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Document 62015CJ0695

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 17 marzo 2016.
Shiraz Baig Mirza contro Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Debreceni Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság.
Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Articolo 3, paragrafo 3 – Possibilità per gli Stati membri di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro – Articolo 18 – Obblighi dello Stato membro competente di esaminare la domanda in caso di ripresa in carico del richiedente – Direttiva 2013/32/UE – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Esame di una domanda di protezione internazionale.
Causa C-695/15 PPU.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:188

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

17 marzo 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Procedimento pregiudiziale d’urgenza — Regolamento (UE) n. 604/2013 — Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale — Articolo 3, paragrafo 3 — Possibilità per gli Stati membri di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro — Articolo 18 — Obblighi dello Stato membro competente di esaminare la domanda in caso di ripresa in carico del richiedente — Direttiva 2013/32/UE — Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale — Esame di una domanda di protezione internazionale»

Nella causa C‑695/15 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Debreceni közigazgatási és munkaügyi bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Debrecen, Ungheria), con decisione del 18 dicembre 2015, pervenuta in cancelleria il 23 dicembre 2015, nel procedimento

Shiraz Baig Mirza

contro

Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, C. Vajda (relatore) e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: I. Illéssy, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 febbraio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per il S.B. Mirza, da R. Miskolczi, B. Pohárnok, T. Fazekas e G. Győző, ügyvédek;

per il Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal, da Á. Szép, in qualità di agente;

per il governo ungherese, da Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da J. Möller e T. Henze, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M. de Ree, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 marzo 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 3, paragrafo 3, e 18, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra il sig. Mirza e il Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal (Ufficio per l’immigrazione e la cittadinanza; in prosieguo: «l’Ufficio») in merito alla decisione di quest’ultimo, da un lato, di respingere in quanto irricevibile la domanda di protezione internazionale presentata dal sig. Mirza e, dall’altro, di allontanare quest’ultimo dall’Ungheria.

Il contesto normativo

Il diritto dell’Unione

Il regolamento Dublino III

3

Il considerando 12 del regolamento Dublino III così recita:

«La direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale [(GU L 180, pag. 60)] dovrebbe integrare e lasciare impregiudicate le disposizioni relative alle garanzie procedurali disciplinate dal presente regolamento, fatti salvi i limiti nell’applicazione di detta direttiva».

4

L’articolo 1 di tale regolamento definisce l’oggetto di detto regolamento nei seguenti termini:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».

5

L’articolo 3 del medesimo regolamento, intitolato «Accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale», prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.   Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente.

3.   Ogni Stato membro mantiene la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro, nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva [2013/32]».

6

Al suo paragrafo 2, l’articolo 7 del regolamento Dublino III, intitolato «Gerarchia dei criteri», così prevede:

«La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro».

7

L’articolo 18 di detto regolamento, intitolato «Obblighi dello Stato membro competente», è così formulato:

«1.   Lo Stato membro competente in forza del presente regolamento è tenuto a:

(...)

c)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, un cittadino di un paese terzo o un apolide che ha ritirato la sua domanda in corso d’esame e che ha presentato una domanda in un altro Stato membro o che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno;

(...)

2.   (...)

Nei casi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 1, lettera c), qualora lo Stato membro competente abbia interrotto l’esame di una domanda in seguito al ritiro di quest’ultima da parte del richiedente, prima di una decisione sul merito di primo grado, detto Stato membro provvede affinché al richiedente sia concesso il diritto di chiedere che l’esame della domanda sia portato a termine o di presentare una nuova domanda di protezione internazionale, che non sarà trattata come domanda reiterata di cui alla direttiva [2013/32]. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché l’esame della domanda sia portato a termine.

(...)».

8

L’articolo 26 del citato regolamento, intitolato «Notifica di una decisione di trasferimento», così prevede al suo paragrafo 1:

«Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale. Se l’interessato è rappresentato da un avvocato o un altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di notificare la decisione a tale avvocato o consulente legale invece che all’interessato e, se del caso, comunicare la decisione all’interessato».

9

L’articolo 27 del medesimo regolamento, intitolato «Mezzi di impugnazione», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale».

La direttiva 2013/32

10

L’articolo 28 della direttiva 2013/32, intitolato «Procedura in caso di ritiro implicito della domanda o di rinuncia ad essa», ai paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.   Qualora vi siano ragionevoli motivi per ritenere che il richiedente abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, gli Stati membri provvedono affinché l’autorità accertante prenda la decisione di sospendere l’esame ovvero, se l’autorità accertante giudica la domanda infondata in base a un adeguato esame del merito della stessa in linea con l’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337, pag. 9)], respingere la domanda.

Gli Stati membri possono presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato la domanda di protezione internazionale o rinunciato a essa, in particolare quando è accertato che:

(...)

b)

è fuggito o si è allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui viveva o era trattenuto, senza contattare l’autorità competente in tempi ragionevoli oppure, trascorso un termine ragionevole, non ha ottemperato al dovere di presentarsi o ad altri obblighi di comunicazione, a meno che il richiedente dimostri che ciò era dovuto a circostanze che sfuggono al suo controllo.

Per l’attuazione delle presenti disposizioni gli Stati membri possono fissare termini od orientamenti.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché un richiedente che si ripresenta all’autorità competente dopo che è stata presa la decisione di sospendere l’esame di cui al paragrafo 1 del presente articolo, abbia il diritto di chiedere la riapertura del suo caso o di presentare una nuova domanda che non sarà sottoposta alla procedura di cui agli articoli 40 e 41.

(...)

Gli Stati membri possono autorizzare l’autorità accertante a riprendere l’esame della domanda dal momento in cui è stato sospeso».

11

L’articolo 33 della direttiva 2013/32, intitolato «Domande inammissibili», così dispone:

«1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [Dublino III], gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95], qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.

2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

(...)

c)

un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 38;

(...)».

12

L’articolo 38 di tale direttiva, intitolato «Concetto di paese terzo sicuro», ai paragrafi 2 e 5 enuncia quanto segue:

«2.   L’applicazione del concetto di paese terzo sicuro è subordinata alle norme stabilite dal diritto nazionale, comprese:

a)

norme che richiedono un legame tra il richiedente e il paese terzo in questione, secondo le quali sarebbe ragionevole per detta persona recarsi in tale paese;

b)

norme sul metodo mediante il quale le autorità competenti accertano che il concetto di paese terzo sicuro può essere applicato a un determinato paese o a un determinato richiedente. Tale metodo comprende l’esame caso per caso della sicurezza del paese per un determinato richiedente e/o la designazione nazionale dei paesi che possono essere considerati generalmente sicuri;

c)

norme conformi al diritto internazionale per accertare, con un esame individuale, se il paese terzo interessato sia sicuro per un determinato richiedente e che consentano almeno al richiedente di impugnare l’applicazione del concetto di paese terzo sicuro a motivo del fatto che quel paese terzo non è sicuro nel suo caso specifico. Al richiedente è altresì data la possibilità di contestare l’esistenza di un legame con il paese terzo ai sensi della lettera a).

(...)

5.   Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo».

13

L’articolo 39 della citata direttiva, intitolato «Concetto di paese terzo europeo sicuro», ai suoi paragrafi 1, 2, 3 e 7 enuncia quanto segue:

«1.   Gli Stati membri possono prevedere che l’esame della domanda di protezione internazionale e della sicurezza del richiedente stesso nel suo caso specifico, secondo quanto prescritto al capo II, non abbia luogo o non sia condotto esaurientemente nei casi in cui un’autorità competente abbia stabilito, in base agli elementi disponibili, che il richiedente sta cercando di entrare o è entrato illegalmente nel suo territorio da un paese terzo sicuro a norma del paragrafo 2.

2.   Un paese terzo può essere considerato paese terzo sicuro ai fini del paragrafo 1, se:

a)

ha ratificato e osserva la convenzione di Ginevra senza limitazioni geografiche;

b)

dispone di una procedura di asilo prescritta per legge; e

c)

ha ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ne rispetta le disposizioni, comprese le norme riguardanti i ricorsi effettivi.

3.   Il richiedente è autorizzato a impugnare l’applicazione del concetto di paese terzo europeo sicuro a motivo del fatto che il paese terzo interessato non è sicuro relativamente alle sue condizioni specifiche.

(...)

7.   Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo».

14

L’articolo 46 della direttiva 2013/32, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo», ai paragrafi 1 e 3 prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a)

la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione:

(...)

ii)

di considerare la domanda inammissibile a norma dell’articolo 33, paragrafo 2;

(...)

iv)

di non procedere a un esame a norma dell’articolo 39;

(...)

3.   Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95], quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado».

Il diritto ungherese

La legge sul diritto di asilo

15

L’articolo 2 della legge n. LXXX del 2007 sul diritto di asilo (menedékjogról szóló 2007. évi LXXX. törvény, Magyar Közlöny 2007/83; in prosieguo: la «legge sul diritto di asilo») è così formulato:

«A norma della presente legge si intende per:

(...)

i)

paese terzo sicuro: paese in relazione al quale l’autorità competente in materia di asilo ha accertato che in tale paese il richiedente protezione internazionale riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri:

ia)

non sussistono minacce alla sua vita ed alla sua libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale, né è esposto al rischio di subire gravi danni;

ib)

è rispettato il principio di non-refoulement conformemente alla convenzione di Ginevra;

ic)

è riconosciuto e applicato il divieto di allontanamento, sancito dal diritto internazionale, verso un paese in cui il richiedente rischierebbe di subire i trattamenti di cui all’articolo XIV, paragrafo 2, della Legge fondamentale [(Alaptörvény)]; e

id)

esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra;

(...)».

16

Ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 5, della legge sul diritto di asilo:

«In caso di mancata applicabilità del principio di non-refoulement di cui ai precedenti paragrafi 1 e 2, l’autorità competente in materia di asilo, nella sua decisione di rigetto della domanda di asilo, dispone, da un lato, la revoca del permesso di soggiorno concesso a fini umanitari e, dall’altro, provvedimenti finalizzati al rimpatrio e all’espulsione del cittadino straniero – qualora quest’ultimo non sia autorizzato ad altro titolo a soggiornare sul territorio ungherese – a norma della legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno di cittadini di paesi terzi [(2007. évi II. törvény a harmadik országbeli állampolgárok beutazásáról és tartózkodásáról)], e determina la durata del divieto di ingresso e di soggiorno».

17

L’articolo 51, paragrafi 1, 2 e 4, della legge sul diritto di asilo stabilisce quanto segue:

«(1)   In caso di mancato soddisfacimento dei presupposti per l’applicazione dei regolamenti Dublino, l’autorità competente in materia di asilo si pronuncia sulla questione della ricevibilità della domanda e sull’osservanza dei presupposti per pronunciarsi sull’oggetto della domanda nell’ambito di un procedimento accelerato.

(2)   La domanda è irricevibile se

(...)

e)

esiste, per quanto riguarda il richiedente, un paese terzo che possa per lui essere considerato un paese terzo sicuro.

(...)

(4)   La domanda può essere dichiarata irricevibile a norma del precedente paragrafo 2, lettera e), soltanto se il richiedente

a)

ha soggiornato in un paese terzo sicuro e avrebbe avuto la possibilità di richiedere, in tale paese, una protezione efficace conforme alle disposizioni dell’articolo 2, lettera i);

b)

ha transitato sul territorio di tale paese e avrebbe avuto la possibilità di richiedere, nel paese in questione, una protezione efficace conforme alle disposizioni dell’articolo 2, lettera i);

c)

ha legami di parentela con persone che si trovano in tale paese e può entrare nel relativo territorio; o se

d)

un paese terzo sicuro domanda l’estradizione del richiedente».

18

L’articolo 53 della legge sul diritto di asilo così recita:

«(1)   L’autorità competente in materia di asilo respinge la domanda mediante ordinanza qualora giunga alla conclusione che sussiste uno dei presupposti di cui all’articolo 51, paragrafo 2.

(2)   Le decisioni di rigetto emesse a causa dell’irricevibilità della domanda o a conclusione di un procedimento accelerato possono essere oggetto di un riesame giurisdizionale. La presentazione di una domanda di riesame non ha – se non nel caso di decisioni emesse in base all’articolo 51, paragrafo 2, lettera e), e all’articolo 51, paragrafo 7, lettera h) – effetto sospensivo per quanto riguarda l’esecuzione della decisione.

(...)

(5)   Il giudice adito con una siffatta domanda non può modificare la decisione dell’autorità competente in materia di asilo; esso annulla una decisione amministrativa emessa in violazione delle norme di legge – a meno che non si tratti di norme procedurali la cui violazione non incide sul merito della causa – e, se necessario, impone all’autorità competente in materia di asilo di avviare una nuova procedura. La decisione giurisdizionale che conclude la procedura non può essere oggetto di ricorso».

Il decreto governativo del 21 luglio 2015

19

Ai sensi dell’articolo 2 del decreto governativo 191/2015 (VII.21.) relativo alla determinazione, a livello nazionale, dei paesi di origine qualificati come sicuri e dei paesi terzi sicuri [191/2015. (VII.21.) Kormányrendelet a nemzeti szinten biztonságosnak nyilvánított származási országok és biztonságos harmadik országok meghatározásáról], del 21 luglio 2015 (in prosieguo: il «decreto governativo del 21 luglio 2015»):

«Sono considerati paesi terzi sicuri, ai sensi dell’articolo 2, lettera i), della legge sul diritto di asilo, gli Stati membri dell’Unione europea e gli Stati candidati all’adesione all’Unione europea, eccezion fatta per la Turchia, gli Stati membri dello Spazio economico europeo e gli Stati degli Stati Uniti d’America che non applicano la pena di morte, nonché:

1.

la Svizzera,

2.

la Bosnia-Erzegovina,

3.

il Kosovo,

4.

il Canada,

5.

l’Australia,

6.

la Nuova Zelanda».

20

L’articolo 3, paragrafo 2, del decreto governativo del 21 luglio 2015 stabilisce quanto segue:

«Qualora un richiedente asilo abbia soggiornato sul territorio di uno dei paesi terzi qualificati come sicuri ai sensi dell’elenco dei paesi terzi sicuri redatto dall’Unione europea o dell’articolo 2 del presente decreto governativo, o abbia transitato sul territorio di uno di tali paesi, egli può dimostrare, nel quadro della procedura di asilo prevista dalla legge sul diritto di asilo, che, nel suo caso specifico, egli non aveva la possibilità di accedere in tale paese a una protezione efficace ai sensi dell’articolo 2, lettera i), della legge sul diritto di asilo».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21

Il sig. Mirza, cittadino pakistano, è entrato illegalmente nel territorio ungherese dalla Serbia nell’agosto 2015. Il 7 agosto 2015 egli ha presentato una prima domanda di protezione internazionale in Ungheria. Nel corso della procedura avviata a seguito della sua domanda, il sig. Mirza si è allontanato dal luogo di soggiorno che gli era stato assegnato. Con decisione del 9 ottobre 2015 l’Ufficio ha chiuso l’esame di tale domanda da esso ritenuta, conformemente all’articolo 28, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2013/32, come implicitamente ritirata.

22

Successivamente, il sig. Mirza è stato fermato nella Repubblica ceca mentre tentava di raggiungere l’Austria. Le autorità ceche hanno chiesto all’Ungheria di riprendere in carico l’interessato, richiesta che l’Ungheria ha accolto, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Dublino III.

23

Secondo il giudice del rinvio, dagli atti del fascicolo ad esso sottoposti emerge che, nell’ambito della procedura di ripresa in carico, le autorità ceche erano state informate della normativa ungherese o della prassi delle autorità ungheresi secondo le quali la domanda di protezione internazionale del sig. Mirza doveva essere oggetto di un previo esame di ricevibilità che avrebbe potuto concludersi con l’invio dell’interessato in Serbia senza esame nel merito della sua domanda, in considerazione del fatto che la Repubblica di Serbia, in quanto Stato candidato all’adesione all’Unione europea, figurava nell’elenco dei paesi terzi sicuri stabilito dalla normativa ungherese.

24

A seguito della sua ripresa in carico da parte dell’Ungheria, il 2 novembre 2015 il sig. Mirza ha presentato una seconda domanda di protezione internazionale in Ungheria.

25

In seguito a tale domanda, è stata avviata una seconda procedura ai fini del riconoscimento dello status di protezione internazionale durante la quale l’interessato è stato trattenuto.

26

Il sig. Mirza è stato ascoltato nell’ambito di tale seconda procedura il 2 novembre 2015. Nel corso di tale audizione l’Ufficio ha attirato l’attenzione dell’interessato sul fatto che la sua domanda di protezione internazionale poteva essere respinta in quanto irricevibile a meno che egli non dimostrasse che, tenuto conto della sua situazione specifica, per lui la Repubblica di Serbia non costituiva un paese terzo sicuro. L’interessato ha dichiarato nella sua risposta di non essere al sicuro in tale Stato.

27

Nella sua decisione del 19 novembre 2015 l’Ufficio ha respinto la domanda del sig. Mirza in quanto irricevibile, sulla base del rilievo che per quel che riguarda l’interessato esiste un paese terzo sicuro, ossia la Serbia, che è stato qualificato come paese terzo sicuro dall’articolo 2 del decreto governativo del 21 luglio 2015. Stando alla decisione dell’Ufficio, l’interessato avrebbe potuto dimostrare che, nel suo caso particolare, la Serbia non costituiva un paese terzo sicuro, ma non l’ha fatto. L’Ufficio, con tale decisione, ha disposto misure di rimpatrio e di allontanamento dell’interessato.

28

Il sig. Mirza ha proposto un ricorso avverso detta decisione dinanzi al giudice del rinvio, facendo valere che egli non desiderava essere trasferito in Serbia, dove non sarebbe stato al sicuro.

29

Ciò premesso, il Debreceni Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Debrecen) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento [Dublino III] debba essere interpretato nel senso che

a)

gli Stati membri possono esercitare la possibilità di inviare un richiedente asilo in un paese terzo sicuro solo prima della determinazione dello Stato membro competente, oppure che essi possono esercitarla anche dopo tale determinazione.

b)

se la risposta alla questione che precede sia diversa qualora lo Stato membro constati di essere lo Stato competente non nel momento in cui la domanda viene presentata per la prima volta alle proprie autorità, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento Dublino III e del capo III di detto regolamento, ma nel momento in cui esso accoglie il richiedente proveniente da un altro Stato membro in seguito a una richiesta di trasferimento o di ripresa in carico, a norma dei capi V e VI del regolamento Dublino III.

2)

Qualora, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte in risposta alla prima questione, la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro possa essere ugualmente esercitata dopo un trasferimento effettuato in applicazione della procedura di Dublino III:

se l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III possa essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono esercitare tale possibilità anche nel caso in cui lo Stato membro che effettua il trasferimento, nel corso della procedura di Dublino III, non sia stato informato in merito alla specifica normativa nazionale relativa all’esercizio di tale possibilità, o alla prassi applicata dalle autorità nazionali.

3)

Se l’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III possa essere interpretato nel senso che, nel caso di un richiedente ripreso in carico a norma dell’articolo 18[, paragrafo 1], lettera c), di detto regolamento, la procedura debba proseguire dalla fase in cui è stata interrotta quella precedente».

Sul procedimento d’urgenza

30

Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

31

Detto giudice ha motivato la propria domanda affermando, in particolare, che il sig. Mirza, fino al 1o gennaio 2016, era sottoposto a un provvedimento di trattenimento nell’ambito della procedura di domanda di protezione internazionale oggetto del procedimento principale, provvedimento che poteva essere prorogato dal giudice nazionale competente in materia.

32

Inoltre, il giudice del rinvio, il 6 gennaio 2016, rispondendo a un quesito della Corte, ha informato quest’ultima della proroga del suddetto provvedimento sino alla data della decisione definitiva sulla domanda di protezione internazionale del sig. Mirza oppure, in assenza di una tale decisione entro il 1o marzo 2016, sino a tale ultima data. Per giunta, dalle informazioni comunicate alla Corte dal giudice del rinvio risulta che, dopo il 1o marzo 2016, il provvedimento di trattenimento potrebbe nuovamente essere prorogato per un periodo di sessanta giorni, per una durata complessiva del trattenimento non superiore a sei mesi.

33

È d’uopo constatare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento Dublino III, il quale rientra nei settori disciplinati dal titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Esso può quindi essere trattato con procedimento pregiudiziale d’urgenza.

34

In secondo luogo, riguardo al criterio dell’urgenza, secondo la giurisprudenza della Corte, si deve prendere in considerazione la circostanza che la persona interessata nel procedimento principale è attualmente privata della sua libertà e che il suo mantenimento in custodia dipende dalla soluzione della controversia principale (v., in tal senso, sentenza Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 23). Peraltro, la situazione della persona interessata deve essere valutata quale essa si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che il rinvio pregiudiziale sia trattato con procedimento d’urgenza (v., in tal senso, sentenza N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 40).

35

Nella fattispecie, da un lato, è pacifico che, a tale data, il sig. Mirza fosse privato della sua libertà. Occorre rilevare, dall’altro lato, che il proseguimento del trattenimento dell’interessato dipende dalla soluzione della controversia principale che ha ad oggetto la legittimità del rigetto della domanda di protezione internazionale del sig. Mirza. Emerge infatti dai chiarimenti forniti dal giudice del rinvio che il provvedimento di trattenimento cui è stato assoggettato il sig. Mirza è stato disposto nell’ambito della procedura di esame di tale domanda.

36

In siffatto contesto, la Quarta Sezione della Corte ha deciso, in data 11 gennaio 2016, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il rinvio pregiudiziale in esame con procedimento pregiudiziale d’urgenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

37

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che la possibilità di inviare un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro può essere parimenti esercitata da uno Stato membro dopo che quest’ultimo abbia riconosciuto di essere competente, ai sensi del suddetto regolamento e nell’ambito della procedura di ripresa in carico, per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente che si è allontanato da tale Stato membro prima di una decisione sul merito della prima domanda di protezione internazionale.

38

In primo luogo, si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento Dublino III, l’oggetto di quest’ultimo consiste nello stabilire i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

39

Il regolamento Dublino III non contiene norme che ostano all’invio di un richiedente in un paese terzo sicuro sia prima che dopo la determinazione dello Stato membro competente, dal momento che tale regolamento si limita a stabilire i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale.

40

Come ha sottolineato il governo tedesco in udienza, l’articolo 3, paragrafo 3, del suddetto regolamento, che non contiene alcun limite temporale, prevede che ogni Stato membro «mant[enga]» la possibilità di inviare un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro. Tale possibilità è riconosciuta, ai sensi di tale disposizione, a «ogni Stato membro», e deve essere esercitata «nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva [2013/32]».

41

Emerge, peraltro, dal considerando 12 del regolamento Dublino III che la direttiva 2013/32 dovrebbe integrare e lasciare impregiudicate le disposizioni relative alle garanzie procedurali disciplinate da tale regolamento, fatti salvi i limiti nell’applicazione della medesima direttiva.

42

Infatti, nell’ambito del sistema europeo comune di asilo del quale il regolamento Dublino III e la direttiva 2013/32 sono parte integrante, il concetto di paese terzo sicuro può essere applicato da tutti gli Stati membri, che si tratti dello Stato membro designato competente per l’esame della domanda di protezione internazionale in base ai criteri di cui al capo III del regolamento Dublino III o di qualsiasi altro Stato membro, sulla base dell’articolo 3, paragrafo 3, di tale regolamento.

43

In secondo luogo, per quanto riguarda, più in particolare, l’articolo 33 della direttiva 2013/32, alla luce del quale il giudice del rinvio si interroga riguardo alla facoltà per uno Stato membro di inviare un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro dopo che la competenza di tale Stato membro ad esaminare tale domanda sia stata stabilita conformemente al regolamento Dublino III, occorre rilevare che tale articolo, diretto a temperare l’obbligo dello Stato membro competente di esaminare una domanda di protezione internazionale definendo i casi nei quali una siffatta domanda è giudicata inammissibile, non restringe affatto l’ambito di applicazione della possibilità di cui all’articolo 3, paragrafo 3, di detto regolamento di inviare un tale richiedente in un paese terzo sicuro.

44

L’utilizzo dell’espressione «[o]ltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [Dublino III]» all’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 non consente una conclusione diversa.

45

Infatti, tale espressione fa riferimento a casi che si aggiungono a quelli previsti dal suddetto regolamento, quali quello del trasferimento di un richiedente protezione internazionale verso lo Stato membro competente previsto all’articolo 26, paragrafo 1, del medesimo regolamento, in cui le domande di protezione internazionale non sono esaminate. Pertanto, la suddetta espressione della citata direttiva non limita la portata dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III.

46

Di conseguenza, il fatto che uno Stato membro si sia dichiarato competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale in applicazione del regolamento Dublino III non osta a che tale Stato membro invii, successivamente, il richiedente in un paese terzo sicuro.

47

Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’obbligo derivante dall’articolo 18, paragrafo 2, secondo comma, del suddetto regolamento, secondo il quale «gli Stati membri provvedono affinché l’esame della domanda sia portato a termine».

48

Occorre osservare a tal riguardo che la suddetta disposizione si limita a precisare taluni obblighi dello Stato membro competente – in particolare quello in base al quale spetta a quest’ultimo provvedere affinché l’esame della domanda di protezione internazionale sia portato a termine – e non verte sulla possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro.

49

L’articolo 18 del regolamento Dublino III non limita dunque la portata dell’articolo 3, paragrafo 3, di tale regolamento, in particolare con riferimento a uno Stato membro che, nell’ambito di una procedura di ripresa in carico, si dichiara competente per l’esame della domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente che si sia allontanato da tale Stato membro prima di una decisione sul merito di primo grado.

50

Una diversa lettura dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III introdurrebbe una deroga all’articolo 3, paragrafo 3, di tale regolamento privando gli Stati membri che riprendono in carico un richiedente, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del suddetto regolamento, della possibilità di inviare detto richiedente in un paese terzo sicuro. Orbene, il citato articolo 3, paragrafo 3, non contiene alcun riferimento a una tale deroga e quest’ultima non può trovare giustificazione in nessuno degli obiettivi perseguiti dal regolamento Dublino III.

51

Infatti, vietare a uno Stato membro di esercitare la possibilità di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III in circostanze come quelle di cui al procedimento principale avrebbe come conseguenza che un richiedente che sia fuggito, senza attendere la pronuncia definitiva in merito alla sua domanda, in uno Stato membro diverso da quello in cui l’ha presentata si troverebbe, in caso di ripresa in carico da parte dello Stato membro competente, in una situazione più favorevole rispetto a colui che avrebbe atteso la conclusione dell’esame della propria domanda nello Stato membro competente.

52

Una siffatta interpretazione rischierebbe di incitare i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno depositato una domanda di protezione internazionale in uno Stato membro a recarsi in altri Stati membri, innescando in questo modo movimenti secondari che il regolamento Dublino III intende appunto prevenire instaurando i meccanismi e i criteri uniformi per determinare lo Stato membro competente.

53

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che la possibilità di inviare un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro può parimenti essere esercitata da uno Stato membro dopo che quest’ultimo abbia dichiarato di essere competente, in applicazione di tale regolamento e nell’ambito della procedura di ripresa in carico, per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente che si è allontanato da tale Stato membro prima di una decisione sul merito della sua prima domanda di protezione internazionale.

Sulla seconda questione

54

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che esso osta all’invio di un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro, quando lo Stato membro che effettua il trasferimento del suddetto richiedente verso lo Stato membro competente non sia stato informato, nel corso della procedura di ripresa in carico, né della normativa di quest’ultimo Stato membro relativa all’invio dei richiedenti in paesi terzi sicuri né della prassi delle proprie autorità competenti in materia.

55

Nella fattispecie, il giudice del rinvio rileva che la normativa ungherese introduce una presunzione di irricevibilità delle domande di tutela internazionale presentate dai richiedenti arrivati nel territorio ungherese dalla Serbia, considerata come un paese terzo sicuro da tale normativa, e che non hanno presentato una domanda di protezione internazionale in tale paese terzo.

56

In tale contesto, va rilevato, anzitutto, che, nell’ambito della procedura di ripresa in carico, il regolamento Dublino III non assoggetta lo Stato membro competente all’obbligo di informare lo Stato membro che effettua il trasferimento circa il contenuto della sua normativa nazionale in materia di invio dei richiedenti in paesi terzi sicuri o della sua prassi amministrativa in materia.

57

A tal riguardo, occorre constatare che la normativa e la prassi nazionali relative al concetto di paese terzo sicuro sono irrilevanti ai fini della determinazione dello Stato membro competente e del trasferimento del richiedente di cui trattasi in tale Stato membro.

58

Occorre poi rilevare che se è pur vero che la direttiva 2013/32 richiede, in virtù del suo articolo 38, paragrafo 5, che gli Stati membri comunichino periodicamente alla Commissione a quali paesi sicuri è applicato il concetto di paese terzo sicuro, tuttavia essa non impone affatto allo Stato membro competente, quando quest’ultimo riprende in carico un richiedente, che esso informi lo Stato membro che effettua il trasferimento riguardo alla sua normativa sui paesi terzi sicuri o alla prassi delle sue autorità competenti in tale materia.

59

Infine occorre constatare che l’assenza di comunicazione, da parte dello Stato membro competente allo Stato membro che effettua il trasferimento, di informazioni riguardanti la propria normativa sui paesi terzi sicuri e la propria prassi amministrativa in materia non pregiudica il diritto del richiedente a un ricorso effettivo avverso la decisione di trasferimento e avverso la decisione sulla domanda di protezione internazionale.

60

Per quanto riguarda la decisione di trasferimento, emerge dall’articolo 27 del regolamento Dublino III che il richiedente ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

61

Orbene, nell’ambito della procedura di ripresa in carico di un richiedente, poiché lo Stato membro competente non è obbligato a informare lo Stato membro che effettua il trasferimento riguardo alla propria normativa in vigore che prevede una presunzione di irricevibilità della domanda di protezione internazionale del richiedente giunto sul suo territorio da un paese terzo sicuro, definito come tale da siffatta normativa, l’assenza di una tale comunicazione non può pregiudicare i diritti del richiedente.

62

Inoltre, per quanto riguarda la decisione relativa alla domanda di protezione internazionale, nello Stato membro competente il richiedente ha diritto a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 46 della direttiva 2013/32, dinanzi a un giudice di tale Stato membro che gli consente di contestare la decisione basata sulle norme di diritto nazionale relative ai paesi terzi sicuri in virtù, a seconda della propria situazione individuale, degli articoli 38 o 39 di tale direttiva.

63

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’invio di un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro, quando lo Stato membro che effettua il trasferimento del suddetto richiedente verso lo Stato membro competente non sia stato informato, nel corso della procedura di ripresa in carico, né della normativa di quest’ultimo Stato membro relativa all’invio dei richiedenti in paesi terzi sicuri né della prassi delle proprie autorità competenti in materia.

Sulla terza questione

64

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che, in caso di ripresa in carico di un richiedente protezione internazionale, la procedura di esame della domanda di quest’ultimo debba essere ripresa dalla fase in cui è stata interrotta dalle autorità competenti dello Stato membro competente.

65

A tal riguardo, si deve rilevare, da un lato, che l’articolo 18, paragrafo 2, secondo comma, del suddetto regolamento richiede che lo Stato membro competente provveda a che l’esame della domanda di protezione internazionale sia «portato a termine». Per contro, esso non impone a un tale Stato membro di riprendere l’esame della domanda di protezione internazionale da una particolare fase della procedura.

66

Infatti, l’articolo 18, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III, disponendo che al richiedente sia concesso il diritto di chiedere che venga adottata una decisione definitiva circa la propria domanda di protezione internazionale, sia nell’ambito della procedura che è stata interrotta, sia nell’ambito di una nuova procedura che non sarà trattata come domanda reiterata, mira ad assicurare al richiedente un esame della sua domanda che soddisfi i requisiti previsti dalla direttiva 2013/32 per le prime domande in primo grado. Per contro, tale medesima disposizione non mira né a prescrivere il modo in cui la procedura debba essere ripresa in una tale situazione né a privare lo Stato membro competente della possibilità di dichiarare la domanda irricevibile.

67

Dall’altro lato, l’articolo 28, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva 2013/32 prevede espressamente che gli Stati membri possano autorizzare l’autorità competente per l’esame, in primo grado, delle domande di protezione internazionale a riprendere l’esame di una domanda dal momento in cui era stato sospeso, senza tuttavia obbligarli in tal senso.

68

Alla luce della considerazioni sin qui svolte, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che, in caso di ripresa in carico di un richiedente protezione internazionale, esso non richiede che la procedura di esame della domanda di quest’ultimo sia ripresa dalla fase in cui era stata interrotta.

Sulle spese

69

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, deve essere interpretato nel senso che la possibilità di inviare un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro può parimenti essere esercitata da uno Stato membro dopo che quest’ultimo abbia dichiarato di essere competente, in applicazione di tale regolamento e nell’ambito della procedura di ripresa in carico, per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente che si è allontanato da tale Stato membro prima di una decisione sul merito della sua prima domanda di protezione internazionale.

 

2)

L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’invio di un richiedente protezione internazionale in un paese terzo sicuro, quando lo Stato membro che effettua il trasferimento del suddetto richiedente verso lo Stato membro competente non sia stato informato, nel corso della procedura di ripresa in carico, né della normativa di quest’ultimo Stato membro relativa all’invio dei richiedenti in paesi terzi sicuri né della prassi delle proprie autorità competenti in materia.

 

3)

L’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che, in caso di ripresa in carico di un richiedente protezione internazionale, esso non richiede che la procedura di esame della domanda di quest’ultimo sia ripresa dalla fase in cui era stata interrotta.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.

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