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Document 52003DC0839

Comunicazione della Commissione - Comunicazione della Commissione sulle importazioni parallele di specialità medicinali la cui immissione in commercio è già stata autorizzata

/* COM/2003/0839 def. */

52003DC0839

Comunicazione della Commissione - Comunicazione della Commissione sulle importazioni parallele di specialità medicinali la cui immissione in commercio è già stata autorizzata /* COM/2003/0839 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - Comunicazione della Commissione sulle importazioni parallele di specialità medicinali la cui immissione in commercio è già stata autorizzata

Riepilogo

La presente comunicazione intende aggiornare la nota della Commissione del 1982 sullo stesso argomento e si prefigge di fornire una serie di orientamenti sull'applicazione pratica della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee alle misure nazionali relative alle importazioni parallele, da uno Stato membro all'altro, di specialità medicinali la cui immissione in commercio è già stata autorizzata nello Stato membro di destinazione.

L'importazione parallela di medicinali è una legittima forma di scambio in seno al mercato interno, fondata sull'articolo 28 del trattato CE e soggetta a deroghe relative alla tutela della salute e della vita delle persone e alla tutela della proprietà industriale e commerciale, secondo l'articolo 30 del trattato CE.

Ove le informazioni necessarie ai fini della tutela della salute pubblica siano già disponibili alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione a seguito della prima immissione in commercio di un prodotto in tale Stato membro, un medicinale importato parallelamente è soggetto a un'autorizzazione concessa sulla base di una procedura proporzionalmente "semplificata" (rispetto alla procedura di autorizzazione all'immissione in commercio), a condizione che:

* al prodotto importato sia stata concessa un'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di origine;

* il prodotto importato sia essenzialmente analogo a un prodotto che ha già ricevuto l'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di destinazione.

L'importazione parallela di un medicinale è possibile anche quando l'autorizzazione di riferimento è stata ritirata; in questo caso la licenza di importazione parallela non può essere ritirata sempreché tale misura non sia motivata da aspetti relativi alla tutela della salute pubblica.

Quanto ai diritti di proprietà industriale e commerciale protetti dalla legislazione di uno Stato membro, quest'ultima non può essere utilizzata per opporsi all'importazione di un prodotto che sia stato legittimamente immesso in commercio in un altro Stato membro dal titolare di tale diritto o con il suo consenso. Inoltre, il titolare del marchio non può utilizzare il suo diritto al fine di vietare il riconfezionamento di un prodotto importato in parallelo nei casi in cui:

* l'esercizio del diritto relativi al marchio da parte del titolare, tenuto conto del sistema di commercializzazione da lui adottato, può contribuire all'isolamento artificioso dei mercati tra Stati membri;

* il riconfezionamento non altera la condizione originale del prodotto;

* il prodotto riporta il nome di chi lo ha riconfezionato;

* il prodotto riconfezionato non è presentato in un modo che potrebbe danneggiare la reputazione del marchio o del suo titolare; e

* il titolare del marchio è stato informato anticipatamente dell'immissione in commercio del prodotto riconfezionato

1. Introduzione

La presente comunicazione è rivolta principalmente alle amministrazioni nazionali, agli operatori economici attivi nel settore delle importazioni parallele di specialità medicinali [1], alle imprese e agli operatori farmaceutici in generale. Essa aggiorna la nota della Commissione del 1982 sullo stesso argomento [2] e il suo obiettivo generale è quello di fornire una serie di orientamenti sulle applicazioni pratiche del principio della libera circolazione delle merci alle misure nazionali concernenti le importazioni parallele, da uno Stato membro all'altro, di specialità medicinali la cui immissione in commercio è già stata autorizzata nello Stato membro di destinazione. Si fa particolare riferimento ai diritti e agli obblighi delle parti interessate e alle garanzie cui esse hanno diritto conformemente alla legislazione comunitaria.

[1] Specialità medicinale: ogni medicinale precedentemente preparato, immesso in commercio con una denominazione speciale e in una confezione particolare; medicinale: ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane. Ogni sostanza o composizione da somministrare all'uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell'uomo è altresì considerata medicinale. Direttiva 2001/83/CE (GU n. L 311, 28/11/2001 p. 67-128). Le stesse definizioni si applicano, per quanto riguarda gli animali, ai medicinali veterinari, direttiva 2001/82/CE (GU L 311 del 28.11.2001, pagg. 1-66).

[2] GU n. C 115 of 6.5.1982, p.5

A seguito dell'adozione della nota del 1982, la Corte di giustizia europea ha notevolmente perfezionato la sua giurisprudenza in merito e ha chiarito un certo numero di aspetti riguardanti i requisiti e le procedure per autorizzare importazioni parallele [3], l'utilizzazione di diritti di brevetto nazionali [4] e il riconfezionamento, la rietichettatura e l'utilizzazione di marchi nazionali [5]. Nel contempo, ulteriori sviluppi a livello della legislazione comunitaria hanno avuto un notevole impatto tecnico ed economico sugli scambi di specialità medicinali, mentre l'ampliamento dell'UE porrà prevedibilmente ulteriori sfide.

[3] Causa 247/81 Commissione contro Germania (1984) Racc. 1111, C-201/94 Smith & Nephew (1996) Racc. I-5819, C-94/98 Rhône-Poulenc (1999) Racc. I-8789, C-172/00 Ferring (2002) Racc. I-6891.

[4] Causa 434/85 Allen & Hansburys (1988) Racc. 1245, C-191/90 Generics (1992) Racc. 5335, cause riunite C-267 e 268/95 Merck contro Primecrown (1996) Racc. I-6285.

[5] Cause riunite C-427, 429 & 436/93 Bristol-Myers Squibb (1996) Racc. I-3457, causa C-232/94 Rhône-Poulenc (1996) Racc. I-3671, C-379/97 Pharmacia & Upjohn (1999) Racc. I-6927, C-143/00 Boehringer etc (2002) Racc. I-3759, C-443/99 Merck, Sharp and Dohme contro Paranova (2002) Racc. I-3703.

La presente comunicazione, fondata principalmente sullo sviluppo della giurisprudenza della Corte, non affronta aspetti trattati in altre legislazioni comunitarie, in particolare la prima immissione in commercio di un medicinale [6], la concorrenza o altri aspetti affrontati nella comunicazione della Commissione del 1998 sul mercato unico del settore farmaceutico [7], a meno che tali argomenti siano stati affrontati dalla Corte nella sua giurisprudenza in materia di importazioni parallele. Si fa riferimento a sentenze più recenti che chiariscono le condizioni in cui il riconfezionamento del medicinale, importato in parallelo, è oggettivamente necessario perché esso possa ottenere l'accesso allo Stato membro di destinazione. Nella quinta parte della presente comunicazione viene messa in evidenza la rilevanza di tale giurisprudenza della Corte, illustrandone le condizioni della sua applicazione.

[6] Direttiva 2001/83/CE (GU n. L 311, 28/11/2001 p.67-128) modificata dalla direttiva 2003/63/CE (GU n. L 159, 27/06/2003 p.46-94); direttiva 2001/82/CE (GU L 311 del 28.11.2001, pagg. 1-66).

[7] COM (1998) 588 def. - 25.11.1998

Infine, si è utilizzato il termine "importazione" in riferimento agli scambi intracomunitari, per motivi pratici, sebbene sia lecita l'osservazione che il termine, a seguito dello sviluppo del mercato interno, ha perso gran parte del suo significato.

2. Importazioni parallele e libera circolazione delle merci

L'importazione parallela di un medicinale è una legittima forma di scambio in seno al mercato interno fondata sull'articolo 28 del trattato CE e soggetta alle deroghe previste dall'articolo 30 del trattato CE

Il commercio parallelo è una legittima forma di scambio di merci tra Stati membri dell'Unione europea. È noto come "parallelo", nel senso che avviene al di fuori e - nella maggior parte dei casi - parallelamente alla rete di distribuzione che i fabbricanti o i fornitori originari hanno allestito per i loro prodotti in uno Stato membro, mentre riguarda prodotti che sotto ogni punto di vista sono simili a quelli commercializzati dalle reti di distribuzione.

Il commercio parallelo si fonda sul principio della libera circolazione delle merci in seno al mercato interno (articoli 28-30 del trattato CE). Nel settore farmaceutico esso trae vantaggio dalla divergenza dei prezzi, dal momento che gli Stati membri fissano o controllano il prezzo dei medicinali venduti nell'ambito dei rispettivi mercati [8]. La Corte di giustizia europea ha più volte confermato che i medicinali non sono esenti dalle norme del mercato interno [9] e ha condannato misure statali [10] che limitavano, senza giustificati motivi, importazioni parallele di medicinali. La Corte ha deliberato che talune misure degli Stati membri volte a limitare le importazioni parallele possono essere giustificate per motivi di protezione della proprietà industriale e commerciale e di tutela della salute e della vita delle persone, conformemente all'articolo 30 del trattato CE.

[8] Gli Stati membri possono ricorrere alla fissazione diretta o indiretta dei prezzi tramite politiche di rimborso, per garantire a tutti i cittadini un uguale accesso ai medicinali e per tutelare la stabilità finanziaria dei rispettivi servizi di previdenza sociale. La Corte ha riconosciuto che, in mancanza di armonizzazione, gli Stati membri hanno la facoltà di fissare i prezzi dei prodotti farmaceutici per soddisfare tali esigenze legittime, a condizione che tale intervento non discrimini de jure o de facto tra prodotti nazionali o importati e che il prezzo praticato sia remunerativo - causa 181/82 Roussel Laboratoria (1983) Racc. 3849 e causa 249/88 Commissione contro Belgio (1991) Racc. I-1275. Quanto, in particolare, al mercato dei medicinali soggetti a prescrizione medica, l'intervento statale può assumere la forma di esclusione di un medicinale da un regime di rimborso. Tale restrizione può essere motivata soltanto ove: (a) non esistano discriminazioni basate sull'origine del prodotto, (b) essa si basi su criteri obiettivi e verificabili e (c) essa preveda procedure per porre rimedio a eventuali distorsioni che ne risultano - causa 238/82 Duphar (1984) Racc. 523. Ulteriori requisiti procedurali sono stabiliti dalla direttiva 89/105/CEE (GU L 40 dell'11.2.1989, pagg. 8-11).

[9] In proposito la Corte ha rilevato che "è irrilevante la circostanza che esistano, tra lo Stato membro esportatore e lo Stato membro importatore, differenze di prezzo dovute a provvedimenti di controllo adottati in materia dall'autorità dello Stato esportatore" - causa 15/74 Centrafarm contro Sterling (1974) Racc. 1147. Tale principio è confermato nelle cause riunite C-267/95 e C-268/95, Merck contro Primecrown, (1996) Racc. I-6285, paragrafo 47; cfr. altresì causa C-436/93 Bristol-Myers Squibb contro Paranova, (1996) Racc. I-3457, causa 16/74, Centrafarm and De Peijper contro Winthrop (1974) Racc. 1183.

[10] Quando una restrizione al commercio parallelo è dovuta a misure adottate da imprese, ad esempio duplice prezzo o limitazione delle forniture ai grossisti, la fattispecie è disciplinata dalle norme comunitarie sulla concorrenza (articoli 81-82 del trattato CE).

3. Tutela della salute e della vita delle persone - Autorizzazioni all'immissione in commercio

Un medicinale può essere importato in parallelo sulla base di una licenza concessa a seguito di una procedura "semplificata", secondo la quale le informazioni da fornire da parte del richiedente sono minori di quelle richieste per un'autorizzazione all'immissione in commercio

In genere, un medicinale non può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un'autorizzazione, il cui scopo principale è quello di tutelare la salute pubblica. Le autorizzazioni all'immissione in commercio sono concesse a livello tanto nazionale quanto comunitario [11].

[11] Direttiva 2001/83/CE, articolo 6, paragrafo 1: nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un'autorizzazione delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un'autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93. All'articolo 8 della direttiva figurano le informazioni da fornire all'autorità competente ai fini della concessione di un'autorizzazione all'immissione in commercio. La direttiva è stata modificata dalla direttiva 2002/98/CE (GU L 33 dell'8.2.2003, pagg. 30-40) e dalla direttiva 2003/63/CE (GU n. L 159 del 27.06.2003, pagg. 46-94).

In base alla giurisprudenza della Corte [12], tuttavia, tali norme sono soggette ad eccezioni derivanti dalle regole del trattato CE relative alla libera circolazione delle merci. Le autorità nazionali non possono impedire importazioni parallele esigendo dagli importatori paralleli di soddisfare gli stessi requisiti di quelli applicabili a imprese che chiedono per la prima volta un'autorizzazione all'immissione in commercio di un prodotto medicinale [13], a condizione che un'eccezione del genere alle norme abitualmente applicabili alle autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali non metta a rischio la salute pubblica.

[12] Cause 104/75 De Peijper (1976) Racc. 613, C-201/94 Smith & Nephew and Primecrown (1996) Racc. I-5819, C-94/98 Rhone Poulenc (1999) Racc. I-08789 e C-172/00 Ferring (2002) Racc. I-6891

[13] Ciò in pratica significa che l'importatore parallelo non è tenuto a trasmettere i documenti relativi al prodotto medicinale in generale o a una partita specifica, informazioni che possono essere ottenute unicamente presso il fabbricante del medicinale o il suo concessionario. Se cosi non fosse, il fabbricante o il suo concessionario protebbero impedire le importazioni parallele semplicemente rifiutandosi di fornire i documenti necessari - causa 104/75 De Peijper (1976) Racc. 613.

In particolare, ove le informazioni necessarie ai fini della tutela della salute pubblica siano già a disposizione delle autorità competenti dello Stato membro di destinazione a seguito della prima immissione in commercio di un prodotto in tale Stato membro, un medicinale importato in parallelo è soggetto a una licenza concessa [14] sulla base di una procedura proporzionalmente semplificata [15], a condizione che:

[14] Gli aspetti relativi alla durata delle procedure, ad esempio il termine entro il quale le autorità nazionali devono rispondere a una richiesta di licenza di importazione parallela nonché la durata di tale licenza, restano da chiarire. Quanto al primo punto, occorre rilevare che all'articolo 18 della direttiva 2001/83 si prevede un termine di 90 giorni entro il quale uno Stato membro può decidere circa il riconoscimento di un'autorizzazione all'immissione in commercio concessa da un altro Stato membro; si può quindi affermare che 45 giorni costituiscano un ragionevole lasso di tempo per applicare una procedura semplificata alla decisione circa una richiesta di licenza di importazione parallela. Quanto alla durata della licenza, cfr. nota 21.

[15] "Se le autorità sanitarie dello Stato membro di importazione sono già in possesso, in seguito a una domanda di autorizzazione alla messa in commercio della specialità medicinale considerata, di tutte le indicazioni farmaceutiche a questa relative e ritenute indispensabili per il controllo dell'efficacia e dell'innocuità del prodotto stesso, risulta ovviamente superfluo, per la tutela della salute e della vita delle persone, che le dette autorità esigano che un secondo operatore, che abbia importato una specialità medicinale rispondente ai criteri sopraccitati, produca, a sua volta, le menzionate indicazioni ", causa C-201/94 Smith & Nephew and Primecrown (1996) Racc. I-5819

* al prodotto importato sia già stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di esportazione;

* il prodotto importato sia grossomodo analogo a un prodotto per cui è già stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di destinazione, ammettendosi differenze quanto agli eccipienti [16] utilizzati.

[16] All'atto di esaminare l'aspetto della somiglianza, la Corte ha tenuto altresì conto del fatto che il fabbricante del prodotto importato e del prodotto già immesso in commercio nello Stato membro di destinazione è lo stesso oppure l'uno e l'altro appartengono allo stesso gruppo, o nel caso di società indipendenti, hanno concluso accordi con lo stesso concessore di licenze: cause 104/75 De Peijper (1976) Racc. 613 e C-201/94 Smith & Nephew and Primecrown (1996) Racc. I-5819.

La Corte ha chiarito l'aspetto della somiglianza, sostenendo che i due prodotti non devono essere identici sotto tutti gli aspetti, ma che quantomeno dovrebbero essere fabbricati secondo la stessa formula, utilizzare lo stesso principio attivo e avere gli stessi effetti terapeutici [17].

[17] Causa C-201/94 Smith & Nephew and Primecrown (1996) Racc. I-5819 - Quanto alla condizione relativa alla formula di un prodotto la Corte ha deliberato che le autorità nazionali sono tenute ad autorizzare, conformemente alle norme relative alle importazioni parallele, un medicinale importato come prodotto parallelo se ritengono che tale prodotto, malgrado differenze in materia di eccipienti, non pone problemi per la salute pubblica - causa C-94/98 Rhone Poulenc (1999) Racc. I-08789

Il fatto che a un medicinale sufficientemente simile a uno importato in parallelo sia stata già concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di destinazione non significa necessariamente che tale autorizzazione "di riferimento" sia ancora valida al momento dell'importazione. In particolare, la Corte ha deciso che l'importazione parallela di un medicinale deve essere possibile anche quando è stata ritirata l'autorizzazione di riferimento e che la licenza per l'importazione parallela non può essere revocata a meno che tale misura sia motivata da aspetti riguardanti la tutela della salute pubblica, conformemente alle disposizioni dell'articolo 30 del trattato CE [18]. Si può ragionevolmente presumere che gli stessi principi siano applicabili ove l'autorizzazione all'immissione in commercio di riferimento di un medicinale sia ancora valida nello Stato membro di esportazione ma sia stata lasciata scadere [19] nello Stato membro di importazione, magari allo scopo di commercializzare una nuova versione del prodotto.

[18] Cause C-172/00 Ferring (2002) Racc. I-6891 e C-15/01 Paranova (2003) Racc.

[19] L'articolo 24 della direttiva 2001/83/CE prevede: "L'autorizzazione ha una durata di validità di cinque anni ed è rinnovabile per periodi quinquennali su richiesta presentata dal titolare almeno tre mesi prima della scadenza e dopo l'esame, da parte dell'autorità competente, di un fascicolo in cui figura, in particolare, lo stato dei dati della farmacovigilanza e le altre informazioni pertinenti per la sorveglianza del medicinale " - GU n. L 311, 28/11/2001 p. 67-128. La disposizione equivalente della direttiva 2001/82/CE è l'articolo 28.

Il problema sorge quando un'autorizzazione all'immissione in commercio di riferimento è ritirata nello Stato membro di importazione per motivi diversi da quelli della tutela della salute pubblica, e il prodotto importato continua ad essere legittimamente commercializzato nello Stato membro di esportazione sulla scorta di un'autorizzazione concessa in tale Stato. È il caso, ad esempio, di una nuova versione di un medicinale commercializzata in uno Stato membro, mentre la vecchia versione continua ad essere importata da un altro Stato membro.

La Corte ha deciso [20] che il ritiro di tale autorizzazione all'immissione in commercio non significa di per se stesso che la qualità, l'efficacia e la sicurezza della vecchia versione siano messe in questione. È stato riconosciuto che le autorità competenti dello Stato membro di importazione sono tenute ad adottare le necessarie misure per verificare la qualità, l'efficacia e la sicurezza della vecchia versione del medicinale e che tali obiettivi devono essere tutelati tramite misure meno restrittive sull'importazione di medicinali della cessazione automatica della validità della licenza di importazione parallela. Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto tramite la cooperazione con le autorità nazionali degli altri Stati membri che forniscono l'accesso alla documentazione e ai dati forniti dal fabbricante o da altre società nello stesso gruppo, relativi alla vecchia versione alle autorità degli Stati membri in cui tale versione è ancora commercializzata sulla base di un'autorizzazione tuttora valida [21].

[20] Cause C-172/00 Ferring (2002) Racc. I-6891 e C-15/01 Paranova (2003) Racc.

[21] La Corte ha fatto riferimento al principio della cooperazione tra le autorità degli Stati membri nelle cause riunite 87 e 88/85 Legia and Gyselinx (1986) Racc. 1707. Sulla base di tale principio si può affermare che le autorità nazionali, al momento di concedere una licenza di importazione parallela, non possono, in linea di massima, limitarne la durata ad una data anteriore alla scadenza dell'autorizzazione originaria. In ogni caso, se le autorità sanitarie dello Stato membro in questione ritengono, in determinati casi e per motivi chiaramente esplicitati, che l'assenza di obblighi di farmacovigilanza in capo al detentore dell'autorizzazione oggetto del ritiro possa compromettere la salvaguardia della salute pubblica, esse possano adottare gli opportuni provvedimenti e, se necessario, limitare la durata della licenza di importazione al periodo di validità dell'autorizzazione all'immissione in commercio (C-223/01, AstraZeneca A/S, sentenza del 16.10.2003, non ancora pubblicata). Il caso riguardava la concessione di un'autorizzazione per un prodotto generico e non una licenza di importazione. La Corte deve ancora decidere se tale principio possa essere applicato anche alle importazioni parallele.

Inoltre la Corte ha ritenuto che le limitazioni all'importazione della vecchia versione possono essere giustificate ove sia possibile dimostrare che esiste effettivamente un rischio per la salute pubblica derivante dalla coesistenza delle due versioni nello stesso mercato. Peraltro la questione dell'esistenza e della realtà del rischio va determinata in primo luogo dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione e la semplice asserzione da parte del titolare dell'autorizzazione per la vecchia e la nuova versione che tale rischio esista non è sufficiente a giustificare il divieto di importazione della vecchia versione.

Quando un medicinale è stato autorizzato a livello comunitario [22], l'autorizzazione all'immissione in commercio è valida in tutta la Comunità. Medicinali autorizzati a livello centrale e distribuiti in parallelo, identici [23] a quelli distribuiti dal fabbricante, rientrano in un'unica e medesima autorizzazione all'immissione in commercio. Il distributore parallelo può quindi, conformemente alla legislazione comunitaria in materia di prodotti farmaceutici, immettere direttamente in commercio il medicinale e distribuirlo in parallelo. Egli ha il diritto di far ciò anche se il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio, per un motivo o per l'altro, non ha ancora immesso in commercio il prodotto in questione in un dato mercato nazionale.

[22] L'autorizzazione a livello comunitario è concessa in base alla procedura centralizzata di cui al regolamento (CEE) 2309/93 del Consiglio, GU 1993 L 214, 1-21. Il regolamento 2309/93 è stato l'oggetto della comunicazione della Commissione sulle procedure comunitarie di autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali del 1998 (98C229/03). La comunicazione fornisce anche indicazioni sulla procedura di reciproco riconoscimento delle direttive 2001/83/CE e 2001/82/CE.

[23] Nella causa T-123/00, Thomae/Commissione (2002) Racc. II-5193, la Corte ha sostenuto che considerazioni derivanti dalla natura unitaria dell'autorizzazione all'immissione in commercio comunitaria e dal principio fondamentale della libera circolazione delle merci suggeriscono che un medicinale oggetto di una richiesta di autorizzazione comunitaria deve, come regola generale, avere un'unica presentazione, ad esempio colore, logo, formato. Essa peraltro ha anche dichiarato che in circostanze eccezionali la presentazione dell'imballaggio può variare. La causa riguardava il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio e non un distributore parallelo.

4. Protezione ed esaurimento dei diritti di proprietà industriale e commerciale

Il titolare di un diritto di proprietà industriale e commerciale protetto dalla legislazione di uno Stato membro non può fare appello a tale legislazione per opporsi all'importazione di un prodotto che sia stato legittimamente immesso in commercio in un altro Stato membro da parte o con il consenso del titolare di tale diritto

I medicinali sono in genere coperti da diritti di proprietà industriale e commerciale, cioè brevetti e marchi, che sono di natura sostanzialmente nazionale [24]. Tali diritti possono essere invocati dinanzi alle autorità e ai tribunali nazionali al fine di vietare la vendita sul mercato nazionale di medicinali importati che abbiano violato tali diritti.

[24] Cfr. peraltro il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario, GU n. L 11, 14.1.1994, p.1, e la proposta di regolamento del Consiglio relativo al brevetto comunitario, GU n. C 337E, 28.11.2000, p. 278.

Il trattato CE non incide sull'esistenza dei diritti di proprietà industriale e commerciale; l'esercizio di tali diritti può tuttavia essere limitato ove contravvenga all'obiettivo essenziale del trattato, cioè quello di unire i mercati nazionali in un unico mercato. La Corte ha deciso [25] che la deroga alla libera circolazione delle merci giustificata da motivi di protezione della proprietà industriale e commerciale è ammissibile unicamente quando sia giustificata ai fini della salvaguardia dei diritti, che costituiscono l'oggetto specifico della proprietà [26].

[25] Cfr., tra l'altro, causa 78/70 Deutsche Grammophon contro Metro (1971) Racc. 487 e causa 102/77 Hoffmann-La Roche (1978) Racc. 1139.

[26] "L'oggetto specifico della proprietà industriale è quello di garantire in particolare al titolare, per compensare lo sforzo creativo concretatosi nell'invenzione, il diritto esclusivo di valersi di questa per la produzione e la prima immissione in commercio di beni industriali, sia direttamente sia mediante concessione di licenze a terzi, nonché il diritto di opporsi alle contraffazioni ", causa 15/74 Centrafarm c. Sterling Drug (1974), Racc. 1147, confermato da cause riunite C267/95 e C-268/95 Merck contro Primecrown (1996) Racc. I-6285.

Tale regola è nota come "principio di esaurimento" dei diritti di proprietà industriale e commerciale [27]. In base a tale principio, il titolare di un diritto di proprietà industriale e commerciale protetto dalla legislazione di uno Stato membro non può appellarsi a tale legislazione per opporsi all'importazione di un prodotto che sia stato legittimamente immesso in circolazione sul mercato di un altro Stato membro da parte del titolare di tale diritto o con il suo consenso. Quest'ultimo è considerato esaurito, una volta che il prodotto è stato immesso in commercio in un qualsiasi luogo all'interno della Comunità.

[27] Questo principio generale, basato sulla distinzione tra l'esistenza e l'esercizio del diritto, è stato mantenuto nella legislazione comunitaria sulla proprietà industriale. Cfr. articolo 7 della direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU n. L 40, 11.12.1989, p. 1) che ribadisce la giurisprudenza della Corte, in particolare la causa 15/74 Centrafarm contro Sterling (1974) Racc. 1147, la causa C-10/89 CNL-SUCAL contro HAG GF (1990) Racc. I-3711 e la causa C-9/93 IHT Internationale Heiztechnik contro Ideal Standard (1994) Racc. I-2789.

Un diritto di proprietà industriale è esaurito anche nel caso in cui il titolare del diritto di proprietà industriale immette in commercio un prodotto dapprima in uno Stato membro in cui il diritto è protetto, e in seguito in un altro Stato membro in cui tale protezione non esiste: il titolare del diritto non può impedire l'importazione parallela del prodotto dal secondo Stato membro verso il primo [28].

[28] Cause 187/80 "Merck contro Stephar" (1981) Racc. 2603, C-10/89 HAG (1990) Racc. 3711, C-191/90 Generics and Harris Pharmaceutical (1992) Racc. 5335, cause riunite C-267/95 e C-268/95 Merck contro Primecrown (1996) Racc. I-6285.

Un'importante, sebbene temporanea, eccezione a questa norma si è manifestata durante i dibattiti sull'iniziativa "G10 farmaci" [29] con l'adesione dei nuovi Stati membri nel 2004 e, in particolare, della Repubblica ceca, dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia [30]. Il trattato di adesione prevede [31] un meccanismo specifico in base al quale le importazioni parallele dai nuovi Stati membri sopra menzionati sono vietate fino alla scadenza, in tali Stati membri, del brevetto o della protezione supplementare del medicinale in questione [32].

[29] Cfr. la recente comunicazione della Commissione "Rafforzare l'industria farmaceutica stabilita in Europa a vantaggio dei pazienti -Un invito ad agire", COM (2003) 383.

[30] La protezione del brevetto o la protezione supplementare potrebbe essere ottenuta negli altri due nuovi Stati membri, Malta e Cipro, che non sono quindi inclusi nell'elenco.

[31] "Per quanto riguarda la Repubblica Ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia, il detentore o il beneficiario di un brevetto o di un certificato protettivo complementare di un prodotto farmaceutico presentato in uno Stato membro in un momento in cui una simile protezione non poteva essere ottenuta in uno dei nuovi Stati membri summenzionati per tale prodotto ha la possibilità di far valere i diritti derivanti dal brevetto o dal certificato protettivo complementare per impedirne l'importazione e la commercializzazione nello Stato membro o negli Stati membri in cui il prodotto in questione è protetto da brevetto o certificato protettivo complementare, anche se detto prodotto è stato immesso sul mercato in tale nuovo Stato membro per la prima volta dal detentore o beneficiario o con il suo consenso ", trattato di adesione, parte III, titolo II, allegato IV, sezione 2 "Diritto societario", AA2003/ACT/Annex IV/en p.2499, firmato ad Atene il 16 aprile 2003.

[32] Questi nuovi Stati membri hanno introdotto i diritti di protezione del brevetto nel periodo 1991-1994.

5. Protezione dei marchi d'impresa e riconfezionamento

Il titolare del marchio d'impresa non può utilizzare il suo diritto derivante dal marchio d'impresa per impedire il riconfezionamento, ove: (1) l'esercizio del diritto di marchio d'impresa da parte del titolare possa contribuire all'artificioso isolamento dei mercati tra Stati membri; (2) il riconfezionamento non incida negativamente sulla condizione originale del prodotto, (3) nella nuova confezione figuri l'indicazione di chi ha riconfezionato e fabbricato il prodotto, (4) la presentazione del prodotto riconfezionato non sia tale da danneggiare la reputazione del marchio e del suo titolare e (5) il titolare del marchio riceva un preavviso prima che il prodotto riconfezionato sia messo in vendita

In talune circostanze [33] il riconfezionamento del prodotto e la riapposizione del marchio d'impresa oppure la sua sostituzione con un altro utilizzato per lo stesso prodotto nello Stato membro di destinazione sono necessari per consentire al prodotto importato di essere immesso in commercio in uno Stato membro. Tale questione è stata esaminata dalla Corte e da tale esame sono emerse alcune condizioni riguardo alla necessità e alla portata delle modifiche della confezione originale.

[33] Ad esempio requisiti riguardanti la lingua dell'etichetta e i foglietti illustrativi o norme nazionali relative alla dimensione dell'imballaggio.

In base all'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 89/104 [34], il principio di esaurimento dei diritti conferiti da un marchio non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio. La Corte ha confermato la conformità dell'art. 7 della direttiva alle norme del Trattato, in quanto esso disciplina esaurientemente la questione dell'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti oggetto di scambio nella Comunità, pur facendo osservare che, al pari di qualsiasi legislazione secondaria, la direttiva va interpretata alla luce delle norme del trattato CE sulla libera circolazione delle merci e in particolare dell'articolo 30 [35]. In altri termini, una direttiva non può giustificare ostacoli agli scambi intracomunitari tranne che entro i limiti posti dalle norme del trattato [36].

[34] 4 GU n. L 40, 11.12.1989, p. 1

[35] 5 Cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93 Bristol-Myers Squibb and Others (1996) Racc. I-3457

[36] 6 In base alla giurisprudenza della Corte, causa C-51/93 Meyhui contro Schott Zwiesel Glaswerke (1994) Racc. I-3879, il divieto di restrizioni quantitative e di misure con effetto equivalente - articolo 28 CE - si applica non soltanto alle misure nazionali ma anche agli atti dalle istituzioni comunitarie.

Si è già detto che la deroga al principio della libera circolazione delle merci basata su motivi di protezione della proprietà industriale e commerciale [37] è ammissibile unicamente quando sia motivata da aspetti relativi alla tutela dei diritti, che costituiscono l'oggetto specifico della proprietà. La Corte ha deliberato che l'oggetto specifico di un marchio d'impresa è in particolare quello di garantire al titolare di godere del diritto esclusivo di utilizzare tale marchio per immettere un prodotto in commercio per la prima volta e quindi di proteggerlo da concorrenti propensi a trarre vantaggio dallo status e dalla reputazione del marchio vendendo prodotti che recano tale marchio illegalmente [38]. Di conseguenza, la funzione fondamentale del marchio d'impresa è quella di garantire al consumatore l'identità dell'origine del prodotto, rendendolo in grado di distinguerlo senza rischi di confusione da prodotti di origine diversa; l'obiettivo è anche quello di garantire al consumatore che il prodotto non è stato oggetto di manipolazioni da parte di terzi, che possano alterarne la condizione originale [39] senza l'autorizzazione del titolare del marchio.

[37] 7 Art. 30 trattato CE

[38] 8 Cfr., tra l'altro, cause 16/74 Centrafarm contro Winthrop (1974) Racc. 1183, 102/77 Hoffmann-La Roche (1978) ECR 1139 e 1/81 Pfizer contro Eurim-Pharm (1981) Racc. 2913 confermate dalle cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93 Bristol-Myers Squibb and Others (1996) Racc. I-3457.

[39] 9 Cfr. nota 38

Ne consegue che il titolare del marchio non può far valere il suo diritto per impedire il riconfezionamento nei casi in cui:

* l'esercizio del diritto inerente al marchio da parte del titolare, tenuto conto del sistema di commercializzazione adottato, possa contribuire ad isolare artificiosamente i mercati dei diversi Stati membri;

* il riconfezionamento non possa alterare la condizione originale del prodotto;

* nella nuova confezione figuri il nome di chi ha riconfezionato il prodotto e di chi lo ha fabbricato;

* la presentazione del prodotto riconfezionato non sia tale da nuocere alla reputazione del marchio e del suo titolare; e

* il titolare del marchio riceva un preavviso prima che il prodotto riconfezionato venga messo in vendita [40].

[40] 0 Tali condizioni sono state chiarite dalla Corte in una serie di sentenze successive alla causa C-102/77 Hoffmann-La Roche (1978) Racc. 1139. Cfr., in particolare, causa 1/81 Pfizer contro Eurim-Pharm (1981) Racc. 2913, cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93 Bristol-Myers Squibb and Others (1996) Racc. I-3457, causa C-379/97 Upjohn (1999) Racc. I-6927, causa C-443/99 Merck, Sharp & Dohme (2002) Racc. I-3703 e causa C-143/00 Boehringer (2002) Racc. I-03759

D'altro canto, la Corte ha stabilito che la condizione di necessità non sarà soddisfatta qualora l'importatore parallelo volesse riconfezionare il prodotto e riapporre o sostituire il marchio d'impresa unicamente a fini di profitto commerciale. In questo caso il titolare del marchio d'impresa può legittimamente avvalersi del proprio diritto per impedire le azioni siffatto comportamento.

La questione di stabilire se il riconfezionamento è obiettivamente necessario conformemente alle condizioni spiegate di seguito va comunque valutata sulla base delle circostanze al momento della commercializzazione del medicinale nello Stato membro di destinazione.

5.1. Isolamento artificioso del mercato interno

Ciò avviene qualora il titolare del marchio d'impresa abbia immesso sul mercato un prodotto farmaceutico identico in più Stati membri sotto vari tipi di confezionamento e/o con marchi d'impresa diversi [41] e la dimensione della confezione commercializzata nello Stato membro di esportazione non possa essere per vari motivi immessa in commercio nello Stato membro di destinazione [42]. La Corte ha altresì stabilito che anche nel caso in cui una delle varie dimensioni del prodotto commercializzate nello Stato membro di destinazione sia anche commercializzata nello Stato membro di esportazione, ciò non basta a giustificare la conclusione della non necessità del riconfezionamento. L'isolamento dei mercati si verificherebbe anche se l'importatore potesse vendere il prodotto unicamente in una parte del suo mercato.

[41] 1 La questione della sostituzione del marchio d'impresa con uno utilizzato per lo stesso prodotto nello Stato membro di destinazione è stata discussa dalla Corte nella causa C-379/97 Upjohn (1999) Racc. I-6927.

[42] 2 L'isolamento artificioso del mercato può derivare, oltre che dal comportamento del titolare del marchio, da altri fattori, fra cui la Corte ha menzionato: norme che autorizzano l'imballaggio soltanto in una certa dimensione o una prassi nazionale avente lo stesso effetto, norme in materia di assicurazione contro le malattie che fanno dipendere il rimborso delle spese mediche dalla dimensione dell'imballaggio; prassi consolidate dei medici in materia di prescrizioni basate, tra l'altro, su dimensioni standard raccomandate da gruppi professionali e da enti di previdenza sociale.

Occorre rilevare che, in ogni caso, il riconfezionamento è consentito unicamente se necessario. Se, ad esempio, il prodotto importato può avere effettivamente accesso al mercato di uno Stato membro semplicemente aggiungendo nuove etichette al confezionamento originale o nuovi foglietti illustrativi, il titolare del marchio d'impresa può opporsi al riconfezionamento, in quanto esso non è oggettivamente necessario.

La Corte ha chiarito il significato dell'espressione "effettivo accesso", precisando [43] che potrebbe esistere su un mercato, o su una rilevante parte di esso, una resistenza tanto forte da parte di una percentuale notevole di consumatori contro medicinali rietichettati, da far ritenere ciò un ostacolo all'effettivo accesso al mercato. Di conseguenza, in tali circostanze, il titolare del marchio d'impresa non può opporsi al riconfezionamento.

[43] 3 Causa C-443/99 Merck, Sharp & Dohme (2002) Racc. I-3703

5.2. Deterioramento delle condizioni originali del prodotto

Il concetto di deterioramento delle condizioni originali del prodotto si riferisce alla condizione del prodotto dentro la confezione. Si deve ritenere che la condizione del prodotto non sia deteriorata:

* quando il riconfezionamento riguardi unicamente lo strato esterno lasciando intatto il confezionamento interno, o

* quando il riconfezionamento sia effettuato sotto la supervisione di un'autorità pubblica al fine di garantire l'integrità del prodotto.

In base alla giurisprudenza della Corte ne consegue che la sola rimozione di imballaggi blister, bottigliette, boccette, fiale o inalatori dalla confezione esterna originale e il loro collocamento in una nuova confezione esterna non può influire sulla condizione originale del prodotto all'interno della confezione. Lo stesso vale per operazioni consistenti nell'apporre etichette autoadesive a bottigliette, boccette, fiale o inalatori, nell'aggiunta alla confezione di nuovi foglietti illustrativi nella lingua dello Stato membro di importazione o nell'inserimento di un articolo extra, ad esempio un vaporizzatore, proveniente da fonte diversa da quella del titolare del marchio d'impresa.

D'altro canto, la Corte ha riconosciuto che la condizione originale del prodotto dentro la confezione potrebbe essere indirettamente compromessa ove, ad esempio:

* la confezione esterna o interna del prodotto riconfezionato o una nuova serie di foglietti illustrativi trascuri informazioni importanti o fornisca informazioni inesatte circa la natura, la composizione, l'effetto, l'utilizzo o la conservazione del prodotto, o

* un articolo extra inserito nella confezione dall'importatore e concepito per l'ingestione e il dosaggio del prodotto non sia conforme al metodo di utilizzazione e alle dosi previste dal fabbricante.

5.3. Indicazioni su chi ha riconfezionato e fabbricato il prodotto

Visto che è nell'interesse del titolare del marchio d'impresa che il consumatore non sia portato a credere che il titolare è responsabile del riconfezionamento, un'indicazione deve chiaramente menzionare sulla confezione esterna il responsabile del riconfezionamento. L'indicazione va stampata in modo da poter essere letta e capita da una persona con una vista normale, con un livello normale di attenzione. Inoltre, qualora l'importatore parallelo avesse aggiunto alla confezione un articolo extra proveniente da fonte diversa dal titolare del marchio d'impresa, è tenuto a garantire che l'origine dell'articolo extra sia chiaramente indicata in modo da evitare qualsiasi impressione che il titolare del marchio d'impresa ne sia responsabile.

Non è invece necessario indicare ulteriormente sulla confezione che il riconfezionamento è stato effettuato senza l'autorizzazione del titolare del marchio, in quanto tale indicazione potrebbe dare l'errata impressione che il prodotto riconfezionato non sia totalmente legittimo.

5.4. Presentazione del prodotto riconfezionato

La Corte ha riconosciuto che, anche se la persona che ha effettuato il riconfezionamento è indicata sulla confezione del prodotto, rimane la possibilità che la reputazione del marchio d'impresa, e di conseguenza del suo titolare, possa essere lesa a causa di una presentazione inadeguata del prodotto riconfezionato. In questo caso, il titolare del marchio d'impresa ha un interesse legittimo, connesso con l'oggetto specifico del diritto conferito dal marchio d'impresa, a impedire l'immissione in commercio del prodotto. Nel valutare se la presentazione del prodotto riconfezionato sia o meno dannosa per la reputazione del marchio, occorre tener conto della natura del prodotto e del mercato cui esso è destinato [44].

[44] 4 Il pubblico è particolarmente esigente per quanto riguarda la qualità e l'integrità dei prodotti farmaceutici, per cui un imballaggio difettoso, di cattiva qualità o mal confezionato potrebbe nuocere alla reputazione del marchio d'impresa. Peraltro i requisiti da soddisfare nella presentazione di un prodotto farmaceutico riconfezionato variano a seconda che il prodotto sia venduto a ospedali o, attraverso le farmacie, ai consumatori. Nel primo caso, i prodotti sono somministrati ai pazienti da professionisti, per i quali la presentazione del prodotto riveste poca importanza. Nel secondo caso, la presentazione del prodotto è di importanza di gran lunga maggiore per il consumatore.

5.5. Preavviso al titolare del marchio d'impresa

Il titolare del marchio d'impresa dev'essere preavvisato circa la messa in vendita del prodotto riconfezionato. Il titolare può altresì chiedere all'importatore di fornirgli un campione del prodotto riconfezionato prima che esso venga messo in vendita, per consentirgli di controllare che il riconfezionamento non sia tale da pregiudicare direttamente o indirettamente la condizione originale del prodotto e che la presentazione del prodotto riconfezionato non possa nuocere alla reputazione del marchio d'impresa [45]. Se l'importatore parallelo [46] non soddisfa tale requisito, il titolare del marchio d'impresa può impedire l'immissione in commercio del prodotto farmaceutico riconfezionato.

[45] 5 Tale condizione offre al titolare del marchio d'impresa una maggiore possibilità di proteggersi contro le contraffazioni.

[46] 6 Non basta che il titolare riceva la notifica da altre fonti, ad esempio l'autorità che ha rilasciato all'importatore una licenza di importazione parallela - causa C-143/00 Boehringer (2002) Racc. I-03759

Entrambe le parti, nondimeno, devono sforzarsi reciprocamente di rispettare gli interessi legittimi dell'altra parte. Di conseguenza, il titolare dovrebbe poter disporre di un tempo ragionevole per esaminare il prodotto, mentre si dovrebbe anche tener conto dell'interesse dell'importatore parallelo a procedere all'immissione in commercio del prodotto non appena ottenuta la licenza necessaria da parte dell'autorità competente. Nella causa Boehringer [47] la Corte ha suggerito, come periodo di tempo ragionevole, quindici giorni lavorativi nel caso in cui l'importatore parallelo abbia scelto di significare il preavviso al titolare del marchio fornendogli contemporaneamente un campione del prodotto farmaceutico riconfezionato. La Corte ha aggiunto che, essendo tale periodo puramente indicativo, l'importatore parallelo è libero di richiedere un periodo più breve, mentre il titolare può domandare un periodo più lungo di quello indicato dall'importatore parallelo.

[47] 7 Causa C-143/00 Boehringer (2002) Racc. I-03759

Occorre rilevare che, per quanto riguarda le importazioni parallele di medicinali che rientrano nell'eccezione prevista nel trattato d'adesione 2003, la norma prevede che l'importatore parallelo debba dare un preavviso di un mese [48].

[48] 8 "Chiunque intenda importare o commercializzare uno dei prodotti farmaceutici di cui al paragrafo precedente in uno Stato membro in cui il prodotto è coperto da brevetto o da certificato protettivo, deve dimostrare alle competenti autorità, nella domanda relativa a tale importazione, di averne data comunicazione mediante notificazione effettuata al detentore o beneficiario di tale protezione con un mese di anticipo ". (trattato di adesione, parte III, titolo II, allegato IV, sezione 2 "Diritto societario" AA2003/ACT/Allegato IV/it p.2499, firmato ad Atene il 16 aprile 2003

5.6. Autorizzazione a livello comunitario

Quando un medicinale è stato autorizzato a livello comunitario [49], l'autorizzazione all'immissione in commercio concessa conformemente al regolamento 2309/93 si riferisce alla confezione prescritta per il medicinale nella domanda di autorizzazione. Quest'ultima fissa le dimensioni e la confezione da utilizzare per il medicinale, nonché le informazioni da includere nell'imballaggio interno o in quello esterno [50]. La Corte ha considerato che gli specifici requisiti della confezione, intesi ad evitare ambiguità per il consumatore e, quindi, a tutelare la salute pubblica, vietano l'unione e la rietichettatura di più pacchetti del medicinale [51]. La Corte ha aggiunto tuttavia che una nuova confezione può essere possibile qualora il riconfezionamento sia obiettivamente necessario [52] per consentire al prodotto importato un accesso effettivo al mercato di uno Stato membro.

[49] 9 L'autorizzazione a livello comunitario è concessa secondo la procedura centralizzata prevista dal regolamento (CEE) 2309/93 del Consiglio, GU 1993 L 214 , 1-21

[50] 0 Ai sensi degli articoli 9, paragrafo 3, e 10, paragrafo 1, e il secondo paragrafo dell'articolo 11 del regolamento n. 2309/93, nell'autorizzazione vanno determinate le dimensioni, la presentazione e la forma di imballaggio da utilizzare per il prodotto farmaceutico. Di conseguenza, i dati e le informazioni da stampare sulla confezione del prodotto sono specifiche a tale confezione in quanto sono basate sul formato e/o sulla dimensione di tale imballaggio, come specificato nella domanda di autorizzazione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento.

[51] 1 Causa C-433/00 Aventis Pharma Deutschland (2002) Racc. I-7761

[52] 2 Le circostanze al momento dell'immissione in commercio nello Stato membro di importazione vengono nuovamente valutate in base ai criteri fissati nella giurisprudenza della Corte, cfr. nota 37.

Sebbene non siano necessarie altre autorizzazioni la Comunità (ovvero l'Agenzia europea per la valutazione dei medicinali) e le autorità nazionali degli Stati membri in cui ha luogo la distribuzione parallela del medicinale devono essere informate in merito a tale distribuzione al fine di consentire all'Agenzia di verificarne la conformità rispetto all'autorizzazione comunitaria, e alle autorità nazionali di monitorare il mercato (identificazione della partita, farmacovigilanza, ecc.) e di sorvegliare le fasi successive alla commercializzazione (comunicazione della Commissione sulle procedure comunitarie di autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali, GU C 229 del 22.7.1998, pagg. 4-17) [53].

[53] La Commissione sta proponendo di rendere obbligatorio tale sistema nel quadro dell'attuale revisione della legislazione farmaceutica (artt. 76, paragrafo 3 della direttiva 2001/83/CE e 57, paragrafo 1 del regolamento proposto a sostituzione del regolamento (CEE) n. 2309/93). Nel novembre 2001 la Commissione aveva proposto un pacchetto legislativo per la revisione della legislazione farmaceutica comprendente un regolamento volto a sostituire il regolamento (CEE) 2309/93 e due direttive che modificavano le direttiva 2001/83/CE e al direttiva 2001/82/CE (COM(2001) 404 def.). Il pacchetto si trova attualmente al Parlamento europeo per la seconda lettura (2001/0522 (COD), 2001/0523 (COD) e 2001/0254 (COD)).

6. Conclusioni

A seguito dell'adozione della nota della Commissione del 1982, la Corte ha esaminato numerosi casi relativi alle importazioni parallele di medicinali e ha confermato che un medicinale importato in parallelo deve essere soggetto a una licenza concessa sulla base di una procedura semplificata quando le informazioni necessarie ai fini della tutela della salute pubblica sono già disponibili alle autorità dello Stato membro di destinazione. Tale presupposto si realizza quando il prodotto in questione ha già ottenuto un'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di esportazione e sia sostanzialmente analogo a un prodotto che ha già ottenuto l'autorizzazione nello Stato membro di destinazione. La Corte ha inoltre precisato che, ove l'autorizzazione all'immissione in commercio nello Stato membro di destinazione sia stata revocata per motivi diversi da quelli di tutela della salute pubblica, ciò non deve incidere sulla validità della licenza di importazione parallela.

Un ulteriore sviluppo che ha notevolmente contribuito alla certezza giuridica e di conseguenza al corretto funzionamento del mercato interno riguarda la serie di pronunce emesse dalla Corte sul riconfezionamento di un prodotto importato in parallelo. La Corte ha chiarito che la protezione del diritto inerente al marchio non è senza limiti, facendo rilevare in particolare che esso può contribuire all'isolamento artificioso del mercato interno. L'importatore parallelo, perciò, può riconfezionare una specialità medicinale e riapporre il marchio d'impresa o addirittura sostituirlo con un marchio utilizzato nel mercato di destinazione, sempreché il riconfezionamento non alteri la condizione originale del prodotto o la reputazione del marchio e del suo titolare. L'importatore parallelo è tenuto, d'altra parte, a indicare sulla nuova confezione i dati di chi ha riconfezionato il prodotto e di trasmettere un preavviso al titolare del marchio prima di mettere in commercio il prodotto riconfezionato.

Ciò nondimeno, non tutti gli aspetti riguardanti le importazioni parallele sono stati esaminati dalla Corte. Con lo sviluppo del mercato interno, continuano ad emergere nuove problematiche, mentre vecchie risposte richiedono ulteriori chiarimenti. Mentre tutte le parti continuano a perseguire i propri legittimi interessi nel contesto del mercato interno, il rispetto di quanto è già stato ottenuto e una stretta cooperazione tra le istituzioni comunitarie, le autorità nazionali e gli operatori economici continuano a fornire una solida base per la soluzione di tutti i restanti aspetti problematici.

ALLEGATO

Domande e risposte

A chi è destinata la presente comunicazione?

È destinata alle amministrazioni nazionali nonché alle società o alle persone fisiche che si occupano della commercializzazione di medicinali.

Qual è l'apporto della comunicazione?

I responsabili politici e i funzionari delle amministrazioni nazionali che trattano le domande di importazioni parallele possono trovare soluzioni a problemi complessi facendo riferimento alla pertinente giurisprudenza della Corte, mentre gli operatori di mercato possono chiarire i loro rispettivi diritti e obblighi derivanti dal principio di libera circolazione delle merci.

Le importazioni parallele sono legali?

Le importazioni parallele sono legali e rappresentano una conseguenza diretta della differenza dei prezzi negli Stati membri e dello sviluppo del mercato interno che garantisce la libera circolazione delle merci; come in tutti i casi occorre rispettare talune condizioni, connesse alla necessità di tutelare la salute pubblica.

Il termine "parallelo" non indica forse qualcosa di poco chiaro?

Assolutamente no. Esso indica semplicemente che l'immissione in commercio di un medicinale avviene al di fuori della rete di distribuzione del fabbricante o del suo concessionario. Si tratta in ogni caso dello stesso prodotto o di uno sostanzialmente simile.

Il termine "simile" non è troppo ambiguo?

No; al contrario, esso è stato chiarito dalla Corte a beneficio dei pazienti nonché delle autorità sanitarie nazionali. In particolare, il prodotto importato in parallelo (cioè dopo che è stata concessa una prima autorizzazione all'immissione in commercio dallo Stato membro di destinazione) non dev'essere identico in tutti gli aspetti al prodotto già immesso in commercio dal fabbricante, ma dovrebbe quantomeno essere fabbricato secondo la stessa formulazione, utilizzando lo stesso ingrediente attivo, e avere gli stessi effetti terapeutici.

Non può lo Stato membro di destinazione, tuttavia, vietare o limitare le importazioni parallele?

In effetti lo Stato di destinazione può farlo, purché dimostri che le eventuali misure limitative sono finalizzate alla tutela della salute e della vita delle persone o alla protezione della proprietà industriale e commerciale (cioè brevetti e marchi). Le autorità nazionali, inoltre, devono dimostrare che tali misure sono necessarie e adeguate.

In che modo la salute e la vita delle persone può essere effettivamente salvaguardata?

Gli Stati membri hanno a loro disposizione vari strumenti e procedure al fine di tutelare la salute pubblica e, nel caso dei medicinali, un'autorizzazione a commercializzare il farmaco è concessa soltanto dopo che il prodotto è stato accuratamente controllato. Una volta autorizzata l'immissione in commercio di un medicinale, sarebbe inutile, sproporzionato, lungo e costoso applicare esattamente la stessa procedura una seconda volta. Di conseguenza, le autorità nazionali hanno la facoltà di confermare che un prodotto importato in parallelo è lo stesso o sostanzialmente simile a quello già autorizzato nel paese. A sua volta, l'importatore parallelo è tenuto a trasmettere tutte le informazioni pertinenti rispettando le condizioni sopra descritte, nell'ambito di una procedura semplificata. Per gli stessi motivi, qualora la prima autorizzazione sia revocata per motivi diversi da quelli di tutela della salute pubblica, ciò non può comportare il ritiro automatico della licenza per le importazioni parallele.

Non può un fabbricante impedire o limitare le importazioni parallele?

Il fabbricante o in genere il titolare di un diritto industriale o commerciale può in effetti chiedere alle autorità o ai tribunali nazionali dello Stato membro di destinazione di proteggere l'oggetto specifico di tali diritti. In altre parole, un titolare di brevetto può cercare protezione del suo diritto esclusivo di utilizzare un'invenzione al fine di fabbricare prodotti industriali e di metterli in circolazione per la prima volta, direttamente oppure tramite concessione di licenze a terzi. Successivamente, non appena egli abbia immesso in commercio il suo prodotto per la prima volta, il suo diritto esclusivo si considera esaurito nell'ambito del mercato interno, in altre parole l'importatore può acquistare il prodotto in un paese e rivenderlo in un altro.

Può l'importatore manipolare il prodotto?

Gli importatori paralleli non possono alterare le caratteristiche essenziali del prodotto stesso: si tratterebbe allora di un prodotto diverso che, come tale, non rientrerebbe nella definizione di prodotto importato in parallelo. Esistono tuttavia situazioni (ad esempio, differenze linguistiche), in cui certe alterazioni nella forma della confezione sono ritenute necessarie per l'immissione in commercio del medicinale nello Stato membro di destinazione, in modo da evitare l'isolamento artificioso del mercato interno. A tal fine, l'importatore parallelo può modificare la confezione e riapporre il marchio sulla nuova confezione o addirittura sostituirlo con il marchio utilizzato per lo stesso prodotto nello Stato membro di destinazione, a condizione che ciò non alteri la condizione originale del prodotto, che sulla nuova confezione siano indicati i dati di chi ha riconfezionato il prodotto e di chi lo ha fabbricato, che la presentazione del prodotto riconfezionato non sia tale da nuocere alla reputazione del marchio e del suo titolare, e che il titolare del marchio riceva un preavviso prima della messa in vendita del prodotto riconfezionato. La Corte ha fornito orientamenti per ognuna di tali condizioni.

Sono stati quindi risolti tutti i problemi?

No. Sebbene la Corte abbia esaminato numerosi aspetti e la legislazione comunitaria disciplini gli aspetti generali della commercializzazione dei medicinali, non esiste affatto una guida "definitiva" alle importazioni parallele. Continuano ad emergere nuove problematiche, mentre vecchie risposte richiedono maggiori chiarimenti. Il rispetto di delle regole esistenti e la cooperazione continua tra le istituzioni comunitarie, le autorità nazionali e gli operatori economici sono stati e continueranno ad essere una solida base per la soluzione di tutti i rimanenti problemi.

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