CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 9 novembre 2017 ( 1 )

Cause riunite C‑236/16 e C‑237/16

Asociación Nacional de Grandes Empresas de Distribución (ANGED)

contro

Diputación General de Aragón

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna])

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Imposta regionale sui grandi stabilimenti commerciali – Restrizione indiretta in quanto, dal punto di vista statistico, sono interessate prevalentemente le grandi catene commerciali straniere – Mancato assoggettamento ad imposta ed esenzioni fiscali quali aiuti di Stato illegittimi»

I. Introduzione

1.

Nell’ambito della presente causa, la Corte è chiamata nuovamente a stabilire in che misura trattamenti fiscali diversi possano essere considerati una violazione indiretta delle libertà fondamentali e/o un aiuto di Stato illegittimo. Il presente procedimento deve essere considerato in relazione ad altri due procedimenti pendenti dinanzi alla Corte ( 2 ) e, al pari di essi, offre alla Corte l’occasione di precisare la portata del divieto di aiuti di Stato previsto dal diritto dell’Unione.

2.

Infatti, con il suo ricorso, l’Asociación Nacional de Grandes Empresas de Distribución (associazione nazionale delle grandi imprese di distribuzione; in prosieguo: la «ANGED») contesta una particolare imposta sul danno ambientale causato dalle grandi aree di vendita (in prosieguo: l’«IDMGAV») nella Comunità autonoma di Aragona.

3.

La ANGED e la Commissione vi ravvisano una restrizione alla libertà di stabilimento e un aiuto di Stato illegittimo, segnatamente, a favore dei piccoli stabilimenti commerciali in quanto non colpiti dall’imposta. Essenzialmente, si tratta di stabilire in che misura trattamenti fiscali diversi rilevino sotto il profilo della normativa in materia di aiuti di Stato.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

4.

Il contesto di diritto dell’Unione in cui si colloca la presente causa è rappresentato dall’articolo 49 TFUE in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE e con gli articoli 107 TFUE e seguenti.

B. Diritto spagnolo

5.

L’imposta sul danno ambientale causato dalle grandi aree di vendita (Impuesto sobre el Daño Medioambiental causado por las Grandes Áreas de Venta), controversa nel procedimento principale, è stata introdotta con effetto dal 1o gennaio 2006 dal titolo II della Ley de las Cortes de Aragón 13/2005, de 30 de diciembre, de medidas fiscales y administrativas en materia de tributos cedidos y tributos propios de la Comunidad Autónoma de Aragón (legge 13/2005, del 30 dicembre 2005, del Parlamento della Comunità autonoma di Aragona recante misure fiscali e amministrative in materia di imposte cedute e imposte proprie della Comunità autonoma di Aragona).

6.

L’IDMGAV è oggi disciplinata nel capitolo III dell’allegato II (in prosieguo: il «TRIMCA») della Ley (de las Cortes de Aragón) 10/2015, de 28 de diciembre, de medidas para el mantenimiento de los servicios públicos en la Comunidad Autónoma de Aragón (legge 10/2015, del 28 dicembre 2015, recante misure per il mantenimento dei servizi pubblici nella Comunità autonoma di Aragona).

7.

Nel preambolo della legge 13/2005, il fatto generatore dell’imposta di cui trattasi è stato definito con riferimento al danno ambientale causato dal traffico commerciale che si sviluppa negli stabilimenti che, potendo disporre di grandi aree di vendita al pubblico, esercitano una speciale attrazione sui consumatori e provocano spostamenti massicci di veicoli privati. L’imposta grava sui titolari dell’attività che causa il danno ambientale e, quindi, non sul proprietario ma sul gestore dello stabilimento.

8.

In tal senso, la superficie – quale estensione orizzontale o edificata su più piani – costituisce il parametro più idoneo per desumere oggettivamente il vantaggio che si ottiene se non si sostengono i costi ambientali e territoriali generati. La superficie di vendita dimostra una maggiore capacità di offrire prodotti e quindi una maggior affluenza di consumatori; le superfici destinate ad altri usi (ad esempio, i depositi) rivelano maggiori possibilità di assortimento dei prodotti e la superficie di parcheggio attesta la capacità di attrarre il traffico automobilistico.

9.

A norma dell’articolo 15 del TRIMCA, l’IDMGAV «ha ad oggetto l’imposizione della concreta capacità economica espressa dall’attività e dal traffico che si sviluppano negli stabilimenti commerciali che, esercitando una speciale attrazione sui consumatori, provocano spostamenti massicci di veicoli e di conseguenza, producono un impatto negativo sull’ambiente naturale e territoriale della Comunità autonoma di Aragona».

10.

In tale contesto, l’IDMGAV è un’imposta avente natura reale e finalità extrafiscale il cui gettito non confluisce nel bilancio generale (articolo 3 del TRIMCA). A norma dell’articolo 5 del TRIMCA, le entrate effettivamente ottenute dalla riscossione dell’IDMGAV sono destinate, una volta dedotti i costi di gestione e di collaborazione, al finanziamento di misure preventive o di ripristino dell’ambiente degradato.

11.

In conformità dell’articolo 16, paragrafo 2, del TRIMCA, uno stabilimento commerciale dispone di una grande area di vendita se la superficie di vendita al pubblico supera i 500 m2.

12.

In base all’articolo 20 del TRIMCA, sono esentati gli stabilimenti commerciali la cui attività principale consista nella vendita esclusiva dei seguenti prodotti: a) macchinari, veicoli, attrezzi e forniture industriali; b) materiali per l’edilizia, prodotti sanitari, porte e finestre, venduti in esclusiva ai professionisti; c) vivai per giardinaggio e colture; d) mobilio in stabilimenti individuali, tradizionali e specializzati; e) automobili nei saloni di esposizione di concessionari e nelle officine di riparazione e f) forniture di combustibili e carburanti per motori.

13.

La base imponibile è costituita dalla superficie complessiva dello stabilimento commerciale che dispone di una grande area di vendita, ottenuta sommando le seguenti superfici: a) superficie di vendita; b) superficie destinata ad altri usi (con un limite massimo del 25% della superficie di vendita al pubblico); c) area di parcheggio (con un limite massimo del 25% della superficie di vendita al pubblico).

14.

In conformità dell’articolo 22 del TRIMCA, l’importo dell’imposta aumenta in maniera progressiva passando da EUR 10,20 tra i 2000 e i 3000 m2 a EUR 14,70 tra i 5000 e i 10000 m2, salvo poi ridursi a EUR 13,50 a partire dai 10000 m2. Tuttavia, i primi 2000 m2 sono esenti.

15.

Inoltre, a seconda dell’ubicazione del grande stabilimento commerciale trova applicazione uno specifico coefficiente. A norma degli articoli 45 e 46 del TRIMCA, a determinate condizioni, l’importo lordo dell’imposta può essere ridotto sino a un massimo del 30% in presenza di investimenti in misure dirette a prevenire o contrastare gli effetti negativi dei danni sul territorio e sull’ambiente della Comunità autonoma di Aragona.

III. Controversia principale

16.

In data 18 marzo 2007, la ANGED – un’associazione nazionale delle grandi imprese di distribuzione – proponeva dinanzi alla Sala de lo Contencioso-Administrativo del Tribunal Superior de Justicia de Aragón (Sezione per il contenzioso amministrativo del Tribunale superiore di giustizia dell’Aragona), un ricorso contenzioso amministrativo diretto, in definitiva, contro l’IDMGAV e, segnatamente, contro il Decreto Legislativo 1/2007 del governo aragonese del 18 settembre 2007, che approva il testo consolidato della normativa della Comunità autonoma di Aragona riguardante le imposte in materia ambientale.

17.

Con sentenza del 24 gennaio 2014, la Sala de lo Contencioso-Administrativo, Sección Segunda, del Tribunal Superior de Justicia de Aragón (Sezione per il contenzioso amministrativo del Tribunale superiore di giustizia dell’Aragona, Seconda Sezione) respingeva il ricorso contenzioso amministrativo proposto dalla ANGED.

18.

Avverso la suddetta sentenza, il 14 aprile 2014 la ANGED proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che tale sentenza violava in particolare il diritto dell’Unione poiché la legge 13/2005 (decreto legislativo n. 1/2007) pregiudicava la libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE.

19.

Nel febbraio e nel maggio 2013, la ANGED presentava alla Commissione una denuncia contro il Regno di Spagna, sostenendo che le disposizioni in materia di imposta sui grandi stabilimenti commerciali previste in sei comunità autonome violavano il diritto dell’Unione. Con lettera del 28 novembre 2014 indirizzata al Regno di Spagna, la Commissione comunicava di stare valutando la possibilità di considerare il mancato assoggettamento dei piccoli negozi al dettaglio e l’esenzione concessa a determinati negozi specializzati come aiuti di Stato illegittimi. Le esenzioni di cui trattasi sembrerebbero concedere un vantaggio selettivo a determinate imprese, poiché costituirebbero una deroga al regime ordinario di imposizione.

20.

Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha quindi deciso di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

21.

Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano all’esistenza di un’imposta regionale che si dichiara gravante sul danno ambientale causato dall’utilizzo delle strutture e degli elementi destinati all’attività e al traffico che si sviluppano negli stabilimenti commerciali che dispongono di una grande area di vendita e di parcheggio per i clienti, a condizione che la superficie di vendita al pubblico sia superiore a 500 m2, ma che è esigibile a prescindere dall’ubicazione effettiva di tali stabilimenti commerciali all’esterno oppure all’interno dell’agglomerato urbano e che, nella maggior parte dei casi, ricade sulle imprese di altri Stati membri, considerato che tale imposta: i) non grava effettivamente sui commercianti titolari di più stabilimenti commerciali, qualunque sia la somma totale della superficie di vendita al pubblico, se nessuno di tali stabilimenti dispone di una superficie di vendita al pubblico superiore a 500 m2 e anche se uno o più stabilimenti superano tale soglia ma la base imponibile non supera i 2000 m2, mentre invece grava effettivamente sui commercianti titolari di un unico stabilimento commerciale la cui superficie di vendita supera tali soglie, e ii) non assoggetta ad imposizione, inoltre, gli stabilimenti commerciali dediti alla vendita esclusiva di macchinari, veicoli, attrezzature e forniture industriali; alla vendita in esclusiva ai professionisti di materiali per l’edilizia, prodotti sanitari, porte e finestre; alla vendita di mobilio negli stabilimenti individuali, tradizionali e specializzati; di automobili, nei saloni di esposizione di concessionari e nelle officine di riparazione; di vivai per giardinaggio e colture, nonché di combustibili e carburanti per motori, qualunque sia la rispettiva superficie di vendita al pubblico di cui dispongono.

2)

Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che costituiscono aiuti di Stato vietati, ai sensi di tale disposizione, l’assenza di un’effettiva imposizione a titolo di IDMGAV a carico degli stabilimenti commerciali con una superficie di vendita al pubblico non superiore a 500 m2, o superiore per i casi in cui la base imponibile non superi i 2000 m2, e degli stabilimenti commerciali dediti alla vendita esclusiva di macchinari, veicoli, attrezzature e forniture industriali; nonché alla vendita in esclusiva ai professionisti di materiali di costruzione, prodotti sanitari, porte e finestre; alla vendita di mobilio negli stabilimenti individuali, tradizionali e specializzati; di automobili, nei saloni di esposizione di concessionari e nelle officine di riparazione; di vivai per giardinaggio e colture, nonché di combustibili e carburanti per motori.

22.

Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la ANGED, la Comunità autonoma di Aragona e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte sulle suddette questioni, partecipando altresì all’udienza del 6 luglio 2017.

V. Analisi

A. Sulla restrizione delle libertà fondamentali

23.

Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se la libertà di stabilimento osti a un’imposta come l’IDMGAV. Pertanto, occorre stabilire se 1) sussista una restrizione alla libertà di stabilimento 2) non giustificata.

24.

La questione si pone nel contesto delle modalità di funzionamento dell’IDMGAV. Il fatto generatore dell’imposta è collegato alla presenza di un grande stabilimento commerciale, ossia di uno stabilimento che occupa nominalmente una superficie di vendita pari almeno a 500 m2. Tuttavia, alla suddetta superficie sono aggiunte anche le aree di parcheggio e le superfici destinate ad altri usi, rispettivamente, sino al 25% della superficie di vendita. I primi 2000 m2 di detta superficie complessiva non sono tassati («superficie esente») ( 3 ).

25.

L’importo dell’imposta varia tra EUR 10,20/m2 ed EUR 14,70/m2. Sino a una superficie complessiva di 10000 m2, l’imposta ha un certo effetto progressivo. In definitiva, gli stabilimenti commerciali di dimensioni maggiori sono gravati da un onere fiscale superiore in termini assoluti rispetto agli stabilimenti commerciali con una superficie inferiore, fermo restando che tutti gli stabilimenti commerciali beneficiano di una «superficie esente» di 2000 m2.

1.   Restrizione della libertà di stabilimento

26.

In base all’articolo 49 in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento implica l’accesso alle attività non subordinate e il loro esercizio da parte dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro ( 4 ). Secondo una giurisprudenza consolidata, integrano restrizioni alla libertà di stabilimento tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà ( 5 ).

27.

Nel caso di tasse e imposte ciò è in re ipsa. Pertanto, a mio giudizio ( 6 ), nell’esaminare le libertà fondamentali alla luce di tali oneri occorre stabilire se la fattispecie transfrontaliera subisca un trattamento più sfavorevole rispetto alla fattispecie nazionale ( 7 ).

a)   Assenza di una restrizione discriminatoria

28.

Tuttavia, nel caso di specie, non si ravvisa a priori una disparità di trattamento. Con riferimento alla superficie complessiva compresa tra 1 m2 e 2000 m2, non si verifica in proposito alcuna disparità di trattamento tra stabilimenti commerciali piccoli e grandi, nazionali o stranieri. Nessuno di essi è gravato dall’imposta per tale superficie. Nella fattispecie, la soglia opera come minimo esente, di cui beneficiano tutti i commercianti al dettaglio. Gli stabilimenti commerciali più piccoli (con una superficie di vendita inferiore a 500 m2) non sono soggetti all’imposta, quelli di dimensioni maggiori sì, ma senza essere gravati dall’imposta con riferimento alla superficie complessiva sino a 2000 m2. Posto che tale «minimo esente» opera sia per gli stabilimenti commerciali piccoli che per quelli grandi, manca sotto tale profilo una disparità di trattamento a detrimento di taluni stabilimenti commerciali. Pertanto, deve essere esclusa in proposito la sussistenza di una restrizione della libertà di stabilimento.

29.

Soltanto ove si assuma al riguardo una posizione diversa, si pone la questione se il mancato assoggettamento ad imposta dei piccoli stabilimenti commerciali debba essere considerata una discriminazione, palese o dissimulata.

b)   In subordine: discriminazione palese o dissimulata delle imprese straniere

30.

Nella specie non si ravvisa alcuna discriminazione palese delle imprese straniere. Infatti, ogni titolare di un «grande stabilimento commerciale» è soggetto all’imposta di cui trattasi per la superficie complessiva eccedente la «superficie esente» di 2000 m2. Come già statuito dalla Corte ( 8 ), il fatto che gli investitori stranieri preferirebbero aprire esercizi di dimensioni maggiori al fine di realizzare le economie di scala necessarie alla penetrazione in un territorio nuovo concerne l’entrata in un nuovo mercato piuttosto che la «nazionalità» dell’operatore economico ( 9 ).

31.

Tuttavia, è vietata anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato ( 10 ) (cosiddetta discriminazione dissimulata o indiretta).

32.

Nella sentenza Hervis Sport la Corte ha dichiarato che, a determinate condizioni, qualora la base imponibile dipenda dal fatturato di un’impresa, in taluni casi ciò può far sì che imprese con sede in altri Stati membri risultino di fatto svantaggiate ( 11 ). Nello specifico, si trattava di un’imposta straordinaria sulle imprese di commercio al dettaglio la cui aliquota era fortemente progressiva in ragione del fatturato. Inoltre, per le imprese che erano parte di un gruppo, quale base per l’inquadramento all’interno di uno scaglione d’imposta veniva preso in considerazione il fatturato consolidato, e non quello dell’impresa individuale. La Corte ha dichiarato che una discriminazione indiretta può sussistere se la maggior parte delle imprese che, in ragione del loro elevato fatturato, sono gravate dall’imposta fortemente progressiva sono parte di un gruppo con un collegamento in un altro Stato membro ( 12 ).

1) Insufficienza della sola prevalenza dell’impatto

33.

Tuttavia, la fattispecie in esame non è comparabile con la suddetta causa. L’IDMGAV non è fortemente progressiva e non sono neppure sommati i risultati di un gruppo. Il criterio di riferimento è invece la dimensione della rispettiva superficie di vendita.

34.

In tale contesto, a mio giudizio, per poter riconoscere una discriminazione dissimulata nel contesto delle libertà fondamentali ( 13 ), non è sufficiente fondarsi unicamente su un impatto prevalente su imprese straniere, come sostenuto dalla Commissione e dalla ANGED. Ciò impedirebbe a uno Stato membro, ad esempio, di introdurre un’imposta sulle società qualora, in ragione dello sviluppo storico, la quota di imprese straniere ivi attive superasse il 50%. Pertanto, il solo fatto, più o meno casuale, che i soggetti interessati dall’introduzione di un’imposta provengano in ampia misura o, addirittura, in misura prevalente, da altri Stati membri non può in quanto tale integrare ancora una discriminazione dissimulata.

2) Presupposti di una discriminazione dissimulata

35.

Occorre pertanto chiarire i precisi presupposti di una discriminazione dissimulata. A questo proposito, da un lato, si pone la questione di quanto stretto debba essere il rapporto tra il criterio di distinzione prescelto e la sede di una società per poter presumere una disparità di trattamento fondata sulla sede. Sino ad oggi, la Corte ha parlato sia di coincidenza, nella maggior parte dei casi ( 14 ), sia di mera prevalenza dell’impatto sui non residenti ( 15 ) o, addirittura, di un mero pericolo di un pregiudizio ( 16 ). Al momento sembra chiaro soltanto che non è richiesta una coincidenza al 100% tra il criterio individuato e la sede della società ( 17 ).

36.

Dall’altro lato, non è soltanto il grado di correlazione richiesto dalla giurisprudenza a essere incerto, ma anche la questione se detta correlazione debba sussistere di consueto ( 18 ) o debba derivare dalla natura stessa del criterio di distinzione, come indicano numerose sentenze ( 19 ) o possa, invece, fondarsi anche su circostanze di fatto casuali ( 20 ).

37.

A mio giudizio, per riconoscere una discriminazione dissimulata nell’ambito del diritto tributario devono essere soddisfatte condizioni più stringenti. In tale ambito essa dovrebbe ricomprendere solo quei casi che, da un punto di vista meramente formale, non integrino alcuna discriminazione, pur producendone gli effetti ( 21 ). Ritengo pertanto che una disciplina dissimulatamente discriminatoria debba riguardare, per sua stessa natura ( 22 ) o in modo fortemente prevalente, in particolare, imprese straniere come accaduto verosimilmente nella causa Hervis Sport ( 23 ).

38.

Tuttavia, non si può supporre che ciò accada nel caso di un criterio costituito da una determinata superficie di vendita la cui soglia comporta unicamente che, in base a una lettera della Commissione del 2004, in un anno (su quindici anni ipotizzabili), in un’altra regione (con soglie completamente diverse) ( 24 ) circa il 61,5% dei negozi al dettaglio interessati sono gestiti da imprese di altri Stati membri (o con soci provenienti da altri Stati membri).

39.

Inoltre, non è chiaro come sia stata determinata la «provenienza» di dette imprese ( 25 ). In particolare, nel diritto fiscale, la provenienza di un’impresa è determinata in linea di principio in ragione della sua sede, intesa come luogo di stabilimento, e non, ad esempio, in ragione della nazionalità dei suoi soci. Posto che la ANGED è un’associazione nazionale di grandi imprese di distribuzione in Spagna, anche i suoi membri potrebbero essere considerati come imprese spagnole. E quand’anche si facesse riferimento ai soci di una società, nulla di diverso emerge dai dati disponibili, aspetto questo che spetta però al giudice del rinvio esaminare ( 26 ). Infatti, i dati non indicano che, nella specie, le imprese di altri Stati membri siano svantaggiate per loro natura o in misura fortemente preponderante rispetto alle imprese spagnole.

2.   In subordine: giustificazione

40.

Nel caso in cui, contrariamente alle considerazioni che precedono, dovesse essere ravvisata una discriminazione dissimulata, occorrerebbe esaminare se essa sia giustificata. Tuttavia, tale esame riguarda unicamente il mancato assoggettamento degli stabilimenti commerciali più piccoli. Infatti, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta che siano prevalentemente le imprese nazionali a beneficiare delle esenzioni nel quadro dell’IDMGAV (articolo 20 del TRIMCA).

41.

Una restrizione delle libertà fondamentali può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso ( 27 ).

a)   Motivi imperativi di interesse generale

42.

L’IDMGAV è finalizzata alla pianificazione territoriale e alla protezione dell’ambiente (v., supra, paragrafo 7). In tale contesto, si intende assoggettare all’imposta gli stabilimenti che, in ragione della loro attrazione sui consumatori, provocano spostamenti massicci di veicoli producendo, di conseguenza, un impatto negativo sull’ambiente e sull’utilizzo del territorio nella Comunità autonoma di Aragona. La giurisprudenza della Corte riconosce come causa di giustificazione gli obiettivi connessi alla gestione del territorio ( 28 ) e alla protezione dell’ambiente ( 29 ).

43.

Inoltre, è necessario basarsi sulla particolare capacità economica espressa «dall’attività e dal traffico che si sviluppano negli stabilimenti commerciali» e contenerla tramite l’imposta. A mio giudizio, la Corte non ha ancora avuto occasione di stabilire se anche una diversa capacità economica (e quindi la differente capacità di sostenere oneri finanziari) possa essere considerata come giustificazione per la restrizione di una libertà fondamentale. Tuttavia, non voglio escludere che, come ad esempio nel caso di un’aliquota progressiva, anche una diversa capacità economica possa giustificare un diverso trattamento fiscale ( 30 ).

b)   Proporzionalità della restrizione

44.

Inoltre, la restrizione deve essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito – nella specie, quello di compensare l’impatto territoriale e ambientale che può derivare dalla costruzione di grandi stabilimenti commerciali – e non può eccedere quanto necessario per raggiungerlo ( 31 ).

1) Idoneità dell’imposta

45.

In base alla giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato solo se essa soddisfa effettivamente l’esigenza di conseguirlo in modo coerente e sistematico ( 32 ).

46.

A questo proposito, il legislatore dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale in un settore che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che le istituzioni competenti intendono perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura ( 33 ).

47.

Inoltre, la Corte tiene conto anche della discrezionalità riconosciuta agli Stati membri in sede di emanazione di leggi generali ( 34 ). In particolare, anche il legislatore tributario è chiamato a compiere scelte di natura politica, economica e sociale nonché ( 35 ) valutazioni complesse. In materia fiscale, in mancanza di un’armonizzazione da parte del diritto dell’Unione, il legislatore nazionale dispone di una certa discrezionalità nell’introdurre un’imposta per gli stabilimenti commerciali. Di conseguenza, l’obbligo di coerenza deve intendersi rispettato a condizione che l’IDMGAV non sia manifestamente inidonea a conseguire l’obiettivo perseguito.

48.

L’IDMGAV grava in particolar modo sugli stabilimenti commerciali con superfici di grandi dimensioni. Ciò si fonda, evidentemente, sull’assunto che essi generano un volume di traffico di clienti e di fornitori superiore. È verosimile che tale più elevato volume di traffico di clienti e di fornitori possa implicare emissioni sonore ed atmosferiche maggiori e che possa avere quindi un impatto ambientale superiore. Pertanto, una legge che, attraverso un’imposta, penalizza maggiormente gli stabilimenti commerciali che producono emissioni sonore e atmosferiche superiori sembra adatta a incentivare preferibilmente la gestione di esercizi al dettaglio più piccoli che, considerati singolarmente, producono meno emissioni.

49.

Posto che, anche dal punto di vista urbanistico, le imprese di dimensioni più contenute sono più facilmente integrabili, ciò è in linea anche con l’idea di una ripartizione ragionevole ed equa dello spazio limitato. Sotto questo profilo, la legge è altresì idonea a contribuire alla protezione dell’ambiente e a raggiungere gli obiettivi di pianificazione territoriale in maniera coerente e sistematica ( 36 ).

50.

Irrilevante, a tal fine, è il fatto che l’IDMGAV non distingua tra l’apertura di un esercizio al dettaglio in aree urbane o in aree rurali. A prescindere dalla loro posizione, gli stabilimenti commerciali di grandi dimensioni attraggono un maggior traffico, in termini di fornitori e di clienti, rispetto agli stabilimenti commerciali più piccoli. Lo stesso vale per il mancato cumulo di più stabilimenti commerciali di uno stesso titolare.

51.

La mancata distinzione tra stabilimenti in aree urbane e in aree rurali (ed eventualmente anche il mancato cumulo) indica soltanto che, sotto il profilo ambientale, la struttura dell’imposta potrebbe essere eventualmente migliorata per realizzare in modo ancor più mirato gli obiettivi succitati. Tuttavia, ciò non implica che l’imposta in esame sia manifestamente inidonea a conseguire tali obiettivi.

2) Necessità dell’imposta

52.

Pertanto, occorre chiarire se l’imposta – collegata a una superficie complessiva di 2000 m2 – sia anche necessaria per raggiungere gli obiettivi di cui trattasi.

53.

In base alla giurisprudenza della Corte, nel valutare la necessità nell’ambito della proporzionalità occorre tener conto del fatto che, qualora sia possibile una scelta tra più misure idonee, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti ( 37 ).

54.

In proposito, occorre anche ricordare che, se incombe allo Stato membro che fa valere un motivo imperativo di interesse generale per giustificare una restrizione ad una libertà di circolazione dimostrare che la propria normativa è opportuna e necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo legittimo perseguito, tale onere della prova non può estendersi – già nell’ambito di un procedimento per inadempimento – fino a pretendere che lo Stato membro dimostri in positivo che nessun altro possibile provvedimento permette la realizzazione dello stesso obiettivo alle stesse condizioni ( 38 ). Questa considerazione deve valere a maggior ragione per un procedimento di rinvio pregiudiziale.

55.

Le soglie presentano, a questo proposito, la peculiarità di poter sempre essere rimesse in discussione, ad esempio, perché non si è scelto di indicare 1000 m2 o 3000 m2, invece dei prescelti 2000 m2. Tuttavia, tale questione si pone per tutte le soglie e, a mio giudizio, solo il legislatore democraticamente legittimato può fornire una risposta. Diversamente da quanto ritiene la Commissione, il legislatore non è tenuto in proposito a dimostrare empiricamente le modalità di determinazione di tale soglia e non rileva neppure che la Commissione la reputi convincente o addirittura «corretta», a condizione che essa non sia manifestamente errata, il che – nella specie – non sembra accadere.

56.

Una soglia più elevata rappresenterebbe forse una misura meno restrittiva, ma non sarebbe – dal punto di vista dello Stato membro – parimenti idonea. Non si può ignorare il fatto che negozi al dettaglio di dimensioni maggiori pongono sfide più complesse alla pianificazione urbanistica e impongono la presa in considerazione di interessi di carattere ambientale. Né si può parimenti dimenticare che la dimensione degli stabilimenti commerciali è indice di un fatturato superiore e, quindi, anche di una forza economica maggiore (e pertanto di una capacità finanziaria più elevata). Non si può neppure ritenere manifestamente errata la considerazione che i negozi al dettaglio di dimensioni superiori beneficiano in misura maggiore delle infrastrutture di una città rispetto a quelli più piccoli. Di conseguenza, la superficie di vendita degli stabilimenti commerciali costituisce un fattore rilevante ai fini del raggiungimento degli obiettivi della legge.

57.

A tal proposito, non pone alcun problema neppure il mancato cumulo di più stabilimenti commerciali dello stesso titolare. Se l’obiettivo della legge è orientato all’impatto dei singoli stabilimenti commerciali, allora anche il fatto di riferirsi proprio alla dimensione di ogni singolo stabilimento commerciale costituisce un mezzo idoneo dal punto di vista del legislatore.

58.

Infine – diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione e dalla ANGED – la previsione di requisiti di legge in materia urbanistica per la costruzione di uno stabilimento commerciale non è parimenti idonea a fornire un incentivo finanziario ad aprire preferibilmente stabilimenti commerciali più piccoli.

3) Adeguatezza dell’imposta

59.

Le restrizioni a una libertà fondamentale devono inoltre essere anche adeguate all’obiettivo perseguito ( 39 ). Ciò impone che la restrizione e le sue conseguenze non siano sproporzionate rispetto agli scopi (meritevoli di tutela) perseguiti ( 40 ). In definitiva, è richiesta una concreta ponderazione delle conseguenze tenuto conto della portata in astratto del bene giuridico tutelato (nella specie, la protezione dell’ambiente e la pianificazione territoriale) e del bene giuridico colpito ( 41 ) (nella fattispecie, ipoteticamente, l’esercizio di una libertà fondamentale).

60.

Nel caso di specie, l’imposta non è sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti. Da un lato, l’onere non è così elevato da impedire lo svolgimento di un’attività economica (cosiddetto «effetto di soffocamento»). In particolare, i primi 2000 m2 non sono affatto tassati e, in base alle informazioni fornite dalle autorità, l’imposta è deducibile dalla base imponibile dell’imposta spagnola sulle società. Dall’altro, sono proposti sgravi se lo stabilimento commerciale investe in determinate misure dirette a prevenire o contrastare gli effetti negativi dei danni sul territorio e sull’ambiente (v. articoli 45 e 46 TRIMCA). Inoltre, la protezione dell’ambiente e anche la pianificazione territoriale sono beni giuridici di grande importanza per la convivenza sociale, e, nel caso della protezione dell’ambiente (trattata espressamente nell’articolo 11 TFUE, nell’articolo 3, paragrafo 3, TUE e nell’articolo 37 della Carta), di enorme importanza ( 42 ). Pertanto, in definitiva, anche una restrizione (dissimulata) della libertà di stabilimento sarebbe giustificata.

B. Sulla presenza di un aiuto di Stato

61.

Con riferimento alla seconda questione occorre verificare se nelle disposizioni del TRIMCA sia ravvisabile un aiuto di Stato illegittimo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

1.   Deduzione della sussistenza di un aiuto di Stato al fine di sottrarsi a un debito d’imposta

62.

Occorre preliminarmente osservare che la Corte ha già dichiarato in più occasioni che i debitori di un tributo non possono eccepire che l’esenzione di cui fruiscono altre imprese costituisca un aiuto statale per sottrarsi al pagamento dello stesso ( 43 ).

63.

Tuttavia, la situazione sarebbe diversa se l’imposta e l’esenzione prevista costituissero parte integrante di una misura di aiuto. A tal fine deve necessariamente sussistere un vincolo di destinazione tra l’imposta e l’aiuto in forza della normativa nazionale pertinente, nel senso che il gettito del tributo viene necessariamente destinato al finanziamento dell’aiuto medesimo e incide direttamente sulla sua entità e, conseguentemente, sulla valutazione della compatibilità dell’aiuto medesimo con il mercato interno ( 44 ).

64.

A questo proposito si può affermare che il gettito dell’imposta di cui trattasi non è destinato a un regime specifico di aiuti per le imprese commerciali, bensì al finanziamento di misure preventive o di ripristino dell’ambiente degradato (v. articolo 5 del TRIMCA). Pertanto, è escluso che le entrate ottenute possano favorire qualche impresa in particolare o uno specifico settore di attività poiché perseguono un obiettivo di interesse generale e recano benefici alla società nel suo complesso.

65.

Si può dunque concludere che le imprese tenute a versare l’imposta di cui trattasi non possono, dinanzi ai giudici nazionali, dedurre l’illegittimità dell’«esenzione fiscale» concessa per sottrarsi al suo versamento o per chiederne il rimborso. Tuttavia, se tali imprese non possono invocare la suddetta esenzione, diviene superflua ogni ulteriore considerazione sull’eventuale sussistenza di un aiuto di Stato. Il controllo dell’ammissibilità dell’aiuto sotto forma di mancato assoggettamento a imposta dei negozi al dettaglio più piccoli sarebbe pertanto riservato alla Commissione nell’ambito di un procedimento ordinario in materia di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 108 TFUE.

66.

Tuttavia, posto che il giudice del rinvio esamina non gli avvisi di accertamento dell’imposta ma la legge alla loro base con modalità che potrebbero assumere rilievo anche per soggetti diversi dalla ANGED, talune ulteriori considerazioni sull’articolo 107 TFUE potrebbero essere utili quantomeno per tale giudice.

2.   Presupposti di fatto dell’aiuto di Stato

67.

Ciò premesso, occorre esaminare se 1) nel mancato assoggettamento dei titolari di negozi al dettaglio di dimensioni inferiori, o 2) nell’esenzione accordata a taluni negozi al dettaglio più grandi debba essere ravvisato un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

68.

In base alla giurisprudenza consolidata della Corte, la qualificazione come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, esige, in primo luogo, che si tratti di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, esso deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza ( 45 ).

a)   Sulla nozione di vantaggio

69.

Per quanto riguarda la questione se la normativa in esame nel procedimento principale debba essere interpretata nel senso che conferisce un vantaggio al rispettivo beneficiario, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che devono essere considerati come un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni di mercato normali ( 46 ).

70.

Anche un vantaggio fiscale che, pur non essendo collegato al trasferimento di risorse statali, ponga i soggetti beneficiari in una posizione più favorevole dal punto di vista finanziario rispetto agli altri soggetti passivi, può rientrare nell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE ( 47 ).

71.

Così, sono considerati aiuti di Stato, in particolare, gli interventi che, sotto varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, di conseguenza, senza essere sovvenzioni nel senso stretto del termine, hanno rispetto a queste uguale natura e producono identici effetti ( 48 ).

72.

Con riferimento al mancato assoggettamento a imposta degli stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori, occorre osservare che, a norma del TRIMCA, l’imposta si applica unicamente agli stabilimenti commerciali con una superficie uguale o superiore a 2000 m2 (in merito a tale soglia v., supra, paragrafo 24), in quanto fondamentalmente a partire da detta dimensione si presume una certa capacità economica (fortemente tipizzante) (v. articolo 15 del TRIMCA). In condizioni di mercato normali e anche in base alla volontà del legislatore regionale spagnolo, gli stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori (al di sotto della soglia dei 2000 m2 di superficie totale che si ricava dall’articolo 22 del TRIMCA) non sono assoggettati all’imposta. Di conseguenza, essi non beneficiano neppure di sgravi dagli oneri fiscali che gli stabilimenti commerciali di piccole dimensioni dovrebbero normalmente sopportare. Né gli stabilimenti commerciali di dimensioni maggiori sono tenuti a sopportare oneri con riferimento ai primi 2000 m2 della loro superficie di vendita. A questo riguardo, ancora una volta, mancano un trattamento sfavorevole (si vedano già, sul punto, i paragrafi 28 e 29) e un vantaggio economico che gli stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori non avrebbero ottenuto in condizioni di mercato normali.

73.

Pertanto, il mancato assoggettamento all’imposta dei piccoli stabilimenti commerciali non può integrare un aiuto di Stato. Tutt’al più potrebbe costituire un vantaggio siffatto l’esenzione dall’imposta di cui trattasi accordata a determinati stabilimenti commerciali di dimensioni maggiori (in particolare, in base all’articolo 20 del TRIMCA, i rivenditori di macchinari, materiali per l’edilizia o mobili). Tuttavia, tale vantaggio dovrebbe essere anche selettivo.

b)   Selettività del vantaggio

74.

A questo proposito, occorre verificare se 1) l’esenzione fiscale accordata a determinati negozi al dettaglio di dimensioni maggiori «favor[isca] talune imprese o talune produzioni» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, vale a dire, se sussista un «vantaggio selettivo» in linea con la giurisprudenza della Corte.

75.

In subordine, ove la Corte dovesse constatare che anche il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali più piccoli costituisce un vantaggio che questi non avrebbero ottenuto in condizioni di mercato normali, occorre anche verificare se 2) il mancato assoggettamento all’imposta dei titolari dei negozi al dettaglio più piccoli possa costituire un siffatto «vantaggio selettivo».

1) Selettività nel diritto tributario

76.

L’esame della suddetta selettività nell’ambito della normativa degli Stati membri in materia fiscale causa notevoli difficoltà ( 49 ).

77.

La giurisprudenza della Corte ribadisce costantemente il principio che un regime fiscale non è selettivo quando avvantaggia indistintamente l’insieme degli operatori economici ( 50 ). Tuttavia, sempre in base alla giurisprudenza, il solo fatto che un regime fiscale avvantaggi soltanto quelle imprese che ne soddisfano i requisiti non può, di per sé, conferire ad esso carattere selettivo ( 51 ).

78.

Per questo motivo, la Corte ha stabilito condizioni specifiche ai fini dell’accertamento del carattere selettivo dei vantaggi fiscali. Al riguardo, in definitiva, è determinante stabilire se le condizioni per il conseguimento del vantaggio fiscale previste dal regime tributario nazionale siano state scelte in modo non discriminatorio ( 52 ). A tal fine è necessaria, in un primo momento, l’identificazione del regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. Successivamente, a fronte di tale regime tributario comune o «normale», si deve valutare l’eventuale selettività del vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata.

79.

Tale selettività può sussistere quando la misura di cui trattasi deroga al tale regime comune, in quanto introduce differenziazioni tra operatori economici che si trovano però, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema tributario di tale Stato membro, in una situazione di fatto e di diritto comparabile ( 53 ). Tuttavia, anche quando tali condizioni sono soddisfatte, il vantaggio potrebbe essere giustificato dalla natura o dagli obiettivi generali del sistema nel quale si inserisce, in particolare quando una disposizione fiscale si fonda direttamente sui principi informatori o basilari del sistema fiscale nazionale ( 54 ).

80.

Tale verifica specifica risulta necessaria ai fini dell’accertamento della selettività delle disposizioni tributarie, dal momento che i vantaggi fiscali – diversamente da quanto accade per le sovvenzioni in senso stretto sotto forma di prestazioni in denaro – sono frutto di un regime tributario cui le imprese sono, in termini generali, sempre e necessariamente assoggettate. I regimi fiscali comportano in proposito, con modalità diverse, distinzioni che spesso sono finalizzate unicamente ad attuare il preciso obiettivo dell’imposta. In base alla giurisprudenza, tali distinzioni «vantaggiose» e che non costituiscono sovvenzioni in senso stretto possono però essere qualificate come aiuti di Stato solo se ne hanno la stessa natura e producono effetti identici ( 55 ).

81.

Pertanto, solo quando uno Stato membro utilizza il proprio sistema fiscale vigente come mezzo per erogare prestazioni in denaro che si pongono al di fuori di esso sussiste anche un motivo sufficiente per equiparare tali vantaggi fiscali alle sovvenzioni in senso stretto ( 56 ).

82.

A questo riguardo, la Corte compie un esame di coerenza nel quale l’incoerenza è in definitiva un indice di abuso. La differenza risiede nel fatto che in questo caso non si chiede se il soggetto passivo scelga costruzioni abusive per sottrarsi all’imposta, bensì se lo Stato membro – considerato in maniera oggettiva – «abusi» del suo diritto tributario per accordare sovvenzioni a singole imprese eludendo la normativa in materia di aiuti di Stato.

83.

Da quanto precede emerge che, per accertare il carattere selettivo di un vantaggio fiscale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è richiesta anzitutto una disparità di trattamento non giustificabile nell’ambito del regime fiscale di uno Stato membro. A tal proposito, determinante è se la suddetta differenziazione risulti dalla natura o dalla struttura del sistema in cui si inserisce ( 57 ).

84.

Inoltre, in base alla formulazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la disparità di trattamento ingiustificata di cui trattasi deve favorire talune imprese o talune produzioni. Pertanto, in particolare nella sentenza Gibilterra, la Corte ha dichiarato che una normativa fiscale deve caratterizzare le imprese beneficiarie in virtù delle proprietà loro peculiari quale categoria privilegiata ( 58 ).

85.

È vero che, a prima vista, nella sentenza World Duty Free Group ( 59 ), tale constatazione è stata in una certa misura relativizzata ( 60 ). In tale causa, una normativa fiscale che accordava vantaggi fiscali (un periodo di ammortamento ridotto) a tutti i soggetti passivi che acquistavano imprese estere con un avviamento finanziario è stata classificata come selettiva in quanto altri soggetti passivi che acquistavano imprese nazionali potevano portare in ammortamento l’avviamento finanziario soltanto nell’arco di un periodo più lungo. Posto che i soggetti passivi non costituiscono di per sé «talune imprese o talune produzioni», la condizione di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non era soddisfatta ( 61 ). Tuttavia la sentenza di cui trattasi riguardava un particolare caso di «promozione delle esportazioni» delle imprese nazionali per investimenti all’estero a danno delle imprese straniere contrario al principio giuridico sancito dall’articolo 111 TFUE. Pertanto, specifiche sovvenzioni all’esportazione possono soddisfare il requisito della selettività anche se si applicano a tutti i soggetti passivi.

2) Sul carattere selettivo delle singole disparità di trattamento

86.

Il giudice del rinvio ritiene che la disciplina in esame possa implicare un vantaggio selettivo sotto vari profili, vale a dire, per via del diverso trattamento accordato agli stabilimenti commerciali sulla base della loro dimensione e dell’esenzione da imposta accordata a determinati stabilimenti commerciali.

87.

Così facendo, in definitiva, il giudice del rinvio ha scelto come riferimento vari regimi fiscali «normali». Infatti, ove presuma la selettività del mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali più piccoli, esso muove da un sistema di riferimento in base al quale dovrebbero essere ricompresi tutti gli stabilimenti commerciali. Per quanto riguarda gli stabilimenti commerciali più grandi che sono esenti, il sistema di riferimento comprenderebbe tutti gli stabilimenti di questo tipo.

88.

Pertanto, a seconda della disparità di trattamento presa in considerazione, sarà coinvolto l’uno o l’altro sistema di riferimento. Ne risulta chiaramente che – come già constatato dalla Corte nella sentenza Gibilterra ( 62 ) – l’identificazione di una tassazione «normale» non può essere determinante. L’elemento determinante, come nuovamente sottolineato dalla Corte nella sentenza World Duty Free ( 63 ), è unicamente l’esame della rispettiva disparità di trattamento tenuto conto dell’obiettivo perseguito dalla legge.

89.

Pertanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, occorre chiarire se le disposizioni contenute nel TRIMCA comportino disparità di trattamento che non trovano il loro fondamento nella specifica normativa fiscale, ma perseguono obiettivi ad essa esterni e quindi non pertinenti ( 64 ).

i) Esame dell’obiettivo della legge

90.

Ciò impone anzitutto un esame più attento dell’obiettivo della legge. Come indicato al paragrafo 42 supra, la legge ha come scopo la protezione dell’ambiente, la pianificazione territoriale e la ripartizione dei costi tra le imprese che, nell’ambito di un esame tipizzante, si presume dispongano di una particolare capacità economica in ragione dell’utilizzo di grandi superfici di vendita. A ciò si aggiunge una certa «funzione ridistributiva» se gli operatori economicamente più forti sono chiamati a sopportare oneri fiscali maggiori rispetto a quelli economicamente più deboli.

ii) Esenzione dall’imposta di determinati stabilimenti commerciali che occupano grandi superfici

91.

Per quanto attiene all’esenzione da imposta prevista nell’articolo 20 del TRIMCA occorre considerare che, di norma, in ragione della loro gamma di prodotti, i rivenditori di macchinari, materiali per l’edilizia, mobilio, finestre e porte, vivai per giardinaggio e automobili necessitano di una superficie di vendita e di deposito più grande. A questo riguardo, rispetto agli stabilimenti commerciali di grandi dimensioni con una gamma di prodotti più piccoli, la presunzione tipizzante di una capacità economica maggiore in presenza di superfici di vendita più grandi non è del tutto pertinente.

92.

A ciò si aggiunge il fatto che tali stabilimenti commerciali necessitano in particolare di superfici più grandi e sopportano quindi un onere di imposta oltremodo gravoso. Posto che, in particolare in materia tributaria, è necessario tener conto del principio di proporzionalità, la presa in considerazione del suddetto particolare onere da parte del legislatore nazionale è del tutto comprensibile ( 65 ) e non è manifestamente estranea all’obiettivo di colpire una particolare capacità economica.

93.

Diversamente da quanto ritiene la ANGED, anche con riferimento all’obiettivo della protezione dell’ambiente, occorre considerare che i suddetti soggetti passivi, in ragione della loro gamma di prodotti, non attraggono lo stesso elevato volume di clienti per metro quadrato di altri stabilimenti commerciali. Di norma, un cliente si reca in un negozio di finestre e di porte con minore frequenza rispetto a un discount di alimentari con la stessa superficie. In tale contesto, la suddetta frequentazione meno elevata da parte dei clienti implica senz’altro anche un minore traffico di fornitori. Di norma, gli stabilimenti commerciali indicati nell’articolo 20 del TRIMCA vendono ad altre imprese che acquistano quantitativi maggiori ma che accedono più raramente alle superfici di vendita. Non occorre stabilire se sia veramente così. Posto che, a tal riguardo, il legislatore nazionale è chiamato a compiere una previsione, la sua decisione può essere esaminata unicamente sotto il profilo della sua manifesta erroneità (sul criterio di esame v. paragrafo 47 supra). Tuttavia, nella specie non si ravvisa un siffatto errore manifesto.

94.

Sotto il profilo dell’obiettivo della pianificazione territoriale non si comprende, prima facie, perché i negozi di materiali per l’edilizia dovrebbero essere esenti. Tuttavia, si tratta di un aspetto irrilevante, poiché è sufficiente che la disparità di trattamento possa essere giustificata alla luce di uno degli obiettivi della legge. Nella specie, tale condizione risulta soddisfatta con riferimento a una quantificazione dell’onere in ragione della capacità economica e della presa in considerazione dell’impatto ambientale negativo.

95.

Soltanto l’esenzione dei rivenditori di mobilio in negozi individuali, tradizionali e specializzati non è, prima facie, pienamente spiegabile alla luce dei suddetti obiettivi della legge. Non emerge immediatamente perché tali stabilimenti commerciali debbano attrarre un minor traffico di fornitori o di clienti o indicare una capacità economica ridotta. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio stabilire se i negozi di mobili «normali» e quelli indicati nell’articolo 20 del TRIMCA siano o meno comparabili a tal fine ( 66 ).

96.

Se, anche tenuto conto di un margine di previsione, i negozi di mobili «normali» e quelli indicati nell’articolo 20 del TRIMCA sono comparabili, in fatto e in diritto, alla luce degli obiettivi della legge (effetti negativi sull’ambiente e sulla pianificazione territoriale, collegamento alla capacità economica in ragione dell’affluenza di clienti e di fornitori per metro quadrato), la presente esenzione da imposta costituirebbe un vantaggio a favore dei rivenditori di mobilio esenti. Tale disparità di trattamento non sarebbe quindi giustificata dai principi informatori o basilari del regime fiscale. La disciplina sarebbe allora selettiva sotto tale profilo e dovrebbe essere equiparata a una sovvenzione in senso stretto (v., in proposito, paragrafo 80).

iii) In subordine: mancato assoggettamento all’imposta degli esercizi al dettaglio di dimensioni inferiori

97.

Il giudice del rinvio critica anche il mancato assoggettamento in toto degli stabilimenti commerciali con una superficie complessiva inferiore a 2000 m2. Conformemente alla giurisprudenza, un vantaggio selettivo può venire in considerazione solo quando la misura in esame deroga al regime ordinario poiché introduce differenziazioni tra operatori economici che si trovano però, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dalla normativa fiscale dello Stato membro di cui trattasi, in una situazione fattuale e giuridica comparabile ( 67 ).

98.

Nella specie non esiste una disparità di trattamento tra stabilimenti commerciali più piccoli e più grandi, per il fatto che nemmeno i grandi stabilimenti commerciali sono gravati dall’imposta per i primi 2000 m2 della loro superficie complessiva (v. sul punto paragrafo 72 supra). Tutti gli stabilimenti commerciali beneficiano in proposito del suddetto «vantaggio» consistente nel fatto di non essere assoggettati all’imposta. I piccoli stabilimenti commerciali, quand’anche fossero fatti rientrare nell’ambito di applicazione dell’imposta, non sarebbero da essa gravati – al pari dei grandi stabilimenti commerciali ‑ con riferimento alla loro superficie complessiva compresa tra 1 m2 e 2000 m2. Inoltre, gli stabilimenti commerciali grandi e piccoli non si trovano in una situazione comparabile (v. al riguardo paragrafi 100 e segg.). Tuttavia, quand’anche si presumesse una disparità di trattamento, tale differenza sarebbe giustificata (v. paragrafi 102 e segg.).

– Sull’eventuale sussistenza di una situazione fattuale e giuridica comparabile

99.

In particolare nella sentenza World Duty Free Group, la Corte ha sottolineato che i beneficiari devono trovarsi in una situazione fattuale e giuridica comparabile, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal regime di cui trattasi e essere quindi oggetto di un trattamento differenziato idoneo, in sostanza, ad essere qualificato come discriminatorio ( 68 ).

100.

Di conseguenza, il mancato assoggettamento di fatto dei titolari dei negozi al dettaglio di dimensioni inferiori (individualmente o come parte di uno stabilimento commerciale collettivo) non costituisce di per sé alcun vantaggio selettivo ai sensi della nozione di aiuti di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Infatti, tale distinzione è insita nell’obiettivo della legge che consiste nel ridurre l’impatto negativo sull’ambiente e sulla pianificazione territoriale degli stabilimenti commerciali più grandi, incentivando la gestione di stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori non gravati dall’imposta. Pertanto, anche il mancato cumulo di più stabilimenti commerciali di uno stesso titolare non è soltanto comprensibile ma anche coerente e necessario alla luce dell’obiettivo della legge.

101.

Gli stabilimenti commerciali più grandi e più piccoli si differenziano proprio in ragione della loro superficie di vendita e della capacità economica che ne deriva nonché in ragione dell’affluenza di clienti e di fornitori per metro quadrato. In base alla valutazione dello Stato membro, che nella specie non è manifestamente errata, essi non si trovano in una situazione giuridica e fattuale comparabile.

– In subordine: giustificazione della differenziazione

102.

Ove la Corte dovesse invece ravvisare una comparabilità fattuale e giuridica degli stabilimenti commerciali piccoli e di quelli più grandi, occorre esaminare se la differenziazione di cui trattasi possa essere giustificata.

103.

A mio giudizio, per quanto attiene alla dimensione della superficie di vendita, è possibile rispondere in senso affermativo. Tale dimensione costituisce (quantomeno in maniera non manifestamente errata) un indice di un determinato volume di prodotti e di clienti e, quindi, di un certo traffico di clienti e fornitori e delle conseguenti emissioni sonore e atmosferiche e di altri effetti che provocano un particolare impatto su un comune. Inoltre, la dimensione di uno stabilimento commerciale può senz’altro essere considerata come un indicatore (di massima) di un fatturato maggiore e, di conseguenza, di una maggiore forza economica e quindi di una capacità contributiva superiore.

104.

La scelta di ridurre mediante una soglia il numero degli stabilimenti commerciali soggetti all’imposta e che, pertanto, devono essere controllati non è criticabile neppure sotto il profilo procedurale-amministrativo. Tale riduzione – al pari del mancato cumulo delle superfici di diversi stabilimenti commerciali – mira anche a semplificare le pratiche amministrative. Anche nel diritto dell’Unione in materia di IVA, le cosiddette piccole imprese (vale a dire le imprese il cui fatturato non supera un determinato «importo esente») non sono assoggettate all’imposta senza che, ad oggi, sia stata ivi ravvisata una qualche violazione della normativa in materia di aiuti di Stato. Inoltre, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla legge, il criterio della superficie di vendita in luogo del fatturato o dell’utile è del tutto comprensibile posto che la suddetta superficie è agevole da determinare (amministrazione semplice ed efficace) e più difficile da eludere rispetto, ad esempio, all’utile.

c)   Conclusione

105.

In conclusione, il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali più piccoli non costituisce un vantaggio selettivo a favore di dette imprese. Al riguardo, manca un vantaggio o una disparità di trattamento ingiustificata. Il loro mancato assoggettamento rientra oggettivamente tra gli obiettivi perseguiti dal TRIMCA.

106.

Anche l’esenzione da imposta prevista a favore di determinate imprese che dispongono di superfici maggiori è oggettivamente giustificabile alla luce degli obiettivi perseguiti dalla legge.

VI. Conclusione

107.

Propongo pertanto alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna):

1.

Gli articoli 49 e 54 TFUE non ostano a un’imposta come quella in esame gravante sui commercianti al dettaglio in ragione della loro superficie di vendita.

2.

L’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non può essere interpretato nel senso che il mancato assoggettamento ad imposta degli stabilimenti commerciali con una superficie complessiva inferiore a 2000 m2 costituisce un aiuto di Stato Lo stesso vale per l’esenzione da imposta accordata agli stabilimenti dedicati alla vendita dei seguenti prodotti: a) macchinari, veicoli, attrezzature e forniture industriali; b) materiali di costruzione, prodotti sanitari, porte e finestre, se venduti unicamente a professionisti; c) vivai per giardinaggio e colture; d) automobili nei saloni di esposizione di concessionari e nelle officine di riparazione ed e) combustibili e carburanti per motori.

3.

Se l’esenzione da imposta accordata agli stabilimenti commerciali dedicati alla vendita di mobilio in negozi individuali, tradizionali e specializzati costituisca un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, dipende dalla comparabilità con gli stabilimenti commerciali che vendono mobilio in negozi che non sono di questo tipo. Tale aspetto è rimesso alla decisione del giudice del rinvio.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Si tratta delle cause riunite C‑234/16 e C‑235/16 nonché della causa C‑233/16.

( 3 ) A mio giudizio, ne deriva una «superficie di vendita esente» di 1333 m2, posto che l’aggiunta delle aree di parcheggio e delle superfici destinate ad altri usi è limitata, rispettivamente, al 25% della superficie di vendita (1.333 x 1,5 = 2000). Pertanto, la «superficie esente» di 2000 m2 può essere superata solo a partire da una superficie di vendita di 1333 m2. In tal senso, la linea di demarcazione tra stabilimenti piccoli e grandi si colloca, in Aragona, non a 500 m2, ma a 1333 m2 (o, senza considerare parcheggi e altri depositi a 2000 m2). Per motivi di semplificazione, si parlerà di una superficie esente di 2000 m2.

( 4 ) Sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138, punto 40 e giurisprudenza ivi citata); del 13 dicembre 2005, SEVIC Systems (C‑411/03, EU:C:2005:762, punto 18), e del 21 gennaio 2010, SGI (C‑311/08, EU:C:2010:26, punto 38).

( 5 ) Sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 36); del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 34), e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

( 6 ) V. mie conclusioni nelle cause C (C‑122/15, EU:C:2016:65, paragrafo 66); X (C‑498/10, EU:C:2011:870, paragrafi 28 e seg.); Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 8384), e X (C‑686/13, EU:C:2015:31, paragrafo 40).

( 7 ) V. anche sentenza del 6 dicembre 2007, Columbus Container Services (C‑298/05, EU:C:2007:754, punti 5153); ordinanza del 4 giugno 2009, KBC‑bank (C‑439/07 e C‑499/07, EU:C:2009:339, punto 80), sentenza del 14 aprile 2016, Sparkasse Allgäu (C‑522/14, EU:C:2016:253, punto 29).

( 8 ) Sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172).

( 9 ) Sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 61).

( 10 ) V., in particolare, sentenze del 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (C‑3/88, EU:C:1989:606, punto 8); del 13 luglio 1993, Commerzbank (C‑330/91, EU:C:1993:303, punto 14); del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 26); dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97 EU:C:1999:368, punto 10); del 25 gennaio 2007, Meindl (C‑329/05, EU:C:2007:57, punto 21); del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148, punto 37); del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punti 117 e seg.); del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punto 30), e dell’8 giugno 2017, Van der Weegen e a. (C‑580/15, EU:C:2017:429, punto 33); v. anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 34).

( 11 ) Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punto 39).

( 12 ) Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punti 39 e segg.).

( 13 ) V., a tal proposito, anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 41).

( 14 ) V. sentenze del 7 luglio 1988, Stanton e L’Étoile 1905 (143/87, EU:C:1988:378, punto 9); del 13 luglio 1993, Commerzbank (C‑330/91, EU:C:1993:303, punto 15); dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97, EU:C:1999:368, punto 13); del 22 marzo 2007, Talotta (C‑383/05, EU:C:2007:181, punto 32); v. anche sentenze del 3 marzo 1988, Bergandi (252/86, EU:C:1988:112, punto 28) sull’articolo 95 del Trattato CE; del 26 ottobre 2010, Schmelz (C‑97/09, EU:C:2010:632, punto 48) sulla libera circolazione dei servizi, e del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punti 39 e segg.).

( 15 ) V. sentenza del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119).

( 16 ) V. sentenze del 22 marzo 2007, Talotta (C‑383/05, EU:C:2007:181, punto 32), e del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119); v. anche sentenza dell’8 maggio 1990, Biehl (C‑175/88, EU:C:1990:186, punto 14) sulla libera circolazione dei lavoratori.

( 17 ) V., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399, punto 41) sulla libera circolazione dei lavoratori.

( 18 ) V. sentenze dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97, EU:C:1999:368, punto 13).

( 19 ) V. sentenze dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97, EU:C:1999:368, punto 13); del 10 settembre 2009, Commissione/Germania (C‑269/07, EU:C:2009:527, punto 54); del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119); del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399 punto 41); del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken Betriebs (C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 26), e del 2 marzo 2017, Eschenbrenner (C‑496/15, EU:C:2017:152, punto 36).

( 20 ) V. sentenza del 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (C‑3/88, EU:C:1989:606, punto 9); v. anche sentenza del 9 maggio 1985, Humblot (112/84, EU:C:1985:185, punto 14) sull’articolo 95 del Trattato CEE.

( 21 ) V., sul punto, già le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 40).

( 22 ) In tal senso, anche nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento, sentenza del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119).

( 23 ) Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47) e le mie conclusioni in detta causa (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 37 e segg.).

( 24 ) Si trattava della Catalogna nel procedimento C‑233/16 con una soglia di 2500 m2.

( 25 ) V. anche sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 60), all’interno della quale l’attenzione è stata concentrata più sul «controllo» e sull’«azionariato» che sul luogo di stabilimento delle società.

( 26 ) A questo proposito, la documentazione prodotta dalla ANGED nel procedimento C‑233/16 con riferimento alla Catalogna, recante una soglia di 2500 m2, indica che «soltanto» il 52,03% del gettito totale dell’imposta grava su imprese di altri Stati membri e che la quota di superficie di vendita complessiva «imponibile» ad esse riconducibile corrisponde «unicamente» al 46,77%.

( 27 ) Sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France (C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 17); del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 73), e del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punto 42).

( 28 ) Sentenze del 1o ottobre 2009, Woningstichting Sint Servatius (C‑567/07, EU:C:2009:593, punto 29), e del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 74).

( 29 ) Sentenze dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133, punto 50), e del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 74).

( 30 ) V., sul punto, anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 59 e segg.).

( 31 ) Sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 35); del 13 dicembre 2005, SEVIC Systems (C‑411/03, EU:C:2005:762, punto 23); del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 47); del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 27); del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 42), e del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 25).

( 32 ) Sentenze del 17 novembre 2009, Presidente del Consiglio dei Ministri (C‑169/08, EU:C:2009:709, punto 42); del 12 luglio 2012, HIT e HIT LARIX (C‑176/11, EU:C:2012:454, punto 22 e giurisprudenza ivi citata), e dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 64).

( 33 ) Sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 123 e giurisprudenza ivi citata), e del 4 maggio 2016, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, EU:C:2016:323, punto 79).

( 34 ) Sentenze del 24 marzo 1994, Schindler (C‑275/92, EU:C:1994:119, punto 61); del 21 settembre 1999, Läärä e a. (C‑124/97, EU:C:1999:435, punti 14 e seg.), e del 6 novembre 2003, Gambelli e a. (C‑243/01, EU:C:2003:597, punto 63) – tutte sul gioco d’azzardo; e del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punti 48 e seg.) sulla legislazione alimentare.

( 35 ) Su un criterio comparabile in sede di valutazione degli atti delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri, v. anche sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 47).

( 36 ) Inoltre, in tal senso – con riferimento a una legge equivalente – già sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 80).

( 37 ) V. già sentenze dell’11 luglio 1989, Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 21); dell’8 luglio 2010, Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 45); del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 50); del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 54); del 4 maggio 2016, Pillbox 38 (C‑477/14, EU:C:2016:324, punto 48), e del 30 giugno 2016, Lidl (C‑134/15, EU:C:2016:498, punto 33).

( 38 ) V. sentenze del 23 ottobre 1997, Commissione/Paesi Bassi (C‑157/94, EU:C:1997:499, punto 58); del 10 febbraio 2009, Commissione/Italia (C‑110/05, EU:C:2009:66, punto 66), e del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 75).

( 39 ) Sentenze dell’11 ottobre 2007, ELISA (C‑451/05, EU:C:2007:594, punto 82 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 dicembre 2011, Commissione/Polonia (C‑271/09, EU:C:2011:855, punto 58).

( 40 ) Sentenze del 12 luglio 2001, Jippes e a. (C‑189/01, EU:C:2001:420, punto 81); del 9 novembre 2010, Volker e Markus Schecke ed Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punti 76 e segg.); del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 50), e del 30 giugno 2016, Lidl (C‑134/15, EU:C:2016:498, punto 33).

( 41 ) Così, in senso analogo, già sentenza del 9 novembre 2010, Volker e Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punti 76 e segg.).

( 42 ) Sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione (C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 91)

( 43 ) Sentenze del 20 settembre 2001, Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 80); del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punti 42 e segg.); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punti 43 e segg.), e del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C‑66/14, EU:C:2015:661, punto 21).

( 44 ) Sentenza del 25 giugno 1970, Francia/Commissione (47/69, EU:C:1970:60, punti 16/17 e segg.); del 13 gennaio 2005, Streekgewest (C‑174/02, EU:C:2005:10, punto 26), e del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punto 40).

( 45 ) Sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 40); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 38).

( 46 ) Sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 21), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 65).

( 47 ) V., in particolare, sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 72), e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 23).

( 48 ) Sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 13); del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101); del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 33), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 66).

( 49 ) V., ad esempio, l’attuale rinvio del BFH [Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), ordinanza del 30 maggio 2017 – II R 62/14, BFHE 257, 381] sulla cosiddetta clausola sui gruppi di imprese di cui all’articolo 6a del GrEStG (Grunderwerbsteuergesetz, legge sull’imposta sull’acquisto di immobili) nell’ambito della normativa sull’imposta sull’acquisto di immobili, attualmente pendente con il numero di ruolo C‑374/17.

( 50 ) V., ad esempio, sentenze dell’8 novembre 2001, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C‑143/99, EU:C:2001:598, punto 35); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 73); del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 39); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 23), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 53 e segg.).

( 51 ) V., in tal senso, in particolare, sentenze del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 42), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 59).

( 52 ) V., in tal senso, anche sentenze del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 53), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54); in maniera esplicita, anche al di fuori del diritto tributario, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punti 5355).

( 53 ) V. sentenze del 17 novembre 2009, Presidente del Consiglio dei Ministri (C‑169/08, EU:C:2009:709); dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 49); del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 42); del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 19); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 35); del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punti 4958); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54) e sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity (C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 51).

( 54 ) V. sentenze dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punti 6569); del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 22); v. in questo senso, in particolare, anche sentenze del 2 luglio 1974, Italia/Commissione (173/73, EU:C:1974:71, punto 33); dell’8 novembre 2001, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C‑143/99, EU:C:2001:598, punto 42); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 145), e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punti 4243).

( 55 ) V., in particolare, sentenze del 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (30/59, EU:C:1961:2, pag. 43); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punto 29); del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101), e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 22).

( 56 ) V., in tal senso, anche sentenza del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punti da 22 a 27).

( 57 ) Sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 42), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 71).

( 58 ) V. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 104).

( 59 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 73 e seg. e 86 e segg.).

( 60 ) A tal proposito, i punti 59 e 86 della sentenza di cui trattasi non appaiono del tutto coerenti.

( 61 ) A mio giudizio, ciò si evince al più tardi dalle considerazioni svolte nella sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 85 e seg.).

( 62 ) V. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 9091131).

( 63 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 54, 6774).

( 64 ) In tal senso espressamente sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 70).

( 65 ) V. anche sentenza del 4 giugno 2015, Commissione/MOL (C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 65).

( 66 ) Sul compito ad esso affidato, v. anche sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punti 57 e segg.).

( 67 ) V. sentenze dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 49); del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 19); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 35), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54).

( 68 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54); in precedenza già anche le sentenze del 28 luglio 2011, Mediaset/Commissione (C‑403/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:533, punto 36); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 75101), e del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 55), e del 4 giugno 2015, Commissione/MOL (C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 59).