SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)
4 luglio 2019 ( *1 )
«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Opposizione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) – Domanda di registrazione del marchio figurativo contenente l’elemento denominativo “Fl” – Opposizione del titolare del marchio figurativo contenente l’elemento denominativo “fly.de” – Rigetto – Somiglianza tra i segni – Denominazione in caratteri standard nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea – Rischio di confusione»
Nella causa C‑99/18 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 12 febbraio 2018,
FTI Touristik GmbH, con sede in Monaco di Baviera (Germania), rappresentata da A. Parr, Rechtsanwältin,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da D. Walicka e D. Botis, in qualità di agenti,
convenuto in primo grado,
Harald Prantner, residente ad Amburgo (Germania),
Daniel Giersch, residente a Monaco (Monaco),
rappresentati da S. Eble, Rechtsanwalt,
intervenienti in primo grado,
LA CORTE (Decima Sezione),
composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, M. Ilešič (relatore) e I. Jarukaitis, giudici,
avvocato generale: G. Pitruzzella
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con la sua impugnazione, la FTI Touristik GmbH chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 30 novembre 2017, FTI Touristik/EUIPO – Prantner e Giersch (Fl) (T‑475/16, non pubblicata; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2017:856), con la quale esso ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 16 giugno 2016 (procedimento R 480/2015-5), relativa ad un procedimento d’opposizione tra la FTI Touristik e i sigg. Harald Prantner e Daniel Giersch (in prosieguo: la «decisione contestata»). |
Contesto normativo
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Il regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), è stato modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21), che è entrato in vigore il 23 marzo 2016. Il regolamento n. 207/2009, così modificato, è stato abrogato e sostituito, con effetto dal 1o ottobre 2017, dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). Nondimeno, tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi nel caso di specie, ossia il 7 ottobre 2013, che è decisiva ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, la presente controversia è disciplinata dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009. |
3 |
L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 prevedeva quanto segue: «In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se: (…)
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Fatti e decisione contestata
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I fatti all’origine della controversia e la decisione contestata sono esposti come segue ai punti da 1 a 15 della sentenza impugnata: «1. Il 7 ottobre 2013, i sigg. (…) Prantner e (…) Giersch, intervenienti, hanno presentato all’[EUIPO] una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, ai sensi del regolamento [n. 207/2009]. 2. Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il seguente segno figurativo: 3. I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono alle classi 16, 39 e 43 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:
4. La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea n. 225/2013, del 26 novembre 2013. 5. Il 26 febbraio 2014 la FTI Touristik (…), ricorrente, ha presentato opposizione ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento n. 2017/1001) alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi di cui al punto 3 supra. 6. L’opposizione era basata sul marchio dell’Unione europea figurativo anteriore seguente: che designa prodotti compresi nelle classi 16, 39, 41 e 43 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:
7. Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello indicato all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001]. 8. In data 3 febbraio 2015, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione e ha respinto la domanda di marchio per tutti i prodotti e servizi controversi. 9. Il 26 febbraio 2015 gli intervenienti hanno presentato all’EUIPO un ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001). 10. Con la [decisione contestata], la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha annullato la decisione della divisione di opposizione. 11. Essa ha anzitutto osservato, al punto 19 della decisione [contestata] che i prodotti e servizi di cui trattasi erano destinati sia al grande pubblico sia a un pubblico specializzato e che occorreva riferirsi al pubblico con il livello di attenzione più basso, vale a dire al grande pubblico che ha un livello di attenzione medio. Poi, al punto 20 della decisione contestata, essa ha ritenuto che il territorio di riferimento per la valutazione del rischio di confusione fosse l’intera Unione europea, prima di specificare che l’opposizione doveva essere accolta anche laddove il rischio di confusione sussistesse in un solo Stato membro. 12. Relativamente alla comparazione dei prodotti e dei servizi, la [quinta] commissione di ricorso [dell’EUIPO] ha approvato, al punto 25 della decisione contestata, la conclusione, non contestata dinanzi ad essa, della divisione di opposizione, riprodotta al punto 24 della decisione contestata e secondo la quale i prodotti e servizi in conflitto erano in parte identici e in parte simili. In tale modo, essa ha confermato l’identità dei prodotti compresi nella classe 16, oggetto del marchio richiesto, e dei prodotti rientranti altresì in tale classe, coperti dal marchio anteriore. Analogamente, essa ha concluso che i servizi della classe 39 oggetto del marchio richiesto erano identici ai servizi nella stessa classe coperti dal marchio anteriore, ad eccezione dei servizi che “forniscono alle automobili il parcheggio per veicoli; parcheggio dell’aeroporto; servizi di parcheggio d’aeronavi” che sono stati descritti come simili al servizio di “Trasporto” del marchio anteriore. Infine, essa ha ritenuto che tutti i servizi di cui alla classe 43 oggetto del marchio richiesto fossero identici a quelli della stessa classe del marchio anteriore, con l’eccezione dei “servizi di prenotazione per ristoranti e alloggi per vacanze” che avrebbero un’affinità con i “servizi di alloggio temporaneo e di ristorazione” coperti dal marchio anteriore. 13. La [quinta] commissione di ricorso [dell’EUIPO] ha esaminato anche i segni in conflitto e ha ritenuto, al punto 32 della decisione [contestata], che sotto l’aspetto visivo non sussistesse alcuna somiglianza. Sotto il profilo fonetico, essa ha considerato, in sostanza, ai punti 33 e 34 della decisione [contestata], che per il pubblico che non conosceva il termine inglese “fly”, i segni in conflitto non condividevano alcuna somiglianza. Per i consumatori che conoscono la parola inglese “fly”, era ravvisabile una somiglianza fonetica purché il marchio richiesto fosse associato alla parola “fly”. Tuttavia, tale situazione risultava inverosimile poiché, da un lato, sussisteva una forte differenza tra la lettera “y” e il cuore stilizzato del marchio richiesto e, dall’altro, era insolito sostituire la lettera “y” con il simbolo di un cuore. Sotto il profilo concettuale, essa ha ritenuto, ai punti 35 e 36 della decisione[contestata], che, per il pubblico che non conosceva il termine inglese “fly”, i segni in conflitto non condividevano somiglianza alcuna. Per i consumatori che conoscevano e comprendevano la parola inglese “fly”, esisteva una somiglianza concettuale a condizione di identificare nel marchio richiesto la parola “fly”. Tale eventualità risultava, tuttavia, marginale per le stesse ragioni di quelle esposte nell’ambito della valutazione della somiglianza fonetica. 14. La [quinta] commissione di ricorso [dell’EUIPO] ha considerato, al punto 40 della decisione [contestata], che il marchio anteriore risultava dotato di un medio carattere distintivo intrinseco per i consumatori non anglofoni e di un debole carattere distintivo intrinseco per il pubblico anglofono. 15. Con riferimento all’esame del rischio di confusione tra segni in conflitto, la [quinta] commissione di ricorso [dell’EUIPO] ha concluso, al punto 47 della decisione [contestata], per l’insussistenza di rischio di confusione. A tale riguardo, essa ha rilevato al punto 46 della decisione [contestata] che, a causa del carattere puramente descrittivo dell’elemento comune, le differenze fonetiche, concettuali e soprattutto visive tra i segni erano sufficienti a escludere con certezza il rischio di confusione, anche in relazione a prodotti e servizi identici». |
Il ricorso dinanzi al Tribunale
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Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 agosto 2016, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto a ottenere l’annullamento della decisione contestata, deducendo un motivo unico concernente la violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. La ricorrente ha affermato in sostanza che l’analisi condotta dalla quinta commissione di ricorso dell’EUIPO delle somiglianze visive, fonetiche e concettuali tra i segni in conflitto non è corretta e che pertanto quest’ultima ha erroneamente riconosciuto al marchio anteriore scarso carattere distintivo per il pubblico anglofono, di modo che non esisterebbe alcun rischio di confusione tra i segni in conflitto. |
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Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto, in primo luogo, che per quanto riguarda la comparazione dei segni in conflitto, la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO aveva correttamente accertato che tra il marchio richiesto e il marchio anteriore non sussiste una somiglianza visiva, fonetica e concettuale. In secondo luogo, riguardo al carattere distintivo del marchio anteriore, il Tribunale ha statuito che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che il marchio anteriore gode di un carattere distintivo medio per il pubblico non anglofono e un carattere distintivo debole per il pubblico anglofono. In terzo luogo, per quanto riguarda il rischio di confusione, il Tribunale ha ritenuto che la ricorrente non abbia dimostrato che detta commissione di ricorso ha erroneamente concluso che non sussisteva un rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore. Il Tribunale ha, di conseguenza, respinto il motivo unico dedotto e l’intero ricorso. |
Domande delle parti in sede di impugnazione
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La FTI Touristik chiede che la Corte voglia:
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L’EUIPO chiede che la Corte voglia:
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Il sig. Prantner e il sig. Giersch chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione. |
Sull’impugnazione
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Nella sua impugnazione, la ricorrente solleva un unico motivo vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, che si suddivide in quattro parti. Nel contesto della prima parte del motivo unico, essa contesta al Tribunale anche la violazione dell’obbligo di motivazione. |
Sulla prima parte del motivo unico
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Con la prima parte del motivo unico, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore metodologico nella valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione, in quanto, nel suo esame della somiglianza dei segni controversi, esso ha omesso di tenere conto della denominazione del marchio richiesto in caratteri standard quale figura nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea. Il Tribunale, in tale contesto, non avrebbe neppure tenuto conto del suo obbligo di motivazione, dato che ha omesso di esaminare l’argomento della ricorrente basato su tale denominazione. |
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L’EUIPO ritiene che la prima parte del motivo unico sia irricevibile in quanto costituisce un tentativo da parte della ricorrente di sottoporre alla Corte questioni di fatto. Tale parte sarebbe comunque infondata. |
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Circa la ricevibilità della prima parte del motivo unico, occorre ricordare, da un lato, che, secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un rischio di confusione per il pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Sebbene la valutazione di questi fattori sia una questione di fatto che esula dal controllo della Corte, omettere di prendere in considerazione tutti questi fattori costituisce, per contro, un errore di diritto e, in quanto tale, detta omissione può essere sollevata dinanzi alla Corte nell’esercizio di un’impugnazione (sentenza del 16 giugno 2011, Union Investment Privatfonds/UniCredito Italiano, C‑317/10 P, EU:C:2011:405, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). |
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Dall’altro lato, la questione della portata dell’obbligo di motivazione costituisce una questione di diritto soggetta al controllo della Corte nel contesto di un’impugnazione (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 453). |
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Ne consegue che la prima parte del motivo unico è ricevibile. |
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Per quanto riguarda la fondatezza di questa parte, è necessario, anzitutto, escludere la presunta violazione da parte del Tribunale dell’obbligo di motivazione. |
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A tal riguardo, si deve rammentare che, da costante giurisprudenza emerge che l’obbligo di motivazione incombente al Tribunale ai sensi degli articoli 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può essere anche implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza del 20 settembre 2016, Mallis e a./Commissione e BCE, da C‑105/15 P a C‑109/15 P, EU:C:2016:702, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). |
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Nella fattispecie, occorre rilevare che dal punto 43 della sentenza impugnata risulta che «[r]iguardo alla [denominazione] in caratteri standard del marchio richiesto, pubblicato nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea, vale a dire “fly”, si deve rilevare che tale [denominazione] non può essere determinante per la valutazione dell’impressione fonetica creata da marchi complessi nell’ambito di un procedimento di opposizione». |
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Ne consegue che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, rilevando che tale denominazione non possa essere determinante per la valutazione dell’impressione fonetica in parola, il Tribunale ha considerato, implicitamente ma inevitabilmente, che questa stessa denominazione non costituisce un’indicazione del modo in cui il pubblico di riferimento percepisce il marchio di cui trattasi. |
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Una valutazione del genere non è, del resto, viziata da nessun errore di diritto. Infatti, come il Tribunale ha ricordato al punto 21 della sentenza impugnata, risulta da una costante giurisprudenza che il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, ed in particolare dell’interdipendenza della somiglianza tra i segni e di quella tra i prodotti o i servizi designati. |
21 |
Orbene, come dichiarato dal Tribunale, in sostanza, al punto 43 della sentenza impugnata, che è richiamato al punto 18 della presente sentenza, la denominazione in caratteri standard di un marchio figurativo nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea, sia che corrisponda all’intenzione del richiedente del marchio in parola o al riferimento fatto dall’EUIPO in tale Bollettino, è irrilevante ai fini della valutazione della percezione fonetica che il pubblico di riferimento ha dei segni controversi, i quali non si confondono con la loro denominazione in caratteri standard in detto Bollettino. |
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Ne consegue che occorre respingere la prima parte del motivo unico. |
Sulla seconda parte del motivo unico
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Con la seconda parte del motivo unico, la ricorrente sostiene, alla stregua della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO, che il Tribunale ha commesso un errore metodologico nella sua valutazione dell’esistenza del rischio di confusione. A questo proposito, se è ipotizzabile che le somiglianze fonetiche possano essere compensate da differenze visive tali che, nonostante una somiglianza fonetica, non sussiste alcun rischio di confusione, una simile compensazione dovrebbe essere esaminata alla luce della valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione. Infatti, nel caso in cui un esame del genere si sia già svolto nella fase di comparazione dei segni, la somiglianza dei marchi sarebbe di per sé esclusa, senza che possa essere preso in considerazione alcun altro impatto sul rischio di confusione, come il carattere distintivo del marchio in questione o l’identità o somiglianza dei prodotti e servizi interessati. |
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L’EUIPO sostiene che la seconda parte del motivo unico è irricevibile perché non riguarda la sentenza impugnata, ma la decisione contestata. Tale parte sarebbe, in ogni caso, di difficile comprensione e infondata. |
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Riguardo alla ricevibilità della seconda parte del motivo unico, occorre notare che, contrariamente a quanto sostiene l’EUIPO, la ricorrente non si limita a contestare, nell’impugnazione, la legittimità della decisione impugnata, ma sostiene che il Tribunale, al punto 64 della sentenza impugnata, ha concluso senza un’adeguata motivazione che non sussiste somiglianza tra i segni in conflitto, così commettendo un errore di metodo nell’ambito della valutazione del rischio di confusione. Pertanto, la seconda parte del motivo unico è ricevibile. |
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Per quanto riguarda la fondatezza di questa parte, occorre constatare che essa si basa su un errore di lettura della sentenza impugnata. |
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A tal proposito, è sufficiente notare, da un lato, che, al punto 64 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che «la linea argomentativa della ricorrente sul rischio di confusione si basa sull’idea erronea che la [quinta] commissione di ricorso [dell’EUIPO] avrebbe dovuto concludere che i segni in conflitto erano molto simili, poiché, per la maggior parte dei consumatori, avrebbero condiviso l’elemento denominativo comune “ fly”» riferendosi, al riguardo, ai punti da 26 a 57 della sentenza in esame. Il Tribunale ne deduce, al punto 65 della sentenza suddetta, che la ricorrente non aveva dimostrato che tale commissione di ricorso avesse erroneamente concluso che non sussisteva rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Pertanto, al punto 64 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato ad affermare, in sostanza, che detta commissione di ricorso poteva legittimamente concludere che, nel caso di specie, non sussisteva un rischio di confusione. |
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Dall’altro lato, tanto meno risulta dai punti da 26 a 57 e, in particolare, dai punti da 30 a 36 della sentenza impugnata, relativi alla somiglianza visiva dei segni in conflitto, dai punti da 41 a 44 della stessa, relativi alla somiglianza fonetica di tali segni, e dai punti da 49 a 51 della citata sentenza, relativi alla somiglianza concettuale di detti segni, che il Tribunale si sia basato su una «compensazione» della somiglianza fonetica dei segni di cui trattasi, mediante la loro dissomiglianza visiva, nell’ambito della sua valutazione della somiglianza tra i segni controversi. |
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Occorre pertanto respingere la seconda parte del motivo unico. |
Sulla terza parte del motivo unico
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Con la terza parte del motivo unico, la ricorrente contesta la valutazione di cui al punto 42 della sentenza impugnata, nella quale il Tribunale ha considerato che, poiché il marchio anteriore contiene l’elemento «.de», non sussiste somiglianza fonetica tra i segni controversi, poiché il marchio anteriore, per effetto di tale elemento, è sempre pronunciato in più sillabe. Infatti, così facendo, il Tribunale avrebbe attribuito a tale elemento un carattere dominante nell’impressione globale prodotta dal marchio anteriore, mentre l’estensione della denominazione di dominio avrebbe solo un significato funzionale e quindi, in linea di principio, non potrebbe vedersi attribuire un simile carattere. |
31 |
L’EUIPO fa valere che la terza parte del motivo unico è infondata. |
32 |
Si deve osservare che, al punto 42 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che «la probabilità che il pubblico di riferimento riconosca la lettera “y” nell’elemento figurativo del marchio richiesto non risulta verosimile. Come si può vedere dal precedente punto 34, da un lato, esiste una forte differenza tra la lettera “y” e il simbolo del cuore nel marchio richiesto e, dall’altro, è inusuale sostituire la lettera “y” con un simbolo del genere. Inoltre, come sostiene la ricorrente, anche supponendo che il consumatore individui la lettera “y” nel simbolo del cuore stilizzato, la coincidenza fonetica tra gli elementi denominativi “fly” in ciascuno dei segni in conflitto sarebbe attenuata dalla presenza dell’elemento denominativo “.de” nel marchio anteriore. Orbene, la ricorrente non deduce alcun argomento capace di contestare la valutazione effettuata dalla [quinta] commissione di ricorso [dell’EUIPO], al punto 33 della decisione [contestata], sulla pronuncia di tale elemento denominativo, in base alla quale il marchio anteriore dovrà essere sempre pronunciato in diverse sillabe, il cui numero esatto varia a seconda delle regole linguistiche di ciascuna lingua nazionale». |
33 |
Come si evince dal punto 42 della sentenza impugnata, la valutazione del Tribunale si basa sulla constatazione che, da un lato, esiste una grande differenza tra la lettera «y» e il simbolo del cuore nel marchio richiesto e, dall’altro, non è usuale sostituire la lettera «y» con un simbolo del genere, non essendo quindi verosimile la probabilità che il pubblico di riferimento veda la lettera «y» nell’elemento figurativo del marchio richiesto. Una valutazione del genere, mancando nella fattispecie la censura da parte della ricorrente relativa a un travisamento dei fatti, non costituisce una questione di diritto assoggettata, come tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., segnatamente, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). |
34 |
Al riguardo, è solo ad abundantiam, nel caso in cui il consumatore identifichi la lettera «y» nel simbolo del cuore stilizzato, che il Tribunale ha considerato che la coincidenza fonetica tra gli elementi denominativi «fly» in ciascuno dei segni in conflitto sarebbe attenuata dalla presenza dell’elemento denominativo «.de» nel marchio anteriore. |
35 |
Orbene, censure vertenti su una motivazione della sentenza impugnata formulata ad abundantiam non possono comunque comportare l’annullamento di tale sentenza (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 63 e giurisprudenza ivi citata). |
36 |
Pertanto, la terza parte del motivo unico è inoperante. |
Sulla quarta parte del motivo unico
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Con la quarta parte del motivo unico, la ricorrente sostiene che il simbolo del cuore, nel marchio richiesto, è senz’altro considerato dalle parti intervenienti in primo grado come la lettera «y», perché in tutti gli altri marchi dell’Unione europea da esse detenuti, il simbolo del cuore sostituirebbe la lettera «y», come in questo caso. Analogamente, il sito Internet gestito dal titolare del marchio richiesto mostrerebbe che, con il simbolo del cuore, si intende ottenere la sostituzione della lettera «y». |
38 |
L’EUIPO contesta la ricevibilità della quarta parte del motivo unico, che costituirebbe una semplice esposizione di fatto. Tale parte sarebbe comunque infondata. |
39 |
Giova ricordare che, ai sensi degli articoli 256, paragrafo 1, TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione deve limitarsi ai motivi di diritto. Il Tribunale, dunque, è il solo competente a constatare e valutare i fatti pertinenti nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova, salvo il caso del loro snaturamento, non costituisce quindi una questione di diritto soggetta, come tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., segnatamente, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). |
40 |
Nella fattispecie, occorre constatare che, con la quarta parte del motivo unico, la ricorrente si limita a mettere in discussione l’analisi fattuale svolta dal Tribunale al punto 42 della sentenza impugnata. |
41 |
Pertanto, la parte quarta del motivo unico è irricevibile. |
42 |
Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere interamente respinto. |
Sulle spese
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Ai sensi dell’articolo 137 del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, si provvede sulle spese con la sentenza o con l’ordinanza che definisce la causa. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, parimenti applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
44 |
Poiché l’EUIPO ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’EUIPO. Il sig. Prantner e il sig. Giersch, non avendo formulato domande relative alle spese, si fanno carico delle proprie spese. |
Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.