CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 3 settembre 2020 ( 1 )

Causa C‑308/19

Consiliul Concurenţei

contro

Whiteland Import Export SRL

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Concorrenza – Intese – Decisione di un’Autorità nazionale della concorrenza che accerta un’intesa – Termine di prescrizione per l’irrogazione di sanzioni – Tipologie di atti interruttivi – Principio di effettività dell’azione antitrust»

1.

Una disciplina nazionale interpretata nel senso che l’ultimo atto interruttivo della prescrizione dell’azione di enforcement di un’Autorità nazionale di concorrenza sia l’atto formale di avvio dell’indagine relativa ad una pratica anticoncorrenziale, senza che le successive azioni intraprese ai fini di tale indagine rientrino tra gli atti interruttivi della prescrizione, può essere disapplicata dal giudice nazionale perché contraria ai principi di leale collaborazione ed effettività dell’azione antitrust?

2.

La risposta al quesito richiede l’analisi della giurisprudenza della Corte su numerosi principi del diritto dell’Unione di cui va cercato un equo contemperamento: il principio di leale collaborazione tra gli Stati membri e l’Unione, il principio di effettività dell’azione antitrust, il principio di autonomia procedurale degli Stati membri e, trattandosi di una disciplina legislativa di natura lato sensu afflittiva, anche il principio di irretroattività delle disposizioni di legge sostanziali.

I. Quadro giuridico

A.   Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (in prosieguo: «TUE») prevede:

«In virtu' del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati.

Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione.

Gli Stati membri facilitano all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione».

4.

L’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (in prosieguo: «TFUE») prevede che:

«1.   Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel:

a)

fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;

b)

limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)

ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;

d)

applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, cosi' da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;

e)

subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.

2.   Gli accordi o decisioni vietati in virtù del persente articolo, sono nulli di pieno diritto.

3.   Tuttavia le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:

a qualsiasi accordo o categoria di accordi tra imprese,

a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e

a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate

che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, ed evitando di:

a)

imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi,

b)

dare a tali imprese la possibilita' di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi».

5.

L’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 ( 2 ), rubricato «Prescrizione in materia di imposizione di sanzioni» prevede:

«1.   I poteri conferiti alla Commissione in virtù degli articoli 23 e 24 sono soggetti ai termini di prescrizione seguenti:

a)

tre anni per le infrazioni alle disposizioni relative alla richiesta di informazioni o all’esecuzione di accertamenti;

b)

cinque anni per le altre infrazioni.

2.   La prescrizione decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata l’infrazione.

3.   La prescrizione riguardante l’imposizione di ammende o di penalità di mora si interrompe con qualsiasi atto della Commissione o dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione. La prescrizione è interrotta a partire dal giorno in cui l’atto è notificato ad almeno un’impresa, o associazione di imprese, che abbia partecipato all’infrazione. Gli atti interruttivi della prescrizione comprendono in particolare:

a)

le domande scritte di informazioni formulate dalla Commissione o da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro;

b)

i mandati scritti ad eseguire accertamenti rilasciati ai propri agenti dalla Commissione o da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro;

c)

l’avvio di un procedimento da parte della Commissione o di un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro;

d)

la comunicazione degli addebiti mossi dalla Commissione o da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro.

4.   L’interruzione della prescrizione vale nei confronti di tutte le imprese ed associazioni di imprese che abbiano partecipato all’infrazione.

5.   Per effetto dell’interruzione si inizia un nuovo periodo di prescrizione. La prescrizione opera tuttavia al più tardi allo spirare del doppio del termine previsto, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine. Detto termine è prolungato della durata della sospensione in conformità al paragrafo 6.

6.   La prescrizione in materia di imposizione di ammende o di penalità di mora rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso contro la decisione della Commissione».

B.   Diritto nazionale

6.

L’articolo 5, paragrafo 1, e gli articoli 61 e 62 della Legea concurenței n. 21/1996 (legge n. 21/1996 sulla concorrenza), nella versione applicabile al procedimento principale, in vigore alla data della decisione n. 13 del Consiliul Concurenței («Autorità garante della concorrenza, Romania»; in prosieguo: l’«Autorità garante della concorrenza») del 14 aprile 2015, prevedono quanto segue:

«Articolo 5 – (1) Sono vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza sul mercato rumeno o su una parte di esso:

a)

fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni commerciali;

(…)

Articolo 61 – (1) Il diritto dell’Autorità garante della concorrenza di imporre sanzioni amministrative per la violazione delle disposizioni della presente legge è soggetto ai seguenti termini di prescrizione:

a)

tre anni per le infrazioni di cui agli articoli 51 e 52;

b)

cinque anni per le altre violazioni previste dalla presente legge.

(2) Il termine di prescrizione per il diritto di ricorso all’Autorità garante della concorrenza decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. In caso di infrazioni continue o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è terminato l’ultimo atto o comportamento anticoncorrenziale in questione.

Articolo 62 – (1) Qualsiasi azione intrapresa dall’Autorità garante della concorrenza ai fini dell’esame preliminare o dell’avvio di un’indagine in relazione a qualsiasi violazione della legge interrompe i termini di prescrizione previsti dall’articolo 61. L’interruzione della prescrizione ha effetto dal giorno in cui il provvedimento adottato dall’Autorità garante della concorrenza viene comunicato ad almeno un operatore economico o ad un’associazione di operatori economici che hanno partecipato all’infrazione.

(2) Le misure che possono essere adottate dall’Autorità garante della concorrenza e che interrompono il periodo di prescrizione sono principalmente le seguenti:

a)

richieste scritte di informazioni;

b)

la decisione del presidente dell’Autorità garante della concorrenza di avviare un’indagine;

c)

l’avvio di un procedimento giudiziario.

(3) L’interruzione del termine di prescrizione si applica a tutti gli operatori economici o associazioni di operatori economici che hanno partecipato all’infrazione.

(4) In caso di interruzione del termine di prescrizione, un nuovo termine di prescrizione di analoga durata decorre dal giorno in cui l’Autorità garante della concorrenza ha adottato una delle misure di cui al paragrafo 2. La prescrizione scade al più tardi il giorno in cui scade un termine pari al doppio del termine di prescrizione applicabile all’infrazione in questione senza che l’Autorità garante della concorrenza abbia imposto una delle sanzioni previste dalla presente legge».

7.

Le disposizioni degli articoli 61 e 62 della legge n. 21/1996 sulla concorrenza, di cui al punto precedente, modificate il 30 giugno 2015 dal decreto legge n. 31/2015 che modifica e integra la legge n. 21/1996 sulla concorrenza e integra il decreto legge n. 83/2014 relativo alle retribuzioni del personale pagate con fondi pubblici nel 2015 e ad altre misure relative alla spesa pubblica, sono diventate, in seguito a la ripubblicazione della legge, gli articoli 63 e 64, e sono ora formulate come segue:

«Articolo 63 [ex articolo 61] – (1) Il diritto dell’Autorità garante della concorrenza di imporre sanzioni amministrative per la violazione delle disposizioni della presente legge è soggetto ai seguenti termini di prescrizione:

a)

tre anni per le infrazioni di cui agli articoli 53 e 54;

b)

cinque anni per le altre violazioni previste dalla presente legge.

(2) Il termine di prescrizione per il diritto dell’Autorità garante della concorrenza di imporre sanzioni decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. Per le infrazioni continue o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessato l’ultimo atto o comportamento anticoncorrenziale in questione.

Articolo 64 [ex articolo 62] – (1) Qualsiasi azione intrapresa dall’Autorità garante della concorrenza ai fini di un esame preliminare o per il perseguimento di una violazione di legge interrompe i termini di prescrizione previsti dall’articolo 63. L’interruzione della prescrizione ha effetto dal giorno in cui il provvedimento adottato dall’Autorità garante della concorrenza viene comunicato ad almeno un operatore economico o ad un’associazione di operatori economici che hanno partecipato all’infrazione.

(2) Le misure che possono essere adottate dall’Autorità garante della concorrenza che interrompono il periodo di prescrizione includono principalmente le seguenti:

a)

richieste scritte di informazioni;

b)

la decisione del presidente dell’Autorità garante della concorrenza di avviare un’indagine;

c)

l’esecuzione di ispezioni;

d)

la comunicazione del rapporto d’indagine.

(3) L’interruzione del termine di prescrizione si applica a tutti gli operatori economici o associazioni di operatori economici che hanno partecipato all’infrazione.

(4) In caso di interruzione del termine di prescrizione, un nuovo termine di prescrizione di analoga durata decorre dal giorno in cui l’Autorità garante della concorrenza ha adottato una delle misure di cui al paragrafo 2. La prescrizione scade al più tardi il giorno in cui scade un termine pari al doppio del termine di prescrizione applicabile all’infrazione in questione senza che l’Autorità garante della concorrenza abbia imposto una delle sanzioni previste dalla presente legge.

(5) Il termine di prescrizione per l’imposizione di sanzioni è sospeso per tutto il tempo in cui la decisione dell’Autorità garante della concorrenza è oggetto di un procedimento pendente davanti ad un tribunale».

II. Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale

8.

Il 7 settembre 2009 l’Autorità garante della concorrenza ha avviato d’ufficio una serie di indagini nei confronti di numerose imprese che vendono al dettaglio prodotti alimentari, tra cui la Metro Cash & Carry România SRL (in prosieguo: «Metro»), e dei loro fornitori, tra cui la ricorrente in via principale Whiteland Import Export SRL (in prosieguo: «Whiteland»), al fine di accertare eventuali violazioni al diritto della concorrenza.

9.

Il 12 agosto 2014 l’Autorità garante della concorrenza ha notificato la relazione d’indagine a Whiteland e il 23 ottobre 2014 si sono svolte le audizioni dinanzi all’Autorità in seduta plenaria.

10.

Le deliberazioni dell’Autorità garante della concorrenza sono state assunte il 9 dicembre 2014, data in cui è stato redatto il verbale della decisione che constata la violazione del diritto della concorrenza da parte di Metro e 13 dei suoi fornitori, tra cui Whiteland.

11.

Con decisione n. 13 del 14 aprile 2015, l’Autorità garante della concorrenza ha constatato che Metro e i suoi fornitori, compresa Whiteland, hanno violato l’articolo 5, paragrafo 1, della legge n. 21/1996 sulla concorrenza e l’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, concludendo accordi anticoncorrenziali volti a falsare e a ostacolare la concorrenza sul mercato, fissando il prezzo di vendita e di rivendita dei prodotti dei fornitori e in tale occasione ha condannato Whiteland ad un’ammenda.

12.

Più nel dettaglio, per quanto riguarda il rapporto tra Metro e Whiteland, l’Autorità garante della concorrenza ha constatato l’esistenza di un insieme di accordi verticali volti a limitare la concorrenza sul mercato della vendita al dettaglio di prodotti alimentari. Tali accordi limitano la libertà dell’acquirente (dettagliante), da un lato, e del fornitore, dall’altro, di determinare la loro politica dei prezzi. La limitazione dei prezzi di vendita e di rivendita è stata effettuata, tra il 2006 e il 2009, attraverso diversi documenti contrattuali stipulati tra Whiteland, in qualità di fornitore, e il rivenditore Metro, nonché attraverso contratti e offerte promozionali.

13.

In conformità all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), della legge n. 21/1996 sulla concorrenza, Whiteland è stata condannata, per violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della legge n. 21/1996 sulla concorrenza e dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, a un’ammenda di 2324,484 lei (RON), pari allo 0,55% del suo fatturato nel 2013.

14.

Con domanda iscritta nel registro della Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania; in prosieguo: la «Corte d’appello»), Whiteland ha chiesto l’annullamento parziale della decisione n. 13 del 14 aprile 2015, nella parte che la riguarda, oltre all’esenzione dalla sanzione, invocando l’intervenuta prescrizione del potere dell’Autorità garante della concorrenza d’irrogare qualsivoglia sanzione amministrativa per violazione delle norme relative al diritto della concorrenza, essendo già spirato il termine di prescrizione quinquennale di cui all’articolo 61, paragrafo 1, lettera b), della legge n. 21/1996 sulla concorrenza.

15.

Con sentenza n. 92 del 19 gennaio 2016, l’Ottava Sezione per il contenzioso amministrativo e fiscale della Corte d’appello ha accolto il ricorso proposto da Whiteland e conseguentemente ha annullato la decisione n. 13 del 14 aprile 2015 nella parte che riguarda quest’ultima, in virtù dell’intervenuta prescrizione del diritto dell’Autorità garante della concorrenza di infliggere la sanzione amministrativa alla ricorrente.

16.

La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto che, conformemente al regime della prescrizione del diritto dell’Autorità garante della concorrenza di imporre sanzioni amministrative disciplinato dagli articoli 61 e 62 della legge n. 21/1996 sulla concorrenza, l’ultimo atto dell’Autorità garante della concorrenza che poteva interrompere il decorso della prescrizione fosse la decisione di avviare l’indagine adottata dalla stessa Autorità.

17.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha ritenuto che il comportamento anticoncorrenziale fosse di natura continuativa e che l’ultimo atto anticoncorrenziale contestato a Whiteland avesse avuto luogo il 15 luglio 2009, data in cui è iniziato a decorrere il periodo di prescrizione di cinque anni previsto dall’articolo 61, paragrafo 1, lettera b), della legge n. 21/1996 sulla concorrenza. L’Autorità garante della concorrenza ha poi adottato la decisione di avviare l’indagine il 7 settembre 2009, decisione che ha interrotto il termine di prescrizione, cosicché a tale data è iniziato a decorrere un nuovo termine di prescrizione di cinque anni.

18.

Poiché la Corte d’appello, adottando un’interpretazione restrittiva della legge n. 21/1996 sulla concorrenza, ha ritenuto che la decisione di avviare l’indagine fosse l’ultimo atto dell’Autorità garante della concorrenza idoneo a interrompere il termine di prescrizione, ha concluso che il suddetto termine era scaduto il 7 settembre 2014, ossia a una data precedente sia alle successive deliberazioni in materia dell’Autorità garante della concorrenza (che hanno avuto luogo il 9 dicembre 2014) sia all’adozione della decisione n. 13 del 14 aprile 2015.

19.

L’Autorità garante della concorrenza ha presentato ricorso contro la sentenza n. 92 del 19 gennaio 2016 della Corte d’appello, oggetto del procedimento in via principale pendente dinanzi alla Înalta Curte de Casație și Justiție – Secția de contencios administrativ și fiscal (Alta corte di cassazione e di giustizia – sezione del contenzioso amministrativo e tributario, Romania; in prosieguo: l’«Alta Corte»).

20.

Essa afferma, in primo luogo, che la corretta interpretazione delle disposizioni vigenti sia quella secondo cui il termine di prescrizione possa essere interrotto da qualsiasi atto procedurale destinato alla repressione dell’infrazione, e non quella restrittiva sostenuta dalla Corte d’appello secondo cui la decisione di avvio di un’indagine costituisce l’ultimo atto idoneo a interrompere il termine di prescrizione.

21.

In secondo luogo, l’Autorità garante della concorrenza ha affermato che l’interpretazione secondo cui la decisione di avviare l’indagine è l’ultimo atto che interrompe il periodo di prescrizione condurrebbe ad un’applicazione non uniforme delle pertinenti disposizioni nazionali ed europee in materia.

22.

Se, infatti, l’Autorità garante della concorrenza non avesse avviato, nel caso in esame, un’indagine anche in relazione alla possibile violazione dell’articolo 101 del TFUE, e se la Commissione stessa avesse invece indagato su questo punto, gli atti interruttivi della prescrizione sarebbero stati individuati conformemente all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, secondo il quale gli atti che interrompono la prescrizione sono tutti quelli relativi alla repressione dell’infrazione.

23.

Nel procedimento pendente dinanzi all’Alta Corte, l’Autorità garante della concorrenza ha chiesto di proporre un rinvio pregiudiziale per accertare se le disposizioni del diritto dell’Unione (vale a dire l’articolo 4, paragrafo 3, TUE e l’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003) ostino a che le norme di diritto nazionale siano interpretate nel senso che l’atto formale di avvio del procedimento di indagine su una pratica anticoncorrenziale sia l’ultimo atto che può interrompere la prescrizione e che dunque i successivi provvedimenti adottati dall’Autorità garante della concorrenza ai fini dell’indagine non rientrino nella categoria degli atti interruttivi del termine di prescrizione, anche se tali norme siano tali da rendere impossibile all’Autorità garante della concorrenza l’applicazione effettiva dell’articolo 101 TFUE.

24.

Il giudice del rinvio si domanda, infatti, se una tale interpretazione restrittiva della legge nazionale n. 21/1996 sulla concorrenza, adottata nel caso di specie dalla Corte d’Appello, non conduca ad un’applicazone non uniforme delle disposizioni pertinenti in materia di diritto della concorrenza.

25.

Egli rileva che secondo una corrente giurisprudenziale nazionale, l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 riguarda unicamente il potere della Commissione di irrogare sanzioni per asserite violazioni alle regole del diritto della concorrenza del diritto dell’Unione, non essendo, invece, tale disposizione applicabile all’Autorità garante della concorrenza. Ciò nonostante, l’Alta Corte rileva l’esistenza di un’ulteriore corrente giurisprudenziale secondo la quale deve esistere una corrispondenza tra l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 e le norme di diritto nazionale relative alla prescrizione, essendo necessario stabilire una coerenza tra le norme del diritto dell’Unione e le norme di diritto nazionale, in particolare ove queste ultime abbiano l’obiettivo di trasporre il contenuto del diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

26.

In tali circostanze, l’Alta Corte ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4, paragrafo 3, TUE e l’articolo 101 TFUE debbano essere interpretati nel senso che impongono alle autorità giurisdizionali degli Stati membri l’obbligo di interpretare le norme nazionali che disciplinano la prescrizione del diritto dell’Autorità garante della concorrenza di irrogare sanzioni amministrative conformemente alla disciplina prevista dall’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 ed ostano all’interpretazione di una norma di diritto interno nel senso che per atto interruttivo della prescrizione si intende soltanto l’atto formale di avvio dell’indagine relativa ad una pratica anticoncorrenziale, senza che le successive azioni intraprese ai fini di tale indagine rientrino nel medesimo ambito degli atti interruttivi della prescrizione».

III. Analisi giuridica

A.   Osservazioni preliminari

1. La domanda pregiudiziale e le questioni giuridiche poste

27.

A fini di chiarezza espositiva è utile, anche all’interno dell’analisi giuridica, richiamare alcuni dati fattuali per ben comprendere le questioni giuridiche alla base della domanda pregiudiziale posta dal giudice del rinvio.

28.

La disposizione nazionale vigente al tempo del giudizio principale (articolo 62 della legge sulla concorrenza rumena), premesso che «qualsiasi azione intrapresa dall’Autorità garante della concorrenza ai fini dell’esame preliminare o dell’avvio di un’indagine ( 3 ) in relazione a qualsiasi violazione della legge interrompe i termini di prescrizione», afferma che gli atti che possono interrompere il periodo di prescrizione includono «principalmente»: a) richieste scritte di informazioni; b) la decisione del presidente dell’Autorità garante della concorrenza di avviare un’indagine; c) l’avvio di un procedimento giudiziario ( 4 ).

29.

L’interpretazione di questa disposizione da parte della Corte d’appello (poi impugnata davanti al giudice del rinvio) è stata nel senso che, nel caso di specie, l’ultimo atto in grado di interrompere la prescrizione sarebbe stata la decisione del Presidente dell’Autorità garante della concorrenza di avviare l’indagine e, pertanto, alla data della decisione definitiva, la prescrizione sarebbe decorsa con la conseguente nullità della sanzione irrogata da parte dell’Autorità stessa.

30.

Il giudice del rinvio (l’Alta Corte rumena), adito dall’Autorità garante della concorrenza, nutre dei dubbi sulla corretta interpretazione della norma interna offerta dalla Corte d’Appello e chiede, in sostanza, alla Corte: 1) se l’articolo 4, n. 3, TUE e l’articolo 101 TFUE obblighino le autorità giudiziarie nazionali ad interpretare la normativa nazionale che stabilisce le norme relative alla prescrizione del diritto di irrogare sanzioni amministrative in conformità all’articolo 25, n. 3, del regolamento n. 1/2003; 2) se l’interpretazione restrittiva di una norma come l’articolo 62 citato, secondo cui l’ultimo atto che può interrompere la prescrizione è la formale apertura del procedimento di indagine dal parte del Presidente dell’Autorità della concorrenza, possa avere l’effetto di pregiudicare l’effettiva applicazione dell’articolo 101 TFUE, violando così il principio di effettività come limite all’autonomia procedurale degli Stati membri e il principio di leale collaborazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

31.

La questione giuridica da risolvere consiste, pertanto, nell’individuazione dei limiti per gli Stati membri a disciplinare la prescrizione degli atti posti in essere dalle Autorità nazionali di concorrenza, in particolare per ciò che attiene alla tipologia di atti interruttivi della prescrizione stessa.

32.

Il riferimento contenuto nella domanda pregiudiziale all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, se interpretato (come sembra da alcune parti del giudizio) nel senso di una diretta applicazione al caso odierno, è fuorviante per la soluzione della questione giuridica.

33.

Esso, infatti, prevede che il potere conferito alla Commissione ai sensi degli articoli 23 e 24 del regolamento stesso è soggetto a determinati termini di prescrizione e a determinate norme che ne disciplinano la scadenza come la condizione, prevista al paragrafo 3, che la prescrizione per l’imposizione di ammende o penalità di mora sia interrotta da «qualsiasi atto della Commissione o di un’Autorità garante della concorrenza di uno Stato membro relativo all’indagine o al perseguimento dell’infrazione».

34.

Dalla formulazione dell’articolo 25 risulta chiaro che questa disposizione si applica solo all’esercizio dei poteri conferiti alla Commissione dal regolamento n. 1/2003 e non all’esercizio dei poteri conferiti alle Autorità nazionali garanti della concorrenza.

35.

Ritengo, pertanto, che non abbia alcun rilievo la circostanza evocata da alcune delle parti che il legislatore rumeno, al momento dell’entrata in vigore della legge sulla concorrenza, si sarebbe ispirato nella redazione della norma al succitato articolo 25 del regolamento n. 1/2003.

36.

Come anche rilevato dalla Commissione ( 5 ) il testo dell’articolo 62 della legge sulla concorrenza è differente da quello dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003. Non si può dunque sostenere che il legislatore rumeno abbia riprodotto testualmente quanto contenuto nel suddetto articolo 25 né che esso possa avere diretta applicazione nei confronti degli atti posti in essere dall’Autorità nazionale di concorrenza.

37.

Da ciò discende che la soluzione della questione posta dal giudice del rinvio non può dipendere dall’applicazione del succitato articolo 25 ma dall’interpretazione del suddetto articolo 62 della legge sulla concorrenza alla luce del contemperamento di diversi principi del diritto dell’Unione ( 6 ): il principio di autonomia procedurale degli Stati membri in assenza di una disciplina armonizzata, il principio di effettività dell’azione di enforcement antitrust, il principio di leale collaborazione tra gli Stati membri e l’Unione e il principio di irretroattività delle disposizioni di legge sostanziali aventi natura afflittiva.

2. Il diritto applicabile e le modifiche successivamente intervenute

38.

Prima di passare all’analisi dei principi sopra menzionati, occorre ricordare, in via preliminare, che la questione oggi sottoposta alla Corte ha perso nel diritto nazionale di provenienza utilità pratica per il futuro.

39.

Il legislatore nazionale ha, infatti, modificato il sopra citato articolo 62, uniformandolo alle disposizioni contenute nell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 ( 7 ) e, dunque, prevedendo cause interruttive della prescrizione ulteriori e successive rispetto all’apertura dell’indagine ( 8 ).

40.

La disposizione previgente resta però applicabile, ratione temporis, alla causa intentata da Whiteland dinanzi al giudice nazionale e, pertanto, la Corte dovrà offrire al giudice del rinvio i criteri per risolverla alla luce della corretta interpretazione del diritto dell’Unione.

41.

A mio avviso, le modifiche intervenute sono del tutto neutre rispetto alla soluzione del caso odierno: la valutazione che spetta alla Corte è limitata, infatti, alla compatibilità di un’interpretazione (come quella delineata dal giudice del rinvio e adottata dalla Corte d’appello) della norma nazionale vigente al tempo dei fatti con il diritto dell’Unione.

42.

Va dato conto, infine, che la direttiva n. 2019/1 ( 9 ) contiene, all’articolo 29, alcune norme sui termini di prescrizione per l’imposizione di ammende da parte delle Autorità nazionali garanti della concorrenza che non riguardano, però, i profili oggetto del presente giudizio ( 10 ).

43.

Pare confermata, pertanto, la volontà del legislatore dell’Unione di non disciplinare direttamente il profilo relativo alla durata dei termini di prescrizione e la tipologia di atti interruttivi della prescrizione stessa con riferimento ai provvedimenti posti in essere dalle Autorità nazionali di concorrenza.

B.   Principio di autonomia procedurale degli Stati Membri e principio di effettività dell’azione antitrust

44.

Nel caso che ci occupa, esclusa la diretta applicabilità dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, occorre procedere al bilanciamento di alcuni principi generali del diritto dell’Unione, su cui la Corte si è già pronunciata in più occasioni.

45.

Nel valutare, se una disposizione normativa come quella rumena vigente al tempo dei fatti (interpretata restrittivamente come ha fatto la Corte d’appello) sia compatibile col diritto dell’Unione, occorre partire dall’assunto che l’azione antitrust deve essere effettiva sia quando è nella responsabilità della Commissione che quando è nella responsabilità delle Autorità nazionali di concorrenza.

46.

Gli Stati membri, infatti, «designano l’autorità o le autorità garanti della concorrenza responsabili dell’applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE affinché sia garantito l’effettivo rispetto delle disposizioni del regolamento stesso. Le autorità così designate devono, conformemente a quest’ultimo, garantire l’efficace applicazione di detti articoli nell’interesse generale (v. i “considerando” quinto, sesto, ottavo, trentaquattresimo e trentacinquesimo del regolamento)» ( 11 ).

47.

È vero che «conformemente al principio dell’autonomia procedurale nazionale, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione» ( 12 ) e che «qualora il diritto comunitario, ivi compresi i principi generali dello stesso, non contenga in proposito norme comuni, le autorita' nazionali, per attuare la normativa comunitaria, agiscono applicando i criteri di forma e di sostanza del loro diritto nazionale» ( 13 ).

48.

Tale principio, tuttavia, sempre nelle parole di un risalente insegnamento della Corte, «va contemperato con l’esigenza di uniforme applicazione del diritto comunitario, onde evitare disparita' di trattamento fra gli operatori economici» ( 14 ).

49.

Ciò significa che, come limpidamente chiarito in successivi interventi della Corte, la discrezionalità degli Stati membri è vincolata al rispetto dei principi dell’Unione ( 15 ) e, in particolare al principio di effettività. Le disposizioni nazionali non devono essere tali da «rendere impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione del diritto dell’Unione» ( 16 ).

50.

Quanto sopra esposto vale in particolare nel settore della concorrenza. La modernizzazione delle regole e delle procedure relative all’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, operata dal regolamento n. 1/2003, si fonda, infatti, sul disegno di un sistema decentrato di applicazione delle norme antitrust europee, nell’ambito del quale agiscono la Commissione europea, le Autorità nazionali di concorrenza e i Giudici degli Stati membri, in stretto raccordo. Questi soggetti sono stati dotati di nuovi poteri rispetto al regime previgente, in modo da favorire una maggiore efficienza dell’enforcement a livello europeo, salvaguardandone al contempo coerenza e uniformità.

51.

Un sistema decentrato così costruito, nel quale le Autorità nazionali applicano direttamente il diritto dell’Unione, richiede che, pur nel rispetto dell’autonomia procedurale degli Stati membri, le regole dettate per l’enforcement antitrust siano tali da non creare ostacolo a un’uniforme, effettiva applicazione del diritto antitrust.

52.

Gli Stati membri, pertanto, «devono assicurarsi che le norme che adottano o applicano non pregiudichino l’effettiva applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE» ( 17 ) e che «le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali proposti contro le decisioni delle autorità garanti della concorrenza» non pregiudichino la finalità del regolamento n. 1 del 2003 che è quella di «garantire l’efficace applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE da parte delle autorità di cui trattasi» ( 18 ).

53.

Con particolare riferimento alla prescrizione, recentemente è stato sottoposto alla Corte un caso riguardante il diritto all’azione per il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza.

54.

Il diritto dello Stato membro limitava a tre anni il termine di prescrizione, che iniziava a decorrere indipendentemente dal fatto che alla persona lesa fossero o meno note l’identità del responsabile e l’entità complessiva dei danni, e non prevedeva alcuna sospensione o interruzione della prescrizione nella pendenza di un procedimento dinanzi all’Autorità nazionale della concorrenza.

55.

La Corte ha in quell’occasione dichiarato che «l’articolo 102 TFUE e il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale la quale, da un lato, prevede che il termine di prescrizione in materia di azioni per il risarcimento del danno sia di tre anni e inizi a decorrere dalla data in cui la persona lesa è venuta a conoscenza del suo diritto al risarcimento, anche se l’autore della violazione non è noto e, dall’altro, non prevede alcuna possibilità di sospensione o interruzione di tale termine durante un procedimento dinanzi ad un’autorità nazionale garante della concorrenza» ( 19 ).

56.

La Corte ha anche ribadito il principio che «una normativa nazionale che stabilisce la data a partire dalla quale inizia a decorrere il termine di prescrizione, la durata e le condizioni di sospensione o interruzione dello stesso deve essere adattata alle specificità del diritto della concorrenza» ( 20 ) che richiede «di norma una complessa analisi fattuale ed economica» ( 21 ).

57.

Questi principi, affermati dalla Corte in relazione a un caso di azione dei privati per ottenere ristoro di un danno subito a causa di una condotta anticoncorrenziale (cosiddetto private enforcement), sono a mio avviso applicabili anche al caso odierno, nel quale l’azione soggetta a prescrizione è quella di un’Autorità nazionale di concorrenza (cosiddetto public enforcement).

58.

Ciò in ragione del fatto che il private enforcement, vero «secondo pilastro» ( 22 ) accanto al public enforcement, è ormai divenuto «un elemento insostituibile del sistema decentralizzato di attuazione della normativa in materia di intese introdotto dal regolamento n. 1/2003» ( 23 ). Le azioni di risarcimento danni per violazione delle regole di concorrenza dell’Unione costituiscono cioè «parte integrante del sistema di applicazione di tali regole, che mira a contrastare i comportamenti anticoncorrenziali delle imprese e a dissuaderle dall’adottare tali comportamenti» ( 24 ).

59.

Il regolamento n. 1/2003 già evidenziava il rapporto di complementarietà tra public e private enforcement che caratterizza il modello europeo ( 25 ): al primo, grazie agli incisivi poteri d’indagine e sanzionatori attribuiti alle autorità competenti, è affidata in via principale la funzione di repressione e deterrenza degli illeciti anticoncorrenziali; al secondo, è affidato il compito di assicurare la tutela dei diritti e il ristoro del pregiudizio sofferto dalle vittime dell’illecito. Le più recenti direttive ( 26 ) in materia ribadiscono questa impostazione, aggiungendo tuttavia elementi che sembrano spingere verso una sempre maggiore complementarietà.

60.

Più che guardare a due sistemi concorrenti di enforcement, è opportuno ragionare in termini di un unico sistema, trattandosi di due modalità per raggiungere lo stesso risultato ( 27 ). Il coordinamento tra tali modalità di enforcement si pone l’obiettivo di stimolare una interazione virtuosa, in modo da perseguire lo scopo comune dell’applicazione effettiva del diritto della concorrenza ( 28 ).

61.

L’esperienza concreta insegna poi che, non solo le azioni civili di risarcimento del danno possono rappresentare una concreta occasione per portare davanti al giudice potenziali fattispecie antitrust che altrimenti rimarrebbero senza tutela ( 29 ), ma anche che il diritto di chiunque di richiedere il risarcimento del danno derivante da una condotta anticompetitiva «rafforza (…) il carattere operativo delle regole di concorrenza dell’Unione (…) contribuendo in tal modo al mantenimento di un’effettiva concorrenza nell’Unione europea» ( 30 ).

62.

In ragione di questa stretta complementarietà tra private e public enforcement ( 31 ), entrambi funzionali al perseguimento dell’interesse pubblico a un’effettiva e libera concorrenza nel mercato unico, ritengo che i principi sopra espressi dalla Corte nella citata sentenza Cogeco possano trovare applicazione anche al caso oggetto del presente giudizio.

63.

Il principio di effettività richiede, pertanto, che «le disposizioni nazionali non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione» ( 32 ).

64.

Ciò in particolare in materia di concorrenza ( 33 ), in ragione del sopra descritto sistema decentrato di enforcement, anche tenuto conto del fatto che «una valutazione giuridica corretta delle violazioni delle regole di concorrenza esige, in numerosi casi, la valutazione di complesse situazioni economiche, nonché di documenti aziendali interni che non di rado vengono alla luce soltanto grazie al lavoro delle autorità garanti della concorrenza» ( 34 ).

65.

In tema di prescrizione, pertanto, le regole dettate dai singoli Stati membri devono consentire un’efficace azione antitrust anche nei casi di maggiore complessità.

66.

Analizzando il caso oggi sottoposto alla Corte, emergono una serie di indizi che possono condurre a ritenere non conforme con il principio di effettività l’interpretazione della norma nazionale da parte della Corte d’Appello: l’esclusione assoluta della possibilità di atti interruttivi della prescrizione successivi all’apertura dell’indagine, inidonea a tenere conto delle vicende procedimentali successive all’apertura stessa, nonché la conseguente eccessiva riduzione dell’operatività del termine di prescrizione assoluto di dieci anni, pure previsto dalle medesime norme.

67.

Non è l’estensione del termine di prescrizione in sé, né la specifica casistica degli atti interruttivi ad apparire in violazione del diritto dell’Unione in un caso come quello che ci occupa, ma l’irragionevole rigidità dell’interpretazione restrittiva offerta che non consentirebbe l’interruzione della prescrizione anche in casi particolarmente complessi.

68.

Una tale interpretazione poi priverebbe quasi di significato il termine assoluto di dieci anni, pure previsto dalla medesima legislazione in aggiunta a quello «ordinario» di cinque anni: se nessun atto a seguito dell’apertura ufficiale del procedimento può interrompere la prescrizione, raramente si potranno superare i cinque anni previsti dal termine di prescrizione relativo e comunque, al più, si potranno superare solo di quel breve lasso di tempo che intercorre tra l’avvenuta conoscenza del possibile illecito concorrenziale e l’apertura del procedimento.

69.

È vero che prima dell’apertura del procedimento da parte del Collegio dell’Autorità vi è un’attività preistruttoria svolta dalla Direzione competente ma in tale periodo non si possono svolgere molti atti rilevanti ai fini del procedimento come, ad esempio, le ispezioni e comunque non si verificano di norma tutti quegli eventi procedimentali tipici di un contradditorio pienamente realizzato.

70.

Gli Stati membri possono pertanto prevedere termini e modalità di prescrizione differenti rispetto a quelli previsti per la Commissione dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, ma a condizione che essi consentano un esercizio dell’attività di enforcement adeguato alla complessità dell’analisi giuridica ed economica dei casi sottoposti alle Autorità nazionali di concorrenza. Deve così intendersi, a mio avviso, nella materia della concorrenza, l’espressione «non rendere eccessivamente difficile l’attuazione del diritto dell’Unione» utilizzata in più occasioni dalla Corte.

71.

A tal fine, più che la durata assoluta del termine di prescrizione, che non deve essere eccessiva per evitare l’effetto opposto di una poco tempestiva azione antitrust, sono gli atti interruttivi della prescrizione a svolgere un ruolo cruciale, consentendo di modulare la durata dei procedimenti all’effettiva complessità del caso.

72.

Ne consegue che una disposizione normativa come quella rumena deve essere interpretata dai giudici nazionali, pur nel rispetto dell’autonomia procedurale degli Stati membri, tenendo presente: a) l’intero apparato di regole sulla prescrizione vigente e non atomisticamente singole disposizioni ( 35 ); b) la complessità media dei casi trattati dall’Autorità nazionale di concorrenza e i tempi necessari per un’adeguata analisi giuridico-economica. A tal fine, come suggerito dalla Commissione nelle osservazioni scritte ( 36 ), potrebbe farsi ricorso al test suggerito dalla Corte nel caso «Taricco 1» ( 37 ).

73.

Applicando quel test al caso oggetto dell’odierno giudizio, il giudice nazionale dovrebbe verificare se, dall’applicazione delle disposizioni nazionali in materia di interruzione della prescrizione, come interpretate dalla Corte d’appello, consegue, in un numero considerevole di casi, l’impunità di imprese che hanno posto in essere gravi illeciti antitrust, perché tali fatti risulterebbero generalmente prescritti prima che la sanzione antitrust prevista dalla legge possa essere inflitta. In caso di verifica positiva, il giudice nazionale dovrebbe constatare che le misure previste dal diritto nazionale per combattere gli illeciti antitrust non possono essere considerate effettive e dissuasive, il che sarebbe in contrasto con l’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

74.

Si potrebbe tener conto, non solo del numero effettivo di casi di impunità, risultanti dal decorso del termine di prescrizione rispetto al numero totale di casi esaminati dalla rispettiva Autorità nazionale della concorrenza, ma anche del fatto che, ad esempio, alcuni tipi di violazione del diritto della concorrenza resterebbero sistematicamente impuniti ( 38 ) in seguito all’applicazione delle disposizioni nazionali sull’interruzione del termine di prescrizione.

75.

Osservo, infine, che, nell’ottica di una valutazione degli effetti dell’eventuale intervenuta prescrizione dell’azione di enforcement dell’Autorità nazionale di concorrenza, potrebbero essere oggetto di analisi da parte del giudice nazionale anche gli interessi di terzi che, dall’annullamento per prescrizione della decisione dell’Autorità nazionale di concorrenza subirebbero un pregiudizio che, seppure ancora non attuale, può essere considerato come rilevante.

76.

Mi riferisco, in particolare, ai consumatori che, avendo subito un pregiudizio dalla condotta anticompetitiva delle imprese sanzionate, attendano la conferma in giudizio della decisione dell’Autorità per poter procedere alle azioni di risarcimento del danno follow on.

77.

Questo, a mio avviso, rappresenterebbe un’ulteriore conferma di quanto ho argomentato nei punti che precedono ( 39 ) sulla complementarietà del public e del private enforcement, entrambi funzionali al perseguimento dell’interesse pubblico a un’effettiva e libera concorrenza nel mercato unico.

78.

Tale ulteriore valutazione presuppone la ricorrenza di determinate condizioni che possano far entrare nella valutazione complessiva del giudice nazionale anche l’interesse dei consumatori: a) la decisione dell’Autorità nazionale di concorrenza non deve a un primo esame apparire illegittima per profili diversi da quelli relativi alla prescrizione; b) la decisione impugnata dell’Autorità nazionale della concorrenza deve avere un contenuto astrattamente idoneo a fondare azioni follow on da parte di un consistente numero di consumatori che hanno subito un danno da una condotta illecita delle imprese sanzionate.

79.

A seguito degli accertamenti sopra descritti compete, a mio avviso, al giudice nazionale un’ultima valutazione: quella sulla conformità della disposizione nazionale non al testo ma allo «spirito» del complesso delle regole del diritto dell’Unione in materia di prescrizione dell’azione di enforcement della Commissione.

80.

Esse cioè, pur non vincolanti per gli Stati membri, rappresentano comunque uno «standard di efficienza» dell’azione antitrust, che deve essere il più possibile uniforme in un sistema giuridico di enforcement decentrato, in cui le singole Autorità nazionali di concorrenza agiscono in sempre maggiore sinergia con la Commissione.

81.

Da quanto sin qui esposto emerge che, dall’insieme delle circostanze desumibili dal fascicolo, un’interpretazione restrittiva degli atti interruttivi della prescrizione, quale quella offerta dalla Corte d’appello, potrebbe essere d’ostacolo all’azione di enforcement di un’Autorità della concorrenza nazionale, in particolare quando le specificità del caso sono tali da richiedere approfondimenti giuridici ed economici complessi (derivanti anche dalla mole del materiale da esaminare) e accertamenti successivi, anche attraverso ispezioni e altre modalità di ricerca della prova.

82.

Sarà, come detto, il giudice nazionale a fare applicazione dei suddetti criteri per valutare se, nel caso di specie, la disposizione nazionale, così come interpretata dalla Corte d’appello, rendesse eccessivamente difficile l’azione di enforcement antitrust da parte dell’Autorità nazionale di concorrenza, ponendosi così in contrasto col principio di effettività.

83.

A seguito di questo accertamento, il giudice del rinvio dovrà fare applicazione del principio di interpretazione conforme il quale, come noto, «esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima» ( 40 ).

84.

Nel caso in cui il giudice nazionale dovesse ritenere impossibile l’interpretazione conforme e procedere alla disapplicazione della norma interna, è necessario conclusivamente soffermarsi, come suggerito dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte ( 41 ), sulle conseguenze giuridiche nell’ambito del giudizio principale.

85.

Se il giudice nazionale dovesse, infatti, ritenere incompatibile l’interpretazione restrittiva dell’articolo 62 della legge sulla concorrenza rumena con il diritto dell’Unione, con conseguente disapplicazione della norma interna, considerando validamente interrotta la prescrizione da un altro atto successivo all’apertura del procedimento di indagine, andrebbe valutata la situazione giuridica con riferimento al principio di legalità e di irretroattività delle norme sanzionatorie ( 42 ).

86.

Ciò dal momento che dal fascicolo e, in particolare, dalle osservazioni scritte della Commissione ( 43 ), risulterebbe che nell’ordinamento giuridico rumeno, come in quello italiano che è stato oggetto delle sentenze «Taricco 1» ( 44 ) e «Taricco 2» ( 45 ), le norme sulla prescrizione degli illeciti, così come le norme sulla definizione dei reati e sulla determinazione delle pene, si basano sul diritto penale sostanziale e sono quindi soggette, come queste ultime, al principio della legalità dei reati e delle pene ( 46 ), sancito all’articolo 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’articolo 7, n. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il regime di prescrizione in materia penale è quindi soggetto ai requisiti di prevedibilità, precisione e non retroattività inerenti al principio di legalità dei reati e delle pene.

87.

La Corte ha, infatti, precisato nella sentenza «Taricco 2» ( 47 ) che, qualora il giudice nazionale ritenesse che l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali in questione sia contrario al principio di legalità dei reati e delle pene, che impone alla legge di stabilire in modo prevedibile, preciso e non retroattivo i reati e le pene da essa puniti, non sarebbe tenuto a rispettare tale obbligo, anche se il suo rispetto porrebbe rimedio ad una situazione nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione.

88.

Questo principio si potrebbe considerare applicabile anche alle fattispecie sanzionatorie in materia di concorrenza in ragione di una consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ( 48 ).

89.

Tenuto conto dell’obiettivo del diritto della concorrenza, della natura delle sanzioni (effetto preventivo, dissuasivo e repressivo) e della loro gravità (pene pecuniarie di rilevante entità), tali procedure devono essere soggette, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, alle garanzie previste dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ( 49 ).

90.

Anche la Corte ha, in più occasioni, seguito questo orientamento: nella sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, la Corte ha riconosciuto l’applicabilità del principio della responsabilità personale alle norme in materia di concorrenza ( 50 ); nella sentenza Hüls/Commissione, la Corte si è richiamata al principio della presunzione d’innocenza garantita all’articolo 6, n. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ( 51 ).

91.

Per dirla con le parole dell’Avvocato generale Bot, «le ammende di cui all’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 ( 52 ) sono, per la loro natura e la loro gravità, equiparabili ad una sanzione penale» e il procedimento connesso «rientra quindi nell’ambito “penale” ai sensi dell’articolo 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali» ( 53 ).

92.

Non è da escludere quindi, se sussistono le condizioni sopra citate, che una disposizione normativa, ritenuta successivamente non conforme ai principi del diritto dell’Unione, possa continuare a vincolare le parti in ossequio al principio di legalità e di irretroattività delle disposizioni penali o lato sensu afflittive.

93.

Ragionamento analogo può farsi nel caso di una consolidata interpretazione di una norma vigente. Presupposto necessario perché tale situazione possa trovare applicazione è che si tratti di interpretazioni giurisprudenziali univoche e consolidate, che possano essere cioè considerate in quello specifico ordinamento nazionale «diritto vivente».

94.

Solo in questo caso l’interpretazione di una disposizione di legge avente natura afflittiva, in quanto «diritto vivente», può continuare a vincolare le parti anche se successivamente ritenuta non conforme al diritto dell’Unione.

95.

Nel caso che ci occupa, a quanto risulta dal fascicolo, non mi pare possa ritenersi sussistente una tale situazione, dal momento che le interpretazioni giurisprudenziali nello Stato membro sembrano essere discordanti.

96.

Il giudice del rinvio chiarisce che, in seguito alla decisione n. 13 del 14 aprile 2015, dinanzi alla Corte d’appello di Bucarest sarebbero stati depositati dieci fascicoli, in cinque dei quali è stata rilevata la prescrizione del diritto di applicare la sanzione, mentre negli altri cinque è stata confermata la decisione impugnata ( 54 ): ciò conferma l’esistenza di una «prassi non uniforme dei giudici di merito in tale materia» ( 55 ).

97.

L’Autorità garante della concorrenza ricorda che «i giudici di merito che hanno esaminato la legittimità della decisione n. 13/2015 hanno interpretato e applicato in modo diverso le norme applicabili in materia di prescrizione per l’irrogazione di sanzioni in materia di concorrenza per quanto riguarda gli atti che interrompono la prescrizione» ( 56 ).

98.

Sarà, tuttavia, compito del giudice nazionale procedere ad un accertamento della sussistenza delle condizioni previste in «Taricco 2» e chiarite dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte, facendo applicazione dei criteri sopra esposti.

IV. Conclusione

99.

Alla luce delle considerazioni svolte, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale posta dal Giudice del rinvio nei termini che seguono:

«1)

L’articolo 4, paragrafo 3, TUE e l’articolo 101 TFUE devono essere interpretati nel senso che impongono alle autorità giurisdizionali degli Stati membri l’obbligo di interpretare le norme nazionali, che disciplinano la prescrizione del potere dell’Autorità garante della concorrenza di irrogare sanzioni amministrative, conformemente ai principi di leale collaborazione tra gli Stati membri e l’Unione e di effettività dell’azione antitrust.

2)

Gli Stati membri, nell’ambito della propria autonomia procedurale, possono prevedere regole per la prescrizione del potere di irrogare sanzioni riconosciuto alle Autorità nazionali di concorrenza differenti rispetto a quelle previste per la Commissione dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, ma a condizione che esse consentano, nel rispetto del principio di effettività, un esercizio dell’attività di enforcement adeguato alla complessità dell’analisi giuridica ed economica dei casi sottoposti alle Autorità nazionali di concorrenza.

3)

L’interpretazione di una norma di diritto interno nel senso che l’ultimo atto interruttivo della prescrizione sia l’atto di avvio dell’indagine relativa ad una pratica anticoncorrenziale, senza che le successive azioni intraprese ai fini di tale indagine rientrino nel medesimo ambito degli atti interruttivi della prescrizione, può essere non conforme ai sopra citati principi di leale collaborazione e di effettività dell’azione antitrust se il giudice nazionale accerta che ricorrano determinate condizioni che rendano eccessivamente difficile l’azione dell’Autorità nazionale della concorrenza. Il giudice nazionale deve tenere conto nella sua valutazione: a) delle specificità del diritto della concorrenza, che richiede di norma una complessa analisi fattuale ed economica; b) dell’intero apparato di regole sulla prescrizione vigente; c) della funzione svolta dagli atti interruttivi della prescrizione, che consentono di modulare la durata dei procedimenti all’effettiva complessità del caso; d) della complessità media dei casi trattati dall’Autorità nazionale di concorrenza, facendo anche ricorso al test proposto dalla Corte nella sentenza che ha deciso il caso C‑105/14.

4)

Nel caso ricorrano le suddette condizioni, il giudice del rinvio dovrà fare applicazione del principio di intepretazione conforme e, solo nel caso essa risultasse impossibile, procedere a una disapplicazione della norma nazionale, accertando la conformità di tale disapplicazione con il principio di legalità dei reati e delle pene, nei termini precisati dalla Corte nella sentenza che ha deciso il caso C‑42/17».


( 1 ) Lingua originale: l’italiano.

( 2 ) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1, Edizione speciale, capitolo 8, volume 1, pag. 167).

( 3 ) Il corsivo è mio. La norma modificata, attualmente vigente, recita invece: «ai fini di un esame preliminare o per il perseguimento di una violazione di legge».

( 4 ) La norma modificata, attualmente vigente, recita invece: «a) richieste scritte di informazioni; b) la decisione del presidente dell’Autorità garante della concorrenza di avviare un’indagine; c) l’esecuzione di ispezioni; d) la comunicazione del rapporto d’indagine».

( 5 ) V. osservazioni scritte della Commissione, punto 19.

( 6 ) V. sentenza del 21 settembre 1983, Deutsche Milchkontor e a. (205/82‑215/82, EU:C:1983:233, punto 17).

( 7 ) Ordinanza governativa d’urgenza n. 31/2015. Secondo la relazione dell’ordinanza, le modifiche agli articoli 61 e 62 della legge «mirano ad eliminare la confusione in merito alla prescrizione del diritto di ricorso e al diritto del Consiglio della concorrenza di imporre sanzioni» (v. nota 7, pag. 23, della domanda di pronuncia pregiudiziale).

( 8 ) Tra cui l’esecuzione di ispezioni e la comunicazione del rapporto d’indagine (cfr. nuovo articolo 64 della legge sulla concorrenza rumena).

( 9 ) Direttiva n. 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, relativa ai mezzi di cui dispongono le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri per attuare le regole di concorrenza in modo più efficace e per garantire il corretto funzionamento del mercato interno (cosiddetta direttiva «ECN+»), il cui termine di recepimento è il 4 febbraio 2021.

( 10 ) Le nuove disposizioni riguardano soltanto l’obbligo di sospendere o interrompere i termini di prescrizione durante i procedimenti dinanzi alle Autorità nazionali garanti della concorrenza di altri Stati membri o alla Commissione e l’obbligo di sospendere o interrompere tali periodi durante il periodo in cui la decisione dell’Autorità nazionale garante della concorrenza interessata è oggetto di un procedimento pendente dinanzi a un organo d’impugnazione.

( 11 ) V. sentenza del 7 dicembre 2010, VEBIC (C‑439/08, EU:C:2010:739, punto 56).

( 12 ) V. sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 113 e giurisprudenza citata).

( 13 ) V. sentenza del 21 settembre 1983, Deutsche Milchkontor e a. (205/82‑215/82, EU:C:1983:233, punto 17).

( 14 ) V. supra, nota 13.

( 15 ) V. sentenza del 14 giugno 2011, Pfleiderer (C‑360/09, EU:C:2011:389) in cui si legge al punto 24 che «anche se l’adozione e l’applicazione di tali norme rientrano nella competenza degli Stati membri, questi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione»; v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2009, Commissione/Spagna (C‑154/08, non pubblicata, EU:C:2009:695, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) V. sentenza del 14 giugno 2011, Pfleiderer (C‑360/09, EU:C:2011:389, punto 24); sentenza del 16 luglio 1998, Oelmühle e Schmidt Söhne (C‑298/96, EU:C:1998:372, punti 2324 nonché la giurisprudenza citata). Nello stesso senso v. anche sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 95) e sentenza del 18 settembre 2003, Pflücke (C‑125/01, EU:C:2003:477, punti 3334).

( 17 ) V. sentenza del 14 giugno 2011, Pfleiderer (C‑360/09, EU:C:2011:389, punto 24).

( 18 ) V. sentenza del 7 dicembre 2010, VEBIC (C‑439/08, EU:C:2010:739, punto 57).

( 19 ) V. sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:263, punto 55).

( 20 ) V. sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:263, punto 47).

( 21 ) V. sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:263, punto 46).

( 22 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Otis Gesellschaft e a. (C‑435/18, EU:C:2019:651, punto 40).

( 23 ) Così le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:32, punto 1). V. anche su tale tematica sentenza del 20 settembre 2001, Courage e Crehan (C‑453/99, EU:C:2001:465), sentenza del 13 luglio 2006, Manfredi e a. (C‑295/04 – C‑298/04, EU:C:2006:461), sentenza del 5 giugno 2014, KONE e a. (C‑557/12, EU:C:2014:1317, punto 25) e, da ultimo, sentenza del 12 dicembre 2019, Otis e a. (C‑435/18, EU:C:2019:1069, in particolare punto 24).

( 24 ) V. sentenza del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a. (C‑724/17, EU:C:2019:204, punto 45).

( 25 ) Si legge nel considerando 7 che «Le giurisdizioni nazionali svolgono una funzione essenziale nell’applicazione delle regole di concorrenza comunitarie. Esse tutelano i diritti soggettivi garantiti dal diritto comunitario nelle controversie fra privati, in particolare accordando risarcimenti alle parti danneggiate dalle infrazioni. Le giurisdizioni nazionali svolgono sotto questo aspetto un ruolo complementare rispetto a quello delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Occorrerebbe quindi consentire loro di applicare pienamente gli articoli 81 e 82 del trattato».

( 26 ) Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea (GU 2014, L 349, pag. 1) e direttiva cosiddetto «ECN +» già citata alla nota 9 che precede.

( 27 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Skanska Industrial Solutions e a. (C‑724/17, EU:C:2019:100, punto 76), in cui si legge che «il public enforcement e il private enforcement del diritto della concorrenza dell’Unione costituiscono insieme un sistema di applicazione completo, benché dotato di due arti, che dovrebbe essere considerato un tutt’uno».

( 28 ) R. Chieppa, «Coordination between Private and Public Antitrust Enforcement in Italy and in the EU. Due modalità di un sistema bilanciato di enforcement», in «Il private antitrust enforcement in Italia e nell’Unione europea:scenari applicativi e le prospettive del mercato. Atti del VII Convegno Antitrust di Trento», 11‑13 aprile 2019 – (a cura di) Gian Antonio Benacchio, Michele Carpagnano (2019).

( 29 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Skanska Industrial Solutions e a. (C‑724/17, EU:C:2019:100, punto 47), in cui si legge che «il private enforcement attraverso le azioni di risarcimento danni costituisce un deterrente complementare per i comportamenti anticoncorrenziali che il public enforcement da solo non è in grado di raggiungere».

( 30 ) V. sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:263, punto 41). Ancora più chiaramente, con specifico riferimento all’articolo 101 TFUE, la Corte, sentenza del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a. (C‑724/17, EU:C:2019:204, punto 43), ha precisato che «il diritto riconosciuto a chiunque di chiedere il risarcimento del danno cagionato da un’intesa o da una pratica vietata dall’articolo 101 TFUE garantisce la piena efficacia di tale articolo, in particolare l’effetto utile del divieto enunciato al suo paragrafo 1» (il corsivo è mio).

( 31 ) «Il public enforcement e il private enforcement sono complementari e costituiscono parti composite di un insieme», così le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Skanska Industrial Solutions e a. (C‑724/17, EU:C:2019:100, punto 80).

( 32 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:32, punto 77) e già in questo senso sentenza del 13 luglio 2006, Manfredi e a. (C‑295/04‑C‑298/04, EU:C:2006:461, punto 62), sentenza del 6 giugno 2013, Donau Chemie e a. (C‑536/11, EU:C:2013:366, punto 27), sentenza del 5 giugno 2014, KONE e a. (C‑557/12, EU:C:2014:1317, punto 25).

( 33 ) V. sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:263, punto 44).

( 34 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:32, punto 85).

( 35 ) In tal senso v. sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications (C‑637/17, EU:C:2019:263, punto 45).

( 36 ) V. osservazioni scritte della Commissione, punto 34.

( 37 ) V. sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 47) in cui la Corte ha suggerito al giudice nazionale di verificare se «dall’applicazione delle disposizioni nazionali in materia di interruzione della prescrizione consegue, in un numero considerevole di casi, l’impunità penale a fronte di fatti costitutivi di una frode grave, perché tali fatti risulteranno generalmente prescritti prima che la sanzione penale prevista dalla legge possa essere inflitta con decisione giudiziaria definitiva». In caso di verifica positiva «si dovrebbe constatare che le misure previste dal diritto nazionale per combattere contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione non possono essere considerate effettive e dissuasive, il che sarebbe in contrasto con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, con l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione PIF nonché con la direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE».

( 38 ) V. sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 65) e sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 31).

( 39 ) V. paragrafi 62 e seguenti delle presenti conclusioni.

( 40 ) V., ex multis, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 59). Come chiarito dalla Corte al punto 60, «l’esigenza di un’interpretazione conforme siffatta include in particolare l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva. Pertanto, un giudice nazionale non può, in particolare, validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che detta disposizione è stata costantemente interpretata in un senso che è incompatibile con tale diritto».

( 41 ) V. osservazioni scritte della Commissione, punto 39.

( 42 ) V. sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punti 6162).

( 43 ) V. osservazione scritte della Commissione, punto 41.

( 44 ) V. sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555).

( 45 ) V. sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936).

( 46 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (C‑352/09 P, EU:C:2010:635, punti 8889), in cui si legge che «Per quanto riguarda le norme di procedura, esse sono considerate applicabili a tutte le controversie pendenti al momento della loro entrata in vigore (…) Ciò non avviene, invece, nel caso delle norme sostanziali. Queste ultime non sono retroattive, salvo che il legislatore dell’Unione si sia espresso in senso contrario». V., in tal senso, come citata nelle osservazione scritte della Commissione alla nota n. 19, la decisione n. 297/2018 della Curtea Constituțională a României, che accoglie l’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 155, n. 1, del codice penale rumeno, pubblicata il 25 giugno 2018.

( 47 ) Sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936).

( 48 ) La Corte europea dei diritti dell’uomo utilizza tre criteri per stabilire se un’accusa rientri in ambito penale, ossia la qualificazione giuridica dell’infrazione nel diritto interno, la natura repressiva e dissuasiva della sanzione, nonché il grado di severità della sanzione di cui è, a priori, passibile l’interessato (Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel e a. c. Paesi Bassi, serie A n. 22, § 82. Per un excursus della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’applicazione di tali criteri, v. Corte EDU, 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia, §§ 29‑39). Essa ha adottato tale ragionamento per varie sanzioni amministrative, tra le quali figurano le sanzioni inflitte dalle autorià nazionali per la concorrenza (v. Corte EDU, 9 febbraio 1990, Melchers e Co. c. Germania; 30 maggio 1991, Société Stenuit c. Francia e 3 dicembre 2002, Lilly c. Francia. V. anche Corte EDU, citate sentenze Jussila c. Finlandia, § 43, e Dubus S.A. c. Francia, § 35, nonché, per un’interpretazione isolata, Corte EDU, ,3 giugno 2004, OOO Neste e a. c. Russia). Per tutti questi riferimenti v. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (C‑352/09 P, EU:C:2010:635, punti da 48 a 52 e giurisprudenza citata).

( 49 ) V. Corte EDU, 3 dicembre 2002, Lilly c. Francia, (ricorso n. 53892/00); 11 giugno 2009, Dubus S.A. c. Francia, (ricorso n. 5242/04), §§ 37-38; 27 settembre 2011, Menarini Diagnostics S.r.l. c. Italia, (ricorso n. 43509/08), §§ 38-44 e 23 ottobre 2018, Produkcija Plus Storitveno podjetje d.o.o. c. Slovenia (ricorso n. 47072/15), §§ 45‑46.

( 50 ) V. sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni (C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 78). Tale giurisprudenza è stata confermata nella sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 77).

( 51 ) V. sentenza dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione (C‑199/92 P, EU:C:1999:358); la Corte ha ritenuto che, considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi, nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende.

( 52 ) E dunque, in ipotesi, anche quelle irrogate dalle singole Autorità nazionali di concorrenza sulla base dei poteri a loro decentrati dallo stesso regolamento n. 1/2003.

( 53 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (C‑352/09 P, EU:C:2010:635, punto 49).

( 54 ) V. punto 36 della domanda pregiudiziale.

( 55 ) V. punto 70 della domanda pregiudiziale.

( 56 ) V. osservazioni scritte dell’Autorità garante della concorrenza, nota 37 dove si specifica che: a) alcuni giudici hanno ritenuto che la decisione di avviare l’indagine è l’ultimo atto dell’Autorità che può interrompere il periodo di prescrizione; i successivi provvedimenti adottati dal Autorità della concorrenza ai fini dell’indagine sull’infrazione non hanno effetto di interruzione; l’indagine dell’autorità garante della concorrenza deve essere completata entro cinque anni dalla data di avvio dell’indagine; è solo a seguito delle modifiche apportate dalla OUG n. 31/2015 che la legge sulla concorrenza è stata armonizzata con le disposizioni del regolamento n. 1/2003, in quanto il termine di prescrizione può essere interrotto da qualsiasi azione intrapresa dall’Autorità ai fini dell’accertamento dell’infrazione; mentre b) altre giurisdizioni hanno adottato la seguente posizione: la decisione di avviare l’indagine non è l’ultimo atto dell’Autorità che interrompe il periodo di prescrizione; qualsiasi azione intrapresa dall’Autorità al fine di indagare sulla violazione ha un effetto di interruzione; l’imposizione della sanzione è soggetta a un periodo di dieci anni dalla data in cui i fatti hanno cessato di esistere (periodo di prescrizione speciale), che è quindi il limite superiore del periodo di indagine; le modifiche apportate dalla OUG n. 31/2015 sono esclusivamente modifiche formali, in quanto la legge sulla concorrenza è stata armonizzata con le disposizioni del regolamento n. 1/2003 dalla OUG n. 121/2003, secondo cui le azioni che interrompono il periodo di prescrizione sono quelle effettuate ai fini dell’indagine sull’infrazione, comprese le richieste di informazioni e la comunicazione degli addebiti, come atti procedurali successivi all’adozione della decisione di avviare l’indagine.