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Document 61991CC0089

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 27 ottobre 1992.
Shearson Lehmann Hutton Inc. contro TVB Treuhandgesellschaft für Vermögensverwaltung und Beteiligungen mbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof - Germania.
Convenzione di Bruxelles - Art. 13, primo e secondo comma - Competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori - Nozione di consumatore - Azione giudiziaria promossa da una società, cessionaria dei diritti di un singolo.
Causa C-89/91.

Raccolta della Giurisprudenza 1993 I-00139

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1992:410

61991C0089

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 27 ottobre 1992. - SHEARSON LEHMANN HUTTON INC CONTRO TVB TREUHANDGESELLSCHAFT FUER VERMOEGENSVERWALTUNG UND BETEILIGUNGEN MBH. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: BUNDESGERICHTSHOF - GERMANIA. - CONVENZIONE DI BRUXELLES - ART. 13, PRIMO E SECONDO COMMA - COMPETENZA IN MATERIA DI CONTRATTI CONCLUSI DAI CONSUMATORI - NOZIONE DI CONSUMATORE - AZIONE INTENTATA DA UNA SOCIETA, CONCESSIONARIA DEI DIRITTI DI UN SINGOLO. - CAUSA C-89/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-00139


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Chiamato a dirimere la presente controversia, il Bundesgerichtshof ha sottoposto alla Corte quattro questioni pregiudiziali in merito all' interpretazione dell' art. 13 della Convenzione di Bruxelles concernente la competenza giurisdizionale e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la "Convenzione"), secondo il testo modificato dalla Convenzione 9 ottobre 1978 di adesione della Danimarca, dell' Irlanda e del Regno Unito (1).

2. Avendo preso conoscenza di un annuncio pubblicitario apparso sulla stampa tedesca, un singolo, magistrato di professione, affida alla società commissionaria americana Hutton Inc. il compito di effettuare operazioni a termine su divise, titoli e merci, nelle condizioni stabilite in un contratto di commissione ("Kommissionsweise Durchfuehrung von Devisen-, Wertpapier- und Warentermingeschaeften"). A tal fine, egli entra in rapporto con la consociata tedesca della società americana, la Hutton GmbH.

3. Dopo aver versato nel 1986 e nel 1987 somme importanti, quasi interamente perdute in seguito ad investimenti infruttuosi, egli cede il suo diritto di credito ad una società fiduciaria, la società tedesca Treuhandgesellschaft fuer Vermoegensverwaltung und Beteiligungen mbH (in prosieguo: la "TVB").

4. La TVB ha introdotto un' azione presso l' autorità giudiziaria tedesca per ottenere il soddisfacimento del diritto di credito. L' azione è diretta contro l' impresa commissionaria (Brokerfirma) americana Hutton, che è stata nel frattempo rilevata dalla società, anch' essa americana, Shearson Lehman Hutton Inc. (in prosieguo: la "Shearson Lehman").

5. A sostegno della sua azione, la TVB, oltre a rimproverare alla convenuta di essersi resa responsabile di arricchimento senza causa, domanda il risarcimento dei danni per violazione di obbligazioni contrattuali e precontrattuali, nonché la riparazione dei danni derivanti dal comportamento illecito tenuto dalla Shearson Lehman, che, secondo la TVB, non avrebbe sufficientemente informato la controparte sui rischi ai quali era esposta.

6. Il Landgericht ha respinto la domanda perché "irricevibile". Il giudice di appello si è invece dichiarato "competente". La Shearson Lehman è ricorsa in "cassazione" contro quest' ultima decisione.

7. Il Bundesgerichtshof osserva che la competenza internazionale dei tribunali tedeschi è ammissibile nella presente fattispecie solo se l' art. 13 della Convenzione di Bruxelles è applicabile (2), e sottopone alla Corte quattro questioni pregiudiziali il cui testo è riprodotto nella relazione di udienza (3).

8. Con tali questioni, vi si chiede in sostanza d' interpretare le nozioni di

° "un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizio", di cui all' art. 13, primo comma, punto 3, onde appurare se tale nozione includa anche le Convenzioni di cui trattasi nel presente caso;

° "pubblicità" preliminare, di cui all' art. 13, primo comma, punto 3, lett. a), onde accertare se tale nozione implichi l' esistenza di un legame con la conclusione del contratto;

° "succursale, agenzia o qualsiasi altra filiale" ai sensi dell' art. 13, secondo comma, onde accertare se in tale nozione possa rientrare una società avente sede nello Stato del domicilio del consumatore, la quale appartiene economicamente alla controparte di quest' ultimo ed agisce solo come intermediario, senza essere munita del potere di compiere atti giuridici vincolanti per la casa madre;

° "esercizio" della succursale, agenzia o filiale, ai sensi della suddetta disposizione, onde precisare se le contestazioni nate nell' ambito delle relazioni così instaurate siano inerenti a queste ultime;

° "materia di contratti", contenuta nell' art. 13, primo comma, onde stabilire se, oltre alle domande di risarcimento danni per violazione di obbligazioni contrattuali, tale nozione comprenda anche le domande basate sulla violazione di obblighi precontrattuali e sull' arricchimento senza causa, e se essa consenta di ammettere, per ragioni di connessione, una competenza accessoria in materia contrattuale.

9. Come avete potuto constatare, per risolvere tali questioni, o per decidere se possono essere risolte, occorre esaminare, da un lato, se anche la TVB, cessionaria del credito, possa avvalersi della qualità di consumatore posseduta dal cedente, e, dall' altro, se l' art. 13, secondo comma, della Convenzione possa applicarsi allorché il consumatore e la succursale sono domiciliati nel medesimo Stato contraente, mentre la società madre ha sede in uno Stato terzo. Su questi due punti, avete posto alcuni quesiti.

10. Le norme della Convenzione relative alla competenza fanno parte del Titolo II (artt. da 2 a 24), articolato in nove sezioni. La prima sezione (artt. da 2 a 4) contiene "disposizioni generali". La sezione 4 (artt. da 13 a 15) tratta della "competenza in materia di contratti conclusi da consumatori".

11. La soluzione di tutte le questioni ° quelle poste dal giudice a quo nonché i vostri quesiti ° è possibile solo se si confrontano fra loro le norme contenute nelle sezioni da 1 a 4.

12. In altre parole, occorre esaminare se una situazione come quella in esame ricada sotto la disciplina della Convenzione e, in caso affermativo, quali conseguenze si possano trarre per la determinazione del foro competente.

13. Si ricordi, in proposito, che l' azione patrimoniale di cui trattasi è promossa da una società stabilita in uno Stato contraente nei confronti di un' altra società avente sede in uno Stato terzo.

14. Orbene, com' è noto, la Convenzione di Bruxelles, con cui si realizza un mandato conferito agli Stati membri della Comunità economica europea dall' art. 220, quarto trattino, del Trattato di Roma, mira soprattutto a rendere uniformi le norme sulla competenza dei giudici degli Stati membri nell' ordinamento internazionale, in modo da garantire, all' interno della Comunità, la "libera circolazione delle decisioni" in materia civile e commerciale. Essa non intende disciplinare i conflitti di competenza fra gli Stati firmatari e gli Stati terzi (4). La sua sfera di applicazione è ristretta agli Stati contraenti.

15. Questo principio è enunciato espressamente dall' art. 4, primo comma, secondo il quale "se il convenuto non è domiciliato sul territorio di uno Stato contraente, la competenza è disciplinata, in ogni Stato contraente, dalla legge di tale Stato, salva l' applicazione delle disposizioni di cui all' art. 16".

16. Poiché l' art. 16 non è pertinente nella presente fattispecie, quest' ultima ricade, a prima vista, sotto la legge dello Stato dell' attore, dato che il convenuto ha il proprio domicilio al di fuori del territorio di uno Stato contraente. La Convenzione non sembra quindi a priori applicabile. "Se (...) il convenuto non è domiciliato sul territorio di uno Stato contraente, la convenzione non contiene disposizioni autonome che disciplinino questo caso, ma rinvia alla legge interna dello Stato sul cui territorio si trova la giurisdizione adita per la controversia (art. 4, primo comma). La Convenzione autorizza qualsiasi persona, indipendentemente dalla sua nazionalità, domiciliata sul territorio di uno Stato contraente, ad invocare contro il convenuto la legge di questo Stato (...)" (5).

17. In tal modo, sono quindi le disposizioni particolari dell' art. 13 che hanno indotto il Bundesgerichtshof a chiedervi d' interpretare la Convenzione.

18. Il richiamo all' art. 4, operato dall' art. 13, primo comma, fa concludere che gli artt. da 13 a 15 sono applicabili solo nel caso in cui il convenuto sia domiciliato in uno Stato contraente: nel caso contrario, le norme che il giudice adito applica per determinare la competenza saranno quelle nazionali.

19. E' tuttavia evidente che l' art. 13, secondo comma, deroga implicitamente all' art. 4, e che deve potersi applicare al caso in cui la controparte del consumatore, convenuta nel giudizio, ha il proprio domicilio in uno Stato terzo, qualora essa possieda una succursale, un' agenzia o qualsiasi altra filiale in uno degli Stati contraenti (6).

20. La fattispecie in esame rientra quindi nella sfera di applicazione della Convenzione di Bruxelles soltanto nel caso in cui l' art. 13, secondo comma, le sia applicabile (7). Il che, sia ben chiaro fin da adesso, è escluso caso per tre motivi: 1) non è consumatore ai sensi degli artt. 13 e 14 chi ha proposto l' azione, se non è, egli stesso, parte contraente in uno dei contratti enumerati all' art. 13, primo comma, 2) una sede secondaria non abilitata a compiere atti giuridici per conto della casa madre non è né una succursale, né un' agenzia né una filiale ai sensi dell' art. 13, secondo comma, 3) anche nel caso contrario, quest' ultima norma non è applicabile, data l' assenza di elementi di estraneità, se la succursale ha la propria sede nello Stato in cui è domiciliato il consumatore. Esaminiamo uno dopo l' altro questi tre punti.

21. Le competenze alternative e il foro esclusivo di cui gode il consumatore a norma dell' art. 14, primo comma, della Convenzione di Bruxelles operano solo se si tratta di un' "azione proposta da un consumatore contro l' altra parte del contratto".

22. Nel presente caso, la domanda di riscossione di crediti non è proposta dalla controparte iniziale della società Shearson Lehman, ma da una società commerciale cessionaria del diritto di credito di detta controparte, in ottemperanza ai propri fini sociali. Può tale società agire, nell' ambito di tale domanda, in qualità di consumatore ai sensi degli artt. 13 e 14 della Convenzione.

23. Questo è secondo noi il problema centrale da risolvere. Ci sembra evidente che, se la TVB non possiede la qualità di consumatore, la controversia nata con la Shearson Lehman non ricade sotto la Convenzione.

24. E' fuori dubbio che, per salvaguardare la coerenza della disciplina prevista dalla sezione 4 della Convenzione, si deve accogliere un' interpretazione autonoma della nozione di "consumatore", tale da conferire a questa nozione un contenuto materiale omogeneo, legato al diritto comunitario, senza che occorra un rinvio al diritto degli Stati contraenti. E' in questo preciso senso che avete deciso a proposito della nozione di "vendita a rate di beni mobili materiali", sostituita nella sezione 4 dalla nozione di "contratti conclusi da consumatori" (8).

25. Quanto al problema se la società cessionaria possa assumere la qualità di consumatore, la sua soluzione non dipende, a nostro parere, dalla natura della cessione di diritti operata a favore di tale società (si tratta unicamente della cessione di un credito o anche della cessione di diritti legati alla persona del creditore?). Solo il giudice di merito è competente a esaminare la portata della cessione, la quale richieda un' interpretazione di norme di diritto interno.

26. Far sì che la società cessionaria possa beneficiare delle norme di competenza dell' art. 14, significa, senza dubbio, favorire indirettamente il consumatore medesimo (facilitando, in particolare, le condizioni della riscossione, e dunque della cessione di credito). Sennonché, la Convenzione di Bruxelles protegge espressamente il consumatore solo in quanto egli è personalmente coinvolto come attore o convenuto in un giudizio (9). Tale protezione non può essere estesa ai procedimenti giudiziari nei quali egli non è parte.

27. Inoltre, la nozione di "consumatore" ai sensi dell' art. 14 non può discostarsi da quella accolta dall' art. 13. Non è, infatti, pensabile che, in assenza di un' esplicita norma, il termine "consumatore" possa avere, in due articoli successivi, un significato diverso. Secondo l' art. 13, è consumatore solo colui che ha concluso un certo tipo di contratto: il che deve valere anche per l' art. 14.

28. Ne consegue che può beneficiare del foro esclusivo grazie alla propria qualità di consumatore soltanto la parte processuale che soddisfa, di per sé stessa, le condizioni di cui all' art. 13 e che ha dunque partecipato alla conclusione del contratto con l' operatore economico professionale (10). L' azione giudiziaria di cui all' art. 14 può dunque, secondo noi, essere promossa solamente da un consumatore, a proposito di un contratto da esso medesimo concluso.

29. In altre parole, è consumatore, che può avvalersi delle norme speciali di competenza della sezione 4, l' attore che soddisfa una duplice condizione: 1) essere parte nel procedimento (art. 14), 2) essere vincolato da uno dei contratti enumerati dall' art. 13. Ne consegue che, se il consumatore, controparte iniziale, cede il suo diritto di credito ad un terzo, che, in seguito, propone un' azione in relazione al diritto cedutogli, detto cessionario non soddisfa, secondo noi, le due condizioni richieste da queste norme.

30. Si desume quindi dal testo e dalla ratio degli artt. 13 e 14 insieme considerati che una persona giuridica posta nella situazione in cui si trova la TVB non può essere considerata consumatore. Scopo di tali norme è infatti proteggere la parte più debole o provvista di meno esperienza. Tale non è il caso di una società che proponga un' azione giudiziaria in relazione ai suoi scopi sociali.

31. Chiamati ad interpretare l' art. 14, secondo comma, nella versione del 1968, in relazione alle vendite a rate, voi avete affermato che:

"(...) l' interpretazione restrittiva dell' art. 14, secondo comma, in conformità agli obiettivi perseguiti dalla sezione 4, porta a riservare la competenza giurisdizionale di cui sopra soltanto agli acquirenti che necessitino di tutela, in quanto si trovino in posizione di debolezza economica nei confronti dei venditori, per il fatto di essere consumatori finali privati, non impegnati, cioè, con l' acquisto di un dato prodotto a rate, in attività commerciali o industriali" (11).

32. Ne avete dedotto che:

"(...) la nozione di vendita a rate di beni mobili materiali, cui si riferisce l' art. 13 della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, non può essere intesa nel senso che essa comprenda la vendita di una macchina pattuita fra due imprese, con pagamento mediante tratte a scadenze differite" (12).

33. Come osserva il professor Schlosser, le modifiche subite nel 1978 dalla sezione 4 sono ispirate dalle stesse preoccupazioni della precedente normativa. Il campo d' applicazione di tale sezione è stato esteso ai contratti conclusi dai consumatori. In omaggio al principio della sentenza Bertrand (13), la nuova sezione 4 riguarda dunque soltanto il consumatore finale (14).

34. Ci sembra, inoltre, inammissibile che le norme sulla competenza possano variare secondo l' origine del diritto fatto valere dall' attore: secondo che il diritto gli sia stato ceduto da un consumatore o che egli agisca in forza di un proprio diritto, l' attore potrebbe infatti avvalersi delle norme di competenza di cui all' art. 14 o non sarebbe legittimato a farlo, sebbene l' azione giudiziaria promossa sia, in entrambi i casi, di uguale natura.

35. Ne consegue, a nostro parere, che la qualità di consumatore ai sensi degli artt. 13 e 14 non può essere riconosciuta a chi promuove l' azione giudiziaria, se non è, egli stesso, parte contraente di uno dei contratti enumerati all' art. 13, primo comma.

36. L' art. 13, secondo comma, che è la sola norma ° occorre ricordarlo ° che possa consentire di far ricadere sotto la Convenzione di Bruxelles la fattispecie in esame, è inapplicabile per un secondo motivo: la controparte del consumatore non possiede una succursale, un' agenzia o qualsiasi altra filiale ai sensi di questa disposizione, se essa ricorre, per l' esercizio della sua attività in un altro Stato membro, ai servizi forniti da una società avente sede in questo Stato, che le appartiene economicamente, ma che non dispone del potere di concludere affari.

37. La nozione di "succursale, agenzia o qualsiasi altra filiale", che il giudice a quo vi domanda d' interpretare nella sua terza questione, vi è nota. Se non avete ancora avuto l' occasione di analizzare l' art. 8, secondo comma e l' art. 13, secondo comma, avete però già esaminato, nella vostra giurisprudenza, l' art. 5, punto 5, che vi fa riferimnto al pari degli altri due.

38. Sottolineamo ciò che distingue queste tre disposizioni: l' art. 5, punto 5, riguarda solo le imprese aventi sede sul territorio di uno degli Stati contraenti. Se l' impresa ha sede sul territorio di uno Stato terzo, si applica l' art. 4. Al contrario, gli artt. 8, secondo comma, e 13, secondo comma, permettono di derogare ad un' applicazione stretta dell' art. 5, punto 5, in quanto contemplano il caso in cui l' assicuratore o la controparte del consumatore non sono domiciliati sul territorio di uno Stato firmatario della Convenzione.

39. Trattandosi di una deroga al principio posto dal primo comma, e in quanto fa menzione dell' art. 4, il secondo comma dell' art. 13, le cui disposizioni sono opponibili alle parti nel giudizio che sono domiciliate in uno Stato terzo, è però una norma di stretta interpretazione. Se interpretata in modo estensivo, la nozione di "succursale" permetterebbe, infatti, di eludere facilmente il principio fondamentale dell' art. 4, primo comma.

40. Qual è la vostra giurisprudenza in merito all' art. 5, punto 5?

41. Vi siete già pronunciati a favore di un' interpretazione autonoma della nozione di "contestazione relativa all' esercizio di una succursale, di un' agenzia o di qualsiasi altra filiale", e avete concluso che, per il fatto stesso di prevedere una competenza speciale in deroga alla regola generale della competenza del foro dello Stato in cui ha domicilio il convenuto, l' art. 5, punto 5, deve essere interpretato restrittivamente (15).

42. Nella sentenza 6 ottobre 1976, De Bloos (16) ° la prima ad essere stata pronunciata a proposito di questa norma ° voi avete rilevato che

"(...) uno degli elementi essenziali peculiari delle nozioni di succursale e di agenzia (17) è la subordinazione alla direzione ed al sindacato della casa madre" (18).

E ne avete dedotto che non si possono applicare le nozioni di succursale, di agenzia o di qualsiasi altra filiale al caso di un concessionario esclusivo non soggetto al controllo e alla direzione di una società (19).

43. Nella sentenza 9 dicembre 1987, Schotte (20), avete dichiarato che l' art. 5, punto 5, era applicabile a due distinte società (una società madre e la sua consociata al 100%) aventi identica ragione sociale e gli stessi organi di direzione, e delle quali l' una (la società madre) aveva compiuto atti giuridici per conto dell' altra, pur non essendo né una succursale né un' agenzia non autonoma nei confronti di quest' ultima.

44. E' quindi necessario che una società si presenti, nello Stato in cui ha la propria sede, come l' estensione commerciale di una società stabilita in un altro Stato contraente, affinché quest' ultima possa essere citata in giudizio nel luogo in cui la prima è domiciliata, anche se, sotto il profilo del diritto societario, le due società sono indipendenti l' una dall' altra.

45. Il rapporto di dipendenza dalla società stabilita in un altro Stato contraente non ha importanza in un caso del genere. Ciò che è determinante è, secondo noi, il potere che ha la sede secondaria di negoziare con i terzi.

46. In effetti, già nella sentenza Blanckaert e Willems (21), avete affermato che un rappresentante di commercio (intermediario), che sia un collaboratore indipendente della casa madre, non presenta le caratteristiche di una succursale, di un' agenzia o di qualsiasi altra filiale ai sensi dell' art. 5, punto 5, soprattutto in quanto si limita a trasmettere ordini alla casa madre, senza partecipare né al loro pagamento né alla loro esecuzione (22).

47. Nella sentenza Somafer (23) avete inoltre precisato che

"(...) il concetto di succursale, di agenzia o di qualsiasi altra filiale implica un centro operativo che si manifesti in modo duraturo verso l' esterno come un' estensione della casa madre, provvisto di direzione e attrezzato in modo da poter trattare affari con terzi, di guisa che questi, pur sapendo che un eventuale rapporto giuridico si stabilirà con la casa madre la cui sede trovasi all' estero, sono dispensati dal rivolgersi direttamente a questa, e possono concludere affari nel centro operativo che ne costituisce l' estensione" (24).

48. Infine, nella sentenza Schotte, precedentemente citata, avete riconosciuto la qualità di succursale alla società madre abilitata a trattare affari per conto della sua consociata.

49. L' art. 13, secondo comma, che, come abbiamo visto, consente di citare dinanzi al giudice di uno Stato contraente la controparte del consumatore, non domiciliata sul territorio di uno Stato contraente, prevede ° lo ripetiamo ° una deroga all' art. 4. Non è possibile a proposito di questa norma rifarsi ad un' interpretazione più larga di quella accolta per l' art. 5, punto 5, il quale, nella sfera di applicazione territoriale della Convenzione, fa eccezione solo all' art. 2.

50. Ciò posto, è logico quindi chiedersi se sia possibile qualificare come filiale, succursale o agenzia l' impresa che, pur appartenendo economicamente ad una società con sede in uno Stato terzo, non disponga del potere di trattare affari (25).

51. Il fatto di disporre di un tale potere ci sembra la condizione sine qua non dell' esistenza di una filiale ai sensi dell' art. 13, secondo comma.

52. In effetti, la ratio legis di questa norma richiede l' esistenza di un collegamento talmente stretto con lo Stato del domicilio del consumatore da dover giustificare una deroga all' art. 4 della Convenzione, suscettibile di essere opposta ad una persona domiciliata in uno Stato terzo (26).

53. Ciò implica che la società domiciliata in uno Stato contraente, che fa solo da intermediario, da "cassetta postale", non potrà "fissare" la competenza sul territorio dello Stato in cui è domiciliata, dal momento che essa non ha concluso il contratto per il quale ha fatto da intermediario ed il contratto è stato eseguito in uno Stato terzo. Il centro di gravità del contratto non può essere localizzato nello Stato contraente in cui è stato forse preparato ma non concluso. Solo le condizioni di conclusione e di esecuzione sul territorio dello Stato terzo potranno eventualmente fare oggetto di contestazioni fra le parti, ma tali condizioni non permettono di ricollegare la controversia al luogo in cui ha sede la succursale.

54. L' art. 8, ultimo comma, della Convenzione ci sembra confermare questo punto di vista. Il sig. Jenard osserva infatti che tale deroga "si applica soltanto al caso delle succursali e delle agenzie: in altre parole, essa si applica soltanto quando la società straniera è rappresentata da una persona capace di obbligarla verso terzi" (27).

55. Non riusciamo a vedere, d' altronde, come potrebbe sorgere una "contestazione relativa all' esercizio" della succursale, se quest' ultima non ha il potere giuridico di concludere contratti.

56. Come avete precisato nella sentenza Somafer, punto 13 della motivazione, perché si abbia esercizio di una succursale occorre che quest' ultima abbia contratto impegni che vengono attuati nello Stato in cui è stabilita. Ciò suppone che la succursale disponga del potere di assumere tali impegni. Non si può localizzare una controversia nella sede della succursale se il contenuto della controversia non rientra nel "campo di attività" (28) di quest' ultima. Come osserva giustamente la Shearson Lehman, "se l' agenzia ha fatto unicamente da intermediario, questa circostanza basta da sola ad escludere l' ipotesi di controversie relative all' esercizio" della stessa (29). Un semplice intermediario non potrebbe "trasferire" la competenza alle giurisdizioni del luogo in cui egli è domiciliato (30).

57. Si deve quindi dedurne che il centro operativo che non disponga del potere di concludere affari non è, né una succursale, né un' agenzia, né un altro tipo di filiale ai sensi dell' art. 13, secondo comma, della Convenzione di Bruxelles. L' esigenza di proteggere il consumatore non si spinge, in simili casi, fino al punto di permettere che quest' ultimo citi la controparte, domiciliata in uno Stato terzo, dinanzi ai giudici dello Stato contraente sul cui territorio egli ha il proprio domicilio ed ha sede la succursale.

58. Infine, anche supponendo che la controparte del consumatore possa provare l' esistenza di una succursale ai sensi dell' art. 13, secondo comma, esuliamo dalla Convenzione se tale succursale ha sede nel territorio dello Stato in cui è domiciliato il consumatore. In effetti, la controversia, che potrebbe essere internazionale per quanto riguarda soprattutto la scelta della legge nazionale competente, non lo è agli occhi della Convenzione, in quanto le manca l' elemento indispensabile di estraneità, che, in linea di principio, è dato dal concorso di almeno due Stati.

59. Qualora la controparte del consumatore non sia domiciliata sul territorio di uno Stato contraente, ma possieda una succursale, un' agenzia o qualsiasi altra filiale in uno Stato contraente diverso da quello in cui è domiciliato il consumatore, l' art. 13, secondo comma, è certamente applicabile.

60. Per effetto di questa disposizione, la parte che ha concluso il contratto con il consumatore viene considerata, grazie ad una finzione giuridica, domiciliata nello Stato contraente nel quale ha sede la sua succursale. In tal modo, la controversia viene in un certo senso "attratta" dalla Convenzione e si sfugge così al disposto dell' art. 4, primo comma. Al criterio che esclude la controversia dal campo di applicazione della Convenzione (per essere la controparte del consumatore domiciliata in uno Stato terzo) si sostituisce un criterio di collegamento: il fatto che la succursale abbia sede in uno Stato contraente. La controversia diventa quindi internazionale ai sensi della Convenzione, in quanto coinvolge due Stati contraenti: quello del domicilio del consumatore e quello in cui ha sede la succursale della controparte.

61. Ma, che dire se la succursale e il consumatore sono entrambi stabiliti sul territorio di un medesimo Stato contraente?

62. Nella sua relazione sulla Convenzione di Bruxelles, il signor Jenard ritiene che "nell' ipotesi di una controversia sottoposta ai Tribunali di uno Stato contraente e relativa soltanto a persone domiciliate in tale Stato, la Convenzione, in linea di principio, non si applica" (31).

63. Si potrebbe certo sostenere che, se il processo viene ad opporre l' una all' altra due parti domiciliate nel medesimo Stato contraente, ciò è dovuto proprio alla Convenzione stessa e alla finzione giuridica di cui all' art. 13, secondo comma. Sennonché noi avvertiamo un preciso limite all' applicazione della Convenzione: se la succursale e il consumatore sono domiciliati nel medesimo Stato contraente, la controversia cessa di essere "internazionale" ai sensi della Convenzione stessa, e l' art. 13, secondo comma, non può quindi trovare applicazione.

64. Infatti, come osserva il signor Droz, "ogni qualvolta la Convenzione stabilirà una competenza speciale diretta, come, ad esempio, quella del foro del luogo in cui è domiciliato il contraente d' assicurazione, il convenuto verrà citato in giudizio in uno Stato diverso da quello del suo domicilio" (32).

65. La Convenzione ° lo ripetiamo ° ha per oggetto la soluzione dei problemi di competenza fra i giudici degli Stati contraenti, nell' ambito comunitario (33).

66. Riteniamo inoltre che una norma, come l' art. 13, secondo comma, opponibile alle persone domiciliate in uno Stato non firmatario della Convenzione, debba essere interpretata restrittivamente, poiché riguarda una situazione che la Convenzione non ha, in linea di principio, per compito di disciplinare.

67. L' art. 14 conferma quest' interpretazione. Il primo comma lascia, infatti, al consumatore la possibilità di proporre l' azione contro l' altra parte contraente "sia davanti ai giudici dello Stato contraente sul cui territorio tale parte ha il proprio domicilio", "sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato"; il che implica il riferimento a due Stati.

68. Un' ulteriore conferma sembra provenire dall' art. 15, secondo il quale le disposizioni della sezione 4 possono essere derogate solo con una convenzione:

"(...)

3. che, conclusa tra il consumatore e la sua controparte aventi entrambe il domicilio o la residenza abituale nel medesimo Stato contraente al momento della conclusione del contratto, attribuisca la competenza ai giudici di tale Stato, sempreché la legge di quest' ultimo non vieti dette convenzioni" (34).

Tale disposizione ° derogatoria e quindi di stretta interpretazione ° sembra sottolineare che l' applicazione della Convenzione, nei casi in cui un solo Stato contraente entra in considerazione al momento in cui l' azione è proposta, pur essendo consentita malgrado la lettera del preambolo, ha carattere rigorosamente eccezionale.

69. In una simile situazione, la competenza deve pertanto essere stabilita, non dalla Convenzione, ma dalla lex fori dello Stato contraente interessato, nel caso stesso in cui quest' ultima non accordi al consumatore il beneficio del forum actoris.

70. Concludiamo quindi che l' art. 13, secondo comma, della Convenzione non è applicabile se la succursale della società che ha sede in uno Stato terzo è stabilita nel territorio dello Stato contraente in cui il consumatore ha il proprio domicilio.

71. Per tutti questi motivi, riteniamo che una situazione come quella in esame non rientri nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles.

72. E' quindi solo in via sussidiaria che procediamo all' esame delle questioni 1, 2 e 4, sottopostevi dal Bundesgerichtshof, la terza questione, relativa alla nozione di succursale, essendo già stata trattata.

73. Esaminiamo la prima questione. Dei contratti enumerati all' art. 13, primo comma, il solo che occorra considerare nel presente caso è quello descritto nel punto 3, vale a dire il "contratto avente ad oggetto una fornitura di servizio", contemplato anche dall' art. 5 della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (35). Né il testo delle due Convenzioni, né le relative relazioni definiscono questo contratto.

74. La modifica apportata dalla Convenzione d' adesione 1978 alla sezione 4 e all' art. 13, in particolare, della Convenzione di Bruxelles aveva per scopo di rendere più ampia la protezione dei consumatori senza confinarla al settore delle vendite e dei prestiti a rate. Con una formulazione molto ampia, tale norma fa riferimento ad una categoria residua di contratti ° "un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizio o di beni mobili materiali" ° senza fare distinzioni all' interno di questa categoria in base alla natura del contratto (36).

75. E' certamente vero che l' art. 5 della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (37), relativo ai contratti conclusi dai consumatori, si applica ai contratti "aventi per oggetto la fornitura di beni mobili materiali o di servizi a una persona, il consumatore, per un uso che può considerarsi estraneo alla sua attività professionale, e ai contratti destinati al finanziamento di tale fornitura" (38), e che, secondo la relazione Giuliano-Lagarde (39), tale norma esclude le vendite di titoli (40).

76. Ciò però non significa, come erroneamente sostiene la Shearson Lehman (41), che il contratto di commissione, concluso per l' attuazione di operazioni a termine su divise e valori mobiliari e di operazioni a vista, sia escluso dalla categoria dei contratti aventi ad oggetto la fornitura di servizi ai sensi dell' art. 13. La Convenzione di Roma prevede infatti deroghe alla sua sfera di applicazione, che non sono ammesse dalla Convenzione di Bruxelles (42). Inoltre, un tale contratto non è, per l' esattezza, una "vendita di titoli".

77. Né sarebbe possibile negare lo scopo protettivo dell' art. 13, affermando che il contratto riguarda operazioni a termine su divise, titoli e merci, "aventi carattere speculativo e di giuoco d' azzardo, estraneo ad ogni preoccupazione di protezione sociale" (43).

78. Come osserva il professore Schlosser, anche se gli speculatori in borsa non sono il "prototipo del consumatore meritevole di protezione", la sfera di applicazione dell' art. 13 non può essere limitata con restrizioni non previste da tale norma (44). Ci sembra peraltro azzardato fare distinzioni secondo il fine perseguito dal contraente. Come potremmo sostenere che il contratto di commissione concluso per amministrare i propri beni con la diligenza del buon padre di famiglia rientra nella sfera di applicazione dell' art. 13, mentre il contratto concluso per fini puramente speculativi ne sarebbe escluso?

79. Ne consegue pertanto che detta norma è applicabile anche ai contratti di commissione relativi all' esecuzione di operazioni a termine su divise e titoli (45).

80. Può un tale contratto soddisfare le due condizioni (46) cumulativamente previste dall' art. 13, primo comma, punto 3, lett. a) e b)? Ammettendo che il consumatore abbia compiuto nello Stato del suo domicilio gli atti necessari per la conclusione del contratto, resta da esaminare se questo evento è stato o no preceduto da pubblicità e se quest' ultima è conforme alle esigenze della Convenzione. Deve, in particolare, esistere un legame tra pubblicità e conclusione del contratto? Questa è la seconda questione pregiudiziale a voi sottoposta.

81. Come osserva il rapporto Schlosser (47), i contratti di fornitura di servizi rientrano nella sfera d' applicazione dell' art. 13 solo "se presentano un nesso sufficiente col domicilio del consumatore".

82. A tal fine, il contratto deve essere preceduto da pubblicità nello Stato del domicilio del consumatore.

83. La Convenzione non fissa al riguardo nessuna condizione supplementare: essa non esige dal consumatore la prova che egli sia stato effettivamente raggiunto dalla pubblicità o che esista un rapporto di causa ad effetto fra questa pubblicità e la conclusione del contratto.

84. Tale esigenza ° che, oltre tutto, sarebbe impossibile, in linea di massima, soddisfare ° non sembra contraria all' obiettivo dell' art. 13, consistente nella protezione del consumatore. Il raggiungimento di simile obiettivo deve essere facilitato: gli eventuali limiti posti all' applicazione della norma suddetta devono pertanto trovare conferma nel testo stesso della Convenzione. Il solo limite ammissibile è quello suggerito dal buon senso: riteniamo che la pubblicità non debba risalire troppo lontano nel tempo rispetto alla data di conclusione del contratto che presumibilmente ha reso possibile. L' accertamento di questa circostanza è di competenza del giudice nazionale.

85. Ne consegue che le condizioni poste dall' art. 13, primo comma, punto 3, lett. a), della Convenzione devono ritenersi soddisfatte se la conclusione del contratto nello Stato del domicilio del consumatore è stata preceduta, entro un termine ragionevole, da pubblicità, senza che sia necessario provare l' esistenza di un nesso di causalità tra la pubblicità e la conclusione del contratto (48). La norma suddetta contiene, quindi, quanto all' esistenza di un nesso tra pubblicità e conclusione del contratto, una presunzione assoluta, basata sul semplice fatto che la prima ha preceduto la seconda.

86. Esaminiamo adesso la questione 4 a) relativa alla nozione di materia contrattuale.

87. Nel passato, non siete mai stati chiamati ad esaminare l' espressione "in materia di contratti" di cui all' art. 13 della Convenzione. In compenso, avete più volte interpretato l' espressione "in materia contrattuale" di cui all' art. 5, punto 1. Orbene, anche in questo caso, riteniamo che niente possa giustificare un' interpretazione che attribuisca contenuto diverso a queste disposizioni. L' interpretazione da voi data della nozione di materia contrattuale di cui all' art. 5 ci sembra pertanto debba essere accolta anche per le analoghe disposizioni dell' art. 13.

88. A proposito dell' art. 5, avete precisato, nella sentenza 22 marzo 1983, Peters (49), che

"(...) la nozione di materia contrattuale serve quindi di criterio per delimitare la sfera di applicazione di una delle norme speciali in materia di competenza di cui l' attore può avvalersi. Tenuto conto degli scopi e della struttura generale della Convenzione, è necessario, al fine di garantire per quanto possibile la parità e l' uniformità dei diritti e degli obblighi che derivano dalla Convenzione per gli Stati contraenti e per le persone interessate, evitare d' interpretare la suddetta nozione come un semplice rinvio al diritto nazionale di questo o quello Stato interessato.

Di conseguenza (...) la nozione di materia contrattuale va considerata come una nozione autonoma che deve essere interpretata, ai fini dell' applicazione della Convenzione, riferendosi principalmente al sistema e agli scopi della Convenzione stessa onde garantire la piena efficacia di questa" (50).

89. Nella causa Arcado (51), in seguito alla risoluzione di un contratto di agenzia commerciale autonoma, con il quale la società Haviland aveva affidato alla società Agecobel la vendita di articoli di porcellana per il Belgio ed il Lussemburgo, quest' ultima società aveva proposto davanti al Tribunal de commerce di Bruxelles una domanda giudiziale avente ad oggetto il versamento di un' indennità per disdetta arbitraria di contratto, nonché del saldo delle provvigioni. In sede di appello, la società Haviland aveva contestato la competenza dei tribunali belgi, invocando l' art. 5, punto 3, della Convenzione. Osservando che la domanda di risarcimento danni aveva carattere contrattuale, il giudice d' appello si è interrogato sulla natura della domanda di risarcimento danni per disdetta arbitraria e intempestiva di contratto e vi ha sottoposto al riguardo una questione pregiudiziale.

90. Voi avete dichiarato quanto segue:

"Non vi è alcun dubbio che una domanda di pagamento di provvigioni dovute in forza di un contratto di agenzia commerciale autonoma abbia per fondamento questo stesso contratto, e rientri perciò nella materia contrattuale ai sensi dell' art. 5, punto 1, della Convenzione.

La medesima soluzione va accolta per quanto riguarda una domanda avente ad oggetto il versamento di un' indennità per la disdetta arbitraria di detto contratto, dal momento che tale indennità trova il suo fondamento nell' inadempimento di un' obbligazione contrattuale" (52).

91. A sostegno di quest' interpretazione, avete richiamato in particolare l' art. 10 della Convenzione di Roma:

"(Tale articolo) conferma la natura contrattuale di una domanda giudiziale come quella di cui trattasi, in quanto esso ricomprende nella sfera della legge che regola il contratto le conseguenze dell' inadempimento totale o parziale delle obbligazioni che sorgono da quest' ultimo, e di conseguenza la responsabilità contrattuale della parte cui è imputabile l' inadempimento" (53).

92. Già nella sentenza De Bloos, più volte menzionata (54), avevate affermato che

"in una controversia vertente sulle conseguenze della violazione da parte del concedente di un contratto di concessione esclusiva, quali il risarcimento del danno o la risoluzione del contratto, l' obbligazione cui si deve far riferimento ai fini dell' applicazione dell' articolo 5, 1 , della Convenzione è quella che viene posta dal contratto a carico del concedente ed il cui inadempimento viene fatto valere onde legittimare la domanda di risarcimento o di risoluzione del contratto presentata dal concessionario" (55).

93. L' azione di risarcimento danni per violazione di obbligazioni contrattuali da parte di un commissionario non differisce, a nostro parere, sostanzialmente dall' azione contro la risoluzione arbitraria ° e pertanto contro il mancato rispetto di obbligazioni contrattuali ° proposta dal concedente o dalla controparte di un agente commerciale: in entrambi i casi, il diritto a riparazione trova il suo fondemento giuridico nel contratto.

94. Ci si può inoltre chiedere se la nozione di materia contrattuale ai sensi dell' art. 13, primo comma, della Convenzione includa anche un' azione giudiziaria per violazione dell' obbligo di fornire adeguata consulenza durante i negoziati preliminari al contratto, e se un' azione del genere debba seguire la stessa sorte di quella per violazione dell' obbligazione principale del contratto.

95. Durante i negoziati preliminari, i partecipanti non assumono obbligazione alcuna derivante dal contratto, per il semplice fatto che il contratto non esiste ancora e non è certo che venga un giorno concluso. E' insegnamento generale che essi sono legati unicamente dall' obbligo reciproco di agire con cautela e diligenza (56).

96. E' senza dubbio esatto che l' azione per responsabilità promossa contro il mancato rispetto di tale obbligo non può essere considerata, in sé stessa, di natura contrattuale. Prova ne sia il fatto che un' azione del genere può essere proposta anche se il contratto non è stato concluso.

97. Ma è anche vero che, una volta collegata ad un' azione per responsabilità contrattuale, fondata giuridicamente sul contratto stesso in cui sono sfociati i negoziati preliminari, essa non è più scindibile da quest' ultima.

98. Quanto, infine, alla natura giuridica dell' azione proposta contro l' arricchimento senza causa, essa solleva, sotto il profilo della Convenzione di Bruxelles, un delicato problema.

99. La natura di quest' azione è stata da voi definita nella sentenza 27 settembre 1988, Kalfelis (57).

100. In tale causa, il ricorrente nel procedimento principale aveva concluso, con una banca domiciliata a Lussemburgo, tramite la consociata tedesca di quest' ultima, alcuni contratti relativi al compimento di operazioni di borsa per contanti e a termine sull' argento. Poiché le operazioni a termine si sono risolte in una perdita totale, l' attore ha reclamato il rimborso delle somme versate, mediante azione giudiziaria proposta contro la banca Schroeder di Lussemburgo e la sua filiale.

101. Tale azione si fondava sia sulla responsabilità contrattuale per violazione dell' obbligazione di fornire informazioni adeguate, sia sulla responsabilità da illecito per comportamento contrario alle buone usanze. L' azione si fondava altresì sull' arricchimento senza causa, in quanto i contratti relativi alle operazioni di borsa a termine, fra cui appunto le operazioni sull' argento, non sono vincolanti per le parti.

102. Interrogati sulla portata della nozione di "materia di delitti o quasi-delitti", cui fa riferimento l' art. 5, n. 3, della Convenzione, avete dichiarato che

"(tale) nozione va considerata come nozione autonoma che comprende qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla materia contrattuale di cui all' art. 5, n. 1" (58),

facendo, in tal modo, rientrare nella materia relativa ai delitti e quasi-delitti l' azione diretta contro l' arricchimento senza causa.

103. Nelle nostre conclusioni su questa stessa causa, abbiamo suggerito, alla luce della succitata sentenza Peters (59), una soluzione che, in caso di concorso di più norme di competenza per una medesima controversia, permettesse di deferire quest' ultima ad un unico giudice.

104. Ci sia consentito ripeterci brevemente. Dopo aver richiamato il seguente passaggio della sentenza:

"(...) con la designazione, nell' art. 5, punto 1 , della Convenzione, del giudice del luogo in cui l' obbligazione contrattuale è stata o deve essere adempiuta si è voluto far sì che, in ragione degli stretti legami creati da un contratto tra le parti contraenti, tutti i problemi che possono sorgere in occasione dell' adempimento di un' obbligazione contrattuale possano essere sottoposti allo stesso giudice: quello del luogo dell' adempimento" (60).

abbiamo osservato:

"Avete così esposto i motivi che militano a favore di un' 'attrazione' verso l' art. 5, n. 1, attrazione che deve estendersi ai fondamenti della domanda, siano essi costituiti da un illecito oppure dall' arricchimento senza causa secondo la lex causae, quando, come nella fattispecie, si richiamino 'essenzialmente all' inadempimento di obblighi contrattuali' .

(...)

In altre parole, sarebbe opportuno quindi considerare che, se si verifica questo cumulo di fondamenti, soltanto l' art. 5, n. 1, determinerà la competenza del giudice, poiché la materia contrattuale 'canalizza' tutti gli aspetti della controversia" (61).

105. La presente causa ci induce a proporvi la stessa soluzione per la determinazione di un foro unico.

106. E' infatti evidente che l' elemento che "collega fra loro", che "unisce", le differenti domande proposte davanti al giudice di rinvio è il contratto concluso fra le parti (62).

107. Il che implica che una domanda presentata nell' ambito di un' azione giudiziaria, se è l' espressione delle eventuali difficoltà connesse all' esecuzione di obblighi contrattuali, deve ricadere sotto l' art. 5, n. 1, della Convenzione.

108. Questa soluzione, consistente nel "centralizzare" la competenza, se ci è parsa necessaria nella materia contrattuale ai sensi dell' art. 5, ci sembra ancor più necessaria a proposito di contratti conclusi dal consumatore, per il quale un cumulo di più criteri di competenza può rivelarsi particolarmente svantaggioso.

109. L' intento di favorire la certezza del diritto e l' efficacia della tutela giurisdizionale su tutto il territorio comunitario esige che la soluzione da noi proposta per l' art. 5, n. 1, sia applicata anche all' art. 13, primo comma.

110. Alla luce di quanto precede, riteniamo quindi che la nozione di materia contrattuale ai sensi dell' art. 13, primo comma, ricomprenda, oltre alla domanda fondata sulla violazione di obbligazioni contrattuali, domande fondate sulla violazione di obblighi precontrattuali e sull' arricchimento senza causa, che siano sorte sulla base di un medesimo contratto di commissione.

111. Poiché la materia contrattuale ai sensi della suddetta norma canalizza verso un unico criterio di competenza tutti gli aspetti della controversia, e dal momento che le domande sono connesse fra loro in modo tale che, come insegna la vostra giurisprudenza Peters, un giudizio sulla loro fondatezza è possibile solo attraverso un esame globale, la competenza del giudice nazionale va determinata unicamente in virtù dell' art. 14.

112. L' ultima questione pregiudiziale in tema di connessione è pertanto priva di oggetto.

113. Concludiamo proponendovi di dichiarare quanto segue:

"1) Non è consumatore ai sensi degli artt. 13 e 14 della Convenzione di Bruxelles chi promuove l' azione giudiziaria, senza essere parte contraente in uno dei contratti enumerati dall' art. 13, primo comma, della Convenzione.

2) Una società avente sede in uno Stato firmatario della Convenzione di Bruxelles, economicamente appartenente alla controparte del consumatore, e non abilitata a concludere affari, non è né una succursale, né un' agenzia né una qualsiasi altra filiale ai sensi dell' art. 13, secondo comma, della Convenzione.

3) L' art. 13, secondo comma, della Convenzione non è applicabile, data l' assenza di elementi d' estraneità, se la succursale della società che ha sede in uno Stato terzo è stabilita nel territorio dello Stato contraente in cui il consumatore ha il proprio domicilio".

In via sussidiaria

"1) Un contratto di commissione relativo all' esecuzione di operazioni a termine su divise titoli o merci è un contratto avente per oggetto una fornitura di servizio ai sensi dell' art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles.

2) Quest' ultima disposizione non esige che venga provata l' esistenza di un nesso causale tra pubblicità e conclusione del contratto.

3) La nozione di materia contrattuale ai sensi dell' art. 13, primo comma, ricomprende, oltre alla domanda fondata sulla violazione di obbligazioni contrattuali, domande fondate sulla violazione di obblighi precontrattuali e sull' arricchimento senza causa, che traggano origine dal medesimo contratto".

(*) Lingua originale: il francese.

(1) ° GU L 304, pag. 1.

(2) ° V. ordinanza del giudice a quo, punto III della motivazione.

(3) ° I, punto 11.

(4) ° La soluzione di tali conflitti dipende esclusivamente da accordi bilaterali, anche dopo la conclusione della Convenzione (v. gli artt. 57 e 59 di quest' ultima).

(5) ° Relazione elaborata dai professori Evrigenis e Kerameus in merito all' adesione della Repubblica ellenica alla Convenzione comunitaria concernente la competenza giurisdizionale e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, n. 44 (GU 1986, C 298, pag. 1).

(6) ° V. O' Malley e Layton: European Civil Practice, n. 19.05, e Gothot e Holleaux: La Convention de Bruxelles du 27 septembre 1968, Ed. Jupiter, 1985, n. 122.

(7) ° V. ordinanza del giudice a quo, pag. 7 della versione francese.

(8) ° Sentenza 21 giugno 1978, causa 150/77, Bertrand (Racc. pag. 1431, punti da 12 a 19 della motivazione); v. anche Kropholler: Europaeisches Zivilprozessrecht , 1991, pag. 149.

(9) ° V. art. 14 della Convenzione: l' azione del consumatore contro l' altra parte del contratto (...) l' azione dell' altra parte del contratto contro il consumatore .

(10) ° V., in tal senso, le risposte del governo tedesco ai quesiti posti dalla Corte, pag. 3 della versione francese.

(11) ° Sentenza Bertrand, già citata, punto 21 della motivazione. Il corsivo è mio. V. nota 8.

(12) ° Punto 22 della motivazione.

(13) ° Sentenza già menzionata. V. nota 8.

(14) ° Relazione Schlosser sulla Convenzione 9 ottobre 1978 di adesione del Regno di Danimarca, dell' Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nonché al protocollo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di giustizia, punto 33 (GU 1979, C 59, pag. 71).

(15) ° V. punti 7 e 8, terzo capoverso, della motivazione della sentenza 22 novembre 1978, causa 33/78, Somafer (Racc. pag. 2183).

(16) ° Causa 14/76, Racc. p. 1497.

(17) ° Alle quali avete equiparato la filiale: ibidem punto 21 della motivazione.

(18) ° Punto 20 della motivazione.

(19) ° V. anche sentenza 8 marzo 1981, causa 139/80, Blanckaert e Willems (Racc. pag. 819, punto 12 della motivazione).

(20) ° Causa 218/86, Racc. pag. 4905.

(21) ° Precedentemente menzionata, v. nota 19.

(22) ° Punto 13 della motivazione.

(23) ° Già menzionata, v. nota 15.

(24) ° Punto 12 della motivazione. Il corsivo è mio.

(25) ° V. il testo della terza questione.

(26) ° V. relazione Schlosser, precedentemente menzionato, punto 158.

(27) ° Relazione Jenard sulla Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giudiziaria e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1979, C 59, pag, 1, 31). Il corsivo è mio.

(28) ° Tale espressione risale al signor Huet: JDI, 1979, n. 3, pag. 681 (annotazione alla sentenza Somafer).

(29) ° V. pagg. 17 e 22 della versione francese delle osservazioni presentate dalla Shearson Lehman.

(30) ° V., in tal senso, Huet, op. cit.: (...) non sono succursali gli stabilimenti secondari ° come le officine o i magazzini ° che non hanno alcun contatto giuridico con la clientela (...). Né sono succursali gli stabilimenti secondari, che, pur avendo contatti con i terzi, costituiscono un semplice raccordo per la casa madre e fanno unicamente da tramite per le domande presentate dalla clientela alla casa madre, mentre l' assunzione di impegni giuridici è in realtà opera di quest' ultima .

(31) ° Relazione Jenard pag. 8; v. anche relazione Schlosser, punto 21.

(32) ° Droz: Compétence judiciaire et effets des jugements dans le marché commun, Dalloz, 1972, punto 30. Il corsivo è mio.

(33) ° Preambolo della Convenzione (GU 1990, C 189, pag. 2).

(34) ° Il corsivo è mio.

(35) ° Relazione Schlosser, punto 153.

(36) ° Fatta riserva per l' esclusione dei contratti di trasporto, espressa dall' art. 13, terzo comma.

(37) ° Aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (80/934/CEE) (GU L 266, pag. 1)

(38) ° Art. 5, primo comma, della Convenzione di Roma.

(39) ° Relazione sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (GU 1980, C 282, pag. 1).

(40) ° Ibidem, pag. 23.

(41) ° Osservazioni della convenuta nel procedimento principale, pag. 11 della versione francese.

(42) ° V. art. 1, primo comma, della Convenzione di Roma.

(43) ° Osservazioni della convenuta nel procedimento principale, pag. 12 della versione francese.

(44) ° P. Schlosser: Sonderanknuepfungen von zwingendem Verbraucherschutzrecht und europaeisches Prozessrecht , Festschrift fuer Ernst Steindorff, 1990, pag. 1383; v. anche sentenza 16 marzo 1989 dell' OLG di Colonia, ZIP, 13/89, pag. 839.

(45) ° V., in tal senso, Kropholler, op. cit., pag. 151.

(46) ° V. rapporto Schlosser cit., punto 158b.

(47) ° Ibidem, punto 158b.

(48) ° V., in tal senso, Hartung: Termineinwand bei Warentermingeschaeften an Auslandsboersen , ZIP, 27 settembre 1991, Heft 18, pag. 1192.

(49) ° Causa 34/82, Racc. pag. 987.

(50) ° Punti 9 e 10 della motivazione.

(51) ° Sentenza 8 marzo 1988 (Causa 9/87, Racc. pag. 1539).

(52) ° Punti 12 e 13 della motivazione.

(53) ° Punto 15 della motivazione.

(54) ° V. nota 16.

(55) ° Punto 16 della motivazione.

(56) ° V. le osservazioni della società Shearson Lehman, pag. 9 della versione francese.

(57) ° Causa 189/87, Racc. pag. 5565.

(58) ° Punto 18 della motivazione. Il corsivo è mio.

(59) ° V. nota 49.

(60) ° Sentenza Peters, punto 12 della motivazione.

(61) ° Punti 27 e 29 delle conclusioni (Racc. 1988, pag. 5577).

(62) ° V., in tal senso, Kropholler, op. cit., pag. 100, Denn fuer eine umfassende Zustaendigkeit im Vertragsgerichtsstand spricht (im Unterschied zu der abgelehnten Erweiterung der deliktischen Zustaendigkeit), dass in derartigen Faellen im allgemeinen dass Vertragsverhaeltnis und nicht dass Deliktsverhaeltnis praegend ist, so dass im Interesse der Prozessoekonomie liegende gemeinsame Behandlung aller Ansprueche in diesem Gerichtsstand nicht nur praktisch, sondern auch sachgerecht erschiene .

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