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Document 52014DC0064

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO sulla strategia dell’UE contro il traffico illegale di specie selvatiche

    /* COM/2014/064 final */

    52014DC0064

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO sulla strategia dell’UE contro il traffico illegale di specie selvatiche /* COM/2014/064 final */


    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO

    sulla strategia dell’UE contro il traffico illegale di specie selvatiche

    1             Il nuovo volto del traffico di specie selvatiche: un cambiamento radicale della natura, della portata e dell’impatto del fenomeno

    Il commercio illegale della flora e della fauna selvatiche (traffico di specie selvatiche) è in forte espansione e si è rivelato una delle attività criminali più redditizie in tutto il mondo. Il traffico di specie selvatiche non è un fenomeno recente, ma negli ultimi anni la sua portata, la sua natura e il suo impatto sono mutati considerevolmente. Una recente risoluzione dell’ONU[1] ha definito il traffico di specie selvatiche come una forma grave di criminalità organizzata perpetrata dallo stesso tipo di gruppi criminali organizzati a livello internazionale che si macchiano di attività illecite come la tratta di esseri umani e il traffico di droga e armi. Il fatto che alcuni gruppi miliziani finanzino le loro attività grazie al traffico di specie selvatiche ha spinto il Segretario generale e il Consiglio di sicurezza dell’ONU a riconoscere il bracconaggio e il traffico di specie selvatiche come uno dei fattori di instabilità nell’Africa centrale che mettono a repentaglio la pace e la sicurezza nella regione[2].

    Alcune cifre sull’estensione e le implicazioni del traffico di specie selvatiche[3] Secondo le stime, nell’ultimo decennio il numero di elefanti africani uccisi illegalmente è raddoppiato, mentre la quantità di avorio sequestrata è triplicata. Nel 2012 i bracconieri hanno ucciso circa 22 000 elefanti. Nel 2013 sono state poste sotto sequestro oltre 40 tonnellate di avorio. La popolazione di elefanti africani, stimata attorno ai 500 000 esemplari, sembra essere in declino in tutte le regioni subafricane. In Sudafrica il bracconaggio di rinoceronti ha subito un’impennata: nel 2007 gli esemplari abbattuti erano 13, a fronte degli oltre 1 000 animali uccisi nel 2013. Sempre in Sudafrica, dove vive l’80% dell’intera popolazione di rinoceronti del continente africano, dal 2010 sono stati uccisi circa 2 500 esemplari. Se il bracconaggio in Sudafrica continuerà a diffondersi a questo ritmo, nel 2016 la popolazione di rinoceronti inizierà a ridursi. Se il bracconaggio in Sudafrica continuerà a diffondersi a questo ritmo, nel 2016 la popolazione di rinoceronti inizierà a ridursi. · Il numero di tigri nel mondo è passato dai 100 000 esemplari di un secolo fa a meno di 3 500. Il bracconaggio è responsabile di almeno il 78% della decimazione delle tigri di Sumatra. Il valore commerciale del corno di rinoceronte è stimato attorno a 40 000 EUR/chilo (il prezzo attuale di 1 kg di oro è pari a 31 000 EUR), mentre sul mercato nero il prezzo dell’avorio grezzo raggiunge 620 EUR/chilo. Le ossa di tigre si vendono a un prezzo che può raggiungere 900 EUR/chilo. Secondo le stime il disboscamento illegale è responsabile di almeno il 30% del commercio globale di legno e contribuisce al 50% della deforestazione nell’Africa centrale, nella regione amazzonica e nel sudest asiatico. Si stima che il valore complessivo della pesca illegale raggiunga approssimativamente 10 miliardi di EUR all’anno, corrispondenti al 19% del valore dichiarato delle catture.

    L’incremento del traffico di specie selvatiche è ascrivibile soprattutto a una domanda elevata e in costante aumento di prodotti connessi a tali specie, soprattutto in determinate parti dell’Asia[4], all’indigenza, a una governance debole, all’instabilità e a situazioni di crisi in cui versano le principali regioni di origine. Inoltre, la situazione è aggravata da lacune nell’applicazione delle normative e da sanzioni non abbastanza elevate per fungere da deterrente.

    Il traffico di specie selvatiche costituisce una grave minaccia per la biodiversità e lo sviluppo sostenibile. Specie di importanza emblematica come gli elefanti, i rinoceronti, le grandi scimmie, le tigri e gli squali sono particolarmente colpite da tale traffico, che può mettere a repentaglio la sopravvivenza di alcune di queste specie nel loro ambiente naturale. Il bracconaggio di elefanti e rinoceronti di recente ha raggiunto un picco storico che sta compromettendo il ripopolamento registrato negli ultimi tre decenni. Tuttavia il traffico di specie selvatiche colpisce molte più specie di fauna e flora (ad esempio coralli; rettili, pangolini, piante e animali usati per scopi farmacologici) e prodotti (ad esempio legno, carbone di legna e carne di selvaggina). Eludendo i controlli sanitari, il contrabbando di animali contribuisce inoltre a diffondere patologie che possono costituire una minaccia per la salute pubblica.

    Il traffico di specie priva alcune popolazioni che figurano già tra le più emarginate (tra cui le comunità indigene) di importanti opportunità legate a mezzi di sussistenza sostenibili. I prodotti legati alle specie selvatiche costituiscono, a livello diretto o indiretto, un settore economico importante in numerosi paesi sviluppati e in via di sviluppo, ad esempio tramite il turismo. Il commercio illegale di specie selvatiche arricchisce le reti criminali internazionali sottraendo importanti fonti di reddito ai governi. Il traffico di specie selvatiche è strettamente connesso alla corruzione e a flussi di denaro di origine illecita, ad esempio mediante il riciclaggio di denaro, e ha ripercussioni negative sullo stato di diritto e sul buon governo. Il traffico di specie selvatiche ha un costo anche in termini di vite umane: negli ultimi dieci anni nel corso delle operazioni antibracconaggio si stima che siano stati uccisi circa 1 000 guardiacaccia.

    L’UE rimane uno dei principali mercati di destinazione dei prodotti di specie selvatiche di origine illegale, con una domanda particolarmente elevata per specie dai prezzi elevati sul mercato nero. Nel contempo i principali porti e aeroporti dell’UE rappresentano importanti punti di transito di tali attività illegali, in particolare tra l’Africa e l’Asia. Ogni anno nell’UE si effettuano circa 2 500 sequestri di prodotti di specie selvatiche[5]. Alcune specie rare di uccelli, coralli, pesci e tartarughe sono anche esportati da Stati membri dell’UE verso altri paesi dell’Unione o verso paesi terzi.

    Secondo Europol il fenomeno dei gruppi della criminalità organizzata nel traffico di specie selvatiche nell’UE è in crescita, sostenuto dalla prospettiva di elevati guadagni a fronte di un rischio contenuto di essere individuati e di sanzioni limitate[6].

    La nuova portata e dimensione del traffico di specie selvatiche ha acceso i riflettori della politica su questo problema, non da ultimo grazie alle iniziative lanciate da diversi Stati membri[7]. Il Parlamento europeo ha invocato un piano d’azione dell’UE dedicato a questo fenomeno[8], mentre nel dicembre 2012 l’Assemblea generale dell’ONU ha espresso chiaramente le proprie preoccupazioni. Anche i leader del G8, i ministri delle finanze dei paesi africani e i leader dell’Asian Pacific Economic Cooperation Forum (APEC) nel 2013 si sono impegnati a intervenire nella lotta contro il traffico di specie selvatiche.

    La presente comunicazione si prefigge l’obiettivo di evidenziare l’urgenza di affrontare con maggiore efficacia il problema globale del traffico di specie selvatiche. Essa riprende e analizza le misure UE già messe in atto nella lotta contro questo fenomeno sia a livello globale (parte 2), sia all’interno dell’UE (parte 3). Infine, la comunicazione apre un dibattito sulla futura strategia dell’UE per affrontare il problema.

    2            Gli interventi a livello globale contro il traffico di specie selvatiche

    L’UE ha sostenuto molteplici iniziative volte a rendere più incisivi gli sforzi profusi a livello internazionale per contrastare il traffico di specie selvatiche.

    2.1 La regolamentazione del commercio

    La Convenzione sul commercio internazionale di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) mira a garantire che il commercio internazionale di circa 35 000 specie protette di fauna e flora non comporti pericoli per la loro sopravvivenza. Nel marzo 2013 le parti firmatarie della CITES hanno convenuto una serie di azioni concrete contro il contrabbando e il traffico di diverse specie in pericolo di estinzione (ad esempio elefanti, rinoceronti, tigri, legno tropicale). L’UE è uno dei principali sostenitori della Convenzione e ha svolto un ruolo fondamentale nell’adozione di queste azioni.

    Per contrastare il traffico di legno tropicale l’UE ha concluso degli accordi volontari di partenariato con cui l’Unione sostiene i paesi partner nel rafforzamento della governance del settore forestale e nella realizzazione di un sistema nazionale di tracciabilità e verifica della legalità. Il piano d’azione dell’UE sull’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT) è stato integrato dal regolamento UE sul legno al fine di garantire che il legno e i prodotti da esso derivati siano di origine legale.

    L’UE è in prima linea anche nella lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata a livello internazionale. In questo ambito promuove l’adozione di misure di mercato e di controllo e di azioni concrete nel quadro delle organizzazioni regionali di gestione della pesca, della FAO, dell’ONU e dell’Interpol. L’UE ha fornito assistenza tecnica a oltre 50 paesi terzi per fare in modo che rispettassero in più ampia misura gli obblighi internazionali nella lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. In ultima istanza, se un paese terzo si rifiuta di collaborare, l’UE può inserirlo in una lista nera, bloccando il commercio nell’UE di prodotti della pesca provenienti da tale paese.

    Nel quadro di tutti i recenti accordi di libero scambio conclusi con paesi terzi (ad esempio con l’America centrale, la Colombia/il Perù, Singapore) l’UE ha incluso disposizioni volte a rafforzare l’effettiva attuazione di accordi multilaterali in materia di ambiente e disposizioni relative al commercio in settori come quello forestale e ittico. L’UE segue lo stesso approccio nei negoziati di accordi di libero scambio non ancora conclusi, ad esempio con il Canada, il Giappone, la Thailandia, gli Stati Uniti e il Vietnam. Tramite il suo accordo speciale sul sistema delle preferenze generalizzate (GSP+) l’UE accorda inoltre ulteriori preferenze commerciali a paesi in via di sviluppo vulnerabili che ratificano e danno attuazione a convenzioni internazionali sullo sviluppo sostenibile e il buon governo, inclusa la CITES.

    2.2 L’applicazione delle norme

    In molti paesi di origine, di transito o di destinazione colpiti dal bracconaggio e dal commercio illegale di specie selvatiche le agenzie preposte all’applicazione della legislazione nazionale in vigore non dispongono né dei mezzi, né della risolutezza necessari. L’applicazione efficace costituisce tutt’ora una grande sfida e le rotte del commercio illegale possono essere facilmente modificate per sfruttare gli anelli deboli della catena globale di applicazione della legge.

    Con donazioni pari a 1,73 milioni di EUR, la Commissione è il primo sostenitore dell’International Consortium to Combat Wildlife Crime (ICCWC)[9], con cui mira ad affrontare alcune di queste sfide. Il Consorzio è attivo nell’ambito dello scambio di informazioni e di intelligence, nel coordinamento degli sforzi in materia di applicazione nonché nel miglioramento delle capacità di applicazione e rispetto delle disposizioni, ad esempio incoraggiando i paesi ad usare il suo kit di strumenti denominato Wildlife and Forest Crime Analytical Toolkit.

    2.3 Il sostegno a favore della cooperazione e delle azioni internazionali

    L’UE e tutti i suoi Stati membri sono parti firmatarie della Convenzione dell’ONU contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC), che può svolgere un ruolo importante nella lotta contro il traffico di specie selvatiche nella misura in cui tale fenomeno è riconosciuto come forma grave di criminalità organizzata, pertanto è un reato punibile con la reclusione non inferiore, nel massimo, a quattro anni. Al momento questa soglia non è applicata in tutti gli Stati membri. Un altro strumento importante è la Convenzione dell’ONU contro la corruzione, che uno Stato membro non ha ancora ratificato[10]. Ad oggi le azioni concrete e mirate contro il traffico di specie selvatiche nel quadro di entrambe le convenzioni sono limitate. I benefici di strumenti specifici, ad esempio di un protocollo aggiuntivo all’UNTOC, potrebbero essere ulteriormente analizzati.

    Il Gruppo di azione finanziaria internazionale, che elabora norme e valuta l’attuazione delle misure contro il riciclaggio di denaro nel 2012 ha incluso la criminalità ambientale nel suo elenco dei reati da considerare rilevanti ai fini delle misure antiriciclaggio[11]. Gli strumenti, ad esempio sotto forma di linee guida, volti ad agevolare l’attuazione di questa nuova raccomandazione si potrebbero rivelare utili nella lotta contro il traffico di specie selvatiche.

    Sul piano diplomatico l’UE ha sollevato il problema del traffico di specie selvatiche direttamente con i paesi di origine e di destinazione maggiormente coinvolti, anche tramite le delegazioni dell’UE. Fino ad ora le azioni internazionali si sono orientate soprattutto verso i paesi africani. La strategia diplomatica dell’UE potrebbe essere rafforzata da un maggiore coinvolgimento dei principali paesi di destinazione[12] e di altre regioni particolarmente interessate da tale traffico, ma anche da dialoghi di alto livello e da partenariati regionali, sulla falsariga di quanto successo nel settore della lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. In questo ambito sono state avanzate anche una serie di altre idee, ad esempio un maggiore coinvolgimento della società civile e del settore privato e l’ipotesi che un rappresentante o inviato speciale dell’ONU possa fare confluire e monitorare i diversi filoni dell’azione globale.

    L’UE ha inoltre concluso diversi accordi di partenariato e cooperazione con paesi terzi, ad esempio con l’Indonesia, le Filippine, il Vietnam, la Thailandia e Singapore. Questi accordi esprimono l’impegno delle parti a cooperare in materia ambientale, ad esempio reperendo le risorse necessarie per la partecipazione e l’attuazione di accordi multilaterali per l’ambiente. Tali accordi contengono anche disposizioni relative alla cooperazione nella lotta contro la criminalità organizzata.

    2.4 La cooperazione allo sviluppo

    La cooperazione allo sviluppo nell’UE ha affrontato il problema delle minacce cui sono esposte le specie selvatiche incentrando il proprio intervento sulla conservazione, lo sviluppo delle risorse necessarie e il sostegno all’applicazione delle disposizioni. In linea con la politica allo sviluppo dell’UE recentemente rivista, l’Unione è consapevole del fatto che affrontare il problema del traffico di specie selvatiche richieda anche l’introduzione di misure a lungo termine per garantire fonti di reddito sostenibili alle comunità locali, poiché spesso il coinvolgimento in questo tipo di traffico illegale può sembrare una fonte di guadagno facile.

    Negli ultimi 30 anni l’UE si è impegnata a investire oltre 500 milioni di EUR per la conservazione della biodiversità in Africa. I soli progetti in corso corrispondono a circa 160 milioni di EUR. Nonostante questi sforzi la necessità di una solida attività di gestione e conservazione della biodiversità nei paesi in via di sviluppo rimane imperativa.

    L’UE è stato il principale sostenitore finanziario del programma MIKE[13] fin dal 2001, con stanziamenti pari a 12 milioni di EUR a favore di 71 siti in Africa e Asia. Nel dicembre 2013 la Commissione ha approvato il finanziamento di un nuovo programma MIKES[14] che comporta un esborso di 12,3 milioni di EUR.

    L’UE sostiene diversi progetti su scala nazionale e locale, ad esempio nel quadro del piano d’azione FLEGT e del meccanismo REDD+. Inoltre un numero elevato di progetti finanziati dall’UE e finalizzati alla riduzione della corruzione e alla costituzione di risorse per la magistratura inquirente e giudicante sostengono, in generale, lo Stato di diritto, una condizione essenziale per una lotta efficace contro il traffico di specie selvatiche.

    Se da un lato tutte queste iniziative hanno consentito di compiere alcuni progressi, il potenziale in termini di sinergie tra la conservazione, sostentamento delle popolazioni locali, applicazione delle disposizioni e buon governo non sempre è stato sfruttato al massimo. Inoltre, la sostenibilità a lungo termine di una serie di progetti è fragile a causa di un livello insufficiente di iniziativa e sostegno da parte delle autorità locali (e talvolta delle popolazioni) nonché da una spiccata dipendenza dai finanziamenti esterni. La programmazione della cooperazione allo sviluppo dell’UE per il periodo 2014-2020 offre l’opportunità di colmare tali lacune e impostare una strategia globale in materia di traffico di specie selvatiche.

    3            Le azioni dell’UE contro il traffico di specie selvatiche

    3.1 La regolamentazione del commercio di specie selvatiche

    Il commercio di specie selvatiche all’interno dell’UE e verso l’UE è regolamentato da un insieme di norme, come il regolamento (CE) n. 338/97 sul commercio di specie della flora e della fauna selvatiche, che dà attuazione alla CITES nell’UE, il regolamento (UE) n. 995/2010 sul legno e il regolamento (CE) n. 1005/2008 sulla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che vietano la commercializzazione nei mercati dell’UE di, rispettivamente, legname raccolto illegalmente e pesce catturato illegalmente.

    Nell’UE è stata introdotta anche una legislazione che vieta l’uccisione illegale di specie minacciate di estinzione, in particolare la direttiva 2009/147/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici e la direttiva 1992/43/CE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali della flora e della fauna selvatiche. La Commissione ha adottato una tabella di marcia verso l’eliminazione dell’uccisione, la cattura e il commercio illegali degli uccelli selvatici e ne sta monitorando attentamente l’attuazione[15].

    In alcuni casi la criminalità organizzata ha sfruttato a suo vantaggio la complessità delle norme sul commercio di specie selvatiche, in particolare il fatto che la stessa specie possa essere soggetta a diversi regimi commerciali in funzione della sua origine o del tipo di prodotti interessati. Ad esempio, il commercio di trofei di caccia è stato esentato da determinate restrizioni al commercio. L’UE aggiorna e, se necessario, inasprisce le proprie norme interne per garantire un monitoraggio più severo da parte delle autorità preposte all’applicazione della legge.

    3.2 Un’applicazione efficace delle norme

    È necessario che le norme in vigore siano applicate in maniera efficace grazie alla collaborazione delle strutture preposte negli Stati membri, ad esempio dalle autorità competenti in materia di ambiente e pesca alle dogane, alle forze di polizia fino alla magistratura inquirente e giudicante.

    Al fine di sostenere gli Stati membri nel rafforzamento dell’applicazione della normativa UE sul commercio delle specie protette dalla convenzione CITES, nel 2007 la Commissione ha adottato un piano di esecuzione sotto forma di raccomandazione[16]. Il piano individua una serie di azioni, come piani d’azione nazionali, sanzioni che abbiano un effetto dissuasivo sul commercio illegale di specie selvatiche e l’utilizzo di valutazioni dei rischi e delle informazioni. Queste raccomandazioni non vincolanti sono state tuttavia attuate in maniera disomogenea nei diversi Stati membri dell’UE e non contemplano gli aspetti legati alla criminalità organizzata del commercio di specie selvatiche.

    Le risorse limitate, la carenza di unità specializzate a livello di polizia e magistratura inquirente e diversi livelli di cooperazione tra agenzie competenti per le specie selvatiche e altre agenzie preposte all’applicazione della legge costituiscono un ulteriore ostacolo all’applicazione della normativa. Una legislazione vincolante che stabilisca i criteri per ispezioni e monitoraggi efficaci da parte degli Stati membri, come invocato dal 7° Programma d’azione per l’ambiente 2014-2020[17] potrebbe contribuire a migliorare l’applicazione delle norme dell’UE contro il traffico di specie selvatiche, a patto che tale azione legislativa sia accompagnata da una maggiore attenzione al problema.

    La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente impone a tutti gli Stati membri di garantire che il commercio illegale di specie selvatiche sia perseguibile penalmente negli ordinamenti nazionali e di assicurare che tali reati siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. Tuttavia da una valutazione iniziale del recepimento negli ordinamenti nazionali emerge che diversi Stati membri evidenziano ancora delle lacune che dovranno essere colmate.

    I livelli di sanzioni penali applicabili al commercio di specie selvatiche variano sostanzialmente nei vari paesi dell’UE. In alcuni Stati membri i livelli massimi di sanzione prevedono meno di un anno di detenzione. Questa circostanza non solo limita l’effetto deterrente, ma spesso impedisce anche il ricorso a strumenti che potrebbero rivelarsi importanti nelle indagini transfrontaliere o nazionali, così come nella cooperazione tra gli organi giudiziari di diversi Stati membri, in particolare in relazione al mandato di arresto europeo.

    3.3. Le attività di formazione e la costituzione delle risorse

    Un’applicazione efficace richiede competenze tecniche e interventi effettuati con cognizione di causa. Le attività di formazione e la costituzione delle capacità devono estendersi a tutta la catena di applicazione della legge, fino alla magistratura inquirente e giudicante, al fine di garantire che i numerosi casi oggetto di indagine siano effettivamente perseguiti e che i giudici riconoscano la gravità del caso. A livello di UE sono state realizzate alcune iniziative, ad esempio dall’Accademia europea di polizia (CEPOL). La programmazione degli strumenti finanziari rilevanti per il prossimo periodo di finanziamento costituisce un’opportunità per tenere conto delle carenze della lotta contro il traffico di specie selvatiche.

    Anche le reti dell’UE dei responsabili dell’applicazione della normativa ambientale[18], le autorità doganali[19], i pubblici ministeri e i giudici[20] svolgono un ruolo importante nella costituzione di una comunità che dia applicazione alle disposizioni contro il traffico di specie selvatiche. Strumenti come l’EU-TWIC, una banca dati dai contenuti riservati volta ad agevolare la cooperazione e alla condivisione di attività di intelligence tra le agenzie preposte all’applicazione delle norme all’interno dell’UE che si occupano delle specie selvatiche, forniscono un sostegno costante a questa causa. Tuttavia il riconoscimento e il finanziamento delle varie reti sono garantiti solamente in un’ottica a breve termine e per ora la cooperazione è limitata.

    3.4 La lotta alla criminalità organizzata

    La criminalità organizzata sta assumendo un ruolo sempre più importante nel traffico di specie selvatiche. L’UE ha introdotto diversi meccanismi orizzontali per contrastare questo tipo di criminalità in generale, ad esempio le decisioni quadro contro la criminalità organizzata[21] e sulla confisca di beni, strumenti e proventi di reato[22]. In via di principio questi meccanismi forniscono strumenti utili nella lotta contro il traffico organizzato di specie selvatiche, ma si applicano solo nel momento in cui è prevista una determinata soglia di sanzione, il che attualmente non è il caso nella legislazione in materia di traffico di specie selvatiche di tutti gli Stati membri.

    Le indagini sui flussi di denaro illegali associati alla criminalità organizzata, ad esempio tramite il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale, svolgono un ruolo importante nella lotta contro il traffico organizzato di specie selvatiche. La direttiva 2005/60/CE[23] stabilisce misure preventive, in particolare ponendo obblighi di due diligence agli enti finanziari al fine di individuare transazioni finanziarie sospette. L’elaborazione di linee guida specifiche sul significato del concetto di due diligence nel contesto dei reati in materia ambientale potrebbe aiutare a individuare i reati legati al riciclaggio di denaro in questo specifico contesto.

    Nell’ottobre 2013 Europol ha pubblicato una valutazione specifica sulla criminalità in materia ambientale, orientata tra l’altro sul commercio di specie minacciate di estinzione[24]. La stessa Europol non ha però ancora incentrato nessun’iniziativa sulla criminalità in materia ambientale. Sia Europol, sia Eurojust potrebbero dare un contributo prezioso facendo confluire gli sforzi delle autorità nazionali nei casi transfrontalieri di traffico di specie selvatiche e nel fornire un sostegno analitico e pratico. Ma ciò è subordinato alla trasmissione di informazioni di qualità da parte delle autorità nazionali preposte all’applicazione della legge e alle loro richieste di assistenza, che finora è avvenuta di rado nell’ambito del traffico di specie selvatiche.

    Le priorità concordate per la lotta contro le forme di criminalità gravi e organizzate dal 2014 al 2017[25] non contemplano il settore ambientale. La revisione intermedia prevista per il 2015 darà l’opportunità di riconsiderare queste priorità tenendo conto della recente valutazione di Europol in tema di criminalità ambientale, che la riconosce come nuova minaccia nell’UE. Sulla base della revisione intermedia sarà inoltre possibile reperire ulteriori risorse e ricorrere con maggiore frequenza a meccanismi di cooperazione transfrontaliera.

    3.5 Il coinvolgimento della società civile

    La società civile è un partner importante che consente all’UE di garantire che la mobilitazione contro il traffico di specie selvatiche raggiunga tutti i soggetti interessati. Alcune ONG hanno maturato una solida esperienza in attività come campagne di sensibilizzazione, indagini su presunte condotte illegali o formazioni specifiche. Il loro contributo si è rivelato estremamente valido nel sostegno all’elaborazione della politiche in materia e alla relativa attuazione da parte delle pubbliche autorità. L’UE collabora regolarmente con tali ONG su tematiche legate al traffico di specie selvatiche.

    4. Conclusioni

    La regolamentazione del traffico di specie selvatiche si basa su norme di portata generale a livello globale e a livello di UE. L’UE ha fornito un importante sostegno alle iniziative contro tale traffico, mirate ad esempio a una migliore gestione delle aree protette, alla costituzione di risorse e alla cooperazione internazionale in materia di applicazione della legge. Tuttavia le misure che la comunità internazionale ha introdotto negli ultimi anni non sono state sufficienti per prevenire la recente nascita del fenomeno del traffico di specie selvatiche, sostenuto sia da una domanda in crescita, sia dall’indigenza e da una governance debole nei paesi di origine.

    Tra i problemi principali si rilevano le notevoli carenze in termini di applicazione effettiva della normativa vigente, sia sul piano dell’UE, sia a livello globale. Questo aspetto è spesso connesso al peso politico limitato del fenomeno, a risorse insufficienti a livello nazionale e a una scarsa sensibilizzazione sulla gravità del problema.

    Un’altra lacuna fondamentale è costituita dalle politiche in vigore, che non hanno tenuto in debita considerazione il fatto che per contrastare la criminalità organizzata è necessario coinvolgere diversi soggetti e strumenti. Analogamente, solo di recente sono emersi i risvolti in termini di peacekeeping e sicurezza del traffico di specie selvatiche; fino ad ora il fenomeno è stato affrontato raramente nel quadro degli interventi anticrisi e preventivi della politica estera e di sicurezza.

    La comunità internazionale ha da poco riconosciuto l’importanza del fronte della domanda in questa problematica e lo ha fatto in particolare nel quadro della convenzione CITES. Ma ad oggi non sono ancora state adottate molte misure in tal senso.

    Riassumendo, quel che è mancato fino ad oggi è un approccio coordinato e globale per affrontare il problema sia sul versante dell’offerta, sia su quello della domanda, nonché il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati in diverse aree strategiche.

    La Commissione invita pertanto i soggetti interessati a contribuire al dibattito sui modi con cui affrontare in maniera più incisiva le sfide principali in materia e sul ruolo dell’UE nella futura strategia contro il traffico di specie selvatiche. In particolare, la Commissione invita a trasmettere delle osservazioni scritte[26] in relazione alle seguenti domande:

    Il quadro strategico e legislativo per la lotta contro il traffico di specie selvatiche in vigore nell’UE è adeguato? Sarebbe opportuno che l’UE migliorasse la sua strategia contro il traffico di specie selvatiche elaborando un piano d’azione a livello di Unione, come invocato dal Parlamento europeo? Quali sono le modalità con cui l’UE potrebbe raggiungere un maggiore impegno politico a tutti i livelli nella lotta contro il traffico di specie selvatiche? Quali sono gli strumenti diplomatici che si presterebbero maggiormente a garantire le diverse iniziative promosse a livello internazionale siano coerenti l’una con l’altra? Quali sono gli strumenti a livello internazionale che l’UE dovrebbe tenere maggiormente in considerazione per migliorare l’applicazione della normativa contro il traffico di specie selvatiche e per rafforzare la governance? Quali sono gli strumenti di intervento dell’UE più idonei ad affrontare la domanda internazionale e dell’UE di prodotti legati al traffico di specie selvatiche? Qual è il ruolo che potrebbero svolgere in questo ambito la società civile e il settore privato? Qual è il modo migliore con cui l’UE possa dare un valore aggiunto in termini di peacekeeping e sicurezza del traffico di specie selvatiche? Quali sono gli strumenti di cooperazione dell’UE che possano prestarsi maggiormente per rafforzare la capacità dei paesi in via di sviluppo di proteggere le specie selvatiche e di contrastare il traffico di tali specie? Quali sono le misure che potrebbero essere realizzate per migliorare le informazioni disponibili sulla criminalità legata al traffico di specie selvatiche al fine di garantire politiche più mirate nel settore? Quali sono le misure che le autorità in materia ambientale, le forze di polizia, le dogane e la magistratura inquirente degli Stati membri potrebbero adottare per rafforzare l’applicazione della normativa contro il traffico di specie selvatiche e la cooperazione tra tali autorità? Quali sono i modi per aumentare la sensibilizzazione del settore giudiziario? Quali sono i modi per sfruttare in maniera migliore gli strumenti già in atto a livello di UE e di Stati membri contro la criminalità organizzata nel traffico di specie selvatiche? Quali sono le misure supplementari di cui si dovrebbe tenere conto, ad esempio sul piano delle sanzioni? Qual è il contributo che Europol ed Eurojust potrebbero apportare in tal senso?

    [1]               Adottata dalla Commissione dell’ONU per la prevenzione della criminalità e la giustizia penale, sostenuta dal Consiglio economico e sociale dell’ONU.

    [2]               Relazione del Segretario generale dell’ONU del 20 maggio 2013, S/2013/297, risoluzione del Consiglio di sicurezza 2121 (2013).

    [3]               Come per tutte le attività illegali è difficile stimare l’estensione e le implicazioni del fenomeno del traffico di specie selvatiche. In molti paesi le risorse destinate alla lotta contro la criminalità sono limitate, pertanto i dati reali probabilmente sono molto più elevati.

    [4]               La Cina, ad esempio, è uno dei mercati di destinazione più importanti dell’avorio, mentre il Vietnam lo è per i corni di rinoceronte.

    [5]               Illegal Wildlife Trade and the European Union: an analysis of EU-TWIX seizure data for the period 2007-2011. Relazione elaborata per la Commissione europea.

    [6]               Europol, Serious and Organized Threat Assessments 2011, 2012, 2013.

    [7]               In collaborazione con il Gabon, la Germania ha organizzato un evento ad alto livello nel settembre 2013, a margine della General Assembly Ministerial Week. La Francia ha moderato una tavola rotonda in occasione del vertice dei capi di Stato o di governo sulla pace e la sicurezza in Africa del 5 dicembre 2013, mentre il Regno Unito ospiterà una conferenza di alto livello sul traffico illegale di specie selvatiche il 13 febbraio 2014.

    [8]               Parlamento europeo, risoluzione del 15 gennaio 2014 (2013/2747(INI)).

    [9]               Fanno parte del Consorzio la CITES, l’Interpol, l’Ufficio dell’ONU contro la droga e il crimine (UNODC), la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale delle dogane.

    [10]             Si tratta della Germania.

    [11]             FATF International standards on combatting money laundering and the financing of terrorism and proliferation 2012.

    http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/recommendations/pdfs/FATF_Recommendations.pdf

    [12]             L’accordo firmato di recente dal Commissario Potočnik e dal Ministro cinese per la tutela dell’ambiente Zhou Sengxian sull’impegno comune nella lotta contro il traffico di specie selvatiche può costituire un esempio di tale approccio.

    [13]             Controllo delle uccisioni illegali di elefanti (Monitoring the Illegal Killing of Elephants - MIKE).

    [14]             Ridurre al minimo le uccisioni illegali di elefanti e di altre specie a rischio di estinzione (Minimising the Illegal Killing of Elephants and Other Endangered Species - MIKES).

    [15]             www.ec.europa.eu/environment/nature/conservation/wildbirds/docs/Roadmap%20illegal%20killing.pdf

    [16]             GU L 159 del 20 giugno 2007, pag. 45.

    [17]             GU L 354 del 28 dicembre 2013, pag. 171.

    [18]             Ad esempio il Gruppo “Esecuzione” per il settore del commercio di specie selvatiche e la rete EnviCrimeNet.

    [19]             Gruppo di esperti sulle azioni doganali volte a tutelare la salute, il patrimonio culturale, l’ambiente e la natura (gruppo di esperti PARCS).

    [20]             Rete europea dei pubblici ministeri attivi nel settore ambientale; Forum europeo dei giudici attivi nel settore ambientale.

    [21]             Decisione quadro 2008/841/GAI relativa alla lotta contro la criminalità organizzata.

    [22]             Decisione quadro 2005/212/GAI relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, attualmente in fase di revisione.

    [23]             Direttiva 2005/60/CE relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, attualmente in fase di revisione.

    [24]             Europol Environmental Crime Threat Assessment 2013.

    [25]             (www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_Data/docs/pressdata/en/jha/137401.pdf).

    [26]             Da inoltrare entro il 10 aprile 2014 all’indirizzo env-eu-against-wildlife-trafficking@ec.europa.eu.

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