SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

6 ottobre 2015 ( * )

«Funzione pubblica — Assunzione — Concorso generale — Iscrizione nell’elenco di riserva — Decisione dell’APN di non assumere un vincitore di concorso — Rispettive competenze della commissione giudicatrice e dell’APN — Requisiti per l’ammissione al concorso — Durata minima dell’esperienza professionale — Modalità di calcolo — Manifesto errore di valutazione della commissione giudicatrice — Insussistenza — Perdita della possibilità di assunzione — Risarcimento»

Nella causa F‑119/14,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 270 TFUE, applicabile al Trattato CEEA ai sensi del suo articolo 106 bis,

FE, residente in Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentata da L. Levi e A. Blot, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Currall e G. Gattinara, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Prima Sezione),

composto da R. Barents, presidente, E. Perillo (relatore) e J. Svenningsen, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 giugno 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 24 ottobre 2014, FE ha proposto il presente ricorso diretto all’annullamento della decisione dell’autorità che ha il potere di nomina della Commissione europea (in prosieguo: l’«APN»), del 17 dicembre 2013, che ha rifiutato la sua assunzione da parte della direzione generale (DG) «Giustizia» a partire dall’elenco di riserva del concorso EPSO/AD/42/05, nonché al risarcimento del danno materiale e morale asseritamente subito a causa di tale decisione.

Contesto normativo

2

In materia di assunzione dei funzionari, l’articolo 5 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, nella versione in vigore all’epoca dei fatti di cui trattasi (in prosieguo: lo «Statuto»), prevede, in particolare, al paragrafo 3, quanto segue:

«Ogni nomina ad un posto di funzionario richiede almeno

(…)

c)

per i gradi da 7 a 16 del gruppo di funzioni [degli amministratori]:

i)

un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa attestata da un diploma quando la durata normale di tali studi è di quattro anni o più, o

ii)

un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa attestata da un diploma e un’esperienza professionale adeguata di almeno un anno quando la durata normale di tali studi è almeno pari a tre anni, o

iii)

ove giustificato nell’interesse del servizio, una formazione professionale di livello equivalente».

3

L’articolo 28 dello Statuto è così formulato:

«Per la nomina a funzionario, occorre possedere i seguenti requisiti:

a)

essere cittadino di uno degli Stati membri dell’Unione, salvo deroga concessa dall’[APN], e godere dei diritti politici;

b)

essere in regola con le leggi applicabili in materia di obblighi militari;

c)

offrire le garanzie di moralità richieste per le funzioni da svolgere;

d)

aver sostenuto, fatte salve le disposizioni dell’articolo 29, paragrafo 2, [dello Statuto] un concorso per titoli o per esami o per titoli ed esami, alle condizioni previste dall’allegato III [dello Statuto];

e)

essere fisicamente idoneo all’esercizio delle funzioni;

f)

avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione nella misura necessaria alle funzioni da svolgere».

4

L’articolo 30 dello Statuto prevede quanto segue:

«Per ogni concorso viene nominata una commissione giudicatrice dall’[APN]. Tale commissione stabilisce l’elenco dei candidati dichiarati idonei.

L’[APN] sceglie in questo elenco il candidato o i candidati che essa nomina ai posti vacanti».

5

L’articolo 4 dell’allegato III dello Statuto stabilisce quanto segue:

«L’[APN] stabilisce l’elenco dei candidati che soddisfano alle condizioni previste [a]ll’articolo 28[, lettere a), b), e c),] dello [S]tatuto e lo trasmette al presidente della commissione giudicatrice unitamente ai fascicoli delle candidature».

6

L’articolo 5 del medesimo allegato III dello Statuto precisa che:

«Dopo aver preso conoscenza dei fascicoli, la [c]ommissione giudicatrice stabilisce l’elenco dei candidati che soddisfano alle condizioni fissate dal bando di concorso.

Nei concorsi per esami tutti i candidati iscritti nell’elenco sono ammessi alle prove d’esame.

(…)».

7

Infine, il titolo A, punto II, del bando di concorso EPSO/AD/42/05 (v. punto 8 della presente sentenza), riguardo al profilo richiesto e ai primi due requisiti per l’ammissione, così recita:

Fatti

8

L’8 dicembre 2005 l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) ha pubblicato il bando di concorso generale EPSO/AD/42/05 (in prosieguo: il «concorso») per la costituzione di una riserva per l’assunzione di giuristi linguisti di grado AD 7 di lingua polacca, destinata alla copertura di posti vacanti presso le istituzioni europee, in particolare presso la Corte di giustizia delle Comunità europee (GU C 310 A, pag. 3; in prosieguo: il «bando di concorso»). Il termine ultimo per l’iscrizione al concorso era fissato all’11 gennaio 2006.

9

Al titolo A, punto I, del bando di concorso, rubricato «N[atura delle funzioni]», le funzioni da esercitare erano descritte nei seguenti termini:

10

Il titolo A, punto II.2, del bando di concorso precisava inoltre che, per poter essere ammessi a sostenere le prove, i candidati, alla data di scadenza fissata per l’iscrizione al concorso, dovevano dimostrare di aver maturato, «[d]opo il ciclo di studi universitari richiesto, un’esperienza professionale di almeno due anni (…)».

11

La ricorrente ha presentato la propria candidatura per il concorso il 27 dicembre 2005. Alla rubrica «E[sperienza professionale]» del suo atto di candidatura al concorso (in prosieguo: l’«atto di candidatura») la ricorrente ha precisato di aver maturato sei esperienze professionali per una durata complessiva di trentun mesi, in cui erano compresi quindici mesi di attività come giurista linguista freelance per la Corte di giustizia, ossia dal 15 ottobre 2004 sino alla data del suo atto di candidatura, nonché tre mesi di stage presso lo studio legale W., a Bruxelles (Belgio), dal 1o luglio al 30 settembre 2005.

12

La ricorrente è stata ammessa a partecipare alle prove del concorso. Al termine dei lavori, la commissione giudicatrice ha iscritto il nome della ricorrente nell’elenco di riserva del concorso, la cui validità, inizialmente fissata sino al 31 dicembre 2007, è stata estesa, dopo varie proroghe, sino al 31 dicembre 2013, data della definitiva scadenza.

13

Con messaggio di posta elettronica del 22 maggio 2013, la ricorrente è stata invitata dai servizi della DG «Giustizia» a sostenere, il successivo 28 maggio, un colloquio ai fini della sua eventuale assunzione a un posto di amministratore nell’ambito della suddetta direzione generale. In vista di tale assunzione, i servizi della DG «Risorse umane e sicurezza» (in prosieguo: la «DG “Risorse umane”») hanno altresì segnalato alla ricorrente, con messaggio di posta elettronica inviato a quest’ultima il 24 maggio 2013 e in copia per conoscenza alla DG «Giustizia», che, dato che la stessa era, al momento, agente temporaneo presso la Corte di giustizia, «la visita medica [per l’assunzione] non [era] necessaria, poiché, in caso di assunzione alla Commissione, [la DG “Risorse umane” avrebbe chiesto] il trasferimento del [suo] certificato di idoneità fisica».

14

Nel giugno 2013 la DG «Giustizia» ha comunicato alla ricorrente che era stata ammessa a ricoprire il posto di amministratore e che alla DG «Risorse umane» era stata trasmessa una domanda di assunzione che la riguardava.

15

Dagli atti contenuti nel fascicolo risulta che, nel giugno 2013, i servizi competenti della Commissione avevano altresì comunicato alla ricorrente che, «[d]ato che la Commissione non aveva partecipato all’organizzazione del concorso (…) e che l’elenco di riserva risultante da detto concorso, nel quale la [ricorrente] era iscritta, era un elenco di giuristi linguisti e non di amministratori, era necessario richiedere una deroga al [c]ommissario responsabile delle [r]isorse umane e della sicurezza, in quanto la politica della Commissione era di non utilizzare tali elenchi salvo eccezioni di rilievo per il suo [s]ervizio giuridico e per qualche funzione specialistica in altre [direzioni generali], a determinate condizioni».

16

Con messaggio di posta elettronica del 26 luglio 2013, il capo dell’unità «Diritto dei contratti» della DG «Giustizia» ha comunicato alla ricorrente che la DG «Risorse umane» aveva prestato «il suo consenso [derogatorio] all’assunzione della ricorrente quale amministratore [a partire] dall’elenco di riserva dei giuristi linguisti», sottolineando, al contempo, che la DG «Risorse umane» l’avrebbe contattata e che non doveva intraprendere alcuna iniziativa prima di ricevere una comunicazione ufficiale da parte di quest’ultima.

17

A fine agosto 2013 la DG «Risorse umane» ha chiesto alla ricorrente di fornire documenti giustificativi delle sue esperienze professionali precedenti al suo atto di candidatura, con riferimento al requisito di ammissione relativo all’esperienza professionale minima di due anni contenuto nel bando di concorso.

18

Nel periodo compreso tra la fine di agosto 2013 e il novembre 2013, la ricorrente ha sostenuto vari colloqui con i rappresentanti della DG «Risorse umane» e ha fornito diversi documenti e spiegazioni al fine di chiarire la questione delle esperienze professionali di cui si era avvalsa nell’atto di candidatura. Durante tale periodo, i rappresenti della DG «Giustizia» hanno più volte confermato il loro interesse all’assunzione della ricorrente.

19

Con lettera del 17 dicembre 2013, l’APN ha informato la ricorrente che la sua assunzione presso la DG «Giustizia» non avrebbe potuto aver luogo, per il motivo che essa non rispondeva al requisito di ammissione al concorso, relativo all’esperienza professionale richiesta (in prosieguo: la «decisione controversa»). Secondo l’APN, alla data di scadenza per l’iscrizione al concorso la ricorrente aveva maturato soltanto ventidue mesi di esperienza professionale, invece dei due anni richiesti dal bando di concorso. Per giungere a tale conclusione, l’APN ha considerato, a titolo di esperienza professionale quale «tradutt[ore] freelance» per la Corte di giustizia, soltanto un periodo di sette mesi e, a titolo di esperienza professionale quale stagista presso lo studio legale W., soltanto un periodo di due mesi, il che non corrispondeva ai quindici e ai tre mesi dichiarati dalla ricorrente nell’atto di candidatura. Nella decisione controversa si precisava altresì che riguardo all’attività «freelance per la [Corte di giustizia]» il periodo di esperienza professionale della ricorrente era stato calcolato in base al numero totale di pagine tradotte, ossia 721, e a una media di 5 pagine al giorno, considerata adeguata per la Commissione e notevolmente inferiore alla media di 8 pagine al giorno, ritenuta la norma presso la Corte di giustizia.

20

Il 14 marzo 2014 la ricorrente ha presentato un reclamo contro la decisione controversa. Tale reclamo è stato respinto con decisione dell’APN del 14 luglio 2014 (in prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»).

Conclusioni delle parti

21

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione controversa;

annullare la decisione di rigetto del reclamo;

condannare la Commissione al pagamento di una somma pari a EUR 26132,85, maggiorata degli interessi di mora, e dei contributi pensionistici a decorrere dal settembre 2013, nonché al pagamento di un euro simbolico per il danno morale causato;

condannare la Commissione alle spese.

22

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

1. Sull’oggetto del ricorso

23

Secondo una giurisprudenza costante, la domanda di annullamento formalmente diretta contro il provvedimento di rigetto di un reclamo comporta, nel caso in cui tale provvedimento sia privo di contenuto autonomo, che il Tribunale sia chiamato a conoscere dell’atto oggetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza del 17 gennaio 1989, Vainker/Parlamento, 293/87, EU:C:1989:8, punto 8).

24

Nella fattispecie, il provvedimento di rigetto del reclamo conferma la decisione controversa. La domanda di annullamento diretta contro tale provvedimento è priva di contenuto autonomo e, quindi, dev’essere considerata come formalmente diretta contro la decisione controversa, quale precisata dal provvedimento di rigetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2004, Eveillard/Commissione, T‑258/01, EU:T:2004:177, punto 32).

2. Sulla domanda di annullamento della decisione controversa

25

A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente deduce quattro motivi, vertenti, in sostanza:

il primo, sull’incompetenza dell’APN;

il secondo, dedotto in subordine, sull’errore manifesto di valutazione dell’APN, nonché sulla violazione del bando di concorso e dei principi della certezza del diritto e della parità di trattamento;

il terzo, sulla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine, nonché sul mancato rispetto del termine ragionevole;

il quarto, sull’illegittimità del requisito di ammissione al concorso relativo all’esperienza professionale.

Sul primo motivo, vertente sull’incompetenza dell’APN

Argomenti delle parti

26

Secondo la ricorrente, l’APN avrebbe ecceduto i limiti del suo potere di controllo delle decisioni della commissione giudicatrice del concorso, come fissati dalla giurisprudenza, in quanto, nella fattispecie, non sussisterebbero elementi a dimostrazione del fatto che la decisione della commissione giudicatrice di ammetterla a sostenere le prove del concorso per poi iscriverla nell’elenco di riserva fosse viziata da un errore manifesto di valutazione.

27

Al riguardo, la ricorrente fa valere, in primo luogo, che il bando di concorso non precisava, riguardo all’esperienza professionale richiesta di due anni, se dovesse trattarsi di impieghi a tempo pieno o a tempo parziale.

28

In secondo luogo, trattandosi del lavoro di giurista linguista, svolto dalla ricorrente per la Corte di giustizia, sia il carattere freelance di tale attività che il fatto di aver proseguito contemporaneamente gli studi risulterebbero inequivocabilmente dai documenti allegati dalla stessa all’atto di candidatura. Inoltre, nessuna norma imporrebbe la suddivisione del numero totale di pagine tradotte per una qualsivoglia media giornaliera al fine di stabilire la durata a tempo pieno di siffatta esperienza professionale.

29

In terzo luogo, per quanto riguarda lo stage presso lo studio legale W., niente avrebbe impedito alla commissione giudicatrice del concorso di confrontare le dichiarazioni rese dalla ricorrente nell’atto di candidatura con i documenti giustificativi dalla stessa allegati a tale atto, cosicché non vi sarebbe motivo di ritenere che la commissione giudicatrice fosse stata indotta in errore dal modo in cui la durata di tale esperienza professionale era stata presentata nell’atto di candidatura.

30

Pertanto, l’APN, che non conoscerebbe il metodo o i criteri di calcolo applicati dalla commissione giudicatrice per valutare la durata dell’esperienza professionale della ricorrente, non può giustificare il riesame dell’ammissibilità della sua candidatura al concorso senza violare i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, che dovrebbero caratterizzare il sistema di selezione dei funzionari delle istituzioni dell’Unione europea.

31

Dal canto suo, la Commissione ricorda anzitutto che, secondo la giurisprudenza, quando un bando di concorso richiede un’esperienza professionale di durata minima, tale requisito deve intendersi come riferito a un periodo di lavoro svolto a tempo pieno nel corso di detta durata o a un periodo di lavoro svolto a tempo parziale equivalente, in termini di orario di lavoro, al periodo richiesto a tempo pieno.

32

Visto il testo del bando di concorso e il fatto che l’attività di «tradutt[ore] “freelance”» presso la Corte di giustizia, esercitata dalla ricorrente, non può essere assimilata a un lavoro a tempo pieno, in quanto detta ricorrente era completamente libera di gestire il suo orario di lavoro e aveva anche proseguito, contemporaneamente, gli studi, la commissione giudicatrice del concorso avrebbe dovuto «calcolare» tale esperienza professionale considerando la durata di un lavoro a tempo pieno.

33

Orbene, l’iscrizione del nome della ricorrente nell’elenco di riserva del concorso dimostrerebbe, secondo la Commissione, l’errore manifesto di valutazione della commissione giudicatrice che avrebbe considerato la durata dell’esperienza professionale come «tradutt[ore] “freelance”» presso la Corte di giustizia basandosi sulle date di inizio e di cessazione di tale attività, come indicate nell’atto di candidatura, senza preoccuparsi del fatto che non si trattava di un lavoro a tempo pieno, senza rendersi conto del carattere freelance di tale attività e, in definitiva, senza applicare alcun metodo ai fini del calcolo della durata a tempo pieno corrispondente all’esperienza professionale di cui si trattava.

34

In secondo luogo, sempre secondo la Commissione, la commissione giudicatrice non avrebbe potuto, senza incorrere in un errore manifesto di valutazione, considerare tre mesi di esperienza professionale per lo stage presso lo studio legale W., quale indicato dalla ricorrente nell’atto di candidatura, in quanto l’unico documento giustificativo a sua disposizione, ossia il certificato di stage allegato all’atto di candidatura, si riferiva soltanto a una quarantina di giorni di stage, distribuiti su un periodo compreso tra maggio e settembre 2005.

35

Pertanto, la commissione giudicatrice, la cui attenzione avrebbe dovuto essere richiamata, del resto, dai documenti allegati all’atto di candidatura, sarebbe incorsa in vari errori manifesti di valutazione nel ritenere che la ricorrente rispondesse al requisito di ammissione al concorso relativo all’esperienza professionale. In tali circostanze, l’APN era stata costretta a non dar seguito alla decisione della commissione giudicatrice di iscriverla nell’elenco di riserva e non aveva potuto far altro che rifiutare l’assunzione della ricorrente. Il primo motivo di ricorso dovrebbe essere pertanto respinto in quanto infondato.

Giudizio del Tribunale

36

Il motivo vertente sull’incompetenza, dedotto dalla ricorrente, riguarda essenzialmente la questione di sapere quali siano le condizioni di esercizio e la portata giuridica del potere di controllo dell’APN sulle decisioni adottate dalla commissione giudicatrice di concorso nell’ambito delle competenze proprie di quest’ultima.

37

Orbene, alla luce dei diversi e numerosi argomenti dedotti al riguardo dalla ricorrente e dalla Commissione, è opportuno articolare l’analisi del primo motivo in cinque parti distinte, ma strettamente connesse tra loro, ossia: una prima parte relativa alla ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice di concorso; una seconda parte sulla durata a tempo pieno o a tempo parziale dell’esperienza professionale richiesta dal bando di concorso; una terza parte sul metodo di calcolo della durata minima di due anni di esperienza professionale; una quarta parte sulla portata del potere dell’APN di escludere il vincitore di un concorso dall’elenco di riserva e, infine, una quinta parte sull’errore manifesto eventualmente commesso dalla commissione giudicatrice del concorso nel valutare la durata dell’esperienza professionale della ricorrente.

38

Al termine di tale analisi, il primo motivo dovrà essere accolto, in quanto l’APN, nel decidere, in fase di assunzione, di escludere la ricorrente dall’elenco di riserva per motivi di ammissione non previsti nel bando di concorso, ha ecceduto i limiti della sua competenza, come fissati proprio dal bando di concorso in questione e che la commissione giudicatrice aveva, a sua volta, debitamente rispettato.

– Sulla ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice di concorso

39

Nel settore dell’assunzione del personale delle istituzioni europee, effettuata mediante l’organizzazione di un concorso generale, il giudice dell’Unione ha costantemente affermato che, per effetto del principio di indipendenza che disciplina l’esercizio delle funzioni proprie delle commissioni giudicatrici di concorso, l’APN non dispone del potere di annullare o modificare una decisione adottata dalla commissione giudicatrice nell’ambito delle sue competenze, come fissate in particolare dall’articolo 30 dello Statuto nonché dall’articolo 5 del suo allegato III (v. sentenza del 20 febbraio 1992, Parlamento/Hanning, C‑345/90 P, EU:C:1992:79, punto 22, e ordinanza del 10 luglio 2014, Mészáros/Commissione, F‑22/13, EU:F:2014:189, punto 48).

40

Tuttavia, poiché è tenuta ad adottare decisioni non illegittime, l’APN non può essere vincolata dalla decisione di una commissione giudicatrice la cui illegittimità sarebbe tale, di conseguenza, da viziare le sue stesse decisioni amministrative (v., in tal senso, sentenza del 20 febbraio 1992, Parlamento/Hanning, C‑345/90 P, EU:C:1992:79, punto 22). Per questo motivo, l’APN, prima di procedere alla nomina di un funzionario, ha l’obbligo di verificare se il candidato interessato soddisfi i requisiti imposti dallo Statuto, a pena di nullità della decisione di assunzione, affinché detto candidato possa essere regolarmente assunto al servizio dell’Unione. Quando è evidente, ad esempio, che la decisione della commissione giudicatrice di ammettere un candidato a sostenere le prove del concorso è illegittima, in quanto viziata da un errore manifesto, l’APN, alla quale la commissione giudicatrice ha trasmesso l’elenco di riserva in cui compare il nome di tale candidato che, nel frattempo, ha superato le prove, deve quindi rifiutarsi di procedere alla nomina di detto vincitore del concorso (v., in tal senso, sentenze del 23 ottobre 1986, Schwiering/Corte dei conti, 142/85, EU:C:1986:405, punti 1920, e del 23 ottobre 2012, Eklund/Commissione, F‑57/11, EU:F:2012:145, punto 49).

41

Ciò premesso, per quanto riguarda ancora la ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice di concorso, occorre altresì ricordare che lo scopo di un bando di concorso è essenzialmente quello di informare, in modo trasparente, esaustivo e il più corretto possibile, i membri della commissione giudicatrice nonché le persone che presentano la propria candidatura a tale concorso sui requisiti giuridici necessari per poter essere eventualmente nominati al posto considerato. Tale finalità del bando di concorso risponde, del resto, proprio all’esigenza fondamentale del rispetto del principio della certezza del diritto.

42

Pertanto, il bando di concorso sarebbe privato del suo oggetto se l’APN potesse escludere dall’elenco di riserva il vincitore di un concorso facendo valere una condizione o una modalità di ammissione che non sia contenuta né in detto bando né nello Statuto, o che in ogni caso non sia stata oggetto, prima dell’adozione del bando di concorso, di una pubblicazione accessibile o necessariamente conosciuta dalla commissione giudicatrice nonché dai candidati interessati (v., in tal senso, per quanto riguarda l’avviso di posto vacante, sentenze del 14 aprile 2011, Šimonis/Commissione, F‑113/07, EU:F:2011:44, punto 74, e del 15 ottobre 2014, Moschonaki/Commissione, F‑55/10 RENV, EU:F:2014:235, punto 42).

43

Il bando di concorso costituisce, quindi, l’ambito di legittimità di qualsiasi procedura di selezione per la copertura di un posto in seno alle istituzioni dell’Unione, in quanto, fatte salve le disposizioni superiori pertinenti contenute nello Statuto, ivi compreso il suo allegato III, tale bando disciplina, da un lato, la ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice nell’organizzazione e nello svolgimento delle prove del concorso e fissa, dall’altro, le condizioni di partecipazione dei candidati, in particolare il loro profilo, i loro diritti e i loro obblighi specifici.

44

Orbene, nella fattispecie, per quanto riguarda la ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice nell’ambito del concorso, il bando di concorso precisava, al titolo B, dedicato allo svolgimento del concorso, punto 1, lettera a), che, per quanto riguarda l’ammissione al concorso, «[l’APN] redige l’elenco dei candidati che soddisfano i requisiti di cui al titolo A, punto II.4, [del bando di concorso] e lo trasmette al presidente della commissione giudicatrice unitamente ai fascicoli delle candidature»; i «requisiti di cui al titolo A, punto II.4, [del bando di concorso]» sono le condizioni generali di ammissione al concorso, riprese, del resto, dall’articolo 28 dello Statuto (v. punto 3 della presente sentenza).

45

Per contro, secondo il dettato del titolo B, punto 1, lettera b), «[d]opo aver preso conoscenza dei fascicoli dei candidati, la commissione giudicatrice [deve, conformemente, del resto, alle disposizioni dell’articolo 5 dell’allegato III dello Statuto,] redige[re] l’elenco di coloro che rispondono ai requisiti indicati al titolo A, punti II.1, 2 e 3, [del bando di concorso] e che sono, pertanto, ammessi al concorso»; i «requisiti indicati al titolo A, punti II.1, 2 e 3, [del bando di concorso]» sono i requisiti consistenti in titoli o diplomi, esperienza professionale e conoscenze linguistiche, necessari per l’ammissione al concorso (v. punto 7 della presente sentenza).

46

In particolare, secondo il titolo A, punto II.2, del bando di concorso, i candidati, per essere ammessi a sostenere le prove, dovevano soddisfare non soltanto il requisito di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), dello Statuto, ossia essere in possesso di un diploma di laurea in giurisprudenza rilasciato in Polonia, ma dovevano anche provare, come requisito supplementare, di aver maturato, dopo la conclusione del ciclo completo di studi universitari richiesto, «un’esperienza professionale di almeno due anni». Quest’ultima disposizione e quella di cui al titolo B, punto 1, lettera b), del bando di concorso non fornivano tuttavia alla commissione giudicatrice del concorso istruzioni precise da seguire o indicazioni riguardo alla natura di tale esperienza professionale minima di due anni o al rapporto tra quest’ultima e le funzioni da esercitare quale funzionario dell’Unione. Tali disposizioni non fornivano neppure precisazioni quanto alle modalità di esecuzione del lavoro svolto durante questi due anni di esperienza professionale, ad esempio se doveva trattarsi di un lavoro a tempo pieno o a tempo parziale, esercitato in qualità di dipendente o di lavoratore autonomo.

47

Inoltre, neppure la «Guida per i candidati» (GU C 327 A, pag. 3), alla quale rinviava il bando di concorso, nella parte iniziale del titolo C di quest’ultimo, rubricato «C[ome presentare domanda]?», invitando i canditati a farvi riferimento ai fini della corretta presentazione della loro candidatura (in prosieguo: la «guida per i candidati»), conteneva spiegazioni utili, tali da guidare effettivamente, da un lato, i membri della commissione giudicatrice nello svolgimento dei compiti indicati nel bando di concorso nonché, dall’altro, i candidati nella redazione del proprio atto di candidatura. Tale guida si limitava, infatti, a precisare nel titolo A, punto II.4, rubricato «Informazioni relative alla vostra esperienza professionale (…)», che i candidati dovevano «[i]ndicare, nell’atto di candidatura, le date esatte di inizio e di cessazione di ciascun rapporto di lavoro nonché l’incarico ricoperto e la natura delle mansioni svolte». In particolare, «[p]er le attività di lavoro non dipendente (lavoro autonomo, libere professioni[, ecc.]), p[otevano] essere ammesse come prove estratti di dichiarazioni dei redditi o qualsiasi altro documento giustificativo ufficiale».

48

Dato il tenore delle disposizioni relative alla ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice, contenute nel bando di concorso e nella guida per i candidati, è giocoforza constatare quindi che, per quanto riguarda l’organo incaricato di verificare la natura e la durata dell’esperienza professionale richiesta per partecipare al concorso nonché il rispetto dei criteri che consentono di calcolare la sua durata, l’ambito di legittimità, costituito dai due testi in parola, taceva su tale punto; nondimeno, il bando di concorso assegnava esclusivamente alla commissione giudicatrice il compito di redigere, nell’esercizio delle sue funzioni e nell’ambito del suo ampio potere discrezionale, l’elenco dei candidati ammessi a sostenere le prove del concorso.

– Sulla natura a tempo pieno o a tempo parziale dell’esperienza professionale richiesta dal bando di concorso

49

A tal proposito, per quanto riguarda, in particolare, l’esperienza professionale maturata dalla ricorrente presso la Corte di giustizia in qualità di giurista linguista freelance, ossia un’attività professionale che viene esercitata, per definizione, autonomamente e che, nella fattispecie, era la più pertinente, alla luce dello scopo del concorso, destinato proprio all’assunzione di giuristi linguisti, né il bando di concorso né altri atti giuridicamente rilevanti nell’ambito del concorso contenevano indicazioni su ciò che si doveva intendere per «esperienza professionale», né sulle modalità di calcolo dell’orario di lavoro relativo alla suddetta «esperienza professionale», come ad esempio il numero di ore di lavoro svolte o il numero di pagine tradotte al giorno e, in tal caso, se si dovesse distinguere fra la traduzione di testi giuridici complessi e la traduzione di testi di altro genere.

50

Nel silenzio, come voluto dall’APN competente, del bando di concorso e della guida per i candidati riguardo agli elementi che consentono di valutare la durata dell’esperienza professionale richiesta, la Commissione afferma, tuttavia, che, quando il bando di concorso prevede, quale requisito di ammissione alle prove, una durata minima dell’esperienza professionale maturata, tale periodo di lavoro deve essere inteso, sia dalla commissione giudicatrice che dai candidati, come riferito, per definizione, a un’attività professionale esercitata a tempo pieno.

51

Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che, nelle cause citate dalla Commissione e che hanno dato luogo alla sentenza del 31 gennaio 2006, Giulietti/Commissione (T‑293/03, EU:T:2006:37), e alle ordinanze del 14 dicembre 2006, Klopfer/Commissione (F‑118/05, EU:F:2006:137), e del 10 luglio 2014, Mészáros/Commissione (F‑22/13, EU:F:2014:189), il giudice dell’Unione ha certamente dichiarato che la durata dell’esperienza professionale richiesta, anche in mancanza di un’indicazione precisa nel bando di concorso in discussione, doveva essere intesa come durata di un’esperienza professionale esercitata a tempo pieno. Tuttavia, nelle cause summenzionate, si trattava di attività professionali esercitate soprattutto come lavoro dipendente e la cui durata era quindi agevolmente determinabile con riferimento ai contratti di lavoro o agli attestati di lavoro rilasciati dai datori di lavoro. Per contro, nel caso di specie, sebbene il bando di concorso richiedesse certamente una durata minima di due anni di esperienza professionale nel settore della traduzione o, più verosimilmente, nel settore della traduzione giuridica, il modo di considerare e di calcolare, in termini di durata, un’esperienza professionale esercitata con lo status di lavoratore autonomo non era tuttavia esplicitato, mentre detto tipo di esperienza di lavoro freelance corrisponde esattamente alla natura delle funzioni descritte nel bando di concorso.

52

Pertanto, in mancanza di indicazioni espresse nel bando di concorso sul metodo di calcolo della durata dell’esperienza professionale richiesta o di qualsiasi altra indicazione utile al riguardo, la ratio iuris di tale requisito di ammissione, per quanto riguarda in particolare i candidati, come la ricorrente, che potevano avvalersi di un’esperienza specifica come giurista linguista freelance, non poteva essere certamente quella di esigere da tali candidati, per provare che si trattava di un’attività professionale equivalente a un lavoro esercitato a tempo pieno, di aver tradotto durante ciascuna giornata di lavoro, svolto in tale veste nel corso del periodo di riferimento di due anni, un numero di pagine di testi giuridici determinato. Tale condizione, infatti, non era prevista dal bando di concorso, né esplicitamente né implicitamente, in particolare alla luce di altre condizioni contenute in tale bando.

53

Pertanto, in mancanza, nel bando di concorso, di criteri o di modalità di calcolo dell’esperienza professionale richiesta per essere ammessi al concorso, si deve ritenere che, anche qualora la durata dell’esperienza professionale in questione dovesse riferirsi alla durata di un’attività esercitata a tempo pieno, la commissione giudicatrice abbia potuto basarsi, per valutare l’ammissione della ricorrente alle prove, da un lato, sul fatto che doveva trattarsi di un’attività «professionale» di giurista linguista – quindi di un’attività che non poteva avere carattere «occasionale» e che doveva riguardare principalmente la traduzione di testi giuridici – esercitata in modo continuativo, ossia per una durata di tempo significativa, al servizio di un committente professionista, persona pubblica o privata che, in base al contratto in questione, poteva chiedere traduzioni di testi giuridici in qualsiasi momento ed eventualmente entro termini imperativi, proprio in ragione della sua attività professionale o istituzionale che necessitava di traduzioni giuridiche di un certo livello.

54

D’altro canto, sempre ai fini della valutazione dell’esperienza professionale richiesta, la commissione giudicatrice doveva basarsi, conformemente alle disposizioni pertinenti della guida per i candidati, sulla prova che le prestazioni professionali erano state effettivamente rese, non solo per un periodo continuativo, ma anche in quantità ingente, circostanze che proprio la commissione giudicatrice, composta da esperti della materia, era tenuta a valutare rispetto alla natura delle funzioni descritte nel bando di concorso e rispetto a tutte le altre attività eventualmente esercitate, da ciascun candidato, nel corso del periodo di riferimento di due anni.

55

Pertanto, dato che la guida per i candidati esigeva che i candidati precisassero, nel proprio atto di candidatura, la natura dei compiti svolti, spettava alla commissione giudicatrice, nell’ambito delle competenze che le erano state attribuite dal bando di concorso, valutare, in modo diverso, la natura professionale dell’esperienza maturata a seconda che si trattasse di un’attività esercitata in qualità di «tradutt[ore] “freelance”» o di «giurista linguista freelance», in particolare quando questa seconda attività era stata prestata a favore di un’istituzione dell’Unione che, come la Corte di giustizia, chiede ai suoi prestatori soltanto la traduzione di testi a contenuto esclusivamente giuridico.

56

Di conseguenza, non potendo attribuire a tale requisito di ammissione supplementare, considerato il silenzio, in proposito, del testo del bando di concorso, una portata diversa da quella precedentemente esposta, salvo violare, in caso contrario, il principio della certezza del diritto (v. punto 41 della presente sentenza), la tesi della Commissione secondo la quale la durata minima di due anni di esperienza professionale, nel caso specifico del concorso, deve essere intesa come riferita, per definizione, a un’attività professionale esercitata a tempo pieno, da calcolare, per giunta, secondo le modalità previste nella decisione controversa (v. punto 19 della presente sentenza), non può essere accolta, non essendo stato precisato, infatti, nel bando di concorso che, per quanto riguarda in particolare i candidati che fanno valere un’esperienza professionale come giurista linguista freelance, il tempo pieno di cui trattasi doveva corrispondere necessariamente a quello calcolato secondo le modalità interne di tale istituzione o, in ogni caso, secondo modalità specifiche.

– Sul metodo di calcolo della durata minima di due anni di esperienza professionale

57

Al riguardo occorre considerare che la commissione giudicatrice, che non era vincolata da alcun criterio previsto espressamente dal bando di concorso quanto al modo di calcolare la durata dell’esperienza professionale minima di due anni necessaria per l’ammissione al concorso, ha potuto ragionevolmente ritenere, in base al suo ampio potere discrezionale in materia, che non fosse necessario conformarsi specificamente al metodo di calcolo di una particolare istituzione, e la Commissione non era, in ogni caso, la principale istituzione interessata dalla procedura di concorso. Infatti, in forza del titolo A, secondo comma, del bando di concorso, l’elenco di riserva in questione era destinato alla «copertura di posti vacanti all’interno delle istituzioni europee, in particolare alla Corte di giustizia (…)».

58

Orbene, se, per calcolare il periodo di due anni di esperienza professionale, la commissione giudicatrice avesse dovuto eventualmente ispirarsi a un metodo di calcolo già esistente nell’ambito dell’una o dell’altra istituzione dell’Unione, essa avrebbe potuto, in base al criterio di buona amministrazione del concorso e dell’effetto utile di tale procedura, fare riferimento, in primo luogo, al metodo di calcolo utilizzato dalla Corte di giustizia e non già necessariamente o esclusivamente a quello della Commissione, che, come emerge dal punto 15 della presente sentenza, afferma, peraltro, di non aver partecipato all’organizzazione del concorso.

59

Su tale punto, del resto, l’argomento della Commissione secondo il quale il metodo di calcolo in vigore alla Corte di giustizia, per quanto riguarda il numero di pagine tradotte per ogni giorno di lavoro svolto, sarebbe, rispetto all’esperienza professionale della ricorrente, meno favorevole di quello considerato dalla Commissione (v. punto 19 della presente sentenza) non è pertinente, dato che, secondo la tesi della Commissione, si tratterebbe, nella fattispecie, di accertare se la commissione giudicatrice dovesse utilizzare il metodo di calcolo della Commissione e non quello di altre istituzioni oppure il proprio metodo di calcolo.

60

Sempre a tal proposito, occorre altresì constatare che la Commissione, sia nella decisione di rigetto del reclamo che nel suo controricorso, fa riferimento all’esperienza professionale della ricorrente quale «tradutt[ore] “freeelance”», mentre dai documenti allegati all’atto di candidatura emerge che la medesima aveva fornito alla commissione giudicatrice attestati di lavoro svolto in qualità di «giurista linguista» freelance presso la Corte di giustizia. Orbene, si tratta, nella fattispecie, di funzioni completamente diverse, circostanza che la commissione giudicatrice del concorso, composta da specialisti della materia, non poteva sicuramente ignorare, trattandosi di un concorso destinato proprio all’assunzione di giuristi linguisti (i quali, sul piano amministrativo, sono assunti, per questo motivo, in via di principio, direttamente con il grado AD 7) e non già di traduttori (che sono assunti, per contro, con il grado di base, ossia AD 5, del gruppo di funzioni degli amministratori).

61

Ne consegue che il fatto che la commissione giudicatrice del concorso non abbia adottato il metodo di calcolo utilizzato dai servizi della Commissione per calcolare la durata minima di un’esperienza professionale considerata come riferita a un’esperienza di lavoro a tempo pieno non significa, automaticamente, che la commissione giudicatrice abbia erroneamente valutato il requisito della durata minima di due anni di esperienza professionale di cui la ricorrente doveva dar prova per essere ammessa a partecipare alle prove del concorso.

– Sul potere dell’APN di escludere la ricorrente dall’elenco di riserva dei vincitori del concorso

62

In base alle suesposte considerazioni e segnatamente a quelle contenute nei punti da 39 a 48 della presente sentenza riguardo alla ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice del concorso, occorre rilevare che, quando, come nel caso di specie, per quanto riguarda la necessaria esperienza professionale precedente, un bando di concorso prevede un requisito specifico di ammissione alle prove di almeno due anni di esperienza professionale, l’APN, nel momento in cui prevede di assumere il vincitore di un concorso, selezionato come tale dalla commissione giudicatrice, non può escludere tale vincitore dall’elenco di riserva facendo valere, a tal fine, modalità di valutazione e di calcolo dell’esperienza professionale richiesta che essa stessa ha omesso di inserire nel bando di concorso o che non figurano in un atto giuridicamente opponibile ai membri della commissione giudicatrice nonché a qualsiasi candidato del concorso.

63

In caso contrario, il principio della certezza del diritto, che costituisce uno dei principi regolatori di qualsiasi procedura di concorso (v. punto 41 della presente sentenza), sarebbe irrimediabilmente compromesso qualora un candidato, che abbia debitamente indicato le date esatte di inizio e di cessazione di ciascuno dei suoi contratti, totalizzando in tal modo la durata sufficiente dell’esperienza professionale richiesta da un bando di concorso, venisse a conoscenza dell’esistenza di altre modalità necessarie per soddisfare detto requisito della durata dell’esperienza professionale unicamente nel momento in cui, dopo aver ricevuto una proposta di assunzione quale vincitore di tale concorso, l’APN interessata lo informasse dell’esistenza di tali modalità e del fatto che, in base a queste ultime, non avrebbe dovuto essere ammesso a partecipare alle prove.

64

Inoltre, in circostanze come quelle del caso di specie, di un concorso generale interistituzionale, all’inosservanza del principio della certezza del diritto si aggiungerebbe altresì l’inosservanza del principio della parità di trattamento. Infatti, l’APN di ciascuna istituzione eventualmente interessata dal concorso potrebbe ritenere, in fase di assunzione, di disporre legittimamente della competenza a esaminare in modo autonomo il requisito di ammissione relativo all’esperienza professionale richiesta e ritenere che, ogni volta che la commissione giudicatrice abbia utilizzato un metodo di calcolo della durata minima dell’esperienza professionale richiesta non corrispondente al proprio, la commissione giudicatrice sia necessariamente incorsa in un errore manifesto di valutazione che giustifica la revisione da parte dell’APN della valutazione operata dalla commissione giudicatrice. Se si dovesse seguire un ragionamento di tal genere, ogni APN sarebbe quindi legittimata a sostituire il metodo di calcolo che la commissione giudicatrice ha, a sua volta, indistintamente applicato a tutti i candidati nel calcolo della durata dell’esperienza professionale richiesta con il proprio metodo di calcolo. Orbene, l’integralità del lavoro svolto dalla commissione giudicatrice, nell’ambito delle proprie responsabilità e nell’interesse di tutte le istituzioni cui si riferisce un concorso, potrebbe essere rimessa infine in discussione per esigenze che variano da un’istituzione all’altra, se non addirittura per una certa propensione dei servizi incaricati dell’assunzione di una qualsiasi istituzione a voler sostituire la propria valutazione a quella della commissione giudicatrice.

65

È vero che, nella fattispecie, il bando di concorso prevedeva, come di norma, al titolo D, rubricato «I[nformazioni generali]», che «[i] vincitori del concorso iscritti nell’elenco di riserva ai quali [sarebbe stato] offerto un posto [avrebbero dovuto] presentare successivamente gli originali di tutti i documenti richiesti di cui [avevano] trasmesso fotocopie, che si trattasse di diplomi, di certificati diversi o di attestati di lavoro», e che «[l]’assunzione [sarebbe stata effettuata] secondo le disposizioni dello Statuto (…)».

66

Tuttavia, siffatte clausole non possono costituire, di per sé, la base giuridica che conferisce all’APN la competenza per poter legittimamente escludere, a posteriori, dall’elenco di riserva redatto dalla commissione giudicatrice un vincitore di concorso che non abbia rispettato un requisito di ammissione non contenuto nel bando di concorso che essa stessa ha adottato e neppure contenuto in una disposizione dello Statuto o in qualsiasi altro testo giuridico opponibile ai candidati.

67

Infatti, l’illegittimità che l’APN intenderebbe opporre al vincitore del concorso non deriverebbe, in tal caso, da un errore manifesto in cui sarebbe incorsa la commissione giudicatrice nella valutazione di un requisito di ammissione specifico richiesto dal bando di concorso o contenuto in una disposizione dello Statuto, ma deriverebbe dall’errore commesso dall’APN stessa di non aver prescritto, nel bando di concorso, la clausola supplementare secondo la quale l’esperienza professionale minima di due anni, richiesta per l’ammissione alle prove, doveva essere un’esperienza professionale esercitata a tempo pieno per due anni e doveva essere calcolata secondo criteri specifici chiaramente prestabiliti, la cui inosservanza avrebbe comportato la mancata ammissione alle prove del concorso. In definitiva, siffatta regolarizzazione, ex post, del bando di concorso da parte dell’APN in fase di assunzione non può essere effettuata né invadendo la sfera di competenza della commissione giudicatrice, che, nello svolgimento del concorso, è in effetti vincolata dai termini del bando di concorso, né a danno del vincitore del concorso interessato.

68

Pertanto, l’argomento volto a sostenere che l’APN non potrebbe adottare, in ogni caso, una decisione di assunzione illegittima a causa di una decisione illegittima precedentemente adottata dalla commissione giudicatrice è inoperante, in quanto, nella fattispecie, la decisione di tale commissione, fatta valere dall’APN, non è viziata da alcuna illegittimità rispetto alle disposizioni dello Statuto o alle condizioni espressamente previste nel bando di concorso. Si tratta tutt’al più di una differenza tra il metodo in base al quale la commissione giudicatrice ha valutato, nell’ambito delle proprie competenze, l’esperienza professionale minima prevista nel bando di concorso e il metodo di calcolo del tempo pieno secondo criteri specifici che l’APN ritiene di poter utilizzare in fase di nomina. Tuttavia, poiché l’APN non ha precisato, nel bando di concorso, che il requisito dei due anni di esperienza professionale doveva essere inteso come un’esperienza professionale esercitata per due anni a tempo pieno, circostanza che lo avrebbe reso una modalità giuridicamente vincolante sia per la commissione giudicatrice che per i candidati e la cui inosservanza da parte di questi ultimi avrebbe comportato la loro esclusione dal concorso, tale differenza di valutazione, derivante dalla scelta metodologica dell’APN, dipende esclusivamente da quest’ultima, in quanto è solo a tale autorità, e non alla commissione giudicatrice, che spetta il compito di stabilire, nel bando di concorso, i requisiti di ammissione.

69

Al riguardo, la Commissione sostiene inoltre che, nella fattispecie, la commissione giudicatrice, in violazione delle disposizioni del bando di concorso che le conferiscono lo specifico incarico di verificare, per ogni singolo candidato, il rispetto del requisito di ammissione dell’esperienza professionale, avrebbe, in pratica, completamente omesso di considerare tale clausola. Infatti, i servizi della DG «Risorse umane» della Commissione, che hanno tentato di comprendere come la commissione giudicatrice avesse potuto calcolare la durata dell’esperienza professionale della ricorrente, hanno dovuto concludere che quest’ultima non aveva applicato alcun metodo per calcolare la durata di tale esperienza professionale. Detta omissione giustificherebbe, pertanto, la competenza dell’APN a escludere legittimamente la ricorrente dall’elenco di riserva.

70

Così non è, tuttavia, nel caso di specie, in quanto la Commissione non ha fornito la prova di siffatta omissione manifesta da parte della commissione giudicatrice o, in ogni caso, la prova di un’ammissione della ricorrente alle prove del concorso, che sarebbe stata decisa dalla commissione giudicatrice in modo manifestamente arbitrario rispetto ai termini del bando di concorso. Infatti, dai documenti contenuti nel fascicolo, presentati al Tribunale, emerge che, per quanto riguarda l’ammissione della ricorrente alle prove, la commissione giudicatrice disponeva di documenti, allegati all’atto di candidatura dalla stessa ricorrente, attestanti un’attività professionale di giurista linguista freelance presso la Corte di giustizia, svolta ininterrottamente per quindici mesi e che non sussistono elementi per affermare che la commissione giudicatrice non avrebbe esaminato tali documenti, ad esempio in base al criterio indicato ai punti 53 e 55 della presente sentenza, criterio che l’APN, che si ritiene vincolata esclusivamente dal suo metodo di calcolo interno all’istituzione, non ha, invece, certamente considerato.

71

Ne consegue che, adottando la decisione controversa, l’APN ha ecceduto i limiti della propria competenza in materia di controllo del rispetto del requisito di ammissione supplementare relativo all’esperienza professionale, invadendo in tal modo la sfera di competenza che, su tale punto, il bando di concorso aveva espressamente riservato alla commissione giudicatrice e interferendo altresì con le prerogative di autonomia e di indipendenza proprie delle commissioni giudicatrici di concorso.

72

Del resto, la Commissione non ha neppure dimostrato che la commissione giudicatrice del concorso, nell’eventualità in cui essa abbia tuttavia proceduto, per ogni singolo candidato, alla valutazione della durata dell’esperienza professionale richiesta dal bando di concorso, sia incorsa, in tale fase, in un errore manifesto nel calcolare tale durata, giustificando così il fatto che l’APN potesse rivedere l’elenco dei candidati ammessi al concorso e quindi giustificare altresì la sua competenza a escludere la ricorrente dall’elenco di riserva, anche alla vigilia di un’eventuale assunzione.

– Sull’errore manifesto in cui è eventualmente incorsa la commissione giudicatrice del concorso nella valutazione della durata dell’esperienza professionale della ricorrente

73

Al riguardo, occorre ricordare che un errore è manifesto quando può essere agevolmente rilevato alla luce dei criteri ai quali il legislatore ha inteso subordinare l’esercizio, da parte dell’amministrazione, del suo ampio potere discrezionale. In particolare, non può esservi errore manifesto se la valutazione messa in discussione può essere ritenuta vera o verosimile (sentenza del 23 ottobre 2012, Eklund/Commissione, F‑57/11, EU:F:2012:145, punto 51, e ordinanza del 10 luglio 2014, Mészáros/Commissione, F‑22/13, EU:F:2014:189, punto 52).

74

Orbene, come è stato rilevato ai punti 45 e 48 della presente sentenza, la commissione giudicatrice del concorso, alla quale il bando di concorso aveva espressamente conferito l’incarico di controllare il requisito di ammissione relativo all’esperienza professionale e in particolare la durata di detta esperienza, senza subordinarla tuttavia al rispetto di un criterio di calcolo specifico, doveva svolgere tale compito in base alle attestazioni che ciascun candidato doveva fornire, conformemente alle disposizioni contenute nella guida per i candidati (v. punto 47 della presente sentenza), per quanto riguarda in particolare «le date esatte di inizio e di cessazione di ciascun rapporto di lavoro nonché l’incarico ricoperto e la natura delle mansioni svolte».

75

Nella fattispecie, occorre constatare che, nell’atto di candidatura, la ricorrente si è avvalsa, con precisione, di varie esperienze professionali per una durata totale di 31 mesi. Da un lato, essa ha menzionato diverse attività professionali per una durata cumulativa di tredici mesi, che non sono state oggetto di alcuna contestazione da parte della Commissione. D’altro lato, essa ha precisato di aver svolto quindici mesi di attività come giurista linguista freelance per la Corte di giustizia e tre mesi di stage presso lo studio legale W., che l’APN ha tuttavia calcolato soltanto per una durata, rispettivamente, di sette e di due mesi di esperienza professionale.

76

La Commissione, per contro, fa valere che la commissione giudicatrice non avrebbe effettivamente tenuto conto del carattere freelance dell’attività di «tradutt[ore]» esercitata dalla ricorrente per la Corte di giustizia, in quanto la ricorrente «non riceveva una retribuzione come corrispettivo, non era soggetta a un orario di lavoro o a superiori gerarchici e la sua presenza alla Corte [di giustizia] non era necessaria ai fini dello svolgimento delle sue mansioni» (v., al riguardo, punto 87 della presente sentenza).

77

Tuttavia, dall’attestato della Corte di giustizia e dai buoni d’ordine risulta chiaramente che, tra il 1o ottobre 2004 e la presentazione del suo atto di candidatura, la ricorrente è stata chiamata a svolgere, senza soluzione di continuità, l’attività di «giurista linguista freelance» per la Corte di giustizia. Non vi è quindi motivo di ritenere, come suggerisce la Commissione, che la commissione giudicatrice, composta da esperti della materia, abbia ignorato il carattere freelance di tale attività professionale che, per sua natura, non è soggetta a limiti di orario di lavoro prestabiliti. Semmai, è la Commissione che sembra confondere, trattandole allo stesso modo, l’attività di «traduttore» freelance con quella di «giurista linguista» freelance.

78

Inoltre, per quanto riguarda gli studi specialistici di diritto internazionale compiuti dalla ricorrente dall’ottobre 2004 al giugno 2005, parallelamente a una parte della sua attività di giurista linguista freelance presso la Corte di giustizia, è sufficiente osservare che i documenti allegati all’atto di candidatura facevano inequivocabilmente riferimento a tale circostanza. Pertanto, non vi è neppure motivo di ritenere che la commissione giudicatrice non l’abbia debitamente considerata ai fini della valutazione della durata dell’esperienza professionale necessaria per l’ammissione al concorso.

79

Inoltre, occorre constatare che i buoni d’ordine allegati all’atto di candidatura mettevano in evidenza, viste la periodicità e la portata degli ordini emessi dalla Corte di giustizia ed evasi dalla ricorrente nei quindici mesi di collaborazione con tale istituzione, la natura, al contempo, costante e consistente del lavoro svolto da quest’ultima come giurista linguista freelance (e quindi non come «tradutt[ore] “freelance”»), nonostante gli studi di diritto internazionale compiuti parallelamente.

80

Infine, come è già stato rilevato al punto 57 della presente sentenza, la commissione giudicatrice disponeva di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda l’equivalenza, in termini di orario di lavoro, tra un’attività esercitata a orario variabile in qualità di freelance e un lavoro a tempo pieno e disponeva, in particolare, a tal fine, di un rilevante margine di discrezionalità riguardo al fatto che la durata cumulativa delle esperienze professionali della ricorrente, nel loro insieme, superava di sette mesi la durata minima di due anni richiesta.

81

Tenuto conto di tali constatazioni, si deve concludere che la Commissione non ha neppure fornito la prova che la commissione giudicatrice sarebbe incorsa in un errore manifesto nel calcolo della durata dell’esperienza professionale della ricorrente.

82

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo, vertente sull’incompetenza dell’APN, deve essere quindi accolto.

Sul secondo motivo, dedotto in subordine, vertente sull’errore manifesto di valutazione dell’APN, nonché sulla violazione del bando di concorso e dei principi della certezza del diritto e della parità di trattamento

83

Dato che il presente motivo attiene essenzialmente alla valutazione dei fatti oggetto della causa in esame, il Tribunale dichiara, a tale titolo e ai fini di una buona amministrazione della giustizia, di poterlo esaminare, anche dopo aver accolto il primo motivo dedotto in via principale.

Argomenti delle parti

84

La ricorrente sostiene che, anche supponendo che l’APN abbia potuto sostituire legittimamente la propria valutazione del requisito dell’esperienza professionale a quella della commissione giudicatrice, la medesima avrebbe tuttavia esaminato il requisito dell’esperienza professionale in modo manifestamente errato, segnatamente per quanto riguarda, anzitutto, il calcolo a tempo pieno della sua esperienza professionale quale giurista linguista freelance presso la Corte di giustizia, inoltre la durata del suo stage nell’ambito dello studio legale W. e, infine, l’applicazione alla sua esperienza professionale di giurista linguista freelance presso la Corte di giustizia della media giornaliera di un numero determinato di pagine da tradurre che, tuttavia, non era menzionata nel bando di concorso.

85

La Commissione chiede che il secondo motivo venga respinto.

Giudizio del Tribunale

86

Al fine di esaminare se la valutazione effettuata dall’APN quanto alla durata dell’esperienza professionale della ricorrente sia manifestamente errata, occorre verificare anzitutto se le modalità o i criteri utilizzati dall’APN a tal riguardo siano fondati su una base giuridica pertinente rispetto all’ambito di legittimità rappresentato dal bando di concorso e che giustifichi pertanto, da parte dell’APN, l’utilizzo, nella valutazione di un requisito di ammissione di natura eliminatoria, di un criterio di calcolo specifico e legittimo nei confronti di persone esterne all’istituzione.

87

Orbene, dalla decisione di rigetto del reclamo emerge che, secondo l’APN, «la commissione giudicatrice non aveva tenuto conto, probabilmente, del fatto che il lavoro della [ricorrente] per la Corte [di giustizia] era (…) freelance e doveva essere quindi calcolato non già in base ai mesi durante i quali la [ricorrente] aveva collaborato con tale istituzione, bensì in base al lavoro effettivamente svolto, in quanto la [ricorrente] non riceveva una retribuzione come corrispettivo, non era soggetta a un orario di lavoro o a superiori gerarchici e la sua presenza alla Corte [di giustizia] non era necessaria ai fini dello svolgimento delle sue mansioni[; p]ertanto, in tale contesto, si imponeva un calcolo del numero di giorni di lavoro, ad esempio, in base al numero di pagine tradotte. Ciò era tanto più valido in quanto i buoni d’ordine delle traduzioni erano contenuti nel fascicolo e la possibilità di utilizzarli per valutare le attività di lavoro non dipendente era prevista nella [g]uida [per i candidati]» (il corsivo è del Tribunale).

88

La guida per i candidati, secondo la Commissione, costituirebbe quindi la base giuridica sufficiente per utilizzare i meccanismi di conversione della quantità di lavoro prodotto in giornate di lavoro svolte, come quelli utilizzati dai servizi della Commissione per il lavoro di traduzione all’interno di tale istituzione. Ne consegue che, secondo la Commissione, l’APN «era legittimata a verificare l’orario di lavoro della ricorrente quale freelance per la Corte di [g]iustizia» (il corsivo è del Tribunale).

89

Nel controricorso la Commissione sottolinea altresì che, «dal momento che la ricorrente [aveva] chiesto di essere assunta dalla Commissione, era inevitabile che l’APN si basasse sui propri criteri per calcolare l’esperienza professionale a tempo pieno» (il corsivo è del Tribunale).

90

Orbene, pur essendo indubbio che, nella fattispecie, l’assunzione della ricorrente avrebbe dovuto aver luogo, eventualmente, nell’ambito della Commissione, è giocoforza constatare, tuttavia, che la Commissione non indica in nessun momento, né nella fase della decisione di rigetto del reclamo né nell’ambito del presente procedimento, su quale base giuridica, opponibile direttamente alla ricorrente, l’APN sarebbe stata tenuta a correggere l’eventuale errore manifesto, in cui sarebbe incorsa la commissione giudicatrice nel calcolo dell’esperienza professionale della ricorrente, utilizzando il criterio del numero di pagine tradotte al giorno, secondo il rapporto utilizzato dai servizi di traduzione della Commissione, ossia cinque pagine per ogni giorno lavorativo, e ciò indipendentemente dal fatto che si trattava, nella fattispecie, di tradurre specificamente testi giuridici e/o di verificare la concordanza linguistica e giuridica di testi legislativi.

91

Infatti, tale metodo di calcolo, anche ammettendo che possa derivare dalla comunicazione del vicepresidente della Commissione SEC (2004) 638, del 25 maggio 2004, relativa al fabbisogno in termini di traduzione, non è stato prescritto in tale documento quale criterio obbligatorio di selezione per l’ammissione alle prove di un concorso destinato specificamente all’assunzione di giuristi linguisti. In ogni caso, tale metodo di calcolo non era previsto nel bando di concorso e non era stato neppure oggetto di una pubblicazione accessibile o necessariamente conosciuta dalla commissione giudicatrice o dai candidati interessati. Inoltre, siffatto criterio, come ha del resto affermato la stessa Commissione, non corrisponde ai criteri utilizzati dai servizi di traduzione delle altre istituzioni che hanno accesso all’elenco di riserva del concorso per l’assunzione, eventualmente, dei loro giuristi linguisti. Pertanto, non si tratta di un criterio comune alle istituzioni dell’Unione.

92

Di conseguenza, l’APN, sostituendosi alla commissione giudicatrice del concorso per garantire il rispetto di un requisito di ammissione alle prove, requisito di ammissione la cui valutazione e applicazione doveva essere effettuata in modo uniforme rispetto a tutti i partecipanti al concorso, non poteva utilizzare un metodo di calcolo esclusivamente interno alla Commissione e, pertanto, non interistituzionale, che risultava quindi non pertinente, poiché si trattava, nella fattispecie, di assumere giuristi linguisti, e non vincolante nei confronti di persone esterne all’istituzione.

93

Ne consegue che l’analisi dell’esperienza professionale della ricorrente, effettuata dalla Commissione e finalizzata al calcolo, secondo i criteri utilizzati dai suoi servizi di traduzione, del numero di pagine tradotte dalla ricorrente nel periodo di attività della stessa quale giurista linguista freelance presso la Corte di giustizia, come se si trattasse del lavoro di un «traduttore» della Commissione, anche ammesso che sia plausibile, non si fonda su alcuna norma giuridica pertinente e direttamente opponibile alla ricorrente e costituisce, pertanto, un errore manifesto da parte dell’APN, che può essere agevolmente individuato dal Tribunale (v. punto 70 della presente sentenza).

94

Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve quindi accogliere il secondo motivo, ancorché dedotto in subordine, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti dedotti al riguardo dalla ricorrente.

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine, nonché sul mancato rispetto del termine ragionevole

95

Dato che il presente motivo attiene essenzialmente alla valutazione dei fatti oggetto della causa in esame, il Tribunale dichiara, a tale titolo e ai fini di una buona amministrazione della giustizia, di poterlo esaminare, anche dopo aver accolto il primo motivo dedotto in via principale.

Argomenti delle parti

96

La ricorrente contesta anzitutto all’APN di aver rimesso in discussione la validità della decisione della commissione giudicatrice di ammetterla al concorso nell’ultima fase della procedura di assunzione, quasi sette anni dopo la redazione dell’elenco di riserva, e, più in particolare, dopo che la DG «Risorse umane» aveva concesso una deroga ai fini della sua assunzione come amministratore. Inoltre, la validità dell’elenco di riserva era stata prorogata più volte e la ricorrente era stata invitata a sostenere più colloqui di assunzione nell’intervallo, senza che la sua ammissibilità al concorso fosse mai stata verificata o rimessa in discussione.

97

La ricorrente sostiene inoltre che gli agenti della DG «Risorse umane» le hanno negato l’accesso al suo fascicolo EPSO nel corso dei colloqui sostenuti con gli stessi nel settembre e nell’ottobre 2013, accesso accordatole soltanto nel novembre successivo.

98

Inoltre, secondo la ricorrente, impiegando quattro mesi per adottare la decisione controversa, l’APN avrebbe superato il termine ragionevole per l’esame del fascicolo. Tenuto conto, da un lato, della natura del controllo che l’APN era indotta a effettuare nella fattispecie, limitato all’errore manifesto di valutazione della commissione giudicatrice, e, dall’altro, dell’interesse costante manifestato dalla DG «Giustizia» per l’assunzione della ricorrente, inizialmente prevista per il settembre 2013, siffatto termine sarebbe eccessivo e, peraltro, interamente imputabile alla DG «Risorse umane».

99

Infine, l’APN avrebbe trattato il fascicolo in modo iniquo, in quanto i rappresentanti della DG «Risorse umane» hanno espresso pareri contraddittori e confusi riguardo agli elementi rilevanti ai fini del calcolo della durata dell’esperienza professionale e ai documenti da presentare a tal proposito e che, in seguito, non sono stati ammessi. Siffatto comportamento avrebbe anch’esso ritardato il procedimento di assunzione.

100

La Commissione chiede che il terzo motivo venga respinto.

Giudizio del Tribunale

101

In primo luogo, occorre ricordare che l’APN deve esaminare la legittimità della decisione della commissione giudicatrice di iscrivere un candidato nell’elenco di riserva di un concorso solo nel momento in cui si pone la questione dell’assunzione effettiva di quest’ultimo e assolutamente non al momento in cui la commissione giudicatrice gli comunica l’elenco di riserva (sentenza del 15 settembre 2005, Luxem/Commissione, T‑306/04, EU:T:2005:326, punto 24). Il tempo trascorso dalla redazione dell’elenco di riserva o il numero di proroghe della validità di tale elenco non sono quindi circostanze pertinenti per valutare, nella fattispecie, se l’APN abbia violato il principio di buona amministrazione rimettendo in discussione la decisione della commissione giudicatrice di ammettere la ricorrente a sostenere le prove del concorso.

102

Inoltre, quanto alla deroga all’elenco di riserva di cui trattasi (v. punto 15 della presente sentenza), va osservato che tale decisione è stata adottata necessariamente dopo la decisione della commissione giudicatrice di iscrivere la ricorrente in detto elenco, ma prima dell’indispensabile verifica, da parte dei servizi dell’APN, della sua idoneità a essere nominata funzionario. Orbene, tale decisione di deroga, per quanto adottata in un momento inopportuno, ossia assai prima che l’APN avesse potuto verificare l’idoneità della ricorrente a essere nominata al posto in questione, non implica, de iure, il fatto che l’APN non possa più verificare, nei limiti delle sue competenze, il rispetto di detti requisiti di nomina imposti imperativamente dallo Statuto. In altri termini, una decisione di deroga come quella di cui trattasi non equivale, automaticamente, a una decisione di idoneità a essere nominati funzionari. Orbene, tra i requisiti di nomina previsti dallo Statuto, figura quello, stabilito all’articolo 28 dello Statuto, del superamento di un concorso per titoli ed esami che, nella fattispecie, poteva essere soltanto il concorso di cui trattasi nella causa in esame.

103

In secondo luogo, per quanto riguarda l’accesso al fascicolo EPSO, è giocoforza constatare che l’affermazione della ricorrente relativa al diniego asseritamente opposto dagli agenti della DG «Risorse umane» alle sue richieste verbali di accesso non è suffragata da alcun elemento di prova. Sebbene la ricorrente abbia menzionato siffatto diniego in un messaggio di posta elettronica dell’11 novembre 2013, inviato alla DG «Risorse umane», la sua affermazione non è confermata dal destinatario, che, al contrario, l’ha invitata ad accedere al suo fascicolo sin dal giorno successivo. Del resto, la ricorrente, che ammette di aver avuto accesso al proprio atto di candidatura e ai documenti allegati il 12 novembre 2013, non precisa in qual modo il presunto diniego precedente costituirebbe una violazione del principio di buona amministrazione o del dovere di sollecitudine.

104

In terzo luogo, per quanto riguarda il termine assunto dall’APN per adottare la sua decisione, occorre rilevare che non sono fissati termini da disposizioni del diritto dell’Unione, relative all’adozione di una decisione di assunzione di un funzionario nell’ambito di una procedura di concorso come quella cui ha partecipato la ricorrente. Ne consegue che, secondo una giurisprudenza costante, il carattere ragionevole del termine assunto dall’istituzione per adottare l’atto in questione deve essere valutato in funzione dell’insieme delle circostanze proprie di ciascuna causa e, segnatamente, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del procedimento e del comportamento delle parti in causa (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Réexamen Arango Jaramillo e a./BEI, C‑334/12 RX‑II, EU:C:2013:134, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

105

Nella fattispecie, in seguito al colloquio di assunzione del 28 maggio 2013, la DG «Giustizia» ha trasmesso la richiesta di assunzione riguardante la ricorrente alla DG «Risorse umane» nel giugno 2013 e, nel luglio 2013, la DG «Risorse umane» ha concesso la deroga necessaria per l’assunzione, a un posto di amministratore, di un candidato il cui nome figurava in un elenco di riserva di giuristi linguisti. Il fascicolo EPSO è stato trasmesso alla Commissione nel settembre 2013 e la decisione controversa è stata adottata il 17 dicembre 2013. Nel frattempo, a fine agosto 2013, la ricorrente si è informata presso la DG «Risorse umane» sullo stato del procedimento di assunzione.

106

Per quanto riguarda, anzitutto, il criterio della rilevanza della controversia, sebbene la prospettiva della sua assunzione presentasse un’innegabile rilevanza per la ricorrente, quest’ultima non può far valere alcun diritto a essere nominata funzionario e, in mancanza del consenso della DG «Risorse umane», essa non può neppure invocare un legittimo affidamento al riguardo, nonostante l’interesse costante manifestato dalla DG «Giustizia» per la sua assunzione (v. sentenza del 19 maggio 2015, Brune/Commissione, F‑59/14, EU:F:2015:50, punto 78 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, dato che l’APN ha ritenuto, anche se erroneamente, che la commissione giudicatrice fosse incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’ammettere la ricorrente a partecipare al concorso, la verifica del rispetto del requisito di ammissione relativo all’esperienza professionale richiesta dal bando di concorso presentava, in quanto tale e nei limiti indicati ai punti da 53 a 55 della presente sentenza, una certa complessità. Infine, ritenendo che le informazioni contenute nel fascicolo EPSO fossero, per alcuni aspetti, contraddittorie e insufficienti, l’APN ha chiesto alla ricorrente documenti e spiegazioni supplementari. Non può essere quindi imputato all’APN alcun ritardo ingiustificato nel procedimento di assunzione.

107

Pertanto, il termine di circa sei mesi decorso tra la domanda di assunzione inviata dalla DG «Giustizia» alla DG «Risorse umane», nel giugno 2013, e l’adozione della decisione controversa, il successivo 17 dicembre, nella fattispecie, non può essere dichiarato, nel complesso, irragionevole.

108

In quarto luogo, il fatto che gli agenti della DG «Risorse umane» abbiano tenuto la ricorrente informata, in diverse fasi intermedie del procedimento di assunzione, degli elementi che essi ritenevano pertinenti per il calcolo della durata della sua esperienza professionale e delle prove da fornire al riguardo non corrisponde a un trattamento iniquo della sua situazione. Al contrario, la ricorrente ha avuto in tal modo l’opportunità di prendere posizione sugli aspetti controversi del suo fascicolo e di far valere a suo favore, nel corso del procedimento di assunzione, tutti gli argomenti e gli elementi di prova di cui disponeva. L’APN era del resto libera di valutare la forza probatoria di tali elementi.

109

Ne consegue che, in base agli elementi dedotti dalla ricorrente, non può essere constatata alcuna violazione del principio di buona amministrazione, del dovere di sollecitudine o del termine ragionevole e che, pertanto, il terzo motivo deve essere respinto.

Sul quarto motivo, vertente sull’illegittimità del requisito di ammissione al concorso relativo all’esperienza professionale

Argomenti delle parti

110

La ricorrente sostiene, mediante un’eccezione di illegittimità, che il requisito di ammissione relativo all’esperienza professionale, previsto nel bando di concorso, sarebbe contrario al principio della parità di trattamento, in quanto altri bandi di concorso per l’assunzione di giuristi linguisti non prevedrebbero una condizione di tal genere.

111

La Commissione chiede il rigetto del quarto motivo in quanto, in via principale, irricevibile e, in subordine, infondato.

Giudizio del Tribunale

112

Poiché il primo motivo di annullamento, vertente sull’incompetenza dell’APN, è stato accolto, non si deve più procedere all’esame del quarto motivo. Inoltre, dato che, rispetto ai requisiti previsti nel bando di concorso sulla ripartizione delle competenze tra l’APN e la commissione giudicatrice, è stato dimostrato che l’APN era vincolata dalla decisione della commissione giudicatrice di ammettere la ricorrente al concorso in base al requisito dell’esperienza professionale in quanto tale decisione non era viziata da errore manifesto, l’eventuale illegittimità di tale requisito di ammissione non darebbe luogo a un danno personale supplementare risarcibile a favore della ricorrente.

3. Sulla domanda di risarcimento del danno

Argomenti delle parti

113

La ricorrente sostiene che sarebbe stata certamente assunta nel settembre 2013 se l’illegittimità che inficia la decisione controversa non fosse stata commessa. Poiché tra il 1o settembre 2013 e il 1o febbraio 2014, data in cui la ricorrente afferma di essere stata assunta quale referendario di un membro del Tribunale dell’Unione europea, è rimasta senza lavoro, in attesa della decisione dell’APN, detta illegittimità le avrebbe arrecato un danno materiale rappresentato dalla perdita del reddito che avrebbe percepito, nonché di altri vantaggi connessi alla nomina, ivi compresa la possibilità di essere assunta come funzionario ai sensi delle disposizioni statutarie più vantaggiose, in vigore sino al 31 dicembre 2013.

114

Pertanto, la ricorrente ritiene di dover essere risarcita mediante il riconoscimento di «tutti gli effetti» di una nomina, nel settembre 2013, ad amministratore di grado AD 7, scatto 1, assegnato alla DG «Giustizia» ossia, «tra l’altro», l’anzianità di grado al 1o settembre 2013, la ricostruzione della sua carriera, il pagamento retroattivo dei contributi pensionistici e il versamento della retribuzione per il periodo durante il quale è rimasta senza lavoro, retribuzione stimata, salvo maggiorazione, in EUR 26132,85, oltre agli interessi moratori calcolati sulla base del tasso fissato dalla Banca centrale europea per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile nel corso del periodo considerato, maggiorato di due punti.

115

La ricorrente aggiunge che avrebbe altresì subito, a causa della decisione controversa, un danno morale derivante dallo stress e dall’angoscia generati dalla messa in discussione, quasi sette anni dopo la sua iscrizione nell’elenco di riserva, dei diritti maturati quale vincitrice del concorso, nonché dall’obbligo, cui ha dovuto far fronte, di intraprendere essa stessa iniziative presso i suoi ex datori di lavoro per ottenere le informazioni richieste dalla DG «Risorse umane» ai fini della valutazione della sua esperienza professionale. A tale titolo, la ricorrente limita la sua domanda a un euro simbolico.

116

La Commissione, dal canto suo, chiede il rigetto della domanda di risarcimento del danno. Quanto al danno materiale per la perdita di opportunità, la domanda di risarcimento sarebbe strettamente connessa alla domanda di annullamento e dovrebbe essere quindi respinta in quanto infondata. Peraltro, la ricorrente non può far valere alcuna seria possibilità di assunzione e non può neppure ritenere che la sua nomina avrebbe dovuto avvenire in una data determinata. In ogni caso, come precisato dalla Commissione in udienza, in risposta a un quesito contenuto nella relazione preparatoria d’udienza, un’assunzione precedente al 1o marzo 2014, compreso un eventuale periodo di preavviso, non sarebbe stata possibile nel caso di specie.

117

Inoltre, le richieste di riconoscere a favore della ricorrente «tutti gli effetti» di una nomina e di ricostruire la sua carriera sarebbero manifestamente irricevibili, la prima per la sua imprecisione e, la seconda, per il fatto che, secondo la giurisprudenza, non spetta al giudice dell’Unione rivolgere ingiunzioni all’amministrazione nell’ambito del sindacato di legittimità fondato sull’articolo 91 dello Statuto.

118

Quanto al danno morale, la domanda di risarcimento del danno sarebbe irricevibile per mancanza di una domanda preliminare ai sensi dell’articolo 90 dello Statuto, in quanto tale danno deriva, secondo la Commissione, da un comportamento non decisionale dell’amministrazione, ossia il ritardo nella gestione del fascicolo della ricorrente.

119

La domanda di risarcimento del danno morale sarebbe comunque infondata. Pertanto, lo stress e l’angoscia asseriti rientrerebbero poco verosimilmente nelle circostanze del caso di specie, tanto più che lo status di vincitore di un concorso non conferisce all’interessato alcun diritto ad essere nominato funzionario ed ogni candidato è tenuto a produrre gli elementi di prova necessari alla valutazione dell’esistenza e della rilevanza dei suoi titoli e della sua esperienza professionale.

Giudizio del Tribunale

120

Secondo una giurisprudenza costante, il riconoscimento di una responsabilità in capo a un’istituzione presuppone la presenza di un insieme di condizioni per quanto concerne l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni, la presenza effettiva del preteso danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno lamentato (v., in particolare, sentenze del 1o giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 42, e del 21 febbraio 2008, Commissione/Girardot, C‑348/06 P, EU:C:2008:107, punto 52).

121

Poiché la decisione controversa, come è stato dichiarato nell’ambito dell’esame del primo motivo, è viziata da illegittimità, occorre esaminare se la ricorrente abbia subito un danno causato da tale decisione.

122

Per quanto riguarda il danno materiale, è giocoforza constatare che, per effetto della decisione controversa, la ricorrente ha perso un’opportunità effettiva di essere assunta, in qualità di funzionario, nel posto vacante presso la DG «Giustizia», per la cui copertura tale direzione generale aveva infatti manifestato, più volte, il suo interesse nei confronti della ricorrente (v. punto 18 della presente sentenza e, in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2013, Thomé/Commissione, F‑97/12, EU:F:2013:142, punto 76).

123

Pertanto, indipendentemente dai provvedimenti che la Commissione dovrà adottare, conformemente all’articolo 266 TFUE, per dare esecuzione alla presente sentenza di annullamento, occorre considerare che la ricorrente ha perso definitivamente la possibilità di essere nominata amministratore di grado AD 7 nel posto vacante presso la DG «Giustizia», per il quale tale direzione generale aveva ottenuto, del resto, per proporre tale impiego alla ricorrente, una deroga amministrativa all’elenco di riserva del concorso che era destinato, in effetti, a consentire l’assunzione, in primo luogo, di giuristi linguisti. Tale danno dà quindi diritto, nel rispetto degli altri requisiti di legge, al risarcimento (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2011, AA/Commissione, F‑101/09, EU:F:2011:133, punti da 79 a 82).

124

Inoltre, la ricorrente afferma, fondandosi sull’interesse dell’unità della DG «Giustizia» alla quale la stessa avrebbe dovuto essere assegnata, interesse non contestato, del resto, dalla Commissione, che in mancanza dell’illegittimità che inficia la decisione controversa essa sarebbe stata assunta a decorrere dal 1o settembre 2013.

125

Orbene, occorre al riguardo ricordare, da una parte, che il fascicolo EPSO è pervenuto all’APN soltanto nel settembre 2013.

126

D’altra parte, sebbene la Commissione sostenga che, sul piano amministrativo, la prima data possibile di assunzione nel posto vacante sarebbe stata il 1o marzo 2014, resta il fatto che, se l’APN non avesse considerato, erroneamente, che la commissione giudicatrice era incorsa in un errore manifesto di valutazione, la durata dell’analisi del fascicolo della ricorrente sarebbe stata verosimilmente più breve, per effetto, in particolare, dell’interesse manifestato, più volte, dalla DG «Giustizia» per la copertura di tale posto.

127

Nelle circostanze del caso di specie, occorre quindi considerare che la possibilità per la ricorrente di essere assunta, in mancanza dell’illegittimità contestata alla Commissione, nel posto di amministratore di cui trattasi è sorta a suo favore non prima del 1o novembre 2013, tenendo anche conto del fatto che, come risulta dal messaggio di posta elettronica del 24 maggio 2013, inviato dalla DG «Risorse umane» alla ricorrente (v. punto 13 della presente sentenza), la visita medica di assunzione, in caso di assunzione da parte della Commissione, non sarebbe stata necessaria, in quanto la ricorrente era già stata sottoposta in precedenza a tale visita presso la Corte di giustizia.

128

Infine, la ricorrente sostiene che l’importo del danno materiale subito ammonterebbe, per il periodo compreso tra il 1o settembre 2013 e il 1o febbraio 2014, durante il quale è rimasta senza lavoro in attesa dell’adozione della decisione controversa, a una cifra pari a EUR 26132,85, che rappresenta il reddito che essa avrebbe percepito quale funzionario di grado AD 7, scatto 1. La ricorrente aggiunge che la Commissione dovrebbe anche essere condannata al pagamento dei contributi pensionistici a decorrere dal settembre 2013.

129

Tuttavia, senza necessità di prendere posizione sull’eccezione di irricevibilità opposta dalla Commissione alle richieste volte a ottenere il riconoscimento di «tutti gli effetti» della nomina e la ricostruzione della carriera, è sufficiente ricordare che il danno materiale, di cui la ricorrente è legittimata ad ottenere il risarcimento, non è connesso a un mancato guadagno, bensì alla perdita della possibilità di essere assunta per ricoprire, in qualità di funzionario, il posto oggetto della procedura di assunzione in questione.

130

Pertanto, tenuto conto delle circostanze del caso di specie ed esercitando la facoltà spettante al Tribunale di valutare il danno in via equitativa, sarà concesso un giusto risarcimento dell’intero danno materiale subito dalla ricorrente, considerati, in particolare, la retribuzione mensile corrispondente al posto da ricoprire, la concretezza della possibilità perduta, la prima data possibile di assunzione e la situazione professionale della ricorrente durante il periodo di riferimento, condannando la Commissione a versarle la somma forfettaria di EUR 10000.

131

Per quanto riguarda il danno morale, si deve constatare, in via preliminare, che, contrariamente a quanto afferma la Commissione, il danno asseritamente subito non risulta da un comportamento dell’amministrazione privo di carattere decisionale, ossia dal ritardo nella gestione del fascicolo della ricorrente, bensì dalla decisione controversa.

132

Tuttavia, si deve statuire che l’annullamento della decisione controversa costituisce di per sé un risarcimento adeguato e sufficiente del danno morale asserito dalla ricorrente, in quanto quest’ultima non è riuscita a dimostrare di aver subito un danno morale indipendente dall’illegittimità che ha fondato l’annullamento della decisione controversa.

133

Ne consegue che la Commissione deve essere condannata a pagare alla ricorrente, a titolo di risarcimento, la somma di EUR 10000.

Sulle spese

134

Ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo II di tale regolamento, la parte soccombente sopporta le proprie spese ed è condannata alle spese sostenute dalla controparte se ne è stata fatta domanda. In forza dell’articolo 102, paragrafo 1, dello stesso regolamento, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sopporti le proprie spese, ma sia condannata solo parzialmente alle spese sostenute dalla controparte, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

135

Dalla motivazione esposta nella presente sentenza risulta che la Commissione è rimasta sostanzialmente soccombente. Inoltre, la ricorrente, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto che essa sia condannata alle spese. Atteso che le circostanze del caso di specie non giustificano l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Commissione deve sopportare le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute dalla ricorrente.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione del 17 dicembre 2013, con la quale la Commissione europea ha rifiutato di assumere FE, è annullata.

 

2)

La Commissione europea è condannata a versare a FE l’importo di EUR 10000.

 

3)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

4)

La Commissione europea sopporterà le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute da FE.

 

Barents

Perillo

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 ottobre 2015.

Il cancelliere

W. Hakenberg

Il presidente

R. Barents


( * )   Lingua processuale: il francese.