ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 97

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

50o anno
28 aprile 2007


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

433a Sessione plenaria del 15 e del 16 febbraio 2007

2007/C 097/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un comitato consultivo europeo della politica dell'informazione statistica comunitaria COM(2006) 653 def. — 2006/0217 (COD)

1

2007/C 097/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE COM(2006) 397 def. — 2006/0129 (COD)

3

2007/C 097/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 — e oltre — Sostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano COM(2006) 216 def.

6

2007/C 097/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (versione codificata) COM(2006) 543 def. — 2006/0170 (COD)

12

2007/C 097/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura (versione codificata) COM(2006) 749 def. — 2006/0250 (CNS)

13

2007/C 097/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (versione codificata) COM(2006) 652 def. — 2006/0214 (COD)

14

2007/C 097/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro (versione codificata) (COM(2006) 664 def. — 2006/0222 (COD))

15

2007/C 097/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La politica europea in materia di logistica

16

2007/C 097/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia per una società dell'informazione sicura — Dialogo, partenariato e responsabilizzazione COM(2006) 251 def.

21

2007/C 097/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul riesame del quadro normativo comunitario per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica

27

2007/C 097/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 2, del Trattato CE relativa al rafforzamento della normativa sul lavoro marittimo (COM(2006) 287 def.)

33

2007/C 097/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le relazioni tra l'Unione europea ed il Giappone: il ruolo della società civile

34

2007/C 097/13

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema L'attuazione della strategia di Lisbona rinnovata

39

IT

 


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

433a Sessione plenaria del 15 e del 16 febbraio 2007

28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un comitato consultivo europeo della politica dell'informazione statistica comunitaria

COM(2006) 653 def. — 2006/0217 (COD)

(2007/C 97/01)

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 22 dicembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 433a sessione plenaria del 16 febbraio 2007, ha nominato relatrice generale FLORIO e ha adottato il seguente parere con 105 voti favorevoli, 0 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Premessa

1.1

Con il presente parere, il CESE intende esprimere la propria posizione sulla proposta della Commissione (1) di una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, intesa a riformare il CEIES (comitato consultivo europeo dell'informazione statistica nei settori economico e sociale).

1.2

Sin dalla sua concezione, il CEIES ha svolto un ruolo di organismo di consultazione al fine di promuovere il dialogo tra i produttori e gli utilizzatori delle statistiche a livello comunitario.

1.3

La Commissione, nel motivare la sua proposta, sottolinea che, nell'ambito delle consultazioni effettuate al fine di riformare il comitato, sono emersi alcuni obiettivi condivisi:

dare vita ad un organismo più efficiente e di dimensioni più limitate,

fare in modo che il CEIES riformato possa contribuire ad aumentare il livello qualitativo delle statistiche comunitarie,

permettere al CEIES riformato di acquistare un ruolo più strategico nell'assistenza del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione in sede di coordinamento degli obiettivi e delle priorità della politica dell'informazione statistica comunitaria,

garantire che la composizione del CEIES riformato rispecchi tutti i soggetti interessati alle statistiche europee, inclusi quelli della società civile.

2.   La proposta della Commissione

2.1

La proposta di decisione della Commissione istituisce un nuovo CEIES denominandolo, all'art. 1, «comitato consultivo europeo della politica dell'informazione statistica comunitaria »e conferendogli il ruolo di assistere il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione nel coordinamento delle priorità e degli obiettivi strategici della politica dell'informazione statistica comunitaria.

2.2

La proposta prevede in particolare un ruolo più incisivo per il comitato in sede di preparazione del programma statistico comunitario. Consultato dalla Commissione, in merito al programma, il comitato esprime un parere:

sulla pertinenza del programma rispetto alle esigenze dell'integrazione e dello sviluppo europei e rispetto alle attività della Comunità, tenuto conto dei progressi economici, sociali e tecnici,

sulle risorse necessarie per l'attuazione del programma, compresi i costi.

2.3

Il CEIES ha inoltre il compito di segnalare alla Commissione i settori sui quali ritiene importante sviluppare nuove attività statistiche, nonché quello di consigliare le modalità per soddisfare meglio le esigenze degli utenti in materia di qualità delle informazioni.

2.4

Su richiesta poi del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il comitato formula un parere su questioni inerenti:

le esigenze degli utenti in merito allo sviluppo della politica dell'informazione statistica comunitaria,

le priorità del programma statistico comunitario,

la valutazione delle statistiche esistenti,

la qualità dei dati e la politica di diffusione.

2.5

Il comitato ha anche la facoltà di presentare relazioni al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione sulle esigenze degli utenti e sui costi sostenuti dai fornitori di dati.

2.5.1

La Commissione riferisce annualmente sul modo in cui ha tenuto conto dei pareri del Comitato.

2.6

La proposta di decisione della Commissione riduce il numero dei componenti del CEIES da 79 a 25. All'art. 4 essa prevede che quattordici membri del nuovo comitato siano nominati dalla Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio. Ai fini della nomina, ciascuno Stato membro deve comunicare il nominativo di due candidati altamente qualificati nel settore statistico e la Commissione, nella sua scelta, deve sforzarsi di garantire che la composizione rifletta in maniera equilibrata la società civile, compresa la comunità scientifica, e copra adeguatamente i diversi settori statistici oggetto del programma statistico comunitario.

2.6.1

Dieci membri sono nominati direttamente dagli organi cui appartengono, secondo lo schema seguente:

un rappresentante del Parlamento europeo,

un rappresentante del Consiglio,

un rappresentante del Comitato economico e sociale europeo,

un rappresentante del Comitato delle regioni,

un rappresentante della Banca centrale europea (BCE),

due rappresentanti del comitato del programma statistico,

un rappresentante dell'Unione delle Confederazioni delle industrie della Comunità europea (UNICE),

un rappresentante della Confederazione europea dei sindacati (CES),

un rappresentante dell'Unione europea dell'artigianato e delle piccole e medie imprese (UEAPMI).

2.6.2

Inoltre il direttore generale di Eurostat è componente di diritto del CEIES.

2.7

Una delle novità introdotte con questa riforma è la possibilità di istituire dei gruppi di lavoro temporanei, presieduti da un membro del CEIES, con il compito di formulare pareri su questioni statistiche di particolare complessità.

2.8

La proposta di decisione della Commissione abroga la precedente decisione del Consiglio 91/116/CEE.

3.   Osservazioni e conclusioni

3.1

L'allargamento dell'Unione europea a 27 paesi ha posto, tra le altre cose, l'esigenza di una riforma del CEIES e ciò è riconosciuto anche all'interno di quest'ultimo. È infatti necessario che tale organismo sia capace di avere una visione il più possibile rappresentativa non tanto delle diverse realtà nazionali, quanto delle necessità degli utilizzatori e dei fornitori europei.

3.2

Il rafforzamento del ruolo strategico del CEIES nella scelta delle priorità e nella valutazione, con la possibilità di istituire gruppi di lavoro ad hoc, è un passo importante per conferire a tale organo le responsabilità e i mezzi che gli competono.

3.3

L'obiettivo di dare vita ad un nuovo comitato di dimensioni più ridotte e più efficiente è sicuramente condivisibile, a condizione però che vengano garantite l'indipendenza, l'autorevolezza e la neutralità dei suoi componenti. Per questo il CESE esprime la propria perplessità di fronte alla nuova composizione del comitato: se, come ci si propone, questo deve promuovere un dialogo tra gli utilizzatori e i produttori di statistiche, la sua composizione dovrebbe, secondo il CESE, essere caratterizzata da una rappresentanza istituzionale nettamente meno accentuata.

3.4

Tale composizione, inoltre, non garantisce di riflettere il reale punto di vista di istituzioni quali il Parlamento europeo o, ad esempio, lo stesso Comitato economico e sociale europeo, che esprimono realtà politiche o gruppi di interesse diversi tra loro.

3.5

Il Comitato economico e sociale europeo è l'organo dell'Unione europea che, per propria vocazione, rappresenta le diverse realtà socio-economiche e gli attori della società civile. Il fatto di essere rappresentato nel nuovo comitato consultivo europeo della politica dell'informazione statistica comunitaria da un solo membro, così come le altre istituzioni europee, farebbe pensare ad una riduzione del suo peso specifico in quanto organismo europeo di consultazione.

3.6

Proprio per il ruolo che riveste e per la composizione che lo contraddistingue, il CESE dovrebbe avere un peso diverso nel nuovo organo consultivo, non tanto per il suo ruolo istituzionale quanto per la sua capacità di esprimere il punto di vista della società civile europea.

3.7

Nella proposta di decisione, invece, la società civile appare rappresentata dai quattordici membri nominati dalla Commissione, senza che siano specificati i criteri di scelta delle diverse realtà associative europee. A questi si aggiungono i dieci rappresentanti delle istituzioni, delle parti sociali dell'UE e di Eurostat.

3.8

Per questo il CESE, pur sostenendo la riforma del CEIES, chiede che venga riconosciuto e valorizzato nella proposta della Commissione, il suo ruolo consultivo in materia di informazione statistica comunitaria.

Bruxelles, 16 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2006) 653 def. — 2006/0217 (COD).


28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/3


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE

COM(2006) 397 def. — 2006/0129 (COD)

(2007/C 97/02)

Il Consiglio, in data 15 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore BUFFETAUT.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 188 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni.

1.   L'esigenza di una direttiva sugli standard di qualità ambientale

1.1

La proposta di direttiva all'esame è in pratica una direttiva derivata dalla direttiva quadro in materia di acque (2000/60/CE), la quale definiva una strategia di lotta contro l'inquinamento delle acque causato da sostanze chimiche. Tale tipo di inquinamento può in effetti arrecare danno agli ecosistemi acquatici e provocare la scomparsa di specie e di habitat. Le sostanze inquinanti possono inoltre accumularsi nella catena alimentare e gli esseri umani sono potenzialmente esposti agli agenti inquinanti presenti nell'ambiente acquatico non solo attraverso il consumo di pesce, di alimenti di origine acquatica e di acqua potabile, ma anche quando svolgono attività sportive o ricreative.

1.2

Va segnalato inoltre che gli agenti inquinanti possono rimanere nell'ambiente per molto tempo dopo che ne è stato vietato l'uso per legge, possono essere trasportati su lunghe distanze e raggiungere zone che a priori non avrebbero dovuto essere interessate dall'inquinamento.

1.3

Si osservi, poi, che le fonti di tali sostanze inquinanti sono molteplici: attività domestiche, agricoltura, inceneritori, industria.

1.4

In una prima fase la Commissione aveva presentato un elenco di 33 sostanze d'interesse prioritario a livello comunitario (decisione 2455/2001/CE). La proposta di direttiva ora all'esame mira a garantire «un livello elevato di protezione »contro i rischi che queste 33 sostanze prioritarie e alcuni altri agenti inquinanti comportano per l'ambiente acquatico o per chi viene a contatto con esso.

1.5

Per raggiungere questo obiettivo, la proposta di direttiva stabilisce standard di qualità ambientale. Essa segnala che nell'arco degli ultimi anni con diversi atti normativi comunitari si è già adottata una serie di procedure di controllo delle emissioni necessarie per raggiungere tali standard.

1.6

La proposta all'esame abroga inoltre alcune delle direttive derivate esistenti, soprattutto allo scopo di tener conto del progresso scientifico e tecnico e di prendere in considerazione sostanze inquinanti finora non ancora coperte dalla normativa.

2.   Il metodo scelto per definire gli standard di qualità ambientale

2.1

La Commissione propone e combina due criteri di misurazione:

la media annua,

la concentrazione massima ammissibile.

2.2

Lo standard di qualità ambientale viene così definito non solo in base alla concentrazione massima ammissibile al fine di evitare conseguenze irreversibili gravi nel breve termine per gli ecosistemi a seguito di un'esposizione acuta agli agenti inquinanti, ma anche in base alla media annua, per prevenire conseguenze irreversibili a lungo termine in caso di un inquinamento non acuto ma continuo.

2.3

La Commissione propone che per la maggior parte delle sostanze gli standard si applichino al livello di inquinanti presenti nelle acque di superficie. Per alcune sostanze che possono accumularsi lungo la catena alimentare, tuttavia, la Commissione osserva che i limiti che si applicano solo alle acque di superficie possono essere insufficienti per evitare effetti indiretti e l'avvelenamento secondario. Propone pertanto che per tre di tali sostanze (esaclorobenzene, esaclorobutadiene e mercurio) gli standard di qualità ambientale per il biota siano stabiliti dagli Stati membri.

3.   La ripartizione delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri

3.1

La Commissione propone che gli standard di qualità ambientale delle acque siano definiti a livello comunitario allo scopo di assicurare lo stesso livello di protezione ambientale in tutti gli Stati membri e garantire condizioni uguali a tutti gli operatori economici. In generale, a parere della Commissione i regimi di monitoraggio dell'inquinamento esistenti dovrebbero essere idonei a permettere agli Stati membri il conseguimento degli standard di qualità. Se fossero necessarie misure addizionali, dovrebbe spettare agli Stati membri includere adeguate misure di monitoraggio nel programma di misure che vanno messe a punto per ciascun distretto idrografico in base all'articolo 11 della direttiva quadro.

4.   Le misure proposte

4.1

I principali elementi della direttiva sono:

l'istituzione di standard di qualità ambientale, compresa l'introduzione di un'area transitoria all'interno della quale i valori possono essere superati,

l'istituzione di un inventario degli scarichi, delle emissioni e delle perdite per verificare se gli obiettivi di riduzione sono stati raggiunti,

l'abrogazione di talune direttive «derivate »esistenti,

l'individuazione delle sostanze pericolose prioritarie tra la 14 sostanze oggetto di riesame a norma della decisione 2455/2001/CE.

5.   Osservazioni di carattere generale

5.1

La prevenzione dell'inquinamento delle acque causato da sostanze pericolose, che presentino rischi potenzialmente gravi e comportino effetti irreversibili, è un obiettivo che il Comitato non può che sottoscrivere.

5.2

Il Comitato ritiene importante che la Commissione mantenga una robusta e scientificamente solida capacità di individuare rapidamente qualsiasi sostanza che possa causare un inquinamento nocivo nelle acque superficiali e di stabilire standard di qualità prudenti per i massimi livelli ammessi di tali sostanze, considerate isolatamente o in combinazione. Il Comitato prende atto e condivide l'elenco iniziale delle sostanze prioritarie e degli standard inclusi nella presente proposta. Propone di creare meccanismi per una valutazione annuale, su basi ampie, scientifiche e trasparenti, per individuare se occorra aggiungere una sostanza all'elenco o se debbano essere consentiti nuovi livelli massimi per una sostanza. Si dovrebbero soprattutto esaminare altre sostanze individuate come prioritarie dall'OSPAR o altri accordi internazionali pertinenti.

5.3

Il Comitato esprime preoccupazione per il fatto che non siano stati ancora stabiliti standard definitivi per il piombo, il nichel e relativi composti. Questo lavoro dovrebbe avere carattere prioritario e andrebbero stabiliti limiti appropriati, se possibile in tempo per essere inclusi nella direttiva prima della sua finalizzazione.

5.4

Il fine ultimo del miglioramento della qualità delle acque è quello di proteggere il biota e la catena alimentare risalendo fino agli esseri umani. Se fosse possibile misurare i livelli di tutti gli inquinanti nel biota in modo affidabile, coerente e efficiente, sarebbe meglio, in linea di principio, fissare standard e monitorare con queste modalità. Ma in generale, è ancora difficile e per la maggior parte delle sostanze prioritarie è più praticabile al momento, e di solito abbastanza affidabile, fissare uno standard per la massima concentrazione ammissibile nelle acque di superficie. (La proposta di basare il monitoraggio dell'applicazione della direttiva sulla concentrazione media annuale e sulla concentrazione massima ammissibile è realistica, ben fondata e pienamente giustificata).

5.5

Tuttavia, vi sono alcune sostanze tossiche che tendono ad accumularsi risalendo nella catena alimentare. Per tali sostanze uno standard relativo soltanto alle acque superficiali non garantisce sufficiente protezione contro gli effetti tossici. Per tali sostanze è auspicabile fissare uno standard basato sulla massima concentrazione ammissibile nei tessuti dei pesci, molluschi, crostacei e di altro biota come propone la Commissione. Tra queste sostanze figurano l'esaclorobenzene, l'esaclorobutadiene e il metilmercurio. In futuro possono esserne individuate altre. Dato che non vi è una metodologia universalmente accettata per fissare standard in questo modo, la Commissione si limita a proporre di permettere agli Stati membri l'introduzione di standard di questo tipo per le tre sostanze fin qui esplicitamente individuate.

5.6

Allo stato attuale delle conoscenze, ciò deve forse essere accettato. Nondimeno, il Comitato insiste con la Commissione perché essa continui a sostenere il proseguimento dell'analisi scientifica del fenomeno della bioaccumulazione di alcune sostanze tossiche, e sia disposta a passare a un uso più ampio di standard per livelli massimi di sostanze tossiche presenti nel biota non appena la scienza e la metodologia di monitoraggio si consolidino meglio. Nel frattempo il monitoraggio dovrebbe anche essere concepito in modo da assicurare che nella realtà i livelli di contaminazione nei sedimenti e nel biota non crescano.

5.7

È giusto elaborare un inventario degli scarichi, delle emissioni e delle perdite dovuti all'attività umana, al fine di stabilire se sia stato raggiunto l'obiettivo di ridurre o di bloccare l'inquinamento. Quanto all'inquinamento di origine naturale, è difficile redigerne un inventario completo. Tuttavia, in casi determinati, potrebbe essere utile determinare il collegamento esistente tra l'inquinamento di origine naturale e quello provocato dall'uomo.

5.8

Sempre a proposito dell'inventario, occorre fare in modo di evitare incoerenze o doppioni con altri strumenti esistenti in materia di protezione delle acque di superficie.

5.9

La Commissione affronta in modo realistico, ma non del tutto soddisfacente la questione delle aree transitorie al cui interno è possibile superare i valori. Sembra inoltre difficile poter garantire che la qualità ambientale del resto della massa d'acqua non sarà compromessa. Nella prospettiva di un'applicazione di questo concetto di aree transitorie, è necessario sviluppare una metodologia precisa per giungere a definire tali aree e ubicare delle postazioni di misura dell'inquinamento.

5.10

Va richiamata l'attenzione sul caso dei paesi terzi vicini dell'UE nei cui territori siano situate sorgenti di fiumi, che proseguono il loro corso nei territori di Stati membri dell'UE, e in cui vi siano laghi che appartengono anche in parte a uno Stato membro. Se, infatti, paesi che sono al di là delle frontiere dell'UE non proteggono le loro acque, gli sforzi degli Stati membri possono rivelarsi inutili e non sarà possibile raggiungere gli obiettivi fissati per il 2015. Occorre tener conto di tali circostanze nella valutazione e nell'attuazione della direttiva. D'altronde questo problema è affrontato dall'articolo 12 della direttiva quadro sulle acque.

6.   Osservazioni specifiche

6.1

Calendario: l'articolo 4, paragrafo 5, della proposta di direttiva fissa al 2025 il termine per la cessazione delle emissioni e per il ritiro dal mercato delle sostanze prioritarie pericolose. Gli obiettivi di qualità ambientale dovranno invece essere raggiunti entro il 2015, in applicazione della direttiva quadro sulle acque. Tale data limite potrebbe rivelarsi difficile da rispettare in certi casi, considerando oltretutto il ritardo nell'adozione della direttiva figlia. È, nondimeno, necessario che gli Stati membri mettano in opera tutto quanto in loro potere per raggiungere questo obiettivo, sapendo che, in certi casi limitati, sarà possibile ricorrere a deroghe provvisorie. Il Comitato raccomanda alla Commissione di monitorare i progressi compiuti nell'attuazione della direttiva e di essere pronta a proporre nuove misure per contribuire a un'attuazione quanto più estesa possibile della direttiva entro la scadenza fissata, con il minimo di deroghe.

6.2   Ruolo degli Stati membri

È giusto lasciare agli Stati membri la responsabilità di prendere le adeguate disposizioni aggiuntive. In molti casi occorre infatti risolvere situazioni dipendenti dal contesto locale o regionale. Tale flessibilità va, tuttavia, controbilanciata con meccanismi di feedback dell'informazione affidabili come raccomanda la Commissione nella azione 4 della sua comunicazione (1).

6.2.1

Tuttavia, nella sua comunicazione (punto 3) la Commissione sembra piuttosto ottimista rispetto all'inventario degli strumenti legislativi a disposizione degli Stati membri per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva quadro in materia di acque e concernenti le sostanze prioritarie, soprattutto in considerazione del fatto che alcune fonti importanti di inquinamento non sono oggetto di una regolamentazione adeguata. È il caso dell'inquinamento diffuso proveniente da prodotti per uso domestico o da attività collegate ad alcuni servizi, situazione che rende necessarie nuove direttive sui prodotti.

6.2.2

In tali circostanze non è realistico pensare che ogni Stato membro possa imporre nuove disposizioni che non necessariamente sarebbero coerenti, soprattutto se esiste una certa probabilità che esse vengano superate da una nuova normativa europea.

6.3   Protezione delle risorse di acqua potabile

6.3.1

L'adozione della proposta di direttiva all'esame comporta l'abrogazione della direttiva 75/440/CEE che stabilisce standard di qualità per quanto concerne la protezione delle estrazioni di acque superficiali ai fini della produzione di acqua potabile. Bisognerà mantenere, lungo il corso delle modifiche legislative, la coerenza tra la nuova direttiva e la direttiva sull'acqua potabile (2).

6.4   Monitoraggio

6.4.1

Il consolidamento dei progressi in relazione agli obiettivi della direttiva e la garanzia di condizioni di parità in tutta Europa richiederanno standard di monitoraggio più coerenti e affidabili. Il Comitato nutre grandi aspettative relativamente alle nuove proposte sul sistema d'informazione sulle acque per l'Europa (Water Information System for EuropeWISE), che dovrebbe essere presentato tra breve, e spera che sarà possibile utilizzare tali informazioni per seguire attentamente e da vicino l'attuazione della direttiva sulle sostanze prioritarie.

7.   Coerenza tra la direttiva sulla qualità ambientale delle acque e il regolamento REACH

7.1

È necessario garantire la coerenza tra le disposizioni della presente direttiva e il regolamento REACH, anche se, in linea di principio, la Commissione aveva dato per scontato il buon esito dei negoziati su REACH e quindi la sua attuazione. Resta il fatto che per gli standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque si dovrà tener conto dell'introduzione sul mercato di nuove sostanze chimiche.

8.   Conclusioni

8.1

Il comitato concorda sull'elenco iniziale delle sostanze prioritarie proposto e sugli standard corrispondenti per esse proposti. Sollecita, tuttavia, un'azione tesa a completare gli standard mancanti per il piombo e il nichel e l'avvio di un processo solido di revisione regolare dell'elenco e degli standard in modo da poter effettuare un aggiornamento rapido e efficace quando ciò si riveli necessario.

8.2

Il Comitato approva la proposta di direttiva nelle sue linee generali.

8.3

Nutre tuttavia riserve circa la possibilità di raggiungere in certi casi gli obiettivi di qualità ambientale entro il 2015. Il CESE insiste, tuttavia, perché gli Stati membri intensifichino i loro sforzi per raggiungere tali obiettivi.

8.4

Insiste sulla necessità di mettere a punto un sistema di relazioni informative e di controllo dell'azione degli Stati nel quadro dell'attuazione della direttiva e della realizzazione dei suoi obiettivi. Approva l'iniziativa della Commissione volta a sviluppare un sistema d'informazione sulle acque per l'Europa (Water Information System for EuropeWISE).

8.5

Raccomanda di vegliare perché vi sia coerenza tra la nuova proposta e i testi attualmente in vigore e di adottare una normativa europea adeguata concernente alcune fonti di inquinamento non coperte dalla legislazione attuale (ad esempio l'inquinamento diffuso causato da prodotti per uso domestico).

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2006) 398 def.

(2)  Direttiva 98/83/CE.


28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/6


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 — e oltre — Sostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano

COM(2006) 216 def.

(2007/C 97/03)

La Commissione europea, in data 22 maggio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore RIBBE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 7 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni del Comitato

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo e la Commissione concordano sull'analisi della situazione: la conservazione della biodiversità è un compito necessario e centrale, alla base del quale non vi è solo un obbligo etico-morale. Esistono infatti anche sufficienti motivi economici che rendono necessario un intervento più rapido ed efficace. Le perdite economiche dovute alla diminuzione dei servizi ecosistemici sono già ora valutabili in diverse centinaia di miliardi di euro. È uno spreco che le nostre economie non possono in alcun modo permettersi.

1.2

La perdita di biodiversità in Europa è il risultato di milioni di singole decisioni di valore prese negli ultimi decenni, decisioni che nella grande maggioranza dei casi sono conformi alle leggi in vigore. Fra le misure che hanno portato alla diminuzione della biodiversità, la percentuale di quelle illegali è marginale.

1.3

Nonostante le promesse politiche, il trend negativo della biodiversità purtroppo continua e questo non perché non si sappia come affrontare il problema, ma perché è mancata finora la volontà politica di attuare effettivamente le misure riconosciute necessarie da tempo. Le esperienze maturate con la rete Natura 2000 parlano da sé.

1.4

Nella comunicazione all'esame la Commissione individua correttamente le cause di questa situazione, che sono da ricercarsi fra l'altro negli «insuccessi in termini di governance e [nel] mancato riconoscimento, da parte dell'economia tradizionale, del valore economico del capitale naturale e dei servizi ecosistemici». Questi motivi e il fatto che le ragioni etico-morali del mantenimento della biodiversità siano trattate piuttosto come questioni secondarie nel quadro dei processi di valutazione a livello politico e di pianificazione, hanno portato all'attuale aggravamento della situazione.

1.5

Tra ambizione politica e realtà vi è un enorme divario che dev'essere colmato, se si vuole ovviare all'incombente pericolo di perdere credibilità.

1.6

Il Comitato accoglie con favore la presentazione del piano d'azione e considera opportune le 160 (!) misure in esso contenute. La maggior parte di esse, però, non è affatto nuova e anzi è all'ordine del giorno da anni. Il futuro, quindi, ci dirà se, con la presentazione del programma d'azione in esame, la politica avrà finalmente trovato la forza di effettuare le modifiche radicali ritenute necessarie, o se invece si dimostreranno fondati i timori di molti ecologisti, cioè che ancora una volta i politici si esprimono su un tema di scottante attualità sociale ma senza andare al di là di mere dichiarazioni di intenti.

1.7

Secondo il Comitato, uno dei punti maggiormente criticabili della comunicazione della Commissione è il fatto che essa non affronti da un punto di vista strategico la questione, sollevata dal Comitato nel parere esplorativo del 18 maggio 2006 (1), sul perché, in materia di mantenimento della biodiversità, esista un divario così evidente tra obiettivi ambiziosi, dichiarazioni d'intenti e realtà. Il Comitato si rammarica che sia la comunicazione della Commissione sia il piano d'azione ignorino quasi completamente il problema.

1.8

Il Comitato reputa pertanto particolarmente necessario affrontare in via prioritaria il settore 4 («La base di conoscenze»), in modo che sia i cittadini sia i politici siano consapevoli delle reali conseguenze delle loro azioni.

1.9

Occorre prendere in considerazione la necessità di aiutare i paesi vicini dell'UE a rafforzare la difesa della biodiversità ed evitare che l'UE e i singoli Stati membri cofinanzino dei progetti che possono contribuire ad accelerare la perdita di biodiversità nei paesi europei che non fanno parte dell'UE.

1.10

Il Comitato appoggia il concetto di responsabilità globale dell'UE illustrato dalla Commissione. Se da un lato l'UE e gli Stati membri impiegano meno dello 0,004 % della loro capacità economica per misure globali intese a salvaguardare e sviluppare la biodiversità, dall'altro continua ad aumentare la responsabilità per la distruzione della biodiversità a livello mondiale (ad esempio nelle foreste tropicali). In futuro gli sviluppi nel mercato dei biocarburanti potrebbero causare un ulteriore aggravamento della situazione.

1.11

Il Comitato deplora che il piano d'azione vero e proprio sia disponibile solo come «allegato tecnico», e cioè solo sotto forma di documento SEC a sé stante ed unicamente in lingua inglese. Esorta la Commissione a fornire una traduzione del piano d'azione in tutte le lingue ufficiali e a provvedere a una sua ampia diffusione sia su Internet che in forma stampata.

1.12

L'attuazione degli obiettivi del piano d'azione dovrebbe avvenire sotto la vigilanza del gruppo di esperti sulla biodiversità. Il Comitato reputa assolutamente necessario coinvolgere molto più strettamente la società civile su questo punto.

2.   Punti principali e contesto del documento della Commissione

2.1

Dopo che l'UE aveva richiamato l'attenzione fin dal 1998, nella propria strategia per la diversità biologica, su ciò che considerava una drastica perdita di biodiversità, i capi di Stato e di governo, nel vertice del 2001, raggiunsero un accordo sull'obiettivo di arrestare la drammatica perdita di biodiversità (nell'UE) entro il 2010 (2). Promisero altresì all'opinione pubblica europea che avrebbero provveduto a ripristinare gli habitat e i sistemi naturali.

2.2

Nella comunicazione in esame, con la quale viene presentato un piano d'azione per il mantenimento della biodiversità, la Commissione illustra ancora una volta in modo particolareggiato e convincente l'attuale situazione in materia di conservazione della biodiversità o, per meglio dire, l'incessante perdita di biodiversità. Come si evince anche da tutti gli studi dell'Agenzia europea dell'ambiente e dalle cosiddette «liste rosse», stilate a livello nazionale, delle specie animali e vegetali minacciate, la perdita di biodiversità continua ad essere un fenomeno estremamente preoccupante. Nella comunicazione la Commissione constata che si è ancora ben lontani dall'obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010, e che la persistente tendenza negativa può essere invertita «solo modificando radicalmente le politiche e le pratiche in uso».

2.3

La Commissione osserva inoltre che «la velocità e il grado di attuazione sono stati insufficienti »e aggiunge che «sarà necessario accelerare l'attuazione delle proposte sia in ambito comunitario che negli Stati membri», poiché altrimenti vi è «il rischio reale di non riuscire a rispettare l'obiettivo globale del 2010».

2.4

Secondo la Commissione, la mancata realizzazione dell'obiettivo stabilito comporterebbe due tipi di problemi. La conservazione della biodiversità, infatti, non costituisce solo un obbligo morale nei confronti della natura, ma è opportuna e necessaria anche solo da un punto di vista economico. Nella comunicazione si precisa che la diversità biologica è alla base dei «servizi offerti dagli ecosistemi, quali la produzione di cibo, combustibile, fibre e medicinali, l'effetto regolatore sull'acqua, l'aria e il clima, il mantenimento della fertilità del suolo, i cicli dei nutrienti »e che «circa due terzi di questi servizi sono in calo nel mondo». La Commissione stima che il danno economico derivante, che effettivamente è difficile da quantificare, sia di «centinaia di miliardi di euro».

2.5

Nella comunicazione la Commissione analizza che cosa è stato fatto finora e con quale efficacia. In tale contesto, essa non prende in considerazione solo l'UE, ma illustra anche la situazione a livello mondiale, sottolineando la responsabilità globale dell'UE.

2.6

Il punto veramente centrale della comunicazione è la questione di che cosa resti da fare in futuro. In questo contesto viene elaborato un piano d'azione comunitario (ma solo sotto forma di allegato, come documento SEC) che tratta quattro settori prioritari di intervento e, a tal fine, definisce dieci obiettivi prioritari e individua quattro «misure di sostegno principali».

2.6.1

Nel quadro del settore 1, denominato «La biodiversità nell'UE», vengono formulati già cinque dei dieci obiettivi prioritari, e più precisamente:

salvaguardare gli habitat e le specie più importanti dell'UE,

conservare e ripristinare la biodiversità e i servizi ecosistemici nel contesto rurale dell'UE,

conservare e ripristinare la biodiversità e i servizi ecosistemici nell'ambiente marino dell'UE,

rafforzare la compatibilità tra lo sviluppo regionale e territoriale e la biodiversità all'interno dell'UE e

ridurre sensibilmente l'impatto delle specie esotiche invasive e dei genotipi esotici sulla biodiversità dell'UE.

2.6.2

Il settore 2 verte sul tema «La biodiversità nell'UE e nel mondo». La perdita di biodiversità, infatti, non è limitata al territorio comunitario; inoltre, sia l'UE che gli Stati membri da un lato hanno assunto impegni di diritto internazionale per la protezione della biodiversità in tutto il mondo e, dall'altro, a causa delle loro relazioni commerciali sono anch'essi responsabili per gli sviluppi a livello mondiale. In questo contesto vengono definiti altri tre obiettivi prioritari, ossia:

rafforzare sensibilmente l'efficacia della governance internazionale per la biodiversità e i servizi ecosistemici,

potenziare notevolmente il sostegno alla biodiversità e ai servizi ecosistemici nell'ambito dell'assistenza esterna dell'UE e

ridurre drasticamente l'impatto degli scambi internazionali sulla biodiversità e i servizi ecosistemici su scala planetaria.

2.6.3

Nel quadro del settore 3, incentrato sul tema «Biodiversità e cambiamenti climatici», viene formulato l'obiettivo di:

sostenere l'adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici.

2.6.4

Nel quadro del settore 4, infine, la comunicazione e il relativo piano d'azione si soffermano su «La base di conoscenze»e, come decimo ed ultimo obiettivo prioritario, esortano a:

potenziare in maniera sostanziale la base di conoscenze per la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità, all'interno dell'UE e nel mondo.

2.6.5

Le quattro misure di sostegno principali consistono nel:

garantire un finanziamento adeguato,

rafforzare il processo decisionale dell'UE in materia di biodiversità,

creare partnership e

promuovere l'istruzione, la sensibilizzazione e la partecipazione del pubblico.

3.   Osservazioni generali in merito al contenuto della comunicazione della Commissione

3.1

Il Comitato si compiace della comunicazione all'esame e del piano d'azione, pubblicati il 22 maggio 2006, ovvero quattro giorni dopo l'adozione del parere esplorativo del CESE sul tema Campagna dell'UE per la conservazione della biodiversitàla posizione e il contributo della società civile. Il Comitato constata peraltro che nei due documenti l'analisi della situazione attuale e delle relative cause è pressoché identica.

3.2

Il Comitato rileva che le singole cause della diminuzione delle specie e dei biotopi, come ad esempio l'uso più intensivo dei terreni e l'abbandono di habitat finora utilizzati in modo estensivo, l'impermeabilizzazione del suolo, l'espansione urbana incontrollata ecc. sono note da anni e ampiamente documentate a livello scientifico. Alla base vi sono decisioni e misure adottate dagli operatori economici o decisioni politiche prese nel quadro di leggi in vigore, mentre le minacce alla biodiversità dovute a misure illegali sono relativamente limitate. A provocare la perdita di biodiversità sono quindi decisioni politiche, decisioni di fondo e di valore adottate nella piena legalità, spesso appoggiate o sollecitate da decisioni e strumenti di sostegno dell'UE, degli Stati membri e degli enti locali.

3.3

L'unità di vedute tra il CESE e la Commissione non riguarda solo il quadro della situazione e l'analisi, ma anche i motivi per cui la conservazione della biodiversità risulta necessaria: nella propria comunicazione la Commissione cita ragioni di carattere etico-morale ed economico. Dal canto suo, il CESE nel parere esplorativo parla del «valore utilitario e spirituale »del paesaggio e della biodiversità.

La biodiversità tra ambizione politica e realtà

3.4

La comunicazione all'esame va ad aggiungersi ad una lunga serie di documenti politici in cui si annuncia l'obiettivo di arginare la perdita di biodiversità. Sono state ripetutamente fatte promesse politiche in tal senso, da ultimo nel dicembre 2006 in occasione della riunione dei ministri europei dell'ambiente, durante la quale la comunicazione della Commissione è stata accolta con favore.

3.5

Il Comitato, però, deve purtroppo osservare che troppo spesso vi è un profondo divario tra ambizione politica e realtà, divario che ovviamente l'opinione pubblica percepisce. Alla fine del dicembre 2006, ad esempio, i ministri responsabili per la pesca hanno fissato quote di cattura per il merluzzo bianco che secondo tutti i biologi marini, nessuno escluso, sono decisamente troppo elevate e con grande probabilità porteranno a un collasso degli stock. Ciò nonostante si è parlato di «un buon risultato». Questo indica che esiste una valutazione molto diversa della problematica e del rapporto tra causa e effetto oppure che il tema viene affrontato a parole, ma di fatto si continua deliberatamente a praticare una politica il cui risultato è la perdita di biodiversità.

3.6

Il Comitato ha già fatto presente questa problematica in tutta una serie di pareri sull'argomento, e ha messo in guardia dal pericolo che la politica perda la propria credibilità.

3.7

Sussistono invece chiare differenze tra la Commissione e il Comitato quando si tratta di stabilire in quale misura la popolazione in generale, i responsabili politici e i principali operatori economici percepiscano e valutino l'importanza del problema della perdita di biodiversità, e come cerchino di rimediarvi sul piano politico. Il Comitato non mette in dubbio che la perdita di biodiversità venga adeguatamente percepita e non intende in alcun modo affermare che alcuni uomini politici o comuni cittadini adottino intenzionalmente decisioni per indebolire la biodiversità. È chiaro però che ci sono grandi difficoltà a valutare realisticamente le conseguenze a lungo termine delle proprie decisioni e a trarne le dovute conseguenze. Un altro esempio che ben illustra questa situazione sono le azioni di bonifica realizzate in alcuni dei nuovi Stati membri, tra cui la Polonia, nel periodo 2004-2006 e programmate per il periodo 2007-2013 nel quadro dei programmi di sviluppo rurale. L'azione «gestione delle risorse idrauliche agricole», finanziata con fondi comunitari, consiste essenzialmente in operazioni di trasformazione tecnica dei corridoi fluviali e porta ad una serie di conseguenze negative, in primo luogo ad una perdita di biodiversità. Tali azioni sono purtroppo realizzate e programmate anche sui siti potenziali della rete Natura 2000.

3.8

La Commissione afferma che le questioni relative alla preservazione della biodiversità svolgono un ruolo importante anche nel quadro della strategia di Lisbona. Anche il Comitato delle regioni, nel proprio parere in merito alla comunicazione all'esame, «accoglie con favore le conclusioni del Consiglio del 23 e 24 marzo 2006, che invitano a integrare gli obiettivi del 2010 in tutte le politiche definite nel quadro dell'agenda di Lisbona». Il CESE, però, dubita fortemente che ciò possa avvenire e constata piuttosto che, nel contesto della «politica economica», si tiene conto solo in misura marginale del ruolo e dell'importanza della biodiversità. Da una valutazione dei documenti relativi alla strategia di Lisbona si evince ad esempio che concetti quali «biodiversità »e «protezione della natura »non vengono utilizzati se non marginalmente. Lo stesso dicasi per i programmi nazionali di riforma.

3.9

La Commissione ha pienamente ragione quando, nella comunicazione, parla di «insuccessi in termini di governance e [di] mancato riconoscimento, da parte dell'economia tradizionale, del valore economico del capitale naturale e dei servizi ecosistemici». Se il valore venisse riconosciuto davvero e i «costi esterni »venissero quindi internalizzati, il problema non si porrebbe in questi termini.

3.10

Già nel suo parere esplorativo sopra citato il CESE aveva osservato che attualmente si assiste piuttosto ad un aumento dei conflitti tra le diverse strategie per la promozione della crescita economica e della biodiversità. La crescita economica oggi viene spesso considerata in modo troppo indifferenziato come un aumento sul piano quantitativo, e preservare la biodiversità può ostacolare o rendere più difficile una crescita economica di questo tipo. Nella maggior parte dei casi in cui si tratta ad esempio di prendere decisioni tecniche o relative alla pianificazione, la tutela ambientale e la biodiversità non vengono quindi viste come un'opportunità di sviluppo economico, bensì spesso come fattori che ostacolano o impediscono un tale sviluppo. Solo così si spiegano anche le «pressioni »— in alcuni casi addirittura ancora più forti di un tempo — che vengono tuttora esercitate contro le direttive UE Conservazione degli habitat naturali e della fauna e della flora selvatiche e Uccelli selvatici e la rete Natura 2000 che ne deriva. Anche se il commissario per l'ambiente, Stavros DIMAS, attualmente si dichiara contrario a modificare le summenzionate direttive (3), è evidente che la protezione della natura è spesso vista come un'opzione in contrasto con altre forme di utilizzo dei terreni e come un freno allo sviluppo, e solo molto raramente come una base per lo sviluppo economico. Le spese e gli obblighi finanziari che derivano dall'attuazione della rete Natura 2000, ad esempio, vengono percepiti come un onere e non come investimenti nel futuro, e in alcuni casi i fondi necessari non vengono stanziati.

3.11

Oltre a questa percezione «economica »della tutela dell'ambiente e della biodiversità, che è diametralmente opposta alla motivazione economica citata dalla Commissione a proposito del mantenimento della biodiversità, esiste un secondo problema che è stato provocato dagli stessi responsabili della tutela dell'ambiente e che ha portato a un inasprimento del conflitto con i proprietari e gli utilizzatori dei terreni. Il Comitato ha ripetutamente spiegato che il modo in cui, ad esempio, è stata progettata ed ora viene attuata la rete Natura 2000 è un tipico esempio di come la tutela ambientale possa rivelarsi fallimentare. I ministri si mettono improvvisamente a criticare a livello nazionale o regionale le basi giuridiche che essi stessi avevano creato anni prima. I fondi per i pagamenti compensativi promessi agli agricoltori a livello politico non vengono stanziati e le decisioni vengono prese senza coinvolgere né i proprietari né gli utilizzatori dei terreni in questione. Una tutela ambientale di questo tipo perde di credibilità e crea diffidenza.

3.12

Eppure molti esempi mostrano che, con una cooperazione basata sul buon senso, si potrebbero sicuramente ottenere successi notevoli, se la politica e le amministrazioni mantenessero le promesse fatte e si creassero dei veri partenariati.

Le decisioni dell'UE in materia di bilancio: un esempio negativo

3.13

Le decisioni di bilancio adottate al vertice UE del dicembre 2005 in merito alle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013 comportano tagli al secondo pilastro della PAC (che è particolarmente importante per garantire la biodiversità) e dimostrano quindi che, nel quadro dei processi di valutazione a livello politico, nonostante tutte le dichiarazioni e gli obiettivi altisonanti la biodiversità viene sacrificata. Quando la Commissione, sei mesi dopo le summenzionate decisioni di bilancio del Consiglio europeo, nel piano d'azione individua nel «garantire un finanziamento adeguato »per Natura 2000 una delle quattro misure di sostegno principali, essa formula una richiesta del tutto legittima dal punto di vista della forma e del contenuto, ma che purtroppo non ha nulla a che vedere con la realtà politica e dimostra piuttosto la discrepanza tra le parole e i fatti.

3.14

Il Comitato ha ripetutamente fatto osservare che il secondo pilastro della PAC ha una dotazione finanziaria decisamente insufficiente, ora che gli sono stati assegnati ulteriori compiti quali ad esempio il finanziamento della rete Natura 2000 e l'attuazione della direttiva quadro sulle acque. Che cosa devono pensare i cittadini di una politica così chiaramente contraddittoria e che provoca dei conflitti sul campo?

3.15

Ha quindi pienamente ragione il Comitato delle regioni a chiedere, nel proprio parere, «che nel 2008, quando si procederà alla revisione delle prospettive finanziarie 2007-2013, una parte importante delle risorse venga destinata all'agricoltura sostenibile e alla conservazione del paesaggio».

3.16

Il discorso è analogo per la richiesta, fondamentalmente giusta, della Commissione di «garantire che i finanziamenti comunitari a vantaggio dello sviluppo regionale favoriscano e non danneggino la biodiversità [, nonché di] creare partnership tra i responsabili della pianificazione, dello sviluppo e chi tutela la biodiversità». Il CESE appoggia fermamente anche questa richiesta avanzata più volte. Anche qui, però, è evidente il divario tra le (legittime) dichiarazioni di intenti e la prassi politica quotidiana, visto che in sostanza non è cambiato niente. Si continuano a costruire progetti infrastrutturali (in parte cofinanziati dall'UE) in aree estremamente importanti dal punto di vista naturalistico e, nonostante le necessarie misure compensative o sostitutive a favore della tutela ambientale, in fin dei conti si registra una perdita di biodiversità (come indica il quadro della situazione dell'UE).

3.17

Il Comitato reputa tra l'altro che la richiesta formulata a proposito dei fondi strutturali debba valere per tutti i finanziamenti comunitari, se l'UE vuole realizzare il proprio obiettivo di condurre una politica coerente.

3.18

Il Comitato individua pertanto degli spunti in tutti i settori in cui l'UE, in virtù delle sue competenze, ha delle responsabilità. Uno di essi potrebbe essere la politica agricola. Tuttavia, come ben si vede dall'attuale situazione, le disposizioni legislative vigenti non bastano per preservare la biodiversità su tutto il territorio. Se i pagamenti agricoli sono subordinati «unicamente »al rispetto delle norme vigenti, si capisce subito che in questo modo non si contribuisce a promuovere la biodiversità.

3.19

I pagamenti diretti agli agricoltori, che costituiscono la voce principale della dotazione di bilancio relativa all'agricoltura, così come sono concepiti non sono intesi a promuovere la biodiversità, ma a preparare gli agricoltori alle sfide dei mercati mondiali. Il Comitato, però, ha ribadito in diverse occasioni che non si può avere il «modello agricolo europeo »(che comprende fra l'altro anche la salvaguardia della biodiversità) alle condizioni del mercato globale. Non è possibile rendere competitivi gli agricoltori sul mercato mondiale e allo stesso tempo aspettarsi che promuovano la biodiversità.

3.20

Per questo motivo il Comitato aveva fatto notare che «fintantoché le condizioni vigenti sui mercati mondiali ostacoleranno un'agricoltura compatibile con la tutela della natura e diffusa su tutto il territorio, la politica deve fare sforzi particolari per contrastare le tendenze negative »e che si potrebbero per esempio «accrescere i tassi d'intervento per le misure ambientali nel settore agricolo, in modo da convertire tutti gli agricoltori dell'Unione europea a metodi di produzione più compatibili con l'ambiente» (4). Anche su questo punto, però, alle parole non seguono i fatti.

3.21

È evidente che il quadro politico relativo alla tutela della biodiversità è profondamente diverso rispetto a quello di altri settori quali la politica finanziaria e di stabilità. In quest'ultimo caso, infatti, la Commissione — talvolta anche nonostante forti resistenze — cerca di imporre una chiara linea politica ed esistono anche strumenti (ad esempio i criteri di Maastricht) che consentono di esigere il rispetto della linea scelta. Finora la conservazione della biodiversità, praticamente, non è andata oltre semplici dichiarazioni d'intenti.

3.22

Proprio per questo motivo, uno dei punti centrali su cui si era soffermato il CESE nel proprio parere esplorativo è la questione di quale sia il contesto sociale che ha consentito di creare una situazione in cui tutti si dichiarano favorevoli alla diversità biologica, ma in cui allo stesso tempo si registra una drastica perdita di biodiversità. Il Comitato era giunto alla conclusione che la società (e in gran parte anche la politica) non si rende abbastanza conto del valore spirituale e utilitario della biodiversità. Ma se non si comprendono e non si accettano veramente i due motivi alla base della conservazione della biodiversità, nessuna politica in tal senso può essere efficace. Il Comitato aveva quindi anche esortato, come priorità politica, a far comprendere la necessità di preservare la biodiversità. Il piano d'azione comunitario presentato dalla Commissione tratta questa problematica nel quadro del settore 4 e delle misure di sostegno principali, ma non con il dovuto grado di approfondimento.

3.23

Il Comitato non intende ripetere in questa sede quanto già affermato nel proprio parere del 18 maggio 2006, e si limita a esortare la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo a prendere nuovamente nota delle sue osservazioni sull'argomento. La situazione drammatica relativa all'evoluzione della biodiversità è ben nota ed è dovuta in gran parte ad interventi compiuti nella piena legalità. L'UE ha avviato alcune misure, che però non sono efficaci anche perché, se e quando sono state adottate, lo si è fatto senza grande entusiasmo. Inoltre, molte decisioni continuano ad essere prese anche se sono controproducenti.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il fatto che in un piano d'azione vengano formulate oltre 160 diverse proposte per migliorare la situazione indica anzitutto che permangono lacune in moltissimi ambiti politici e ai livelli più diversi. Al medesimo tempo, però, ci si deve chiedere anche se tutte le misure abbiano la stessa importanza e se tutte debbano essere avviate contemporaneamente. Questo non significa che il CESE non approvi tutte le misure elencate. Esso dubita solo che verranno tutte perseguite seriamente.

4.2

Secondo il Comitato è di fondamentale importanza affrontare senza indugio e in modo esauriente il settore 4: occorre migliorare con urgenza la base di conoscenze sull'autentico significato della biodiversità e sulle vere conseguenze a lungo termine che le singole decisioni hanno per la biodiversità. Infatti, solo se esiste effettivamente un livello di conoscenze adeguato e se tali conoscenze sono realmente accettate dal mondo politico e dalla società, si può sviluppare il senso di coinvolgimento indispensabile a livello politico per arrivare ai cambiamenti radicali e sostanziali delle politiche e delle pratiche che la Commissione reputa necessari. Se attualmente manchino più le conoscenze e le idee adeguate o la capacità e la volontà politica di attuarle, è una questione a cui è estremamente difficile rispondere.

4.3

L'UE dovrà chiaramente accettare di essere giudicata in funzione della realizzazione degli obiettivi annunciati nel piano d'azione, tra i quali figura anche una diversa configurazione della propria politica di spesa e delle politiche settoriali. In seguito alle decisioni adottate nel dicembre 2005 in materia di bilancio, molte parti interessate sono scettiche quanto alla serietà con cui viene perseguita questa inversione di tendenza. Lo scetticismo è accentuato dal fatto che in passato non si è riusciti ad ottenere risultati positivi neppure in settori in cui gli interessi economici non ostacolavano un'efficace tutela della biodiversità.

4.4

A titolo di esempio si può citare una questione del tutto omessa nel documento della Commissione, sebbene sia particolarmente importante per molte specie minacciate: la caccia. Nei 27 Stati membri, più Svizzera e Norvegia ogni anno vengono catturati o uccisi circa 102 milioni di uccelli, tra cui 37 milioni di uccelli cantatori. Si tratta di dati calcolati in base alle statistiche relative alla caccia. Una cosa è certa: le forti perdite subite dalle specie migratorie a causa della caccia sono un importante fattore di mortalità.

4.5

Specie ornitologiche come la pavoncella, il beccaccino, la marzaiola, l'allodola, la quaglia, la tortora e il frullino, tutte specie la cui popolazione è in calo in tutta Europa o in alcune regioni europee, dovrebbero e potrebbero quindi essere risparmiate dalla caccia. In tale contesto va tenuto presente che nella maggior parte dei paesi europei la caccia delle specie migratorie è solo un passatempo di una piccola minoranza della popolazione. Non c'è alcuna motivazione economica: la caccia è praticata semplicemente per piacere. Eppure (o forse proprio per questo motivo?) in questo campo, finora, non si è registrato alcun successo. Ancora una volta si vede quanto sia difficile cambiare anche queste abitudini; ancor più difficile sarà, di conseguenza, operare cambiamenti radicali e sostanziali.

4.6

L'isola di Tilos, in Grecia, è un esempio alquanto positivo di che cosa si possa ottenere con un divieto di caccia. Dal 1993 sull'isola non si pratica più la caccia e questo ha portato a un forte aumento della biodiversità e delle popolazioni faunistiche. L'UE ha promosso questo sviluppo anche mediante un progetto LIFE.

4.7

In conclusione, il Comitato desidera ancora precisare che condivide il concetto di responsabilità globale cui fa riferimento la Commissione. Osserva tuttavia che, anche su questo punto, l'UE non può ancora cantare vittoria. Nella comunicazione all'esame la Commissione scrive che attualmente «meno di un centesimo del bilancio annuo totale destinato agli aiuti allo sviluppo da parte della Comunità e degli Stati membri »(vale a dire meno dello 0,004 % della spesa totale) viene utilizzato per progetti a favore della biodiversità.

4.8

Parallelamente, va considerata anche la grande responsabilità per la distruzione della biodiversità in altre parti del mondo. Nella comunicazione viene citato l'esempio della distruzione delle foreste tropicali. Il CESE fa notare che il disboscamento è controproducente non solo dal punto di vista della biodiversità, ma anche per la protezione del clima: il 20 % dell'inquinamento provocato dalla CO2 a livello globale è dovuto infatti alla distruzione delle foreste.

4.9

Il CESE richiama l'attenzione sul rischio evidente che rappresenta, per l'agricoltura e l'allevamento, il rapido processo di erosione delle risorse genetiche per la produzione alimentare.

4.10

Il Comitato desidera esprimere la sua profonda preoccupazione per il fatto che l'attuazione della strategia per i biocarburanti potrebbe portare a un'ulteriore massiccia distruzione delle foreste tropicali, se si utilizzeranno prodotti di importazione meno costosi, invece di prodotti locali fabbricati in modo rispettoso della natura e conforme ai principi della tutela ambientale. Attualmente la Malaysia produce circa 5 milioni di tonnellate di olio di palma all'anno; le piantagioni di palme da olio sono state la causa di circa il 90 % delle distruzioni di foresta pluviale avvenute nel paese tra il 1985 e il 2000. Prossimamente verranno disboscati altri 6 milioni di ettari di foresta pluviale (in Indonesia addirittura 16,5 milioni) per lasciare il posto a piantagioni di palma da olio. L'olio prodotto è destinato all'esportazione. Una centrale termica del comune di Schwäbisch-Hall, un comune tedesco spesso e volentieri citato a modello in materia di politica energetica, è alimentata per oltre il 90 % con olio di palma!

4.11

Oltre a queste differenze nella valutazione di fondo o nell'approccio da adottare, il Comitato desidera segnalare ancora due importanti elementi di natura formale.

4.11.1

Per le parti interessate e coinvolte è alquanto fastidioso dover cercare diversi testi comunitari per avere una visione completa di una determinata politica. Per soddisfare la regola amministrativa secondo cui i documenti della Commissione devono essere brevi, il piano d'azione vero e proprio, che nell'indice della comunicazione all'esame figura come Allegato 1, di fatto non è allegato: è disponibile unicamente come documento SEC a se stante, sul cui frontespizio non figura nemmeno la menzione «piano d'azione»; si parla infatti solo di «allegato tecnico». Il piano d'azione è disponibile solo in inglese (e non in altre lingue ufficiali) e i caratteri utilizzati sono di difficile lettura. Tutto questo è irritante. Il Comitato esorta pertanto la Commissione a fornire una traduzione del piano d'azione in tutte le lingue ufficiali e a provvedere a una sua ampia diffusione sia su Internet che in forma stampata.

4.11.2

La Commissione propone che l'attuazione degli obiettivi del piano d'azione avvenga sotto la vigilanza del gruppo di esperti sulla biodiversità. Il Comitato propone invece di coinvolgere molto più intensamente la società civile, in particolare considerato il problema — esposto sopra e ben illustrato nel parere esplorativo — che la consapevolezza e il «senso di coinvolgimento »che ne deriva sono di gran lunga insufficienti.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU C 195 del 18.8.2006, pag. 96.

(2)  Cfr. Consiglio europeo di Göteborg del 15-16.6.2001, conclusioni della presidenza.

(3)  Il CESE accoglie peraltro con favore tale approccio.

(4)  Parere del CESE, del 21.3.2002, sul tema Il futuro della PAC, GU C 125 del 27.5.2002, pagg. 87-99.


28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/12


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (versione codificata)

COM(2006) 543 def. — 2006/0170 (COD)

(2007/C 97/04)

Il Consiglio, in data 11 ottobre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore OSBORN.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 188 voti favorevoli, 2 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Lo scopo della proposta della Commissione è quello di avviare la codificazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) e di una serie di sue successive modifiche.

1.2

Il Comitato è decisamente favorevole alla sistematica codificazione della legislazione comunitaria in tutti i settori. Concorda infatti con la Commissione e le altre istituzioni nel ritenere che tale codificazione renda la legislazione più trasparente e accessibile per tutti quelli che la devono utilizzare, nonché più comprensibile per il pubblico.

2.   Osservazioni generali

2.1

Nel presente caso la codificazione ha il vantaggio ulteriore di raccogliere in un'unica direttiva l'intera legislazione europea sull'IPPC con un buon anticipo rispetto alla presentazione delle nuove proposte che potrebbero derivare dall'esame, attualmente in corso, delle attività di IPPC. In tale modo la codificazione renderà più semplice per le istituzioni europee e le altre parti interessate valutare le eventuali nuove proposte.

2.2

A questo proposito il Comitato rammenta il suo precedente parere, presentato nel dicembre 2003, sui progressi nell'attuazione delle norme sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (1), in cui esprimeva preoccupazione per i problemi già all'epoca individuati nell'attuazione della direttiva. Si trattava in particolare di: ritardi e confusione nella trasposizione; ritardi e poca trasparenza delle condizioni applicate nei siti soggetti a controllo IPPC; difficoltà nell'applicazione di norme di sicurezza omogenee nei siti in attività e nell'attuazione delle condizioni di autorizzazione; nonché una serie di altre preoccupazioni.

2.3

Nel frattempo la Commissione ha elaborato un piano di azione per il settore, inteso a consentire dei progressi più rapidi nell'intera Unione, e il Comitato constata con soddisfazione che le analisi attualmente in corso sull'attuazione della direttiva confermano che tale attuazione sta divenendo più rapida in varie parti dell'Unione.

2.4

Il Comitato continua tuttavia a nutrire preoccupazioni circa alcuni aspetti dell'attuazione; in particolare constata che alcuni Stati membri avranno probabilmente grandi difficoltà a assoggettare tutti i loro siti al regime di controllo IPPC entro la scadenza del 31 dicembre 2007, prevista dalla direttiva (la maggior parte degli Stati in Europa ha avuto a disposizione dieci anni per realizzare la piena attuazione della direttiva e i nuovi Stati membri circa tre anni per mettere a punto almeno la struttura di base del controllo dei siti). Il Comitato continua inoltre ad essere preoccupato per la mancanza di trasparenza in merito alle ragioni che hanno indotto alcune autorità competenti ad autorizzare operazioni che sono ben lontane dal rispettare i limiti di emissione stabiliti nei documenti BREF. Non sempre viene fatto valere efficacemente il fondamentale concetto della valutazione integrata, che dovrebbe consentire opportuni scambi tra emissioni in differenti ambienti. Causa inoltre preoccupazione il fatto che la frequenza e il livello di profondità dei controlli siano alquanto variabili.

2.5

Il CESE si ripropone di intervenire nuovamente in una fase successiva della revisione della legislazione in materia di IPPC. Nel frattempo, tenendo conto delle condizioni di attuazione molto variabili che sono emerse dalle ultime analisi della Commissione, invita quest'ultima e le altre istituzioni a prevedere nuove e significative misure per garantire un'attuazione più efficace di tale legislazione.

2.6

L'IPPC ha il potenziale per produrre un costante miglioramento delle condizioni di attività delle imprese in Europa, seguendo un approccio prudenziale e tenendo conto delle circostanze locali. Tuttavia tarda alquanto ad affermarsi come fattore importante di cambiamento e miglioramento dell'impatto ambientale dell'attività produttiva. Per mantenere la fiducia delle imprese e del resto della società civile, l'IPPC dev'essere attuata in maniera trasparente e coerente in tutta Europa. In caso contrario non riuscirà, come dovrebbe, a creare un contesto dinamico di miglioramento costante dei risultati man mano che il ciclo degli investimenti ne fornirà le opportunità, comprometterà l'equa concorrenza e susciterà nell'intero sistema una crescente sfiducia nella sua capacità di migliorare i risultati e la qualità in campo ambientale in Europa.

2.7

La codificazione, tramite la direttiva in esame, delle disposizioni legislative preesistenti costituisce di per sé una misura utile, ma va considerata solo come un preliminare alle ulteriori misure che saranno probabilmente necessarie per migliorare l'attuazione in seguito alla revisione in corso.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU C 80 del 30.3.2004, pagg. 29-34.


28.4.2007   

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C 97/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura (versione codificata)

COM(2006) 749 def. — 2006/0250 (CNS)

(2007/C 97/05)

Il Consiglio, in data 22 dicembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 37 e 94 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore Gilbert BROS.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 184 voti favorevoli, 1 voto contrario e 16 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Lo scopo della proposta della Commissione è quello di avviare la codificazione della direttiva 77/504/CEE del Consiglio del 25 luglio 1977 relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura. La nuova direttiva sostituisce le varie direttive che essa incorpora, preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione e pertanto non fa altro che riunirli apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini dell'opera di codificazione.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il Comitato ritiene estremamente utile che tutti i testi vengano incorporati in un'unica direttiva. Nel contesto dell'Europa dei cittadini, infatti, al pari della Commissione il Comitato attribuisce grande importanza alla semplificazione e alla chiara formulazione della normativa comunitaria, perché questa diventi più comprensibile e accessibile al cittadino comune offrendogli nuove opportunità e la facoltà di far valere i diritti specifici che gli sono conferiti.

2.2

Dal momento che il legislatore si è adoperato perché questa versione codificata non contenesse alcuna modifica di carattere sostanziale e avesse l'unico scopo di presentare la normativa comunitaria in maniera chiara e trasparente, il Comitato esprime il proprio sostegno incondizionato all'iniziativa e, di fronte alle garanzie così fornite, accoglie favorevolmente la proposta.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


28.4.2007   

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C 97/14


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (versione codificata)

COM(2006) 652 def. — 2006/0214 (COD)

(2007/C 97/06)

Il Consiglio, in data 22 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore VERBOVEN.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 181 voti favorevoli, 2 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato è sostanzialmente favorevole alla proposta in esame, chiede alla Commissione di tener conto delle due riserve da esso formulate e di modificare di conseguenza il testo dei considerando, ed auspica che la proposta sia approvata in tempi brevi dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

2.   Motivazione

2.1   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.1

Lo scopo della proposta in esame è avviare la codificazione della direttiva 89/655/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro e successive modifiche. La nuova direttiva sostituisce le varie direttive che essa incorpora (1) e, secondo l'affermazione della Commissione, ne preserva appieno la sostanza, limitandosi a riunire le norme in esse contenute e ad apportarvi le sole modifiche formali necessarie ai fini della codificazione.

2.2   Osservazioni

2.2.1

L'osservanza delle norme in materia di salute e sicurezza nell'uso delle attrezzature di lavoro rappresenta un aspetto importante delle misure di prevenzione. Dal 1989, tali norme formano oggetto di un'armonizzazione minima. La direttiva 89/655/CEE è stata modificata a più riprese così da poter coprire un numero maggiore di situazioni di lavoro (principalmente il lavoro «in quota», ossia in luoghi sopraelevati) e da integrare un concetto più ampio di salute sul lavoro che tenga conto dei principi di ergonomia. Queste diverse revisioni possono comportare difficoltà per i destinatari della normativa, benché la Commissione abbia provveduto a un coordinamento informale delle norme in vigore.

2.2.2

L'opera di codificazione non può comportare alcuna modifica di carattere sostanziale. In esito all'esame della proposta, il Comitato ritiene che il testo in questione rispetti tale principio fondamentale, fatte salve le seguenti riserve:

i considerando 10 e 11 della direttiva 2001/45/CE ponevano l'accento sulla necessità di un'adeguata formazione specifica dei lavoratori chiamati a utilizzare delle attrezzature per lavorare in luoghi sopraelevati. Il Comitato auspica l'inserimento di una analoga raccomandazione tra i considerando della proposta in esame,

il Comitato ritiene che, ai sensi della decisione 2003/C 218/01 del Consiglio del 22 luglio 2003, la proposta in esame debba essere sottoposta per parere al comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro. Conformemente alla prassi seguita finora, il parere di tale organo dovrebbe essere citato in un visto della nuova direttiva.

2.2.3

Pur con le riserve summenzionate, il Comitato ritiene che la proposta in esame riunisca in modo razionale le disposizioni in vigore, le renda più chiare e non ponga alcun problema di fondo.

2.2.4

Il Comitato è sostanzialmente favorevole alla proposta in esame, chiede alla Commissione di tener conto delle due riserve formulate e di modificare di conseguenza i considerando ed auspica che la proposta sia approvata in tempi brevi dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Direttive 89/655/CEE del Consiglio, 95/63/CE del Consiglio e 2001/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.


28.4.2007   

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C 97/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro (versione codificata)

(COM(2006) 664 def. — 2006/0222 (COD))

(2007/C 97/07)

Il Consiglio, in data 12 dicembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore VERBOVEN.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 192 voti favorevoli, 3 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato approva la proposta di direttiva in esame e auspica che venga adottata in tempi brevi dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

1.2

Il Comitato ribadisce inoltre l'auspicio che gli Stati membri ratifichino la Convenzione n. 162 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) relativa alla sicurezza nell'utilizzazione dell'amianto.

2.   Motivazione

2.1   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.1

Lo scopo della presente proposta è quello di avviare la codificazione della direttiva 83/477/CEE del Consiglio, del 19 settembre 1983, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE), e successive modifiche. La nuova direttiva si sostituirà alle direttive oggetto della codificazione (1); secondo l'affermazione della Commissione, essa ne rispetta integralmente la sostanza, limitandosi a raggruppare le norme in essa contenute e ad apportarvi le modifiche formali necessarie ai fini della codificazione.

2.2   Osservazioni generali

2.2.1

L'esposizione all'amianto resta un grave fattore di rischio per diverse categorie di lavoratori, soprattutto del settore edilizio. Si ritiene in generale che nell'arco del XX secolo l'Europa abbia consumato varie decine di milioni di tonnellate di amianto. Nonostante il divieto di utilizzare questo materiale, introdotto dall'UE nel 1999, il rischio amianto sussisterà ancora per decenni a causa della presenza di tale materiale in numerosi edifici. Del resto, anche l'eliminazione delle diverse attrezzature contenenti amianto e la gestione dei rifiuti possono presentare rischi di esposizione all'amianto.

2.2.2

Il Comitato, che ha esaminato in numerose occasioni la problematica della protezione dei lavoratori esposti all'amianto, rimanda in particolare al proprio parere d'iniziativa adottato il 4 marzo 1999 (2).

2.2.3

La prima direttiva volta a proteggere i lavoratori dal rischio amianto, che risale al 1983, è stata più volte modificata per poterne estendere il campo di applicazione, rafforzare le misure di prevenzione e ridurre i valori limite di esposizione. Queste revisioni successive possono comportare delle difficoltà per i destinatari della legislazione in questione.

2.2.4

Una codificazione non può introdurre alcuna modifica sostanziale. Il Comitato, esaminata la proposta di direttiva, ritiene che il testo rispetti rigorosamente questo principio fondamentale. Esso si limita infatti a raccogliere in modo razionale le diverse disposizioni in vigore, rendendole così più chiare, e non pone pertanto alcun problema di fondo.

2.2.5

Il Comitato auspica che la Commissione consulti al più presto le parti sociali e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro.

2.2.6

Il Comitato approva pertanto la proposta di direttiva all'esame e auspica che venga adottata in tempi brevi dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

2.3   Osservazioni specifiche

2.3.1

Il Comitato rimanda al proprio parere adottato il 4 marzo 1999 e ribadisce in particolare l'auspicio che gli Stati membri ratifichino la Convenzione n. 162 dell'OIL relativa alla sicurezza nell'utilizzazione dell'amianto. A tutt'oggi solo dieci Stati membri su 27 si sono attivati in questo senso. Una ratifica da parte degli Stati membri dell'UE contribuirebbe all'autorevolezza della Convenzione dell'OIL come importante strumento per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nel mondo.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Direttiva 83/477/CEE del Consiglio, direttiva 91/382/CEE del Consiglio, direttiva 98/24/CE del Consiglio (solo l'articolo 13) e direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

(2)  GU C 138 del 18.5.1999, pag. 24.


28.4.2007   

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C 97/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La politica europea in materia di logistica

(2007/C 97/08)

Con lettera datata 17 novembre 2005, Mari KIVINIEMI, ministro finlandese del Commercio estero e dello sviluppo, ha chiesto al CESE, a nome della presidenza finlandese dell'UE e conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di elaborare un parere sul tema: La politica europea in materia di logistica.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore RANOCCHIARI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 82 voti favorevoli, 5 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Raccomandazioni e conclusioni

1.1

L'esistenza di servizi di trasporto efficienti costituisce una premessa fondamentale ai fini del mantenimento e del rafforzamento della competitività europea. Gestire la complessità dei flussi di trasporto in una società moderna presuppone un alto grado di efficienza e un'interazione perfetta tra i vari modi di trasporto. Ricorrendo a soluzioni logistiche avanzate e integrate si può contribuire ad ottimizzare le operazioni di trasporto merci, promuovendo in tal modo la crescita e la competitività globale dell'Europa.

1.2

L'iniziativa della presidente finlandese e la comunicazione della Commissione pubblicata nel giugno scorso (1) illustrano come l'efficienza logistica possa costituire uno strumento destinato a rafforzare e sfruttare le sinergie positive esistenti tra il settore della tutela ambientale e la ricerca della competitività. Tale obiettivo può essere conseguito ottimizzando e razionalizzando l'utilizzo dei veicoli e delle infrastrutture al fine di ridurre il ricorso ai mezzi di trasporto quando ciò non sia indispensabile. Il Comitato ritiene pertanto importante realizzare un'attività di sviluppo che si avvalga del contributo di tutte le parti in causa: dalle aziende logistiche e dalle imprese loro clienti ai rispettivi dipendenti, dalle autorità alle associazioni interessate.

1.3

Il punto di partenza di tale attività di sviluppo dovrebbe essere un piano strategico predisposto dalla Commissione a favore della logistica come fattore di crescita e competitività. Il piano, in cui verranno chiaramente definiti i compiti delle autorità e delle imprese, dovrà riguardare tutte le modalità di trasporto e tenere conto degli interessi di carattere economico, sociale e ambientale, della politica dei trasporti e delle realtà regionali.

1.4

La logistica di trasporto è un'attività ad alta intensità di manodopera che richiede personale e strutture gestionali competenti ed adeguatamente formati. Il piano strategico dovrà pertanto illustrare dettagliatamente quali condizioni dovranno soddisfare l'istruzione di base e quella post-scolastica in campo logistico, e analizzare come possano essere sostenuti la ricerca e lo sviluppo delle infrastrutture.

1.5

In questo contesto il mercato del lavoro potrebbe rivestire un ruolo importante nel mantenimento e nello sviluppo di servizi logistici competitivi e adeguati alle esigenze del mondo produttivo. Le parti sociali possono migliorare, grazie a un dialogo continuo, le regole e l'efficienza del mercato del lavoro nel settore della logistica. Tra gli obiettivi comuni che si possono definire figurano: posti di lavoro stabili, condizioni di lavoro adeguate e miglioramento della produttività.

1.6

L'approccio precedentemente adottato dalla Commissione per risolvere i problemi di congestione su determinati assi dell'UE, ricorrendo alla regolamentazione delle quote dei vari modi di trasporto in base ai valori del 1998, non appare in sintonia con lo sviluppo attuale del mercato dei trasporti.

1.7

Il compito principale che occorre adesso portare a termine consiste nel realizzare un'interazione tra i vari modi di trasporto, laddove ciò sia possibile e laddove se ne possa sfruttare appieno l'efficienza e la convenienza. Ciò avverrà non appena vi saranno le necessarie condizioni tecniche, pratiche ed economiche. La sfida per l'Unione europea consiste nel dare vita a una politica comune che consenta di creare o sviluppare tali condizioni e punti, inoltre, ad assicurare un sistema di trasporti sicuro, efficiente e pulito dal punto di vista ambientale.

2.   Antecedenti

2.1

La Finlandia ha invitato il Comitato economico e sociale europeo ad elaborare un parere esplorativo sul tema della politica europea in materia di logistica, insistendo su una serie di fattori che rendono questo settore tanto importante per la competitività europea. In particolare vengono sottolineati gli elementi indicati a seguire.

2.2

L'economia globale attraversa una fase di transizione. Lo stadio più recente della globalizzazione è iniziato negli anni '90, quando le economie asiatiche in rapida espansione si sono aperte all'economia di mercato internazionale. Ciò ha determinato la delocalizzazione sia della produzione industriale che della prestazione di servizi. In Europa, fattori quali l'allargamento dell'UE, la crescita economica dei paesi limitrofi e la ripresa economica della Russia stanno modificando le strutture della produzione industriale e dei mercati dei servizi europei. L'UE deve rispondere tempestivamente e con fermezza a queste sfide, come sottolinea la strategia di Lisbona.

2.3

Questi sviluppi si riflettono anche nel settore europeo dei trasporti. In primo luogo, è necessario riuscire a integrare i mercati dei trasporti di tutti gli Stati membri in quello comunitario. Il CESE raccomanda a questo proposito una particolare attenzione per quei paesi che a tutt'oggi sono tecnicamente integrati nel sistema di trasporto dell'ex Unione Sovietica. In secondo luogo, occorre rimuovere i rimanenti vincoli in materia di mobilità e organizzare efficacemente le operazioni di trasporto. In terzo luogo, per trarre pienamente beneficio dalle opportunità economiche offerte dai paesi confinanti con l'UE, occorre sviluppare collegamenti di trasporto con tali paesi. Le strozzature esistenti alle frontiere comuni con i paesi terzi dimostrano quanto sia importante adoperarsi per risolvere questi problemi. In molti casi il trasporto merci attraversa la frontiera dell'UE, per cui diventa quanto mai importante prestare attenzione agli sviluppi delle tecnologie e delle infrastrutture corrispondenti sia negli Stati membri che nei paesi terzi.

2.4

Uno degli obiettivi della strategia di Lisbona è fare dell'Europa l'economia più competitiva del mondo. Un sistema di trasporti moderno, efficiente e ben funzionante è essenziale per uno sviluppo economico sostenibile. Tuttavia, una maggiore competitività delle imprese europee presuppone una sempre maggiore qualità, puntualità ed efficienza dei trasporti. Al contempo, il rapido aumento del trasporto merci, soprattutto su strada, determina una saturazione del settore in molte regioni d'Europa, generando costi aggiuntivi per l'industria europea. Tali sviluppi hanno inoltre un'incidenza negativa sull'ambiente.

2.5

L'UE ha compiuto grossi sforzi per aprire i mercati dei servizi logistici e per integrare le reti di trasporto esistenti in Europa. I risultati tuttavia non sono ancora soddisfacenti e numerosi ostacoli continuano a frapporsi alla realizzazione di ulteriori progressi. Nel quadro della politica europea dei trasporti, ad esempio, la logistica non ottiene l'attenzione che merita, malgrado i suoi costi elevati per l'industria e per il commercio pesino notevolmente sul fatturato delle aziende. Il settore logistico europeo rappresenta inoltre un'importante fonte di occupazione.

2.6

L'efficienza logistica costituisce uno strumento destinato a rafforzare e sfruttare le sinergie positive esistenti tra il settore della tutela ambientale e la ricerca della competitività. Tale obiettivo può essere conseguito attraverso l'ottimizzazione e la razionalizzazione dell'utilizzo dei veicoli e delle infrastrutture al fine di ridurre il ricorso ai mezzi di trasporto quando ciò non sia indispensabile.

2.7

Una logistica migliore può anche avere un impatto positivo sullo sviluppo regionale dell'UE, dato che riduce la rilevanza dell'ubicazione geografica e promuove quindi la crescita economica e la competitività a livello regionale; la logistica dei trasporti potrebbe svolgere un ruolo importante per una mobilità sostenibile.

3.   Introduzione

3.1

I contatti tra la Finlandia e la Commissione europea sono sfociati nel giugno 2006 nella pubblicazione, da parte di quest'ultima, di una comunicazione intitolata La logistica delle merci in EuropaLa chiave per una mobilità sostenibile  (2). Il documento esamina quali siano le condizioni necessarie per migliorare le interconnessioni tra il settore logistico e la politica in materia di logistica.

3.2

Nel documento di consultazione del marzo 2006 (3) in merito alla suddetta comunicazione, la Commissione esamina una serie di questioni relative al futuro sviluppo della logistica e alla sua importanza per la realizzazione nell'UE di un settore dei trasporti efficiente, con un riferimento esplicito all'intermodalità, ovvero all'interazione tra i modi di trasporto.

3.3

Stando a questo documento, dal raffronto tra il PIL e le spese logistiche, compresi i trasporti tra l'Europa (UE 15) e l'America del Nord, emerge che la percentuale della logistica rispetto al PIL in Europa è aumentata dal 12,2 % nel 1998 al 13,3 % nel 2002. Nello stesso periodo la spesa per la logistica nell'America del Nord è scesa dall'11 % al 9,9 %.

3.4

Nel documento di consultazione la Commissione fa inoltre riferimento ai provvedimenti presi in passato. Da qualche anno sono operativi, nel quadro della ricerca e dello sviluppo tecnologico (RST), diversi progetti incentrati sull'intermodalità, da un lato, e sulla logistica, dall'altro. Essi mirano a sviluppare una maggiore comprensione della correlazione tra le decisioni in materia di logistica e i servizi di trasporto (4).

3.5

Il Libro bianco pubblicato dalla Commissione nel 2001 (5) contiene dati fondamentali sul sistema dei trasporti nell'UE e presenta idee e proposte intese a migliorare il settore dei trasporti entro il 2010, stabilendo inoltre degli obiettivi quantitativi per i diversi modi di trasporto. Entro il 2010 le quote di mercato dei diversi modi di trasporto dovrebbero essere riportate ai valori del 1998. Nel documento si sottolinea in modo particolare l'importanza dell'intermodalità, ovvero delle diverse forme di cooperazione dei modi di trasporto, specie per quanto riguarda il trasporto di merci a più lungo raggio in Europa, al fine di incrementare il trasporto su rotaia e quello marittimo. Il programma Marco Polo è parte integrante di tale obiettivo, e presuppone la messa a punto di soluzioni tecniche e logistiche flessibili che consentano di mantenere in vita il concetto di consegne porta a porta. Nel Libro bianco si sostiene che le perdite di tempo e i costi aggiuntivi associati ai trasbordi vanno a scapito della competitività e a tutto vantaggio del trasporto stradale, che dispone di una rete capillare grazie alla quale è possibile trasportare merci praticamente ovunque. È un fatto però che quest'ultima osservazione vale principalmente per i paesi dell'UE-15. Nei nuovi Stati membri la rete stradale è meno sviluppata e spesso di cattiva qualità. In tali paesi il sistema dei trasporti ha un enorme potenziale di sviluppo che occorrerebbe sfruttare, favorendo gli investimenti nelle infrastrutture.

3.6

La comunicazione della Commissione (6) sul riesame intermedio del Libro bianco, oltre a ribadire l'importanza della co-modalità, sembra assumere un approccio più pragmatico quanto alla ripartizione dei modi di trasporto.

4.   L'attenzione della presidenza finlandese a una futura politica europea in materia di logistica e le tendenze in atto in questo settore

4.1

I lavori preparatori presentati dalla Finlandia alla Commissione europea comprendono uno studio sulle nuove tendenze in atto in ambito logistico e una valutazione del cosiddetto progetto europeo EULOG. Quest'ultimo si proponeva essenzialmente di creare un documento di discussione che illustrasse in maniera esaustiva le conoscenze globali disponibili sul futuro auspicato della logistica europea, inclusa la logistica dei trasporti, e le politiche necessarie per realizzarlo.

4.2

Si assisterà ad un incremento della produzione industriale soprattutto in seno alle economie in via di sviluppo della Cina, dell'India, del Brasile e della Russia, il che determinerà un aumento sia dei volumi di merci da trasportare che delle distanze di trasporto. Dato che la catena logistica globale è complessa da gestire, è possibile che i relativi centri decisionali vengano trasferiti in Asia. Inoltre, con l'intensificarsi della concorrenza tra le varie aree economiche, la capacità infrastrutturale assumerà un'importanza sempre più critica quale fattore di competitività. Occorre inoltre considerare che, in seguito all'aumento della produzione e dei consumi nell'Europa orientale, una parte delle merci dovrà necessariamente essere riorientata verso modalità diverse dal trasporto su strada, per la qual cosa sta assumendo enorme importanza lo sviluppo di centri intermodali di smistamento delle merci alle frontiere comunitarie di tale regione. Tale situazione comporterà un'ottimizzazione dei costi di funzionamento del sistema di trasporto dell'UE. Le istituzioni dell'UE dovrebbero sostenere tale trend favorevole e promuovere i modi di trasporto ecologici nel quadro dello sviluppo sostenibile.

4.3

Nel settore della produzione di beni e servizi è l'orientamento al cliente che determina la struttura delle varie catene logistiche, le quali si differenziano le une dalle altre non solo in base alle caratteristiche dei prodotti ma anche alle necessità e alle aspettative dei clienti. L'integrazione di sistema si riferisce agli aspetti sia tecnologici che organizzativi ed è basata sullo sviluppo della conoscenza. La creazione di reti di approvvigionamento richiede capacità di innovazione tanto nei prodotti quanto nei processi. Nei paesi occidentali si assisterà ad un'espansione del settore dei servizi, mentre in ambito manifatturiero è già in atto una delocalizzazione verso altre parti della rete. Esiste una richiesta di informazioni precise in merito all'impatto ambientale dei vari prodotti e servizi offerti: la tecnologia della tracciabilità e della rintracciabilità acquisterà pertanto un'importanza sempre maggiore ai fini dello sviluppo dell'efficienza e della riduzione del volume di rifiuti prodotti. Crescerà inoltre l'importanza della logistica inversa, intesa a gestire il recupero o la distruzione dei prodotti al termine del loro periodo di utilizzo.

4.4

I sistemi di informazione e di comunicazione consentono di controllare i flussi di informazione critica tra la pianificazione, la gestione e l'esecuzione delle catene logistiche. Le TIC (Tecnologie dell'informazione e della comunicazione) consentono di migliorare la sicurezza e il livello di servizio logistico offerto, ottenendo nel contempo un abbattimento dei costi. Per questo servono nuove tecnologie intelligenti e interfacce standardizzate. Grazie alla diffusione dell'identificazione tramite radiofrequenza, le consegne potranno essere tracciate e rintracciate più agevolmente, divenendo inoltre più sicure.

4.5

La redditività rimane un fattore chiave. I costi dei trasporti cresceranno in seguito all'aumento della manodopera e del prezzo del petrolio, delle congestioni del traffico e dei costi di utilizzo delle infrastrutture, ma anche delle sempre maggiori esigenze di sicurezza. Anche la logistica inversa influirà sulla redditività. Dato che i costi connessi con la logistica non sono sufficientemente noti, le decisioni vengono prese sulla base di informazioni parziali: occorre pertanto sviluppare un modello basato sui costi reali. I costi logistici dovrebbero altresì essere inclusi tra i fattori chiave di prestazione delle aziende. In tale contesto, il modello di calcolo dei costi messo a punto dalla Commissione europea nel quadro dell'attuazione della cosiddetta direttiva «Eurovignette», che tiene conto tra l'altro dei costi esterni e dei costi di utilizzo delle infrastrutture, sarà utile per il calcolo dei costi effettivi delle operazioni logistiche.

4.6

Le politiche pubbliche puntano a creare un ambiente operativo propizio ad una maggiore competitività del commercio e dell'industria. La regolamentazione dei mercati è una parte essenziale delle economie miste europee, ma deve essere realizzata in modo intelligente e mirare alla promozione dello sviluppo e della competitività. L'armonizzazione delle politiche e delle normative e la realizzazione di investimenti in infrastrutture sono presupposti indispensabili per l'abbattimento delle barriere che ancora si frappongono alla piena realizzazione del mercato unico. Sebbene in futuro le autorità regionali siano destinate ad esercitare una maggiore influenza in materia di regolamentazione e di investimenti nel settore dei trasporti, al momento di elaborare le politiche in materia esse devono tener conto anche dell'evoluzione dell'ambiente globale in cui si trovano ad operare.

4.7

Le autorità dovranno sostenere le innovazioni e il loro sfruttamento. In ambito logistico i principali settori in cui si assisterà a importanti evoluzioni sono la gestione della catena logistica e i nuovi modelli imprenditoriali. Nel primo caso sono necessari ulteriori passi avanti, ad esempio in materia di sicurezza, di tracciabilità e rintracciabilità, e di operazioni intermodali. Nel secondo caso si richiedono nuove capacità, ad esempio in materia di cooperazione e di condivisione dei rischi.

5.   Osservazioni di carattere generale

5.1

Il termine «logistica »viene spesso utilizzato senza che ne sia specificato il contenuto o il significato. Non esiste infatti una definizione uniforme di questo concetto, che in origine era impiegato in ambito militare. Per servizi logistici del trasporto merci (logistica dei trasporti) si intende il processo di pianificazione, attuazione, controllo e sincronizzazione, in condizioni di efficienza e redditività, di flussi in entrata e in uscita o dell'immagazzinamento di materie prime, semilavorati, prodotti finiti e delle relative informazioni, dal punto di origine al punto di consumo, allo scopo di soddisfare le esigenze dei clienti. Questa definizione copre quella adottata dalla Commissione nel documento di consultazione.

5.2

Il Comitato prende innanzitutto atto del lungo elenco di motivi addotti dalla presidenza finlandese dell'UE a favore di un settore europeo della logistica ben funzionante, nonché delle convincenti argomentazioni da essa presentate circa la necessità di accordare alla logistica un'importanza maggiore nell'ambito della politica europea dei trasporti. Il Comitato condivide tale valutazione ed è pertanto disposto a sostenere pienamente l'iniziativa.

5.3

La strategia di Lisbona rinnovata costituisce una sfida di prim'ordine, la cui realizzazione presuppone l'esistenza, in Europa, di crescita economica. Quest'ultima a sua volta implica un aumento degli scambi e un'incessante razionalizzazione e innovazione in campo industriale, ed è sempre più condizionata da fattori internazionali e concorrenziali.

5.4

In quasi tutti i settori della società, il trasporto passeggeri e quello merci rappresentano una premessa fondamentale per il funzionamento del comparto industriale, delle attività e degli scambi commerciali. Il fattore tempo e i costi sono determinanti ai fini della decisione strategica di localizzare, non solo nel settore industriale ma anche per le scelte individuali. Se è vero che i cambiamenti strutturali in atto nella società influiscono sulle necessità di trasporto, è vero anche che a volte essi sono determinati dall'emergere o meno di nuove possibilità di trasporto.

5.5

Il Comitato ritiene che, in un'economia via via più internazionalizzata, la logistica e i relativi costi rappresentino un fattore sempre più importante non solo per la competitività e la razionalizzazione, ma anche per la tutela dell'ambiente. Una maggiore mobilità nell'accesso ai mercati, al lavoro, alla formazione, ai servizi, ecc. è possibile soltanto a condizione di poter innanzitutto disporre di un sistema di trasporti ben funzionante.

5.6

Il Comitato concorda pertanto con la Commissione sul fatto che il settore dei trasporti rappresenti un fattore chiave ai fini del mantenimento e del rafforzamento della competitività europea. Gestire il complesso flusso dei trasporti in una società moderna richiede la presenza di modalità di trasporto altamente efficaci e che interagiscano perfettamente le une con le altre. Soluzioni logistiche avanzate e integrate possono contribuire ad ottimizzare le operazioni di trasporto merci, favorendo in tal modo la crescita e la competitività globale dell'Europa.

5.7

È importante ribadire in questo contesto che la logistica è un'attività commerciale riconducibile alle imprese e alla domanda dei clienti, per cui spetta al mercato fornire questo tipo di servizi. Questo implica che sono le esigenze dei clienti relative al servizio di trasporto e alla sua prestazione a determinare sostanzialmente gli sviluppi in questo settore. Si può menzionare l'esempio dell'industria manifatturiera, la cui domanda di servizi di trasporto continua a crescere per consentire la riduzione del livello di scorte di magazzino, sia per i componenti che per i prodotti finiti. In Europa, un commercio elettronico in espansione e un mercato postale liberalizzato rappresentano ulteriori ambiti nei quali la domanda di servizi di trasporto rapidi e puntuali, e quindi di logistica, è destinata a crescere. È inoltre importante sottolineare che questi sviluppi vanno realizzati in maniera sostenibile, prevedendo regole specifiche al fine di soddisfare le esigenze sociali e ambientali.

5.8

La scelta della modalità di trasporto da parte del cliente è influenzata da un gran numero di fattori e dipende naturalmente dal tipo di merce. I prodotti di alto valore, deperibili o fragili sono generalmente trasportati su gomma o per via aerea, mentre per quelli di scarso valore, pesanti o voluminosi si tende ad utilizzare la nave o la ferrovia. Sulla scelta del modo di trasporto influisce inoltre il fattore tempo (just in time) e il numero di trasbordi da effettuare.

5.9

Questa concezione è alla base anche della comunicazione sul riesame intermedio del Libro bianco, che il Comitato accoglie con favore. Il CESE intende elaborare un parere specifico sulla comunicazione, ma ciò non gli impedisce di presentare sin da ora alcune osservazioni. Il documento di consultazione che ha preceduto la comunicazione aveva privilegiato l'intermodalità, in linea con le indicazioni del Libro bianco del 2001, che raccomandava il ricorso al trasporto marittimo e ferroviario per una parte del volume di merci trasportate su gomma.

5.10

Il Comitato rileva con soddisfazione che la Commissione non considera più l'intermodalità come un fine in sé, bensì come strumento di interazione tra i vari modi di trasporto.

5.11

Nel documento di consultazione riguardante la valutazione intermedia del Libro bianco del 2001, la Commissione ha ribadito la necessità di riportare l'equilibrio tra i modi di trasporto al livello conseguito nel 1998. Nel Libro bianco si sottolineava l'importanza che l'Unione europea prendesse dei provvedimenti per ovviare ai crescenti squilibri tra i modi di trasporto. La crescente popolarità del trasporto su strada e del trasporto aereo comporta infatti un maggiore sovraccarico delle reti di trasporto. Al contempo, le insufficienti capacità del trasporto ferroviario e della navigazione costiera pregiudicano lo sviluppo di reali alternative al trasporto delle merci su strada. Tuttavia, il problema della congestione in determinate parti dell'Unione europea non deve celare l'insufficienza dei collegamenti tra le regioni periferiche e i mercati centrali.

5.12

Secondo la Commissione, ciò ha determinato uno squilibrio nei trasporti e, di conseguenza, crescenti problemi di congestione, particolarmente nei principali corridoi transeuropei di trasporto e nei centri urbani. Una soluzione a tali problemi dipenderà dal conseguimento, entro il 2010, di due obiettivi principali:

l'introduzione di una concorrenza regolata tra i modi di trasporto,

lo sviluppo di strategie comuni per i modi di trasporto ai fini di un'intermodalità efficace.

5.13

Il Comitato si è espresso in maniera critica nei confronti di tale approccio nel proprio parere del 2002 sul Libro bianco (7). Per quanto riguarda il primo punto, il Comitato sottolineava quanto segue: «Nell'affrontare il problema della congestione, che costituisce uno dei punti centrali del documento, si trascura che esso riguarda solo una parte minima del territorio comunitario, anche se si tratta di aree ad altissima densità di popolazione (una delle cause del problema). Appare pertanto inadeguato, come già segnalato, definire una politica generale e uniforme dei trasporti valida per tutto il territorio, mentre si dovrebbe invece elaborare una politica specifica per ciascuna di tali aree». Il Comitato ribadisce in questa sede tale punto di vista.

5.14

L'adozione di obiettivi quantitativi nella suddivisione delle quote di mercato dei diversi modi di trasporto è fuorviante. Il volume complessivo del trasporto merci nell'UE relativo ai singoli modi di trasporto non costituisce un mercato «rilevante »all'interno del quale il trasporto su strada, il trasporto ferroviario, il trasporto marittimo a corto raggio, la navigazione interna e i pipeline possano competere l'uno con l'altro. Le statistiche disponibili attualmente, nelle quali le quote di mercato dei singoli modi di trasporto sono confrontate in base al volume delle merci trasportate, non rispecchiano accuratamente la situazione effettiva sul mercato dei trasporti. Occorre sostenere lo sviluppo di metodi statistici più sofisticati che operino una distinzione fra i trasporti a lunga distanza e quelli a breve distanza.

5.15

Il compito principale consiste nel realizzare un'interazione tra i vari modi di trasporto, laddove ciò sia possibile e laddove se ne possa sfruttare appieno l'efficienza e la convenienza. Questo richiede, in linea generale, soluzioni logistiche avanzate. In futuro, l'effetto combinato di tali sforzi potrebbe condurre ad un utilizzo assai più razionale ed ecologico della capacità totale di trasporto, il che contribuirebbe a ridurre le congestioni su alcuni assi. Secondo il Comitato queste considerazioni non devono però occultare il fatto che l'esistenza di infrastrutture moderne e ben funzionanti è comunque fondamentale per conseguire l'obiettivo fissato.

5.16

Il Comitato osserva che, nella comunicazione sul riesame intermedio del Libro bianco del 2001 sui trasporti, pubblicata mentre erano in corso i lavori sul presente parere, l'accento è spostato verso la creazione di una politica dei trasporti basata su un approccio olistico che assegni un ruolo preciso a ciascun modo di trasporto. Tale politica dovrà mirare a rafforzare la competitività internazionale dei mezzi di trasporto combinati e offrire soluzioni che integrino diversi modi, allo scopo precipuo di sopprimere le strozzature e i punti deboli della catena logistica.

6.   L'importanza di un settore della logistica pienamente operativo

6.1

Il settore dei trasporti, a prescindere dalle singole modalità, costituisce la parte più evidente della catena logistica: esso sarà pertanto al centro dell'attenzione ogni qualvolta si affronti il tema della logistica.

6.2

La logistica è alla base della catena di approvvigionamento di merci e di informazioni, nonché della distribuzione di prodotti finiti nel settore industriale. Tale catena mira a soddisfare la domanda e le aspettative dei clienti, pur nel rispetto della sostenibilità ambientale e sociale.

6.3

Interazione e integrazione sono due concetti chiave per il settore dei trasporti. L'interazione fisica comporta operazioni di trasbordo che non solo incidono sul costo del trasporto ma comportano anche rischi per le merci. Affinché tale interazione sia efficace, occorre semplificare i trasbordi. Si tratta di una questione di carattere tecnico, ma anche organizzativo.

6.4

Per realizzare l'integrazione è necessario intervenire in numerosi ambiti. Occorre mettere a punto una collaborazione organizzativa tra i modi di trasporto e una concezione globale relativamente allo sviluppo dei punti nodali, nonché delle unità di carico intermodali e dei sistemi multimodali. Tale concezione globale va sviluppata per realizzare trasporti sostenibili e sistemi logistici efficaci e competitivi.

6.5

La logistica costituisce pertanto parte integrante delle attività industriali e commerciali. Gli sviluppi del settore determinano il passaggio da una fornitura basata sulle capacità a una fornitura basata sulle ordinazioni, in cui i prodotti vengono adattati alle esigenze dei clienti. Forti sono inoltre le esigenze relative alla brevità dei tempi di consegna e a una pianificazione a breve termine, nonché alla precisione e alla flessibilità. Il commercio è in una fase di globalizzazione e la catena di approvvigionamento vede l'intervento di numerosi subfornitori. Il valore delle merci aumenta, mentre le imprese limitano le proprie scorte al fine di ridurre l'immobilizzazione di capitale.

6.6

Ciò rende necessarie consegne rapide e puntuali sia sul piano del processo produttivo che su quello della distribuzione al cliente finale e nei flussi inversi. Si accentuano le esigenze in materia di efficienza della logistica. La capacità di sfruttamento ottimale e di integrazione delle catene di trasporto costituisce un elemento chiave per un controllo e una gestione efficaci dei flussi di materiali e prodotti.

6.7

Tutti i modi di trasporto sono necessari e occorre promuovere l'interazione tra di essi. L'intermodalità dei trasporti richiede inoltre un nuovo tipo di approccio, al fine di agevolare l'interconnessione dei diversi modi di trasporto.

6.8

La creazione di terminali e di reti, la gestione delle informazioni elettroniche e una buona fiducia reciproca permettono di creare nuove possibilità di cooperazione tra gli attori del mercato dei trasporti.

6.9

Ogni modo di trasporto ha la sua storia, ma i mutamenti intesi a favorire la liberalizzazione sono stati determinati da fattori tecnici, economici e commerciali. L'UE ha svolto e continua a svolgere un ruolo determinante in questo settore in costante trasformazione.

6.10

In un numero crescente di aziende è palese l'enorme importanza di una logistica efficiente ai fini del buon funzionamento del processo produttivo e dei trasporti. A tal riguardo sono in atto intensi sforzi in numerosi settori, sforzi che dovrebbero essere sostenuti e incoraggiati e che potrebbero produrre ripercussioni positive nel più ampio quadro della mobilità sostenibile.

6.11

Questo è il contesto in cui il Comitato economico e sociale europeo sostiene l'iniziativa della presidenza finlandese di iscrivere la logistica europea nell'agenda comunitaria.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  La logistica delle merci in EuropaLa chiave per una mobilità sostenibile (COM(2006) 336 def. del 28.6.2006).

(2)  Cfr. la nota 1.

(3)  Comunicazione sulla logistica per la promozione del trasporto intermodale di merci.

(4)  Si tratta, ad esempio, di progetti quali Sulogtra, Protrans, Eutralog, Freightwise, Polloco, ecc.

(5)  Libro biancoLa politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte (COM(2001) 370 def. del 12.9.2001).

(6)  Cfr. la nota 1.

(7)  Parere del Comitato economico e sociale in merito al Libro biancoLa politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte (COM(2001) 370 def.) — GU C 241 del 7.10.2002.


28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/21


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia per una società dell'informazione sicura — Dialogo, partenariato e responsabilizzazione

COM(2006) 251 def.

(2007/C 97/09)

La Commissione, in data 31 maggio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEZZINI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato è convinto che il problema della sicurezza informatica rappresenti una preoccupazione crescente per le aziende, per le amministrazioni, per gli organismi pubblici e privati nonché per i singoli cittadini.

1.2

Il Comitato condivide, in linea generale, le analisi e gli argomenti che impongono una nuova strategia per aumentare la sicurezza delle reti e dell'informazione contro gli attacchi e le intrusioni che si manifestano senza confini geografici.

1.3

Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe fare ulteriori sforzi per realizzare una strategia innovativa e articolata, vista l'ampiezza del fenomeno e le sue conseguenze sul piano economico e su quello della vita privata.

1.3.1

Il CESE sottolinea altresì che la Commissione ha recentemente pubblicato una nuova comunicazione sulla sicurezza informatica e che, entro breve termine, dovrebbe uscire un altro nuovo documento sull'argomento. Il Comitato si riserva quindi di esprimere in futuro un parere più articolato, che tenga conto dell'insieme delle comunicazioni.

1.4

Il Comitato sottolinea che l'aspetto della sicurezza informatica non può in alcun modo essere disgiunto dal rafforzamento della protezione dei dati personali e dalla tutela delle libertà, che sono diritti garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

1.5

Il CESE si domanda quale sia, allo stato attuale, il valore aggiunto della proposta rispetto all'approccio integrato adottato nel 2001, il cui scopo coincideva con quello indicato nella presente comunicazione (1).

1.5.1

La valutazione di impatto (Impact Assessment) (2), allegata alla proposta, contiene alcuni interessanti aggiornamenti rispetto alla posizione del 2001 ma è disponibile in una sola lingua; essa non è quindi accessibile a molti cittadini europei, che formulano il loro giudizio sul documento ufficiale, pubblicato in tutte le lingue comunitarie.

1.6

Il Comitato richiama le conclusioni adottate dal vertice mondiale di Tunisi del 2005 sulla società dell'informazione e sottoscritte dall'Assemblea dell'ONU del 27 marzo 2006:

accesso non discriminatorio,

promozione delle TIC come strumento di pace,

definizione di strumenti per rafforzare la democrazia, la coesione e la buona governance,

prevenzione degli abusi, nel rispetto dei diritti umani (3).

1.7

Il Comitato sottolinea che una strategia comunitaria dinamica e integrata dovrebbe poter affrontare, oltre al dialogo, al partenariato e alla responsabilizzazione, anche i temi seguenti:

azioni di prevenzione,

il passaggio dalla sicurezza all'assicurazione informatica (4),

la predisposizione di un quadro UE certo e riconosciuto per quanto concerne le norme giuridiche e regolamentari e le sanzioni previste,

il rafforzamento della standardizzazione tecnica,

l'identificazione digitale degli utenti,

il lancio di esercizi europei di analisi e di prospettiva (Foresight) sulla sicurezza informatica, in condizioni di convergenze tecnologiche multimodali,

il rafforzamento dei meccanismi europei e nazionali di valutazione dei rischi,

azioni volte ad evitare l'emergere di monoculture informatiche,

il rafforzamento del coordinamento comunitario a livello europeo e internazionale,

l'istituzione tra le direzioni generali di un TIC Security Focal Point,

la creazione di una rete europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (European Network and Information Security Network),

l'ottimizzazione del ruolo della ricerca europea sulla sicurezza informatica,

il lancio di una «Giornata europea del computer sicuro»,

l'organizzazione di azioni pilota comunitarie, nelle scuole di vario ordine e grado, sui temi della sicurezza informatica.

1.8

Il CESE ritiene infine che per assicurare una strategia comunitaria dinamica e integrata si debbano prevedere dotazioni di bilancio adeguate, con iniziative e azioni di coordinamento rafforzate a livello comunitario che siano in grado di rappresentare l'Europa con una voce unica nel contesto globale.

2.   Motivazioni

2.1

Le risposte date alle sfide in materia di sicurezza della società dell'informazione svolgono un ruolo fondamentale nell'assicurare fiducia e affidabilità alle reti e ai servizi di comunicazione, che costituiscono fattori critici per lo sviluppo dell'economia e della società.

2.2

Le reti e i sistemi informatici hanno bisogno di essere protetti per mantenere le loro capacità competitive e commerciali, assicurare l'integrità e la continuità delle comunicazioni elettroniche, prevenire le frodi e garantire la tutela giuridica della vita privata.

2.3

Le comunicazioni elettroniche e i servizi ad esse correlati rappresentano il segmento più ampio dell'intero settore delle telecomunicazioni: nel 2004 circa il 90 % delle imprese europee ha usato Internet attivamente e il 65 % ha sviluppato un proprio sito web, mentre si calcola che circa la metà della popolazione europea fa uso regolare di Internet e che il 25 % delle famiglie utilizza in modo continuativo l'accesso a banda larga (5).

2.4

Di fronte allo sviluppo accelerato degli investimenti, il volume della spesa per la sicurezza rappresenta solo una percentuale compresa tra il 5 e il 13 % del totale degli investimenti nelle tecnologie dell'informazione. Orbene, questa percentuale è decisamente troppo limitata. Recenti studi hanno evidenziato che «su una media di 30 protocolli che condividono le strutture chiave, 23 sono vulnerabili ad attacchi multiprotocollo» (6) mentre si valutano in 25 milioni i messaggi elettronici spam  (7) trasmessi mediamente ogni giorno: il Comitato si rallegra dunque della proposta recentemente presentata dalla Commissione in proposito.

2.5

Nell'ambito dei virus informatici (8), la rapida evoluzione su larga scala di «vermi informatici »(worms) (9) e di software «spia »(spyware) (10) si è mossa parallelamente al crescente sviluppo dei sistemi e delle reti di comunicazione elettronica. Questi sono diventati sempre più complessi e al tempo stesso vulnerabili, anche in funzione della convergenza di multimedia, telefonia mobile e dei sistemi GRID infoware  (11): i casi di estorsione, di DdoS (Distributed denials of service, ossia un'interruzione del servizio con origine da più fonti), di furto di identità in linea, di phishing  (12), di piracy  (13) e via dicendo rappresentano altrettante sfide alla sicurezza della società dell'informazione. La Comunità europea aveva già affrontato il problema in una sua comunicazione del 2001 (14), su cui il Comitato ha avuto modo di pronunciarsi (15). In essa la Commissione proponeva una strategia secondo tre linee d'intervento:

misure specifiche di sicurezza,

quadro normativo, inclusivo della protezione dei dati e della vita privata,

lotta contro la cibercriminalità.

2.6

Il rilevamento degli attacchi informatici e la loro identificazione e prevenzione, nell'ambito di un sistema a rete, rappresentano una sfida per la ricerca di soluzioni adeguate, dati i continui cambiamenti di configurazione, la varietà dei protocolli di rete e dei servizi offerti e sviluppati nonché l'estrema complessità dei comportamenti asincroni di attacco (16).

2.7

Purtroppo, però, la scarsa visibilità del ritorno degli investimenti in sicurezza e l'insufficiente assunzione di responsabilità da parte dei cittadini utilizzatori hanno portato ad una sottovalutazione dei rischi e ad un calo dell'attenzione per quanto concerne la cultura della sicurezza.

3.   La proposta della Commissione

3.1

Con la comunicazione sulla strategia per una società dell'informazione sicura (17), la Commissione ha inteso migliorare la sicurezza informatica mettendo a punto una strategia dinamica e integrata, basata su:

a)

un miglioramento del dialogo tra autorità pubbliche e Commissione, con analisi comparativa (benchmarking) delle politiche nazionali e individuazione delle migliori pratiche di comunicazione elettronica in regime sicuro;

b)

una più intensa sensibilizzazione dei cittadini e delle PMI verso i regimi efficaci di sicurezza, con un ruolo attivo di stimolo della Commissione e un coinvolgimento maggiore dell'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (AESRI/ENISA);

c)

un dialogo su strumenti e norme atti a garantire un rapporto equilibrato tra sicurezza e diritti fondamentali, compresa la protezione della vita privata.

3.2

Inoltre la comunicazione ha previsto, nella prospettiva di sviluppo di un quadro adeguato di raccolta dati sulle violazioni della sicurezza, sui livelli di fiducia degli utenti e sugli sviluppi dell'industria della sicurezza, un partenariato di fiducia dell'AESRI/ENISA:

a)

con gli Stati membri;

b)

con i consumatori e gli utenti;

c)

con l'industria della sicurezza informatica;

d)

con il settore privato;

mediante la creazione di un portale comunitario plurilingue di informazione e di allerta rischi, ai fini di un partenariato strategico tra il settore privato, gli Stati membri e i ricercatori.

3.2.1

La comunicazione prevede, inoltre, una maggiore responsabilizzazione dei soggetti interessati sui bisogni e sui rischi in materia di sicurezza.

3.2.2

Per quanto attiene alla cooperazione internazionale e con i paesi terzi, «la dimensione globale delle reti e dell'informazione impone alla Commissione di moltiplicare i suoi sforzi, sia a livello internazionale che in coordinamento con gli Stati membri, per promuovere una collaborazione globale sulla sicurezza delle reti e dell'informazione» (18): tale indicazione non viene però ripresa nelle azioni di dialogo, partenariato e responsabilizzazione.

4.   Osservazioni

4.1

Il Comitato condivide le analisi e gli argomenti che giustificano una strategia europea integrata e dinamica per la sicurezza delle reti e dell'informazione, in quanto ritiene che la questione della sicurezza sia essenziale per incoraggiare un atteggiamento più favorevole all'applicazione delle TI e accrescere la fiducia in queste ultime. Le posizioni del CESE sono d'altronde già state illustrate in numerosi pareri (19).

4.1.1

Il Comitato ribadisce ancora una volta (20) che «la rete Internet e le nuove tecnologie di comunicazione on-line (ad esempio, la telefonia mobile o i PDA con funzioni multimediali e in grado di connettersi in rete, che sono in piena espansione) costituiscono strumenti fondamentali per lo sviluppo dell'economia della conoscenza, della e-economy e dell'amministrazione on-line».

4.2   Per un maggior vigore delle proposte della Commissione

4.2.1

Il Comitato ritiene tuttavia possibile ampliare ulteriormente l'approccio proposto dalla Commissione, che consiste nel basare la sua strategia integrata e dinamica su un dialogo aperto e inclusivo e su un partenariato rafforzato con tutte le parti interessate e, in particolare, con gli utenti, nonché su una loro maggiore responsabilizzazione.

4.2.2

Tale posizione è stata già sottolineata in precedenti pareri: «Per essere efficace, questa azione di contrasto deve coinvolgere direttamente tutti gli utenti di Internet, i quali devono essere formati e informati sulle precauzioni da adottare e sui mezzi da impiegare per premunirsi contro la ricezione di contenuti nocivi o indesiderati, o per evitare di essere utilizzati come intermediari di tali contenuti. A giudizio del Comitato, la parte del programma relativa alla formazione e all'informazione deve quindi accordare assoluta priorità al coinvolgimento degli utenti» (21).

4.2.3

Il coinvolgimento degli utenti e dei cittadini deve però avvenire, a giudizio del Comitato, in modo da conciliare la necessaria protezione dell'informazione e delle reti con le libertà civili e il diritto degli utenti a beneficiare di accessi sicuri e a costi contenuti.

4.2.4

Occorre considerare che la ricerca di sicurezza informatica rappresenta un costo per il consumatore anche in termini di tempo perduto per rimuovere o aggirare gli ostacoli. Secondo il Comitato, sarebbe necessario stabilire l'obbligo di inserire automaticamente in ogni computer dei sistemi di protezione antivirus, che l'utente potrà attivare o meno ma che saranno comunque presenti «ab origine »nel prodotto.

4.3   Per una strategia comunitaria più dinamica e innovativa

4.3.1

Oltre a questo, secondo il Comitato, l'Unione dovrebbe porsi obiettivi più ambiziosi e varare una strategia innovativa, integrata e dinamica, con il lancio di nuove iniziative come, ad esempio le seguenti:

l'introduzione di meccanismi che permettano una identificazione digitale dei singoli utenti, troppo spesso sollecitati a fornire i propri dati anagrafici,

azioni, messe in atto tramite l'ETSI (22), che fungano da requisito per un uso sicuro delle TIC e che possano offrire soluzioni puntuali e veloci, definite secondo una soglia comune di sicurezza in tutta l'Unione,

azioni di prevenzione, attraverso l'integrazione dei requisiti minimi di sicurezza nei sistemi informatici e di rete e il lancio di azioni pilota mediante corsi di sicurezza organizzati nelle scuole di ogni ordine e grado,

creazione, a livello europeo, di un quadro giuridico-normativo certo e riconosciuto. Tale quadro, applicato all'informatica e alle reti, consentirebbe di passare dalla sicurezza informatica all'assicurazione informatica,

rafforzamento dei meccanismi europei e nazionali di valutazione dei rischi e miglioramento della capacità di applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari per colpire i crimini informatici compiuti sulla privacy e sugli archivi di dati,

azioni volte ad evitare l'emergere di monoculture informatiche che utilizzano prodotti e soluzioni particolarmente vulnerabili. Appoggio a innovazioni pluriculturali diversificate volte alla realizzazione di uno Spazio unico europeo dell'informazione (SEIS — Single European Information Space).

4.3.2

Secondo il CESE sarebbe opportuna la creazione di un ICT-Security Focal Point inter DG  (23). Il Focal Point consentirebbe di agire:

a livello dei servizi della Commissione,

a livello dei singoli Stati, attraverso soluzioni orizzontali per gli aspetti di interoperatività, gestione dell'identità, protezione della vita privata, libertà d'accesso all'informazione e ai servizi, requisiti minimi di sicurezza,

a livello internazionale, per poter assicurare che l'UE parli con una voce sola nei vari contesti internazionali come ONU, G8, OCSE, ISO.

4.4   Per un rafforzamento delle azioni UE di coordinamento responsabile

4.4.1

Il CESE attribuisce molta importanza anche alla creazione di una rete europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (European Network and Information Security Network), attraverso la quale si possano promuovere inchieste, studi e workshop sui meccanismi di sicurezza e sulla loro interoperabilità, sulla criptografia avanzata e sulla protezione della vita privata.

4.4.2

Il CESE ritiene che per questo settore così delicato sarebbe opportuno ottimizzare il ruolo della ricerca europea attraverso una opportuna sintesi del contenuto dei programmi seguenti:

Programma europeo di ricerca sulla sicurezza (ESRP) (24), lanciato nell'ambito del Settimo programma quadro di RST,

Programma Safer Internet Plus,

Programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche (EPCIP) (25).

4.4.3

A questi suggerimenti si potrebbe aggiungere il lancio di una «Giornata europea del computer sicuro», sostenuta da campagne nazionali di educazione nelle scuole e da azioni di aggiornamento dei consumatori sulle procedure di protezione delle informazioni diffuse tramite PC e sui progressi tecnologici registrati nel vasto e mutevole campo degli elaboratori elettronici.

4.4.4

Il Comitato ha più volte sottolineato che «la velocità con cui le imprese ricorreranno all'uso delle TIC dipende dalle garanzie di sicurezza che verranno date e dalla fiducia nelle transazioni elettroniche. La disponibilità dei consumatori a rendere noti i dati della carta di credito su una homepage dipende, essenzialmente, dalla percezione che essi hanno della sicurezza di questo genere di transazione» (26).

4.4.5

Il Comitato è convinto che, dato l'enorme potenziale di crescita del settore, è necessario da un lato attivare delle politiche specifiche e dall'altro adeguare le politiche attuali ai nuovi sviluppi. È in particolare necessario collegare con una strategia integrata le iniziative europee in materia di sicurezza informatica, rimuovendo i confini settoriali e garantendo una diffusione omogenea e sicura delle TIC nella società.

4.4.6

Secondo il Comitato, alcune strategie importanti, come quella oggetto del presente parere, procedono con eccessiva lentezza a causa delle difficoltà burocratiche e culturali frapposte dagli Stati membri alle indispensabili decisioni che devono essere assunte a livello comunitario.

4.4.7

Il Comitato è anche dell'avviso che le risorse comunitarie siano insufficienti per realizzare i numerosi e urgenti progetti, necessari a dare delle risposte concrete ai nuovi problemi della globalizzazione ma in grado di raggiungere dei risultati solo se realizzati a livello europeo.

4.5   Per maggiori garanzie di protezione del consumatore a livello dell'UE

4.5.1

Il Comitato è consapevole che gli Stati membri hanno varato misure tecnologiche di sicurezza e procedure di gestione della sicurezza secondo esigenze loro proprie e con la tendenza a concentrarsi su aspetti diversi. Anche per questo motivo risulta difficile fornire una risposta univoca, davvero efficace ai problemi di sicurezza. Ad eccezione di alcune reti amministrative, non esiste una cooperazione transfrontaliera sistematica tra gli Stati membri, nonostante sia noto che le questioni di sicurezza non possono essere affrontate isolatamente dai singoli paesi.

4.5.2

Il Comitato rileva peraltro che il Consiglio, con la decisione quadro 2005/222/GAI, ha varato un sistema di cooperazione tra le autorità giudiziarie e le altre autorità competenti degli Stati membri per garantire un approccio coerente da parte di questi ultimi, mediante il ravvicinamento delle loro legislazioni penali nel settore degli attacchi contro i sistemi di informazione, in tema di:

accesso illecito ai sistemi di informazione,

interferenza illecita per quanto riguarda i sistemi, mediante atto intenzionale teso a ostacolare gravemente o a interrompere il funzionamento di un sistema di informazione,

interferenza illecita per quanto riguarda i dati, mediante atto intenzionale di cancellare, danneggiare, deteriorare, alterare, sopprimere o rendere inaccessibili dati informatici in un sistema di informazione,

istigazione, favoreggiamento o complicità in ordine ai reati di cui sopra.

4.5.3

Inoltre, la decisione indica i criteri per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche e le eventuali sanzioni che possono essere loro applicate qualora quest'ultima sia stata accertata.

4.5.4

Nell'ambito del dialogo con le autorità pubbliche degli Stati membri, il Comitato appoggia la proposta della Commissione perché dette autorità avviino un esercizio di valutazione comparativa delle proprie politiche nazionali in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informatici, ivi comprese quelle specifiche per il settore pubblico. Tale suggerimento, peraltro, era già contenuto in un parere del CESE del 2001 (27).

4.6   Per una cultura della sicurezza più diffusa

4.6.1

Per quanto attiene al coinvolgimento dell'industria della sicurezza informatica, quest'ultima deve garantire realmente, per proteggere il diritto dei propri clienti alla vita privata e alla riservatezza dei dati personali, l'uso dei sistemi di sorveglianza materiale delle proprie installazioni e della codificazione delle comunicazioni, in funzione dell'evoluzione delle tecniche (28).

4.6.2

Per quanto concerne l'azione di sensibilizzazione, il Comitato ritiene fondamentale che venga creata una vera e propria «cultura della sicurezza», concepita in modo pienamente compatibile con la libertà d'informazione, di comunicazione e di espressione. Esso ricorda d'altro canto che numerosi utenti non sono consapevoli di tutti i rischi legati alla pirateria informatica mentre molti operatori, venditori o fornitori di servizi non riescono a valutare l'esistenza e l'ampiezza degli aspetti vulnerabili.

4.6.3

Se la tutela della vita privata e dei dati personali sono obiettivi prioritari, i consumatori hanno anche il diritto di essere protetti in maniera realmente efficace contro la schedatura abusiva di profili nominativi attraverso software «spia »(spyware e web bugs) o mediante altri metodi. Dovrebbe anche essere frenata la pratica dello spamming  (29) (invio massiccio di messaggi non sollecitati) che spesso deriva da questi abusi. Tali intrusioni hanno infatti un costo per le vittime (30).

4.7   Per un'Agenzia UE più forte e attiva

4.7.1

Il Comitato vede con favore un ruolo più incisivo e rafforzato dell'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (AESRI/ENISA) sia per l'azione di sensibilizzazione sia anche, e soprattutto, per azioni di informazione e formazione di operatori e utenti, come peraltro da esso già indicato nel suo recente parere (31) in tema di fornitura di servizi pubblici di comunicazione elettronica.

4.7.2

Per quanto concerne infine le azioni proposte in tema di responsabilizzazione di ciascun gruppo di soggetti interessati, queste appaiono orientate ad una stretta osservanza del principio di sussidiarietà. Esse infatti ricadono sugli Stati membri o sul settore privato, in relazione alle specifiche responsabilità.

4.7.3

L'Agenzia dovrebbe potersi giovare dei contributi offerti dalla rete europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (European Network and Information Security Network) per l'organizzazione di attività congiunte; essa dovrebbe parimenti sfruttare il portale comunitario plurilingue di allerta rischi informatici per poter fornire informazioni personalizzate e interattive, con linguaggi facilitati, soprattutto agli utenti singoli di ogni età e alle piccole e medie imprese.

Bruxelles, 16 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Cfr. parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioniSicurezza delle reti e sicurezza dell'informazione: proposta di un approccio strategico europeo, GU C 48 del 21.2.2002, pag. 33.

(2)  La «valutazione di impatto »non ha lo stesso valore che ha un «documento di strategia».

(3)  ONU 27.3.2006, Raccomandazioni n. 57 e 58. Documento finale di Tunisi n. 15.

(4)  Cfr. Emerging technologies in the context of security CCR — Istituto per la protezione e la sicurezza del cittadino, quaderno di ricerca strategica, settembre 2005, Commissione europea,

http://serac.jrc.it.

(5)  i2010: Una strategia per una società dell'informazione sicura. DG Società dell'informazione e media, «Factsheet 8 »(giugno 2006)

http://ec.europa.eu/information_society/doc/factsheets/001-dg-glance-it.pdf.

(6)  Proceedings of the First International Conference on Availability, Reliability and Security (ARES'06) — volume 00 ARES 2006 Editore: IEEE Computer Society.

(7)  Spam = messaggi indesiderati di posta elettronica a carattere commerciale. Il significato originale di spam è «spiced pork and ham», una specie di conserva di carne in gelatina molto popolare ai tempi della seconda guerra mondiale quando divenne una delle principali risorse alimentari, non essendo per di più razionata, per le truppe statunitensi e per la popolazione inglese. Anni e anni di una tale dieta fecero sì che il termine acquistasse un significato negativo.

(8)  Virus informatico: particolare software, appartenente alla categoria dei malware, che è in grado, una volta eseguito, di infettare dei file in modo da riprodursi facendo copie di se stesso, generalmente senza farsi rilevare dall'utente. I virus possono essere più o meno dannosi per il sistema operativo che li ospita, ma anche nel caso migliore comportano sempre un certo spreco di risorse in termini di RAM, CPU e spazio sul disco fisso

(www.wikipedia.org/wiki/Virus_informatico).

(9)  Worm = software maligno capace di replicarsi: un «e-mail worm»è un attacco devastante contro un network, che consiste nel raccogliere tutti gli indirizzi e-mail contenuti in un programma locale (ad esempio MS Outlook) per poi inviare loro centinaia di e-mail che contengono il worm medesimo come allegato invisibile.

(10)  Spyware = programmi che conservano traccia della navigazione in Internet effettuata dall'utilizzatore e che si autoinstallano senza alcuna notifica all'utente, né sua consapevolezza, autorizzazione e controllo.

(11)  GRID infoware = permette di condividere, selezionare ed aggregare un'ampia gamma di risorse di elaborazione elettronica distribuite geograficamente (ad esempio supercomputer, blocchi di computer, sistemi di memorizzazione dei dati, fonti di dati, strumenti e persone) presentandole come una risorsa unica e a sé stante per risolvere calcoli di estrema complessità ed elaborazioni di dati a carattere particolarmente intensivo.

(12)  Phishing =in ambito informatico si definisce phishing una tecnica di cracking utilizzata per ottenere l'accesso ad informazioni personali e riservate con la finalità del furto di identità mediante l'utilizzo di messaggi di posta elettronica fasulli, opportunamente creati per apparire autentici.

(13)  Piracy = è un termine utilizzato dai «pirati »dell'informatica per descrivere un software al quale è stata tolta la protezione anticopia e che viene reso disponibile a essere scaricato via Internet.

(14)  COM(2001) 298 def.

(15)  Cfr. nota 1.

(16)  Multivariate Statistical Analysis for Network Attacks Detection. Guangzhi Qu, Salim Hariri* — 2005 USA, Arizona

Internet Technology Laboratory, ECE Department, The University of Arizona, http://www.ece.arizona.edu/~hpdc

Mazin Yousif, Intel Corporation, USALavoro finanziato in parte dalla Intel Corporation IT R&D Council.

(17)  COM(2006) 251 def. del 31.5.2006.

(18)  Cfr. COM(2006) 251 def., penultimo paragrafo cap. 3.

(19)  Cfr. i seguenti documenti:

parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la conservazione di dati trattati nell'ambito della fornitura di servizi pubblici di comunicazione elettronica e che modifica la direttiva 2002/58/CE, GU C 69 del 21.3.2006, pag. 16,

parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «i2010Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione», GU C 110 del 9.5.2006, pag. 83,

parere del CESE in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma comunitario pluriennale inteso a promuovere un uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie on-line, GU C 157 del 28.6.2005, pag. 136,

parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioniSicurezza delle reti e sicurezza dell'informazione: proposta di un approccio strategico europeo, GU C 48 del 21.2.2002, pag. 33.

(20)  Cfr. nota 19, terzo trattino.

(21)  Cfr. nota 19, terzo trattino.

(22)  ETSI, European Telecomunications Standards Institute: cfr. in particolare il workshop del 16 e 17 gennaio 2006. L'ETSI ha elaborato, fra l'altro, delle specifiche sulle intercettazioni illegali (TS 102 232; 102 233; 102 234), sugli accessi Internet lan wireless (TR 102 519) e sulle firme elettroniche, e ha sviluppato algoritmi di sicurezza per GSM GPRS e UMTS.

(23)  Tale Focal Point inter DG potrebbe essere finanziato nell'ambito della priorità IST del programma specifico Cooperazione del Settimo programma quadro di RST, o dal programma europeo di ricerca sulla sicurezza ESRP.

(24)  Cfr. Settimo programma quadro di RST&D — programma specifico Cooperazione — priorità tematica «Sicurezza», con un bilancio di 1,35 miliardi di euro per il periodo 2007-2013.

(25)  COM(2005) 576 def. del 17.11.2005.

(26)  Cfr. nota 19, secondo trattino.

(27)  Cfr. nota 19, quarto trattino.

(28)  Cfr. direttiva 97/66/CE Trattamento dei dati personali nel settore telecomunicazioni (GU L 24 del 30.1.1998).

(29)  In francese, «pollupostage».

(30)  Cfr. pareri CESE sui temi: Reti di comunicazioni elettronica (GU C 123 del 25.4.2001, pag. 50), Commercio elettronico (GU C 169 del 16.6.1999, pag. 36) e Ripercussioni del commercio elettronico sul mercato unico (GU C 123 del 25.4.2001, pag. 1).

(31)  Cfr. nota 19, primo trattino.


28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul riesame del quadro normativo comunitario per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica

(2007/C 97/10)

La Commissione europea, in data 29 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore McDONOGH.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Contesto

1.1   Sintesi

La comunicazione esamina il funzionamento delle direttive che costituiscono il quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (1). Illustra in quale modo il quadro normativo ha conseguito i suoi obiettivi e individua i settori nei quali potranno essere apportati cambiamenti. Le modifiche proposte sono presentate nel documento di lavoro della Commissione che accompagna la comunicazione (2). La relativa valutazione d'impatto (3) passa in rassegna una vasta gamma di opzioni prese in considerazione prima di giungere alle conclusioni illustrate nella comunicazione.

1.2   Struttura del quadro normativo

La creazione di uno spazio unico europeo dell'informazione che comprenda un mercato interno aperto e competitivo è una delle sfide fondamentali per l'Europa (4) nell'ambito più ampio della strategia per la crescita e l'occupazione. Le comunicazioni elettroniche, che sono alla base dell'intera economia, sono disciplinate a livello comunitario da un quadro normativo, entrato in vigore nel 2003.

Il quadro normativo fornisce un'unica serie comune di regole per tutte le comunicazioni che sono trasmesse per via elettronica che si tratti di tecnologia senza fili o fissa, numerica o vocale, basata su Internet o a commutazione di circuito, a utilizzo pubblico o personale (5). Il quadro mira a incoraggiare la concorrenza nei mercati delle comunicazioni elettroniche, a migliorare il funzionamento del mercato interno e a proteggere gli interessi dei cittadini europei (6).

I principali elementi degli strumenti legislativi del quadro normativo sono i seguenti:

la direttiva quadro che fissa i principi, gli obiettivi e le procedure principali per una politica comunitaria di regolamentazione delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica,

la direttiva accesso e interconnessione che stabilisce procedure e principi per imporre agli operatori con notevole potere di mercato obblighi intesi a rafforzare la concorrenza nell'ambito dell'accesso e dell'interconnessione delle reti,

la direttiva autorizzazioni che introduce un sistema d'autorizzazione generale, invece di licenze individuali o di classe, per facilitare l'ingresso nel mercato e ridurre il carico amministrativo che grava sugli operatori,

la direttiva servizio universale che fissa un livello minimo di disponibilità e di accessibilità dei servizi di comunicazione elettronica di base e garantisce una serie di diritti fondamentali degli utenti e dei consumatori dei servizi di comunicazione elettronica,

la direttiva e-privacy che stabilisce le regole per la protezione della privacy e dei dati personali elaborati in relazione alle comunicazioni trasmesse mediante reti di comunicazione pubblica,

la direttiva concorrenza della Commissione che consolida le misure giuridiche basate sull'articolo 86 del Trattato che hanno liberalizzato il settore delle telecomunicazioni nel corso degli anni (non è oggetto del riesame),

la raccomandazione della Commissione sui mercati rilevanti che definisce un elenco di 18 sottomercati che le autorità nazionali di regolamentazione devono esaminare.

La Commissione ha inoltre adottato la decisione sullo spettro radio (622/2002/CE) che intende garantire la disponibilità e l'utilizzo efficace dello spettro radio nel mercato interno.

1.3   Valutazione del quadro — livello di realizzazione degli obiettivi

Andamento dei mercati

Dal momento della completa apertura dei mercati alla concorrenza nel 1998, gli utilizzatori e i consumatori hanno beneficiato di un'offerta più ampia, di prezzi più bassi e di prodotti e servizi innovativi. Nel 2005 il settore delle TIC era stato valutato in 614 miliardi di euro (7). Sul piano macroeconomico, le TIC contribuiscono inoltre alla crescita della produttività e al rafforzamento della competitività dell'economia europea nel suo insieme e costituiscono pertanto un fattore di crescita e di creazione d'occupazione.

Consultazione delle parti interessate

Le risposte all'«invito a presentare contributi» (8) lanciato dalla Commissione contenevano in genere giudizi positivi sull'impatto del quadro normativo. Le associazioni che rappresentano i consumatori e le imprese hanno confermato il loro sostegno all'approccio adottato nel quadro normativo, pur formulando critiche in merito alla sua attuazione. Molti hanno chiesto una semplificazione delle procedure di analisi dei mercati e si sono dichiarati generalmente soddisfatti delle nuove disposizioni istituzionali in materia di armonizzazione dello spettro (9).

Innovazione, investimenti e concorrenza

Gli investimenti europei in questo settore sono stati pari, se non superiori, a quelli realizzati nelle altre regioni del mondo (45 mrd EUR nel 2005) (10) e la concorrenza resta il motore principale. Sono i paesi che hanno applicato il quadro normativo dell'Unione europea in modo efficace e favorevole alla concorrenza ad aver attirato la maggior parte degli investimenti europei in questo settore (11). Nei paesi in cui è più forte la concorrenza tra gli operatori storici e gli operatori di reti via cavo si tende a riscontrare la più alta penetrazione della banda larga (12).

Sintesi

La Commissione è del parere che una gestione più efficace dello spettro consentirebbe di sfruttare in modo ottimale le sue potenzialità per contribuire all'offerta di servizi innovativi, diversificati e a prezzi contenuti ai cittadini europei e per rafforzare la competitività delle industrie europee delle TIC. Per il resto, la Commissione ritiene che i principi e gli strumenti flessibili del quadro normativo, se applicati in modo completo ed efficace, costituiscano i mezzi migliori per incoraggiare gli investimenti, l'innovazione e lo sviluppo del mercato.

1.4   Modifiche generali proposte

L'attuale quadro normativo ha prodotto vantaggi notevoli, ma è opportuno dedicare una particolare attenzione ad alcuni settori se si desidera che il quadro resti efficace anche nel prossimo decennio. I due principali settori nei quali sarebbe opportuno introdurre cambiamenti sono:

l'applicazione alle comunicazioni elettroniche dell'approccio strategico della Commissione in materia di gestione dello spettro, illustrato nella comunicazione del settembre 2005 (13),

lo snellimento della procedura di analisi dei mercati che possono essere oggetto di una regolamentazione ex ante.

La comunicazione prevede anche altre modifiche per:

consolidare il mercato unico,

rafforzare gli interessi dei consumatori e degli utilizzatori,

migliorare la sicurezza e

eliminare le disposizioni divenute obsolete.

La comunicazione in esame e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che l'accompagna (14) presentano l'analisi della Commissione e le attuali proposte di modifica.

2.   Introduzione

2.1

Il Comitato approva in gran parte le proposte della Commissione per il riesame del quadro normativo comunitario per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica. Esso riconosce anche l'ampio e approfondito lavoro effettuato dalla Commissione nel processo di riesame, che ha saputo sintetizzare gli studi degli esperti e i contributi emersi dalle consultazioni con tutte le parti interessate per giungere a formulare le raccomandazioni contenute nella comunicazione COM(2006) 334 def. Riesame del quadro normativo comunitario per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica e nel documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC(2006) 816 che l'accompagna. Il Comitato vorrebbe tuttavia che la Commissione prendesse nota delle riserve e delle raccomandazioni formulate nel presente parere.

2.2

Il quadro normativo deve allinearsi alla strategia per lo sviluppo del settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e sostenere il contributo cruciale apportato dalle comunicazioni elettroniche alla vita economica e sociale dell'Unione. Il Comitato appoggia pertanto caldamente l'obiettivo del riesame del quadro di sviluppare l'iniziativa «i2010: società europea dell'informazione 2010» (15), che definisce il contributo del settore delle TIC alla realizzazione della strategia di Lisbona per sostenere la crescita, la competitività e l'occupazione. In particolare il Comitato riconosce l'importanza del quadro normativo per la creazione di uno spazio europeo unico dell'informazione che offra comunicazioni a banda larga sicure e a prezzi accessibili, con un'offerta di contenuti e servizi digitali ricchi e diversificati, elevate prestazioni di livello mondiale nella ricerca e nell'innovazione nel settore delle TIC, in grado di ridurre il divario tra l'Europa e i suoi concorrenti più avanzati, e una società dell'informazione inclusiva, che fornisca servizi pubblici di elevata qualità e migliori la qualità della vita.

2.3

Il Comitato riconosce il successo registrato dal quadro normativo sin dalla sua introduzione. Il Comitato nota l'emergere di una industria paneuropea delle telecomunicazioni, un aumento della concorrenza nel settore dei servizi in molti mercati, elevati livelli di innovazione e una riduzione dei costi reali dei servizi di telecomunicazione nell'Unione. Constata anche la crescita degli investimenti in questo mercato e osserva che il livello di investimenti in Europa ha superato quello registrato negli Stati Uniti e nella regione Asia/Pacifico. Il fatto che i tassi di investimento più elevati siano stati registrati proprio nei paesi che hanno applicato tempestivamente e in modo efficace il quadro normativo ne testimonia gli effetti benefici. Il Comitato fa osservare anche che, nonostante gli effetti positivi, in tutta Europa il problema del divario digitale ha continuato ad aggravarsi.

2.4

Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione su precedenti pareri (16) in cui esso sostiene il quadro normativo e formula raccomandazioni su come migliorare le politiche per lo sviluppo e la crescita del settore delle comunicazioni elettroniche per far progredire la strategia i2010.

Nel presente parere il Comitato intende formulare osservazioni su alcuni ambiti di particolare interesse e avanzare una serie di raccomandazioni.

3.   Raccomandazioni

3.1

È un principio generale di regolamentazione che l'interesse pubblico — il «bene pubblico »— prevalga sugli interessi privati e del mondo economico. Il Comitato ritiene anche che il mercato da solo non sappia regolarsi adeguatamente a vantaggio del bene pubblico. È pertanto necessario un solido quadro normativo per promuovere gli interessi del maggior numero di cittadini, come previsto dalla strategia di Lisbona.

3.2

Tenendo nel dovuto conto la premessa di cui al punto precedente, l'Unione europea dovrebbe passare il più rapidamente possibile ad un approccio alla gestione dello spettro radio che sia maggiormente basato sul mercato, dando più poteri agli attori presenti sul mercato, introducendo un più ampio sistema per lo scambio delle licenze, e riducendo invece le prescrizioni burocratiche nazionali relative all'assegnazione delle bande.

3.3

Si dovrebbe istituire un'agenzia europea dello spettro radio per creare un regime coerente ed integrato di gestione paneuropea dello spettro radio.

3.4

Oltre ad allentare gli obblighi di notifica previsti dalla cosiddetta «procedura dell'articolo 7», la Commissione dovrebbe aumentare il controllo sulle misure normative applicate dalle autorità nazionali di regolamentazione (ANR) per incoraggiare una diversificazione dell'offerta.

3.5

La Commissione dovrebbe rispettare le differenze fra le condizioni in vigore nei vari mercati nazionali e le competenze e le conoscenze specifiche delle autorità nazionali di regolamentazione al riguardo. Il Comitato nutre pertanto notevoli riserve sulla proposta di accordare un diritto di veto alla Commissione nel quadro della «procedura dell'articolo 7 »e sottolinea la necessità di utilizzare la massima cautela nell'esercitare tale potere.

3.6

Il Comitato teme che un ingiustificato trattamento più favorevole del quadro normativo nei confronti dei grandi fornitori di rete e di servizi multinazionali possa portare alla formazione di un oligopolio. Il quadro normativo dovrebbe tener conto di tale timore e non favorire indebitamente le società multinazionali.

3.7

Per promuovere lo sviluppo del mercato interno, l'armonizzazione delle politiche e la coerenza dell'approccio normativo, la Commissione dovrebbe avvalersi maggiormente del comitato Comunicazioni e del comitato per lo spettro radio, nonché del gruppo europeo degli organismi di regolamentazione e del gruppo per la politica dello spettro radio.

3.8

Per fornire ai consumatori delle buone informazioni sulla scelta dei servizi disponibili, il Comitato propone di incoraggiare le ANR a pubblicare strumenti basati su Internet che consentano ai consumatori di confrontare più agevolmente le offerte di comunicazioni elettroniche (servizi e prezzi) dei fornitori presenti sui loro mercati.

3.9

Il Libro verde sul servizio universale — la cui pubblicazione è prevista per il 2007 — dovrebbe riconoscere la necessità di colmare il crescente divario tra le regioni più sviluppate e quelle meno sviluppate dell'Unione a livello di infrastrutture e di servizi. Se un'analisi effettuata con strumenti e con tempi ben definiti dovesse indicare che gli obblighi in materia di servizio universale non colmano tale divario, sarà necessario trovare strumenti alternativi, eventualmente mediante programmi nazionali di investimento con il sostegno dei fondi strutturali dell'UE.

3.10

Il Comitato ritiene che, data la crescente importanza dei servizi a banda larga per lo sviluppo economico e sociale, l'accesso alla banda larga debba essere incluso nella definizione di servizio universale (17).

3.11

Il Comitato ribadisce inoltre la raccomandazione formulata nel parere sul tema Colmare il divario nella banda larga  (18), in cui afferma che la Commissione dovrebbe specificare la velocità minima di trasmissione e la qualità minima di servizio che dovrebbero valere per la definizione di «banda larga».

3.12

Il Comitato sollecita la Commissione a lavorare con le ANR sulla formulazione di un regime sanzionatorio a livello comunitario per le violazioni della sicurezza delle comunicazioni elettroniche. Si dovrebbero prevedere anche meccanismi che garantiscano ai consumatori il diritto di intentare un'azione legale (individuale o collettiva) con procedura rapida a livello dell'UE contro i trasgressori.

3.13

Al di là dell'ambito di applicazione del quadro normativo, il Comitato sollecita la Commissione a condurre sistematicamente indagini sui casi di violazione della sicurezza — quali lo spam, il phishing e l'hacking — che provengono dall'esterno dell'UE e a cercare soluzioni a livello intergovernativo.

4.   Osservazioni

4.1   Sostegno per il quadro normativo e il suo riesame

4.1.1

La creazione di un mercato paneuropeo coerente per le reti e i servizi di comunicazione elettronica richiede un buon quadro giuridico che sappia tessere insieme i complessi fattori politici e socioeconomici che devono essere armonizzati. L'attuale quadro ha dimostrato la sua efficacia nel creare un mercato competitivo, innovativo e di elevata crescita per i servizi di comunicazione in Europa, annunciando al tempo stesso l'intenzione di conciliare i bisogni dei fornitori di servizi, quelli dei consumatori e gli interessi nazionali.

4.1.2

L'attuale quadro è entrato in vigore tre anni fa ed è venuto il momento di rivederlo alla luce dell'esperienza maturata e in vista delle sfide future. Gli studi di esperti (19) analizzati dalla Commissione e l'ampio processo di consultazione di tutte le parti interessate hanno contribuito in modo significativo al processo di revisione, e le proposte della Commissione indicano che si è tenuto pienamente conto di tutti i fattori.

4.1.3

Le proposte avanzate nella comunicazione e nel documento di lavoro dei servizi della Commissione introducono cambiamenti equilibrati ed opportuni nell'attuale quadro.

4.1.4

Il Comitato prende atto delle proposte intese a sopprimere talune disposizioni obsolete del quadro.

4.2   Gestione dello spettro radio

4.2.1

L'importanza dello spettro radio come fattore di produzione per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (come le reti mobili e fisse, senza fili e via satellite, la diffusione radiotelevisiva) e altre applicazioni (dispositivi a breve portata, difesa, trasporti, localizzazione radio e sistema satellitare GPS/Galileo) è aumentata considerevolmente nell'ultimo decennio. Si stima che il valore totale dei servizi dipendenti dallo spettro radio nell'UE superi i 200 miliardi di euro e rappresenti quindi fra il 2 % e il 2,5 % del prodotto interno lordo annuale europeo.

4.2.2

Poiché la maggior parte dello spettro nell'UE è già assegnato a usi particolari o a determinati utenti, qualsiasi nuova assegnazione può avvenire solo a scapito degli utilizzatori esistenti. La politica di gestione dello spettro deve tener conto non solo delle esigenze della comunicazione elettronica, ma di tutti gli altri usi dello spettro, fra cui la ricerca, l'industria aeronautica, marittima, spaziale, audiovisiva (contenuti), difesa, osservazione della terra, settore medico, inclusione, sicurezza stradale, settore scientifico, ecc. Le politiche negli ambiti che utilizzano lo spettro radio vengono sempre più sviluppate e concordate per l'Unione europea nel suo insieme.

4.2.3

Il rapido sviluppo tecnologico associato alla digitalizzazione delle trasmissioni e alla convergenza dei servizi di comunicazione ha allentato il legame tra le piattaforme di accesso radio e i servizi sui quali si basava tradizionalmente la gestione dello spettro.

4.2.4

L'innovazione tecnologica sta riducendo sensibilmente il rischio d'interferenza tra i diversi utilizzatori dello spettro, diminuendo la necessità di garantire l'accesso esclusivo alle risorse dello spettro e permettendo un'applicazione più estesa delle autorizzazioni generali con un alleggerimento dei vincoli tecnici di utilizzo dello spettro. L'applicazione di queste tecnologie innovative potrebbe quindi abbassare le barriere di accesso allo spettro e aumentarne l'utilizzo efficace.

4.2.5

La necessità cruciale di rispondere all'enorme domanda di spettro paneuropeo mediante le tecnologie emergenti dei servizi di comunicazione elettronica e la necessità altrettanto importante di proteggere lo spettro richiesto per altre applicazioni critiche impone di effettuare una revisione completa dei meccanismi di gestione dello spettro nell'UE.

4.2.6

È illusorio aspettarsi che tutte le diverse autorità nazionali di regolamentazione in Europa che attualmente gestiscono l'assegnazione dello spettro diano vita ad un regime unificato per la gestione dello spettro in Europa. È ragionevole autorizzare un'autorità centrale — un'Agenzia europea per lo spettro — a coordinare, orientare e controllare la gestione di questa risorsa di cruciale importanza. Considerato che l'attività di tale agenzia riguarderebbe da vicino le libertà pubbliche fondamentali, essa dovrebbe essere tenuta a riferire al Parlamento europeo e al Consiglio in merito al proprio operato.

4.2.7

I rappresentanti degli interessi commerciali dovrebbero avere una maggiore libertà di «negoziare »lo spettro radio, in modo regolato, affinché lo spettro commerciale nel campo delle comunicazioni elettroniche venga utilizzato in modo efficace per gli scopi economicamente più produttivi.

4.3   Mercato interno e concorrenza

4.3.1

Il processo di creazione del mercato interno è uno dei principali motori della crescita in termini di prosperità e di miglioramento della qualità della vita in Europa. Mediante una combinazione di orientamenti, indirizzi e strumenti per il controllo dell'applicazione, il quadro normativo ha fornito l'ossatura politica per il progresso delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica. Tale obiettivo è stato conseguito rispettando nel contempo le diverse circostanze e sfide che ogni Stato nazionale deve affrontare e incoraggiando la crescente concorrenza e gli investimenti nelle reti e nei servizi.

4.3.2

Il processo di creazione del mercato interno dovrebbe sempre garantire che l'interesse pubblico — il «bene pubblico »— prevalga sugli interessi privati e del mondo economico. Il mercato da solo non sa regolarsi adeguatamente a vantaggio del bene pubblico. Ciò vale particolarmente per la qualità dei servizi quando la concorrenza è debole. Per promuovere gli interessi del maggior numero di cittadini, come auspicato dalla strategia di Lisbona, è pertanto necessario un solido quadro normativo che garantisca loro la migliore tecnologia al miglior prezzo.

4.3.3

La maggior parte dei fornitori di servizi e dei gestori di rete operano all'interno di un unico mercato nazionale. Il Comitato teme che un ingiustificato trattamento più favorevole del quadro normativo nei confronti dei grandi fornitori di rete e di servizi multinazionali possa a lungo termine portare alla formazione di un oligopolio con poche grandi società che dominano il mercato dell'UE. Il quadro normativo dovrebbe tenere conto di tale timore e non favorire indebitamente le società multinazionali a scapito degli operatori nazionali.

4.3.4

Se da un lato un'istanza europea di regolazione centralizzata, simile a quella che opera per il settore bancario, consentirebbe di conseguire il completamento del mercato interno per le comunicazioni elettroniche in modo più rapido e diretto, dall'altro è anche possibile che la perdita dell'expertise e della valutazione che attualmente forniscono le autorità nazionali di regolamentazione (ANR), andrebbe a scapito di alcuni paesi e le resistenze nazionali potrebbero ostacolare i progressi verso il completamento del mercato interno.

4.3.5

Per il momento, la migliore soluzione consiste nel rafforzare l'attuale regime di regolazione mediante un maggior ricorso, da parte della Commissione, alle strutture consultive sulle politiche che esistono attualmente. È meglio giungere ad un accordo su un approccio comune piuttosto che cercare di far accettare una soluzione unica per tutti.

4.3.6

Anche se ciò esula dal campo di applicazione del quadro normativo, il Comitato è preoccupato che la rapida crescita dell'offerta di servizi mediatici internazionali mediante le reti di comunicazione elettronica possa portare ad una proliferazione indesiderata di contenuti mediatici di mediocre qualità. La Commissione dovrebbe riflettere sul modo in cui la politica dell'UE potrebbe sostenere la produzione e la diffusione di contenuti di elevata qualità nei media, specie di contenuti che rispettino la ricca diversità culturale dell'UE.

4.4   Diritti dei consumatori

4.4.1

Con l'aumento della complessità dei servizi disponibili e l'emergere di nuovi servizi paneuropei, è importante che i consumatori siano adeguatamente informati prima di operare le loro scelte. Per garantire la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi, si devono mettere a loro disposizione buone informazioni sulle diverse offerte. Occorre inoltre aggiornare regolarmente la legislazione sui diritti dei consumatori per far fronte alle nuove dinamiche del mercato. Il Comitato propone che le ANR siano incoraggiate a pubblicare strumenti accessibili sul web dotati di parametri di riferimento standardizzati che agevolino i consumatori nel confronto fra le offerte in materia di comunicazioni elettroniche (in termini di prezzi e di servizi offerti) proposte dai diversi operatori in concorrenza sul mercato.

4.4.2

Si riconosce che la direttiva sul servizio universale deve essere aggiornata e la proposta della Commissione di presentare l'anno prossimo un Libro verde per lanciare il dibattito è accolta con favore. È importante tuttavia che i cittadini che vivono nelle regioni meno sviluppate non siano ulteriormente svantaggiati dalla soppressione degli obblighi di servizio universale (OSU) dei principali fornitori di servizi. Il problema del divario digitale si aggraverà quando nuovi modelli commerciali stimoleranno la crescita di servizi televisivi via Internet per i cittadini dotati di una connessione a banda larga ad alta velocità.

4.4.3

Nel caso in cui si decidesse che gli obblighi di servizio universale non costituiscono più un modo giusto o pratico di garantire la fornitura dei servizi di comunicazione elettronica essenziali nel 21o secolo, come la banda larga, sarebbe necessario trovare meccanismi alternativi di finanziamento per colmare il divario digitale — forse mediante i fondi strutturali dell'UE.

4.5   Sicurezza

4.5.1

Il Comitato rimanda al proprio parere sul documento COM(2006) 251 def. sul tema Una strategia per una società dell'informazione sicuraDialogo, partenariato e responsabilizzazione e al suo invito a collegare con una strategia integrata le iniziative europee in materia di sicurezza informatica.

4.5.2

Le violazioni della sicurezza nelle reti di comunicazione elettronica intaccano gravemente la fiducia dei consumatori e la loro fruizione dei servizi. Inoltre, le violazioni della sicurezza possono minacciare i diritti dei cittadini dell'UE alla privacy. È vitale che la Commissione agisca con determinazione per proteggere la sicurezza delle reti e i diritti dei cittadini. Il Comitato accoglie con favore le misure proposte per far fronte a tali problemi nel riesame del quadro normativo.

4.5.3

La sicurezza delle comunicazioni elettroniche è essenziale per l'adozione e la crescita delle tecnologie e dei servizi dell'informazione. Sono necessarie severe sanzioni in tutta l'UE per impedire che questo tipo di criminalità mini la fiducia dei consumatori e ritardi lo sviluppo della società dell'informazione. Il Comitato invita la Commissione a lavorare con le ANR alla definizione di un sistema sanzionatorio a livello comunitario per le violazioni della sicurezza delle comunicazioni elettroniche. Si dovrebbero prevedere anche meccanismi che agevolino il diritto dei consumatori di intentare un'azione legale contro i trasgressori.

4.5.4

Oltre ai problemi di sicurezza causati da persone all'interno dell'UE, la sicurezza delle reti europee e dei cittadini è soggetta ad attacchi quotidiani provenienti dall'esterno dell'UE. Occorre prendere tutte le misure necessarie per perseguire gli autori di questi attacchi, inclusa quella di chiamare a rispondere dei danni causati gli Stati a partire dai quali sono stati lanciati gli attacchi.

Bruxelles, 16 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE (GU L 108, 24.4.2002, pag. 7) e 2002/58/CE (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).

(2)  SEC(2006) 816.

(3)  SEC(2006) 817.

(4)  COM(2005) 24 def. del 2.2.2005.

(5)  I servizi a contenuto commerciale — come i servizi della società dell'informazione e la radiodiffusione — che possono essere offerti mediante le infrastrutture di trasmissione sono regolamentati da altri strumenti comunitari (come la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE e la direttiva televisione senza frontiere 89/552/CEE). I servizi della società dell'informazione sono definiti nella direttiva 2000/31/CE che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche come «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e a richiesta individuale di un destinatario di servizi »(art. 17).

(6)  COM(2003) 784 def.

(7)  COM(2006) 68 def. del 20.2.2006.

(8)  Le risposte sono disponibili all'indirizzo:

http://ec.europa.eu/information_society/policy/ecomm/info_centre/documentation/public_consult/review/index_en.htm.

(9)  La decisione n. 676/2002/CE relativa allo spettro radio stabilisce un quadro che permette di armonizzare le condizioni di utilizzo dello spettro (mediante il comitato per lo spettro radio) e di raccogliere consigli strategici sulla politica in materia di spettro radio (mediante il gruppo per la politica dello spettro radio).

(10)  Cfr. nota 6.

(11)  London Economics in associazione con PricewaterhouseCoopers, studio per la DG Società dell'informazione e mezzi di comunicazione della Commissione europea: «An assessment of the Regulatory Framework for Electronic CommunicationsGrowth and Investment in the EU e-communications sector» (Valutazione del quadro normativo per le comunicazioni elettroniche — Crescita e investimenti nel settore delle comunicazioni elettroniche dell'UE) (di prossima pubblicazione).

(12)  Cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione, sezione 2.

(13)  COM(2005) 411 def. del 6.9.2005.

(14)  SEC(2006) 816.

(15)  COM(2005) 229 def, cfr

http://ec.europa.eu/information_society/eeurope/i2010/i2010/index_en.htm.

(16)  Fra gli altri, i pareri del CESE in merito ai seguenti documenti:

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni — Adeguamento delle politiche a sostegno dell'e-business in un contesto in evoluzione: insegnamenti da trarre dall'iniziativa GoDigital e sfide da affrontare, GU C 108 del 30.4.2004, pag. 23.

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma comunitario pluriennale inteso a promuovere un uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie on-line, GU C 157 del 28.6.2005, pag. 136.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Connettere l'Europa ad alta velocità: sviluppi recenti nel settore delle comunicazioni elettroniche, GU C 120 del 20.5.2005, pag. 22.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «i2010 — Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione», GU C 110 del 9.5.2006, pag. 83.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: eAccessibilità, GU C 110 del 9.5.2006, pag. 26.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Colmare il divario nella banda larga, CESE 1181/2006.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia per una società dell'informazione sicura — Dialogo, partenariato e responsabilizzazione — R/1474/2006 (lavori ancora in corso).

(17)  COM(2005) 203 def. e direttiva del PE e del Consiglio 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale).

(18)  Parere del CESE 1181/2006 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniColmare il divario nella banda larga.

(19)  Compresa la preparazione delle prossime fasi in regolamento di comunicazioni elettroniche, analisi (2006); Una valutazione della struttura regolatrice per crescita elettronica — delle comunicazioni e l'investimento nel settore di e-comunicazioni dell'UE, economia di Londra in collaborazione con Price Waterhouse (2006).


28.4.2007   

IT

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C 97/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 2, del Trattato CE relativa al rafforzamento della normativa sul lavoro marittimo

(COM(2006) 287 def.)

(2007/C 97/11)

La Commissione, in data 16 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore ETTY.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 190 voti favorevoli e 5 astensioni:

1.   Introduzione

1.1

La convenzione consolidata del 2006 sulla disciplina del lavoro marittimo è un nuovo, importante strumento dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) che coniuga la tutela dei diritti della gente di mare con la creazione di condizioni eque di concorrenza per gli armatori.

1.2

Tale convenzione è stata definita il quarto pilastro della regolamentazione internazionale per la qualità dei trasporti marittimi, in quanto va a integrare le tre convenzioni principali dell'Organizzazione marittima internazionale: la convenzione SOLAS per la salvaguardia della vita in mare, la convenzione STCW sulle qualifiche della gente di mare e la convenzione Marpol per la prevenzione dell'inquinamento ad opera delle navi.

1.3

La nuova convenzione sostituisce 68 strumenti dell'OIL relativi al settore marittimo. Essa entrerà in vigore quando trenta Stati membri dell'OIL, che rappresentino almeno il 33 % del tonnellaggio mondiale, l'avranno ratificata.

2.   Osservazioni

2.1

La nuova convenzione stabilisce le norme applicabili a coloro che prestano servizio a bordo delle navi marittime con stazza lorda di registro pari o superiore a 500 tonnellate e che effettuano viaggi internazionali o viaggi fra porti appartenenti a due Stati diversi. Tali norme:

fissano i requisiti minimi per il lavoro marittimo,

stabiliscono le condizioni di lavoro,

disciplinano la sistemazione del personale a bordo, le strutture ricreative, il vitto e l'approvvigionamento,

garantiscono la tutela sanitaria, le cure mediche, il benessere e la protezione sociale,

stabiliscono un sistema per garantire il rispetto e l'applicazione della convenzione.

2.2

Il Comitato loda la Commissione per il sostegno dato al lavoro dell'OIL che si è tradotto nella nuova convenzione e per la sua buona cooperazione con i governi e con le organizzazioni dei datori di lavoro e quelle sindacali degli Stati membri nel contesto tripartito dell'OIL. Ciò ha sicuramente gettato solide fondamenta per il lavoro da compiere ora che il nuovo strumento è stato creato, ossia la ratifica da parte degli Stati membri e, ove necessario, l'adeguamento dell'acquis comunitario.

2.3

Il Comitato osserva che la nuova convenzione è il frutto del delicato equilibrio raggiunto nel processo decisionale a livello internazionale e in un contesto tripartito. Le azioni della Commissione dovrebbero rafforzare e promuovere il risultato così raggiunto ed evitare iniziative che potrebbero compromettere la riuscita della sua attuazione.

2.4

Il Comitato sostiene la Commissione nella sua determinazione di incoraggiare gli Stati membri a ratificare la convenzione in tempi brevi. È evidente che la ratifica da parte dei 27 Stati membri, che rappresentano il 28 % della flotta mondiale, costituirebbe un enorme passo avanti.

2.5

La ratifica è una questione che riguarda esclusivamente gli Stati membri, dato che l'UE non è membro dell'OIL. Il Comitato richiama l'attenzione ed esprime il suo interesse sulla decisione della Commissione di invitare le parti sociali a livello europeo ad avviare negoziati in vista della conclusione di un accordo. Se un tale accordo fosse raggiunto, esso potrebbe senz'altro agevolare il processo di ratifica da parte degli Stati membri. Nelle aspettative del Comitato gli Stati membri procederanno alla ratifica quanto prima, auspicabilmente nel 2008.

2.6

I negoziati tra le parti sociali sono già iniziati. Date queste circostanze, il Comitato ritiene appropriato non pronunciarsi, per il momento, sulle tre questioni principali indicate dalla Commissione nella comunicazione in esame, ossia:

l'adeguamento dell'acquis comunitario,

l'adozione di una normativa complementare,

l'adozione di norme più avanzate rispetto a quelle della convenzione.

Ciò vale anche per la questione se rendere obbligatoria o meno la parte B della convenzione (le linee guida).

Se le parti sociali non raggiungeranno un accordo, il CESE riesaminerà tali questioni.

2.7

Riguardo alla creazione della struttura tripartita prevista dalla convenzione, il Comitato fa notare, a livello europeo, che il Trattato non prevede meccanismi del genere e, tenendo conto di ciò, osserva che qualsiasi soluzione immaginata dalla Commissione per garantire il coordinamento a livello comunitario in un processo decisionale tripartito non dovrebbe in alcun caso indebolire le disposizioni tripartite OIL a livello nazionale.

2.8

Il Comitato raccomanda che la Commissione dia il suo sostegno alle riunioni di esperti dell'OIL per lo sviluppo di linee guida operative in materia di controlli esercitati dallo Stato di bandiera e dallo Stato di approdo.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


28.4.2007   

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C 97/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le relazioni tra l'Unione europea ed il Giappone: il ruolo della società civile

(2007/C 97/12)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 gennaio 2007, nel corso della sessione plenaria, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sulle: Relazioni tra l'Unione europea ed il Giappone: il ruolo della società civile.

La commissaria responsabile per le relazioni esterne e per la politica europea di vicinato, Benita FERRERO-WALDNER, ha incoraggiato tale iniziativa con lettera del 6 aprile 2006.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 gennaio 2007, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice PÄÄRENDSON.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 112 voti favorevoli, 3 voti contrari e 28 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

La Commissione europea ha incoraggiato il Comitato ad esaminare gli sviluppi in seno alla società civile in Giappone e a valutare in che modo l'Unione europea (UE) potrebbe cooperare con questa allo scopo di rafforzare ulteriormente le relazioni UE-Giappone.

1.2

L'Unione europea ed il Giappone condividono molti valori ed interessi. Esistono parecchi campi in cui si è consolidata e funziona bene un'attività di cooperazione a livello ufficiale.

1.3

Vi è un interesse crescente in Giappone per la cooperazione su scala regionale, sul modello della «integrazione funzionale».

1.4

La società civile giapponese va assumendo sempre maggiore importanza, anche se nella maggior parte dei casi la sua azione è incentrata sulle questioni locali o regionali.

1.5

Al momento, la società civile giapponese e quella europea intrattengono contatti approfonditi in un numero relativamente ridotto di settori, anche se il fatto che sempre più viene riconosciuta l'esistenza di sfide comuni dimostra che i tempi per un'intensificazione dei contatti sono maturi.

1.6

Tuttavia, stabilire contatti più ampi e più stretti richiederà molto tempo; in tale contesto risulterà cruciale identificare i partner più appropriati.

1.7

Un passo iniziale significativo potrebbe consistere in una riunione per accertare quali siano i problemi comuni e valutare come iniziare a affrontarli.

1.8

Si dovrebbe, come regola, considerare la possibilità di invitare a partecipare a seminari ed eventi analoghi le organizzazioni pertinenti della società civile di entrambe le parti.

1.9

Nel tempo si potrebbe immaginare un dialogo più strutturato, sul modello di una tavola rotonda.

1.10

I due istituti europei in Giappone (di seguito Centri UE) offrono già una base di partenza per sviluppare reti e partenariati.

1.11

Dovrebbe essere possibile ridurre le esigenze di finanziamento, utilizzando maggiormente tecniche quali le videoconferenze e la telefonia via Internet.

2.   Introduzione

2.1

In seguito all'intensificarsi della cooperazione già esistente, l'Unione europea ed il Giappone hanno deciso nel 2001 di avviare una cooperazione decennale mediante un piano d'azione denominato Modellare il nostro futuro comune  (1) che prevedeva quattro sezioni («obiettivi»). L'obiettivo finale (Obiettivo IV): Avvicinare le popolazioni e le culture includeva lo sviluppo di legami con la società civile e l'incoraggiamento degli scambi interregionali. Anche l'Obiettivo III (Far fronte alle sfide globali e sociali) riveste una certa importanza.

2.2

Tra i recenti eventi che hanno riguardato le relazioni tra la società civile è opportuno ricordare il grande successo dell'Anno di scambi tra i popoli europei e il popolo giapponese del 2005, l'istituzione in Giappone di due Centri UE (2), uno nella regione di Tokio (3) e l'altro nel Kansai (4), ed il convegno congiunto a Bruxelles, nell'aprile 2006, nel quale sono stati discussi i progressi compiuti nell'ambito del piano d'azione Modellare il nostro futuro comune e le modifiche che potrebbe essere necessario apportarvi per tener conto della nuova situazione in Giappone, nell'UE ed altrove.

2.3

Il presente parere intende esaminare gli sviluppi in seno alla società civile giapponese ed esplorare in che modo la società civile dell'Unione europea, ed in particolare il CESE, possano cooperare con essa per rafforzare le relazioni tra l'UE e il Giappone (5).

2.4

Il Comitato economico e sociale europeo dà la seguente definizione di società civile: «l'insieme di tutte le strutture organizzative, i cui membri, attraverso un processo democratico basato sul discorso e sul consenso sono al servizio dell'interesse generale e agiscono da tramite tra i pubblici poteri e i cittadini» (6).

3.   Contesto

3.1

Il Giappone ricopre un ruolo di estrema importanza nell'Asia orientale, regione di crescente importanza economica in cui la cooperazione regionale fa segnare miglioramenti rapidi, ma nella quale stanno aumentando anche le preoccupazioni per la sicurezza. Di fronte alla crescente importanza per l'Ue dell'Asia orientale, compresa la Cina, una relazione più stretta con il Giappone costituirà un elemento di equilibrio e comporterà una cooperazione maggiore sulle questioni regionali (7).

3.2

Il Giappone è inoltre uno dei partner strategici dell'UE. Sebbene l'Europa ed il Giappone siano geograficamente agli antipodi, e malgrado le loro culture siano complesse e molto peculiari, hanno molte cose in comune. Si tratta in entrambi i casi di realtà economiche importanti, che desiderano svolgere un ruolo più ampio sul piano internazionale. condividono gli stessi valori di fondo ed hanno numerosi interessi e preoccupazioni in comune. sono ambedue società democratiche. Hanno ambedue interesse a consolidare ed approfondire le relazioni e la comprensione reciproche.

3.3

In termini economici il Giappone è il quinto mercato in ordine di importanza per le esportazioni comunitarie, con una quota del 6,6 %, mentre l'Unione è il secondo mercato in ordine di importanza per le esportazioni giapponesi. L'attuale tasso di crescita del Prodotto interno lordo (PIL) del Giappone è intorno al 2,7 % annuo, e il suo tasso di disoccupazione è del 4,5 % circa. Il Giappone rappresenta il 14 % del PNL mondiale (la Cina il 3,4 %) ed il suo reddito pro capite medio è di 32.230 dollari statunitensi (780 dollari in Cina).

3.4

Durante le prime fasi della cooperazione i più importanti temi di interesse comune erano quelli relativi al commercio e ad altri fattori economici che comportavano rilevanti investimenti esteri in entrambe le direzioni. Le riforme economiche sono importanti per entrambe le parti, allo scopo di migliorare la competitività in un mondo globalizzato, pur salvaguardando i rispettivi modelli sociali e tenendo conto della necessità di una crescita sostenibile.

3.5

Al momento vi sono parecchi settori nei quali la cooperazione tra l'Unione europea ed il Giappone si è consolidata. Vi sono ad esempio forum di discussione permanenti sulla politica industriale, su scienza e tecnologia, sulla tecnologia dell'informazione, sull'occupazione, sulle questioni sociali, sul commercio elettronico, sulla ricerca, sugli aiuti allo sviluppo e sulla tutela dell'ambiente. Nel 2006, le parti sociali giapponesi hanno mostrato un interesse crescente nelle pratiche legate alla responsabilità sociale delle imprese. Inoltre il dialogo Unione europea-Giappone sulla riforma della regolamentazione (istituito una dozzina d'anni or sono) tratta in maniera coerente tutte le questioni regolamentari. L'allegato riporta i dettagli di alcuni programmi. A tale dialogo partecipano numerose direzioni generali della Commissione europea e Stati membri dell'UE.

3.6

In Giappone sta progressivamente prendendo piede quello che si potrebbe definire un «senso di vicinanza »nei confronti dell'Europa, anche se vi è una conoscenza ancora limitata dei nuovi Stati membri.

4.   Sviluppi della società civile

4.1

Come già indicato, il Giappone ha una cultura assai diversa da quella dell'UE (8) e anche le condizioni sociali sono differenti. Non c'è quindi da meravigliarsi se anche le organizzazioni della società civile sono diverse. La differenza più lampante è che sino a pochissimo tempo fa lo Stato ha svolto un ruolo piuttosto dominante nel forgiare la società civile giapponese; con l'eccezione delle parti sociali, le organizzazioni dovevano ottenere l'approvazione delle autorità ed erano soggette al loro controllo.

4.2

La società accettava questa situazione perché la combinazione di una burocrazia centrale di élite e di significativi interessi industriali (sostenuti dai parlamentari), consentiva decisioni politiche e interventi d'attuazione rapidi ed efficaci, tutti elementi che hanno aiutato la crescita economica (9). In tali circostanze il ruolo della società civile nella governance era estremamente limitato. In effetti, fino a qualche tempo fa concetti quali società civile, governance e assunzione di responsabilità non formavano parte del vocabolario corrente.

4.3

Verso la fine degli anni '80 è scoppiata la cosiddetta «bolla economica», provocando un periodo di deflazione e stagnazione economica superato solo recentemente. Inoltre, nel corso degli anni '90, si è verificata una serie di scandali nei quali sono stati coinvolti burocrati di alto rango; ciò ha scosso la fiducia della società verso il dominio dello Stato e dei grandi interessi industriali. Tutto questo e gli errori compiuti nelle operazioni di salvataggio e nella ricostruzione dopo il «grande terremoto Hanshin-Awaji »di Kobe, nel 1995, hanno dimostrato ai cittadini l'efficacia (ed il potenziale) di alcune organizzazioni della società civile. Ciò ha portato nel 1998 all'adozione di una nuova legge riguardante le organizzazioni «Non profit »(NPOs), nella quale si riconosceva che le organizzazioni della società civile erano in grado di svolgere un ruolo significativo per una buona governance  (10). Tale legge ha rimosso molte delle barriere allo sviluppo di tali organizzazioni, eliminando gran parte delle gravosissime misure burocratiche di vigilanza. È stato uno dei cambiamenti che hanno introdotto un minor grado di regolamentazione e accentramento nella società e nella politica giapponesi.

4.4

A partire da allora la società civile ha iniziato a trasformarsi: le organizzazioni si stanno ora moltiplicando rapidamente, e sono proprio i gruppi che sottolineano la propria indipendenza dalle autorità a far registrare la crescita maggiore. Attualmente al centro del dibattito in Giappone vi è la questione di come sia possibile utilizzare appieno tutte le risorse a disposizione della società giapponese, cosa che permetterebbe di aumentare l'importanza e l'influenza delle organizzazioni della società civile. Il processo di partecipazione democratica inizia ad essere meglio compreso e le proposte di legge sono ora messe a disposizione per eventuali osservazioni in Internet. Tuttavia, secondo le organizzazioni della società civile, i punti di vista della società civile (eccettuati quelli delle parti sociali) non influiscono con sufficiente frequenza sulle decisioni finali.

4.5

Nei dibattiti la società civile giapponese viene di solito suddivisa nelle sue due principali articolazioni. La prima concerne le organizzazioni non governative (NGOs) che operano soprattutto nel campo degli aiuti allo sviluppo e degli aiuti umanitari al di fuori del Giappone. Tali organizzazioni sono in gran parte finanziate dal governo (ministero degli Affari esteri: MOFA) ed operano in stretta collaborazione con l'amministrazione responsabile per i programmi di aiuto ufficiale allo sviluppo (AUS). Esse hanno incontri periodici con il governo giapponese, volti a promuovere un dialogo ed una collaborazione approfonditi, ma dispongono di risorse finanziarie ed umane limitate.

4.6

La seconda articolazione è quella delle organizzazioni «Non profit »(NPOs), i cui ambiti di attività sono assai ampi. Ne fanno parte le parti sociali, le associazioni commerciali e professionali e le associazioni attive nei settori ambientale, di difesa dei consumatori, agricolo, culturale ed altri ancora. Queste parti direttamente interessate svolgeranno un ruolo crescente nel dialogo che sta per cominciare all'interno delle imprese giapponesi e delle imprese straniere in Giappone sulla loro responsabilità sociale, sempre nel rispetto della natura volontaria di tale dialogo. Anche le organizzazioni del settore della sanità svolgono un ruolo estremamente importante. Esse dispongono, talvolta, di finanziamenti pubblici e una parte significativa di esse si occupa principalmente di trovare soluzioni locali e regionali a questioni locali e regionali; la loro attività ha come scopo l'interesse delle comunità locali. Da ciò consegue che vi sono solo poche NPOs attive su scala nazionale.

4.7

La realtà giovanile è per parte sua ben rappresentata, grazie alle organizzazioni degli studenti e ad altre associazioni.

5.   Contatti attuali tra le organizzazioni civili giapponesi e dell'Unione europea

5.1

I contatti tra l'amministrazione europea e quella giapponese sono numerosi e regolari (cfr. il punto 3.5 e gli allegati), e la loro importanza viene regolarmente sottolineata dai dirigenti politici delle due parti. Le relazioni tra la maggior parte delle organizzazioni della società civile sono invece molto più limitate, anche se in alcune aree esistono già delle relazioni solide ed attive.

5.2   Parti sociali

datori di lavoro — Nippon Keidanren (Federazione giapponese delle imprese) è un'organizzazione di ampie dimensioni sorta nel maggio 2002 dalla fusione della Keidanren (Federazione giapponese delle organizzazioni economiche) e della Nikkeiren (Federazione giapponese delle associazioni dei datori di lavoro). Dei suoi 1.662 aderenti 1.351 sono imprese, 130 sono associazioni industriali e 47 sono organizzazioni economiche regionali (situazione al 20 giugno 2006).

Sindacati — i sindacati sono relativamente deboli, sia sotto il profilo numerico che in termini di risorse. Circa il 20 % dei lavoratori aderisce a un sindacato. La principale organizzazione sindacale (RENGO (11)) raccoglie i due terzi di tutti i lavoratori sindacalizzati. RENGO ha un ufficio a Bruxelles e ha la possibilità di accedere a molte informazioni provenienti dalla CES e spesso invia suoi rappresentanti alle riunioni delle organizzazioni dei lavoratori negli Stati membri (SM).

5.3

La tavola rotonda euro-giapponese del dialogo economico (datori di lavoro) si riunisce annualmente da dieci anni, per discutere come migliorare le relazioni economiche e commerciali ed inoltre, sempre più spesso, per prendere in esame questioni globali, ad esempio quelle energetiche. Le raccomandazioni di tale organismo vengono presentate, nel corso del vertice bilaterale annuale tra l'Unione europea ed il Giappone, ai dirigenti politici che sono pronti a tenerne conto. Inoltre le organizzazioni imprenditoriali dell'Unione e del Giappone portano avanti da tempo un dialogo su tutta una serie di questioni.

5.4

Da ormai sei anni le organizzazioni europee e giapponesi di difesa dei consumatori si incontrano per far fronte a sfide che riguardano il mondo intero, come la sicurezza e l'etichettatura dei prodotti alimentari. Altri esempi di cooperazione sono i dialoghi, organizzati ogni anno, tra giornalisti, movimenti civici, organizzazioni non governative ed associazioni per la tutela dell'ambiente. Inoltre esiste una cooperazione accademica tra università, istituti superiori di studio e centri di ricerca che verrà senz'altro rafforzata dopo la recente creazione di due Centri UE in Giappone. Le istituzioni accademiche giapponesi intrattengono relazioni assai strette tra loro, su scala nazionale, e anche con istituzioni analoghe nell'Unione europea.

5.5

Nella consapevolezza che i contatti personali sono necessari per migliorare la comprensione reciproca, l'Unione europea ed il Giappone hanno deciso di fare del 2005 l'Anno di scambi tra i popoli europei e il popolo giapponese. L'iniziativa, nel corso della quale sono state organizzate ben 1.900 diverse manifestazioni, ha avuto notevole successo e si sta attualmente discutendo di un programma che vi dia seguito. La sfida è ora quella di consolidare e trarre profitto dai risultati raggiunti.

5.6

I contatti esistenti sono assai utili e mostrano come sia possibile allacciare relazioni durevoli ogniqualvolta vi sia una chiara consapevolezza delle sfide comuni da affrontare nel contesto di un mondo in piena trasformazione, con pratiche e standard globalizzati e in cui aumenta la necessità di essere competitivi. Tali sfide riguardano lo sviluppo sostenibile (in particolare la sicurezza energetica, il green purchasing  (12) e le risorse naturali), gli aiuti allo sviluppo (l'Unione europea ed il Giappone sono i massimi donatori al mondo), l'invecchiamento delle popolazioni (con le relative ripercussioni sulle pensioni, sui servizi sanitari e sugli aiuti sociali), l'immigrazione, il lavoro nelle società multietniche, l'equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare e le sfide in materia di occupazione. La responsabilità sociale delle imprese è un altro settore nel quale gli interessi comuni cominciano a delinearsi con maggior chiarezza, il che vale anche per la parità tra i generi. Sarebbe utile uno scambio di idee sui temi citati.

5.7

Il CESE intrattiene alcune relazioni informali con il Centro UE del Kansai. Al momento non esistono relazioni d'altro tipo, anche se molti membri del CESE hanno già lavorato con organizzazioni giapponesi.

6.   Possibili iniziative per istituire e consolidare le relazioni tra le società civili dell'Unione europea e del Giappone

6.1

È evidente che la società civile ha un ruolo importante da svolgere per rispondere alle sfide comuni, sia nell'Unione europea che in Giappone, sia attraverso iniziative congiunte sia operando nel contesto delle relazioni reciproche. Le organizzazioni della società civile possono dare un contributo al processo politico in atto tra l'Unione europea ed il Giappone mediante discussioni bilaterali e definendo con chiarezza le proprie posizioni. È chiaro che c'è ampio margine per sviluppare ulteriormente le sezioni del piano d'azione euro-giapponese (13) che riguardano la società civile. Tale lavoro può rappresentare un elemento importante nel fornire valore aggiunto alle relazioni tra l'Europa ed il Giappone.

6.2

L'obiettivo primario dei contatti tra le organizzazioni della società civile del Giappone e dell'UE deve essere la conoscenza e la comprensione reciproca; ciò permetterà di creare delle reti. Solo successivamente sarà possibile cominciare una corretta cooperazione per apportare il nostro contributo alle solide relazioni che già esistono a livello istituzionale. Non sarà un processo rapido, ma sarebbe utile cercare il sostegno della Commissione e delle autorità giapponesi per organizzare una prima riunione che permetta di definire i problemi comuni e discutere come andare avanti, tra l'altro individuando le organizzazioni che potrebbero più vantaggiosamente rappresentare le due parti (14). Alla riunione dovrà far seguito un lavoro più finalizzato, che preveda anche azioni comuni. I partecipanti alla riunione dovrebbero essere rappresentanti delle società civili dell'Unione europea e del Giappone capaci di offrire una base per la successiva creazione di reti. Il CESE e le parti sociali a livello europeo dovrebbero fornire la maggioranza dei delegati dell'UE.

6.3

La Commissione dovrebbe valutare la possibilità di coinvolgere la società civile organizzata (SCO) dell'Unione e del Giappone in tutti i seminari e le manifestazioni pertinenti, incoraggiando inoltre le autorità giapponesi a fare la stessa cosa. Con il tempo ciò permetterà una maggior comprensione tra le parti e la costruzione di una rete che potrà venir impiegata per ogni genere di contatto. L'individuazione di tali manifestazioni dovrebbe figurare regolarmente all'ordine del giorno delle riunioni tra la Commissione ed i suoi interlocutori giapponesi.

6.4

La scelta delle tematiche da discutere con la partecipazione della SCO sarà cruciale. Ogniqualvolta nel corso delle riunioni ufficiali vengano individuate tematiche che potrebbero beneficiare del contributo della SCO, la Commissione e le autorità giapponesi dovrebbero valutare la possibilità di incaricare il CESE di organizzare tale coinvolgimento, in collaborazione con le sue controparti giapponesi. In queste riunioni congiunte, i sindacati potrebbero discutere, per esempio, le norme fondamentali dell'OIL. In una fase iniziale tale lavoro potrebbe venir effettuato da gruppi ad hoc, ma se necessario si potrebbero costituire piccoli gruppi consultivi specifici (15).

6.5

La SCO europea potrebbe inoltre, data la crescente importanza per il Giappone della cooperazione regionale, offrire la propria esperienza maturata nell'aiutare Stati che presentano stadi di sviluppo diversi, a realizzare una maggiore integrazione, conformemente ai principi dell'«integrazione funzionale». L'esperienza di alcuni tra i nuovi Stati membri nel creare organizzazioni della società civile in grado di funzionare e nell'incoraggiare le autorità a coinvolgerle nei processi consultivi e decisionali potrebbe fornire alcuni interessanti esempi. Il successo dell'Unione europea nel contenere e ridurre le rivalità ed i conflitti potenziali potrebbe inoltre offrire un modello utile per fronteggiare i problemi relativi alla sicurezza regionale.

6.6

L'istituzione dei due Centri UE in Giappone (Centro UE nella regione di Tokio e Centro UE nel Kansai) offre una serie di possibilità per creare reti e per contribuire alla comprensione reciproca. Ad esempio:

il CESE potrebbe fungere da punto di contatto per fornire assistenza ed informazioni,

ciò potrebbe includere iniziative per far incontrare coloro che cercano contatti (con un obiettivo specifico) nel territorio della controparte,

ciò potrebbe tradursi anche nell'invito reciproco a prendere parte a seminari (o altri eventi) pertinenti, sia come relatori sia come semplici partecipanti,

il CESE potrebbe anche intervenire e fornire informazioni sulle tematiche comunitarie di sua competenza: i processi decisionali dell'Unione, il ruolo della SCO sia a livello comunitario che nazionale, il ruolo delle parti sociali, le modalità con le quali il mondo delle imprese affronta le fasi di discussione e attuazione della legislazione europea,

il CESE potrebbe inoltre offrire regolarmente ai due Centri UE la possibilità di concorrere a posti per tirocinanti.

Il Centro UE del Kansai sta già valutando la possibilità di organizzare congiuntamente una serie di seminari e workshop relativi a tematiche specifiche. In tale contesto, tra i primi temi chiave figureranno probabilmente l'etichettatura dei prodotti alimentari, la tutela dell'ambiente e l'invecchiamento della società.

6.7

È inoltre opportuno ricordare che le università (e altre istituzioni analoghe) rivestono grande importanza nella società giapponese ed offrono un altro canale per migliorare la comprensione tra le SCO. Possono inoltre agevolare il coinvolgimento dei giovani, che sarà un fattore cruciale per istituire contatti a lungo termine.

6.8

Il CESE dovrebbe inoltre valutare la possibilità di costituire un piccolo gruppo di contatto per aggiornare i partner giapponesi ed offrire loro un referente. Non appena le organizzazioni della società civile avranno iniziato a meglio comprendersi reciprocamente nel più lungo termine, si dovrebbe esaminare l'eventualità di creare un qualche tipo di organismo permanente, come ad esempio una tavola rotonda.

6.9

Sarebbe opportuno allacciare e mantenere contatti con la commissione parlamentare mista UE-Giappone per garantire che il ruolo ed il potenziale della società civile siano compresi e, ove appropriato, utilizzati nell'interesse delle due parti.

6.10

La questione del finanziamento risulterà cruciale, come sempre. Tuttavia i costi delle varie iniziative proposte non dovrebbero essere significativi e le nuove tecnologie, come le videoconferenze e la telefonia via Internet potrebbero in molti casi aiutare a limitare le spese, soprattutto per i contatti tra i piccoli gruppi ad hoc che potrebbero essere creati.

Bruxelles, 16 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Shaping our common future, un piano d'azione per la cooperazione UE-Giappone, Vertice Unione europea-Giappone, Bruxelles 2001.

(2)  I Centri UE sono finanziati dall'Unione europea ed hanno il compito di diffondere la conoscenza dell'Unione europea in Giappone, permettendo agli studenti di tutte le facoltà universitarie di ricevere informazioni circa l'Unione.

(3)  Istituzioni partecipanti: Università Hitotsubashi, International Christian University, University of Foreign studies di tokyo e Tsuda College

http://www.euji-tc.org.

(4)  Istituzioni partecipanti: Università di Kobe, Università Kwansei Gakuin e Università di Osaka

http://euij-kansai.jp/index_en.html.

(5)  Cfr. la lettera della commissaria FERRERO-WALDNER D/06/468 in data 6.4.2006.

(6)  Per una definizione più completa cfr. COM(2005) 290 def.

(7)  Esistono già numerose istituzioni regionali, ad alcune delle quali l'Europa partecipa. L'ASEM (vertice Asia-Europa) e l'ASEF (Fondazione Asia-Europa) sono due esempi significativi. La partecipazione a tali istituzioni potrebbe aumentare ulteriormente il valore della cooperazione tra le società civili dell'Unione europea e del Giappone.

(8)  La cultura giapponese ha una lunghissima storia ed è stata fortemente influenzata dal fatto che il paese è rimasto isolato per secoli rispetto al mondo esterno.

(9)  Tali successi hanno portato ad una «legittimità dei risultati», in cui la legittimità è basata sui risultati ottenuti nel perseguimento degli obiettivi («output legitimacy») a scapito di una legittimità basata sul processo democratico di partecipazione («input legitimacy»).

(10)  Dal punto di vista giapponese anche l'Unione europea è passata attraverso periodi di crisi, cronologicamente pressoché concomitanti, come gli avvenimenti che hanno provocato le dimissioni della Commissione SANTER, inducendo un ripensamento della governance comunitaria e un maggior coinvolgimento della società civile nel processo politico.

(11)  Sono iscritti a RENGO 6.500.000 lavoratori (al giugno 2006).

(12)  Il «green purchasing»è il sistema nel quale gli appalti pubblici devono prevedere l'acquisto di una percentuale significativa di prodotti compatibili con l'ambiente.

(13)  Cfr. il precedente punto 2.1.

(14)  Partner giapponesi quali il Centro giapponese per gli scambi internazionali (JCIE) e i due Centri europei in Giappone potrebbero essere senz'altro utili, tuttavia nella fase iniziale sarà necessario anche sentire il parere delle autorità giapponesi.

(15)  La lingua potrebbe causare problemi, come avviene del resto in altri campi.


28.4.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 97/39


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema L'attuazione della strategia di Lisbona rinnovata

(2007/C 97/13)

il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006, nelle conclusioni della presidenza (punto 12), ha accolto con favore l'iniziativa del Comitato economico e sociale europeo volta ad accrescere l'appropriazione della strategia di Lisbona a livello comunitario, incoraggiando il comitato a continuare il suo lavoro e chiedendogli di presentare una relazione di sintesi a sostegno del partenariato per la crescita e l'occupazione all'inizio del 2008. Il CESE definisce la sua posizione sulla strategia di Lisbona e i suoi lavori in materia con la risoluzione seguente:

L'attuazione della strategia di Lisbona rinnovata

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha deciso, in data 14 febbraio 2007, di presentare una risoluzione al vertice di primavera. Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 febbraio 2007, nel corso della 433a sessione plenaria, ha adottato la seguente risoluzione con 125 voti favorevoli e 10 astensioni.

1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace per il seguito che la Commissione europea ha dato ai programmi nazionali di riforma (PNR) presentati dagli Stati membri. Tuttavia, il CESE teme che il rilancio della strategia di Lisbona nel 2005 non sia riuscito a assicurare la conoscenza diffusa della strategia tra i cittadini e il loro sostegno. Il CESE sottolinea che è cruciale l'appropriazione politica da parte degli Stati membri degli impegni presi congiuntamente in sede di Consiglio. Oltre alle summenzionate responsabilità degli Stati membri, sono necessari partenariati efficienti e nuove alleanze con le parti sociali e la società civile. Deve essere garantita e attentamente monitorata dalla Commissione europea un'efficace governance multilivello, che comprenda la consultazione delle parti direttamente interessate.

1.1

Il CESE ritiene che gli attuali metodi di valutazione dovrebbero essere completati da un'analisi comparativa trasparente dei risultati degli Stati membri in riferimento all'attuazione della strategia. A tal fine, raccomandazioni specificamente concepite per ciascuno Stato membro dovrebbero condurre a una discussione mirata e, eventualmente, a una revisione in sede di Consiglio in modo da individuare per il futuro i settori d'intervento fondamentali.

1.2

Il CESE è dell'avviso che, a livello nazionale, nel quadro della definizione e attuazione dei PNR, si debba consultare tempestivamente la società civile organizzata, in modo che tutte le parti interessate si assumano la responsabilità del processo, in vista di un partenariato e un coinvolgimento autentici. Un ruolo di rilievo dovrebbe essere svolto dai consigli economici e sociali nazionali e dagli organi analoghi nei paesi in cui questi esistono.

1.3

Il CESE concorda pienamente con la decisione di concentrare maggiormente l'attenzione sulla strategia rinnovata. Nel corso dell'estate 2007 il CESE presenterà quattro relazioni informative: Investire nella conoscenza e nell'innovazione, Il potenziale delle imprese, in particolare quello delle PMI, L'occupazione per le categorie prioritarie e Definizione di una politica energetica per l'Europa, le quali costituiranno la base della relazione di sintesi che esso presenterà nel 2008 al Consiglio europeo. Tali relazioni verranno elaborate in stretta collaborazione con i consigli nazionali economici e sociali e organi analoghi che rappresentano la società civile.

1.4

Il CESE mette in rilievo che la piena attuazione della strategia di Lisbona rinnovata comporta una politica macroeconomica coordinata che promuova attivamente la crescita e l'occupazione. Le buone prospettive economiche attuali non dovrebbero indebolire le ambizioni del Consiglio in tema di attuazione della strategia. L'interdipendenza tra le economie nazionali comporta che le riforme strutturali vengano attuate in un'ottica europea. I PNR andrebbero, pertanto, integrati in un quadro di politica macroeconomica paneuropeo, cui tutte le parti interessate dovrebbero contribuire. Il contesto internazionale va costantemente tenuto presente.

1.5

Il CESE sottolinea che si dovrebbe garantire che le incessanti trasformazioni industriali, la qualità del lavoro e la qualità della vita procedano parallelamente. Lo scopo dovrebbe essere quello di un equilibrio armonioso tra competitività, coesione sociale e sviluppo sostenibile. Lavorando per raggiungere questo fine, l'Europa e gli Stati membri devono chiarire il messaggio della strategia di Lisbona rinnovata in modo che i comuni cittadini abbiano una chiara comprensione degli obiettivi. Ciò esige una comunicazione efficace, che finora è mancata.

2.

Il CESE considera l'intera strategia come un unico processo dinamico, che richiede una costante sintonizzazione negli Stati membri e nel Consiglio e tra questi e la Commissione europea. Per conseguire questo risultato, devono essere affrontate le seguenti questioni specifiche:

2.1

a livello nazionale e regionale

nei bilanci nazionali le priorità relative alla strategia di lisbona, comprese le risorse collegate, dovrebbero essere precisate più chiaramente,

tutta la catena dei sistemi d'istruzione e di formazione dovrebbe essere analizzata attentamente e i contenuti, sul piano della cultura generale e della formazione scientifica e tecnica dovrebbero essere di livello quanto più elevato possibile per permettere alle persone di adattarsi alle trasformazioni dell'ambiente e promuovere la partecipazione dei cittadini, la creazione di posti di lavoro di migliore qualità, l'imprenditorialità e l'innovazione,

si devono affrontare i cambiamenti demografici e i loro effetti sulla situazione finanziaria, sul mercato del lavoro e sui sistemi sanitari,

una riforma innovativa del mercato del lavoro si dovrebbe ispirare a misure di flexicurity, che promuovano la competitività e contemporaneamente assicurino un'adeguata sicurezza sociale,

si dovrebbero realizzare gli obiettivi di Barcellona relativi agli investimenti in R&S,

gli Stati membri devono usare in modo efficiente gli scambi di buone pratiche, che hanno anche il vantaggio di incentivare la convergenza degli obiettivi in tutta Europa;

2.2

a livello europeo

il Consiglio e la Commissione dovrebbero stabilire un calendario e delle scadenze per le priorità che sono state approvate,

è necessaria una politica comune dell'energia,

è di primaria importanza affrontare la questione del cambiamento climatico,

i fondi europei (Fondo regionale, Fondo sociale e 7o programma quadro di ricerca) e gli altri strumenti finanziari dell'UE, quali il programma quadro per la competitività e l'innovazione, dovrebbero puntare alle priorità della strategia di Lisbona;

2.3

a tutti i livelli

occorre una cooperazione più specifica e concreta con le parti sociali e le altre parti direttamente interessate nel quadro della formulazione delle politiche relative alla strategia di Lisbona e al loro follow-up,

sono necessari un miglior programma normativo e un mercato interno ben funzionante, che si propongano obiettivi di sviluppo economico, sociale e ambientale nel contesto delle trasformazioni globali.

3.

Il CESE invita il Consiglio europeo a dare tutto il suo sostegno all'approccio sopra descritto e a coinvolgere la società civile organizzata come soggetto con un ruolo più attivo nell'attuazione della strategia di Lisbona rinnovata.

Bruxelles, 15 febbraio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS