CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’8 settembre 2016 ( 1 )

Causa C‑348/15

Città di Wiener Neustadt

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa, Austria)]

«Politica ambientale — Direttiva 85/337/CEE nella versione della direttiva 97/11/CE — Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati — Ambito di applicazione — Disciplina di uno Stato membro in materia di sanatoria di un’autorizzazione definitiva pur in mancanza di una valutazione dell’impatto ambientale — Certezza del diritto e tutela dell’affidamento»

I – Introduzione

1.

Numerosi procedimenti riguardanti l’Austria hanno mostrato come, in detto Stato membro, vi siano state grandi difficoltà nell’applicare la direttiva VIA ( 2 ), quantomeno in passato ( 3 ). Vi è motivo di temere che molti progetti che avrebbero richiesto una valutazione delle loro ripercussioni sull’ambiente ai sensi della direttiva in parola siano stati realizzati in assenza di una siffatta valutazione.

2.

Il presente procedimento pregiudiziale riguarda una disposizione che disciplina le conseguenze di una siffatta violazione della direttiva VIA. In base ad essa, un progetto è considerato autorizzato conformemente alle disposizioni di attuazione austriache se sono decorsi tre anni dalla concessione dell’autorizzazione in violazione delle disposizioni in parola. Il termine in questione limita anche il potere degli enti competenti di revocare un’autorizzazione concessa in violazione delle disposizioni austriache.

3.

Occorre quindi chiarire in che misura tale fictio di autorizzazione legittima sia compatibile con il diritto dell’Unione. La decisione della Corte può avere notevoli effetti pratici in Austria ma anche in altri Stati membri.

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

4.

La domanda di pronuncia pregiudiziale si riferisce a un’eccezione rispetto all’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale previsto, in un primo momento, nell’articolo 1, paragrafo 5 ( 4 ) e poi nell’articolo 1, paragrafo 4 ( 5 ), della direttiva VIA:

«La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa».

5.

Con modifiche contenute, la disposizione in parola si rinviene nell’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva VIA.

6.

Occorre inoltre richiamare l’obbligo fondamentale sancito nell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA rimasto invariato nelle suddette versioni:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto sull’ambiente. (…)».

B – Diritto austriaco

7.

Nell’ambito del presente procedimento assumono rilievo due disposizioni dell’Umweltverträglichkeitsprüfungsgesetz austriaco (legge sulla valutazione dell’impatto ambientale; in prosieguo: l’«UVP‑G 2000») nella versione del 2009, applicabile al ricorso. L’articolo 3, paragrafo 6, contiene un termine di decadenza per la revoca delle autorizzazioni che sono state rilasciate senza la necessaria valutazione dell’impatto ambientale:

«Prima della conclusione della valutazione dell’impatto ambientale o dell’esame caso per caso non possono essere concesse autorizzazioni per progetti sottoposti a un esame di cui ai paragrafi 1, 2, o 4 e non si riconosce alcun effetto giuridico ai sensi delle disposizioni amministrative alle comunicazioni adottate prima della conclusione della valutazione dell’impatto ambientale. Le autorizzazioni concesse in violazione della presente disposizione possono essere annullate dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 3, entro un termine di tre anni».

8.

L’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP‑G 2000 contiene una fictio di autorizzazione per i progetti preesistenti che si collega all’articolo 3, paragrafo 6:

«I progetti la cui autorizzazione, al momento dell’entrata in vigore della legge federale BGBl. I, n. 87/2009, non sia esposta al pericolo di annullamento di cui all’articolo 3, paragrafo 6, sono considerati autorizzati conformemente a tale legge federale».

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

9.

La A.S.A. Abfall Service AG (in prosieguo: la «ASA Abfall») gestisce, in base agli atti, nella città di Wiener Neustadt, un impianto di trattamento chimo‑fisico di rifiuti pericolosi, una stazione di trasferimento dei rifiuti e un impianto di trattamento di combustibili alternativi, ove solo quest’ultimo costituisce l’oggetto del presente procedimento.

10.

In base alla domanda di pronuncia pregiudiziale, in quest’ultimo impianto vengono essenzialmente triturati, in diverse fasi di lavorazione, i rifiuti di plastica fino ad ottenerne un combustibile alternativo di sostituzione a destinazione industriale commercializzato principalmente nell’industria del cemento; nell’impianto viene così effettuato un trattamento fisico di rifiuti non pericolosi.

11.

Per l’impianto sussistono singole autorizzazioni basate su normative di diritto sostanziale, nello specifico, autorizzazioni all’esercizio di impianti concesse in base alla normativa in materia di commercio dal sindaco della città di Wiener Neustadt nel 1986 e nel 1993; all’epoca era stato autorizzato il trattamento di una capacità di 9990 tonnellate all’anno. Il 10 dicembre 2002 il presidente del Land Niederösterreich autorizzava un ampliamento dell’impianto, conformemente alla normativa sui rifiuti, fino a un massimo di 34000 tonnellate all’anno. La decisione in parola non contiene alcuna indicazione del numero massimo di tonnellate suscettibili di trasformazione al giorno. Per tale impianto non sussiste un’autorizzazione ai sensi dell’UVP‑G 2000, che disciplina la valutazione dell’impatto ambientale in Austria.

12.

In base agli accertamenti compiuti nell’ambito del procedimento nazionale, l’incremento di capacità sarebbe dovuto essere realizzato attraverso un potenziamento della linea esistente e la costruzione di un’ulteriore linea di trasformazione. Attualmente, si produrrebbero tra le 17000 e le 21000 tonnellate l’anno, per cui non sarebbe sfruttata del tutto la capacità autorizzata. Ciò dipenderebbe dal fatto che la seconda linea di trasformazione, autorizzata con la suddetta decisione, non è stata finora realizzata.

13.

Al 19 agosto 2009, data dell’entrata in vigore dell’UVP‑G‑Novelle 2009 (legge del 2009 di modifica dell’UVP‑G), la decisione definitiva del 10 dicembre 2002 non era più esposta al rischio di annullamento a norma dell’articolo 3, paragrafo 6, dell’UVP‑G 2000. Ai sensi della disposizione in parola, le autorizzazioni basate su normative di settore relative a progetti sottoposti all’obbligo di VIA, concesse in luogo di un’autorizzazione ai sensi dell’UVP‑G 2000, potevano essere annullate entro un termine di tre anni.

14.

Con lettera del 30 aprile 2014, il Niederösterreichischer Umweltanwalt (mediatore per l’ambiente del Land Niederösterreich) chiedeva al governo del Land Niederösterreich di accertare se gli impianti, le attività e le misure della ASA Abfall presso il sito di Wiener Neustadt, separatamente o anche congiuntamente, integrassero una fattispecie di cui all’UVP‑G 2000 e se sussistesse pertanto l’obbligo di esecuzione di una valutazione dell’impatto ambientale.

15.

Con decisione del 27 giugno 2014, il governo del Land Niederösterreichisch stabiliva che l’impianto di trattamento di combustibili alternativi non era soggetto all’obbligo di esecuzione di una valutazione dell’impatto ambientale. Tale conclusione veniva fondata, tra l’altro, sulla disposizione di cui all’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP‑G 2000, secondo cui i vecchi impianti, decorso il termine triennale di cui all’articolo 3, paragrafo 6, dell’UVP‑G 2000, sarebbero considerati come autorizzati ai sensi di detta legge.

16.

La città di Wiener Neustadt proponeva ricorso contro la decisione di cui trattasi. A seguito del rigetto del ricorso in primo grado, l’impugnazione di detta città pende ora dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa). Esso sottopone alla Corte la seguente questione:

Se il diritto dell’Unione – in particolare la nuova versione della direttiva VIA, in particolare, il suo articolo 1, paragrafo 4, ovvero la precedente versione della direttiva in parola, in particolare, il suo articolo 1, paragrafo 5 –, osti ad una disposizione nazionale secondo la quale i progetti soggetti all’obbligo di VIA, che siano tuttavia sprovvisti di autorizzazione ai sensi della legge nazionale sulla valutazione dell’impatto ambientale (Umweltverträglichkeitsprüfungsgesetz), ma siano provvisti solo di autorizzazioni ai sensi di singole leggi di settore (quale la Abfallwirtschaftsgesetz: legge austriaca in materia di gestione dei rifiuti), che il 19 agosto 2009 [data in cui è entrata in vigore l’UVP‑G‑Novelle 2009 (legge del 2009 di riforma dell’UVP‑G)], a causa del decorso del termine triennale previsto dalla normativa nazionale (articolo 3, paragrafo 6, dell’UVP‑G 2000), non potevano più essere annullate, si considerano autorizzati ai sensi dell’UVP‑G 2000 oppure se una siffatta normativa sia conforme ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento sanciti dal diritto dell’Unione.

17.

Hanno presentato osservazioni scritte la città di Wiener Neustadt, la A.S.A. Abfall Service AG e la Commissione europea.

IV – Analisi

18.

Con la domanda di pronuncia pregiudiziale si chiede in che misura sia compatibile con la direttiva in parola la sanatoria della mancata effettuazione della richiesta valutazione dell’impatto ambientale sulla base di una fictio iuris secondo cui il progetto sarebbe stato autorizzato nel rispetto delle disposizioni di attuazione della direttiva VIA.

19.

Le questioni se il contestato impianto di lavorazione dei rifiuti avrebbe richiesto una valutazione dell’impatto ambientale ( 6 ) o se tutti i requisiti di una siffatta valutazione siano già stati soddisfatti nell’ambito di un diverso procedimento ( 7 ) non sono invece oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale.

20.

Per rispondere alla questione occorre anzitutto individuare la versione applicabile della direttiva VIA (v., sul punto, infra, sub A), per poi esaminare l’obbligo fondamentale di verifica delle ripercussioni sull’ambiente (v., sul punto, infra, sub B) e, quindi, la disposizione, espressamente citata nella questione, in materia di autorizzazione dei progetti mediante atti legislativi, già articolo 1, paragrafo 4 o 5, e oggi articolo 2, paragrafo 5, della direttiva VIA (v., sul punto, infra, sub C) per analizzare infine il principio di effettività che disciplina l’attuazione pratica degli obblighi sanciti dal diritto dell’Unione (v., sul punto, infra, sub D).

A – Sulla versione applicabile della direttiva VIA

21.

La domanda di accertamento controversa è stata in effetti presentata nel 2014 e la decisione conclusiva potrebbe non essere adottata prima del 2017. Tuttavia, l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale deve essere esaminato sulla base delle disposizioni applicabili alla relativa autorizzazione. Viene quindi in considerazione soltanto l’autorizzazione dell’ampliamento di capacità rilasciata il 10 dicembre 2002, posto che le altre autorizzazioni sono state concesse prima che l’Austria aderisse all’Unione.

22.

Al 10 dicembre 2002 era in vigore la direttiva 85/337 nella versione della direttiva 97/11. In base all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva da ultimo citata, le sue modifiche si applicavano alle domande di autorizzazione presentate a partire dal 14 marzo 1999.

23.

Posto che la ASA Abfall ha richiesto l’autorizzazione poi rilasciata in data 10 dicembre 2002 il 17 giugno 2002 ( 8 ), trova applicazione la direttiva 85/337 nella versione della direttiva 97/11.

B – Sull’obbligo di verifica

24.

Nel rispondere alla questione pregiudiziale occorre prendere le mosse dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA. In base ad esso, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una valutazione del loro impatto.

25.

La Corte ha quindi già stabilito che spetta alle autorità competenti di uno Stato membro, nell’ambito delle loro attribuzioni, adottare tutti i provvedimenti necessari, generali o particolari, affinché i progetti siano esaminati, per stabilire se siano idonei a produrre un impatto ambientale importante e, in caso affermativo, siano sottoposti ad una valutazione di quest’ultimo. Provvedimenti particolari di questo tipo sono costituiti, in particolare, nei limiti del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, dalla revoca o dalla sospensione di un’autorizzazione già rilasciata al fine di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale del progetto in questione come quella prevista dalla direttiva VIA ( 9 ).

26.

La fictio di autorizzazione prevista nel diritto austriaco potrebbe far sì che progetti autorizzati in violazione della direttiva VIA non siano sottoposti a verifica. Occorre quindi esaminare se la fictio iuris possa essere fondata su un’eccezione rispetto all’obbligo di verifica.

C – Sulle eccezioni rispetto all’obbligo di verifica

27.

Come già indicato nella domanda di pronuncia pregiudiziale e come sottolineato dalla città di Wiener Neustadt e dalla Commissione, la fictio iuris di autorizzazione di un numero ignoto di progetti che richiederebbero una valutazione dell’impatto ambientale non può essere basata sull’eccezione relativa all’autorizzazione di singoli progetti mediante un atto legislativo, prevista, all’epoca, nell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva VIA (successivamente nell’articolo 1, paragrafo 4, e oggi, a seguito di modifiche, nell’articolo 2, paragrafo 5).

28.

Ai fini dell’applicazione dell’eccezione in parola, il progetto deve infatti, da una parte, essere adottato nei dettagli mediante un atto legislativo specifico; dall’altra, la Corte ha previsto che gli obiettivi della direttiva, incluso quello della disponibilità delle informazioni, siano raggiunti tramite la procedura legislativa ( 10 ). Quest’ultimo aspetto era sì già insito nell’articolo 1, paragrafo 4 o 5, delle versioni della direttiva precedentemente in vigore, ma è stato esplicitato in maniera ancora più chiara nella più recente versione della disposizione applicabile, l’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva VIA oggi vigente.

29.

La fictio di autorizzazione dei progetti prevista ex lege in Austria è stata invece emanata senza che i progetti interessati o le loro ripercussioni sull’ambiente fossero noti in dettaglio e tanto meno esaminati. Non si tratta quindi di un atto legislativo specifico che ha approvato determinati progetti, e gli obiettivi della direttiva VIA non sono stati neppure raggiunti nella procedura legislativa.

30.

Ciò non può tuttavia essere interpretato nel senso che l’eccezione relativa all’autorizzazione di progetti mediante atti legislativi osti a una fictio iuris di autorizzazione. La disposizione in parola non contiene invece alcuna disciplina di una siffatta fictio iuris di autorizzazione di progetti che avrebbero richiesto una valutazione dell’impatto ambientale.

31.

Si osservi, per completezza, che lo stesso vale per le altre eccezioni previste nella direttiva VIA: esse non sono applicabili, ma non contengono comunque una disciplina della fictio iuris di autorizzazioni.

D – Sul principio di effettività

32.

Occorre tuttavia ricordare che il succitato ( 11 ) obbligo di revoca o sospensione di autorizzazioni già rilasciate che sono state concesse senza una valutazione dell’impatto ambientale è limitato dal principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri ( 12 ).

33.

In base al principio in parola, le modalità processuali applicabili, se non disciplinate dal diritto dell’Unione, rientrano nell’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro. Tuttavia, esse non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) o rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) ( 13 ).

34.

Nel caso di specie non si rinviene alcuna violazione del principio di equivalenza.

1. Sulla legalizzazione (sanatoria) ex post delle violazioni

35.

Quanto al principio di effettività, se è pur vero che il diritto dell’Unione non può ostare a che le norme nazionali applicabili consentano, in taluni casi, di sanare atti o comportamenti irregolari sotto il profilo del diritto dell’Unione, tale possibilità è però subordinata alla condizione che essa non offra agli interessati l’occasione di eludere le norme giuridiche dell’Unione o di sottrarsi alla loro applicazione e che rimanga eccezionale ( 14 ).

36.

Senza che occorra esaminare più nel dettaglio i «taluni casi» che possano giustificare una legalizzazione o l’esistenza di un rischio di elusione, è possibile stabilire che la fictio di autorizzazione prevista nel diritto austriaco non costituisce, in ogni caso, un’eccezione.

37.

È vero che la fictio riguarda, in linea di principio, una cerchia circoscritta di progetti, ossia progetti che sono stati autorizzati oltre tre anni prima dell’entrata in vigore della normativa sulla fictio. Tuttavia non è chiaro quali progetti beneficino effettivamente della disciplina in parola in quanto autorizzati senza la pur necessaria valutazione dell’impatto ambientale. Al fine di chiarire detto aspetto occorrerebbe esaminare tutti i progetti che sono stati autorizzati in Austria nel periodo controverso e che potrebbero ricadere nell’ambito di applicazione della direttiva VIA ma che non sono stati sottoposti a valutazione delle loro ripercussioni sull’ambiente.

38.

Con riferimento alla direttiva concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente ( 15 ), che presenta molte similitudini con la direttiva VIA, la Corte ha inoltre di recente sottolineato che persino il mantenimento soltanto provvisorio di piani e programmi elaborati in violazione della prima direttiva citata presuppone in ogni caso un esame caso per caso ed è soggetto ad altre rigorose condizioni ( 16 ). Vista la struttura della disciplina della fictio iuris di autorizzazione nel diritto austriaco non è però possibile prevedere un siffatto esame.

2. Sull’ammissibilità dei termini di decadenza

39.

Ciò non significa tuttavia che le autorizzazioni concesse in mancanza della necessaria valutazione dell’impatto ambientale che avrebbero richiesto tale valutazione debbano essere, senza eccezioni, ritirate o sospese per permettere detta valutazione. Secondo una giurisprudenza consolidata, è invece compatibile con il diritto dell’Unione fissare termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell’amministrazione interessati. Tali termini, infatti, non sono in linea di principio tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ( 17 ); essi sono quindi compatibili con il principio di effettività.

40.

Il termine di tre anni per la revoca di un’autorizzazione concessa senza la necessaria valutazione dell’impatto ambientale risulta quindi ragionevole, o addirittura generoso, se gli interessati – come, nel caso di specie, la città di Wiener Neustadt – avevano o avrebbero dovuto avere conoscenza dell’autorizzazione ( 18 ).

41.

La direttiva VIA e il principio di effettività non ostano quindi, nell’interesse della certezza del diritto, a una disciplina nazionale che preclude alle autorità competenti di annullare l’autorizzazione di un progetto rilasciata in violazione della direttiva di cui trattasi se sono decorsi tre anni dalla sua concessione.

3. Sugli ulteriori obblighi previsti nella direttiva VIA

42.

La previsione di un termine di decadenza ragionevole per l’impugnazione di un’autorizzazione non significa però che si possa presumere che l’autorizzazione in parola è stata concessa in conformità dei requisiti della direttiva VIA. Ciò emerge già dal fatto che la Corte distingue tra la legalizzazione di un’autorizzazione, ammessa solo eccezionalmente, e i termini di decadenza ragionevoli che non hanno carattere di eccezionalità. Tale distinzione ha anche delle conseguenze pratiche posto che, rispetto al progetto controverso, possono, malgrado il termine di decadenza, sussistere ulteriori obblighi in base alla direttiva VIA.

43.

La Corte ha già riscontrato tali obblighi nel caso in cui risulti che, a partire dall’entrata in vigore della direttiva VIA, lavori o interventi fisici che debbono essere considerati progetto ai sensi di questa direttiva siano stati realizzati rispetto a un progetto senza che il loro impatto ambientale sia stato oggetto di valutazione in una fase anteriore del procedimento di autorizzazione. Spetta alle competenti autorità tener poi conto di tale mancanza nella fase del rilascio di una successiva autorizzazione e di garantire l’effetto utile della direttiva in parola vegliando a che la detta valutazione sia realizzata almeno in questa fase del procedimento ( 19 ).

44.

Nel caso dell’impianto controverso non sembra escluso, ad esempio, che la costruzione della seconda linea di lavorazione già autorizzata in base alla normativa in materia di rifiuti necessiti ancora di un’autorizzazione edilizia. Nell’ambito di detto procedimento di autorizzazione dovrebbe quindi essere effettuata ex post la valutazione dell’impatto ambientale se originariamente richiesta.

45.

Né la certezza del diritto, né l’affidamento nella sussistenza dell’autorizzazione ostano all’obbligo di porre rimedio ex post all’omessa valutazione dell’impatto ambientale.

46.

Infatti, tale valutazione di per sé non enuncia regole sostanziali relative a una ponderazione dell’impatto ambientale di un progetto pubblico o privato con altri fattori, né vieta la realizzazione dei progetti atti ad avere un impatto negativo sull’ambiente ( 20 ). È vero che si può sperare che l’individuazione di ripercussioni significative sull’ambiente porti all’adozione di misure preventive o all’abbandono del progetto. Se ciò però non accade, una valutazione dell’impatto ambientale svolge comunque ancora la funzione di raccogliere, documentare e diffondere le informazioni sulle ripercussioni sull’ambiente ( 21 ).

47.

Gli svantaggi per il gestore del progetto consistono soprattutto nello sforzo richiesto per compiere la valutazione: esso avrebbe però comunque dovuto sopportare tali oneri anche se la verifica fosse stata effettuata a tempo debito. Un eventuale affidamento nella possibilità di evitare un siffatto svantaggio non prevale in ogni caso sull’interesse del pubblico interessato da un progetto ad avere informazioni complete sulle sue ripercussioni sull’ambiente e ad esprimersi al riguardo.

48.

L’accertamento – richiesto nel procedimento principale – dell’obbligo di sottoporre il progetto a una valutazione dell’impatto ambientale sarebbe idoneo a imporre di porre rimedio ex post all’omessa valutazione de qua. A seguito di un siffatto accertamento non sarebbe infatti più necessario discutere, nell’ambito di un successivo procedimento di autorizzazione, se lavori compiuti in passato avrebbero richiesto una valutazione che deve essere compiuta ex post.

49.

Si deve invece temere che la fictio iuris di autorizzazione rilasciata in conformità della direttiva VIA possa essere interpretata nel senso che l’autorizzazione controversa non solo è definitiva ma soddisfa anche tutti i requisiti della direttiva.

50.

Ne consegue che una fictio iuris in base alla quale un progetto è considerato come autorizzato conformemente alla direttiva VIA se sono trascorsi tre anni dalla concessione dell’autorizzazione in violazione di essa è incompatibile con la direttiva e con il principio di effettività.

V – Conclusione

51.

Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:

1)

La direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati nella versione della direttiva 97/11/CE e il principio di effettività non ostano, nell’interesse della certezza del diritto, a una disciplina nazionale che esclude che le autorità competenti possano annullare l’autorizzazione di un progetto rilasciata in violazione della direttiva di cui trattasi se sono decorsi tre anni dalla concessione della suddetta autorizzazione.

2)

Una fictio iuris in base alla quale un progetto è considerato come autorizzato conformemente alla direttiva 85/337 nella versione della direttiva 97/11 se sono trascorsi tre anni dalla concessione dell’autorizzazione in violazione di essa è incompatibile con la direttiva e con il principio di effettività.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Oggi la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2011, L 26, pag. 1), modificata da ultimo dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1).

( 3 ) V., ad esempio, le sentenze del 14 marzo 2013, Leth (C‑420/11, EU:C:2013:166); del 21 marzo 2013, Salzburger Flughafen (C‑244/12, EU:C:2013:203); dell’11 febbraio 2015, Marktgemeinde Straßwalchen e a (C‑531/13, EU:C:2015:79), e del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231).

( 4 ) Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40) nella versione della direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 (GU 1997, L 73, pag. 5).

( 5 ) Versione originaria della direttiva 2011/92.

( 6 ) V., sul punto, sentenza del 23 novembre 2006, Commissione/Italia (C‑486/04 [Massafra], EU:C:2006:732, punti 40 e segg.)

( 7 ) V. le mie conclusioni nella causa Gruber (C‑570/13, EU:C:2014:2374, paragrafi da 55 a 59).

( 8 ) Pag. 12 della decisione del 10 dicembre 2002 (allegato alla memoria della ASA Abfall).

( 9 ) Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 65).

( 10 ) Sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a. (C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V., supra, paragrafo 25.

( 12 ) Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 65).

( 13 ) V., ad esempio, sentenze del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 67) e del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punti 2627).

( 14 ) Sentenze del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda (C‑215/06, EU:C:2008:380, punto 57), e del 15 gennaio 2013, Križan e a (C‑416/10, EU:C:2013:8, punto 87).

( 15 ) Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001 (GU 2001, L 197, pag. 30).

( 16 ) Sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603, in particolare, punto 43).

( 17 ) Sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe‑Zentralfinanz e Rewe‑Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5); del 17 novembre 1998, Aprile (C‑228/96, EU:C:1998:544, punto 19); del 30 giugno 2011, Meilicke e a. (C‑262/09, EU:C:2011:438, punto 56), e del 29 ottobre 2015, BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:731, punto 28).

( 18 ) V. le mie conclusioni nella causa Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:491, paragrafo 108).

( 19 ) Sentenza del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a (C‑275/09, EU:C:2011:154, punto 37).

( 20 ) Sentenza del 14 marzo 2013, Leth (C‑420/11, EU:C:2013:166, punto 46).

( 21 ) V. le mie conclusioni nella causa Leth (C‑420/11, EU:C:2012:701, paragrafi 49 e segg.).