CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 21 aprile 2016 ( 1 )

Cause riunite C‑8/15 P, C‑9/15 P e C‑10/15 P

Ledra Advertising Ltd (C‑8/15 P)

Andreas Eleftheriou (C‑9/15 P)

Eleni Eleftheriou (C‑9/15 P)

Lilia Papachristofi (C‑9/15 P)

Christos Theophilou (C‑10/15 P)

Eleni Theophilou (C‑10/15 P)

contro

Commissione europea

Banca centrale europea

«Impugnazioni — Meccanismo europeo di stabilità — Programma di sostegno alla stabilità di Cipro — Protocollo d’intesa sulla politica di condizionalità economica specifica, stipulato tra la Repubblica di Cipro e la Banca centrale europea (BCE) il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Commissione europea — Ricorsi per risarcimento danni e di annullamento — Obblighi della Commissione»

1. 

La questione giuridica chiave sollevata dalle presenti impugnazioni riguarda il ruolo della Commissione e, in misura minore, della Banca centrale europea (in prosieguo: la «BCE»), nella negoziazione e nella firma del Protocollo d’intesa stipulato tra la Repubblica di Cipro e il Meccanismo europeo di stabilità (in prosieguo: il «MES») nel corso della crisi finanziaria degli anni 2012-2013 (in prosieguo: il «protocollo d’intesa»). L’esame di tali tematiche solleva altresì questioni relative agli obblighi giuridici della Commissione nelle sue attività ai sensi del trattato MES ( 2 ), in particolare alla luce della sentenza del 27 novembre 2012 emessa dalla Corte in seduta plenaria nella causa Pringle (in prosieguo: la «sentenza Pringle») ( 3 ).

2. 

Le presenti impugnazioni riguardano tre ricorsi per risarcimento danni proposti nei confronti della Commissione e della BCE da depositanti di due grosse banche cipriote, la Bank of Cyprus (in prosieguo: la «BoC») e la Cyprus Popular Bank (in prosieguo: la «CPB»). I depositanti sostengono di aver subito, in seguito alla richiesta, da parte della Repubblica di Cipro, di assistenza finanziaria da parte del MES e alla ristrutturazione delle due banche in questione, perdite tra EUR 480000 ed EUR 1600000. I ricorrenti chiedono altresì l’annullamento parziale del protocollo d’intesa per una presunta violazione del loro diritto di proprietà.

I – Contesto normativo

A – Il Trattato MES

3.

Il considerando 1 del Trattato MES è del seguente tenore:

«Il 17 dicembre 2010 il Consiglio europeo ha concordato sulla necessità per gli Stati membri della zona euro di istituire un meccanismo permanente di stabilità. Il [MES] assumerà il compito attualmente svolto dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e dal meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM) di fornire, laddove necessario, l’assistenza finanziaria agli Stati membri della zona euro».

4.

L’articolo 3 del Trattato MES dispone:

«L’obiettivo del MES è quello di mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del MES che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri. A questo scopo è conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi».

5.

L’articolo 4, paragrafo 1, del Trattato MES stabilisce:

«Il MES è dotato di un consiglio dei governatori e di un consiglio di amministrazione, nonché di un direttore generale e dell’altro personale ritenuto necessario».

6.

L’articolo 5, paragrafo 3, del Trattato MES così recita:

«Il membro della Commissione europea responsabile degli affari economici e monetari e il presidente della BCE, nonché il presidente dell’Eurogruppo (se non è il presidente o un governatore), possono partecipare alle riunioni del consiglio dei governatori [del MES] in qualità di osservatori».

7.

L’articolo 6, paragrafo 2, del Trattato MES è redatto nei seguenti termini:

«Il membro della Commissione europea responsabile degli affari economici e monetari ed il presidente della BCE possono nominare ciascuno un osservatore [presso il Consiglio d’amministrazione del MES]».

8.

L’articolo 12, paragrafo 1, del Trattato MES recita:

«Ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il MES può fornire a un proprio membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite».

9.

L’articolo 13 del Trattato MES (intitolato «Procedura per la concessione del sostegno alla stabilità») dispone quanto segue:

«1.   Un membro del MES può presentare domanda di sostegno alla stabilità al presidente del consiglio dei governatori. Tale domanda menziona lo strumento finanziario o gli strumenti finanziari da considerare. Una volta ricevuta la domanda, il presidente del consiglio dei governatori assegna alla Commissione europea, di concerto con la BCE, i seguenti compiti:

a)

valutare l’esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso o dei suoi Stati membri, a meno che la BCE non abbia già presentato un’analisi a norma dell’articolo 18, paragrafo 2;

b)

valutare la sostenibilità del debito pubblico. Se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme all’FMI;

c)

valutare le esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.

2.   Sulla base della domanda del membro del MES e della valutazione di cui al paragrafo 1, il consiglio dei governatori può decidere di concedere, in linea di principio, il sostegno alla stabilità al membro del MES interessato sotto forma di un dispositivo di assistenza finanziaria.

3.   Se è adottata una decisione ai sensi del paragrafo 2, il consiglio dei governatori affida alla Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI – il compito di negoziare con il membro del MES interessato un protocollo d’intesa che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d’intesa riflette la gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto. Il direttore generale del MES prepara nel contempo una proposta di accordo su un dispositivo di assistenza finanziaria contenente le modalità finanziarie e le condizioni e la scelta degli strumenti, che dovrà essere adottata dal consiglio dei governatori.

Il protocollo d’intesa è pienamente conforme alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal TFUE, in particolare a qualsiasi atto legislativo dell’Unione europea, compresi pareri, avvertimenti, raccomandazioni o decisioni indirizzate al membro del MES interessato.

4.   La Commissione europea firma il protocollo d’intesa in nome e per conto del MES, previa verifica del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 3 e approvazione del consiglio dei governatori.

5.   Il consiglio di amministrazione approva l’accordo sul dispositivo di assistenza finanziaria che definisce gli aspetti finanziari del sostegno alla stabilità da fornire e, se del caso, le modalità di corresponsione della prima rata dell’assistenza stessa.

(…)

7.   La Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme al FMI – ha il compito di monitorare il rispetto delle condizioni cui è subordinato il dispositivo di assistenza finanziaria».

B – Protocollo d’intesa tra la Repubblica di Cipro e la Commissione

10.

I punti da 1.23 a 1.27 del protocollo d’intesa (intitolati «Ristrutturazione e risoluzione della [CPB] e della [BoC]») stabiliscono:

«1.23.

L’esame del valore finanziario e contabile già menzionato ha rivelato che le due maggiori banche di Cipro erano insolventi. Al fine di disciplinare tale situazione, il governo ha attuato un piano di risoluzione e di ristrutturazione di grande portata. Per evitare che si accumulassero futuri squilibri e per ripristinare la vitalità del settore, salvaguardando nel contempo la concorrenza, è stata adottata una strategia composta da quattro fasi che non comporta l’impiego di denaro dei contribuenti.

1.24.

In primo luogo, sono stati ceduti tutti gli attivi (ivi inclusi i prestiti nel settore del trasporto marittimo) e i passivi connessi alla Grecia, stimati – con simulazione di un’ipotesi sfavorevole – rispettivamente in EUR 16,4 e 15 miliardi. Gli attivi e i passivi greci sono stati acquistati dalla Piraeus Bank, la cui ristrutturazione sarà affidata alle autorità elleniche. La cessione è stata eseguita in virtù di un accordo firmato il 26 marzo 2013. Poiché il valore contabile degli attivi ammontava a EUR 19,2 miliardi, questa cessione ha permesso di ridurre sostanzialmente l’esposizione reciproca tra la Grecia e Cipro.

1.25.

Per quanto concerne la succursale del[la CPB] nel Regno Unito, tutti i depositi sono stati trasferiti alla controllata britannica del[la BoC]. Gli attivi collegati sono stati integrati all’interno del[la BoC].

1.26.

In secondo luogo, [la BoC] riprende – mediante una procedura di acquisto e di assorbimento gli attivi ciprioti del[la CPB], al loro giusto valore, nonché i suoi depositi garantiti e la sua esposizione per l’assistenza di liquidità d’emergenza, al loro valore nominale. I depositi non garantiti del[la CPB] saranno mantenuti all’interno della precedente entità. Ciò affinché il valore degli attivi ceduti sia superiore a quello dei passivi ceduti in modo tale che la differenza corrisponda alla ricapitalizzazione del[la BoC] da parte del[la CPB] pari al 9% degli attivi ponderati in funzione dei rischi ceduti. [La BoC] è l’oggetto di una ricapitalizzazione intesa a conseguire, alla fine del programma, un coefficiente minimo di fondi propri (core tier one ratio) del 9%, nell’ipotesi sfavorevole delle prove di stress (stress test), il che dovrebbe condurre a ristabilire la fiducia e a normalizzare le condizioni di finanziamento. La conversione del 37,5% dei depositi non garantiti detenuti nel[la BoC] in azioni di categoria A, con pieno diritto di voto e diritti a dividendi, fornisce la maggior parte del capitale necessario, con un apporto ulteriore in capitali propri da parte della precedente entità del[la CPB]. Una parte dei restanti depositi non garantiti del[la BoC] sarà temporaneamente congelata.

1.27.

In terzo luogo, al fine di assicurare che gli obiettivi della capitalizzazione saranno raggiunti, sarà realizzata, entro la fine di giugno 2013, una valutazione indipendente più dettagliata e attualizzata degli attivi del[la BoC] e del[la CPB], come richiesto dal quadro per la risoluzione delle crisi nel settore bancario. A tal fine, i termini di riferimento dell’attività di valutazione indipendente saranno convenuti non oltre la metà di aprile 2013, in consultazione con la [Commissione], la BCE e l’FMI. Dopo tale valutazione, si procederà, ove necessario, a un’ulteriore conversione di depositi non garantiti in azioni di categoria A, al fine di far sì che l’obiettivo di ottenere un livello minimo di capitali propri del 9% in condizioni di crisi possa essere raggiunto alla fine del programma. Ove la banca dovesse essere sovracapitalizzata rispetto a tale obiettivo, si procederà a un riacquisto di azioni al fine di rimborsare ai depositanti l’importo corrispondente alla sovracapitalizzazione».

C – Diritto interno

1. Legge del 22 marzo 2013

11.

Ai sensi degli articoli 3, comma 1, e 5, comma 1, della legge sul risanamento degli istituiti di credito e degli altri istituti (O peri exiyiansis pistotikon kai allon idrimaton nomos; in prosieguo: la «legge del 22 marzo 2013») ( 4 ), alla Banca centrale di Cipro (in prosieguo: la «BCC») è stato affidato il risanamento degli istituiti di cui alla predetta legge, congiuntamente al Ministero delle Finanze.

12.

A tal fine, l’articolo 12, comma 1, della legge del 22 marzo 2013 prevede che la BCC possa, mediante decreto, ristrutturare i debiti e le obbligazioni di un istituto di credito soggetto a una procedura di risoluzione, anche mediante riduzione, modifica, rinegoziazione o novazione del capitale nominale o del saldo di qualsiasi tipo di credito esistente o futuro su tale istituto o tramite una conversione dei titoli di debito in fondi propri. Dall’altra parte, detto articolo prevede che i «depositi garantiti», ai sensi dell’articolo 2, quinto comma, della legge del 22 marzo 2013, siano esclusi da tale misure. È pacifico tra le parti che si tratta in genere dei depositi inferiori a EUR 100000.

2. Decreti nn. 103 e 104

13.

Il 29 marzo 2013, sulla base della legge del 22 marzo 2013 sono stati adottati i decreti n. 103 e n. 104 ( 5 ).

14.

Il decreto del 2013 sul risanamento con mezzi propri della BoC, atto regolamentare amministrativo n. 103 (to peri diasosis me idia mesa tis Trapezas Kyprou Dimosias Etaireias Ltd Diatagma tou 2013, Kanonistiki Dioikitiki Praxi No. 103; in prosieguo: il «decreto n. 103») prevedeva una ricapitalizzazione della BoC, a spese, segnatamente, dei suoi depositanti non garantiti, dei suoi azionisti e dei suoi creditori obbligazionisti, affinché essa potesse continuare a fornire servizi bancari. Pertanto, i depositi non garantiti sono stati convertiti in tre serie di titoli: azioni della BoC (37,5% di ciascun deposito non garantito), titoli convertibili dalla BoC, vuoi in azioni vuoi in depositi (22,5% di ciascun deposito non garantito), e titoli convertibili in depositi dalla BCC (40% di ciascun deposito non garantito). ( 6 ) Il decreto n. 103, ai sensi del suo punto 10, è entrato in vigore il 29 marzo 2013 alle ore 6:00.

15.

Il decreto del 2013 sulla vendita di alcune attività della CPB, atto regolamentare amministrativo n. 104 (to Peri tis Polisis Orismenon Ergasion tis Cyprus Popular Bank Public Co Ltd Diatagma tou 2013, Kanonistiki Dioikitiki Praxi No. 104; in prosieguo: il «decreto n. 104») prevedeva, ai sensi dei suoi articoli 2 e 5, il trasferimento di alcuni elementi dell’attivo e del passivo della CPB alla BoC, ivi compresi i depositi inferiori a EUR 100000. Tali trasferimenti hanno avuto luogo il 29 marzo 2013, alle ore 6:10. I depositi superiori a EUR 100000 sono stati mantenuti presso la CPB, in attesa della sua liquidazione.

II – Contesto del procedimento

16.

Nel corso dei primi mesi del 2012 alcune banche con sede a Cipro, tra cui la CPB e la BoC, hanno vissuto difficoltà finanziarie. La Repubblica di Cipro ha ritenuto necessaria la loro ricapitalizzazione e ha presentato a tal proposito al presidente dell’Eurogruppo una domanda di assistenza finanziaria del FESF o del MES.

17.

Con dichiarazione del 27 giugno 2012, l’Eurogruppo ha precisato che l’assistenza finanziaria richiesta sarebbe stata fornita dal FESF o dal MES nell’ambito di un programma di adeguamento macroeconomico da concretizzare in un protocollo d’intesa la cui negoziazione sarebbe stata condotta, da una parte, dalla Commissione europea, congiuntamente alla BCE e all’FMI e, dall’altra, dalle autorità cipriote.

18.

La Repubblica di Cipro e gli altri Stati membri la cui moneta è l’euro hanno raggiunto un accordo politico su un progetto di protocollo d’intesa nel marzo 2013. Con dichiarazione del 16 marzo 2013 l’Eurogruppo ha accolto favorevolmente tale accordo e ha fatto riferimento a talune misure di adeguamento previste, tra le quali la creazione di un tributo sui depositi bancari. L’Eurogruppo ha dichiarato che, tenuto conto del contesto, riteneva che la concessione di un’assistenza finanziaria fosse in linea di principio, giustificata per assicurare la stabilità finanziaria della Repubblica di Cipro e della zona euro e ha invitato le parti interessate ad accelerare le negoziazioni in corso.

19.

Il 18 marzo 2013 la Repubblica di Cipro ha ordinato la chiusura delle banche nei giorni 19 e 20 marzo 2013. Le autorità cipriote hanno deciso di prorogare la chiusura delle banche fino al 28 marzo 2013 al fine di evitare una corsa agli sportelli.

20.

Il 19 marzo 2013 il parlamento cipriota ha respinto il progetto di legge del governo cipriota relativo alla creazione di un tributo su tutti i depositi bancari di Cipro.

21.

Il 22 marzo 2013 il parlamento cipriota ha adottato la legge del 22 marzo 2013.

22.

Con dichiarazione del 25 marzo 2013, l’Eurogruppo ha comunicato di aver raggiunto un accordo con le autorità cipriote sugli elementi essenziali di un futuro programma macroeconomico di adeguamento sostenuto da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro nonché dalla Commissione, dalla BCE e dal FMI. Inoltre, l’Eurogruppo ha accolto favorevolmente i piani di ristrutturazione del settore finanziario menzionati nell’allegato di tale dichiarazione. Lo stesso giorno, il governatore della BCC ha assoggettato la BoC e la CPB a una procedura di risanamento. Il 29 marzo 2013 sono stati pubblicati i decreti nn. 103 e 104.

23.

Nella sua riunione del 24 aprile 2013 il consiglio dei governatori del MES ha preso le seguenti decisioni:

concedere un sostegno alla stabilità alla Repubblica di Cipro sotto forma di un dispositivo di assistenza finanziaria (in prosieguo: il «DAF»), in conformità alla proposta del direttore generale del MES;

approvare il progetto di protocollo d’intesa negoziato dalla Commissione (in collaborazione con la BCE e l’FMI) e dalla Repubblica di Cipro;

incaricare la Commissione di firmare detto protocollo in nome e per conto del MES.

24.

Il protocollo d’intesa è stato firmato il 26 aprile 2013 dal Ministro delle Finanze della Repubblica di Cipro, dal governatore della BCC e dal sig. Rehn, vicepresidente della Commissione, in nome e per conto di quest’ultima.

25.

Infine, l’8 maggio 2013 il consiglio di amministrazione del MES ha approvato l’accordo relativo al DAF nonché una proposta relativa alle modalità di pagamento di una prima rata a sostegno della Repubblica di Cipro. Tale rata è stata suddivisa in due versamenti effettuati, rispettivamente, il 13 maggio 2013 (due miliardi di euro) e il 26 giugno 2013 (un miliardo di euro).

III – Procedimento dinanzi al Tribunale e ordinanze impugnate

26.

Il 24 maggio 2013 i) la Ledra Advertising Ltd (in prosieguo: la «Ledra»), ii) i sigg. A. Eleftheriou, E. Eleftheriou e L. Papachristofi (in prosieguo: «Eleftheriou e a.») e iii) i sigg. C. Theophilou ed E. Theophilou (in prosieguo: «Theophilou e a.») (congiuntamente, nel prosieguo delle presenti conclusioni: i «ricorrenti») hanno proposto tre separati ricorsi dinanzi al Tribunale, chiedendo il risarcimento per i presunti danni subiti in conseguenza dell’inserimento dei punti da 1.23 a 1.27 nel protocollo d’intesa e l’annullamento di tali punti del protocollo d’intesa.

27.

Con tre ordinanze emesse il 10 novembre 2013 nelle cause Ledra Advertising/Commissione e BCE (T‑289/13) ( 7 ), Eleftheriou e Papachristofi/Commissione e BCE (T‑291/13) ( 8 ) e Theophilou/Commissione e BCE (T‑293/13) ( 9 ) (in prosieguo: le «ordinanze impugnate»), il Tribunale ha respinto i ricorsi in quanto parzialmente irricevibili e parzialmente infondati in diritto.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni dei ricorrenti

28.

Con impugnazioni depositate il 9 gennaio 2015, i ricorrenti sostanzialmente chiedono che la Corte voglia:

annullare le ordinanze impugnate con riferimento ai primi due capi di ricorso, vale a dire la domanda di risarcimento danni, e/o annullare i passaggi controversi del protocollo d’intesa;

rinviare le cause al Tribunale;

riservare le spese.

29.

In tutte e tre le cause, tanto la Commissione quanto la BCE chiedono che la Corte voglia:

respingere le impugnazioni;

condannare i ricorrenti alle spese.

30.

Con decisione del 27 luglio 2015, il presidente della Corte ha ordinato la riunione dei procedimenti C‑8/15 P, C‑9/15 P e C‑10/15 P ai fini della fase orale nonché della sentenza.

31.

I ricorrenti, la Commissione e la BCE hanno svolto le loro difese all’udienza tenutasi il 2 febbraio 2016.

V – Valutazione dei motivi d’impugnazione

32.

I ricorrenti hanno proposto impugnazioni praticamente identiche, presentando quattro motivi d’impugnazione a sostegno dei loro ricorsi. Tre di tali motivi riguardano il rigetto da parte del Tribunale del primo capo di ricorso: la richiesta di risarcimento danni. Un motivo d’impugnazione riguarda la parte delle ordinanze in cui tale giudice ha respinto il loro secondo capo di ricorso: la richiesta di annullamento dei punti da 1.23 a 1.27 del protocollo d’intesa.

33.

Tuttavia, prima di esaminare, in successione, ciascuno di tali motivi, valuterò la ricevibilità delle impugnazioni.

A – Ricevibilità delle impugnazioni

1. Argomenti delle parti

34.

La Commissione e la BCE eccepiscono l’irricevibilità delle impugnazioni. La Commissione afferma che le impugnazioni non sono sufficientemente chiare, precise e comprensibili da soddisfare i requisiti stabiliti dal regolamento di procedura della Corte (in prosieguo: il «regolamento di procedura»). La BCE, per parte sua, sostiene che le impugnazioni si limitano a ripetere o riprodurre gli argomenti presentati in precedenza dinanzi al Tribunale, senza offrire alcuno specifico argomento giuridico nuovo nei confronti delle ordinanze impugnate.

2. Valutazione

35.

Secondo giurisprudenza costante, dagli articoli 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte emerge che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. In proposito, all’articolo 169, paragrafo 2, di detto regolamento viene precisato che i motivi e gli argomenti di diritto dedotti devono individuare con precisione le parti della motivazione della decisione del Tribunale oggetto di contestazione ( 10 ). Inoltre, le impugnazioni devono avere una struttura coerente ( 11 ) ed esporre i motivi e le conclusioni in modo sufficientemente chiaro e preciso ( 12 ).

36.

Tali requisiti non sono in alcun modo conseguenza di un mero formalismo; essi sono cruciali al fine di garantire principi di rilevanza fondamentale quali la certezza del diritto, una buona amministrazione della giustizia, e la tutela dei diritti di difesa delle altre parti del procedimento ( 13 ). Ciò sembra tanto più vero se si considera che la Corte esamina cause in tutte le 24 lingue ufficiali dell’Unione e deve trattare ogni giorno con giudici, autorità pubbliche e avvocati di diversi sistemi giuridici nazionali, ciascuno con le proprie norme, concezioni, tradizioni e cultura.

37.

In tale contesto, devo riconoscere che gli argomenti addotti dalla Commissione e dalla BCE in relazione alla ricevibilità delle presenti impugnazioni non mancano di fondatezza. Oltre alla generale mancanza di chiarezza e di precisione nella loro stesura e presentazione, le impugnazioni affrontano in modo piuttosto confuso questioni di diritto e di fatto. La struttura carente e la mancanza di titoli, di un indice o di una sintesi rendono arduo per chi legge trovare un filo logico tra i vari passaggi delle impugnazioni.

38.

Ciò ha reso difficile distinguere con certezza il numero e il tipo di motivi d’impugnazione e gli argomenti addotti. Ciò è vero in particolare con riferimento a taluni aspetti giuridici e fattuali che riguardano il nucleo fondamentale della causa dei ricorrenti: ad esempio, l’individuazione della condotta da cui è scaturita la presunta perdita finanziaria.

39.

Alla luce di quanto precede, sono dell’avviso che la Corte debba prendere in seria considerazione la possibilità che le impugnazioni non ottemperino, in tutto o in parte, ai requisiti stabiliti dalle disposizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura di cui sopra.

40.

Qualora, malgrado le negligenze dei ricorrenti, la Corte dovesse essere dell’avviso che le impugnazioni non possono essere dichiarate irricevibili nella loro interezza, ritengo che siano quattro i motivi d’impugnazione che devono essere trattati. Contrariamente a quanto sostenuto dalla BCE, tali motivi d’impugnazione non si limitano a riprodurre argomenti sollevati in primo grado, ma contengono una censura delle ordinanze impugnate.

41.

Qualsiasi ulteriore censura delle ordinanze impugnate contenuta nelle impugnazioni, a mio avviso, non è presentata in maniera sufficientemente chiara e strutturata da essere ritenuta un motivo d’impugnazione adeguato o autonomo. Le impugnazioni contengono altresì una serie di affermazioni in cui i ricorrenti censurano rilievi di fatto effettuati dal Tribunale ( 14 ). Tuttavia, secondo giurisprudenza costante, la valutazione dei fatti, salvo nei casi di snaturamento degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale, non è una questione di diritto assoggettata, in quanto tale, al controllo della Corte ( 15 ). Pertanto, qualora tali affermazioni dovessero essere considerate come uno o più ulteriori motivi d’impugnazione, sarebbero in ogni caso irricevibili.

B – Primo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

42.

Con il primo motivo d’impugnazione, avverso i punti 45 e 46 delle ordinanze impugnate, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel concludere che la Commissione o la BCE non erano all’origine dell’adozione del protocollo d’intesa. In particolare, essi affermano che il Tribunale non avrebbe preso in considerazione il dovere della Commissione – a cui si fa riferimento al punto 164 della sentenza Pringle – di monitorare la compatibilità con il diritto dell’Unione dei protocolli d’intesa conclusi dal MES.

43.

La Commissione sostiene che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto quando ha concluso che il protocollo d’intesa è un atto di diritto pubblico internazionale stipulato tra il MES e la Repubblica di Cipro. Il Trattato MES ha conferito alla Commissione il potere di firmare il protocollo d’intesa in nome e per conto del MES ma detta istituzione non è parte dell’accordo. Di per sé, qualsiasi obbligo della Commissione derivante dalla sentenza Pringle non modifica la natura giuridica del protocollo d’intesa, che i ricorrenti affermano essere la causa del danno da loro subito.

44.

La BCE sostiene che tale motivo è irricevibile e, comunque, infondato. Essa afferma che il Tribunale ha correttamente ritenuto che né la Commissione né la BCE potessero essere all’origine dell’adozione del protocollo d’intesa. Pertanto, a suo avviso, le ordinanze impugnate hanno correttamente ritenuto irricevibili i ricorsi per risarcimento danni.

2. Valutazione

45.

Tale motivo d’appello, in sostanza, solleva la questione se l’Unione possa essere ritenuta responsabile, ai sensi degli articoli 268 e 340 TFUE, per il risarcimento danni relativo alle perdite causate, direttamente o indirettamente, da un protocollo d’intesa stipulato dal MES e da un membro del MES che ha richiesto assistenza finanziaria ai sensi dell’articolo 13 del Trattato MES.

46.

A tal proposito, ricorderei che, ai sensi di tale disposizione, il protocollo d’intesa – che precisa le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria da concedere da parte del MES – viene negoziato dalla Commissione, di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI. Il protocollo d’intesa viene firmato dalla Commissione, in nome e per conto del MES, previa approvazione del consiglio dei governatori del MES.

47.

Sembra importante rilevare, innanzitutto, che, secondo giurisprudenza costante, lo scopo di un’azione risarcitoria nei confronti dell’Unione è il risarcimento di un danno derivato da un atto oppure da un comportamento illecito imputabile ad un’istituzione ( 16 ). Ai sensi dell’articolo 340 TFUE, qualsiasi atto di un’istituzione (o dei suoi agenti) nell’esercizio delle loro funzioni può, in linea di principio, dare adito alla responsabilità dell’Unione.

48.

Dinanzi al Tribunale i ricorrenti hanno sviluppato due linee di argomenti a sostegno della loro affermazione secondo la quale la condotta che ha causato il presunto danno è imputabile alle istituzioni dell’Unione.

a) Primo argomento

49.

L’argomento principale avanzato dai ricorrenti in primo grado, per come l’ho inteso, consisteva nell’affermare che il presunto danno subito è stato causato dalla firma del protocollo d’intesa, un atto che essi hanno ritenuto imputabile alla Commissione e alla BCE.

50.

Nei punti da 40 a 47 delle ordinanze impugnate, il Tribunale ha rilevato di essere competente, secondo giurisprudenza costante, unicamente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni causati dalle istituzioni dell’Unione o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Pertanto, una domanda di risarcimento proposta nei confronti dell’Unione e fondata sulla sola illegittimità di un atto o di un comportamento che non sia stato adottato da un’istituzione dell’Unione o dai suoi agenti è irricevibile. Tale giudice ha proseguito osservando che, benché il Trattato MES affidi alla Commissione e alla BCE alcuni compiti connessi alla realizzazione degli obiettivi di tale Trattato, emerge dalla sentenza Pringle, da una parte, che le funzioni affidate alla Commissione e alla BCE nell’ambito del Trattato MES non implicano alcun potere decisionale proprio e, dall’altra, che le attività svolte da queste due istituzioni nell’ambito dello stesso Trattato impegnano il solo MES. Pertanto, il Tribunale ha concluso che l’adozione del protocollo d’intesa non è stata originata dalla Commissione o dalla BCE e che, di conseguenza, esso non era competente ad esaminare una domanda di risarcimento fondata sull’illegittimità di talune disposizioni del protocollo d’intesa.

51.

A mio avviso, l’argomentazione del Tribunale non può essere contestata. È pacifico che il Trattato MES, nonostante lo stretto collegamento con i trattati dell’Unione, è un accordo internazionale firmato al di fuori del quadro giuridico dell’Unione. Essendo entrato in vigore dopo il completamento delle procedure di ratifica negli Stati contraenti, tale trattato ha istituito una nuova organizzazione internazionale con norme, missione, istituzioni e personale propri.

52.

Con il consenso di tutti gli Stati membri dell’Unione ( 17 ), il Trattato MES ha affidato taluni compiti ad alcune istituzioni dell’Unione (Commissione, BCE, Consiglio e Corte di giustizia). In realtà, anche prima della firma del Trattato MES, la Corte aveva statuito che, a talune condizioni, gli Stati membri sono autorizzati, in materie che non rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione, ad affidare compiti alle istituzioni, al di fuori dell’ambito dell’Unione ( 18 ).

53.

Cionondimeno, il fatto che una o più istituzioni dell’Unione possano avere un determinato ruolo all’interno del quadro giuridico MES non cambia la natura degli atti del MES. Tali atti sono estranei all’ordinamento giuridico dell’Unione: essi sono adottati dalle istituzioni del MES e vincolano esclusivamente il MES ( 19 ). L’Unione non è parte del Trattato MES (né lo sono tutti i suoi Stati membri). Consegue dall’articolo 216, paragrafo 2, TFUE che l’Unione, di norma, è vincolata dagli accordi internazionali di cui è parte ( 20 ).

54.

In questo contesto, è quasi superfluo rilevare che non si può ritenere che, in seguito all’entrata in vigore del Trattato MES, l’Unione abbia assunto ed abbia così visto trasferite a proprio favore le competenze in precedenza esercitate dagli Stati membri e ricadenti nell’ambito del Trattato ( 21 ). Il Trattato MES è un atto di politica economica che, ai sensi dell’articolo 6 TFUE, non è un’area di competenza esclusiva dell’Unione. Né il settore specifico in cui il Trattato MES è intervenuto è diventato un’area di competenza esclusiva in forza della normativa adottata dall’Unione. Come ha osservato la Corte nella sentenza Pringle, nulla nel Trattato FUE indica che solo l’Unione sia competente a concedere un’assistenza finanziaria ad uno Stato membro che già si trovi o rischi di trovarsi in gravi problemi finanziari ( 22 ).

55.

Il fatto che taluni atti di diritto dell’Unione facciano riferimento a disposizioni del MES (e viceversa) non può portare ad una diversa conclusione. Consegue da giurisprudenza costante che il fatto che uno o più atti di diritto dell’Unione possano avere lo scopo o l’effetto di incorporare nell’ordinamento di quest’ultima talune norme contenute in un accordo internazionale non approvato dall’Unione stessa non è sufficiente a portare tale accordo internazionale nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ( 23 ).

56.

Inoltre, ricordo che la Corte ha recentemente confermato che nell’ordinamento giuridico dell’Unione non vi è spazio alcuno per atti ibridi, non previsti dai trattati, adottati nell’ambito di una procedura che contiene indistintamente elementi del processo decisionale proprio dell’Unione ed elementi di natura intergovernativa ( 24 ).

57.

Infine, devo rilevare che qualsiasi conseguenza finanziaria derivante da tali atti deve essere sopportata esclusivamente dal bilancio MES ( 25 ). Per converso, accogliere gli argomenti addotti dai ricorrenti comporterebbe – come rileva la BCE – che il bilancio dell’Unione sarebbe in definitiva colpito da decisioni adottate nell’ambito di un’organizzazione internazionale di cui non tutti gli Stati membri dell’Unione sono parte.

58.

Pertanto, il fatto che accordi internazionali stipulati dal MES e da uno dei suoi membri (nel caso di specie, la Repubblica di Cipro) siano negoziati dalla Commissione e dalla BCE, e firmati dalla Commissione in nome e per conto del MES, non può modificare la reale natura giuridica di tali accordi ( 26 ): si tratta di atti del MES.

59.

Di conseguenza, il Tribunale ha correttamente statuito che il protocollo d’intesa non può essere imputato alla Commissione o alla BCE.

b) Secondo argomento

60.

Neppure l’esame dell’argomento alternativo, che i ricorrenti hanno addotto su tale punto in subordine, mi induce a trarre una diversa conclusione quanto alla responsabilità dell’Unione nella presente causa.

61.

I ricorrenti affermano che il presunto danno da essi subito è stato causato dalla mancata ottemperanza della Commissione al suo dovere di garantire che il protocollo d’intesa rispetti il diritto dell’Unione. A tal proposito, i ricorrenti fanno riferimento ai punti 164 e 174 della sentenza Pringle, in cui la Corte ha affermato: i) «[c]on il suo coinvolgimento nel Trattato MES, la Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione. D’altronde, i compiti assegnati alla Commissione dal Trattato MES le consentono (…) di monitorare la compatibilità con il diritto dell’Unione dei protocolli d’intesa conclusi dal MES»; e ii) «il protocollo d’intesa negoziato con lo Stato membro che chiede un sostegno alla stabilità deve essere pienamente conforme al diritto dell’Unione».

62.

Nutrendo dubbi sulla ricevibilità di tale argomento, il Tribunale lo ha trattato solo brevemente. Ha meramente rilevato che, in ogni caso, il presunto danno si è verificato prima della firma del protocollo d’intesa e ciò significava che non era stato accertato il nesso di causalità tra la condotta della Commissione e detto danno ( 27 ).

63.

Indipendentemente dalla questione della ricevibilità e dalla correttezza della motivazione del Tribunale, sono dell’avviso che anche il secondo argomento dei ricorrenti non sia convincente.

64.

Per spiegare il motivo, affronterò, in successione, le seguenti due questioni. In primo luogo, tratterò della premessa sulla quale l’argomento si fonda: l’esistenza di un obbligo giuridico, per la Commissione, di garantire che gli atti adottati da organi o dalle organizzazioni in nome e per conto delle quali essa agisce al di fuori del quadro dell’Unione rispettino il diritto dell’Unione, la cui violazione può dare adito alla responsabilità finanziaria dell’Unione. In secondo luogo, esaminerò se, nel corso delle negoziazioni culminate nella firma del protocollo d’intesa, possa essersi verificata una violazione del diritto dell’Unione che era dovere della Commissione evitare.

i) Gli obblighi della Commissione quando agisce al di fuori del quadro dell’Unione e la corrispondente responsabilità dell’Unione

65.

Innanzitutto, devo osservare che, a prima vista, il punto 164 della sentenza Pringle non menziona espressamente alcun obbligo specifico della Commissione. La formulazione di tale passaggio sembra suggerire che, intervenendo nelle negoziazioni di un protocollo d’intesa, è possibile per la Commissione garantirne la compatibilità con il diritto dell’Unione. Tuttavia, per cogliere il vero significato di tale passaggio, penso che debba essere letto nel suo contesto.

66.

In quella parte della sentenza Pringle, che riguardava i ruoli della Commissione e della BCE, la Corte stava esaminando la questione se i compiti assegnati dal Trattato MES a talune istituzioni dell’Unione fossero compatibili con i trattati dell’Unione. Una delle condizioni che, secondo la giurisprudenza, deve essere soddisfatta per garantire la compatibilità è che tali compiti extra «non snatur[i]no le attribuzioni che i trattati [dell’Unione] conferiscono a tali istituzioni» ( 28 ). Per quanto riguarda la Commissione, la Corte ha ricordato, al punto 163 della sentenza, che, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, tale istituzione «promuove l’interesse generale dell’Unione» e «vigila sull’applicazione del diritto dell’Unione».

67.

Pertanto, quanto affermato al punto 164 della sentenza Pringle deve essere letto nel contesto dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE. La Corte ha esaminato il Trattato MES e ha concluso che nessuna disposizione dello stesso imponeva alla Commissione di svolgere compiti che potevano porsi in contrasto con la sua missione costituzionale dell’Unione di promotrice degli interessi dell’Unione e di «custode dei trattati». Al contrario, il ruolo della Commissione nel Trattato MES sembrava perfettamente in linea con tale missione.

68.

Quali sono le implicazioni di tutto ciò ai fini del presente procedimento?

69.

Concordo con i ricorrenti sul fatto che, anche quando agiscono al di fuori del quadro dell’Unione, le istituzioni dell’Unione devono osservare scrupolosamente il diritto dell’Unione. Alla Commissione non è quindi concesso, anche quando agisce in nome e per conto del MES, di violare deliberatamente le norme dell’Unione. Inoltre, la Commissione non può contribuire, attraverso la sua condotta, ad una violazione delle norme dell’Unione commessa da altri enti od organi ( 29 ).

70.

Tuttavia, non concordo con i ricorrenti sul fatto che tale obbligo sia così esteso da potersi ritenere che sia imposto alla Commissione un obbligo di risultato al fine di evitare qualsiasi possibile conflitto o tensione tra le disposizioni di un atto adottato da altri enti e qualsiasi norma dell’Unione che possa essere applicabile alla situazione. Al massimo, potrei accettare l’eventuale esistenza di un obbligo della Commissione di fare quanto possibile per prevenire il verificarsi di tale conflitto.

71.

L’obbligo di risultato di ampia portata affermato dai ricorrenti non risulta né dal testo del Trattato MES né, e ciò è ancora più rilevante, dallo stesso articolo 17, paragrafo 1, TUE.

72.

Quanto al Trattato MES, devo rilevare che l’articolo 13, paragrafo 3, dello stesso stabilisce solo che il protocollo d’intesa deve essere «pienamente conforme [(“consistent”)] alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal TFUE» ( 30 ). Né il Trattato MES, né la Corte – nell’interpretare tale trattato nella sentenza Pringle ( 31 ) – hanno fatto riferimento all’obbligo del rispetto («compliance») totale, da parte del protocollo d’intesa, dell’intero diritto dell’Unione.

73.

Da una parte, i due termini «rispetto» («compliance») e «compatibilità» («consistency») non devono essere confusi. Invero, dal punto di vista giuridico, essi fanno riferimento a due concetti piuttosto differenti: il primo impone obbedienza e piena conformità tra due testi, mentre il secondo viene soddisfatta dalla mera compatibilità e non contraddizione tra essi.

74.

Dall’altra parte, vengono espressamente menzionate solo le misure dell’Unione di coordinamento delle politiche economiche. La ragione è la seguente: una mancanza di compatibilità (consistency) tra le misure dell’Unione di coordinamento delle politiche economiche e il protocollo d’intesa correrebbe il rischio di compromettere l’efficacia delle prime e, in tal modo, tutta l’azione dell’Unione in tale settore. Un obbligo di piena conformità tra il protocollo d’intesa e tutti gli aspetti di diritto dell’Unione non è stato ritenuto necessario poiché il sistema MES non fa parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

75.

Quanto, poi, all’articolo 17, paragrafo 1, TUE, sono dell’avviso che i doveri della Commissione quando agisce al di fuori dei trattati dell’Unione non possano, in generale, essere diversi da quelli di quando agisce nell’ambito di tale quadro, né più onerosi. Mi spiego.

76.

Nel suo ruolo di «custode dei trattati», la Commissione non è tenuta ad agire avverso qualsiasi possibile violazione del diritto dell’Unione di cui viene a conoscenza, a pena di violazione dell’articolo 17 TUE. Come ha sottolineato il Tribunale in una serie di decisioni precedenti, lo scopo dell’articolo 17 TUE è fornire une definizione generale dei poteri della Commissione: si tratta pertanto di una disposizione che ha natura istituzionale e non costituisce una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli ( 32 ). Non si può sostenere che ogni volta che la Commissione violi una disposizione specifica del Trattato, o non impedisca la violazione di detta disposizione da parte di un altro ente, tale violazione comporti anche quella della disposizione generale di cui all’articolo 17 TUE ( 33 ).

77.

Un parallelo può chiarire ulteriormente tale punto. Ai sensi del regime istituito dagli articoli da 258 a 260 TFUE (una delle principali azioni in cui la Commissione esercita il ruolo di «custode dei trattati»), la Commissione gode di poteri discrezionali nel decidere se, e in tal caso quando, avviare un procedimento nei confronti degli Stati membri sospettati di aver violato il diritto dell’Unione. Essa ha lo stesso margine di discrezionalità nel decidere contro quali azioni o omissioni imputabili agli Stati membri tali procedimenti devono essere avviati ( 34 ).

78.

È rilevante sottolineare che la Commissione, nell’ambito di tali procedure, agisce esclusivamente nell’interesse generale dell’Unione ( 35 ), anche se il risultato di un ricorso del genere può altresì essere funzionale, indirettamente, agli interessi dei singoli ( 36 ). Di fatto, gli articoli da 258 a 260 TFUE non conferiscono espressamente alcun diritto ai singoli. Questi non possono, pertanto, contestare la condotta della Commissione nell’ambito di tali procedure ( 37 ). In particolare, in linea di principio, i singoli non sono legittimati a chiedere il risarcimento da parte dell’Unione per i danni che possono aver subito a causa dell’azione o mancata azione della Commissione ai sensi degli articoli 258 e 260 TFUE. Il solo comportamento che potrebbe essere messo in discussione come «fonte del pregiudizio» è quello dello/degli Stato/i membro/i responsabile/i per la violazione delle norme dell’Unione ( 38 ). La Commissione è, tuttavia, responsabile per la modalità secondo la quale svolge tale ruolo dinanzi al Parlamento europeo che può, qualora lo ritenga opportuno, adottare una mozione di censura ai sensi dell’articolo 234 TFUE, imponendo alla Commissione di dimettersi collettivamente dalle sue funzioni.

79.

A mio avviso, gli stessi principi dovrebbero applicarsi a fortiori quando la Commissione agisce come «custode dei trattati» al di fuori del quadro giuridico dell’Unione.

80.

Di conseguenza, concludo che, alla luce dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, e tenendo conto della sentenza Pringle, non vi è alcun obbligo di risultato per la Commissione di evitare qualsiasi possibile conflitto o tensione tra le disposizioni di un atto adottato da altri enti e qualsiasi norma dell’Unione che potrebbe applicarsi alla situazione. Inoltre, i singoli non hanno alcun diritto di chiedere il risarcimento da parte dell’Unione per i presunti danni subiti a causa dell’azione o dell’inerzia della Commissione quando agisce come «custode dei trattati».

81.

Ciò posto, e per scrupolo di completezza, esaminerò altresì la questione se la firma del protocollo d’intesa possa effettivamente aver comportato la violazione del diritto dell’Unione lamentata dai ricorrenti.

ii) Applicabilità della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea ( 39 )

82.

Anche se la Corte dovesse ritenere che i doveri della Commissione, nella sua qualità di «custode dei trattati», quando agisce al di fuori del quadro dell’Unione siano di portata più ampia rispetto a quanto esposto sopra, e che una violazione di tali doveri possa invero comportare la responsabilità finanziaria dell’Unione, vi sarebbe un’ulteriore questione da trattare. Tale questione è, in sostanza, se la firma del protocollo d’intesa abbia comportato un’eventuale violazione del diritto dell’Unione che la Commissione avrebbe dovuto evitare.

83.

In primo grado, i ricorrenti hanno lamentato una presunta violazione, dovuta all’inserimento dei punti da 1.23 a 1.27 nel protocollo d’intesa, del loro diritto fondamentale di proprietà, come sancito dall’articolo 17 della Carta. Tuttavia, lasciando da parte il fatto che i ricorrenti non hanno sviluppato la questione relativa a come i passaggi controversi del protocollo d’intesa abbiano violato l’articolo 17 della Carta ( 40 ), essi non hanno innanzitutto neppure spiegato perché la Carta dovrebbe essere applicabile al protocollo d’intesa.

84.

Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, «[l]e disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione (…) come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati».

85.

Per le ragioni sopra riportate, non nutro dubbi sul fatto che la Commissione debba rispettare le norme dell’Unione, in particolare la Carta, quando agisce al di fuori del quadro giuridico dell’Unione. Dopotutto, l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta non contiene alcun limite quanto all’applicabilità della Carta con riferimento alle istituzioni dell’Unione, come fa per gli Stati membri ( 41 ). Inoltre, tale disposizione chiama le istituzioni dell’Unione a promuovere l’applicazione della Carta.

86.

Ciò non significa, tuttavia, che la Commissione sia tenuta ad imporre gli standard della Carta UE agli atti adottati da altri enti od organi che agiscono al di fuori del quadro dell’Unione. Devo ancora una volta sottolineare che, stipulando il Trattato MES, taluni Stati membri dell’Unione hanno esercitato la competenza a loro attribuita nel settore della politica economica.

87.

Secondo costante giurisprudenza, i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione sono predisposti per applicarsi in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse ( 42 ). Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Occorre rilevare che la nozione di «attuazione del diritto dell’Unione», di cui all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, richiede l’esistenza di un collegamento di una certa consistenza, che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione dal diritto nazionale e dal diritto dell’Unione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra ( 43 ). Tra gli altri elementi da prendere in considerazione vi è la circostanza se esista un’altra norma sostanziale di diritto dell’Unione (oltre a quella invocata, di cui alla Carta) che, applicandosi alla situazione, imponga un obbligo agli Stati membri in questione ( 44 ).

88.

Nella sentenza Pringle, la Corte ha già statuito che gli Stati membri non hanno attuato il diritto dell’Unione quando hanno istituito il MES e che, pertanto, la Carta non era applicabile al Trattato MES ( 45 ). In tale contesto, ci si poteva aspettare che i ricorrenti spiegassero, nel presente procedimento, perché tale soluzione non potesse valere con riferimento al protocollo d’intesa. Eppure, anche quando è stato loro chiesto all’udienza di approfondire tale punto, i ricorrenti non hanno fornito alcun chiarimento: si sono limitati a dare per scontata l’applicabilità della Carta al protocollo d’intesa. In particolare, i ricorrenti non hanno invocato alcuna disposizione di diritto dell’Unione che, applicandosi al protocollo d’intesa, avrebbe portato tale atto nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ai fini della Carta.

89.

Di conseguenza, sono dell’avviso che, in ogni caso, i ricorrenti non abbiano dimostrato che il protocollo d’intesa può costituire un’attuazione del diritto dell’Unione e che, in conseguenza di ciò, le disposizioni della Carta si applicano ad esso.

90.

A tal proposito, come previsto dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le istituzioni devono applicare quest’ultima secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze dell’Unione. Pertanto, non vi è alcun fondamento per affermare che la Commissione era tenuta ad applicare gli standard della Carta al protocollo d’intesa. Si può affermare che la Commissione, lungi dall’impedire una violazione del diritto dell’Unione, avrebbe in tal modo esteso l’applicabilità della Carta ad un settore giuridico che non era inteso ad essere disciplinato da tale atto.

91.

Questa mia conclusione è avvalorata da svariate recenti ordinanze della Corte che riguardavano impugnazioni, da parte di singoli, di varie misure di ristrutturazione adottate dalle autorità nazionali durante la recente crisi economica. In mancanza di chiarimenti quanto all’applicabilità della Carta alle misure degli Stati membri in questione, la Corte ha statuito di essere incompetente a decidere della compatibilità di tali questioni con la Carta ( 46 ).

c) Osservazioni conclusive

92.

Avendo ritenuto non fondati i ricorsi dei ricorrenti, aggiungo semplicemente le seguenti osservazioni.

93.

La mia interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE e della sentenza Pringle non implica che il quadro giuridico in cui agisce il MES sia un vuoto normativo in cui le violazioni dei diritti dei singoli non possono essere contestate. Comporta semplicemente che la Carta non costituisce generalmente lo strumento giuridico sulla base del quale deve essere valutata la legittimità degli atti adottati dal MES o delle azioni intraprese dalle istituzioni del MES o dai loro agenti. Invero, vi sono rimedi giuridici disponibili per i singoli che si ritengono colpiti da eventuali violazioni dei loro diritti in una situazione quale quella dei ricorrenti.

94.

Da una parte, altre fonti, nazionali e internazionali, che proclamano diritti ( 47 ) potrebbero essere applicabili alla loro situazione e, di conseguenza, altri giudici nazionali e internazionali potrebbero essere competenti a trattare i loro ricorsi basati su tali atti giuridici.

95.

Dall’altra parte, nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’Unione vi sono vie giurisdizionali per vagliare potenziali violazioni del diritto dell’Unione compiute nell’ambito del MES, qualora dovessero effettivamente verificarsi. Tuttavia, in tali ipotesi, il ricorso giurisdizionale non dovrebbe di norma essere proposto contro le istituzioni, se agiscono in nome e per conto del MES e non hanno alcun potere di adottare decisioni autonomamente.

96.

Fatte salve le ragioni di cui sopra, ritengo che tale posizione sia corroborata da un’ulteriore serie di considerazioni.

97.

L’articolo 340 TFUE dispone che «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni» ( 48 ).

98.

Poiché stavano svolgendo compiti al di fuori del quadro dell’Unione, la condotta delle istituzioni dell’Unione censurata dai ricorrenti nelle presenti cause deve essere vista principalmente dal punto di vista del diritto internazionale pubblico. Tali istituzioni stavano di fatto agendo in nome e per conto di un’organizzazione internazionale (il MES), i cui membri sono Stati sovrani, al fine di stipulare un accordo internazionale (il protocollo d’intesa) tra tale organizzazione e uno dei suoi Stati contraenti (la Repubblica di Cipro). Ai sensi delle norme di diritto internazionale pubblico (norme la cui validità e il cui valore, è quasi inutile rilevarlo, sono accolti e riconosciuti da tutti gli Stati membri dell’Unione, nonché dalla stessa Unione), la condotta degli agenti di organizzazioni internazionali è generalmente imputabile alla stessa organizzazione.

99.

Ad esempio, l’articolo 6, paragrafo 1, del progetto di articoli sulla responsabilità delle organizzazioni internazionali (in prosieguo: il «progetto di articoli») ( 49 ) stabilisce che «[l]a condotta di un organo o di un agente di un’organizzazione internazionale nell’esercizio delle funzioni di tale organo o agente è ritenuta un atto di tale organizzazione ai sensi del diritto internazionale, indipendentemente dalla posizione dell’organo o dell’agente all’interno dell’organizzazione». Occorre rilevare, tuttavia, che l’articolo 7 del progetto di articoli aggiunge che «[l]a condotta di un organo di uno Stato o di un organo o di un agente di un’organizzazione internazionale messo a disposizione di un’altra organizzazione internazionale è ritenuta un atto di quest’ultima ai sensi del diritto internazionale, qualora tale organizzazione eserciti un controllo effettivo su detta condotta».

100.

Ritengo che tali disposizioni possano essere prese come fonte di ispirazione nella presente causa. Non vi sono dubbi sul fatto che la Commissione e la BCE siano istituzioni di un’organizzazione internazionale (l’Unione) che sono state messe a disposizione di un’altra organizzazione (il MES). Quando hanno negoziato e/o firmato il protocollo d’intesa hanno agito in nome e per conto, e sotto il controllo effettivo, del consiglio dei governatori del MES. Di conseguenza, sembrano rientrare nella situazione contemplata dall’articolo 7 del progetto di articoli: hanno agito in qualità di «agenti» ( 50 ) del MES.

101.

Conformemente ai principi sottesi al progetto di articoli, sono pertanto dell’avviso che la condotta della Commissione e della BCE nella negoziazione e/o firma del protocollo d’intesa debba, in linea di principio, essere imputata all’organizzazione internazionale in nome e per conto della quale esse hanno svolto tali compiti (il MES), e non all’organizzazione internazionale di origine (l’Unione). Ciò potrebbe non valere, tuttavia, qualora una persona fosse in grado di dimostrare che un’istituzione dell’Unione, agendo al di fuori del quadro dell’Unione, ha commesso una violazione sufficientemente grave di una norma di diritto suscettibile di causarle un danno. Ad esempio, tale ipotesi ricorrerebbe se la Commissione o la BCE rendessero erroneamente di dominio pubblico informazioni riservate o errate che potrebbero causare un danno a talune persone fisiche o giuridiche ( 51 ). Tali atti potrebbero essere imputabili alla Commissione o alla BCE stesse. Nel presente procedimento, tuttavia, il contesto giuridico e fattuale sembra differente.

102.

In realtà, nelle presenti cause, lamentando una presunta inerzia della Commissione, i ricorrenti intendono aggirare il fatto che il MES, e solo il MES, è responsabile per gli atti che adotta ai sensi del Trattato MES.

103.

Così, in caso di effettive violazioni del diritto dell’Unione da parte del MES, possono generalmente essere proposti ricorsi avverso gli Stati membri che in definitiva sono responsabili per tali violazioni. Quando agiscono al di fuori del quadro dell’Unione, essi non possono violare disposizioni dell’Unione eventualmente applicabili o, in ogni caso, compromettere l’efficacia di misure dell’Unione che potrebbero essere pregiudicate dalla loro condotta ( 52 ).

104.

Pertanto, gli Stati membri che adottano decisioni in qualità di membri del MES possono, all’interno dell’ordinamento giuridico dell’Unione, essere ritenuti responsabili per eventuali violazioni del diritto dell’Unione commesse in tale contesto. Di conseguenza, un cittadino che si ritiene colpito da tali violazioni sarebbe legittimato a fare ricorso dinanzi ai giudici nazionali, conformemente alla giurisprudenza relativa alla responsabilità degli Stati per le violazioni del diritto dell’Unione ( 53 ).

105.

Tali principi non sono affatto tipici solo del diritto internazionale pubblico, ma si applicano altresì ai rapporti mandanti/mandatari in numerosi sistemi giuridici nazionali civili, commerciali e amministrativi, tanto all’interno dell’Unione quanto altrove. Tradizionalmente, il mandante è responsabile (verso l’esterno) per le violazioni commesse dai suoi mandatari quando trattano con terzi a suo nome. Tuttavia, quando il mandatario ha agito senza i necessari poteri, lo stesso può successivamente (internamente) essere ritenuto responsabile per il risarcimento nei confronti del mandante per il danno da questo subito ( 54 ).

106.

Le mie conclusioni sembrano ulteriormente corroborate dalla giurisprudenza della Corte secondo la quale, in materia di responsabilità extracontrattuale solidale dell’Unione e di uno Stato membro, i singoli che affermano di essere vittime di una violazione sono tenuti in primo luogo a fare ricorso dinanzi ai giudici nazionali competenti se sono le autorità degli Stati membri le principali e prime responsabili per le presunte violazioni ( 55 ). Tale principio sembra essere applicabile a maggior ragione nel presente procedimento, posto che i ricorrenti non hanno dimostrato che le istituzioni dell’Unione erano giuridicamente responsabili, anche solo in parte ( 56 ), per l’atto da cui è asseritamente scaturito il danno lamentato.

107.

Alla luce di quanto precede, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel concludere che all’origine del protocollo d’intesa non c’erano la Commissione o la BCE e che, di riflesso, l’Unione non può essere ritenuta responsabile, ai sensi degli articoli 268 e 340 TFUE, per l’inserimento nel protocollo d’intesa di taluni passaggi che violerebbero la Carta. Il primo motivo d’impugnazione deve, di conseguenza, essere respinto.

C – Secondo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

108.

Con il secondo motivo d’impugnazione, avverso il punto 43 delle ordinanze impugnate, i ricorrenti censurano il Tribunale per non aver preso in considerazione talune dichiarazioni del sig. Asmussen, che, nel periodo rilevante, era un membro del comitato esecutivo della BCE. I ricorrenti affermano che il sig. Asmussen, durante un incontro avvenuto il 15 marzo 2013, avrebbe detto al Presidente di Cipro che, «se Cipro non acconsentirà alle richieste rivoltele per colmare le lacune di sostenibilità del debito, la BCE interromperà immediatamente la liquidità bancaria nei confronti di Cipro» ( 57 ). Di conseguenza, il Tribunale avrebbe ignorato un elemento fattuale fondamentale quando ha concluso che il protocollo d’intesa era un atto imputabile al MES (e non alla Commissione e alla BCE) e che, in quanto tale, non poteva costituire il fondamento di una responsabilità dell’Unione.

109.

La Commissione sostiene che tale motivo d’impugnazione costituisce un argomento giuridico e fattuale nuovo, sollevato per la prima volta nelle repliche dei ricorrenti in primo grado. Si può affermare che non si tratta né di una questione venuta alla luce nel corso del procedimento, né di un motivo ampliato. Il Tribunale avrebbe pertanto correttamente respinto le affermazioni dei ricorrenti su tale punto. In ogni caso, la presunta «richiesta coercitiva» del sig. Asmussen non cambierebbe il fatto che il protocollo d’intesa vincola solo il MES e non l’Unione.

2. Valutazione

110.

Ritengo che le presunte dichiarazioni del sig. Asmussen costituiscano una prova che i ricorrenti hanno prodotto a sostegno della loro affermazione secondo la quale la Commissione e la BCE sono all’origine del protocollo d’intesa e secondo la quale, pertanto, l’Unione dovrebbe essere ritenuta responsabile per il presunto danno subito come conseguenza dello stesso.

111.

Tramite tale motivo d’impugnazione i ricorrenti censurano quindi la valutazione delle prove da parte del Tribunale.

112.

Per tale ragione, indipendentemente dalla circostanza che tale elemento probatorio sia stato presentato tempestivamente dinanzi al Tribunale o meno, il presente motivo d’impugnazione è a mio avviso irricevibile. La Corte non può svolgere un controllo delle prove prodotte od offerte in primo grado, salvo nei casi in cui il Tribunale abbia snaturato tali elementi di prova.

113.

Tuttavia, nel presente procedimento, i ricorrenti si limitano a mettere in discussione la mancata presa in considerazione, da parte del Tribunale, di un elemento probatorio, senza invocare alcuno snaturamento di tali elementi di prova.

114.

In ogni caso, la Commissione e la BCE rilevano correttamente che, qualsiasi cosa il sig. Asmussen possa aver detto, personalmente o nella sua funzione ufficiale, durante il suo incontro con il Presidente di Cipro, questa non ha alcun impatto sulla natura giuridica del protocollo d’intesa. In definitiva, è il MES ad essere responsabile per il contenuto di tale atto.

115.

Il secondo motivo d’impugnazione è pertanto irricevibile e, in ogni caso, infondato.

D – Terzo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

116.

Con il terzo motivo d’impugnazione, avverso il punto 54 delle ordinanze impugnate, i ricorrenti censurano le conclusioni del Tribunale secondo le quali non vi era alcun nesso di causalità tra il danno che affermano di aver subito e la presunta inerzia della Commissione. Il Tribunale ha concluso che la presunta riduzione del valore dei depositi dei ricorrenti è stata causata dall’entrata in vigore del decreto n. 103, avvenuta prima della firma del protocollo d’intesa. In particolare, ad avviso dei ricorrenti, il Tribunale avrebbe errato nel valutare la nozione di «condizionalità»: il protocollo d’intesa ha fissato non solo talune condizioni che Cipro avrebbe dovuto rispettare in futuro, ma anche talune condizioni che Cipro aveva già rispettato.

117.

La Commissione respinge le affermazioni di errori di diritto formulate dai ricorrenti e, in particolare, l’affermazione secondo la quale la ricapitalizzazione della BoC e della CPB tramite misure di risanamento con mezzi propri era parte della condizione imposta dall’articolo 13 del Trattato MES. A suo avviso, le autorità cipriote avrebbero deciso di dare attuazione a tali misure in piena autonomia.

118.

La BCE, per parte sua, sostiene che i ricorrenti chiedono, in sostanza, una rivalutazione delle prove, senza presentare alcun argomento basato su un presunto errore di diritto, il che non è consentito in sede d’impugnazione.

2. Valutazione

119.

Sono dell’avviso che il presente motivo d’impugnazione sia inconferente. Invero, indipendentemente dalla circostanza che il Tribunale abbia o meno commesso un errore di diritto nell’interpretare e nell’applicare la nozione di nesso di causalità, tale errore non sarebbe in grado di portare all’annullamento delle ordinanze impugnate.

120.

Come spiegato nell’ambito del primo motivo d’impugnazione, la condotta che avrebbe dato cagionato il presunto danno non può essere imputata alle istituzioni dell’Unione. In tal caso, pertanto, non vi è la necessità di stabilire se siano soddisfatte o meno le tre condizioni richieste per innescare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione ( 58 ).

E – Quarto motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

121.

Con il quarto motivo d’impugnazione, avverso il punto 54 delle ordinanze impugnate, i ricorrenti sostanzialmente affermano che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare irricevibile la loro richiesta di annullamento parziale del protocollo d’intesa. Essi sostengono che, se la Corte dovesse accogliere gli argomenti dedotti in giudizio nei primi tre motivi d’impugnazione, ne conseguirebbe che anche il quarto motivo d’impugnazione è fondato.

122.

La Commissione e la BCE ritengono entrambe che, alla luce degli argomenti sviluppati nell’ambito degli altri motivi d’impugnazione, anche tale motivo debba essere respinto.

2. Valutazione

123.

La concisione è sicuramente una virtù per un atto processuale depositato dinanzi alla Corte, tuttavia, l’eccessiva laconicità è un peccato capitale. Il presente motivo d’impugnazione – sviluppato in un unico, breve punto delle impugnazioni – si trova sulla labile linea di confine tra tali due nozioni.

124.

Invero, si può essere perdonati per aver pensato che sia piuttosto eccezionale che un presunto errore di diritto commesso dal Tribunale possa essere individuato, spiegato e dimostrato con la necessaria chiarezza ed esaustività in un unico punto di un ricorso.

125.

In ogni caso, potrebbe non essere necessario discutere della ricevibilità del presente motivo d’impugnazione, poiché ritengo che esso sia manifestamente infondato.

126.

Secondo costante giurisprudenza, in un ricorso di annullamento, come previsto dall’articolo 263 TFUE, i giudici dell’Unione hanno la competenza solo per esercitare un controllo di legittimità sugli atti delle istituzioni, degli organi, degli uffici o delle agenzie dell’Unione ( 59 ).

127.

Il protocollo d’intesa è stato stipulato dalla Repubblica di Cipro e dal MES, nessuno dei quali è un’istituzione dell’Unione. Il MES è stato istituito dagli Stati membri la cui moneta è l’euro. Nella sentenza Pringle, la Corte ha statuito che tali Stati membri sono competenti a concludere tra di loro un accordo relativo all’istituzione di un meccanismo di stabilità ( 60 ). Per costante giurisprudenza, la Corte è in linea di principio incompetente in relazione al controllo delle azioni degli Stati membri quando questi esercitano i loro poteri collettivamente come Stati membri, piuttosto che come membri del Consiglio ( 61 ).

128.

È vero che, in taluni casi eccezionali, la Corte si è riservata il potere di controllo degli atti che, sebbene formalmente adottati come atti degli Stati membri riuniti nel Consiglio, visto il loro contenuto e il complesso delle circostanze in cui sono stati adottati, devono essere considerati atti del Consiglio ( 62 ). Cionondimeno, è evidente che tale ipotesi non ricorre nel presente procedimento: l’atto impugnato è stato adottato ai sensi delle norme di un accordo internazionale di cui l’Unione non è parte e che ha creato un’organizzazione internazionale con personalità giuridica distinta da quella dell’Unione e indipendente da essa.

129.

Pertanto, poiché il protocollo d’intesa non può essere oggetto di ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, anche il quarto motivo d’impugnazione deve essere respinto e, con esso, le impugnazioni nella loro interezza.

VI – Spese

130.

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

131.

Qualora la Corte concordi con la mia valutazione dell’impugnazione, allora, in linea con gli articoli 137, 138 e 184 del regolamento di procedura, i ricorrenti dovranno sostenere le spese del presente procedimento sia di primo grado, sia d’impugnazione.

VII – Conclusioni

132.

Tenuto conto delle considerazioni che precedono, propongo che la Corte voglia:

respingere le impugnazioni;

condannare la Ledra Advertising Ltd alle spese relative alla causa C‑8/15 P sia di primo grado, sia d’impugnazione;

condannare i sigg. Andreas Eleftheriou, Eleni Eleftheriou e Lilia Papachristofi alle spese relative alla causa C‑9/15 P sia di primo grado, sia d’impugnazione;

condannare i sigg. Christos Theophilou ed Eleni Theophilou alle spese relative alla causa C‑10/15 P sia di primo grado, sia d’impugnazione.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, firmato dagli Stati membri dell’Eurozona il 2 febbraio 2012 ed entrato in vigore per i primi 16 Stati membri che l’hanno ratificato il 27 settembre 2012.

( 3 ) Sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑379/12, EU:C:2012:756).

( 4 ) EE, allegato I (I), n. 4379, 22.3.2013.

( 5 ) EE, allegato III(I), n. 4645, 29 marzo 2013, pagg. da 769 a 780 e da 781 a 788.

( 6 ) Questi dati fanno salva la riduzione nel valore dei depositi non assicurati da ultimo concordata.

( 7 ) EU:T:2014:981.

( 8 ) EU:T:2014:978.

( 9 ) EU:T:2014:979.

( 10 ) V. anche, tra le tante, sentenza del 3 dicembre 2015, Italia/Commissione (C‑280/14 P, EU:C:2015:792, punto 42 e giurisprudenza citata).

( 11 ) V., tra l’altro, ordinanza del 29 novembre 2007, Weber/Commissione, non pubblicata (C‑107/07 P, EU:C:2007:742, punti da 26 a 28).

( 12 ) V., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punti 2930 e giurisprudenza citata).

( 13 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione (C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 41 e giurisprudenza citata).

( 14 ) V., ad esempio, punto 8 di ciascuna impugnazione.

( 15 ) V. sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina (C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 16 e giurisprudenza citata).

( 16 ) V. sentenza del 23 marzo 2004, Mediatore europeo/Lamberts (C‑234/02 P, EU:C:2004:174, punto 59 e giurisprudenza citata).

( 17 ) V. considerando 10 del Trattato MES.

( 18 ) V., in particolare, sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punti 16, 2022); sentenza del 2 marzo 1994, Parlamento/Consiglio (C‑316/91, EU:C:1994:76, punti 26, 3441); parere del10 aprile 1992, 1/92 (EU:C:1992:189, punti 3241); e parere dell’8 marzo 2011, 1/09 (EU:C:2011:123, punto 75).

( 19 ) V. sentenza Pringle, punto 161.

( 20 ) V., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punti 50, 52 e da 60 a 62 e giurisprudenza citata).

( 21 ) V. sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 63 e giurisprudenza citata).

( 22 ) Sentenza Pringle, v. in particolare punto 120.

( 23 ) V., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 63 e giurisprudenza citata).

( 24 ) V., in tal senso, sentenza del 28 aprile 2015, Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:282, punto 51).

( 25 ) V. capo 4 del Trattato MES.

( 26 ) Non è necessario che tratti la questione se un protocollo d’intesa firmato dal MES e da uno dei suoi membri sia un accordo giuridicamente vincolante o un atto di mero valore politico.

( 27 ) Punto 54 delle ordinanze impugnate.

( 28 ) V. la giurisprudenza a cui fa riferimento la sentenza Pringle, punto 158.

( 29 ) V. sentenza Pringle, punto 112.

( 30 ) Il corsivo è mio.

( 31 ) V., in particolare, punti 164 e 174 della sentenza Pringle, a cui fanno riferimento i ricorrenti.

( 32 ) V., in particolare, ordinanza del 27 ottobre 2008, Pellegrini/Commissione, non pubblicata (T‑375/07, EU:T:2008:465, punto 19 e giurisprudenza citata).

( 33 ) V., in tal senso, sentenza del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione (T‑371/94 e T‑394/94, EU:T:1998:140, punto 453).

( 34 ) V., tra le altre, sentenze del 5 novembre 2002, Commissione/Lussemburgo (C‑472/98, EU:C:2002:629, punti da 34 a 38), e del 28 ottobre 2010, Commissione/Lituania (C‑350/08, EU:C:2010:642, punto 33).

( 35 ) V. sentenza dell’11 agosto 1995, Commissione/Germania (C‑431/92, EU:C:1995:260, punto 21 e giurisprudenza citata).

( 36 ) V., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2009, Danske Slagterier (C‑455/06, EU:C:2009:178, punto 67).

( 37 ) V., tra le tante, sentenze del 14 febbraio 1989, Star Fruit/Commissione (247/87, EU:C:1989:58, punti da 10 a 14), e del 17 maggio 1990, Sonito e a./Commissione (C‑87/89, EU:C:1990:213, punti 67).

( 38 ) V., in particolare, ordinanza del 23 maggio 1990, Asia Motor France/Commissione (C‑72/90, EU:C:1990:230, punti da 13 a 15). V. anche ordinanza del Tribunale del 14 gennaio 2004, Makedoniko Metro e Michaniki/Commissione (T‑202/02, EU:T:2004:5, punto 43).

( 39 ) In prosieguo: la «Carta».

( 40 ) I ricorsi si sono limitati a discutere dell’eventuale violazione dell’articolo 1 del protocollo 1 della CEDU, senza tracciare alcun collegamento tra tali due disposizioni.

( 41 ) V. Peers, S., «Towards a New Form of EU Law? The Use of EU Institutions Outside the EU Legal Framework», European Constitutional Law Review, 2013, pagg. da 51 a 53.

( 42 ) V., tra le altre, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19).

( 43 ) V., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 24 e giurisprudenza citata).

( 44 ) V., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2014, Torralbo Marcos (C‑265/13, EU:C:2014:187, punto 33 e giurisprudenza citata).

( 45 ) V. Punti da 178 a 181 della sentenza Pringle.

( 46 ) V. ordinanze Cozman, del 14 dicembre 2011 (C‑462/11, EU:C:2011:831); del 14 dicembre 2011, Corpul Naţional al Poliţiştilor (C‑434/11, EU:C:2011:830), non pubblicata; del 7 marzo 2013, Sindicato dos Bancários do Norte e a. (C‑128/12, EU:C:2013:149), non pubblicata; del 26 giugno 2014, Sindicato Nacional dos Profissionais de Seguros e Afins (C‑264/12, EU:C:2014:2036); e del 21 ottobre 2014, Sindicato Nacional dos Profissionais de Seguros e Afins (C‑663/13, EU:C:2014:2327).

( 47 ) Quali la Costituzione della Repubblica di Cipro e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

( 48 ) Il corsivo è mio.

( 49 ) Adottato dalla Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite alla sua sessantatreesima sessione, nel 2011, e presentato all’Assemblea Generale come parte della relazione della Commissione relativa ai lavori di tale sessione (A/66/10) (Annuario della Commissione di diritto internazionale, 2011, vol. II, parte seconda).

( 50 ) La nozione di «agenti di un’organizzazione internazionale» viene definita in modo molto ampio all’articolo 2, lettera d), del progetto di articoli, ricomprendendo qualsiasi «funzionario o altra persona o entità, diversa da un organo, che viene incaricato dall’organizzazione di svolgere una delle funzioni di questa, o di assistere nello svolgimento di tali funzioni, e tramite il quale, pertanto, l’organizzazione agisce».

( 51 ) V., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 dicembre 2009, Arizmedi e a./Consiglio e Commissione (T‑440/03, T‑171/04. T‑208/04. T‑365/04 e t‑484/04, EU:T:2009:530, punti da 61 a 71).

( 52 ) Tale principio deriva in particolare dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE.V., in tal senso, sentenze del 31 marzo 1971Commissione/Consiglio (in prosieguo: ERTA) (22/70. EU:C:1971:32, punti 2122), e del 5 novembre 2002, Commissione/Lussemburgo /C‑472/98, EU:C:2002:629, punto 85).

( 53 ) Giurisprudenza che scaturisce in particolare dalle sentenze del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428), e del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:2996:79).

( 54 ) Per una prospettiva storica e comparativa, v. Müler-Freienfels, W., «Agency - Law» in Encyclopoedia Britannica, 2016, reperibile su http://www.britannica.com/topic/agency-law.

( 55 ) Questa è la mia interpretazione delle sentenze del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione (5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, EU:C:1967:31), e del 12 aprile 1984, Unifrex/Commissione e Consiglio (281/82, EU:C:1984:165).

( 56 ) Una responsabilità solidale dell’Unione non può, tuttavia, derivare dal fatto che un’istituzione dell’Unione si limiti a fornire assistenza o indicazioni non vincolanti alle autorità nazionali. V., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 1986, Krohn Import-Export/Commissione (175/84, EU:C:1986:85), e del 10 maggio 1978, Société pour l’exportation des sucres/Commissione (132/77, EU:C:1978:99).

( 57 ) I ricorrenti fanno riferimento a tale dichiarazione come la «richiesta coercitiva [the unless-demand]».

( 58 ) Per tali condizioni v., tra le tante, sentenza del 25 marzo 2010, Sviluppo Italia Basilicata/Commissione (C‑414/08 P, EU:C:2010:165, punto 138).

( 59 ) V. sentenze del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32, punto 42); del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 13), e del 13 luglio 2004, Commissione/Consiglio (C‑27/04, EU:C:2004:436, punto 44).

( 60 ) Sentenza Pringle, punto 68.

( 61 ) V. in tal senso, sentenze del 30 giugno 1993, Parlamento e Consiglio / Commissione (C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 12), e del 4 settembre 2014, Commissione / Consiglio, C‑114/12, EU:C:2014:2151, paragrafi da 38 a 41).

( 62 ) V. sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 14) e conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella stessa causa (EU:C:1992:520, paragrafi da 20 a 22).