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Documento 61995CJ0347
Judgment of the Court (Fifth Chamber) of 17 September 1997. # Fazenda Pública v União das Cooperativas Abastecedoras de Leite de Lisboa, UCRL (UCAL). # Reference for a preliminary ruling: Supremo Tribunal Administrativo - Portugal. # National charge on the marketing of dairy products - Charge having equivalent effect - Internal taxation - Turnover tax. # Case C-347/95.
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 17 settembre 1997.
Fazenda Pública contro União das Cooperativas Abastecedoras de Leite de Lisboa, UCRL (UCAL).
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supremo Tribunal Administrativo - Portogallo.
Tassa nazionale sullo smercio dei latticini - Tassa di effetto equivalente - Imposizione interna - Imposta sulla cifra d'affari.
Causa C-347/95.
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 17 settembre 1997.
Fazenda Pública contro União das Cooperativas Abastecedoras de Leite de Lisboa, UCRL (UCAL).
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supremo Tribunal Administrativo - Portogallo.
Tassa nazionale sullo smercio dei latticini - Tassa di effetto equivalente - Imposizione interna - Imposta sulla cifra d'affari.
Causa C-347/95.
Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-04911
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:1997:411
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 17 settembre 1997. - Fazenda Pública contro União das Cooperativas Abastecedoras de Leite de Lisboa, UCRL (UCAL). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supremo Tribunal Administrativo - Portogallo. - Tassa nazionale sullo smercio dei latticini - Tassa di effetto equivalente - Imposizione interna - Imposta sulla cifra d'affari. - Causa C-347/95.
raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-04911
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1 Libera circolazione delle merci - Dazi doganali - Tasse di effetto equivalente - Imposizioni interne - Tassa gravante sui prodotti nazionali e sui prodotti importati, ma di cui beneficiano esclusivamente o maggiormente i primi - Criteri di distinzione
(Trattato CE, artt. 9, 12 e 95)
2 Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto - Divieto di riscuotere altre imposte nazionali che abbiano il carattere di imposte sulla cifra d'affari - Scopo - Nozione di «imposte sulla cifra d'affari» - Portata - Tassa gravante unicamente su taluni prodotti - Esclusione
(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 33)
3 Una tassa sullo smercio dei latticini riscossa indistintamente sui prodotti nazionali e sui prodotti importati costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, vietata dagli artt. 9 e 12 del Trattato CE, quando il suo gettito sia diretto a finanziare attività di cui beneficino unicamente i prodotti nazionali soggetti ad imposizione e qualora i benefici che ne derivino compensino interamente l'onere gravante sui prodotti medesimi; qualora tali benefici compensino soltanto parzialmente l'onere gravante sui prodotti nazionali, la detta tassa costituisce un'imposizione interna discriminatoria, vietata dall'art. 95 del Trattato CE, e dev'essere quindi proporzionalmente ridotta.
Qualora delle attività finanziate dalla tassa medesima beneficino sia i prodotti nazionali sia quelli di importazione soggetti ad imposizione, ma i primi ne ricavino un beneficio proporzionalmente più rilevante, la tassa costituisce in tale misura una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale o un'imposizione interna discriminatoria, a seconda che il beneficio derivantene per i prodotti nazionali soggetti ad imposizione compensi interamente o solo parzialmente l'onere gravante su di essi.
Ne consegue che, ai fini della qualificazione giuridica delle tasse sullo smercio dei latticini, spetta al giudice nazionale esaminare
- se il gettito della tassa di cui trattasi sia destinato alla regolarizzazione del solo commercio con gli altri Stati membri dei prodotti soggetti ad imposizione;
- se l'inquadramento istituzionale delle organizzazioni rappresentative degli operatori economici interessati nonché l'attuazione dei regimi di aiuto e dei provvedimenti di incentivazione finanziari e fiscali, nazionali e comunitari, a favore dell'industria e della distribuzione agro-alimentari, cui è diretta una parte del gettito delle tasse di cui trattasi, operino esclusivamente a favore della produzione nazionale o se questa ne tragga un beneficio proporzionalmente maggiore rispetto ai prodotti importati.
4 L'art. 33 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari, atteso che il suo scopo è quello di evitare che vengano istituiti imposte, diritti e tasse che, gravando sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dell'imposta sul valore aggiunto, compromettano il funzionamento del sistema comune di quest'ultima, non osta alla riscossione di una tassa gravante unicamente su taluni prodotti, che non sia né proporzionale al prezzo dei prodotti medesimi né venga riscossa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione, e che non si applichi al valore aggiunto dei prodotti. Infatti, un tributo di tal genere, non presentando nessuna delle caratteristiche dell'imposta sul valore aggiunto, non grava sulla circolazione dei beni e dei servizi in modo analogo a tale imposta.
Nel procedimento C-347/95,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Supremo Tribunal Administrativo (Portogallo) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Fazenda Pública
e
União das Cooperativas Abastecedoras de Leite de Lisboa, UCRL (UCAL),
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 9, 12 e 95 del Trattato CE, nonché dell'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),
LA CORTE
(Quinta Sezione),
composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, L. Sevón, D.A.O. Edward, P. Jann e M. Wathelet (relatore), giudici,
avvocato generale: G. Tesauro
cancelliere: R. Grass
viste le osservazioni scritte presentate:
- per la Fazenda Pública, dall'avv. Maria Aldina Moreira, del foro di Lisbona;
- per il governo portoghese, dai signori Luís Fernandes, direttore del servizio giuridico presso la direzione generale Comunità europee del ministero degli Affari esteri, e Luís Augusto Máximo dos Santos, assistente all'università di Lisbona, in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori António Caeiro, consigliere giuridico, ed Enrico Traversa, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 23 gennaio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con sentenza 11 ottobre 1995, pervenuta alla Corte il 13 novembre successivo, il Supremo Tribunal Administrativo ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 9, 12 e 95 del Trattato CE, nonché dell'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tali questioni sono sorte nell'ambito di una controversia tra la Fazenda Pública (ministero delle Finanze portoghese) e la União das Cooperativas Abastecedoras de Leite de Lisboa, UCRL (Unione delle cooperative lattiere di Lisbona, in prosieguo: l'«UCAL»), in merito al mancato pagamento da parte di quest'ultima delle tasse sullo smercio dei latticini di cui all'art. 1 del decreto legge 23 settembre 1986, n. 309.
3 A termini di tale disposizione, «le tasse gravanti sui latticini di origine nazionale o di importazione, destinati al consumo umano, si applicano ora in ragione delle seguenti aliquote:
Burro: 4 ESC/kg
(...)
Latte aromatizzato e al cioccolato: 1 ESC/litro».
4 Originariamente il gettito di tali tasse spettava alla Junta Nacional dos Produtos Pecuários (Ufficio nazionale dei prodotti dell'allevamento), ente di coordinamento economico istituito nel 1939.
5 A seguito dell'adesione della Repubblica portoghese alle Comunità europee, tutti i diritti e le competenze di tale ente venivano trasferiti, per effetto del decreto legge 9 gennaio 1987, n. 15, ad un ente pubblico di nuova istituzione, l'Istituto Regulador e Orientador dos Mercados Agrícolas (Istituto di regolarizzazione ed orientamento dei mercati agricoli, in prosieguo: l'«IROMA»).
6 L'art. 3, quarto comma, del decreto legge n. 15/87 ha attribuito all'IROMA, ente munito di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale ed amministrativa, la gestione ed il coordinamento dei mercati dei prodotti agricoli e dell'allevamento. Più in particolare, sono stati affidati all'IROMA i seguenti compiti: la costituzione delle garanzie istituzionali previste per tali prodotti dai sistemi nazionali e comunitari d'intervento, di prezzi e di attribuzione di premi, di aiuti e di sovvenzioni (punto b); la gestione dei meccanismi finanziari istituiti a livello nazionale o comunitario ai fini del sostegno delle azioni d'intervento, di regolarizzazione, di orientamento e di organizzazione dei mercati di cui trattasi (punto c); il controllo dell'evoluzione e del funzionamento dei mercati agricoli e dell'allevamento in Portogallo e negli altri Stati membri (punto d); la regolamentazione e la regolarizzazione del commercio estero dei prodotti agricoli e dei prodotti dell'allevamento (punto e); la partecipazione nazionale alla gestione dei mercati comunitari di tali prodotti (punto f); la collaborazione con l'amministrazione nazionale e con i competenti servizi della Commissione, in particolare ai fini della raccolta e della diffusione di informazioni sul funzionamento di tali mercati (punto g); la collaborazione con gli organi rappresentativi degli operatori interessati al funzionamento dei mercati de quibus (punto h); l'informazione e la formazione dei produttori, industriali, commercianti e consumatori del settore (punto i); l'iniziativa legislativa in materia di regolarizzazione, orientamento e organizzazione dei mercati di cui trattasi (punto j) e, infine, la gestione dei macelli (punto l).
7 Con l'emanazione del decreto legge 12 agosto 1988, n. 282, tutte le dette competenze, ad esclusione della gestione dei macelli, venivano trasferite ad un nuovo ente, l'Istituto Nacional de Intervenção e Garantia Agrícola (in prosieguo: l'«INGA»), che si affiancava all'IROMA.
8 Quest'ultimo continuava tuttavia a percepire la metà del gettito delle tasse oggetto della causa principale, mentre l'altra metà veniva assegnata all'INGA.
9 Il decreto legge 13 febbraio 1990, n. 56, istituiva successivamente una nuova direzione specializzata presso il ministero dell'Agricoltura, la Direcção-Geral dos Mercados Agrícolas e da Indústria Agro-Alimentar (in prosieguo: la «DGMAIAA»). Con il medesimo decreto tutte le competenze precedentemente attribuite all'IROMA ed all'INGA (art. 6), nonché numerose altre competenze specifiche nella gestione e nella regolarizzazione dei mercati dei prodotti agricoli e dell'allevamento, venivano trasferite alla DGMAIAA (art. 2).
10 Così, a termini dell'art. 2, secondo comma, del decreto legge n. 56/90,
«Alla DGMAIAA compete in particolare di:
(...)
f) assicurare l'inquadramento istituzionale delle organizzazioni rappresentative degli operatori economici interessati, in modo da garantire la loro collaborazione al funzionamento ed alla gestione dei mercati agricoli e dell'allevamento, nonché alla definizione della strategia di sviluppo dell'industria e della distribuzione agro-alimentari;
(...)
i) elaborare programmi e piani diretti ad applicare all'industria ed alla distribuzione agro-alimentari i regimi di aiuto e i provvedimenti di incentivazione finanziari e fiscali, nazionali e comunitari;
(...)».
11 Successivamente, con l'entrata in vigore del decreto legge 9 agosto 1991, n. 284, una parte del gettito delle tasse di cui trattasi veniva attribuita, nella misura del 15%, alla DGMAIAA. Il gettito globale derivante dalle dette tasse veniva quindi ripartito, a decorrere da tale anno, tra la DGMAIAA, l'INGA e l'IROMA.
12 Le tasse contestate sono state soppresse nell'ordinamento giuridico portoghese il 23 ottobre 1993, data di entrata in vigore del decreto legge 22 ottobre 1993, n. 365.
13 L'IROMA avviava contro l'UCAL un procedimento di esecuzione fiscale per un importo pari a 16 810 ESC, corrispondente alla somma delle tasse sullo smercio dei latticini, dovute per il mese di agosto 1991 e non versate.
14 Avverso l'ingiunzione scaturita dal detto procedimento l'UCAL proponeva opposizione dinanzi al Tribunal Tributário di Lisbona, sostenendo l'incostituzionalità delle tasse medesime. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda, dichiarando però che le tasse di cui trattasi erano incompatibili con gli artt. 9 e 12 del Trattato.
15 Contro tale pronuncia la Fazenda Pública interponeva appello dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo, che sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le "tasse" controverse sopra descritte, che presentano le caratteristiche proprie di un'imposta, siano in contrasto con l'art. 95 del Trattato di Roma.
2) Se tributi di tal genere possano considerarsi tasse di effetto equivalente a dazi doganali all'importazione, vietate dagli artt. 9 e 12 dello stesso Trattato.
3) Se i detti tributi vadano considerati come imposte sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33 della direttiva 77/388/CEE, fatte salve, eventualmente, le disposizioni dell'art. 378 dell'Atto di adesione della Repubblica portoghese o di qualsiasi altro atto normativo comunitario».
Sulle questioni prima e seconda
16 Con le prime due questioni il giudice nazionale chiede sostanzialmente se tasse del genere in esame possano costituire tasse di effetto equivalente a dazi doganali all'importazione ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato o imposizioni interne discriminatorie vietate dall'art. 95 del Trattato medesimo.
17 Si deve anzitutto ricordare che le disposizioni relative alle tasse di effetto equivalente nonché quelle concernenti le imposizioni interne discriminatorie non sono applicabili cumulativamente, di modo che, nel sistema del Trattato, una stessa imposizione non può appartenere contemporaneamente a queste due categorie (v. sentenze 8 luglio 1965, causa 10/65, Deutschmann, Racc. pag. 539, in particolare pag. 545; 16 giugno 1966, causa 57/65, Lütticke, Racc. pag. 219, in particolare pag. 228, e 2 agosto 1993, causa C-266/91, Celbi, Racc. pag. I-4337, punto 9).
18 E' giurisprudenza costante che qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci in ragione del fatto che esse varchino la frontiera, se non è un dazio doganale vero e proprio, costituisce una tassa di effetto equivalente ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato, anche se non sia riscosso a profitto dello Stato (v., in particolare, sentenza 9 novembre 1983, causa 158/82, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 3573, punto 18).
19 Gli oneri pecuniari derivanti da un regime generale di imposizioni interne gravanti sistematicamente sui prodotti nazionali e su quelli importati, secondo i medesimi criteri, rientrano invece nella sfera di applicazione degli artt. 95 e seguenti del Trattato (v. sentenza Celbi, citata, punto 11). Le dette disposizioni vietano che uno Stato membro applichi, direttamente o indirettamente, ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari o intese a proteggere altre produzioni nazionali, atteso che il criterio di applicazione dell'art. 95 è costituito, di conseguenza, dal carattere discriminatorio o protezionistico di imposizioni di tal genere (v., in particolare, sentenza 16 dicembre 1992, causa C-17/91, Lornoy e a., Racc. pag. I-6523, punto 19).
20 Si deve ricordare tuttavia che, ai fini della qualificazione giuridica di una tassa che gravi sui prodotti nazionali e di importazione sulla base di criteri identici, può risultare necessario tener conto della destinazione del gettito dell'imposizione.
21 Così, quando il gettito di un'imposizione del genere è diretto a finanziare attività che giovino in modo specifico ai prodotti nazionali tassati, può derivarne che il tributo riscosso secondo gli stessi criteri costituisca nondimeno una tassazione discriminatoria, nella misura in cui l'onere fiscale gravante sui prodotti nazionali è neutralizzato da vantaggi finanziati per mezzo di esso, mentre quello gravante sui prodotti importati rappresenta un onere netto (v. sentenze 21 maggio 1980, causa 73/79, Commissione/Italia, Racc. pag. 1533, punto 15, e 11 marzo 1992, cause riunite da C-78/90 a C-83/90, Compagnie commerciale de l'Ouest e a., Racc. pag. I-1847, punto 26).
22 In proposito, per giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze Compagnie commerciale de l'Ouest e a., citata, punto 27; Lornoy e a., citata, punto 21, e 27 ottobre 1993, causa C-72/92, Scharbatke, Racc. pag. I-5509, punto 10), se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di una tassa, facente parte di un regime generale di imposizione interna gravante sistematicamente sui prodotti nazionali e di importazione, compensano integralmente l'onere sopportato dal prodotto nazionale all'atto della sua immissione in commercio, tale imposizione costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, incompatibile con gli artt. 12 e seguenti del Trattato. Per contro, una tassa di tal genere costituirebbe una violazione del divieto di discriminazione sancito dall'art. 95 del Trattato se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito dell'imposizione per i prodotti nazionali gravati da imposta compensassero solo parzialmente l'onere da questi sopportato.
23 Nell'ipotesi in cui i benefici per la produzione nazionale compensino totalmente gli oneri su di essa gravanti, la tassa riscossa sul prodotto dovrà essere considerata illegittima in toto, in quanto tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale; nell'ipotesi in cui, al contrario, i benefici compensino parzialmente gli oneri gravanti sulla produzione nazionale, la tassa riscossa sul prodotto importato, legittima in linea di principio, dovrà essere semplicemente oggetto di riduzione proporzionale (v. sentenze 18 giugno 1975, causa 94/74, IGAV, Racc. pag. 699, punto 13, e Compagnie commerciale de l'Ouest e a., citata, punto 27).
24 Emerge inoltre dalla giurisprudenza della Corte che l'applicazione del principio di compensazione implica che vi sia identità tra il prodotto tassato ed il prodotto nazionale favorito (v. sentenze 25 maggio 1977, causa 77/76, Cucchi, Racc. pag. 987, punto 19, e causa 105/76, Interzuccheri, Racc. pag. 1029, punto 12).
25 D'altro canto, il criterio della compensazione, per poter essere utilmente e correttamente applicato, richiede che, nel corso di un periodo di riferimento, si accerti l'equivalenza pecuniaria fra l'ammontare totale del tributo sopportato dalla produzione nazionale per effetto della tassa de qua e i benefici di cui essa fruisce in via esclusiva. Qualsiasi altro parametro, quale la natura, l'importanza o il carattere indispensabile dei detti benefici, non rappresenta una base sufficientemente oggettiva per valutare la compatibilità di un provvedimento tributario nazionale con le disposizioni del Trattato (v. sentenza Celbi, citata, punto 18).
26 Nella specie della causa principale spetterà quindi al giudice nazionale verificare, in applicazione dei principi or ora ricordati, se la produzione nazionale non tragga, de facto, dalle prestazioni degli enti destinatari del gettito delle dette tasse un beneficio esclusivo o proporzionalmente più rilevante rispetto ai prodotti importati, in modo da compensare totalmente o parzialmente l'onere rappresentato dalle tasse medesime.
27 A tal riguardo, il giudice nazionale prenderà in considerazione il ruolo assunto dall'IROMA e, successivamente, dalla DGMAIAA nell'ambito della disciplina e della regolarizzazione del commercio estero dei prodotti agricoli e del bestiame, ai sensi dell'art. 3, quarto comma, lett. e), del decreto legge n. 15/87. Nell'ipotesi in cui l'espressione «commercio estero» riguardi non solo il commercio dei prodotti di cui trattasi con i paesi terzi, bensì anche il commercio intracomunitario, tale attività risulterà infatti idonea ad operare unicamente a vantaggio della produzione nazionale.
28 Seguendo lo stesso ragionamento, il giudice nazionale esaminerà anche se i compiti affidati alla DGMAIAA al fine di assicurare l'inquadramento istituzionale delle organizzazioni rappresentative degli operatori economici interessate [art. 2, secondo comma, lett. f), del decreto legge n. 56/90] e di elaborare programmi e piani diretti ad applicare all'industria ed alla distribuzione agro-alimentari i regimi di aiuti e i provvedimenti di incentivazione finanziari e fiscali, nazionali e comunitari [art. 2, secondo comma, lett. i), del decreto legge n. 56/90] non operino esclusivamente a favore della produzione nazionale o, quanto meno, se questa non ne tragga vantaggio in misura proporzionalmente maggiore rispetto ai prodotti importati.
29 Alla luce delle suesposte considerazioni, le prime due questioni pregiudiziali devono essere risolte nei seguenti termini:
1) a) Una tassa riscossa indistintamente sui prodotti nazionali e sui prodotti importati costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, vietata dagli artt. 9 e 12 del Trattato, quando il suo gettito sia diretto a finanziare attività di cui beneficino unicamente i prodotti nazionali soggetti ad imposizione e qualora i benefici che ne derivino compensino interamente l'onere gravante sui prodotti medesimi; qualora tali benefici compensino soltanto parzialmente l'onere gravante sui prodotti nazionali, la detta tassa costituisce un'imposizione interna discriminatoria, vietata dall'art. 95 del Trattato, e dev'essere quindi proporzionalmente ridotta.
b) Qualora delle attività finanziate dalla tassa medesima beneficino sia i prodotti nazionali sia quelli di importazione soggetti ad imposizione, ma i primi ne ricavino un beneficio proporzionalmente più rilevante, la tassa costituisce in tale misura una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale o un'imposizione interna discriminatoria, a seconda che il beneficio derivantene per i prodotti nazionali soggetti ad imposizione compensi interamente o solo parzialmente l'onere gravante su di essi.
2) Spetta al giudice nazionale procedere alle verifiche necessarie al fine di determinare la qualificazione giuridica del tributo di cui trattasi. In tale contesto, il giudice nazionale esaminerà
a) se il gettito della tassa sia destinato alla regolarizzazione del solo commercio con gli altri Stati membri dei prodotti soggetti ad imposizione;
b) se l'inquadramento istituzionale delle organizzazioni rappresentative degli operatori economici interessati nonché l'attuazione dei regimi di aiuto e dei provvedimenti di incentivazione finanziari e fiscali, nazionali e comunitari, a favore dell'industria e della distribuzione agro-alimentari, cui è diretta una parte del gettito delle tasse di cui trattasi, operino esclusivamente a favore della produzione nazionale o se questa ne tragga un beneficio proporzionalmente maggiore rispetto ai prodotti importati.
Sulla terza questione
30 Con la terza questione il giudice nazionale chiede sostanzialmente se tasse del genere oggetto della causa principale debbano essere considerate quali imposte sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva.
31 Ai fini della soluzione di tale questione si deve anzitutto ricordare che l'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio così dispone:
«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d'affari».
32 Tale disposizione, come risulta dalla sua formulazione, vieta agli Stati membri di introdurre o mantenere imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di imposta sulla cifra d'affari (v. sentenze 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi, Racc. pag. 1343, punti 10 e 11; 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88, Wisselink e a., Racc. pag. 2671, punti 13 e 14, e 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading, Racc. pag. I-2217, punto 10).
33 Come precisato dalla Corte nelle menzionate sentenze nonché nella sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84, Rousseau Wilmot (Racc. pag. 3759, punto 16), scopo dell'art. 33 della sesta direttiva è di evitare che vengano istituiti imposte, diritti e tasse che, gravando sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dell'IVA, compromettano il funzionamento del sistema comune di quest'ultima. In ogni caso, devono essere considerati gravanti sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dell'IVA le imposte, i diritti e le tasse che presentino le caratteristiche essenziali dell'IVA (sentenza Dansk Denkavit e Poulsen Trading, citata, punto 11).
34 Come precisato dalla Corte nelle menzionate sentenze, dette caratteristiche sono le seguenti: l'IVA si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali aventi ad oggetto beni o servizi; essa è proporzionata al prezzo di detti beni e servizi; è riscossa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; infine, si applica al valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l'imposta dovuta per un'operazione è calcolata previa detrazione di quella già pagata in occasione dell'operazione commerciale a monte.
35 Orbene, tributi come quelli di cui trattasi nella causa principale, che non presentano alcuna delle dette caratteristiche, non gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi in modo analogo all'IVA.
36 In primo luogo, i detti tributi non si applicano in modo generalizzato, bensì unicamente con riguardo a taluni prodotti; in secondo luogo, non sono proporzionati al prezzo dei prodotti medesimi; in terzo luogo, non vengono riscossi in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; infine, non si applicano al valore aggiunto dei prodotti, di modo che la parte dell'imposta già pagata in occasione dell'operazione commerciale a monte non è detraibile.
37 Si deve quindi risolvere la terza questione sollevata dal giudice nazionale nel senso che una tassa riscossa unicamente su taluni prodotti, che non sia né proporzionata al prezzo dei prodotti medesimi né venga riscossa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione, e la quale non si applichi al valore aggiunto dei prodotti, non presenta il carattere di un'imposta sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva.
Sulle spese
38 Le spese sostenute dal governo portoghese e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
(Quinta Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Supremo Tribunal Administrativo con sentenza 11 ottobre 1995, dichiara:
1) a) Una tassa riscossa indistintamente sui prodotti nazionali e sui prodotti importati costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, vietata dagli artt. 9 e 12 del Trattato CE, quando il suo gettito sia diretto a finanziare attività di cui beneficino unicamente i prodotti nazionali soggetti ad imposizione e qualora i benefici che ne derivino compensino interamente l'onere gravante sui prodotti medesimi; qualora tali benefici compensino soltanto parzialmente l'onere gravante sui prodotti nazionali, la detta tassa costituisce un'imposizione interna discriminatoria, vietata dall'art. 95 del Trattato CE, e dev'essere quindi proporzionalmente ridotta.
b) Qualora delle attività finanziate dalla tassa medesima beneficino sia i prodotti nazionali sia quelli di importazione soggetti ad imposizione, ma i primi ne ricavino un beneficio proporzionalmente più rilevante, la tassa costituisce in tale misura una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale o un'imposizione interna discriminatoria, a seconda che il beneficio derivantene per i prodotti nazionali soggetti ad imposizione compensi interamente o solo parzialmente l'onere gravante su di essi.
2) Spetta al giudice nazionale procedere alle verifiche necessarie al fine di determinare la qualificazione giuridica del tributo di cui trattasi. In tale contesto, il giudice nazionale esaminerà
a) se il gettito della tassa di cui trattasi sia destinato alla regolarizzazione del solo commercio con gli altri Stati membri dei prodotti soggetti ad imposizione;
b) se l'inquadramento istituzionale delle organizzazioni rappresentative degli operatori economici interessati nonché l'attuazione dei regimi di aiuto e dei provvedimenti di incentivazione finanziari e fiscali, nazionali e comunitari, a favore dell'industria e della distribuzione agro-alimentari, cui è diretta una parte del gettito delle tasse di cui trattasi, operino esclusivamente a favore della produzione nazionale o se questa ne tragga un beneficio proporzionalmente maggiore rispetto ai prodotti importati.
3) Una tassa riscossa unicamente su taluni prodotti, che non sia né proporzionata al prezzo dei prodotti medesimi né venga riscossa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione, e la quale non si applichi al valore aggiunto dei prodotti, non presenta il carattere di un'imposta sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.