CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate l’8 luglio 2021 ( 1 )

Causa C‑132/20

BN,

DM,

EN

contro

Getin Noble Bank S.A.,

con l’intervento di:

Rzecznik Praw Obywatelskich

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Nozione di “giurisdizione” – Nozione di giudice “precostituito per legge” – Indipendenza dei giudici – Rilevanza delle questioni – Articolo 19, paragrafo 1, TUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Tipo di valutazione – Procedimento di nomina di un giudice nazionale – Misure di lustrazione – Inamovibilità dei giudici»

I. Introduzione

1.

«Impiccate tutti i giudici!» Questo è il consiglio che l’ex governatore della Banca nazionale ceca riprende da un filosofo e politologo inglese quando gli è stato chiesto cosa si sarebbe dovuto fare come prima cosa all’indomani della caduta dei regimi comunisti per realizzare una trasformazione giuridica e giudiziaria nell’Europa centrale e orientale ( 2 ).

2.

Il sarcasmo della situazione condensato in quella breve battuta è forse più comprensibile per coloro che sono stati testimoni di prima mano delle trasformazioni sociali su larga scala verificatesi all’interno dell’ex blocco comunista. Queste persone sono forse maggiormente in grado di percepire il contrasto comico prodotto da un gruppo di politici di nuovo conio, che si accingono a diventare i prossimi trasformatori della società, riuniti intorno a un consulente appena giunto dall’Occidente. Sono tutti impazienti di conoscere il rimedio miracoloso che dovrebbe essere adottato nei confronti delle leggi e dei giudici. Come si può portare la Rivoluzione (di velluto) anche nei ranghi della magistratura comunista? Tuttavia, l’unico suggerimento che ricevono è una battuta vagamente divertente. Anche se spogliata della sua connotazione violenta e intesa semplicemente come un consiglio verso una completa revisione del personale all’interno della magistratura, essa rimane, nella complessa realtà di un paese europeo alla fine del XX secolo sull’orlo di una transizione sociale pacifica, poco più che una battuta di scarsa utilità.

3.

«Controllate a fondo tutti i giudici!» Sentire una simile proposta provenire da uno Stato membro dell’Unione europea circa 30 anni dopo, e circa 16 anni dopo l’adesione di quello Stato membro all’Unione europea, suscita una sensazione di déjà vu piuttosto intrigante. Tuttavia, a differenza delle riflessioni personali di un ex dirigente pubblico sul passato periodo di transizione, citate per fornire un’introduzione più coinvolgente al suo contributo agli scritti commemorativi in onore di un illustre giudice che ha partecipato a quegli eventi, la proposta di controllare a fondo i giudici non è apparentemente intesa come una battuta sarcastica. Essa sembra essere un’indagine seria sugli approcci presenti e futuri del (o almeno di alcuni membri del) Sąd Najwyższy (Corte Suprema, Polonia), il giudice del rinvio nel caso di specie.

4.

Nella presente fattispecie, detto giudice si chiede se le circostanze relative alla prima nomina di un giudice in uno Stato membro, in un’epoca in cui tale Stato era ancora retto da un regime non democratico e prima dell’adesione di detto Stato all’Unione europea, e la permanenza di detto giudice all’interno della magistratura del suddetto Stato dopo la caduta del regime comunista, siano tali da suscitare dubbi quanto alla sua indipendenza e imparzialità ai fini dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Con le successive questioni, il giudice del rinvio, in sostanza, estende il medesimo quesito anche alle successive nomine giudiziarie in Polonia, suggerendo l’esistenza di altre questioni procedurali che avrebbero potuto incidere sulle stesse. Sembrerebbe quindi che il giudice del rinvio stia di fatto chiedendo se si possa avviare un controllo indiretto, relativamente alla funzione di filtro dei ricorsi per cassazione dinanzi alla corte suprema nazionale, potenzialmente su tutti i giudici polacchi nominati prima del 2018, in nome dell’indipendenza dei giudici garantita dal diritto dell’Unione.

5.

Ciò premesso, un’importante questione di ricevibilità precede tali questioni. L’ordinanza di rinvio nel caso di specie è stata presentata da un giudice la cui recente nomina alle funzioni giudiziarie è fortemente contestata. Essa sarebbe stata irregolare e viziata da una flagrante violazione del diritto nazionale. Un siffatto giudice, che svolge le funzioni di giudice monocratico nel Sąd Najwyższy (Corte suprema) e controlla la ricevibilità delle impugnazioni dinanzi a tale organo, è una «giurisdizione» ai fini della definizione autonoma di tale organo ai sensi dell’articolo 267 TFUE?

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione europea

6.

Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, «[g]li Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

7.

Ai sensi dell’articolo 267 TFUE, solo una «giurisdizione» di uno degli Stati membri può presentare alla Corte di giustizia dell’Unione europea una domanda di pronuncia pregiudiziale.

8.

Il titolo VI della Carta, denominato «Giustizia», comprende in particolare l’articolo 47, rubricato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», che dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. (...)

(...)».

9.

L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 3 ), come modificata, così dispone:

«1.   Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2.   I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole».

B.   Normativa nazionale

10.

Nella sua domanda di rinvio, il giudice a quo fa riferimento a diverse disposizioni del diritto nazionale. Ai fini delle presenti conclusioni, sono particolarmente significative le seguenti disposizioni.

11.

L’articolo 379, punto 4, della Ustawa z dnia 17 listopada 1964 r.Kodeks postępowania cywilnego (legge del 17 novembre 1964 – codice di procedura civile) stabilisce l’invalidità del procedimento, in particolare, qualora «la composizione dell’organo giurisdizionale adito fosse in contrasto con le norme pertinenti o se una causa sia stata trattata alla presenza di un giudice soggetto ad esclusione».

12.

Ai sensi dell’articolo 3989, punto 3, dello stesso codice, un ricorso per cassazione è ricevibile solo se, segnatamente, la decisione impugnata è stata emessa in un procedimento invalido.

13.

Ai sensi dell’articolo 39813, di detto codice, la Corte suprema esamina il ricorso per cassazione nei limiti del petitum e della causa petendi. Tuttavia, entro i limiti del ricorso, detto giudice esamina d’ufficio l’invalidità del procedimento.

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

14.

Il 3 marzo 2017 i ricorrenti nel procedimento principale hanno presentato un ricorso contro la convenuta Getin Noble Bank S.A. dinanzi al Sąd Okręgowy w Świdnicy (Tribunale regionale di Świdnica, Polonia). I ricorrenti hanno chiesto la condanna della convenuta al pagamento, a loro favore, in solido, dell’importo di 175107,10 zloty polacchi (PLN), oltre agli interessi legali di mora dalla data di presentazione della domanda fino alla data del pagamento. Il 3 aprile 2008, le parti hanno concluso un contratto di mutuo ipotecario indicizzato in una valuta estera (franchi svizzeri – «CHF»). I ricorrenti hanno lamentato la natura abusiva del meccanismo di indicizzazione del mutuo contenuto nel contratto, nonché della clausola relativa alle condizioni di assicurazione per il caso di rifiuto di costituzione dell’ipoteca per i primi tre mesi della durata del mutuo.

15.

Con sentenza del 21 agosto 2018, il Sąd Okręgowy w Świdnicy (Tribunale regionale di Świdnica) ha parzialmente accolto le domande dei ricorrenti. Detto giudice ha qualificato come abusive le clausole contrattuali del contratto di mutuo controverso che conferivano alla banca la facoltà di determinare liberamente il tasso di cambio del CHF e ha condannato la convenuta a versare ai ricorrenti, in solido, l’importo di PLN 16120,12, oltre agli interessi legali.

16.

Tale sentenza è stata impugnata dinanzi al Sąd Apelacyjny we Wrocławiu (Corte d’appello di Breslavia, Polonia). Con sentenza del 28 febbraio 2019, tale giudice ha respinto i ricorsi in appello proposti dai ricorrenti, condividendo le constatazioni di fatto e le valutazioni di diritto formulate in primo grado.

17.

I ricorrenti hanno impugnato la sentenza pronunciata in appello (in prosieguo: la «sentenza impugnata») con ricorso per cassazione dinanzi il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), dove il procedimento è attualmente in corso. Il giudice del rinvio, allo stato attuale del procedimento di cui è investito, è incaricato di verificare la ricevibilità del ricorso.

18.

Il giudice del rinvio ricorda che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13, gli Stati membri devono garantire la possibilità di agire (dinanzi alle autorità amministrative o dinanzi a un’autorità giudiziaria) per poter stabilire se le clausole di un contratto siano vessatorie. In Polonia, il legislatore nazionale ha previsto al riguardo un procedimento giudiziario. Di conseguenza, un organo nazionale che esamina casi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 dovrebbe – secondo il giudice del rinvio – soddisfare i criteri dell’Unione europea sviluppati nella giurisprudenza della Corte di giustizia per essere considerato una «giurisdizione».

19.

Il giudice del rinvio rileva che alcuni giudici, la cui indipendenza potrebbe, a suo avviso, essere messa in discussione, facevano parte del collegio che ha pronunciato la sentenza impugnata. Tre di loro (i giudici FO, GP e HK) sono stati nominati alla funzione di giudice d’appello con decisioni del presidente della Repubblica di Polonia, rispettivamente, del 23 gennaio 1998, del 12 marzo 2015 e del 16 aprile 2012. Tali nomine sono state effettuate sulla base di una delibera della Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia; in prosieguo: la «KRS»), in composizioni che il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia; in prosieguo: la «Corte costituzionale») ha dichiarato incostituzionali. Nella sua sentenza, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ha ritenuto incompatibile con l’articolo 187, paragrafo 3, della Costituzione polacca l’interpretazione secondo la quale il mandato dei membri della KRS eletti tra i giudici degli organi giurisdizionali ordinari avrebbe carattere individuale ( 4 ). Un altro problema individuato in tale regime era, secondo il giudice del rinvio, il fatto che le delibere della KRS non fossero soggette ad obbligo di motivazione e non fossero impugnabili.

20.

Inoltre, il giudice del rinvio precisa che uno di questi tre giudici, il giudice FO, è stato nominato, almeno per la prima carica, durante il regime comunista. Secondo il giudice del rinvio, le modalità di nomina dei giudici in vigore a quel tempo nonché le soluzioni relative alla supervisione e alla possibilità di revocare un magistrato non erano conformi agli standard vigenti in uno Stato di diritto democratico. Il giudice del rinvio ritiene altresì che le modifiche introdotte nel diritto polacco dopo il 1989 non abbiano portato alla creazione di strumenti efficaci ai fini della verifica delle nomine dei giudici avvenute durante il periodo comunista, né di eventuali casi di violazione, da parte dei giudici, del principio di indipendenza.

21.

In tale contesto, il giudice del rinvio si interroga se, alla luce della sentenza della Corte nella causa A.K. e a., esso sia tenuto a verificare l’indipendenza dei giudici summenzionati e, in caso affermativo, quali criteri debba applicare al riguardo.

22.

Di conseguenza, nutrendo dubbi sull’interpretazione e sull’applicazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte in materia di indipendenza dei giudici nazionali, il Sąd Najwyższy (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se l’articolo 2, l’articolo 4, paragrafo 3, l’articolo 6, paragrafi 1 e 3, nonché l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, [TUE], in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della [Carta] e con l’articolo 267, terzo comma, TFUE, nonché l’articolo 38 della Carta, e l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della [direttiva 93/13], debbano essere interpretati nel senso che costituisce un organo giurisdizionale indipendente, imparziale e adeguatamente qualificato ai sensi del diritto dell’Unione europea, l’organo di cui fa parte una persona nominata alla funzione di giudice per la prima volta – o successivamente (presso un organo giurisdizionale di grado superiore) – da un organo politico del potere esecutivo di uno Stato con regime totalitario, non democratico e comunista («Rada Państwa Polskiej Rzeczypospolitej Ludowej», Consiglio di Stato della Repubblica popolare di Polonia), su proposta del Ministro della Giustizia di tale Stato, tenuto conto, in particolare, (1) della mancanza di trasparenza dei criteri di nomina, (2) della possibilità di revocare il giudice in qualsiasi momento, (3) della mancata partecipazione, alla procedura di nomina, di un organo di autoregolamentazione della magistratura e (4) delle autorità pubbliche competenti, la cui composizione risultasse da elezioni democratiche, circostanze che potrebbero minare la fiducia che la giustizia deve ispirare in una società democratica.

2.

Se, ai fini della soluzione della questione di cui al punto 1, rilevi il fatto che la nomina alla funzione di giudice per ricoprire cariche successive (presso organi giurisdizionali di grado superiore) possa aver avuto luogo a seguito del riconoscimento di un congruo periodo di servizio (anzianità) e sulla base della valutazione del lavoro svolto nella posizione alla quale tale persona era stata nominata, almeno per la prima volta, dagli organi politici di cui al punto 1 e secondo la procedura descritta [al] medesimo punto, il che potrebbe minare la fiducia che la giustizia deve ispirare in una società democratica.

3.

Se, ai fini della soluzione della questione di cui al punto 1, sia rilevante il fatto che la nomina alla funzione di giudice per ricoprire cariche successive (presso organi giurisdizionali di grado superiore, ad eccezione del Sąd Najwyższy; Corte suprema) non sia stata subordinata alla prestazione, da parte del giudice, di un giuramento di rispettare i valori di una società democratica, e che la persona nominata per la prima volta abbia giurato di vigilare sul sistema politico dello Stato comunista e sul cosiddetto “Stato di diritto popolare”, circostanze che potrebbero minare la fiducia che la giustizia deve ispirare in una società democratica.

4.

Se l’articolo 2, l’articolo 4, paragrafo 3, l’articolo 6, paragrafi 1 e 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta e con l’articolo 267, terzo comma, TFUE, nonché l’articolo 38 della Carta e l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13, debbano essere interpretati nel senso che costituisce un organo giurisdizionale indipendente, imparziale e adeguatamente qualificato ai sensi del diritto dell’Unione europea, l’organo di cui fa parte una persona la cui nomina alla funzione di giudice per la prima volta – o successivamente (presso un organo giurisdizionale di grado superiore) – è avvenuta in flagrante violazione delle disposizioni costituzionali di uno Stato membro dell’Unione europea per l’incompatibilità con la Costituzione dello Stato membro della procedura di nomina dei membri dell’organo che ha selezionato tale persona come candidato, successivamente nominato alla funzione di giudice (Krajowa Rada Sądownictwa, Consiglio nazionale della magistratura), circostanza che è stata accertata dalla Corte costituzionale dello Stato membro dell’Unione europea e che, di conseguenza, potrebbe minare la fiducia che la giustizia deve ispirare in una società democratica.

5.

Se l’articolo 2, l’articolo 4, paragrafo 3, l’articolo 6, paragrafi 1 e 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta e con l’articolo 267, terzo comma, TFUE, nonché l’articolo 38 della Carta e l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13, debbano essere interpretati nel senso che costituisce un organo giurisdizionale indipendente, imparziale e adeguatamente qualificato ai sensi del diritto dell’Unione europea, l’organo di cui fa parte una persona nominata alla funzione di giudice per la prima volta, o successivamente (presso un organo giurisdizionale di grado superiore), selezionata come candidato da proporre per la nomina a tale posizione in un procedimento dinanzi ad un organo che valuta i candidati (Krajowa Rada Sądownictwa, Consiglio nazionale della magistratura), nel caso in cui il procedimento in questione non rispettava i criteri di pubblicità, né di trasparenza delle norme concernenti la selezione dei candidati, il che potrebbe minare la fiducia che la giustizia deve ispirare in una società democratica.

6.

Se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 2, l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 6, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta e con l’articolo 267, terzo comma, TFUE, nonché l’articolo 38 della Carta e l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13/CEE, debbano essere interpretati nel senso che, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, quale mezzo per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori, l’organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro dell’Unione europea (Sąd Najwyższy, Corte suprema) è tenuto a valutare d’ufficio, in ogni fase del procedimento:

a)

di soddisfare i criteri di un organo giurisdizionale indipendente, imparziale e adeguatamente qualificato ai sensi del diritto dell’Unione europea, di cui alle questioni esposte al punto 1 e al punto 4, a prescindere dall’impatto della valutazione dei criteri menzionati in tali punti sul contenuto della decisione relativa all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale, nonché

b)

la validità del procedimento dinanzi all’organo giurisdizionale di cui alle questioni esposte al punto 1 e al punto 4;

7.

Se l’articolo 2, l’articolo 6, paragrafi 1 e 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta e con l’articolo 267, terzo comma, TFUE, nonché l’articolo 38 della Carta e l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13, debbano essere interpretati nel senso che le disposizioni costituzionali di uno Stato membro dell’Unione europea relative al sistema giudiziario o alla nomina dei giudici, le quali impediscono la valutazione dell’efficacia della nomina di giudici, possono ostare all’accertamento della mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale o di un giudice che ne fa parte, in ragione delle circostanze di cui nelle questioni esposte ai punti da 1 a 5, ai sensi del diritto dell’Unione».

23.

Nella decisione di rinvio, il Sąd Najwyższy (Corte suprema) ha chiesto che la domanda di pronuncia pregiudiziale fosse sottoposta a procedimento accelerato, conformemente all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

24.

Con ordinanza del presidente della Corte dell’8 febbraio 2020, la richiesta del giudice del rinvio di un procedimento accelerato è stata respinta.

25.

Osservazioni scritte sono state presentate dal Rzecznik Praw Obywatelskich (il Mediatore, Polonia), dal governo polacco e dalla Commissione europea. Dette parti hanno anche presentato osservazioni orali all’udienza, svoltasi il 2 marzo 2021.

IV. Analisi

26.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha sollevato numerose questioni relative all’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE (letto in combinato disposto con l’articolo 2 TUE) e dell’articolo 47 della Carta. A suo avviso, alcuni dei giudici che hanno partecipato alla pronuncia della sentenza impugnata possono, a causa della procedura con cui sono stati nominati per la prima volta ad un ufficio giudiziario, non soddisfare il requisito di indipendenza derivante da tali disposizioni.

27.

Con una curiosa mossa, di carattere quasi biblico ( 5 ), il Mediatore e, in misura minore, la Commissione, mettono in discussione l’indipendenza dello stesso giudice del rinvio che, in questo caso, svolge le funzioni di giudice monocratico dell’organo giurisdizionale nazionale. In particolare, il Mediatore sostiene che la nomina del giudice del rinvio alle funzioni giudiziarie è stata viziata da una flagrante violazione del diritto nazionale. Di conseguenza, mancando il requisito dell’indipendenza, il giudice del rinvio non può – secondo il Mediatore – essere considerato una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

28.

Sembra esistere un filo conduttore che collega le varie questioni giuridiche direttamente (con le questioni sollevate) o indirettamente (a causa delle eccezioni di irricevibilità) sollevate dal presente procedimento: l’indipendenza dei giudici.

29.

Pertanto, inizierò le presenti conclusioni con alcune osservazioni introduttive sulla nozione di «indipendenza dei giudici» nell’ordinamento giuridico dell’Unione (A). Affronterò poi gli argomenti relativi alla presunta irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale (B) e, dopo aver concluso a favore della ricevibilità, passerò infine a esaminare nel merito le questioni pregiudiziali (C).

A.   Le dimensioni dell’indipendenza dei giudici: articolo 267 TFUE, articolo 47 della Carta e articolo 19, paragrafo 1, TUE

30.

L’indipendenza dei giudici è – senza dubbio – una componente essenziale del principio dello «Stato di diritto». L’articolo 2 TUE riconosce questo principio come uno dei «valori fondanti» dell’Unione europea. Il requisito dell’indipendenza dei giudici è altresì sancito, seppur implicitamente, da almeno tre disposizioni del diritto primario dell’Unione: l’articolo 267 TFUE, l’articolo 19, paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta.

31.

Tutte e tre le disposizioni sono invocate nel presente procedimento e, infatti, appaiono a prima vista applicabili nel caso di specie. Se ciò non impedisce affatto che altre disposizioni si applichino contemporaneamente, soprattutto il diritto derivato settoriale che contiene anche disposizioni specifiche sulla tutela giudiziaria ( 6 ), o anche strumenti di diritto derivato che riguardano espressamente l’indipendenza dei giudici ( 7 ), la chiarezza sulla correlazione di queste tre disposizioni chiave del trattato in materia di indipendenza dei giudici è in effetti fondamentale.

32.

In primo luogo, la presente domanda è stata presentata ai sensi dell’articolo 267 TFUE, che consente a una «giurisdizione di uno degli Stati membri» di presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia. A questo proposito, la Corte ha costantemente affermato che, per valutare se l’organo del rinvio possieda le caratteristiche di una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, un criterio cui fare riferimento è quello dell’indipendenza di tale organo. Ciò implica, in sostanza, che l’organo deve essere tutelato da pressioni o da interventi dall’esterno idonei a mettere a repentaglio l’indipendenza di giudizio dei suoi membri riguardo alle controversie loro sottoposte ( 8 ).

33.

In secondo luogo, il requisito dell’indipendenza dei giudici deriva anche dall’articolo 47 della Carta, una disposizione che sancisce il diritto soggettivo a un ricorso effettivo e a un processo equo per qualsiasi parte in causa. Nel caso di specie, è pacifico che la direttiva 93/13, applicabile ratione materiae nel caso di specie, conferisce un diritto soggettivo ai ricorrenti nel procedimento principale, determinando così l’applicazione dell’articolo 47 della Carta.

34.

In terzo luogo, in una giurisprudenza relativamente recente ma ormai consolidata, la Corte ha affermato che dall’obbligo degli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, deriva la necessità di garantire l’indipendenza di qualsiasi giudice nazionale che possa pronunciarsi in tali settori. Come la Corte ha sottolineato, la garanzia di indipendenza è intrinseca alla funzione giurisdizionale ( 9 ). A tale riguardo, è sufficiente ricordare che l’organo nazionale che ha emesso la sentenza impugnata – il Sąd Apelacyjny we Wrocławiu (Corte d’appello di Breslavia) – è senza dubbio un organo giurisdizionale che può pronunciarsi in settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

35.

Questa «moltiplicazione» delle basi giuridiche rispetto al principio di indipendenza dei giudici riflette il suo significato costituzionale e il suo carattere trasversale in una comunità basata sullo Stato di diritto, ma può anche essere fonte di confusione. Ci si può chiedere se tali disposizioni prevedano diversi tipi di «indipendenza dei giudici», con la conseguenza che, ad esempio, un giudice nazionale possa essere indipendente ai sensi di una di tali disposizioni, ma non sufficientemente indipendente ai sensi di un’altra.

36.

Come ho spiegato più dettagliatamente nelle conclusioni da me presentate nella causa WB e a., non è così: secondo il diritto dell’Unione, esiste un solo principio dell’indipendenza dei giudici ( 10 ). Tuttavia, nella misura in cui le tre disposizioni in questione (articolo 267 TFUE, articolo 47 della Carta e articolo 19, paragrafo 1, TUE) sono diverse quanto alla loro funzione e al loro obiettivo, il tipo di esame da effettuare per verificare il rispetto del principio di indipendenza dei giudici può essere diverso. In particolare, varia l’intensità del controllo della Corte quanto al rispetto di tale principio e alla soglia per individuare una violazione dello stesso ( 11 ).

37.

L’articolo 19, paragrafo 1, [TUE] impone agli Stati membri, tra l’altro, di «stabili[re] i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva». Si tratta quindi di una disposizione che riguarda principalmente gli elementi strutturali e sistemici degli assetti giuridici nazionali: ciò che rileva, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, è se il sistema giurisdizionale di uno Stato membro rispetti il principio dello Stato di diritto, sancito dall’articolo 2 TUE. In questo contesto, mi sembra che gli elementi principali per l’analisi della Corte siano quelli che riguardano l’impianto istituzionale e costituzionale generale della magistratura nazionale. Gli elementi relativi al caso specifico possono spesso essere esemplificativi di una questione più ampia, ma non sono di per sé conclusivi.

38.

La soglia per una violazione di questa disposizione è piuttosto alta. In effetti, la questione è se il problema o i problemi portati all’attenzione della Corte sia (o siano) idonei a minacciare il corretto funzionamento del sistema giudiziario nazionale, mettendo così a repentaglio la capacità dello Stato membro in questione di fornire sufficienti mezzi di ricorso ai singoli.

39.

L’articolo 19, paragrafo 1, TUE contiene un rimedio straordinario per situazioni straordinarie. Esso non ha lo scopo di intercettare tutti i possibili problemi che possono sorgere relativamente alla magistratura nazionale, a maggior ragione casi isolati di errata interpretazione o applicazione delle disposizioni nazionali in un sistema giuridico altrimenti sano e conforme al diritto dell’Unione. L’articolo 19, paragrafo 1, TUE è violato solo da infrazioni di una certa gravità e/o di natura sistemica, per le quali l’ordinamento giuridico interno difficilmente può offrire un rimedio adeguato.

40.

L’articolo 47 della Carta è, al contrario, una disposizione che sancisce il diritto soggettivo di ogni parte in causa – a un ricorso effettivo e a un processo equo – che entra in gioco quando una causa rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. In tale prospettiva, la verifica dell’«indipendenza» di un giudice, nel contesto dell’articolo 47 della Carta, richiede una valutazione dettagliata di tutte le circostanze proprie del caso di specie. Le questioni che riguardano talune caratteristiche strutturali o sistemiche del sistema di giustizia nazionale sono rilevanti solo nella misura in cui possono incidere sul singolo procedimento.

41.

L’intensità del controllo della Corte quanto all’indipendenza dell’organo giurisdizionale in questione è, in questo contesto, di livello moderato: non tutte le violazioni del diritto equivalgono a una violazione dell’articolo 47 della Carta. A tal fine è necessaria una certa gravità. Tuttavia, una volta raggiunto il livello di gravità richiesto, ciò è sufficiente a determinare una violazione dell’articolo 47 della Carta, poiché non è necessario che siano soddisfatte altre condizioni per far valere il diritto individuale derivante dal diritto dell’Unione. In particolare, non è necessario che la violazione individuata sia di natura sistemica o che abbia implicazioni al di là del caso specifico.

42.

Infine, sebbene faccia parte anche di questo scenario, l’articolo 267 TFUE persegue un obiettivo e una finalità diversi, che esaminerò nella sezione successiva. Ciò premesso, il punto principale di questa sezione delle presenti conclusioni è che, sebbene la nozione di «indipendenza dei giudici» nel diritto dell’Unione sia univoca, i fattori precisi, la loro pertinenza, rilevanza e peso relativo, che saranno presi in considerazione nell’ambito di un caso concreto, saranno logicamente diversi in funzione della disposizione dell’Unione in forza della quale viene sollevata la questione dell’indipendenza.

B.   Ricevibilità

43.

Sono stati sollevati numerosi argomenti in relazione alla ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Alcuni riguardano la questione se l’organo che ha inviato la presente domanda possa essere considerato una «giurisdizione» nell’accezione dell’articolo 267 TFUE (1), mentre altri riguardano la rilevanza delle questioni sottoposte (2). Questi argomenti saranno esaminati in successione.

1. Se il giudice del rinvio sia una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE

44.

Il Mediatore solleva un’eccezione di irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale basandosi sulla nomina del giudice che, in composizione monocratica, ha presentato le questioni pregiudiziali. In particolare, il Mediatore sottolinea che il giudice del rinvio è stato nominato dal presidente della Repubblica ed ha accettato la nomina nonostante la relativa delibera della KRS (del 28 agosto 2018) sia stata provvisoriamente sospesa dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte amministrativa suprema, Polonia) (ordinanze del 27 settembre 2018 e dell’8 ottobre 2018). Inoltre, il Mediatore afferma che il giudice del rinvio è stato infine nominato solo dopo che il Ministro della giustizia/Procuratore generale polacco – per il quale tale giudice aveva precedentemente lavorato e con il quale mantiene legami molto stretti – è intervenuto personalmente (e, secondo il Mediatore, illegittimamente) nel processo per sostenerne la nomina.

45.

Su tale base, il Mediatore ritiene che il giudice del rinvio non debba essere considerato una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE. In particolare, il Mediatore esprime dubbi quanto alla possibilità che l’organo di rinvio possa essere considerato, ai fini di tale disposizione, (i) un giudice precostituito per legge, e che (ii) soddisfi il requisito di indipendenza.

46.

Anche la Commissione suggerisce che il giudice del rinvio è stato nominato in circostanze – oggetto di una domanda di pronuncia pregiudiziale attualmente pendente dinanzi alla Corte ( 12 ) – in cui si sarebbe verificata una grave violazione delle leggi di uno Stato membro applicabili alle nomine dei giudici. Tuttavia, la Commissione sembra ritenere che, in questa fase, non sia stato ancora pienamente accertato che il giudice del rinvio non soddisfi le condizioni necessarie per essere qualificato come «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

47.

Concordo con la Commissione sull’esito – per quanto riguarda la ricevibilità della domanda – sia pure per motivi diversi. Infatti, le ragioni sottese alla mia conclusione su questo punto non sono di natura indiziaria, come quelle suggerite dalla Commissione, quanto invece di natura concettuale. La risposta da me proposta non riguarda affatto la valutazione della regolarità o meno della nomina del giudice a quo, questione sulla quale nutro seri dubbi. Piuttosto, a mio avviso, l’analisi del soddisfacimento o meno della condizione di esistenza di una «giurisdizione» è sempre stata, e dovrebbe continuare ad essere, condotta con riferimento all’organo stesso, e non con riferimento ai singoli membri dell’organo che ha proposto la domanda.

48.

Nell’esporre il mio ragionamento a sostegno di questa conclusione, comincerò con l’identificare l’approccio tradizionale della Corte a tale esame (a), e poi suggerirò i motivi per cui ritengo che esso debba essere mantenuto anche alla luce di casi eccezionali come quello di specie (b).

a) Un organo (indipendente) (precostituito per legge)

49.

La nozione di «giurisdizione» di cui all’articolo 267 TFUE è una nozione autonoma del diritto dell’Unione e deve essere definita indipendentemente dalle denominazioni e dalle qualificazioni previste dal diritto nazionale. A tal fine, la Corte ha tradizionalmente utilizzato i cosiddetti criteri Dorsch: accertare l’origine legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente e imparziale ( 13 ).

50.

All’interno dell’articolo 267 del TFUE, la nozione di «giurisdizione» ha un carattere funzionale: serve a identificare gli organi nazionali che – nella misura in cui esercitano funzioni giudiziarie – possono diventare gli interlocutori della Corte nell’ambito di un procedimento pregiudiziale. Tale procedimento costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale istituito dai trattati dell’Unione che, instaurando un dialogo tra la Corte e gli organi giurisdizionali degli Stati membri, mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati ( 14 ). Tale dialogo giurisdizionale riveste un’importanza costituzionale in quanto, come risulta dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, la Corte e gli organi giurisdizionali degli Stati membri agiscono entrambi, ciascuno nei rispettivi settori di competenza, in quanto «custodi» dell’ordinamento giuridico dell’Unione ( 15 ).

51.

Pertanto, poiché la nozione di «giurisdizione» ha lo scopo di distinguere tra organi che agiscono a titolo giurisdizionale e organi che agiscono a titolo diverso, l’analisi della questione se un organo nazionale soddisfi i criteri Dorsch deve necessariamente essere incentrata su questioni di natura strutturale e istituzionale. Ciò che è determinante, al riguardo, è la natura, la posizione e il funzionamento di tale organo nel quadro istituzionale degli Stati membri ( 16 ).

52.

Per contro, questa analisi non è mai stata impiegata per verificare se (uno o più) individui specifici che appartengono a quell’istituzione e sono membri della formazione che ha presentato il rinvio soddisfino, ciascuno a livello personale, i criteri Dorsch. L’accento è sempre stato posto sull’organo di rinvio ( 17 ), anche nei casi in cui tale organo era composto da una sola persona ( 18 ).

53.

Lo stesso vale per quanto riguarda la verifica dei due criteri specifici Dorsch individuati come potenzialmente problematici nell’ambito della presente causa: un giudice precostituito per legge, nonché la sua indipendenza.

54.

In primo luogo, per quanto riguarda il criterio di un giudice «precostituito per legge», la giurisprudenza (seppur non particolarmente ricca) suggerisce che, per soddisfare tale criterio, è l’organo di rinvio di cui fanno parte le persone specifiche che hanno effettuato il rinvio che deve essere previsto dalla legge di uno Stato membro. Questo criterio ha avuto lo scopo di escludere la ricevibilità dei rinvii provenienti da organismi istituiti in virtù di contratti (in particolare alcune forme di collegi arbitrali) ( 19 ).

55.

Ad esempio, nella fondamentale sentenza Nordsee, la Corte ha concentrato la sua analisi sulla base giuridica dell’attività dell’organo del rinvio (un tribunale arbitrale istituito con un contratto stipulato tra le parti), e l’ha considerato di natura non giurisdizionale visti i deboli legami tra la procedura arbitrale e il sistema dei mezzi d’impugnazione dello Stato membro attraverso i giudici ordinari ( 20 ). Un approccio analogo è stato seguito in cause più recenti in cui la Corte ha esaminato una questione relativa alla natura effettiva delle funzioni esercitate dall’organo del rinvio ( 21 ).

56.

È vero che, negli ultimi anni, la valutazione della Corte sulla natura dell’organo del rinvio si è evoluta ed è diventata più rigorosa ( 22 ). Forse non si potrebbe più affermare, come fece notoriamente l’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer qualche anno fa, che «[s]i tratta di una giurisprudenza casistica, molto elastica e poco scientifica, con contorni così sfumati che potrebbe rendere ricevibile una questione pregiudiziale proposta da Sancho Panza in qualità di governatore dell’isola di Baratteria» ( 23 ). Allo stesso tempo, tuttavia, è stata (giustamente) mantenuta una certa flessibilità, al fine di consentire agli organi nazionali che esercitano effettivamente funzioni giudiziarie di avvalersi del procedimento pregiudiziale, qualunque sia la denominazione o l’etichetta attribuita a tali organi dal diritto nazionale ( 24 ).

57.

Tale approccio appare tanto più giustificato se si tiene conto del fatto che il criterio di giudice «precostituito per legge» ai fini dell’articolo 267 TFUE è, in diverse lingue, espresso con termini che fanno riferimento all’«origine legale» dell’organo del rinvio ( 25 ). Questo sottolinea ancora una volta che la questione chiave è se l’organo sia stato istituito sulla base della legislazione nazionale, non se lo specifico collegio in seno a tale organo nel singolo caso stia agendo in conformità del diritto nazionale. La natura polisemica della parola inglese «law» – che può riferirsi sia alla legislazione (una legge) che a un sistema di regole ( 26 )– può quindi essere ingannevole in questo contesto.

58.

Nel caso di specie, la Corte è di fatto invitata ad ampliare ulteriormente il criterio di giudice «precostituito per legge» ai fini dell’articolo 267 TFUE. In tal senso, detto criterio non significherebbe più soltanto che l’organo giudiziario che effettua il rinvio sia stato istituito per legge, in questo senso dalla legislazione, in contrapposizione ad un contratto, ma conterrebbe anche un esame della legittimità della nomina del singolo giudice che effettua il rinvio, nonché ogni altro possibile elemento relativo alla legittimità del funzionamento di detto organo.

59.

A mio avviso, un tale sviluppo non sarebbe ragionevole. Come spiegato sopra, la nozione specifica di giudice «precostituito per legge», nel contesto dei criteri di cui all’articolo 267 TFUE, ha sempre avuto un significato alquanto diverso. È vero che esiste una nozione denominata in modo identico (o molto simile), ossia «un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge», che rientra nell’esame della violazione del diritto a un processo equo nel singolo caso ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU») ( 27 ), ora effettivamente ripreso nell’articolo 47 della Carta ( 28 ).

60.

Tuttavia, come già risulta dalle spiegazioni fornite supra ( 29 ), le finalità di entrambe le disposizioni, l’articolo 47 della Carta, da un lato, e l’articolo 267 TFUE, dall’altro, sono differenti. L’individuazione degli adeguati interlocutori giudiziari a livello degli organi di uno Stato membro che possono adire la Corte in via pregiudiziale è cosa diversa dall’individuazione, nel singolo caso, di violazioni della formazione legale del collegio giudicante al fine di tutelare i diritti individuali fondati sul diritto dell’Unione. Nel secondo caso, l’esame della legittimità della composizione del collegio giudicante deve naturalmente spingersi al livello dei casi individuali, mentre ciò non vale necessariamente nel primo caso.

61.

Pertanto, effettuare meccanicamente un semplice «taglia e incolla» della nozione di «giudice (...) precostituito per legge» di cui all’articolo 47 della Carta nell’articolo 267 TFUE, perché sembrano in gran parte simili, senza riflettere adeguatamente sul diverso contenuto e finalità di dette nozioni, non rappresenterebbe un approccio molto ragionevole.

62.

In secondo luogo, per quanto riguarda il criterio dell’indipendenza di cui all’articolo 267 TFUE, la Corte ha costantemente affermato che tale criterio richiede «regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo nei confronti di elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti» ( 30 ). La Corte ha anche chiarito che, in linea di principio, essa non è tenuta a presumere che le disposizioni nazionali possano essere applicate in modo contrario ai principi sanciti nell’ordinamento giuridico interno o ai principi dello Stato di diritto ( 31 ).

63.

Conseguentemente, l’analisi della Corte si è incentrata, anche su questo punto, sul contesto normativo e sulle garanzie ivi previste per tutelare la possibilità per i giudici di esercitare le loro funzioni al di fuori di qualsiasi forma di pressione (diretta o indiretta, effettiva o potenziale) ( 32 ). L’accento è sempre stato posto sulla terzietà strutturale dell’organo remittente rispetto a entrambe le parti in una controversia di cui è investito ( 33 ), nonché rispetto a eventuali istruzioni esterne, come nel caso di un organo che presenti un rapporto organico con l’amministrazione ( 34 ).

64.

Ad esempio, in un caso recente, alcune parti hanno espresso dubbi sul fatto che il giudice del rinvio, che agiva in qualità di giudice monocratico, soddisfacesse il livello di indipendenza e di imparzialità richiesto nell’Unione in quanto – nella misura in cui la questione riguardava lo status dei giudici di pace italiani – egli aveva naturalmente un interesse nell’esito della controversia. Dopo aver esaminato le norme interne pertinenti, tuttavia, la Corte ha respinto tale eccezione e ha ritenuto la causa ricevibile. Essa ha constatato che i giudici italiani «esercitano le loro funzioni in piena autonomia, fatte salve le disposizioni in materia disciplinare, e senza pressioni esterne che possano influenzare le loro decisioni». Senza interrogarsi sulla posizione specifica del giudice del rinvio, la Corte ha aggiunto che non si può «dubitare del fatto che il giudice di pace soddisfi i[l] requisit[o] attinent[e] alla sua origine legale» ( 35 ).

b) Il valore di un dialogo continuo

65.

In definitiva, una reinterpretazione della nozione di «giurisdizione», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, che imponga alla Corte di esaminare la situazione specifica dei soggetti che fanno parte di tali organi nazionali sarebbe in contrasto sia con la natura sia con la finalità del procedimento pregiudiziale. A differenza dell’articolo 47 della Carta, e potenzialmente, se sussiste una certa gravità, anche dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, l’analisi ai sensi dell’articolo 267 TFUE ha sempre riguardato la mera individuazione degli interlocutori istituzionali propri della Corte, non la legittimità di ogni singolo elemento del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio. Infatti, il procedimento pregiudiziale è, a un certo livello, un procedimento formalizzato e quindi formale: l’articolo 267 TFUE stabilisce un dialogo tra istituzioni giudiziarie, non tra gli individui di cui tali istituzioni sono composte.

66.

Aggiungerei quattro ulteriori ragioni sistemiche per le quali suggerisco che così debba rimanere, anche in casi alquanto problematici come quello di specie.

67.

In primo luogo, sarebbe illogico (e controproducente) che la Corte rifiutasse categoricamente di entrare in un dialogo giudiziario con organismi che esercitano effettivamente, certamente sotto il profilo formale, funzioni giudiziarie a livello nazionale e che richiedono assistenza nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto dell’Unione ai procedimenti pendenti dinanzi ad essi. Non c’è bisogno di sottolineare, in questo contesto, che la risposta della Corte alle loro questioni sarebbe vincolante tanto per il giudice del rinvio che per gli altri giudici nazionali che potrebbero affrontare stessi problemi giuridici ( 36 ). Pertanto, presentando una domanda ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il giudice del rinvio si impegna a seguire l’interpretazione, fornita dalla Corte, delle disposizioni dell’Unione che possono essere applicabili nel caso di specie.

68.

In secondo luogo, l’esistenza di (presunti, possibili o probabili) problemi relativi alla rettitudine giuridica e morale del giudice nazionale o dei giudici nazionali che si pronunciano in una causa non priva le singole parti del procedimento del loro diritto a una corretta applicazione delle disposizioni pertinenti dell’Unione. Pertanto, un approccio istituzionale e generale alla nozione di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE mi sembra più conforme al diritto a un ricorso effettivo sancito, tra l’altro, dall’articolo 47 della Carta.

69.

In terzo luogo, più concretamente, la Corte non è in grado di procedere a una valutazione dell’imparzialità e dell’integrità morale di singoli giudici a livello nazionale sotto forma di una valutazione della ricevibilità ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Tralasciando il fatto che una siffatta impresa richiede un’interpretazione delle leggi nazionali pertinenti, e anche il fatto che il valore probatorio di qualsiasi elemento di fatto e l’interpretazione delle disposizioni della normativa nazionale saranno probabilmente contestati dalle parti, rimane il punto cruciale che un esame dettagliato e approfondito dovrebbe avere luogo nella fase della ricevibilità. In questo modo, la fondatezza di un reclamo rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 47 della Carta o all’articolo 19 del TUE verrebbe già esaminata nella fase della ricevibilità, con un’analisi che potrebbe diventare in qualche modo circolare ( 37 ).

70.

In quarto e ultimo luogo, vi è la questione della coerenza orizzontale della giurisprudenza della Corte. In circostanze normali, molte persone, me compreso, troverebbero piuttosto sconcertante il suggerimento che la Corte debba valutare la «qualità» del singolo giudice (o dei singoli giudici) di un organo giurisdizionale nazionale che presenta una domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di accettare o rifiutare la domanda. I giudici che hanno presentato la domanda sono soggetti rispettosi della legge che esercitano le loro funzioni con l’integrità richiesta? C’è un possibile conflitto di interessi nel singolo caso? Un giudice sottoposto a procedimento disciplinare può comunque presentare una domanda in un’altra causa? Che dire di un giudice sospettato di corruzione, con indagini penali già avviate nei suoi confronti, ma che non è stato formalmente sospeso dalle sue funzioni? La Corte è tenuta a esaminare tutte le suddette questioni all’atto di «filtrare» le domande presentate ai sensi dell’articolo 267 del TFUE?

71.

Negli ultimi anni, in particolare a causa della crisi dello Stato di diritto in diversi Stati membri, la Corte è stata costretta non solo a sviluppare la sua giurisprudenza per fornire orientamenti riguardo a situazioni e scenari che pochi avrebbero mai immaginato possibili, ma anche a ritagliare eccezioni alle norme solitamente applicabili per via di casi anomali. Come ho già spiegato altrove, non vedo alcun presunto problema di doppi standard in questi casi, poiché le situazioni sono oggettivamente diverse ( 38 ).

72.

Tuttavia, nel caso di specie, si chiede effettivamente alla Corte di reinterpretare i criteri Dorsch di applicazione generale, che sono applicabili trasversalmente a tutti i casi indipendentemente dall’organo giurisdizionale di uno Stato membro, e di ampliare la portata e gli argomenti (delle parti) che possono essere sollevati già nella fase della ricevibilità di cui all’articolo 267 TFUE. Per tutte le ragioni esposte in questa parte delle presenti conclusioni, ritengo che un simile approccio non sia né richiesto né necessario, anche considerando casi straordinari come quello di specie.

73.

Alla luce di quanto precede, giungo alla conclusione che i possibili vizi nella procedura di nomina del giudice che ha disposto il rinvio nel caso di cui trattasi ( 39 ), e/o i suoi legami personali e professionali con il Ministro della giustizia/Procuratore generale ( 40 ), non dovrebbero comportare l’irricevibilità del presente rinvio.

74.

Questa conclusione è tuttavia accompagnata da due importanti avvertenze.

75.

In primo luogo, occorre sottolineare molto chiaramente che una siffatta conclusione ai fini specifici dell’articolo 267 TFUE non significa affatto che il giudice del rinvio abbia una composizione legittima e/o che, più precisamente, il giudice del rinvio sia stato nominato legittimamente. In effetti, i punti sollevati dal Mediatore sono, a mio avviso, piuttosto inquietanti. Ciò vale a maggior ragione quando le accuse del Mediatore sono esaminate nel più ampio contesto istituzionale e costituzionale – di cui la Corte è ben consapevole – in merito alle condizioni dello Stato di diritto in Polonia.

76.

Tuttavia, tali elementi potrebbero, se del caso, essere pertinenti nel contesto di una valutazione dell’indipendenza del giudice del rinvio ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e/o dell’articolo 47 della Carta, e potrebbero potenzialmente portare alla conclusione che entrambe queste disposizioni sono state violate. Per contro, come già spiegato, tali elementi non sono normalmente rilevanti per determinare se un organismo nazionale costituisca una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE. La raccomandazione secondo cui i partner formali e istituzionali dovrebbero continuare a dialogare, anche ove uno di loro possa nutrire dubbi piuttosto seri circa le qualità personali di alcuni degli individui che compongono l’altra parte, si basa su considerazioni molto diverse dall’approvazione, seppur implicita, dell’altra parte.

77.

In secondo luogo, non escludo che si possa eventualmente giungere a una conclusione diversa se la rilevanza degli elementi relativi alla situazione personale di uno o più giudici di un organo giurisdizionale nazionale che presentano formalmente una domanda ai sensi dell’articolo 267 TFUE dovesse andare oltre l’individuo o gli individui in questione e ripercuotersi sul funzionamento complessivo dell’organo nazionale di cui i giudici fanno parte. Tuttavia, in tale ipotesi, l’attenzione e l’esame si concentrerebbero sull’organo remittente, in linea quindi con la logica di Dorsch e con l’approccio istituzionale suggerito nelle presenti conclusioni. L’adozione di un approccio istituzionale alla valutazione dei criteri Dorsch non significa che il contesto istituzionale non debba essere considerato. Naturalmente, a un certo livello, un’istituzione è l’aggregazione degli individui che la compongono. Le modalità di nomina alle funzioni giudiziarie degli individui che fanno parte di un organo (presumibilmente) giudiziario rientra chiaramente in quel contesto.

78.

Tale situazione potrebbe verificarsi, ad esempio, nel caso di un’istituzione giudiziaria di uno Stato membro che sia manovrata o sequestrata e che semplicemente non può più essere chiamata «giurisdizione». Essa può eventualmente sorgere quando l’accumulo delle questioni relative, per esempio, alle nomine di detta istituzione (formalmente giudiziaria), l’influenza politica esercitata sul suo processo decisionale, e altri possibili fattori, rivelano un modello in cui non esiste più una giurisdizione indipendente degna di questo nome. In tal caso, tuttavia, la conclusione sarebbe che l’organo in quanto tale non può più essere considerato una «giurisdizione», neanche secondo l’accezione molto più tenue dell’articolo 267 TFUE, il che significa che la Corte di giustizia non può più confrontarsi con un siffatto organo. Quest’ultimo sarebbe quindi del tutto escluso da qualsiasi dialogo.

79.

Alla luce di tutto ciò, ritengo che, ai fini del presente procedimento, il Sąd Najwyższy (Corte suprema), in composizione monocratica, possa ancora essere considerato una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

2. Se il rinvio sia «rilevante» ai sensi dell’articolo 267 del TFUE

80.

Un’altra questione relativa alla ricevibilità della causa che è stata sollevata nell’ambito del presente procedimento verte sulla «rilevanza» (o sulla «necessità») delle questioni pregiudiziali.

81.

Secondo giurisprudenza costante, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’acquisizione di pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia ( 41 ). A tale riguardo, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte ( 42 ).

82.

Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza: il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte ( 43 ).

83.

Più precisamente, per quanto riguarda il requisito della rilevanza/necessità, secondo costante giurisprudenza, tale requisito esige che la pronuncia che il giudice del rinvio è chiamato a emettere possa tener conto della risposta fornita dalla sentenza pregiudiziale della Corte ( 44 ).

84.

A questo proposito, nella sentenza Miasto Łowicz – una causa recente in cui, come nella presente, sono state sollevate questioni relative allo Stato di diritto – la Corte ha sottolineato che, per stabilire la rilevanza ai fini dell’articolo 267 TFUE, deve esistere, tra la controversia sottoposta al giudice del rinvio e le disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, un collegamento tale «per cui detta interpretazione risponde ad una necessità oggettiva ai fini della decisione che dev’essere adottata dal giudice del rinvio» ( 45 ). Tale collegamento sussiste, secondo la Corte, quando: i) la controversia presenta sotto il profilo del merito un collegamento con il diritto dell’Unione; ii) la questione verte sull’interpretazione di disposizioni procedurali del diritto dell’Unione che risultino applicabili; o iii) la risposta richiesta alla Corte sembra avere carattere tale da fornire al giudice del rinvio un’interpretazione del diritto dell’Unione che gli consenta di dirimere questioni procedurali di diritto nazionale prima di poter statuire nel merito ( 46 ).

85.

Il presente rinvio non rientra nelle prime due categorie, in quanto non esiste alcuna disposizione dell’Unione di natura sostanziale o procedurale applicabile nella causa pendente dinanzi al giudice del rinvio, sulla cui interpretazione o validità il giudice del rinvio nutre dubbi. È vero che il giudice del rinvio invoca l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13, e l’articolo 38 della Carta, come disposizioni che potrebbero essere applicabili anche alla controversia di cui al procedimento principale. Tuttavia, occorre un grande sforzo di immaginazione e una lunga catena di ragionamenti transitivi per arrivare dalla portata di tali disposizioni alla sostanza delle questioni che detto giudice sta effettivamente sottoponendo.

86.

In ogni caso, sembra che la presente causa rientri nella terza categoria. Infatti, il giudice del rinvio chiede una risposta della Corte alle questioni pregiudiziali, al fine di risolvere una questione procedurale di diritto nazionale, prima di potersi pronunciare sul merito della causa sottopostagli.

87.

Secondo le informazioni emerse nel corso del presente procedimento, l’esame dei ricorsi per cassazione dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte suprema) si svolge, in linea di principio, in due fasi. In via preliminare, detto giudice, statuendo in composizione monocratica, esamina la ricevibilità del ricorso. Ai sensi dell’articolo 3989, paragrafo 1, punto 3, del codice di procedura civile polacco (in prosieguo: il «CPC polacco»), un ricorso per cassazione è ricevibile solo se, in particolare, la decisione impugnata è stata emessa in esito a un procedimento invalido. Ai sensi dell’articolo 379, punto 4, del CPC polacco, un procedimento è invalido qualora, tra l’altro, la composizione del collegio giudicante non sia conforme alla normativa pertinente o l’udienza abbia luogo in presenza di un giudice soggetto a esclusione. Solo allorché il ricorso viene dichiarato ricevibile, il Sąd Najwyższy (Corte suprema), pronunciandosi mediante un collegio di tre giudici, procede al successivo esame del merito del ricorso.

88.

Come il governo polacco e la Commissione hanno chiarito all’udienza, il giudice che verifica la ricevibilità del ricorso deve accertare la sussistenza di una delle quattro condizioni di ricevibilità, di cui all’articolo 3989, paragrafo 1, del CPC polacco, affinché si possa procedere alla trattazione. A tal fine, il giudice incaricato di questa fase preliminare dovrà emettere una decisione specifica e distinta sulla ricevibilità, sia essa positiva o negativa, ponendo così termine alla fase di valutazione preliminare.

89.

Alla luce di quanto precede, non si può concludere che le questioni sollevate non siano rilevanti ai fini della decisione che il giudice del rinvio deve emettere. Infatti, la questione della corretta composizione del collegio, la cui sentenza è oggetto di riesame, è uno dei motivi del ricorso per cassazione. Pertanto, essa deve essere valutata dal giudice del rinvio, eventualmente d’ufficio, e ogni conclusione su tale punto deve essere motivata separatamente. Una siffatta questione costituisce quindi un elemento di compatibilità tra il diritto nazionale e il diritto dell’Unione in limine litis, che il giudice del rinvio è tenuto a trattare al fine di poter decidere sulla ricevibilità del ricorso per cassazione.

90.

Di conseguenza, ritengo che le questioni sollevate siano rilevanti, e quindi ricevibili, poiché la risposta della Corte alle suddette questioni consentirà al giudice del rinvio di pronunciarsi in una causa pendente dinanzi a esso.

C.   Sul merito

91.

Con le sue questioni – alcune delle quali possono essere esaminate congiuntamente – il giudice del rinvio sottopone alla Corte una serie di dubbi interpretativi rispetto al principio di indipendenza dei giudici, derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l’articolo 2 TUE, e dall’articolo 47 della Carta. Sebbene, nelle sue questioni, il giudice del rinvio invochi diverse altre disposizioni, non ritengo che un esame distinto di queste altre disposizioni sia in grado di fornire ulteriore chiarezza sulle problematiche sollevate.

92.

Le problematiche sollevate dal giudice del rinvio riguardano, in primo luogo, il tipo di analisi – di cui tale giudice distingue due forme, in abstracto e in concreto – che esso è tenuto ad effettuare al fine di verificare il rispetto del principio dell’indipendenza dei giudici. Detta problematica presenta un carattere trasversale ed è rinvenibile in molte delle questioni sollevate e, pertanto, la esaminerò per prima, nelle mie osservazioni introduttive (1). Successivamente, e alla luce di ciò, procederò con le specifiche questioni pregiudiziali. Anzitutto, valuterò se taluni fatti relativi alla prima nomina alla funzione di giudice delle persone che esercitano funzioni giudiziarie possano metterne in discussione l’indipendenza ai fini dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta, sia che si tratti di una nomina effettuata sotto il regime comunista (2), o in una fase successiva, nell’ambito dei asseriti carenti sistemi procedurali che si sono susseguiti fino al 2018 (3). Infine, affronterò i dubbi del giudice del rinvio sulla questione se esso sia tenuto, in linea di principio, a sollevare d’ufficio questioni di indipendenza e se il principio di inamovibilità dei giudici possa impedirgli di fare ciò (4).

1. Osservazioni introduttive: valutazione dell’indipendenza dei giudici

93.

Le questioni sollevate dal giudice del rinvio invitano la Corte, anzitutto, a precisare le modalità con cui deve essere valutato il rispetto del principio di indipendenza dei giudici. Al fine di comprendere meglio le problematiche sollevate dal giudice del rinvio, è opportuno ricordare brevemente i dubbi espressi da tale giudice al riguardo.

94.

Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio rileva che, nelle sue precedenti decisioni, la Corte ha precisato che, al fine di stabilire se un giudice nazionale possa essere considerato «indipendente», occorre fare riferimento, segnatamente, alle modalità di nomina dei suoi membri e alla durata del loro mandato. In particolare, la Corte ha affermato che, indipendentemente dal modello costituzionale scelto per la nomina, «resta necessario garantire che i requisiti sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione delle decisioni di nomina siano tali da non poter suscitare nei singoli dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati» ( 47 ).

95.

A questo proposito, il giudice del rinvio ricorda che, nella sentenza A.K. e a., la Corte ha in sostanza indicato che le presunte violazioni del principio di indipendenza devono essere esaminate valutando tutti gli elementi pertinenti e tenendo conto, se del caso, delle ragioni e degli obiettivi specifici addotti per giustificare le misure in questione. La rilevanza degli elementi pertinenti non deve essere considerata di per sé sola o isolatamente, ma congiuntamente alla luce del più ampio contesto giuridico e istituzionale ( 48 ).

96.

Tuttavia, il giudice del rinvio afferma di interrogarsi sul modo in cui occorre procedere all’analisi del rispetto del principio di indipendenza. In particolare, detto giudice ritiene che la valutazione potrebbe essere effettuata in abstracto o in concreto. Con riferimento alla specifica situazione oggetto del procedimento principale, il giudice del rinvio spiega che da una valutazione in abstracto deriverebbe che ogni causa nella quale un giudice è stato nominato mediante un procedimento affetto da vizi susciterebbe perplessità, indipendentemente dalle ripercussioni sulla specifica causa in esame. Di conseguenza, la posizione, il comportamento e la progressione della carriera di un determinato giudice che svolga le funzioni giudiziarie in un collegio giudicante non sarebbero rilevanti in tale contesto. D’altro canto, il rispetto del principio di indipendenza potrebbe essere verificato in concreto, il che richiederebbe la dimostrazione di un nesso tra una procedura di nomina giudiziaria illegittima e un’incidenza reale o potenziale sull’esito di una determinata causa.

97.

A mio avviso, il problema esposto dal giudice del rinvio sembra basarsi su una lettura alquanto incompleta della sentenza in questione. Il giudice del rinvio individua solo un aspetto della sentenza A.K. e a. e poi, trascurando il contesto e la finalità di una siffatta valutazione, stabilisce una falsa dicotomia presentando l’analisi in abstracto e l’analisi in concreto come reciprocamente esclusive. A mio parere, se considerati nel loro giusto contesto, questi due approcci non sono alternativi, ma complementari o addirittura cumulativi.

98.

In primo luogo, facendo riferimento al «complesso delle circostanze rilevanti» la Corte non ha escluso alcun tipo o categoria di elementi rilevanti. A mio avviso, la Corte ha semplicemente suggerito che, nel valutare la (in)dipendenza dei giudici, può non essere sufficiente guardare ai semplici «testi di legge» ( 49 ). Ciò che spesso si rende necessario è esaminare anche la prassi effettiva di applicazione di tali norme ( 50 ). Di conseguenza, possono e devono essere presi in considerazione sia elementi formali e istituzionali (che sono fondamentali per un’analisi in abstracto), sia elementi più concreti e specifici della fattispecie (che sono al centro di un’analisi in concreto).

99.

Data la varietà di situazioni in cui potrebbe essere sollevata una questione di indipendenza dei giudici, è impossibile stabilire a priori quale tipo di elementi debba avere maggior peso. Il significato di questi elementi – che, ripeto, devono in ogni caso essere valutati congiuntamente – dipende ovviamente dalle caratteristiche specifiche della fattispecie di cui trattasi.

100.

Inoltre, il contesto generale in cui le norme operano e il modo in cui si relazionano o interagiscono con altre norme e attori è altrettanto importante. La (in)dipendenza è per definizione relazionale: si tratta dell’indipendenza o della dipendenza da qualcosa o da qualcuno. Così, metaforicamente parlando, la valutazione non può limitarsi allo studio microscopico di una fetta di salame, senza tener conto del resto del salume, di come e dove viene normalmente conservato, della sua distanza e relazione con altri oggetti nel magazzino, e ignorando con disinvoltura il fatto che c’è un carnivoro piuttosto grande in agguato in un angolo della stanza.

101.

In secondo luogo, e aspetto forse ancora più importante, è semplicemente impossibile stabilire ex ante un test universalmente valido per valutare l’indipendenza del giudice, indipendentemente dalla disposizione dell’Unione applicabile al caso di specie. Cercare di affermare con certezza, in astratto, quando esattamente un determinato giudice può essere considerato «indipendente», senza conoscere né la finalità per cui la questione è formulata, vale a dire se nel contesto dell’articolo 267 TFUE, dell’articolo 47 della Carta, o dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, né le circostanze di un singolo caso, è quasi come chiedere alla Corte di mettere il proverbiale carro davanti ai buoi.

102.

Come ho cercato di spiegare nelle precedenti parti delle presenti conclusioni, e come ho già esposto in dettaglio nelle conclusioni da me presentate nella causa WB e a., mentre il principio dell’indipendenza dei giudici nel diritto dell’Unione è sempre lo stesso, cosa esattamente sarà esaminato, nonché il livello di controllo esercitato, dipenderanno da quale disposizione del diritto dell’Unione viene effettivamente applicata: l’articolo 267 TFUE, l’articolo 19, paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta ( 51 ).

103.

Nell’ambito di un’analisi ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, è probabile che la Corte si concentri in primo luogo sugli elementi formali e istituzionali, mentre nell’ambito di un’analisi ai sensi dell’articolo 47 della Carta, saranno gli elementi specifici della fattispecie a prevalere. Il suddetto centro d’interesse è determinato dalla logica di ciascuna delle disposizioni: le carenze strutturali di uno Stato membro e/o la violazione di diritti individuali derivanti dal diritto dell’Unione. Eppure, come spiegato, non si tratta di una scelta binaria: un approccio può equivalere all’altro anche se naturalmente non sono identici. Il criterio del «complesso delle circostanze rilevanti» significa – mi si perdoni l’ovvietà – che tutte le circostanze possono essere rilevanti. Sarà il centro di interesse e la finalità della disposizione esaminata nel particolare contesto fattuale e giuridico di una determinata causa a stabilire da ultimo quale di esse sarà determinante.

104.

In sintesi, per valutare il rispetto del principio di indipendenza dei giudici, sancito dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dall’articolo 47 della Carta, un giudice nazionale deve esaminare tutti gli elementi rilevanti e prendere in considerazione, se del caso, le ragioni e gli obiettivi specifici delle misure nazionali eventualmente applicabili alla situazione. In tale contesto, sia gli elementi formali e istituzionali che gli elementi specifici della fattispecie possono essere rilevanti, a seconda delle caratteristiche della fattispecie in questione e della o delle disposizioni dell’Unione applicabili. La rilevanza di tali elementi non deve essere valutata di per sé o isolatamente, ma congiuntamente, alla luce del più ampio panorama giuridico e istituzionale.

105.

Ciò premesso, passo ora alle specifiche problematiche menzionate nelle varie questioni sollevate.

2. Sulle prime tre questioni

106.

Con la prima, la seconda e la terza questione – che sono strettamente connesse e possono quindi essere esaminate congiuntamente – il giudice del rinvio chiede in sostanza se le circostanze relative alla prima nomina alla funzione giudiziaria di uno dei giudici dell’organo giurisdizionale che ha pronunciato la sentenza impugnata (giudice FO), nomina avvenuta sotto il regime comunista dell’allora Repubblica popolare di Polonia (Polska Rzeczpospolita Ludowa; in prosieguo: la «PRL»), abbiano un’incidenza sulla sua indipendenza nell’esercizio attuale delle funzioni giurisdizionali dello stesso, ai fini dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta.

107.

A tale proposito, il giudice del rinvio indica che, durante il periodo comunista in Polonia, al momento dell’assunzione dell’incarico, i giudici giuravano dinanzi al presidente del competente organo giurisdizionale, segnatamente, di consolidare la libertà, l’indipendenza e il potere dello Stato polacco «democratico», di proteggere e rafforzare l’ordine basato sui principi sociali, economici e politici della PRL, nonché di rafforzare il rispetto della legge e della lealtà verso tale Stato. Conformemente alle disposizioni in vigore all’epoca, l’obiettivo del sistema giudiziario nella PRL era quello di proteggere il regime di «democrazia popolare» nonché lo sviluppo dello stesso verso il socialismo. Durante il periodo comunista in Polonia, i giudici avevano anche il dovere di assicurare che attraverso tutte le loro attività i cittadini venissero educati in uno spirito di lealtà nei confronti della PRL.

108.

Secondo il giudice del rinvio, il modo in cui i giudici erano nominati all’epoca, e le disposizioni relative al loro controllo e alla possibilità di revoca, non erano conformi alle norme di uno Stato democratico soggetto allo Stato di diritto. In particolare, fino al 1989, i giudici erano nominati e revocati da un organo esecutivo di uno Stato caratterizzato da un sistema di potere antidemocratico: il Consiglio di Stato. Le disposizioni che disciplinavano la nomina e la revoca dei giudici, oltre alla stretta dipendenza dagli organi del potere esecutivo dello Stato, non prevedevano neanche criteri trasparenti per la nomina, né tanto meno la partecipazione, alla procedura di nomina dei giudici, di autorità la cui composizione fosse definita in elezioni democratiche. Queste procedure, secondo il giudice del rinvio, minano la fiducia che la giustizia deve ispirare in una società democratica.

109.

Secondo il giudice del rinvio, le modifiche introdotte nel diritto polacco dopo il 1989 avrebbero contribuito in scarsa misura alla creazione di strumenti efficaci ai fini della verifica delle nomine dei giudici compiute durante il periodo comunista, o alla verifica di eventuali casi di violazione o di inosservanza, da parte dei giudici, del principio di indipendenza. Pertanto, secondo il giudice del rinvio, dopo il 1989 non vi sarebbe stata né una verifica generale di tutte le nomine giudiziarie effettuate nel periodo comunista, né un controllo effettivo delle singole nomine dei giudici, neanche nei casi in cui i singoli giudici avrebbero violato manifestamente il principio dell’indipendenza giudiziaria.

110.

Non ritengo convincenti le argomentazioni di cui sopra.

111.

Concordo certamente con il giudice del rinvio sul fatto che le procedure di nomina dei giudici, e più in generale le regole che disciplinano il loro mandato e le loro attività, all’epoca della PRL, non offrivano garanzie adeguate a soddisfare lo standard di indipendenza dei giudizi previsto oggi dai trattati dell’Unione.

112.

Quanto al resto, tuttavia, non riesco a comprendere la rilevanza in termini giuridici di tutte queste affermazioni oggi. Ammantando una certa visione politica del mondo con argomentazioni giuridiche, il giudice del rinvio sembra suggerire qualcosa che equivale a una vera e propria retroattività o a insinuazioni del tutto prive di fondamento.

113.

In primo luogo, è ovvio che il diritto dell’Unione non si applicava alla Polonia prima della sua adesione all’Unione europea. È altresì principio consolidato che, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, in assenza di disposizioni specifiche sugli effetti retroattivi, una nuova norma giuridica non si applica alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, ma si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove ( 52 ). Pertanto, rimango perplesso su come le regole e le norme derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE e/o dall’articolo 47 della Carta possano essere applicate alle nomine dei giudici in Polonia prima del 1989, senza che ciò equivalga a una vera retroattività ( 53 ).

114.

In secondo luogo, vi è effettivamente, nel diritto dell’Unione, la riserva degli effetti giuridici in corso. Pertanto, un problema di indipendenza ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e/o dell’articolo 47 della Carta potrebbe eventualmente porsi se le norme nazionali cui il giudice del rinvio ha fatto riferimento fossero ancora idonee a produrre qualche effetto attualmente, nonostante non siano più in vigore da diversi decenni. Perché ciò avvenga, e per quanto riguarda il caso di specie, occorrerebbe dimostrare un’incidenza continuata, una relazione tra le norme nazionali precedenti e l’insorgere, ad oggi, di dubbi legittimi e reali nei singoli in merito all’indipendenza e all’imparzialità di un giudice quale il giudice FO.

115.

Tuttavia, a tal riguardo, l’ordinanza di rinvio è, in modo alquanto sorprendente considerati la lunghezza complessiva e il livello di dettaglio, piuttosto scarsa nel fornire qualsiasi spiegazione concreta circa l’identità della persona, dell’istituzione o dell’organismo che sarebbe attualmente in grado di esercitare pressioni indebite sul giudice FO, e i motivi per cui il giudice FO potrebbe essere incline a cedere a tale pressione. Il giudice del rinvio dà l’impressione di sforzarsi nel voler sostenere la tesi secondo cui giudici nominati durante il periodo comunista sono per definizione «macchiati per sempre», semplicemente in virtù dell’associazione con il regime precedente e perché, come implica la terza questione, non sono mai stati rinominati e non hanno mai prestato, in veste di giudici, un nuovo giuramento al nuovo Stato democratico.

116.

In terzo luogo, senza voler commentare in alcun modo il merito di tali «opinioni», mi limiterò a notare che, nel corso della storia di qualsiasi paese, vi sono momenti costituzionali all’interno dei quali emergono un certo numero di opzioni per quanto riguarda l’assetto di nuove istituzioni statali e il personale delle stesse ( 54 ). Tuttavia, nel fare questa scelta costituzionale una trentina di anni fa, la Polonia, insieme a numerosi altri paesi dell’Europa centrale, ha optato per la continuità. Successivamente, i giudici nominati sotto il precedente regime in Polonia hanno beneficiato di un duplice grado di accettazione, tanto a livello nazionale che a livello dell’Unione europea.

117.

Da un lato, come sottolinea il giudice del rinvio, nonostante l’adozione di alcune misure di «lustrazione» ( 55 ), il neonato Stato democratico ha accettato che i giudici nominati in seno alla PRL potessero, in linea di principio, rimanere in carica. Ciò è stato confermato dal governo polacco in udienza.

118.

D’altro canto, tale situazione è stata considerata conforme al diritto dell’Unione dalle istituzioni dell’Unione ai fini dell’adesione della Polonia all’Unione europea. Non va trascurato, a questo proposito, che i futuri Stati membri erano tenuti a soddisfare i cosiddetti «criteri di Copenaghen» ( 56 ), uno dei quali riguardava l’esistenza di istituzioni stabili che garantissero, tra l’altro, la democrazia, lo Stato di diritto e la tutela dei diritti umani.

119.

Ricollocate in tale contesto, le questioni sollevate dal giudice del rinvio equivalgono in sostanza a suggerire che la scelta costituzionale esercitata dalla Polonia decenni fa, e accettata dall’Unione europea al momento del suo ingresso nell’Unione, fosse errata. Anche in questo caso, non mi soffermerò sulle implicazioni politiche di detta tesi. Tuttavia, per quanto riguarda la fattispecie di cui trattasi, di fatto, qualsiasi intervento giudiziario che invalidasse le decisioni prese da un giudice nazionale, come il giudice FO, per il solo fatto che egli è stato inizialmente nominato alle funzioni di giudice nella PRL, equivarrebbe a un atto di «lustrazione»di nuova adozione.

120.

In quarto luogo, nessuna disposizione del diritto dell’Unione permette alla Corte di controllare le modalità con cui gli Stati membri hanno trattato, prima della loro adesione, il lascito politico, giuridico e amministrativo dei regimi precedenti ( 57 ). Allo stesso modo, l’elaborazione di regole applicabili o nuove per quanto riguarda l’organizzazione della giustizia e l’adozione delle decisioni di nomina e disciplina dei giudici continua ad appartenere, per definizione, alle scelte istituzionali degli Stati membri ( 58 ).

121.

Ciò non significa, tuttavia, che qualsiasi misura di lustrazione che uno Stato membro dovesse adottare oggi possa sfuggire alla verifica di conformità con il diritto dell’Unione, qualora quest’ultimo sia applicabile. In particolare, una misura che possa incidere sull’attività dei giudici nazionali che agiscono nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione dovrebbe essere coerente, tra l’altro, con i principi sanciti dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, che riflettono i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, quali lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali.

122.

Benché la Corte non abbia avuto occasione di rivedere tali misure, diverse forme di lustrazione sono state esaminate in passato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»). A questo proposito, la Corte EDU ha rilevato che le misure di lustrazione potrebbero essere giustificate se perseguono obiettivi relativi, tra l’altro, alla protezione della sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, alla promozione della fiducia nelle nuove istituzioni democratiche, alla prevenzione dei disordini, alla trasparenza della vita pubblica, alla chiarezza e alla pace interna della società, al benessere economico del paese e ai diritti e alle libertà altrui ( 59 ). Al riguardo, la Corte EDU ha altresì affermato che gli Stati possono validamente adottare misure di lustrazione poiché «uno Stato democratico ha il diritto di esigere dai dipendenti pubblici la fedeltà ai principi costituzionali su cui si fonda» ( 60 ).

123.

Tuttavia, la Corte EDU ha statuito che, pur non comportando di per sé una violazione dei diritti umani, affinché determinate misure siano conformi alle disposizioni della CEDU, devono essere soddisfatte alcune condizioni. Per quanto riguarda ciò che è rilevante per il presente procedimento, mi limiterò a ricordare che la Corte EDU ha richiesto che il quadro giuridico nazionale, segnatamente: (i) sia sufficientemente preciso per poter individuare la responsabilità di ciascuna persona interessata ( 61 ), (ii) includa adeguate garanzie procedurali per le persone interessate ( 62 ), e (iii) abbia un carattere temporaneo, poiché la necessità oggettiva di una restrizione dei diritti individuali a causa delle misure transitorie si attenua con il tempo ( 63 ).

124.

Le conclusioni della Corte EDU appaiono, a mio avviso, ampiamente trasponibili all’ordinamento giuridico dell’Unione ( 64 ). Alla luce di tale giurisprudenza, dubito fortemente che una decisione giudiziaria come quella suggerita dal giudice del rinvio sia compatibile con il diritto dell’Unione. Senza che ci sia bisogno di approfondire la questione, vedo sorgere diversi problemi potenziali, soprattutto per quel che riguarda l’articolo 2 TUE (Stato di diritto) e gli articoli 47 e 48 della Carta (giusto processo).

125.

Tuttavia, e in ogni caso, ciò che più mi colpisce è che una siffatta misura sia contemplata decenni dopo la caduta del regime precedente e la creazione di un nuovo Stato, ma ancora, almeno nominalmente, in nome della necessità di affrontare il passato comunista. Qualunque siano le vere motivazioni dietro a tali suggerimenti che vengono fatti oggi in Polonia, mi limito a notare che il mero scollamento temporale escluderebbe, di per sé, la necessità oggettiva di tali misure in una società democratica ( 65 ). Detto semplicemente, il momento costituzionale in cui tali misure avrebbero potuto legittimamente essere previste è, a mio avviso, passato da tempo.

126.

Alla luce di quanto precede, ritengo che il semplice fatto che alcuni giudici siano stati inizialmente nominati alla funzione giudiziaria all’epoca della PRL non è un elemento in grado, di per sé, di mettere in discussione la loro indipendenza oggi. Pertanto, le circostanze di cui alle questioni da 1 a 3 non sono tali da mettere in dubbio l’indipendenza e l’imparzialità di un giudice nazionale, come il giudice FO, ai fini dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta.

3. Sulla quarta e sulla quinta questione pregiudiziale

127.

Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se il fatto che alcuni membri dei collegi dell’organo giurisdizionale che ha pronunciato la sentenza impugnata siano stati nominati in tale organo sulla base di delibere adottate dalla KRS in una composizione risultante da una normativa, come interpretata, successivamente dichiarata incostituzionale dal Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ( 66 ), incida sulla valutazione del rispetto del requisito di indipendenza da parte di tale collegio dell’organo giurisdizionale. Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede anche, in sostanza, se un organo – come la KRS all’epoca dei fatti – che ha seguito procedure non trasparenti e non pubbliche per la nomina dei giudici possa essere considerato indipendente ai sensi del diritto dell’Unione.

128.

Queste due questioni possono essere trattate insieme. Esse possono forse essere meglio affrontate in due fasi: dapprima, alla lettera, vale a dire senza tener conto del contesto generale, e, a seguire, arricchendo l’analisi con tale contesto più ampio ( 67 ).

129.

In primo luogo, occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte e della Corte EDU, non ogni errore che possa verificarsi durante la procedura di nomina di un giudice è di natura tale da mettere in dubbio l’indipendenza di detto giudice.

130.

Nella sentenza Simpson, la Corte ha sottolineato che un’irregolarità commessa durante la nomina dei giudici comporta una violazione dell’articolo 47 della Carta, «in particolare quando tale irregolarità sia di natura e gravità tali da generare un rischio reale che altri rami del potere, in particolare l’esecutivo, possano esercitare un potere discrezionale indebito tale da mettere in pericolo l’integrità del risultato al quale conduce il processo di nomina, così suscitando un dubbio legittimo nei singoli quanto all’indipendenza e all’imparzialità dei giudici interessati». In quella causa, l’irregolarità commessa dal Consiglio in occasione della nomina di un membro dell’allora Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea non è stata giudicata di una gravità tale da violare l’articolo 47 della Carta ( 68 ).

131.

Analogamente, nella sentenza Ástráðsson, la Grande Camera della Corte EDU ha applicato una verifica in tre fasi al fine di determinare se la nomina illegittima di un giudice violasse il diritto a un «tribunale (…) costituito per legge» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. In sostanza, la Corte EDU ha verificato se: i) vi fosse stata una violazione manifesta delle norme interne in materia di nomina dei giudici, ii) la violazione riguardasse una legge di importanza fondamentale per la nomina dei giudici e, iii) la violazione fosse stata effettivamente esaminata e resa oggetto di rimedi dai giudici nazionali ( 69 ).

132.

In particolare, per quanto riguarda il secondo elemento di cui sopra, la Corte EDU ha sottolineato la necessità di valutare la violazione «alla luce dell’oggetto e dello scopo del requisito di un “tribunale (…) costituito per legge”, vale a dire garantire la capacità del potere giudiziario di svolgere le proprie funzioni senza indebite interferenze e, quindi, di preservare lo Stato di diritto e la separazione dei poteri». Di conseguenza, la Corte EDU ha statuito che «si deve ritenere che le violazioni di natura puramente tecnica che non hanno alcuna relazione con la legittimità del processo di nomina non raggiungano il livello di gravità richiesto» ( 70 ).

133.

Nel caso di specie, le questioni individuate dal Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) nella sua decisione K 5/17 del 20 giugno 2017, riguardavano la durata del mandato di taluni membri della KRS, che è uno degli organi che partecipano al processo di nomina dei giudici. Le conclusioni di detto giudice sembrano essere per lo più di natura tecnica, almeno se osservate alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta. Né il giudice del rinvio né il governo polacco hanno fornito spiegazioni concrete e chiare in senso contrario nell’ambito del presente procedimento. Interrogato su questo punto all’udienza, il governo polacco ha dichiarato che, a suo avviso, l’irregolarità nella composizione della KRS non ha avuto effetti automatici sulla validità delle delibere di tale organo adottate tra il 2000 e il 2018. Rimane altresì oscuro come la conclusione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) possa incidere sulla percezione pubblica dell’indipendenza dei tre giudici in questione.

134.

Quanto sopra nonostante il fatto che la giurisprudenza sottolinei l’importanza di identificare un siffatto elemento.

135.

Ad esempio, nella causa Commissione/Polonia, la Corte ha stabilito che la legislazione nazionale in questione – che prevedeva un abbassamento, con effetto immediato, dell’età pensionabile dei giudici della Corte Suprema, insieme ad un’autorizzazione discrezionale concessa dal presidente della Repubblica per consentire a un giudice di continuare a ricoprire tale ruolo – comprometteva il principio dell’inamovibilità dei giudici, essenziale per la loro indipendenza, e quindi violava l’articolo 19, paragrafo 1, TUE. In ragione delle sue particolarità, e tenuto conto delle circostanze in cui tale normativa è stata adottata, la Corte è giunta alla conclusione che essa poteva far sorgere ragionevoli dubbi quanto alle reali motivazioni ad essa sottese. In particolare, la Corte ha rilevato che diversi elementi deponevano a favore dell’eventuale adozione della normativa con lo scopo di rimuovere un determinato gruppo di giudici ( 71 ).

136.

Analogamente, in A.K. e a. e in Repubblika ( 72 ), la Corte ha dovuto esaminare la composizione e il funzionamento di due organi statali che intervengono nella procedura di nomina dei giudici nei rispettivi Stati membri. La Corte ha esaminato, in particolare, le circostanze in cui i membri di tali organi sono stati nominati, il modo in cui tali organi hanno svolto le loro funzioni, il quadro giuridico più ampio che disciplina il ruolo e le attività di tali organi e, infine, il panorama politico in cui tali organismi hanno operato.

137.

In tale ottica, nella causa A.K. e a., la Corte ha constatato che alcuni elementi potevano suscitare, nei singoli, dubbi in merito all’impermeabilità dell’organo nei confronti di fattori esterni, in particolare dell’influenza del potere legislativo ed esecutivo, pur lasciando in ultima analisi la valutazione in questione al giudice del rinvio. Al contrario, nella causa Repubblika, per quanto riguarda le norme pertinenti e il modo in cui tali norme erano state applicate dalle istituzioni degli Stati membri, la Corte non ha trovato alcun elemento circa un’eventuale mancanza di indipendenza dell’organismo in questione. Non vi era motivo di ritenere che il presidente della Repubblica in tale Stato membro potesse utilizzare i suoi poteri per nominare i giudici in un modo da suscitare, nell’opinione pubblica, veri e propri sospetti sull’indipendenza delle persone selezionate.

138.

Nella causa WB e a., il giudice del rinvio ha interrogato la Corte sulla compatibilità con, in particolare, l’articolo 19, paragrafo 1, TUE in combinato disposto con l’articolo 2 TUE, di una normativa nazionale in base alla quale il Ministro della giustizia/Procuratore generale può, sulla base di criteri che non sono resi pubblici, distaccare giudici presso le giurisdizioni superiori per un periodo indeterminato e, in qualsiasi momento, porre fine a tale distacco a propria discrezione. Nelle conclusioni da me presentate, ho ritenuto che tale normativa violi le suddette disposizioni, in quanto può incidere sul modo in cui taluni giudici esercitano le loro funzioni. In particolare, ho suggerito che, in base a tale normativa, alcuni giudici potrebbero essere incentivati a pronunciarsi a favore del pubblico ministero o, più in generale, in modo gradito al Ministro della giustizia/Procuratore generale. Infatti, i giudici dei tribunali inferiori possono essere tentati dalla possibilità di essere ricompensati con un distacco presso un tribunale superiore, eventualmente con migliori prospettive di carriera e una retribuzione più elevata. A loro volta, i giudici distaccati presso i tribunali superiori potrebbero essere scoraggiati dall’agire in modo indipendente per evitare il rischio che il loro distacco possa essere revocato dal Ministro della giustizia/Procuratore generale ( 73 ).

139.

A differenza di tali cause, nel caso di specie non è possibile rilevare alcun «motivo, mezzo e opportunità» in ordine a una potenziale mancanza di indipendenza dei tre giudici in questione. Analogamente alle mie conclusioni riguardo alle circostanze relative alla prima nomina di un giudice durante la PRL, anche in questo caso mi chiedo chi sarebbe, attualmente, in grado di esercitare pressioni indebite sui tre giudici di cui trattasi, certamente come conseguenza o in considerazione del presunto vizio nella loro procedura di nomina, e perché questi giudici potrebbero, almeno nella mente dei singoli, essere indotti a piegarsi a tali pressioni.

140.

Tuttavia, d’altro canto, il quadro si presenta alquanto diverso quando l’analisi viene effettivamente ampliata in base al «complesso delle circostanze rilevanti», in particolare quando si considerano i possibili «motivi, mezzi e opportunità» alla base della decisione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) riguardante la (in)adeguata composizione della KRS su cui il giudice del rinvio basa tutte le sue perplessità riguardo alla correttezza delle nomine alla funzione di giudice nel periodo dal 2000 al 2018. A questo proposito, un osservatore più curioso o critico potrebbe forse essere indotto a chiedersi quali siano state le vere motivazioni di tale decisione, se la decisione stessa sia stata emessa da un collegio indipendente e correttamente composto ( 74 ), e quanto ci si possa fidare in generale delle decisioni di un’istituzione che potrebbe essere vista come incline, allo stato attuale, ad abusi strumentali ( 75 ).

141.

In conclusione, neanche le circostanze di cui alle questioni 4 e 5 sono tali da far dubitare dell’indipendenza e dell’imparzialità dei giudici nazionali ai fini dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta.

4. Sulla sesta e sulla settima questione pregiudiziale

142.

Con la sesta questione, il giudice del rinvio chiede se sia tenuto ad esaminare d’ufficio se il giudice di grado inferiore, che ha pronunciato la sentenza impugnata, soddisfi il requisito di indipendenza sancito dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dall’articolo 47 della Carta ai fini del controllo dell’eventuale invalidità di una sentenza impugnata.

143.

Con la settima questione, il giudice del rinvio chiede se, in considerazione del carattere irrevocabile della nomina dei giudici previsto dalla Costituzione polacca, esso debba astenersi dal verificare, ai fini sopra indicati, l’indipendenza dei giudici che hanno pronunciato la sentenza impugnata.

144.

Alla luce delle risposte fornite alle domande precedenti, non c’è, in linea di principio, bisogno di rispondere alle suddette questioni.

145.

Tuttavia, per completezza, fornirò alcune brevi riflessioni sui problemi posti dal giudice del rinvio nelle suddette due questioni. In sostanza, il giudice del rinvio si chiede se sia, in linea di principio, tenuto a sollevare d’ufficio questioni di indipendenza e se il principio di inamovibilità dei giudici possa impedirglielo.

146.

Per quanto riguarda la sesta questione, non è, in primo luogo, del tutto chiaro perché tale questione venga sollevata, tenuto conto del fatto che il giudice del rinvio ha apparentemente l’obbligo di verificare d’ufficio la corretta composizione del collegio che ha pronunciato la sentenza d’appello secondo il diritto nazionale ( 76 ). Tuttavia, in effetti, ai fini dell’eventuale applicazione dell’articolo 47 della Carta, la risposta ai dubbi del giudice del rinvio si trova nella sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Simpson ( 77 ).

147.

In tale sentenza, la Corte ha affermato che dall’articolo 47 della Carta, che sancisce i diritti a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale precostituito per legge e a un processo equo, risulta che «il giudice dell’Unione deve poter verificare se un’irregolarità che vizia la procedura di nomina di [un giudice] abbia potuto comportare una violazione di [tali diritti]». Detti diritti implicano che «ogni organo giurisdizionale abbia l’obbligo di verificare se la sua composizione gli consenta di costituire un siffatto tribunale quando, al riguardo, sorga un dubbio serio». Sulla base della giurisprudenza precedente, la Corte ha dichiarato che «un siffatto controllo costituisce una formalità sostanziale il cui rispetto rientra nell’ordine pubblico e dev’essere verificato d’ufficio» ( 78 ).

148.

La formulazione di tale sentenza è piuttosto chiara: qualora sorgano gravi dubbi in ordine alla composizione del collegio giudicante – per esempio a causa di una possibile irregolarità nella procedura di nomina di uno o più giudici interessati – ogni organo giurisdizionale dell’Unione europea deve sollevare tale questione, se del caso d’ufficio. Pertanto, sebbene la causa Simpson riguardasse un procedimento giudiziario che si svolgeva dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, i principi derivanti da tale sentenza sono applicabili anche nei confronti dei giudici nazionali ogni volta che l’articolo 47 della Carta è applicabile.

149.

Tuttavia, come esposto nelle precedenti sezioni delle presenti conclusioni, nel caso in questione non risulta che vi sia alcun elemento concreto che indichi una possibile mancanza di indipendenza dei giudici che hanno emesso la sentenza impugnata.

150.

Per quanto riguarda la settima questione, al pari della Commissione, ho difficoltà a vedere come il principio dell’inamovibilità dei giudici – principio che sarebbe sancito, come afferma il giudice del rinvio, dalla Costituzione polacca – avrebbe precluso al giudice del rinvio di sollevare una questione relativa all’indipendenza dei giudici di cui trattasi a causa di una presunta illegittimità della procedura di nomina.

151.

Il giudice del rinvio sembra suggerire che una volta che un giudice è stato formalmente nominato in base al diritto nazionale, tale giudice non può essere rimosso e la decisione che lo nomina non può essere invalidata, nonostante tale nomina sia eventualmente illegittima rispetto allo standard di indipendenza dell’Unione, perché ciò sarebbe in contrasto con il principio di inamovibilità.

152.

Rimango perplesso con riferimento sia alle ipotesi di partenza apparentemente esposte dal giudice del rinvio, sia alle conclusioni che ne ha tratto.

153.

In primo luogo, e ancora una volta, detto giudice sembra mettere accuratamente a fuoco una questione specifica vista in isolamento clinico, e su questa base stabilisce una falsa contraddizione a un livello di astrazione molto alto. Sebbene, in forza del diritto nazionale, una decisione di nomina alla funzione di giudice non possa formare oggetto di ricorso e di annullamento, non ne consegue certamente che le decisioni di detto giudice siano immuni da impugnazione o che, a condizione che tutte le norme e le procedure necessarie siano rispettate, detto giudice non possa essere rimosso mediante procedimenti disciplinari o altri procedimenti pertinenti.

154.

In secondo luogo, non vedo come il principio dell’inamovibilità dei giudici, così come comunemente inteso, possa essere messo in discussione tout court nel procedimento principale. Il giudice del rinvio ha il compito di decidere sull’ammissibilità di un ricorso per cassazione dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema). È ovvio che questi procedimenti non sono, ad esempio, procedimenti disciplinari nel cui ambito potrebbe essere disposta la rimozione del giudice in questione oppure applicata qualche altra misura disciplinare contro il medesimo. Pertanto, non vedo alcun contrasto diretto tra il principio di inamovibilità dei giudici e la possibilità di invalidare una sentenza pronunciata in un procedimento d’appello a causa della presunta illegittimità della composizione del collegio giudicante.

155.

In terzo luogo, non vedo nemmeno alcun contrasto indiretto in tal senso. A mio avviso, le considerazioni espresse nella decisione di rinvio trascurano due importanti elementi riguardanti, rispettivamente, la natura del principio di inamovibilità e la sua articolazione rispetto ai principi generali del diritto.

156.

Da un lato, la Corte ha costantemente sottolineato che, al fine di assicurare l’indipendenza dei giudici, devono esistere alcune garanzie per proteggere le persone che hanno il compito di pronunciarsi su una controversia, come le garanzie contro la rimozione dalla carica. Il principio di inamovibilità esige, in particolare, che «i giudici possano continuare a esercitare le proprie funzioni finché non abbiano raggiunto l’età obbligatoria per il collocamento a riposo o fino alla scadenza del loro mandato, qualora quest’ultimo abbia una durata determinata» ( 79 ).

157.

Allo stesso tempo, tuttavia, la Corte ha chiarito che l’inamovibilità non è, e non può essere, un principio «assoluto». L’inamovibilità, e più in generale l’indipendenza dei giudici che essa intende garantire, va di pari passo con la responsabilità dei giudici. Infatti, possono esistere eccezioni a tale principio, purché «ciò sia giustificato da motivi legittimi e imperativi, nel rispetto del principio di proporzionalità». Ad esempio, la Corte ha sottolineato che «si ammette comunemente che i giudici possano essere rimossi ove siano inidonei a continuare ad esercitare le loro funzioni a motivo di un’incapacità o di una grave violazione, rispettando a tal fine procedure appropriate» ( 80 ).

158.

Certo, la relazione tra il principio di inamovibilità dei giudici, da un lato, e il principio di indipendenza dei giudici e i diritti a una tutela giurisdizionale effettiva e a un processo equo, dall’altro, solleva alcuni delicati problemi di connessione. Un equilibrio tra questi interessi, che a volte possono spingere in direzioni opposte, deve essere conseguito in ogni specifica circostanza. Tale equilibrio non può essere conseguito astrattamente, come il giudice del rinvio lascerebbe intendere con la sua settima questione.

159.

È tuttavia impossibile ragionevolmente sostenere la posizione prospettata nella domanda di pronuncia pregiudiziale. Questa posizione, infatti, dà luogo a un paradosso: per proteggere l’indipendenza dei giudici bisognerebbe proteggere anche i giudici non indipendenti.

160.

Ciò è insostenibile. In una comunità basata sullo Stato di diritto e nella quale i diritti fondamentali delle persone – come quelli ad una tutela giurisdizionale effettiva e ad un processo equo – devono essere garantiti, è vero proprio il contrario di quanto suggerito dal giudice del rinvio. Si potrebbe anche arrivare a dire che, a tal fine, la «rimovibilità» dei giudici non indipendenti è importante quanto la «inamovibilità» dei giudici indipendenti. Infatti, l’esistenza di giudici subordinati a taluni interessi politici, economici o privati infligge un colpo letale a un sistema giuridico fondato sullo Stato di diritto e a una democrazia basata sulla separazione dei poteri.

161.

Con ciò non sto sostenendo che qualsiasi giudice la cui nomina sollevi questioni di indipendenza debba ipso facto essere rimosso dall’incarico e le sue decisioni debbano essere invalidate. Tuttavia, un sistema giuridico deve essere in grado di imporre il rispetto del principio di indipendenza dei giudici. Questo mi porta al punto finale.

162.

Come si è detto supra, non tutti i vizi di una procedura di nomina giudiziaria danno luogo a problemi di indipendenza. Non vi è alcun automatismo al riguardo ( 81 ). Non vi è automatismo neppure per quanto riguarda le conseguenze che derivano dall’accertamento dell’illegittimità della nomina di una persona alle funzioni di giudice, in particolare quando essa deriva da una violazione del principio di indipendenza. Al contrario, secondo il diritto dell’Unione, si rende necessario individuare una correlazione ragionevole tra le norme o i principi che sono stati violati, la gravità della violazione commessa, e la natura e portata dei rimedi disponibili (e, se necessario, le sanzioni imposte agli autori), alla luce dei fatti e delle circostanze del caso ( 82 ).

163.

I principi generali del diritto dell’Unione quali, tra l’altro, la proporzionalità, la certezza del diritto, il rispetto dell’autorità del giudicato e l’equità del procedimento non saranno certamente estranei alla valutazione se i mezzi di ricorso nazionali in questo settore garantiscano il rispetto e l’efficacia del diritto dell’Unione.

164.

Pertanto, non ravviso alcuna tensione tra l’eventuale constatazione che la nomina di un giudice era inficiata da un vizio di procedura (anche se detto vizio è tale da suscitare, nei singoli, dubbi in merito alla sua indipendenza) e il principio di inamovibilità dei giudici.

V. Conclusione

165.

Propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta dal Sąd Najwyższy (Corte Suprema, Polonia) nel modo seguente:

Al fine di valutare il rispetto del principio di indipendenza dei giudici, sancito all’articolo 19, paragrafo 1, TUE e all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, un giudice nazionale deve prendere in considerazione il complesso degli elementi rilevanti e tener conto, se del caso, dei motivi e degli obiettivi specifici delle misure nazionali che possono essere applicabili alla situazione. In tale contesto, possono rilevare sia elementi formali e istituzionali sia elementi più concreti e specifici della fattispecie, a seconda delle specificità del caso di cui trattasi e della disposizione o delle disposizioni dell’Unione eventualmente applicabili. La rilevanza di tali elementi non deve essere valutata di per sé o isolatamente, ma congiuntamente, alla luce del più ampio panorama giuridico e istituzionale;

Le circostanze di cui alle questioni da 1 a 5 non sono tali da mettere in dubbio l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici nazionali ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali;

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali deve essere interpretato nel senso che esso impone ai giudici nazionali di verificare se un’irregolarità che vizia la procedura di nomina di un giudice abbia potuto comportare una violazione dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione. Qualora sorga al riguardo un dubbio serio e concreto, la suddetta questione deve essere sollevata d’ufficio. Il principio dell’inamovibilità dei giudici non impedisce ai giudici nazionali di effettuare tale verifica.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Tůma, Z., «Soudce nelze novelizovat» [I giudici non si possono modificare], in: Kokeš, M., and Pospíšil, I., (a cura di), In dubio pro libertate: Úvahy nad ústavními hodnotami a právem. Pocta Elišce Wagnerové u příležitosti životního jubilea, Masarykova Univerzita, Brno, 2009, pag. 247.

( 3 ) GU 1993, L 95, pag. 29.

( 4 ) Sentenza del 20 giugno 2017, K 5/17, OTK-A 2017.

( 5 ) Matteo 7:12 – «Tutte le cose adunque, che voi vorrete che gli uomini vi facciano, fatele altresì voi a loro» (Bibbia di Re Giacomo) o, in una traduzione più moderna, «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Tuttavia, la stessa «regola d’oro» di comportamento è considerata anche un insegnamento basilare di numerose altre religioni.

( 6 ) Come, nella fattispecie, l’articolo 7 della direttiva 93/13, citato al paragrafo 9 delle presenti conclusioni.

( 7 ) Con alcuni regimi di diritto derivato applicati in via trasversale, vale a dire indipendentemente da qualsiasi normativa settoriale (sostanziale). Benché manifestamente inapplicabile nel caso di specie, v., ad esempio, la decisione della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione (GU 2006, L 354, pag. 56), analizzata in dettaglio nelle conclusioni da me presentate nella causa Asociaţia Forumul Judecătorilor din România e a. (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19 e C‑355/19, EU:C:2020:746, paragrafi da 183 a 225).

( 8 ) V., inter alia, sentenza del 17 luglio 2014, Torresi (C‑58/13 e C‑59/13, EU:C:2014:2088, punti 1718, e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) V. sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punti da 37 a 42), e del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 51).

( 10 ) Conclusioni nelle cause riunite da C‑748/19 a C‑754/19, EU:C:2021:403, paragrafi 161162.

( 11 ) Ibidem, paragrafi da 163 a 169.

( 12 ) Causa C‑487/19, W.Ż., (GU 2019, C 337, pag. 4). Nelle conclusioni presentate in tale causa, l’avvocato generale Tanchev ha concluso che le nomine giudiziarie effettuate dal presidente della Repubblica in violazione della sospensione della procedura di nomina disposta da un’ordinanza del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte amministrativa suprema) costituiscono una violazione palese e intenzionale delle norme nazionali, il che equivale a una flagrante violazione della procedura di nomina dei giudici (EU:C:2021:289, paragrafi da 87 a 89).

( 13 ) Sentenza del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C‑54/96, EU:C:1997:413, punto 23). Più recentemente, v., ad esempio, sentenza del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) V., in tal senso, la recente sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici alla Corte suprema – Ricorsi, (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

( 15 ) V., in tal senso, parere 1/09 (accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti) (EU:C:2011:123, punto 66).

( 16 ) V. altresì conclusioni da me presentate nella causa Pula Parking (C‑551/15, EU:C:2016:825, paragrafi 8586), e conclusioni presentate dall’avvocato generale Wahl nelle cause riunite Torresi (C‑58/13 e C‑59/13, EU:C:2014:265, paragrafo 53).

( 17 ) Già a partire da pronunce quali la sentenza del 30 giugno 1966, Vaassen-Göbbels (61/65, EU:C:1966:39, a pag. 273), non è casuale che la terminologia utilizzata abbia costantemente fatto riferimento a un «organo» («organisme» in francese; «Einrichtung» in tedesco), quale istituzione interessata.

( 18 ) Già, per esempio, sentenza dell’11 giugno 1987, X (14/86, EU:C:1987:275, punti 67), riguardante una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un pretore italiano, in funzione di giudice monocratico, che agiva, in sostanza, in quella fase del procedimento, come giudice istruttore.

( 19 ) Per una panoramica generale, si veda ad esempio Broberg, M., e Fenger, N., Preliminary References to the European Court of Justice, 2a ediz., Oxford University Press, Oxford, 2014, pagg. 61 e 62.

( 20 ) Sentenza del 23 marzo 1982 (102/81, EU:C:1982:107, punti da 7 a 16).

( 21 ) V., ex multis, sentenze del 12 giugno 2014, Ascendi Beiras Litoral e Alta, Auto Estradas das Beiras Litoral e Alta (C‑377/13, EU:C:2014:1754, punto 24), del 17 luglio 2014, Torresi (C‑58/13 e C‑59/13, EU:C:2014:2088, punto 20), e del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme (C‑203/14, EU:C:2015:664, punto 18).

( 22 ) V., in particolare, sentenze del 9 ottobre 2014, TDC (C‑222/13, EU:C:2014:2265, punti da 27 a 38), e del 21 gennaio 2020, Banco de Santander (C‑274/14, EU:C:2020:17, in particolare punto 55).

( 23 ) Conclusioni presentate dall’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa de Coster (C‑17/00, EU:C:2001:366, paragrafo 14).

( 24 ) V., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Torresi (C‑58/13 e C‑59/13, EU:C:2014:2088, punti da 15 a 30), e ordinanza del 23 ottobre 2018, Conseil départemental de l’ordre des chirurgiens-dentistes de la Haute-Garonne (C‑296/18, non pubblicata, EU:C:2018:857, punto 6). Più in generale su questo tema, e con ulteriori riferimenti, v. conclusioni da me presentate nella causa Ministerstwo Sprawiedliwości (C‑55/20, EU:C:2021:500, paragrafi da 31 a 62).

( 25 ) V., tra l’altro, il tedesco («gesetzliche Grundlage der Einrichtung»), lo spagnolo («origen legal»), il francese («origine légale»), l’inglese («legal origin»), il portoghese («origem legal»).

( 26 ) Come la Corte ha recentemente osservato in una causa che ha sollevato, sia pure in un contesto diverso, una questione interpretativa analoga nella sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor (C‑528/15, EU:C:2017:213, punto 31).

( 27 ) Sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, §§ da 229 a 234), come recentemente confermato nella sentenza della Corte EDU del 7 maggio 2021, Xero Flor w Polsce sp. z o. o. v Poland (CE:ECHR:2021:0507JUD000490718, §§ da 243 a 247).

( 28 ) Da ultimo, v., ad esempio, conclusioni presentate dall’avvocato generale Tanchev nella causa W.Ż. (C‑487/19, EU:C:2021:289, paragrafi da 70 a 80).

( 29 ) Paragrafi da 36 a 42 delle presenti conclusioni.

( 30 ) V., più recentemente, sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). Il corsivo è mio.

( 31 ) Sentenza del 4 febbraio 1999, Köllensperger e Atzwanger (C‑103/97 EU:C:1999:52, punto 24). Questa giurisprudenza riflette l’approccio adottato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in materia, v. sentenza del 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo (CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, § 186).

( 32 ) V., tra le altre, sentenza del 24 maggio 2016, MT Højgaard e Züblin (C‑396/14, EU:C:2016:347, punti da 22 a 32).

( 33 ) Sentenza del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 49).

( 34 ) Escludendo così gli organi incaricati dei ricorsi amministrativi dall’adire la Corte in via pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE – v., ad esempio, sentenza del 30 marzo 1993, Corbiau (C‑24/92, EU:C:1993:118, punti da 15 a 17) o del 30 maggio 2002, Schmid (C‑516/99, EU:C:2002:313, punti da 34 a 38).

( 35 ) Sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572, in particolare punti 4355). Si confronti questa causa con cause precedenti – essenzialmente riguardanti la stessa questione – in cui la Corte ha respinto la domanda come irricevibile, ma unicamente perché il giudice di rinvio era, secondo il diritto nazionale, manifestamente incompetente. Benché alcune parti avessero sollevato la questione di imparzialità, la Corte non ha menzionato tale argomento nelle sue ordinanze: v. ordinanze del 6 settembre 2018, Di Girolamo (C‑472/17, non pubblicata, EU:C:2018:684), e del 17 dicembre 2019, Di Girolamo (C‑618/18, non pubblicata, EU:C:2019:1090).

( 36 ) In generale su tale questione, e con riferimenti alla giurisprudenza in materia, v. conclusioni da me presentate nella causa Hochtief Solutions Magyarországi Fióktelepe (C‑620/17, EU:C:2019:340, paragrafi da 59 a 62).

( 37 ) In dettaglio su questioni analoghe sollevate nell’ambito della sentenza del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535), v. conclusioni da me presentate nella causa WB e a., paragrafi da 115 a 120.

( 38 ) Vedi le conclusioni da me presentate nella causa WB e a., paragrafo 154.

( 39 ) Per completezza, ma senza che ciò abbia, a mio avviso, alcuna rilevanza ai fini della decisione della presente causa, si può aggiungere che l’esistenza di irregolarità procedurali nella suddetta procedura di nomina è stata confermata, dopo lo svolgimento dell’udienza nella presente causa, dalle sentenze del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte amministrativa suprema) del 6 maggio 2021, II GOK 2/18, II GOK 3/18, II GOK 5/18, II GOK 6/18 e II GOK 7/18. A causa di tali irregolarità procedurali, detto giudice ha annullato le delibere impugnate della KRS, senza, tuttavia, sfiorare in alcun modo la validità delle decisioni del presidente della Repubblica con cui sono stati nominati i giudici in questione.

( 40 ) Per quanto riguarda i problemi che derivano, con riferimento all’articolo 19, paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta, da questa «alleanza diabolica» di ruoli, v. conclusioni da me presentate nella causa WB e a., in particolare i paragrafi da 178 a 192.

( 41 ) In tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 194 e giurisprudenza ivi citata).

( 42 ) V. sentenza del 24 novembre 2020, Openbaar Ministerie (falso in atti) (C‑510/19, EU:C:2020:953, punto 25 e giurisprudenza citata).

( 43 ) Ibidem, punto 26.

( 44 ) V., in particolare, sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 24), e del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 31).

( 45 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 48).

( 46 ) Ibidem, punti da 49 a 51.

( 47 ) Sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punti 127, da 130 a 134, e giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la «sentenza A.K. e a.»).

( 48 ) A.K. e a., punti 152 e 153.

( 49 ) Cfr. sentenza della Corte EDU del 6 ottobre 2011, Agrokompleks c. Ucraina (CE:ECHR:2011:1006JUD002346503, §136). Più in generale su questo tema, Spano, R., «The rule of law as the lodestar of the European Convention on Human Rights: The Strasbourg Court and the independence of the judiciary», European Law Journal, 2021, pag. 9.

( 50 ) Per una discussione più dettagliata e una categorizzazione dei potenziali scenari, v. le conclusioni da me presentate nella causa Asociaţia Forumul Judecătorilor din România e a. (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19 e C‑355/19, EU:C:2020:746, punti da 240 a 248).

( 51 ) Paragrafi da 36 a 42 delle presenti conclusioni, nonché paragrafi da 163 a 169 delle conclusioni da me presentate nella causa WB e a.

( 52 ) V. con ulteriori riferimenti, le conclusioni da me presentate nella causa E.B. (C‑258/17, EU:C:2018:663, paragrafi da 44 a 48).

( 53 ) Tuttavia, v. sentenza del 15 gennaio 2019, E.B. (C‑258/17, EU:C:2019:17, punti 5455).

( 54 ) Auspicabilmente con l’eccezione della «soluzione» menzionata al paragrafo 1 delle presenti conclusioni.

( 55 ) Il termine «lustrazione» – un neologismo derivante dal latino «lustratio» che significava purificazione mediante sacrificio – è stato ampiamente utilizzato per indicare le misure di giustizia transitoria adottate negli Stati post-comunisti dell’Europa centrale e orientale, al fine di facilitare le riforme istituzionali e amministrative, nonché la trasformazione sociopolitica. Tali misure hanno spesso comportato programmi di screening volti a valutare l’integrità e le capacità dei singoli interessati in determinati settori chiave della pubblica amministrazione (compresi i giudici). V., in generale, Consiglio d’Europa, Assemblea parlamentare, «Measures to dismantle the heritage of former communist totalitarian systems: Guidelines to ensure that lustration laws and similar administrative measures comply with the requirements of a State based on the rule of law» (doc. 7568), 3 giugno 1996; e Horne, C.M., «Transitional justice:Vetting and lustration», in Lawther, C., Moffett, L., and Jacobs, D. (a cura di), Research Handbook on Transitional Justice, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, 2017, pagg. da 424 a 441.

( 56 ) V. Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Copenaghen (21 e 22 giugno 1993). V., attualmente, articolo 49 TUE.

( 57 ) Né, in base alle mie conoscenze, esiste alcun accordo internazionale vincolante in materia, in particolare vincolante per l’Unione europea e/o i suoi Stati membri.

( 58 ) V., tra l’altro, sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 48).

( 59 ) Sentenza della Corte EDU del 21 ottobre 2014, Naidin c. Romania (CE:ECHR:2014:1021JUD003816207, § 51). Cfr. parimenti Nazioni Unite, Rule-Of-Law Tools for Post-Conflict States – Vetting: an operational framework, 2006, pagg. da 3 a 5: che suggerisce che una riforma del personale che miri a escludere dal servizio pubblico le persone con gravi deficit di integrità contribuisce a ristabilire la fiducia civica e a legittimare nuovamente le istituzioni pubbliche.

( 60 ) Sentenza della Corte EDU del 26 settembre 1995, Vogt c. Germania, (CE:ECHR:1995:0926JUD001785191, § 59).

( 61 ) Sentenze della Corte EDU del 24 giugno 2008, Ādamsons c. Lettonia (CE:ECHR:2008:0624JUD000366903, § 116), e del 3 settembre 2015, Sõro c. Estonia (CE:ECHR:2015:0903JUD002258808, §§ 60 e 61). V. altresì Consiglio d’Europa, Assemblea Parlamentare, Risoluzione 1096 del 27 giugno 1996 sulle misure di smantellamento dell’eredità degli ex sistemi totalitari comunisti, pag. 12.

( 62 ) Sentenze della Corte EDU del 14 febbraio 2006, Turek c. Slovacchia (CE:ECHR:2006:0214JUD005798600, § 115); del 24 giugno 2008, Adamsons c. Lettonia (CE:ECHR:2008:0624JUD000366903, § 116); e del 24 aprile 2007, Matyjek c. Polonia (CE:ECHR:2007:0424JUD003818403, § 62).

( 63 ) Sentenze della Corte EDU del 24 giugno 2008, Ādamsons c. Lettonia (CE:ECHR:2008:0624JUD000366903, § 116), e del 21 gennaio 2016, Ivanovski c. ex Repubblica jugoslava di Macedonia (CE:ECHR:2016:0121JUD002990811, § 185). V. altresì dichiarazione della Commissione di Venezia riprodotta in quest’ultima sentenza al § 108, lettera a), secondo la quale «introdurre misure di lustrazione molto tempo dopo l’inizio del processo di democratizzazione di un paese rischia di far sorgere dubbi sulle effettive finalità delle stesse. La vendetta non dovrebbe prevalere sulla protezione della democrazia. Sono pertanto necessari motivi cogenti».

( 64 ) Come altresì prescritto dall’articolo 52, paragrafo 3, della Carta e dall’articolo 6, paragrafo 3, TUE.

( 65 ) Nel senso dei requisiti prescritti dalla giurisprudenza della Corte EDU citata nella nota 63 supra, supponendo che un caso del genere superi anche la fase della finalità legittima e della legalità una volta che dovessero essere analizzate le reali motivazioni di tali misure.

( 66 ) V. supra, paragrafo 19 delle presenti conclusioni.

( 67 ) Fornendo così effettivamente un caso di studio per prendere in considerazione il «complesso delle circostanze rilevanti», come delineato sopra ai paragrafi da 98 a 100 delle presenti conclusioni.

( 68 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232, in particolare i punti da 75 a 82).

( 69 ) Sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, §§ da 244 a 252).

( 70 ) Ibidem, § 246.

( 71 ) Sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punti 8285).

( 72 ) Sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 51).

( 73 ) V. conclusioni da me presentate nella causa WB e a., paragrafi da 171 a 196.

( 74 ) V. sentenza della Corte EDU del 7 maggio 2021, Xero Flor w Polsce sp. z o. o. v Poland, (CE:ECHR:2021:0507JUD000490718), in cui è stato affermato che talune nomine recenti al Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) erano state effettuate in flagrante violazione del diritto interno e che l’illegittima influenza esterna su tale organo esercitata dal potere legislativo ed esecutivo mina l’essenza stessa del diritto a un «tribunale (…) costituito per legge» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU.

( 75 ) Più di recente, e in qualche modo rilevante per il presente procedimento in considerazione delle parti interessate nella fattispecie, v., ad esempio, sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) del 15 aprile 2021, K 20/20, che è giunta alla conclusione che una disposizione della legge sul Mediatore, che prevede che il titolare rimanga in carica, anche dopo la scadenza del suo mandato, fino alla nomina di un nuovo Mediatore, è incostituzionale. Non è facile capire perché una tale disposizione, che assicura legittimamente la continuità istituzionale in diversi organi in Europa, tra cui la Corte di giustizia (v. articolo 5 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea), potrebbe essere concettualmente incostituzionale. Tuttavia, qualsiasi possibile dilemma intellettuale a questo proposito potrebbe risolversi rapidamente se si comprende il contesto, in particolare il motivo per cui una siffatta decisione era necessaria e chi ne aveva bisogno.

( 76 ) V. supra, paragrafi 13 e 88 delle presenti conclusioni.

( 77 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑ II e C‑543/18 RX‑ II, EU:C:2020:232, in particolare punti da 75 82).

( 78 ) Ibidem, punti da 53 a 58. Il corsivo è mio.

( 79 ) V. sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572, in particolare i punti 47 e 48 e giurisprudenza ivi citata).

( 80 ) Ibidem, punto 48.

( 81 ) V. altresì sentenza della Corte EDU del 1 dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418), parere congiunto, in parte coincidente, in parte dissenziente, dei giudici O’Leary, Ravarani, Kucsko-Stadlmayer e Ilievski, in particolare § 53.

( 82 ) In generale su tale correlazione, v. conclusioni da me presentate nella causa An tAire Talmhaíochta Bia agus Mara e a. (C‑64/20, EU:C:2021:14, paragrafi da 34 a 63).