CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 21 ottobre 2021 ( 1 )

Causa C‑432/20

ZK

con l’intervento di

Landeshauptmann von Wien

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Wien (Tribunale amministrativo di Vienna, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Politica di immigrazione – Direttiva 2003/109/CE – Articolo 9, paragrafo 1, lettera c) – Perdita dello status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo – Assenza dal territorio dell’Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi – Interruzione di tale periodo di assenza – Soggiorni irregolari e di breve durata nel territorio dell’Unione»

I. Introduzione

1.

Nella presente causa, avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il Verwaltungsgericht Wien (Tribunale amministrativo di Vienna, Austria), sottopone alla Corte tre questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo ( 2 ), come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011 ( 3 ) (in prosieguo: la «direttiva 2003/109»).

2.

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta fra ZK, cittadino kazako, e il Landeshauptmann von Wien (capo del governo del Land di Vienna, Austria) in merito al rifiuto di quest’ultimo di rinnovare lo status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo di ZK. La decisione di rigetto era motivata dal fatto che ZK, fra l’agosto del 2013 e l’agosto del 2018, aveva soggiornato ogni anno soltanto qualche giorno nell’Unione europea. Il giudice del rinvio ritiene che la normativa austriaca applicabile al caso di specie, la quale prevede che soggiorni di breve durata e intermittenti nell’Unione non sono sufficienti ad impedire la perdita di tale status giuridico a causa di un’assenza dal territorio dell’Unione per più di dodici mesi, non sia compatibile con l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109. Ai sensi di tale disposizione, i cittadini di paesi terzi non hanno più diritto allo status di soggiornante di lungo periodo in caso di «assenza dal territorio [dell’Unione] per un periodo di dodici mesi consecutivi». Secondo il giudice del rinvio, la summenzionata normativa austriaca eccederebbe quanto richiesto e autorizzato dal diritto dell’Unione.

3.

La presente causa offre alla Corte l’opportunità di pronunciarsi su una questione di diritto inedita, ossia sulle condizioni imposte dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 alla revoca, da parte delle autorità nazionali, dello status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo. Più concretamente, la Corte dovrà precisare quali siano i requisiti attinenti alla durata e alla qualità del soggiorno nel territorio dell’Unione ai quali ogni cittadino di paese terzo dovrà conformarsi per poter conservare lo status giuridico conferitogli dalla direttiva 2003/109. La risposta che la Corte fornirà a tali questioni pregiudiziali può avere un impatto sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia previsto dai Trattati nell’Unione.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

4.

I considerando 2, 4, 6, 10 e 12 della direttiva 2003/109 enunciano quanto segue:

«(2)

Nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha affermato che occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri e che, alle persone che soggiornano regolarmente in un determinato Stato membro per un periodo da definirsi e sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, lo Stato membro dovrebbe garantire una serie di diritti uniformi e quanto più simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell’Unione europea.

(…)

(4)

L’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri costituisce un elemento cardine per la promozione della coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità enunciato nel trattato.

(…)

(6)

La condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro. Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del radicamento del richiedente nel paese in questione. È necessaria una certa flessibilità affinché si possa tener conto delle circostanze che possono indurre una persona ad allontanarsi temporaneamente dal territorio.

(…)

(10)

Occorre stabilire un sistema di regole procedurali per l’esame della domanda intesa al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo. Tali procedure dovrebbero essere efficaci e gestibili in base al normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri nonché trasparenti ed eque in modo da garantire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto. Esse non dovrebbero costituire un mezzo per ostacolare l’esercizio del diritto di soggiorno.

(…)

(12)

Per costituire un autentico strumento di integrazione sociale, lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe valere al suo titolare la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro in una vasta gamma di settori economici e sociali sulle pertinenti condizioni definite dalla presente direttiva».

5.

L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», dispone quanto segue:

«Scopo della presente direttiva è stabilire:

a)

le norme sul conferimento e sulla revoca dello status di soggiornante di lungo periodo concesso da uno Stato membro ai cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti nel suo territorio, nonché sui diritti connessi;

b)

le norme sul soggiorno di cittadini di paesi terzi in Stati membri diversi da quello in cui hanno ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo».

6.

L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Durata del soggiorno», così recita:

«1.   Gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio immediatamente prima della presentazione della pertinente domanda.

(…)

3.   Le assenze dal territorio dello Stato membro interessato non interrompono la durata del periodo di cui al paragrafo 1 e sono incluse nel computo della stessa quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel periodo di cui al paragrafo 1.

(…)».

7.

L’articolo 8 della direttiva 2003/109, intitolato «Permessi di soggiorno [UE] per soggiornanti di lungo periodo», prevede quanto segue:

«1.   Lo status di soggiornante di lungo periodo è permanente, fatto salvo l’articolo 9.

2.   Gli Stati membri rilasciano al soggiornante di lungo periodo un permesso di soggiorno [UE] per soggiornanti di lungo periodo. Questo è valido per almeno cinque anni e, previa domanda, ove richiesta, automaticamente rinnovabile alla scadenza.

(…)».

8.

L’articolo 9 di tale direttiva, intitolato «Revoca o perdita dello status», dispone quanto segue:

«1.   I soggiornanti di lungo periodo non hanno più diritto allo status di soggiornante di lungo periodo nei casi seguenti:

(…)

c)

in caso di assenza dal territorio [dell’Unione] per un periodo di dodici mesi consecutivi.

2.   In deroga al paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono stabilire che le assenze superiori a dodici mesi consecutivi o quelle dovute a motivi specifici o straordinari non comportino la revoca o la perdita dello status.

(…)

5.   Per quanto riguarda i casi di cui al paragrafo 1, lettera c)[,] e al paragrafo 4, gli Stati membri che hanno conferito lo status stabiliscono una procedura semplificata per poter ottenere nuovamente lo status di soggiornante di lungo periodo.

(…)».

9.

L’articolo 11 di detta direttiva, intitolato «Parità di trattamento», enuncia quanto segue:

«1.   Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda:

(…)

b)

l’istruzione e la formazione professionale, compresi gli assegni scolastici e le borse di studio secondo il diritto nazionale;

(…)

d)

le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale;

e)

le agevolazioni fiscali;

f)

l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all’erogazione degli stessi, nonché alla procedura per l’ottenimento di un alloggio;

g)

la libertà d’associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;

(…)

2.   Per quanto riguarda le disposizioni del paragrafo 1, lettere b), d), e), f) e g), lo Stato membro interessato può limitare la parità di trattamento ai casi in cui il soggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui questi chiede la prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo territorio.

(…)».

B. Diritto austriaco

10.

Le pertinenti disposizioni del diritto nazionale figurano nel Niederlassungs- und Aufenthaltsgesetz (legge in materia di stabilimento e soggiorno ( 4 ); in prosieguo: il «NAG»).

11.

L’articolo 2, paragrafo 7, del NAG così recita:

«I soggiorni di breve durata nel territorio nazionale e all’estero, in particolare per motivi di visita, non interrompono la durata di un soggiorno o di uno stabilimento richiesta ai fini dell’acquisizione o della perdita del diritto ad un permesso di soggiorno (…)».

12.

L’articolo 20 del NAG, intitolato «Periodo di validità dei permessi di soggiorno», prevede quanto segue:

«(…)

(3)   I titolari di un permesso di soggiorno “soggiornante di lungo periodo – UE» (articolo 45) sono stabiliti in Austria a tempo indeterminato – fatto salvo il periodo di validità limitata del documento corrispondente a tali permessi di soggiorno. Detto documento è rilasciato per un periodo di cinque anni e, in deroga all’articolo 24, è rinnovato su richiesta anche dopo la sua scadenza, laddove non sia applicabile alcuna misura prevista dal Fremdenpolizeigesetz 2005 (legge di polizia sugli stranieri del 2005).

(4)   Il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del paragrafo 3 supra scade qualora il cittadino straniero soggiorni al di fuori del territorio [dello Spazio economico europeo (SEE)] per un periodo superiore a dodici mesi consecutivi. Per motivi meritevoli di particolare considerazione, quali una malattia grave, l’adempimento di obblighi sociali o l’esecuzione di un servizio comparabile all’obbligo generale di leva ovvero al servizio civile, il cittadino straniero può soggiornare al di fuori del territorio del SEE per un massimo di 24 mesi qualora abbia provveduto alla relativa previa comunicazione all’autorità competente. A fronte dell’esistenza di un interesse legittimo del cittadino straniero, l’autorità competente dichiara, su richiesta, la non decadenza del permesso di soggiorno. L’onere della prova del soggiorno nel territorio del SEE incombe al cittadino straniero.

(…)».

III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

13.

Il 6 settembre 2018 ZK, cittadino kazako, presentava una domanda di rinnovo del suo permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo. Tale domanda veniva respinta con decisione del 9 luglio 2019 del Landeshauptmann von Wien (capo del governo del Land di Vienna).

14.

Il 12 agosto 2019, ZK proponeva ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio.

15.

Il giudice del rinvio rileva che, sebbene ZK, nel periodo che va dall’agosto del 2013 all’agosto del 2018, nonché successivamente, non abbia mai soggiornato al di fuori del territorio dell’Unione per un periodo di almeno dodici mesi consecutivi, è tuttavia pacifico che quest’ultimo, nel corso di tale periodo, è stato presente in tale territorio soltanto alcuni giorni l’anno. Quest’ultima circostanza è stata utilizzata dall’autorità amministrativa convenuta per negare il rinnovo del permesso di soggiorno del ricorrente.

16.

Dalla decisione di rinvio risulta che il ricorrente ha prodotto dinanzi al giudice del rinvio un’analisi giuridica realizzata dal gruppo di esperti della Commissione europea sulla migrazione legale, la quale conclude per un’interpretazione restrittiva della condizione di applicazione relativa all’assenza dal territorio dell’Unione, prevista all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109, nel senso che solo l’assenza fisica da tale territorio per un periodo di dodici mesi consecutivi comporterebbe la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo ai sensi di tale disposizione. Secondo siffatta analisi, è irrilevante al riguardo il fatto che un soggiornante di lungo periodo, durante il periodo rilevante, sia stato anche materialmente stabilito su detto territorio ovvero abbia ivi fissato la propria residenza abituale.

17.

Il giudice del rinvio ritiene che una siffatta analisi, alla quale lo stesso è propenso ad aderire, avvalori la linea argomentativa del ricorrente. Infatti, se essa fosse avallata, anche soggiorni di breve durata, ovvero, come nella specie, quelli di pochi giorni l’anno soltanto, sarebbero sufficienti ad escludere l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109, cosicché il ricorrente conserverebbe il suo status di soggiornante di lungo periodo.

18.

In tali circostanze, il Verwaltungsgericht Wien (Tribunale amministrativo di Vienna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva [2003/109] debba essere interpretato nel senso che ogni soggiorno fisico, per quanto di breve durata, di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, nel territorio [dell’Unione], compiuti per un periodo di dodici mesi consecutivi, sia sufficiente per escludere la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo ai sensi di tale disposizione.

2)

In caso di risposta negativa della Corte alla prima questione: quali siano i requisiti qualitativi e/o quantitativi cui devono rispondere i soggiorni nel territorio [dell’Unione] compiuti per un periodo di dodici mesi consecutivi affinché possa escludersi la perdita dello status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo. Se i soggiorni nel territorio [dell’Unione] per un periodo di dodici mesi consecutivi escludano la perdita dello status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo solo nel caso in cui i cittadini di paesi terzi interessati abbiano mantenuto, nel corso di tale periodo, la propria residenza abituale o il centro dei propri interessi nel territorio [dell’Unione].

3)

Se siano compatibili con l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva [2003/109] disposizioni nazionali degli Stati membri che prevedano, nei confronti di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, la perdita del relativo status qualora i cittadini di paesi terzi medesimi, pur avendo soggiornato nel territorio [dell’Unione] per un periodo di dodici mesi consecutivi, non abbiano ivi avuto la propria residenza abituale o il centro dei propri interessi».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

19.

La decisione di rinvio, datata 28 agosto 2020, è pervenuta alla cancelleria della Corte il 14 settembre 2020.

20.

Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di trattare il rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

21.

Con decisione della Corte del 28 settembre 2020, sentito l’avvocato generale, tale domanda è stata respinta.

22.

Il governo austriaco, nonché la Commissione europea, hanno depositato osservazioni scritte nel termine impartito dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

23.

All’udienza del 15 luglio 2021, hanno presentato osservazioni i rappresentanti processuali di ZK, del governo austriaco, nonché della Commissione.

V. Analisi giuridica

A. Osservazioni preliminari

24.

I cittadini di paesi terzi migrano verso l’Unione europea per ragioni differenti: ragioni economiche, ragioni familiari, per seguire gli studi o per ottenere una protezione internazionale. Alcune di queste persone rimangono nel territorio degli Stati membri per molti anni e creano legami con lo Stato membro interessato. È per questo motivo che l’integrazione dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo negli Stati membri è considerata un elemento chiave per promuovere la coesione economica e sociale all’interno dell’Unione, obiettivo fondamentale enunciato all’articolo 3 TUE. Si deve inoltre ricordare che l’articolo 79, paragrafo 1, TFUE, prevede lo sviluppo di una politica comune dell’immigrazione intesa, inter alia, ad «assicurare (…) l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri» ( 5 ).

25.

Uno dei primi testi legislativi adottati dall’Unione in materia di immigrazione è stato la direttiva 2003/109. L’obiettivo di tale direttiva consiste nel riconoscere uno status «europeo» ai cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente e a titolo duraturo nell’Unione. Al fine di assicurare la loro integrazione, detta direttiva mira a ravvicinare i diritti di tali persone a quelli di cui godono i cittadini dell’Unione, in particolare assicurando la parità di trattamento con questi ultimi in una vasta gamma di settori economici e sociali. I diritti riconosciuti loro conservano una portata più limitata rispetto a quelli dei cittadini dell’Unione ( 6 ), ma includono cionondimeno disposizioni in materia di libera circolazione, le quali offrono il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di Stati membri diversi da quello che ha conferito loro lo status di soggiornante di lungo periodo. Inoltre, il titolare dello status di soggiornante di lungo periodo accede al mercato del lavoro purché le sue attività non implichino la partecipazione all’esercizio di pubblici poteri o i posti di lavoro non siano riservati ai cittadini dello Stato in questione, ai cittadini dell’Unione e del SEE. In materia di protezione sociale, gli Stati membri possono decidere di limitare l’accesso dei soggiornanti di lungo periodo alle «prestazioni essenziali».

26.

L’accesso allo status di soggiornante di lungo periodo è riservato ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente e senza interruzioni nel territorio di uno Stato membro per un periodo di cinque anni. Sono esclusi tutti coloro la cui residenza può essere considerata temporanea. Gli Stati membri conservano ampi margini di valutazione delle condizioni che conferiscono il diritto allo status di soggiornante di lungo periodo ( 7 ). Alle condizioni di risorse stabili, regolari e sufficienti, nonché del possesso di un’assicurazione malattia, imposte anche ai cittadini dell’Unione residenti in un altro Stato membro, si aggiunge una condizione opzionale relativa a «condizioni di integrazione», la quale consente di limitare l’accesso allo status di soggiornante di lungo periodo. La prova di una conoscenza sufficiente della lingua dello Stato membro, con gradi di competenza variabili, rappresenta la principale condizione di integrazione richiesta, in tutti gli Stati membri.

27.

Il legislatore dell’Unione mira a conseguire l’obiettivo di un’integrazione sostenibile dei cittadini di paesi terzi tramite un’armonizzazione delle condizioni per il conferimento e la revoca (o la perdita) dello status di soggiornante di lungo periodo. Ciò premesso, occorre osservare che la presente causa si distingue da altre cause già trattate dalla Corte per il fatto che essa verte piuttosto sul secondo aspetto, ossia l’interpretazione delle condizioni per la revoca (o la perdita) di tale status a causa di un’assenza continuativa dal territorio dell’Unione, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109. È vero che da tale disposizione risulta che il cittadino di un paese terzo perde lo status di soggiornante di lungo periodo in caso di assenza dal territorio dell’Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi, tuttavia, essa non specifica come trattare i soggiorni sporadici e di breve durata, in particolare se essi siano idonei ad impedire la realizzazione di tale conseguenza giuridica.

B. Esame delle questioni pregiudiziali

28.

Con le sue tre questioni, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sui criteri sulla scorta dei quali occorre stabilire se un soggiornante di lungo periodo sia stato «assente» dal territorio dell’Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109, assenza questa che comporta, in linea di principio, la perdita del diritto allo status di soggiornante di lungo periodo. In particolare, esso si chiede se ogni soggiorno durante tale periodo, per quanto di breve durata, possa interrompere tale assenza e dunque escludere la perdita di tale status, oppure se l’interessato debba piuttosto, durante detto periodo, avere la propria residenza abituale o il centro dei propri interessi in tale territorio.

1.   Ricorso ai diversi metodi di interpretazione

29.

Dal momento che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 non contiene alcun rinvio al diritto nazionale, occorre muovere dalla premessa che la nozione di «assenza» costituisce una nozione autonoma di diritto dell’Unione, la quale deve essere oggetto di un’interpretazione uniforme, prendendo in considerazione il tenore letterale di tale disposizione, nonché gli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte e il suo contesto ( 8 ).

a)   Interpretazione letterale

30.

Per quanto riguarda il tenore letterale di detta disposizione, si deve osservare che vi è qualche differenza fra le diverse versioni linguistiche della stessa.

31.

Infatti, da un lato, un numero considerevole di versioni linguistiche ( 9 ) menziona un’«assenza» dal territorio dell’Unione per il periodo di dodici mesi consecutivi, il che potrebbe suggerire che la mera presenza fisica metterebbe fine a tale assenza. Dall’altro, altre versioni linguistiche ( 10 ) fanno riferimento al fatto di non «soggiornare», durante siffatto periodo, su tale territorio, cosicché l’impiego di tale verbo può implicare una presenza un po’ più «stabile», senza tuttavia escludere soggiorni di alcuni giorni soltanto.

32.

Tuttavia, mi sembra che, al di là di queste leggere sfumature linguistiche, il testo dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 non consenta, di per sé, di determinare in maniera univoca la portata esatta della nozione di «assenza». Da un’interpretazione letterale di tale disposizione non può essere tratta alcuna conclusione chiara. Di conseguenza, risulta necessario ricorrere agli altri metodi di interpretazione riconosciuti nella giurisprudenza della Corte ( 11 ).

b)   Interpretazione contestuale

1) L’eccezione alla regola generale che conferisce uno status giuridico particolare ai soggiornanti di lungo periodo deve essere interpretata restrittivamente

33.

Il contesto dell’articolo 9 della direttiva 2003/109 fornisce alcune indicazioni utili al fine di meglio valutare la portata di tale disposizione. Infatti, l’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva dispone che lo status di soggiornante di lungo periodo è permanente, «fatto salvo l’articolo 9». Pertanto, considerato che il carattere permanente di tale status è la «regola generale», l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva sembra rappresentare l’«eccezione» e dover dunque essere oggetto di un’interpretazione restrittiva, in conformità ad un principio di interpretazione riconosciuto nella giurisprudenza della Corte ( 12 ).

34.

Inoltre, occorre ricordare che la direttiva 2003/109 istituisce un diritto soggettivo dei cittadini di paesi terzi di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, nonché gli altri diritti derivanti dal conferimento di tale status, una volta che le condizioni previste a tal fine siano effettivamente soddisfatte ( 13 ) e che le rispettive procedure siano state rispettate ( 14 ). Come è stato indicato nell’introduzione delle presenti conclusioni ( 15 ), tale direttiva armonizza in maniera esaustiva le condizioni per il riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo. Ciò vale anche per le condizioni di revoca di tale status di cui all’articolo 9 di detta direttiva ( 16 ). Di conseguenza, gli Stati membri non possono introdurre condizioni complementari ( 17 ) oppure interpretare in maniera ampia la disposizione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 senza compromettere il mantenimento dello status di soggiornante di lungo periodo.

35.

A tal riguardo, la protezione dei diritti acquisiti mi sembra imperativa al fine di non privare del loro effetto utile le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, nonché all’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva, le quali conferiscono uno status giuridico particolare ai soggiornanti di lungo periodo. Il fatto che il legislatore dell’Unione abbia parimenti incluso garanzie procedurali all’articolo 10 di detta direttiva, che prevede, inter alia, l’obbligo di motivare qualunque decisione di revocare tale status, quello di informare il cittadino del paese terzo interessato dei mezzi di impugnazione disponibili, nonché il termine entro il quale tale cittadino può esperirli, mette in evidenza l’importanza che deve essere attribuita alla protezione di detto status giuridico. Tutte siffatte considerazioni depongono parimenti a favore di un’interpretazione restrittiva di tale disposizione.

2) Le eventuali limitazioni alla parità di trattamento non incidono sullo status di soggiornante di lungo periodo

36.

L’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/109 offre un indizio a favore della tesi secondo la quale il mantenimento dello status di soggiornante di lungo periodo non esige che quest’ultimo abbia la propria residenza nel territorio dello Stato membro interessato o dell’Unione. Da un lato, l’articolo 11, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che il soggiornante di lungo periodo goda dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda un ampio spettro di ambiti. Dall’altro, l’articolo 11, paragrafo 2, di detta direttiva autorizza lo Stato membro interessato a limitare la parità di trattamento per i cittadini di paesi terzi che hanno eletto dimora o risiedono abitualmente nel suo territorio. Orbene, occorre rilevare il fatto che questi ultimi conservano il loro status di soggiornante di lungo periodo malgrado tale limitazione della parità di trattamento.

37.

Tale disposizione mostra chiaramente che occorre distinguere fra i vantaggi di cui può godere il cittadino di un paese terzo per il fatto di avere eletto dimora o risiedere abitualmente nel territorio dello Stato membro interessato, da un lato, e lo status di soggiornante di lungo periodo che tale cittadino possiede, dall’altro. Il fatto di non avere eletto dimora o risiedere abitualmente nel territorio dello Stato membro interessato può avere conseguenze negative per quanto riguarda la portata dei benefici conferiti dalla direttiva 2003/109 e dal diritto nazionale che la traspone, ma non comporta necessariamente la perdita di detto status giuridico.

3) Le condizioni per il mantenimento dello status di soggiornante di lungo periodo sono meno rigorose di quelle per il conferimento di tale status

38.

La direttiva 2003/109 disciplina, in sostanza, due aspetti distinti: l’ottenimento e il mantenimento dello status di soggiornante di lungo periodo. L’ottenimento di tale status esige uno sforzo di integrazione da parte del cittadino di un paese terzo. Prevedendo un periodo di cinque anni di soggiorno ininterrotto, il legislatore dell’Unione presuppone che l’integrazione del cittadino di un paese terzo nella società dello Stato membro ospitante sia assicurata alla scadenza di tale periodo. Come osservato dalla Corte nella sentenza Singh, «la durata della residenza legale e ininterrotta per cinque anni (…) attesta il radicamento della persona di cui trattasi nel paese e quindi uno stabilimento permanente di quest’ultima» ( 18 ). Una volta conseguito tale obiettivo di integrazione, giacché il cittadino dello Stato terzo ha instaurato un legame stretto con lo Stato membro ospitante – circostanza confermata sotto il profilo giuridico dal conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo – i requisiti per il mantenimento di tale status divengono meno rigorosi.

39.

Infatti, occorre constatare che le condizioni per il conferimento e il mantenimento dello status di soggiornante di lungo periodo divergono considerevolmente. L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 esige, per il conferimento di detto status, un «soggiorno» ininterrotto di cinque anni nello Stato membro interessato ( 19 ), mentre la revoca è subordinata ad un’«assenza» dal territorio dell’Unione di dodici mesi consecutivi senza che venga specificato ove il cittadino del paese terzo debba esattamente soggiornare. Ne consegue che un soggiorno ininterrotto nel territorio dell’Unione non è più indispensabile dopo la scadenza del periodo di cinque anni fissato per l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo.

4) Interpretazione che tiene conto del quadro contestuale più ampio

40.

Nella misura in cui la direttiva 2003/109 mira a ravvicinare i diritti di tali cittadini a quelli di cui godono i cittadini dell’Unione, sarebbe possibile interpretare l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 tenendo conto del quadro contestuale più ampio, ossia le disposizioni della direttiva 2004/38/CE ( 20 ). Dalla giurisprudenza della Corte emerge che le disposizioni di tale direttiva si prestano effettivamente ad un’analisi comparata con quelle della direttiva 2003/109, consentendo di trarre conclusioni utili al fine dell’esegesi, nonostante talune differenze che si spiegano segnatamente con i loro obiettivi legislativi specifici ( 21 ).

41.

A tal riguardo, occorre attirare l’attenzione sulla disposizione di cui all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, che prevede che il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante abbia diritto al soggiorno permanente in tale Stato. Tale disposizione presenta una somiglianza particolare con quella di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 poiché essa esige dai cittadini di paesi terzi un soggiorno legale e ininterrotto parimenti di cinque anni al fine di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo.

42.

Lo stesso vale per le disposizioni che disciplinano la perdita del diritto di soggiorno. Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2004/38, una volta acquisito, «il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi» (il corsivo è mio). A tal riguardo, si deve ricordare che la Corte ha ritenuto nella sentenza Dias ( 22 ), vertente appunto sull’interpretazione della direttiva 2004/38, che la perdita del diritto di soggiorno permanente, per il cittadino dell’Unione, a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi, sia giustificata in quanto, dopo una tale assenza, «il legame con lo Stato membro ospitante può essere considerato allentato».

43.

L’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 si basa sulla stessa logica, nel senso che si deve presupporre che il legame del cittadino di un paese terzo con l’Unione, stabilito attraverso lo sforzo di integrazione fatto nel corso dei cinque anni previsti dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, possa essere considerato «allentato» qualora tale cittadino sia assente per un periodo superiore a dodici mesi consecutivi.

44.

Occorre osservare in tale contesto che anche la proposta della Commissione preliminare all’adozione della direttiva 2003/109 prevedeva originariamente un’assenza di due anni consecutivi ( 23 ). La genesi di tale disposizione mette dunque in evidenza l’intenzione iniziale di allineare le disposizioni che disciplinano il soggiorno permanente dei cittadini dell’Unione e quello dei cittadini di paesi terzi.

45.

Alla luce di tutti i summenzionati elementi, mi sembra possibile respingere l’interpretazione sostenuta dal governo austriaco, che esige che il cittadino di un paese terzo continui effettivamente a «soggiornare abitualmente» nel territorio dello Stato membro interessato o nel territorio dell’Unione.

c)   Interpretazione teleologica

46.

Poiché la direttiva 2003/109, come emerge dal suo considerando 4, è intesa a promuovere l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri nell’interesse della promozione della coesione economica e sociale ( 24 ), occorre assicurare che lo status giuridico di soggiornante di lungo periodo venga conferito soltanto a coloro che sono destinati a beneficiarne, ossia a tutte le persone che presentano un legame sufficientemente stretto e autentico con l’Unione e i suoi Stati membri, stabilito tramite un’integrazione riuscita avvenuta nel corso di cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto.

47.

Viceversa, dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 può essere desunta la necessità di revocare lo status di soggiornante di lungo periodo quando le persone interessate non presentano più tale legame con lo Stato membro ospitante. Infatti, non sussiste alcun motivo legittimo che giustifichi il mantenimento dello status giuridico di soggiornante di lungo periodo in caso di «scioglimento» di detto legame, poiché l’obiettivo di cui alla direttiva 2003/109 non verrebbe più conseguito. Tutte le suddette considerazioni devono essere prese in considerazione in sede di interpretazione della disposizione in questione.

48.

Un’interpretazione alla luce dell’obiettivo legislativo menzionato ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni comporta che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 dovrà essere applicato in maniera differenziata, in funzione delle circostanze di ciascun caso di specie. Al fine di fornire elementi esegetici utili al giudice del rinvio, reputo opportuno spiegare, con l’ausilio di alcuni esempi pratici, il modo in cui l’interpretazione teleologica influisce sull’applicazione di tale disposizione.

2.   Conseguenze per l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109

a)   Perdita obbligatoria dello status di soggiornante di lungo periodo dopo la scadenza di un periodo di dodici mesi consecutivi

49.

Anzitutto, si deve osservare che un’assenza per un periodo di dodici mesi consecutivi comporta, come regola generale, la perdita del diritto allo status di soggiornante di lungo periodo, come previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 ( 25 ). Non soltanto il dettato univoco di tale disposizione non lascia alcun margine di interpretazione al riguardo, ma sotto il profilo dell’integrazione di detto cittadino di un paese terzo può altresì dedursi che il legame con lo Stato membro ospitante è generalmente «sciolto» dopo che sia decorso un periodo così esteso.

50.

Una simile conseguenza giuridica non mi sembra eccessiva, alla luce del fatto che dall’articolo 9, paragrafo 5, della direttiva 2003/109 risulta che gli Stati membri che hanno conferito lo status di soggiornante di lungo periodo devono stabilire una «procedura semplificata» per poter ottenere nuovamente detto status. Pertanto, esiste sempre una possibilità per la persona interessata di ripristinare il legame con lo Stato membro ospitante, nell’interesse reciproco delle due parti.

51.

Mi preme precisare che una siffatta conseguenza giuridica risulta da una situazione nella quale lo Stato membro ospitante non si è avvalso dell’eccezione di cui all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2003/109. Ai sensi di tale disposizione, gli Stati membri possono stabilire, in deroga al paragrafo 1, lettera c), che «le assenze superiori a dodici mesi consecutivi o quelle dovute a motivi specifici o straordinari» non comportino la revoca o la perdita dello status ( 26 ). Ne consegue che agli Stati membri è lasciato un ampio margine per quanto riguarda l’attuazione di detta disposizione, il che consente dunque di evitare la conseguenza giuridica promanante dall’interpretazione sostenuta supra.

b)   Trattamento giuridico dei soggiorni sporadici e di breve durata

52.

Fintantoché la persona interessata soggiorna la maggior parte del tempo durante tale periodo di dodici mesi nel territorio dell’Unione, tale circostanza non dovrebbe poter sollevare difficoltà per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2003/109, poiché è evidente che le condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva non sono soddisfatte. Per contro, si pone la questione di come trattare una situazione nella quale il soggiorno della persona interessata nel territorio dell’Unione sia sporadico e si limiti a periodi di breve durata nel corso dell’anno.

53.

A mio avviso, anche una siffatta presenza sporadica e di breve durata nel territorio dell’Unione dovrebbe essere idonea ad impedire la perdita del diritto allo status di soggiornante di lungo periodo, a condizione che possa essere stabilito con certezza che esiste ancora un «radicamento» della persona interessata nel paese, ai sensi del considerando 6 della direttiva 2003/109. In altri termini, il cittadino di un paese terzo, titolare dello status di soggiornante di lungo periodo, dovrebbe dimostrare un «legame di integrazione» sufficientemente stretto con lo Stato membro ospitante. Nel caso in cui tale condizione non fosse soddisfatta, mi sembra necessaria ( 27 ) l’applicazione della regola generale, la quale comporta la perdita del diritto allo status di soggiornante di lungo periodo ( 28 ).

54.

Dal momento che l’articolo 4 della direttiva 2003/109, in combinato disposto con l’articolo 8 di tale direttiva, prevede la concessione di un diritto di soggiorno permanente a condizione che il cittadino di un paese terzo comprovi, in conformità all’articolo 5 di detta direttiva, che le condizioni per acquisire tale status sono soddisfatte, mi sembra logico ed equo ritenere che spetti, a loro volta, alle autorità nazionali esaminare tutte le circostanze rilevanti del singolo caso di specie e, se del caso, provare l’assenza di un siffatto legame prima di prendere una decisione in merito alla revoca dello status della persona interessata. L’imposizione dell’onere della prova alle autorità nazionali quanto all’esistenza di elementi fattuali nel caso concreto, idonei a giustificare il ricorso all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109, mi sembra imperativa al fine di non privare del loro effetto utile le summenzionate disposizioni, le quali conferiscono uno status giuridico particolare ai soggiornanti di lungo periodo.

55.

Un siffatto approccio mi sembra adeguato al fine di garantire che lo status di soggiornante di lungo periodo non venga utilizzato a fini diversi da quelli previsti dal legislatore dell’Unione. In particolare, è necessario evitare che da tale status venga tratto un vantaggio indebito, come la scelta di un giudice nazionale al fine di assicurare l’applicazione di una legge più favorevole ai suoi interessi (forum shopping), l’ottenimento di prestazioni sociali, l’agevolazione di attività illecite, ecc. ( 29 ). Considerando che gli Stati membri sono destinatari della direttiva 2003/109 e che sono chiamati a trasporla nel loro ordinamento giuridico interno, spetta ai medesimi il ruolo cruciale di vigilare sulla realizzazione degli obiettivi di tale direttiva.

56.

In particolare, il requisito della presenza nel territorio dell’Unione, risultante dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109, traduce l’idea che i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo debbano, per poter conservare tale status in via permanente, mantenere un legame «autentico», e non soltanto «formale», con lo Stato membro interessato.

57.

A tal riguardo, occorre tuttavia precisare che non possono essere imposti requisiti eccessivamente rigorosi con riferimento all’esistenza di un siffatto legame di integrazione sufficientemente stretto e autentico, poiché il «radicamento» del cittadino di un paese terzo nello Stato membro interessato sarà già stato oggetto di una valutazione approfondita da parte delle autorità nazionali nell’ambito del procedimento che consente di acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo. Inoltre, mi sembra che l’imposizione di requisiti eccessivamente rigorosi osterebbe alla realizzazione dell’obiettivo di ravvicinare lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri ( 30 ).

58.

Infatti, come è già stato indicato nelle presenti conclusioni, un’interpretazione eccessivamente ampia delle condizioni che disciplinano la revoca o la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo rischierebbe di vanificare l’obiettivo di assicurare l’integrazione dei cittadini di paesi terzi. L’approccio proposto nelle presenti conclusioni riguarda unicamente il caso in cui il mantenimento di tale status giuridico non sembra più giustificato per il fatto che esso non contribuisce alla coesione economica e sociale perseguita dal legislatore dell’Unione.

59.

Alla luce del fatto che il compito di valutare un legame di integrazione può rivelarsi particolarmente complicato nella prassi, propongo di fornire alcuni orientamenti al giudice del rinvio sotto forma di criteri che mettono in evidenza la volontà del cittadino di un paese terzo di partecipare alla vita economica e sociale dello Stato membro ospitante. Le autorità nazionali competenti potrebbero servirsi di tale elenco di criteri nell’ambito dell’esercizio del loro potere discrezionale. Siffatto elenco di criteri da elaborare in via giurisprudenziale dovrebbe essere inteso come meramente indicativo e non esaustivo. Dal momento che ogni integrazione in una società è coniugata ad elementi spaziali, temporali e qualitativi ( 31 ), ritengo che detto elenco dovrebbe essere composto da criteri risultanti da dette categorie.

60.

Benché l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 si riferisca a priori ad un criterio «spaziale», mi sembra che sia necessario interpretare la nozione di «assenza» in modo tale da rispondere meglio alle esigenze di una società globalizzata come la nostra. La mera presenza «fisica» nel territorio dell’Unione può rivelarsi ingannevole se la persona interessata non è veramente integrata nella società. In tale contesto, non si deve dimenticare che l’integrazione di una persona in una società straniera costituisce un processo complesso di acculturazione i cui elementi chiave, in conformità ai principi di base comuni della politica di integrazione dei migranti, enunciati dal Consiglio nel 2004 e confermati dal programma di Stoccolma ( 32 ), sono l’interazione, l’intensificazione degli scambi fra migranti e cittadini dello Stato membro interessato e la promozione di un dialogo interculturale.

61.

Viceversa, il soggiorno relativamente breve di una persona avente legami diversi e profondi di natura personale e/o professionale, stretti nel corso del processo di integrazione descritto supra, può essere sufficiente ad evitare una perdita dello status di soggiornante di lungo periodo. Spetta alle autorità nazionali esaminare le circostanze del singolo caso di specie alla luce dei criteri di seguito proposti.

c)   Elenco indicativo e non esaustivo di criteri che rivelano l’esistenza di un legame autentico con l’Unione

62.

Anzitutto, le autorità nazionali saranno tenute a stabilire la durata dell’assenza dal territorio dell’Unione, dovendo tenere conto degli eventuali soggiorni in grado di interrompere tale assenza, inclusi quelli di breve durata. Più concretamente, elementi come il rapporto fra i periodi di assenza e di presenza, la durata cumulata e la frequenza di tali periodi di assenza, nonché le ragioni che hanno indotto il titolare dello status di soggiornante di lungo periodo a lasciare lo Stato membro ospitante possono fornire un primo indizio sul suo grado di integrazione.

63.

Occorre verificare, infatti, se le assenze in questione comportino lo spostamento verso un altro Stato del centro degli interessi personali, familiari o professionali dell’interessato ( 33 ). Ciò dovrebbe essere escluso, in linea di principio, per soggiorni all’estero giustificati da specifiche o eccezionali ragioni di carattere temporaneo, in analogia con le fattispecie menzionate all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2003/109, che gli Stati membri possono non prendere in considerazione quali «assenze» nel computo del periodo di cinque anni di soggiorno «ininterrotto» nel loro territorio, periodo che costituisce una delle condizioni previste dalla legge per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo. I motivi di soggiorno all’estero di natura temporanea possono essere, ad esempio, viaggi per vacanze o soggiorni di lavoro di durata simile, nonché soggiorni per l’assistenza temporanea di parenti, per l’espletamento del servizio militare o soggiorni durante il periodo scolastico o la formazione professionale che non siano limitati nel tempo, ma sicuramente non quelli che dislocano la formazione nel suo complesso all’estero. Tuttavia, saranno indispensabili indizi supplementari al fine di individuare un legame sufficientemente stretto e autentico con lo Stato membro ospitante ( 34 ).

64.

Oltre alla presenza fisica della persona stessa, la quale, per le ragioni illustrate nelle presenti conclusioni, può essere soltanto un punto di partenza per una valutazione più approfondita delle circostanze del singolo caso di specie, ritengo che possa rivelarsi utile l’esistenza di un patrimonio sotto forma di conti bancari, di proprietà privata di beni immobili o di imprese stabilite negli Stati membri ( 35 ). Infatti, dagli investimenti finanziari può emergere un certo radicamento nell’economia di un paese, nonché un interesse personale a partecipare al suo sviluppo.

65.

Inoltre, non può essere escluso che il fatto di avere trascorso una parte non trascurabile della propria vita nel territorio dell’Unione e di avere familiarizzato con le tradizioni, i costumi e la lingua dello Stato membro ospitante avrà permesso al cittadino di un paese terzo di instaurare legami familiari con cittadini dell’Unione, ad esempio a seguito di un matrimonio dal quale sono eventualmente nati dei figli. Questo tipo di vincoli di parentela con membri della popolazione locale può rivestire un’importanza particolare nell’ambito della valutazione che le autorità nazionali sono tenute ad effettuare.

66.

Lo stesso vale per i rapporti professionali, ad esempio sotto forma di rapporti commerciali o di contatti accademici creati nel corso del tempo. Lo svolgimento di un’attività economica è sicuramente connesso a tale criterio ( 36 ), al quale la direttiva 2003/109 sembra conferire un’importanza particolare in quanto, da un lato, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva richiede che i cittadini di un paese terzo dispongano di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento loro e dei loro familiari, senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato, e, dall’altro, l’articolo 11, paragrafo 1, lettere a) e c), di detta direttiva garantisce lo stesso trattamento per quanto riguarda le condizioni di accesso al mercato del lavoro nello Stato membro ospitante, nonché il riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli professionali secondo le procedure nazionali applicabili. Tutte queste misure sono manifestamente intese a promuovere lo sviluppo professionale del cittadino di un paese terzo nell’Unione a vantaggio del medesimo e della società nel suo complesso.

67.

Inoltre, nella misura in cui la direttiva 2003/109 mira a promuovere la coesione economica e sociale, mi sembra che un impegno sociale della persona interessata nello Stato membro ospitante non dovrebbe essere sottovalutato. La qualità di membro attivo in partiti politici, organizzazioni sociali che perseguono fini caritatevoli o civici, nonché attività di volontariato sono idonee a fornire indizi di un attaccamento autentico alla comunità locale al cui interno la persona interessata ha vissuto.

68.

Analogamente, l’esistenza di obblighi fiscali, eventualmente connessi all’esistenza di un patrimonio o all’esercizio di un’attività economica nello Stato membro ospitante, mi sembra idonea a mettere in evidenza la volontà del cittadino di un paese terzo che abbia acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo di assumersi determinate responsabilità nei confronti della società e di contribuire al suo sviluppo ( 37 ).

69.

Infine, mi sembra che dovrebbe essere parimenti possibile tenere conto di attività illecite imputabili al titolare dello status di soggiornante di lungo periodo che, quale criterio «negativo», sarebbero pertanto idonee ad attestare un’assenza di radicamento o, quantomeno, un atteggiamento opposto all’integrazione nella società dello Stato membro ospitante ( 38 ). Al fine di conformarsi al principio di proporzionalità, sarebbe tuttavia necessario che tanto la gravità quanto la natura dell’infrazione vengano debitamente prese in considerazione nell’ambito della valutazione del singolo caso di specie. Ne consegue che, anche se precedenti penali possono incidere su una decisione concernente la revoca o la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo, è necessario un esame globale della situazione del titolare dello status di soggiornante di lungo periodo.

70.

Mi preme sottolineare, tuttavia, che la possibilità di ricorrere a tale criterio «negativo» non deve in alcun modo essere interpretata nel senso che le autorità nazionali non sarebbero più tenute a rispettare le disposizioni di cui agli articoli 6 e 12 della direttiva 2003/109. Al contrario, tali disposizioni conservano tutto il loro valore nel loro rispettivo ambito di applicazione, ossia in sede di esercizio della competenza a negare il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo e ad adottare una decisione di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Il ricorso a tali competenze è subordinato a determinate condizioni, recentemente richiamate dalla Corte nella sentenza Subdelegación del Gobierno en Barcelona (Soggiornanti di lungo periodo) ( 39 ).

71.

Nella misura in cui l’approccio proposto nelle presenti conclusioni è caratterizzato da una flessibilità che tiene conto del singolo caso di specie, consentendo alle autorità nazionali di concludere eventualmente, a seguito di una valutazione globale di tutte le circostanze pertinenti della situazione concreta del cittadino di paese terzo interessato, che anche un soggiorno di breve durata impedisce la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo, occorre constatare che tale approccio osta ad una normativa nazionale come quella di cui al caso di specie, la quale prevede la perdita di tale status qualora il suo titolare non abbia eletto dimora o risieda abitualmente nell’Unione.

72.

Da tale constatazione consegue che le autorità nazionali incaricate di effettuare tale valutazione globale non possono legittimamente concludere per l’assenza di un legame autentico con l’Unione per il solo fatto che la persona interessata non soddisfa tale condizione. Queste ultime devono piuttosto tenere conto di un’ampia gamma di criteri pertinenti, come quelli elencati a titolo di esempi ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni. Infatti, il luogo di elezione di dimora o di residenza abituale non mi sembra idoneo, da solo, a fungere da indicatore del grado di integrazione di un cittadino di un paese terzo nella società dello Stato membro ospitante. Dalla giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva 2004/38 emerge chiaramente che l’integrazione di una persona può essere valutata unicamente sulla base di diversi criteri, fra i quali i fattori sociali e culturali rivestono un’importanza particolare ( 40 ). Per le ragioni menzionate nelle presenti conclusioni, ossia l’obiettivo previsto dal legislatore e consistente nel ravvicinare i diritti dei cittadini di paesi terzi a quelli di cui godono i cittadini dell’Unione ( 41 ), ritengo che tali considerazioni debbano influire sull’interpretazione della direttiva 2003/109.

73.

In sintesi, si può concludere che l’approccio proposto si basa su un’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 che tiene debitamente conto del tenore letterale di tale disposizione, nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte e del suo contesto legislativo, in conformità alla metodologia riconosciuta nella giurisprudenza della Corte. Sono persuaso che solo un approccio flessibile, come quello che ho illustrato, il quale si fonda sul potere discrezionale delle autorità nazionali, fornendo al contempo criteri utili che consentono loro di valutare un legame autentico con l’Unione, sia idoneo a garantire un trattamento adeguato della diversità delle circostanze alle quali esse si trovano di fronte quotidianamente.

VI. Conclusione

74.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali proposte dal Verwaltungsgericht Wien (Tribunale amministrativo di Vienna, Austria):

L’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede la perdita dello status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo qualora il titolare di tale status non abbia eletto dimora o risieda abitualmente nell’Unione.

Tale disposizione deve inoltre essere interpretata nel senso che le autorità nazionali competenti, nel caso in cui un cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo risieda abitualmente al di fuori dell’Unione, godono di un certo potere discrezionale per valutare se un soggiorno di breve durata nel territorio dell’Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi osti alla perdita dello status di cittadino di paese terzo soggiornante di lungo periodo in conformità a detta disposizione. Gli Stati membri possono segnatamente ritenere, in conformità alla direttiva 2003/109, come modificata dalla direttiva 2011/51, che soggiorni brevi escludano la perdita di tale status solo se il cittadino di un paese terzo abbia mantenuto peraltro, durante la propria assenza, un legame autentico con l’Unione.

Al fine di accertare l’esistenza di un siffatto legame autentico con l’Unione, occorre tenere conto di tutti gli aspetti rilevanti della situazione concreta del cittadino di un paese terzo, segnatamente della durata cumulata e della frequenza delle sue assenze, delle ragioni che l’hanno indotto a lasciare lo Stato membro ospitante, dell’esistenza di un patrimonio, nonché di vincoli familiari, di rapporti professionali, di impegni sociali e di obblighi fiscali in tale Stato membro.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2004, L 16, pag. 44.

( 3 ) GU 2011, L 132, pag. 1.

( 4 ) BGBl. I, 100/2005.

( 5 ) Iglésias Sánchez, S., «Free movement of third country national in the European Union? Main features, deficiencies and challenges of the new mobility rights in the area of freedom security and justice», European Law Journal, vol.°15, n. 6, pagg. 798 e 799, spiega che il riconoscimento del diritto di circolazione dei cittadini di paesi terzi è stato ispirato da due motivi strettamente connessi, ossia la promozione dell’integrazione sociale e l’obiettivo di attirare lavoratori qualificati, in concorrenza con gli Stati Uniti d’America e il Canada.

( 6 ) Halleskov, L., «The Long-Term Residents Directive: a fulfillment of the Tampere objective of near-equality», European Journal of Migration and Law, vol.°7, n. 2, 2005, pag. 200.

( 7 ) Balleix, C., La politique migratoire de l’Union européenne, Parigi 2013, pag. 218.

( 8 ) V., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Singh (C‑502/10, EU:C:2012:636, punto 42).

( 9 ) V., a titolo di esempio, versioni in lingua bulgara («отсъствие»), spagnola («ausencia»), danese («fraværende»), estone («äraolek»), greca («απουσία»), inglese («absence»), francese («absence»), italiana («assenza»), polacca («nieobecność») e svedese («bortovaro»).

( 10 ) V., a titolo di esempio, versioni in lingua tedesca («aufgehalten») e neerlandese («verblijven»). Tuttavia, le due versioni linguistiche del paragrafo 2 di tale articolo 9, il quale conferisce la possibilità di derogare al suo primo paragrafo, impiegano parimenti espressioni equivalenti a quella dell’assenza, ossia rispettivamente «Abwesenheit» e «afwezigheid».

( 11 ) V., a tal riguardo, Lenaerts, K., Gutiérrez-Fons, J. A., Les méthodes d’interprétation de la Cour de justice de l’Union européenne, Bruxelles, 2020.

( 12 ) V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 84), nonché del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 32).

( 13 ) V. sentenza del 26 aprile 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 68) e conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Singh (C‑502/10, EU:C:2012:294, paragrafi 2935), nelle quali l’avvocato generale ritiene che le disposizioni in questione debbano essere interpretate nel senso che esiste un obbligo degli Stati membri di accordare detto status se le condizioni pertinenti sono soddisfatte.

( 14 ) V., a tal riguardo, sentenza dell’8 novembre 2012, Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punti da 45 a 48). Come indicato da Peers, S., EU Justice and Home Affairs Law, Volume I: EU Immigration and Asylum Law, 4° edizione, Oxford, 2016, pag. 425, il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo non è automatico ma richiede la presentazione di una domanda in tal senso da parte dell’interessato alle autorità nazionali competenti.

( 15 ) V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni.

( 16 ) Thym, D., «Long Term Residents Directive 2003/109/EC», EU Immigration and Asylum Law, 04/2016, pag. 473, punto 1, osserva che la direttiva 2003/109 armonizza in maniera esaustiva le condizioni per l’ottenimento e la revoca (o la perdita) dello status di soggiornante di lungo periodo. Di conseguenza, una volta che il cittadino di un paese terzo abbia acquisito tale status, egli ha il diritto di mantenerlo anche se non soddisfa più le condizioni di cui agli articoli 5 e 6 della direttiva 2003/109 in un momento successivo. Analogamente, la revoca (o la perdita) di detto status può avere luogo solo se le condizioni di cui all’articolo 9 di tale direttiva sono soddisfatte.

( 17 ) V., in tal senso, Boelaert-Suominen, S., «Non-EU nationals and Council Directive 2003/109/EC on the status of third-country nationals who are long-term residents: Five paces forward and possibly three paces back», Common Market Law Review, vol.°42, n. 4, 2005, pag. 1025.

( 18 ) Sentenza del 18 ottobre 2012, Singh (C‑502/10, EU:C:2012:636, punto 46). Il corsivo è mio.

( 19 ) V., a tal riguardo, sentenza del 17 luglio 2014, Tahir (C‑469/13, EU:C:2014:2094, punto 30), nella quale la Corte ha osservato che quella del soggiorno è una condizione indispensabile per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo.

( 20 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77).

( 21 ) Sentenza del 3 ottobre 2019, X (Soggiornanti di lungo periodo – Risorse stabili, regolari e sufficienti) (C‑302/18, EU:C:2019:830, punti 32 e segg.).

( 22 ) Sentenza del 21 luglio 2011 (C‑325/09, EU:C:2011:498, punto 59). Il corsivo è mio.

( 23 ) V. articolo 10, paragrafo 1, lettera a), della proposta di direttiva del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo [COM(2001) 127 definitivo (GU 2001, C 240°E, pag. 79)].

( 24 ) V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.

( 25 ) Thym, D., «Long Term Residents Directive 2003/109/EC», EU Immigration and Asylum Law, 04/2016, pag. 474, punto 6, interpreta tale disposizione nel senso che essa comporta la perdita «automatica» dello status di soggiornante di lungo periodo.

( 26 ) V., a tal riguardo, relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva [2003/109] [COM(2019) 161 final, pag. 6], da cui risulta che l’Austria si è avvalsa della facoltà prevista all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2003/109 prevedendo che un’assenza di dodici mesi consecutivi dal territorio dell’Unione comporti, di norma, la perdita dello status, prevedendo al contempo la possibilità di concedere un periodo di assenza superiore per circostanze eccezionali.

( 27 ) V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni.

( 28 ) V., a tal riguardo, Thym, D., «Long Term Residents Directive 2003/109/EC», EU Immigration and Asylum Law, 04/2016, pag. 475, punto 7, il quale ritiene che, alla luce dell’obiettivo previsto dalla direttiva 2003/1009 di promuovere l’integrazione dei cittadini di paesi terzi ed assicurare il loro «radicamento» nello Stato membro ospitante, visite di breve durata non dovrebbero essere idonee, in linea di principio, ad interrompere il periodo di dodici mesi. L’autore si pronuncia peraltro a favore di un approccio meno «formalista» se una valutazione individuale della situazione in cui si trova la persona interessata giustifichi una decisione a favore del mantenimento dello status di soggiornante di lungo periodo.

( 29 ) V., per analogia, sentenza del 14 marzo 2019, Y.Z. e a. (Frode nel ricongiungimento familiare) (C‑557/17, EU:C:2019:203, punto 64), concernente la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo basato su una frode.

( 30 ) V., per analogia, sentenza del 26 aprile 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 65), nella quale la Corte ha indicato che il potere discrezionale concesso agli Stati membri dalla direttiva 2003/109 riguardo ai contributi richiesti ai cittadini di paesi terzi e ai loro familiari per il rilascio di titoli e permessi di soggiorno non è illimitato. Facendo riferimento alla sua giurisprudenza, la Corte ha ricordato che gli Stati membri non possono applicare una normativa nazionale tale da compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti da una direttiva e, pertanto, da privare quest’ultima del suo effetto utile.

( 31 ) V., a tal riguardo, sentenza del 21 luglio 2011, Dias (C‑325/09, EU:C:2011:498, punto 64), nella quale la Corte ha constatato, in relazione all’interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, che «l’integrazione, sottesa all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente (…), è coniugata non solo a elementi spaziali e temporali, ma anche ad elementi qualitativi, relativi al grado di integrazione nello Stato membro ospitante». Il corsivo è mio.

( 32 ) Il programma di Stoccolma – Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (GU 2010, C 115, pag. 1). V. comunicato stampa 14615/04 del Consiglio del 19 novembre 2004 e nota 17024/09 del Consiglio del 2 dicembre 2009, nonché comunicazione della Commissione, del 1o settembre 2005, intitolata «Un’agenda comune per l’integrazione. Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea» [COM(2005) 389 definitivo].

( 33 ) V., per analogia, sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 33), concernente l’interpretazione dell’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38. Tale disposizione accorda ai cittadini dell’Unione una protezione rafforzata a fronte di ogni decisione di allontanamento dello Stato membro ospitante qualora essi abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante durante i dieci anni precedenti la decisione di allontanamento. Dal momento che detta disposizione tace sulla questione della misura in cui le assenze dal territorio dello Stato membro ospitante impediscano alla persona interessata di beneficiare di tale protezione rafforzata, spetta alla Corte fornire criteri utili alle autorità nazionali.

( 34 ) V., in tale contesto, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa P e S (C‑579/13, EU:C:2015:39, paragrafo 92), nelle quali quest’ultimo fa riferimento alla rete di vincoli di integrazione che legano ad un determinato ambiente una persona che ivi vive da lungo tempo. Egli menziona il «matrimonio o [la] famiglia, [la] vita di quartiere, [la] professione esercitata, [l]’hobby praticato, (…) un’attività in organizzazioni non governative».

( 35 ) V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Hummel Holding (C‑617/15, EU:C:2017:13, paragrafo 85), nelle quali egli menziona «la stabile organizzazione del convenuto» quale criterio per stabilire una competenza giurisdizionale nel diritto processuale civile.

( 36 ) V., in tale contesto, conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa Land Oberösterreich (Indennità di alloggio) (C‑94/20, EU:C:2021:155, paragrafo 75), nelle quali egli sottolinea l’importanza dell’acquisizione della conoscenza della lingua quale strumento per assicurare l’accesso da parte dei cittadini di paesi terzi al mercato del lavoro e alla formazione professionale.

( 37 ) V., per analogia, sentenza del 18 giugno 2015, Kieback (C‑9/14, EU:C:2015:406, punto 22), nella quale la Corte fa riferimento al «luogo in cui [il contribuente] ha il centro dei propri interessi personali ed economici» quale criterio per valutare la capacità contributiva di quest’ultimo, il che corrisponde in genere alla sua «residenza abituale».

( 38 ) V., a tal riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Dias (C‑325/09, EU:C:2011:86, paragrafo 106), nelle quali ella fa valere, rispetto all’interpretazione dell’articolo 16 della direttiva 2004/38, che un comportamento illegittimo di un cittadino dell’Unione è senz’altro idoneo ad affievolire, sotto il profilo qualitativo, la sua integrazione nello Stato membro ospitante.

( 39 ) Sentenza del 3 settembre 2020 (C‑503/19 e C‑592/19, EU:C:2020:629, punto 43).

( 40 ) V., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 26).

( 41 ) V. paragrafo 40 delle presenti conclusioni.