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Document 52011IP0085

Parità tra donne e uomini – 2010 Risoluzione del Parlamento europeo dell' 8 marzo 2011 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2010 (2010/2138(INI))

GU C 199E del 7.7.2012, p. 65–76 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

7.7.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 199/65


Martedì 8 marzo 2011
Parità tra donne e uomini – 2010

P7_TA(2011)0085

Risoluzione del Parlamento europeo dell'8 marzo 2011 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2010 (2010/2138(INI))

2012/C 199 E/08

Il Parlamento europeo,

visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, comma due, del trattato sull'Unione europea (TUE) e l'articolo 157 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

visto l'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

visto il programma di Stoccolma (1),

vista la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (2), la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (3) e la direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (4),

viste le relazioni annuali della Commissione sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea 2000, 2001, 2002, 2004, 2005, 2006, 2007 e 2008 (rispettivamente, COM(2001)0179, COM(2002)0258, COM(2003)0098, COM(2004)0115, COM(2005)0044, COM(2006)0071, COM(2007)0049 e COM(2008)0010),

vista la relazione della Commissione del 18 dicembre 2009 sulla parità tra donne e uomini – 2010 (COM(2009)0694),

vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) (5),

vista la direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE (6),

vista la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell'8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (7),

vista la comunicazione della Commissione del 3 ottobre 2008«Un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata: sostenere maggiormente gli sforzi tesi a conciliare la vita professionale, privata e familiare» (COM(2008)0635),

vista la direttiva 89/552/CEE «Televisione senza frontiere»,

vista la relazione della Commissione del 3 ottobre 2008«Realizzazione degli obiettivi di Barcellona riguardanti le strutture di custodia per i bambini in età prescolastica» (COM(2008)0638),

vista la comunicazione della Commissione del 21 settembre 2010«Strategia sulla parità tra le donne e gli uomini 2010-2015» (COM(2010)0491),

viste la Convenzione ONU del 1979 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW) e la piattaforma d'azione di Pechino nell'ambito delle Nazioni Unite,

visto il patto europeo per le pari opportunità adottato dal Consiglio europeo il 23 e 24 marzo 2006,

visto il parere concernente il differenziale salariale di genere, adottato dal comitato consultivo della Commissione europea per la parità di opportunità tra donne e uomini il 22 marzo 2007,

vista la Carta dei diritti umani e identità di genere del 2009 del commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa,

vista la relazione del 2010 dell'Agenzia dei diritti fondamentali sull'omofobia, la transfobia e la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere,

vista la sua risoluzione del 6 maggio 2009 sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro (8),

vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2009 (9),

vista la sua risoluzione del 17 giugno 2010 sugli aspetti di genere della recessione economica e della crisi finanziaria (10),

vista la sua risoluzione del 17 giugno 2010 sulla valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 e raccomandazioni per il futuro (11),

vista la sua risoluzione del 19 ottobre 2010 sulle lavoratrici precarie,

vista la sua risoluzione del 13 marzo 2007 su una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006-2010) (12),

vista la sua risoluzione del 3 settembre 2008 sulla parità tra le donne e gli uomini – 2008 (13),

vista la sua risoluzione del 18 novembre 2008 recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini (14),

vista la sua risoluzione del 15 dicembre 2010 sull'impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore (15),

visto l'articolo 48 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A7-0029/2011),

A.

considerando che la parità tra gli uomini e le donne costituisce uno dei principi fondamentali dell’Unione europea, riconosciuto nel trattato sull'Unione europea e nella Carta dei diritti fondamentali, e che continuano a persistere numerose disparità tra le donne e gli uomini,

B.

considerando che l'Unione europea non è stata risparmiata dalla crisi economica e finanziaria, che si è rivelata parimenti devastante per l'occupazione sia delle donne che degli uomini, in particolare per la situazione economica delle prime, e che, a lungo termine, rischia di colpire soprattutto le donne in termini occupazionali,

C.

considerando che la parità tra uomini e donne ha un impatto positivo sulla produttività e sulla crescita economica e contribuisce ad aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro che comporta, a sua volta, numerosi benefici sociali ed economici,

D.

considerando che sono necessari dei dati statistici disaggregati per genere al fine di comparare l’impatto della crisi sulle donne e sugli uomini; che, a tal fine, l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere potrebbe apportare un prezioso contributo e che sono parimenti necessari dati statistici per determinare quali conseguenze abbia la povertà sulla salute delle donne, soprattutto di quelle più anziane, data l'importanza di tutelare la loro salute,

E.

considerando che il tasso di disoccupazione delle donne è spesso sottostimato, perché non vengono computati il tasso di inattività delle donne (2/3 dei 63 milioni di persone non attive tra i 25 e i 64 anni) e il tasso di disoccupazione a tempo parziale, entrambi elevati,

F.

considerando che il tasso di occupazione è più basso nelle zone rurali e che un numero elevato di donne non partecipa al mercato del lavoro ufficiale, e quindi esse non sono registrate come disoccupate, né figurano nelle statistiche sulla disoccupazione, causando difficoltà finanziarie e giuridiche specifiche concernenti il diritto alla maternità e il congedo per malattia, l'acquisizione dei diritti pensionistici e l'accesso alla sicurezza sociale, come anche problemi in caso di divorzio; che le zone rurali sono gravemente interessate dalla mancanza di opportunità di lavoro di qualità,

G.

considerando che le donne sono svantaggiate sul mercato del lavoro a motivo della maggiore probabilità di essere assunte con i contratti a tempo parziale, contratti a durata determinata non volontari e, in particolar modo, con livelli di remunerazione inferiori a quelli degli uomini; considerando che tale divario si riflette a livello pensionistico, determinando un rischio di povertà più elevato per le donne che per gli uomini,

H.

considerando che ancor oggi il divario salariale fra donne e uomini è in media del 18 % nell'Unione europea, supera il 25 % in taluni paesi e addirittura il 30 % in uno Stato membro, e che, malgrado gli sforzi profusi e i progressi compiuti, si riduce molto lentamente,

I.

considerando che la maternità non dovrebbe costituire un freno alla carriera delle donne e che le statistiche dimostrano chiaramente che le donne con figli dedicano meno ore al lavoro rispetto a quelle che non ne hanno, contrariamente ai padri di famiglia, che lavorano più degli uomini senza figli,

J.

considerando che al Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 gli Stati membri sono stati invitati a istituire entro il 2010 strutture di accoglienza per almeno il 90 % dei bambini di età compresa tra i tre anni e l'età scolare obbligatoria e per almeno il 33 % dei bambini di età inferiore ai tre anni, ma che il numero di tali strutture finanziate con denaro pubblico resta insufficiente in diversi paesi e che ciò ha un impatto particolarmente negativo sulle famiglie svantaggiate,

K.

considerando che il tasso d'occupazione delle donne è correlato alle loro responsabilità familiari; considerando che oltre 20 milioni di europei (di cui due terzi sono donne) si fanno carico di persone dipendenti adulte, impegno che impedisce loro di esercitare un’attività professionale a tempo pieno; considerando che tale fenomeno rischia di aggravarsi con l’invecchiamento della popolazione,

L.

considerando che l'accesso ai servizi di cura dell'infanzia e di assistenza agli anziani e ad altre persone dipendenti è essenziale per assicurare una partecipazione paritetica degli uomini e delle donne al mercato del lavoro, all'istruzione e alla formazione,

M.

considerando che le responsabilità dei lavori domestici gravano molto di più sulle donne che sugli uomini e questo non si riflette in alcun parametro né salariale né di riconoscimento del valore di tale lavoro, e che le cure della casa, dei bambini, dei malati e degli anziani costituiscono un lavoro pesante e non retribuito,

N.

considerando che è necessario eliminare gli stereotipi di genere nelle scuole, che spesso portano a orientare i bambini verso materie scolastiche e universitarie tradizionalmente riconosciute come femminili o maschili; che è importante assicurare la diversificazione delle prospettive scolastiche e di carriera,

O.

considerando che è ancora molto basso il numero di donne e ragazze che si orienta verso le filiere scientifiche, in particolare la matematica e l'informatica, con una conseguente forte segregazione settoriale di genere,

P.

considerando che la crisi può aggravare ulteriormente la segregazione settoriale e professionale tra le donne e gli uomini, segregazione che non solo non è diminuita, ma che in alcuni paesi sta diventando più marcata,

Q.

considerando che la strategia Europa 2020 pone l'accento sulla trasformazione ecologica, sui settori delle energie rinnovabili, sulla scienza e l'occupazione verde ad alta tecnologia per una nuova economia sostenibile; che l'inclusione attiva e la reintegrazione delle donne nel mercato del lavoro sono cruciali per il raggiungimento dell'obiettivo del 75 % di occupazione per uomini e donne,

R.

considerando che le donne in possesso di diploma universitario sono generalmente in numero superiore agli uomini (58,9 % delle lauree ottenute), ma che i loro salari sono in media il 18 % più bassi rispetto a quelli degli uomini e che sono meno rappresentate nelle posizioni di responsabilità delle imprese, dell'amministrazione pubblica e degli organi politici,

S.

considerando che la Rete europea delle donne che occupano posizioni di responsabilità in campo politico ed economico, creata nel giugno 2008, può contribuire a migliorare l’equilibrio tra uomini e donne nelle posizioni di responsabilità,

T.

considerando che il successo della parità uomini-donne nelle nostre società passa attraverso una migliore rappresentatività politica delle donne a livello sia europeo che nazionale, regionale e locale; considerando che in taluni Stati membri la percentuale delle donne presenti nei parlamenti nazionali non supera il 15 %,

U.

considerando che le azioni positive a favore delle donne si sono rivelate essenziali per la loro piena integrazione nel mercato del lavoro e nella società in generale,

V.

considerando che le donne sono maggiormente minacciate dalla povertà rispetto agli uomini a motivo dei percorsi professionali discontinui e dei livelli di remunerazione e di pensioni meno elevati; considerando che nel contesto dell’Anno europeo per la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, non si sono analizzate a sufficienza le cause profonde della povertà femminile,

W.

considerando che il 2011 sarà l'anno dedicato al volontariato e sottolineando il ruolo positivo che potrebbe avere la promozione del principio della parità tra gli uomini e le donne nei programmi di volontariato,

X.

considerando che le donne appartenenti alle minoranze, e in particolare le donne rom, affrontano costantemente discriminazioni molteplici e intersettoriali e sono svantaggiate non solo in confronto alla maggior parte delle donne, ma anche in confronto alle minoranze etniche maschili e che il rischio di esclusione sociale è per loro particolarmente elevato,

Y.

considerando che la violenza nei confronti delle donne rappresenta una violazione dei loro diritti fondamentali, non conosce limiti geografici, economici, culturali o sociali, e costituisce un ostacolo di prim'ordine alla parità; considerando che si stima che il 20-25 % delle donne in Europa soffra di violenze fisiche nel corso della vita; considerando che le violenze psicologiche possono essere tanto devastanti come le violenze fisiche,

Z.

considerando che il Parlamento europeo si è pronunciato a più riprese a favore della proclamazione di un Anno europeo della lotta alla violenza contro le donne,

AA.

considerando che le donne affrontano forme molteplici di discriminazione e sono maggiormente esposte a fenomeni di esclusione sociale, povertà e gravi violazioni dei diritti umani, quali la tratta di essere umani, specialmente se non appartengono al tessuto sociale tradizionale,

1.

ricorda che i settori colpiti dalla crisi erano inizialmente settori a maggioranza maschile, come i settori della costruzione e dell’industria, ma che la crisi si è poi estesa ad altri settori in cui la presenza delle donne è più significativa, aumentando in tal modo il tasso di disoccupazione femminile; sottolinea come i salari siano maggiormente diminuiti nei settori dei servizi a maggioranza femminile e nei settori finanziati dal bilancio pubblico, dove l'occupazione è prevalentemente femminile, e questo comporterà in futuro pensioni più basse per le donne, e di conseguenza un maggior livello di povertà per le donne anziane;

2.

rileva che, nei paesi in cui è stata realizzata la parità di trattamento tra uomini e donne sul mercato del lavoro, ci sono state ripercussioni positive sullo sviluppo socio-economico e che, pertanto, la politica della parità non si può essere abbandonata in tempi di crisi; rileva altresì che, nonostante la chiara volontà degli Stati membri e della Commissione, non si è ancora riusciti a creare condizioni che siano coerentemente le stesse; rileva infine che la crisi ha accentuato quella che è stata una tendenza costante degli ultimi dieci anni, ossia una riduzione del numero delle donne colpite da povertà, perdita del posto di lavoro e relazioni lavorative precarie molto inferiore rispetto agli uomini e che quindi diventa sempre più netta la «femminilizzazione» della povertà nell'UE;

3.

sottolinea che la strategia di Lisbona punta a integrare nel mercato del lavoro il 60 % delle donne in grado di lavorare, mentre le misure di tipo demografico devono concentrarsi su un incremento del tasso di natalità al fine di far fronte alle sfide future;

4.

sottolinea che la presenza delle donne sul mercato del lavoro costituisce un elemento positivo in termini di crescita economica; segnala che, secondo i dati OSCE, la componente femminile ha contribuito a un quarto della crescita annuale dal 1995 al 2008;

5.

sottolinea che, in caso di perdita del lavoro, il rischio di non essere riassunto è più elevato per le donne;

6.

invita a fissare obiettivi miranti ad inserire le donne in attività, in settori o a livelli dai quali esse sono state precedentemente escluse e nei quali sono ancora sottorappresentate, tramite misure preposte ad informare i datori di lavoro e a motivarli ad assumere e promuovere le donne, specialmente nei settori e nelle categorie menzionate;

7.

osserva che è necessario prestare maggiore attenzione all'adeguatezza delle pensioni per le donne, perché le lavoratrici interrompono la carriera più spesso di quanto facciano gli uomini, per potersi prendere cura dei bambini, dei membri malati o anziani della famiglia, e a causa del proprio dovere verso la famiglia tendono ad accettare più sovente degli uomini impieghi a orario ridotto o con minori garanzie;

8.

chiede che l’impatto della crisi sulle donne sia quantificato attraverso l’elaborazione di statistiche precise, i cui indicatori, disaggregati per genere, siano regolarmente aggiornati e rivalutati; aggiunge che tali statistiche dovrebbero consentire di fornire una risposta più mirata ai problemi congiunturali e strutturali al fine di facilitare l'uscita dalla crisi e di promuovere la diffusione delle buone prassi;

9.

deplora che i piani di ripresa economica si concentrino principalmente sui settori lavorativi a maggioranza maschile; sottolinea che il fatto di privilegiare il sostegno al futuro occupazionale degli uomini piuttosto che delle donne contribuisce a incrementare la disparità tra i sessi invece di ridurla, e insiste sulla necessità di integrare le politiche di parità tra uomini e donne nei piani di ripresa europei, nazionali e internazionali di lotta alla crisi;

10.

rileva che i tassi occupazionali degli uomini e delle donne sono più bassi nelle zone rurali e che questa situazione sfavorisce coloro che vivono in tali zone, in termini di mancanza di opportunità occupazionali di qualità; inoltre molte donne non sono formalmente attive nel mercato del lavoro e pertanto non sono registrate come disoccupate, dovendo affrontare quindi problemi finanziari e giuridici in termini di diritto al congedo di maternità, assenze dovute a malattia e maturazione di diritti pensionistici;

11.

sottolinea che l'attuale crisi economica ha comportato effetti negativi sui lavoratori; osserva che, sebbene il livello d'istruzione femminile sia aumentato considerevolmente negli ultimi anni e il numero delle laureate sia oggi superiore a quello dei laureati, molte donne sono ancora costrette a ricoprire ruoli secondari e peggio retribuiti;

12.

sottolinea che le donne sono troppo rappresentate nelle situazioni di lavoro precario, di lavoro con orario a tempo parziale non volontario e negli strati più esposti alla povertà e invita pertanto gli Stati membri a provvedere a che le misure per realizzare l'obiettivo della strategia Europa-2020 in materia di povertà e di inclusione sociale siano mirate alle donne in modo proporzionale alla percentuale di persone in condizioni di povertà rappresentata dalle donne;

13.

ricorda che le disparità tra le donne e gli uomini continuano ad esistere nonostante la partecipazione crescente delle donne al mercato del lavoro; sottolinea che la crisi economica e finanziaria deve essere vista come un'occasione per formulare proposte nuove e innovative in materia di tasso d’occupazione, di livelli di remunerazione, di tempi di lavoro e di occupazione di posizioni di responsabilità;

14.

insiste sull'effetto positivo della parità di genere sulla crescita economica; osserva che, secondo vari studi, se i tassi di occupazione, occupazione a tempo parziale e produttività delle donne fossero analoghi a quelli degli uomini, il PIL aumenterebbe del 30 %,

15.

ricorda che al momento di elaborare le politiche dell’occupazione è necessario tener conto dello sviluppo di nuovi settori potenzialmente capaci di creare occupazione, quali l’ecologia, l’ambiente e le nuove tecnologie; sottolinea, a tale riguardo, che le donne sono destinate a svolgere un ruolo significativo in questi settori; invita gli Stati membri a incoraggiare le giovani a non trascurare questo tipo di filiere; esorta la Commissione ad assicurare una comunicazione continua su tali nuove prospettive;

16.

invita gli Stati membri a provvedere, con il sostegno della Commissione e con l'intensificazione delle azioni in atto, affinché, vista la conversione a un'economia sostenibile incentrata sulla PMI, sempre più donne si avvalgano dell'offerta di formazione professionale nel contesto dell'apprendimento permanente e a che quindi sia favorita l'idoneità occupazionale delle donne;

17.

invita a promuovere l'accesso delle donne a maggiori opportunità nell'istruzione, nella formazione professionale e in impieghi in settori non tradizionali e ad alto livello di responsabilità;

18.

invita la Commissione a favorire il dialogo con le parti sociali su problematiche come la trasparenza retributiva, le condizioni per i contratti di lavoro a orario parziale o a tempo determinato per le donne, nonché la promozione della partecipazione femminile ai settori «verdi» e a quelli innovativi;

19.

ricorda che le imprese dell’economia sociale (fondazioni, mutue, cooperative) possono svolgere un ruolo centrale nella ripresa economica e che i loro dipendenti sono soprattutto donne; invita gli Stati membri a prendere seriamente in considerazione questo tipo di attività al momento dell’elaborazione delle politiche di ripresa economica;

20.

sottolinea l'importanza di sviluppare l'istituto giuridico della proprietà condivisa al fine di assicurare che i diritti delle donne nel settore agricolo siano pienamente riconosciuti, che esse dispongano di un'adeguata protezione previdenziale e che il loro lavoro sia riconosciuto, nonché la necessità di modificare il regolamento relativo al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), in modo analogo a quello per il Fondo sociale europeo (FSE), onde consentire la realizzazione di misure positive a favore delle donne nel prossimo periodo di programmazione 2014-2020, possibili nei precedenti periodi ma non in quello attuale, le quali avranno un impatto decisamente positivo sull'occupazione femminile nel mondo rurale;

21.

insiste sul fatto che la lotta contro le disparità salariali è una priorità; si rammarica a tale riguardo che la Commissione non abbia rilanciato sufficientemente la discussione in merito a livello europeo, segnatamente attraverso una revisione della legislazione esistente relativa all'applicazione del principio della parità di remunerazione tra le donne e gli uomini, come il Parlamento europeo ha chiesto nella sua risoluzione del 18 novembre 2009;

22.

invita gli Stati membri ad adoperarsi ulteriormente al fine di prevenire la segregazione dei mercati del lavoro in base al sesso e di ovviare al fenomeno per cui molte donne sono impiegate nelle professioni meno remunerate, interessando i ragazzi e le ragazze già durante la scuola a tutto lo spettro delle attività professionali ed ampliando le opportunità di formazione per le donne, onde metterle in grado di adattarsi ai cambiamenti nel mercato del lavoro nel corso della loro attività professionale; esprime profonda preoccupazione per l'attuale situazione di ingiustizia per cui una donna nell'UE, più di mezzo secolo dopo l'enunciazione nei trattati della Comunità del principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro, in media dovrebbe lavorare 418 giorni di calendario per riuscire a guadagnare come un uomo in un anno;

23.

insiste sulla necessità di misure urgenti per combattere le discriminazioni retributive, tramite misure quali la revisione della direttiva vigente oppure l'elaborazione di piani settoriali articolati, con obiettivi precisi, per esempio ridurre il divario retributivo allo 0,5 % entro il 2020, puntando a porre fine alle discriminazioni dirette e indirette, oppure incentivando la contrattazione collettiva, la formazione di consulenti per la parità, la soluzione del problema della disparità tra uomini e donne in materia di lavoro non retribuito e l'elaborazione di piani di parità nelle imprese e negli altri posti di lavoro; ritiene che la trasparenza nella composizione delle retribuzioni debba diventare una prassi abituale, onde rafforzare la posizione negoziale delle lavoratrici;

24.

invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure per risolvere il paradosso attuale secondo il quale le donne, sebbene abbiano un livello d'istruzione superiore, sono tuttora retribuite in modo meno vantaggioso degli uomini; insiste sul fatto che, per una migliore crescita economica e un reale sviluppo sostenibile, il potenziale di carriera delle donne dovrebbe essere sfruttato appieno;

25.

rileva che, per le donne, disporre di un reddito proprio e di un'occupazione retribuita e di qualità rimane un fattore chiave per la loro autonomia economica e una maggiore parità tra donne e uomini nella società nel suo complesso;

26.

invita gli Stati membri ad applicare il principio di parità tra donne e uomini ai sistemi pensionistici nazionali sia dal punto di vista dell'età che della remunerazione;

27.

invita gli Stati membri dell'UE ad attuare le legislazioni sulla parità di retribuzione per lo stesso lavoro; invita la Commissione ad applicare sanzioni agli Stati membri inadempienti;

28.

sottolinea che la parità di genere non è solo una questione di diversità e di giustizia sociale in quanto essa costituisce anche uno dei presupposti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita sostenibile, occupazione, competitività e coesione sociale stabiliti dalla strategia UE-2020; invita quindi la Commissione a rafforzare la dimensione di genere in tutte le parti della strategia UE-2020, tenendo conto in particolare delle specificità di genere, e a sviluppare azioni e obiettivi specifici per la parità di genere in tutte le misure volte a migliorare la strategia europea per l'occupazione;

29.

invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a favorire proposte vincolanti piuttosto che strategie non vincolanti e documenti programmatici nel campo della parità di genere;

30.

ritiene necessario che la Commissione e gli Stati membri sviluppino strumenti di formazione ed attuazione affinché tutte le parti interessate possano tenere debitamente conto, nei rispettivi ambiti di competenza, della prospettiva basata sulle pari opportunità tra uomini e donne, compresa la valutazione dell'impatto specifico delle politiche sulle donne e sugli uomini;

31.

sottolinea l'importanza della definizione di indicatori quantitativi e qualitativi e di statistiche basate sul genere, che siano affidabili, comparabili e disponibili quando necessario, da utilizzare nel monitoraggio dell'integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche;

32.

ritiene che una delle priorità dovrebbe consistere nella lotta per l'eradicazione della povertà, rivedendo le politiche macroeconomiche, monetarie, sociali e del lavoro che sono alla sua origine, con l'obiettivo di garantire la giustizia economica e sociale per le donne; reputa che sia necessario riconsiderare i metodi utilizzati per determinare il tasso di povertà e sviluppare strategie volte a promuovere una suddivisione equa del reddito, a garantire redditi minimi e retribuzioni e pensioni dignitose, a creare maggiore occupazione femminile di qualità con diritti, ad assicurare l'accesso a servizi pubblici di qualità per tutte le donne e le giovani, a migliorare la protezione sociale e i rispettivi servizi di prossimità, segnatamente asili nido, giardini d'infanzia, scuole materne, centri diurni, centri comunitari per il tempo libero, e la prestazione di servizi di sostegno alle famiglie;

33.

accoglie con favore il lancio, da parte della Commissione, di una campagna a livello dell'Unione per aiutare ad affrontare il divario retributivo tra uomini e donne; osserva, comunque, che il divario retributivo tra le donne e gli uomini permane, e pertanto invita ad avviare una riflessione su scala europea per combattere gli stereotipi legati ai ruoli rispettivi degli uomini e delle donne; sottolinea, a questo riguardo, l'importanza di realizzare campagne di sensibilizzazione nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nei media per combattere gli stereotipi sessisti che persistono e in particolare le immagini degradanti; sottolinea che nelle campagne è necessario attirare l'attenzione sul ruolo degli uomini nella divisione paritaria delle responsabilità familiari e nel giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita privata;

34.

è del parere che le tendenze demografiche rendano necessaria la realizzazione del potenziale delle donne e la promozione della loro occupazione, per conseguire l'obiettivo di un tasso occupazionale del 75 % per le donne e gli uomini tra i 20 e i 64 anni, come stabilito dalla strategia Europa 2020; ritiene nel contempo che le persone debbano decidere liberamente se avere dei figli e che un'equa conciliazione tra vita professionale e familiare sia una condizione essenziale per favorire una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro;

35.

chiede che siano formulate proposte concrete per conciliare lavoro e vita privata, in particolare nel settore dell’assistenza alle persone dipendenti e della custodia dei bambini;

36.

sottolinea che la Commissione e gli Stati membri devono valorizzare, sostenere e rafforzare il ruolo delle donne nell'economia sociale, visto l'elevato tasso di occupazione femminile nel settore in questione e la rilevanza dei servizi che esso presta ai fini della promozione della conciliazione tra vita professionale e privata;

37.

chiede alla Commissione di vigilare affinché gli Stati membri recepiscano correttamente le diverse normative europee sulla conciliazione tra lavoro e vita privata adattando le condizioni di lavoro tra uomini e donne;

38.

rileva che l'occupazione a orario parziale può comportare svantaggi personali, per esempio ostacoli nella carriera e povertà nella terza età, oppure, in caso di malattia o disoccupazione, può rendere necessari sussidi statali integrativi di sussistenza a causa del reddito ridotto;

39.

sottolinea l'importanza delle campagne di comunicazione volte a neutralizzare, dal punto di vista del genere, le professioni o le attività tradizionalmente maschili o femminili; nella stessa logica, invita gli Stati membri a riflettere sul ruolo della lingua nella persistenza degli stereotipi, soprattutto attraverso la femminilizzazione o la mascolinizzazione di alcuni nomi di professioni;

40.

invita gli enti pubblici e privati a introdurre nei loro regolamenti interni piani per la parità, integrandoli con obiettivi precisi a breve, medio e lungo termine, nonché a procedere su base annuale a valutazioni della realizzazione effettiva degli obiettivi previsti;

41.

chiede che siano formulate proposte concrete per conciliare lavoro e vita privata e familiare favorendo una maggiore condivisione delle responsabilità sociali, familiari e occupazionali tra uomini e donne, in particolare nel settore dell'assistenza alle persone dipendenti e della custodia dei bambini;

42.

invita gli Stati membri a sostenere l'occupazione dei gruppi svantaggiati come «le donne durante la gestazione e le madri con oneri domestici non condivisi», favorendo per loro un'occupazione dignitosa, stabile e compatibile con una adeguata conciliazione tra vita familiare e vita professionale;

43.

ritiene che, per meglio conciliare lavoro e assistenza, sia necessario migliorare il congedo per la nascita dei figli; invita pertanto il Consiglio ad adottare rapidamente una posizione comune sulla posizione del Parlamento del 20 ottobre 2010 (16) sulla revisione della direttiva 92/85/CEE del Consiglio;

44.

esorta gli Stati membri a incoraggiare la realizzazione o il rafforzamento delle strutture di accoglienza per i bambini, quali gli asili nido o i centri di custodia, le persone anziane e altre categorie di persone dipendenti, affinché forniscano servizi di qualità e a un costo accessibile in orari compatibili con il lavoro a tempo pieno per il maggior numero possibile di persone; ritiene che tali strutture costituiscano un sostegno enorme per i genitori e potrebbero favorire il loro accesso nel mondo del lavoro;

45.

sottolinea che la famiglia è la base della nostra società ed è collegata strettamente con la trasmissione di valori e la convivenza solidale; sottolinea che l'introduzione di orari di lavoro flessibili e di opportunità di telelavoro, nonché il potenziamento dell'assistenza all'infanzia e la professionalizzazione dell'assistenza domestica agli anziani costituiscono un importante passo in avanti per conciliare la vita lavorativa e quella familiare e per un'equa partecipazione delle donne e degli uomini al mercato del lavoro, all'istruzione e alla formazione; deplora il fatto che la mancanza di regimi di congedo adeguati e di formule di lavoro flessibili per entrambi i genitori spesso impediscono alle donne di partecipare attivamente al mercato del lavoro o di lavorare a tempo pieno; ritiene che occorra altresì una modifica della cultura imprenditoriale per quanto riguarda l'assunzione e l'occupazione delle donne; invita pertanto il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a evitare tagli nell'ambito della prestazione di servizi sociali e di assistenza all'infanzia, agli anziani e ai soggetti vulnerabili in seguito alla crisi economica e finanziaria;

46.

rammenta alla Commissione e agli Stati membri la necessità di adottare misure positive a favore delle donne e degli uomini, segnatamente per facilitarne il rientro sul posto di lavoro dopo un periodo dedicato alla famiglia (educazione dei figli e/o assistenza a un familiare malato o invalido), favorendo politiche di (re)inserimento nel mercato del lavoro, onde permettere loro di riacquistare autonomia finanziaria;

47.

insiste sul ruolo centrale dell'istruzione per inculcare nei bambini, fin dalla più giovane età, l'importanza della parità tra uomini e donne, per accettare le differenti culture e per comprendere le conseguenze della discriminazione e del pregiudizio; esorta gli Stati membri ad attuare programmi di educazione, ma anche di informazione e di sensibilizzazione per tutto il periodo scolare al fine di promuovere i valori della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il suo articolo 23;

48.

sottolinea la necessità di lasciare ai giovani la libertà delle proprie scelte professionali; ricorda, al riguardo, che è importante che gli insegnanti non dirigano automaticamente i propri allievi verso filiere professionali in funzione degli stereotipi sessisti e che siano ampiamente valorizzate le molteplici opportunità di lavoro;

49.

esorta gli Stati membri a garantire, tramite programmi di sensibilizzazione nell'ambito dell'istruzione, che le ragazze non vengano orientate automaticamente verso filiere e carriere tradizionalmente femminili;

50.

sottolinea la necessità di aumentare gli sforzi a livello europeo per aumentare la rappresentanza femminile nelle sfere politiche; incoraggia, a tale riguardo, una maggiore partecipazione delle donne in tutte le istituzioni europee, in particolare nelle posizioni di responsabilità; sottolinea la necessità di sforzi supplementari a livello nazionale, regionale e comunale; chiede di fissare obiettivi vincolanti per assicurare la rappresentanza paritaria di uomini e di donne; osserva a tale proposito l'effetto positivo dell'utilizzo di quote per la rappresentanza delle donne; sottolinea, pertanto, l'utilizzo delle quote elettorali ha un effetto positivo sulla rappresentanza delle donne;

51.

ricorda che solamente nel 3 % delle grandi imprese figura una donna come responsabile del loro organo di decisione suprema; cita a questo proposito l'esempio della Norvegia, che applica con successo dal 2003 una politica delle quote volta a stabilire una parità nei consigli di amministrazione delle imprese, esempio seguito attualmente dalla Spagna e dalla Francia; invita gli Stati membri a adottare delle misure efficaci, ad esempio le quote, che garantiscano una migliore rappresentatività delle donne nelle grandi società quotate in borsa e nei consigli di amministrazione delle imprese in generale, con particolare riferimento a quelle a partecipazione pubblica;

52.

sottolinea che per lottare contro le disparità di genere in ambito occupazionale negli Stati membri vanno istituiti programmi di equiparazione a livello aziendale e settoriale, basati su normative, con l'intervento attivo e il controllo delle parti sociali;

53.

insiste sulla necessità che gli Stati membri adottino misure, in particolare per via legislativa, che stabiliscano obiettivi vincolanti per garantire la presenza paritaria di donne e uomini nei posti di responsabilità delle imprese, dell'amministrazione pubblica e degli organi politici;

54.

invita gli Stati membri a individuare le imprese che promuovono la parità di genere e la conciliazione tra lavoro e la vita privata e familiare, e a diffondere ampiamente le migliori prassi, in particolare attraverso le camere di commercio e dell'industria;

55.

plaude alla discussione generale in atto sull'incremento della quota di donne nelle posizioni dirigenziali nell'economia e suggerisce che in materia le imprese potrebbero introdurre una quota volontaria basata sulla proporzione tra i generi all'interno del personale;

56.

chiede che siano avviate azioni a livello nazionale ed europeo volte a stimolare lo spirito imprenditoriale delle donne, istituendo strutture di formazione e di consulenza professionale e giuridica, nonché facilitando l'accesso al finanziamento pubblico e privato;

57.

incoraggia lo scambio regolare di informazioni e di esperienze tra gli attori che promuovono la parità tra uomini e donne al fine di garantire l’attuazione delle buone prassi in tutta la società, a livello europeo, nazionale, regionale e locale, e nei settori privati e pubblici;

58.

invita gli Stati membri e la Commissione a prestare particolare attenzione alle categorie di donne vulnerabili: le donne disabili, anziane, immigrate, lesbiche, bisessuali e transessuali, appartenenti a minoranze, con un basso livello di formazione o senza alcuna formazione nonché le donne con persone dipendenti a carico, trattandosi, in tutti questi casi, di categorie specifiche che richiedono l'attuazione di misure adeguate alle loro condizioni; invita la Commissione a garantire una continuità in maniera tale che l'Anno europeo 2011, dedicato alle attività di volontariato, incoraggi altresì la promozione della parità tra gli uomini e le donne;

59.

invita la Commissione a sostenere gli Stati membri affinché aumentino le prospettive professionali delle donne svantaggiate, come le immigrate, le donne appartenenti a minoranze etniche, le donne con disabilità e le madri nubili e, conseguentemente, incrementino la possibilità per loro di essere economicamente indipendenti, migliorando l’accesso all’istruzione e alla formazione professionale; segnala la discriminazione multipla a danno delle donne immigrate, la quali subiscono, oltre allo svantaggio di genere, anche la discriminazione legata all'appartenenza etnica, alla razza e spesso anche all'età;

60.

chiede agli organi nazionali, regionali e locali competenti in materia di parità di introdurre approcci integrati per migliorare la risposta ai casi di discriminazione multipla e riservare loro un trattamento più efficace; insiste inoltre affinché gli organismi menzionati introducano corsi di formazione destinati ai giudici, ai giuristi e al personale in generale, ai fini dell'individuazione, della prevenzione e della lotta contro la discriminazione multipla;

61.

ricorda che le donne disabili sono spesso discriminate nei settori della vita sociale, culturale, politica e professionale; invita la Commissione e gli Stati membri a presentare delle proposte concrete per migliorare la loro situazione;

62.

esorta la Commissione e gli Stati membri a prestare particolare attenzione alle donne rom in fase di applicazione della strategia europea per l’integrazione dei rom;

63.

osserva che le persone transessuali costituiscono tuttora un gruppo fortemente marginalizzato e vittimizzato che subisce un elevato livello di stigmatizzazione, violenze ed esclusione sociale, come indicato dall'Agenzia per i diritti fondamentali; incoraggia fermamente la Commissione e gli Stati membri a seguire le raccomandazioni dell'Agenzia per rafforzare e rendere più evidente la protezione nei confronti delle discriminazioni basate sulla identità di genere;

64.

ritiene che donne e uomini debbano avere accesso a informazioni adeguate sulla salute riproduttiva e a un sostegno in tale ambito e sottolinea che le donne debbano avere lo stesso diritto e le stesse possibilità degli uomini di accedere ai servizi in questo settore; insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all'aborto; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva;

65.

ricorda che la violenza perpetrata nei confronti delle donne costituisce un grave ostacolo alla realizzazione della parità tra donne e uomini; invita la Commissione ad avviare l'elaborazione di una proposta di direttiva globale sulla prevenzione e la lotta contro tutte le forme di violenza nei confronti delle donne, siano esse fisiche, sessuali o psicologiche, compresa la tratta delle donne;

66.

si compiace per gli sforzi intrapresi a livello di Unione e nazionale per lottare contro la violenza nei confronti delle donne, ma sottolinea che tale fenomeno resta un grave problema irrisolto e sollecita gli Stati membri ad attuare misure che assicurino l'accesso a servizi di supporto volti a prevenire gli atti di violenza basati sul genere e a proteggere le donne da tali violenze, indipendentemente dal loro status giuridico, razza, età, orientamento sessuale, origine etnica e religione; accoglie positivamente il rilancio della discussione su questo tipo di violenze, segnatamente attraverso la creazione dell'Ordine di protezione europeo e la direttiva contro la tratta di essere umani; invita la presidenza attuale dell’Unione e quelle future a continuare su questa strada; sottolinea la necessità che il Consiglio e la Commissione adottino l'accordo raggiunto in seno al Parlamento europeo sull'Ordine di protezione europeo, affinché la direttiva entri in vigore quanto prima possibile;

67.

chiede nuovamente alla Commissione di istituire, nei prossimi quattro anni, un Anno europeo contro la violenza nei confronti delle donne; ricorda a questo proposito che una tale misura permetterà di sensibilizzare i cittadini europei e di mobilitare i governi nella lotta contro la violenza nei confronti delle donne;

68.

segnala la necessità di realizzare un ampio sondaggio in tutti gli Stati membri dell'UE sulla base di una metodologia comune per accertare la dimensione effettiva del problema; sottolinea l'importante lavoro che sarà realizzato in questo campo dall'Osservatorio europeo sulla violenza di genere, il quale fornirà dati statistici di elevata qualità a sostegno delle misure politiche di lotta contro questo flagello sociale;

69.

invita gli Stati membri a garantire una migliore formazione del personale del settore sanitario, dei servizi sociali, delle forze di polizia e dell'apparato giudiziario e una maggiore cooperazione tra di essi nonché a istituire strutture adeguate per tutti i casi di violenza perpetrati nei confronti delle donne, comprese le violenze gravi e rare, fisiche e psicologiche, come ad esempio gli attacchi con l'acido;

70.

sottolinea quanto sia importante che gli Stati membri e le autorità regionali e locali adottino misure destinate a favorire il reinserimento nel mercato del lavoro delle donne vittime della violenza di genere, attraverso strumenti quali l'FSE o il programma PROGRESS;

71.

segnala la necessità di perfezionare i canali con cui le organizzazioni femminili e la società civile in generale collaborano e partecipano ai processi di integrazione della prospettiva di genere;

72.

insiste sulla necessità di integrare la prospettiva di genere e la lotta contro la violenza di genere nella politica esterna e di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea;

73.

invita la Commissione a incoraggiare gli Stati membri a promuovere una rappresentazione dell'immagine femminile nei media, in generale, e nella pubblicità e nei messaggi promozionali, in particolare, che sia rispettosa della dignità, della pluralità dei ruoli e delle identità femminili;

74.

invita la Commissione e l'autorità competente in materia di bilancio a seguire i criteri di bilancio relativi al genere nell'elaborazione dei bilanci e del nuovo quadro finanziario pluriennale dell'UE; invita gli Stati membri ad attenersi a detti criteri nella definizione dei rispettivi bilanci pubblici nazionali;

75.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi degli Stati membri.


(1)  Documento del Consiglio dell'Unione europea n. 5731/10 del 3 marzo 2010.

(2)  GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.

(3)  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

(4)  GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37.

(5)  GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.

(6)  GU L 180 del 15.7.2010, pag. 1.

(7)  GU L 68 del 18.3.2010, pag. 13.

(8)  GU C 212 E del 5.8.2010, pag. 23.

(9)  GU C 341 E del 16.12.2010, pag. 35.

(10)  Testi approvati, P7_TA(2010)0231.

(11)  Testi approvati, P7_TA(2010)0232.

(12)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 56.

(13)  GU C 295 E del 4.12.2009, pag. 35.

(14)  GU C 16 E del 22.1.2010, pag. 21.

(15)  Testi approvati, P7_TA(2010)0484.

(16)  Testi approvati, P7_TA(2010)0373.


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