatto che la Commissione non le ha fornito i documenti da essa richiesti. Va rilevato che questo elemento, di per sé, non può costituire un motivo di annullamento della decisione di non ammettere la ricorrente alla prova orale (v. sentenza del Tribunale26 gennaio 2000, causa T-86/98, Gouloussis/Commissione, Racc. PI pag. II-23, punto 64). |
51 |
È vero che il Tribunale può disporre autonomamente la produzione dei documenti in questione in forza degli artt. 64 e 65 del regolamento di procedura. Tuttavia, in mancanza di qualunque indizio che possa metterne in discussione la validità, una decisione deve beneficiare della presunzione di validità inerente agli atti comunitari. Infatti, se un ricorrente non apporta il minimo indizio che possa far venir meno questa presunzione, non spetta al Tribunale disporre i provvedimenti istruttori finalizzati alla scoperta di eventuali vizi che inficino una decisione (v. sentenze del Tribunale 27 ottobre 1994, causa T-34/92, Fiatagri e New Holland Ford/Commissione, Racc. pag. II-905, punto 27, e 22 ottobre 1996, causa T-266/94, Skibsværftsforeningen e a./Commissione, Racc. pag. II-1399, punto 200; v. altresì sentenza della Corte sentenza 28 aprile 1966, causa 51/65, ILFO/Alta Autorità, Racc. pag. 120, in particolare pag. 132, e le conclusioni dell'avvocato generale Tesauro relative alla sentenza della Corte 16 settembre 1997, causa C-362/95 P, Blackspur DIY e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4775, in particolare pag. 4777, paragrafo 26). |
52 |
Inoltre, nel caso di specie il Tribunale deve tener conto, nell'esercizio di questo potere, dell'interesse pubblico a che i lavori della commissione giudicatrice rimangano segreti. Poiché la ricorrente non ha dedotto alcun elemento che possa far venir meno la presunzione di legittimità della decisione della commissione giudicatrice di non ammetterla alla prova orale, non vi è motivo di ordinare la produzione dei documenti di cui trattasi. |
53 |
Alla luce di quanto precede, i tre ultimi motivi attinenti, rispettivamente, a un errore manifesto di valutazione, a un difetto di motivazione e a un eccesso di potere vanno disattesi. |
54 |
Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente giustifica l'annullamento della decisione della commissione giudicatrice del concorso COM/B/18/96 di non ammetterla alla prova orale del concorso stesso né del bando di concorso, in particolare del punto VI, lett. C), non vi è ragione neppure di annullare la graduatoria conseguente alla valutazione delle prove scritte e la graduatoria finale dei vincitori, né la conseguente nomina. Occorre inoltre respingere, in quanto non sostenuto da alcun mezzo autonomo, anche il capo delle conclusioni dirette all'annullamento dello Statuto del personale nella parte in cui prevede la segretezza dei lavori della commissione giudicatrice, senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità di tale domanda. |
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Ne consegue che il ricorso dev'essere respinto nel suo complesso. |
Sulle spese
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Ai sensi dell' art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, secondo l'art. 88 dello stesso regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, e la Commissione ha chiesto al Tribunale di decidere sulle spese come di diritto, ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Prima Sezione) dichiara e statuisce: |
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Vesterdorf Vilaras Forwood Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 febbraio 2001. Il cancelliere H. Jung Il presidente B. Vesterdorf |
( *1 ) Lingua processuale, l'italiano