SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 giugno 2016 ( *1 )

«Ricorso di annullamento — Politica estera e di sicurezza comune (PESC) — Decisione 2014/198/PESC — Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica unita di Tanzania sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica unita di Tanzania — Scelta della base giuridica — Obbligo di informare immediatamente e pienamente il Parlamento europeo in tutte le fasi della procedura di negoziazione e conclusione di accordi internazionali — Mantenimento degli effetti della decisione di annullamento»

Nella causa C‑263/14,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 28 maggio 2014,

Parlamento europeo, rappresentato da R. Passos, A. Caiola e M. Allik, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuto da:

Commissione europea, rappresentata da M. Konstantinidis, R. Troosters e D. Gauci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da F. Naert, G. Étienne, M. Bishop e M.-M. Joséphidès, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, E. Ruffer, J. Vláčil, J. Škeřik e M. Hedvábná, in qualità di agenti,

Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, M. Rhodin, E. Karlsson e L. Swedenborg, in qualità di agenti,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da J. Kraehling e V. Kaye, in qualità di agenti, assistite da G. Facenna, barrister,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, A. Arabadjiev, C. Toader, D. Šváby e C. Lycourgos, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), E. Juhász, M. Safjan, M. Berger, E. Jarašiūnas, C.G. Fernlund e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 settembre 2015,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 ottobre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede, da un lato, l’annullamento della decisione 2014/198/PESC del Consiglio, del 10 marzo 2014, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica unita [di] Tanzania sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica unita [di] Tanzania (GU L 108, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»), e, dall’altro lato, il mantenimento degli effetti di tale decisione.

Contesto normativo

Il diritto internazionale

La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare

2

La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, è entrata in vigore il 16 novembre 1994. Essa è stata approvata con decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell’accordo del 28 luglio 1994 relativo all’attuazione della parte XI della convenzione (GU 1998, L 179, pag. 1).

3

Nella sezione 1, intitolata «Disposizioni generali», della parte VII, intitolata «Alto mare», della predetta convenzione figurano gli articoli da 100 a 107, che definiscono il contesto normativo della lotta alla pirateria. L’articolo 100 della medesima convenzione obbliga tutti gli Stati a collaborare per reprimere la pirateria. Gli articoli da 101 a 103 di quest’ultima definiscono, rispettivamente, le nozioni di «pirateria» e di «nave o aeromobile pirata».

4

Ai sensi dell’articolo 105, intitolato «Sequestro di navi o aeromobili pirata», della convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare:

«Nell’alto mare o in qualunque altro luogo fuori della giurisdizione di qualunque Stato, ogni Stato può sequestrare una nave o aeromobile pirata o una nave o aeromobile catturati con atti di pirateria e tenuti sotto il controllo dei pirati; può arrestare le persone a bordo e requisirne i beni. Gli organi giurisdizionali dello Stato che ha disposto il sequestro hanno il potere di decidere la pena da infliggere nonché le misure da adottare nei confronti delle navi, aeromobili o beni, nel rispetto dei diritti dei terzi in buona fede».

Il diritto dell’Unione

L’azione comune 2008/851

5

L’azione comune 2008/851/PESC del Consiglio, del 10 novembre 2008, relativa all’operazione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia (GU 2008, L 301, pag. 33), come modificata dalla decisione 2012/174/PESC del Consiglio, del 23 marzo 2012 (GU 2012, L 89, pag. 69) (in prosieguo: l’«azione comune 2008/851»), si fonda sull’articolo 14, sull’articolo 25, terzo comma, e sull’articolo 28, paragrafo 3, TUE. Tale operazione è denominata «operazione Atalanta».

6

L’articolo 1 di tale azione comune, intitolato «Missione», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«L’Unione europea (...) conduce un’operazione militare a sostegno delle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008), 1838 (2008), 1846 (2008) e 1851 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in modo conforme all’azione autorizzata in caso di pirateria in applicazione degli articoli 100 e seguenti della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (...) e mediante, in particolare, impegni assunti con gli Stati terzi (“Atalanta”), al fine di contribuire:

alla protezione delle navi del [Programma alimentare mondiale] che inoltrano l’aiuto umanitario alle popolazioni sfollate della Somalia, conformemente al mandato della risoluzione 1814 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e

alla protezione delle navi vulnerabili che navigano al largo delle coste somale, nonché alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo delle coste somale, conformemente al mandato definito nelle risoluzioni 1846 (2008) e 1851 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».

7

L’articolo 2 della predetta azione comune, intitolato «Mandato», così dispone:

«Atalanta, alle condizioni stabilite dal diritto internazionale applicabile, in particolare dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, e dalle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008) e 1838 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e nel limite delle sue capacità disponibili:

(...)

e)

al fine dell’eventuale esercizio di azioni giudiziarie da parte degli Stati competenti alle condizioni previste all’articolo 12, può arrestare, fermare e trasferire le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle zone in cui essa è presente e sequestrare le navi di pirati o di rapinatori o le navi catturate a seguito di un atto di pirateria o di rapina a mano armata e che sono sotto il controllo dei pirati o dei rapinatori, nonché requisire i beni che si trovano a bordo;

(...)».

8

L’articolo 10 della medesima azione comune, intitolato «Partecipazione di Stati terzi», è formulato nei seguenti termini:

«1.   Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’[Unione] e il quadro istituzionale unico, e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’operazione.

(...)

3.   Le modalità particolareggiate della partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi secondo la procedura di cui all’articolo 37 [TUE]. Quando l’[Unione] e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle operazioni di gestione delle crisi condotte dall’[Unione], le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito della presente operazione.

(...)

6.   Le condizioni di trasferimento[, verso uno Stato terzo partecipante all’operazione,] delle persone arrestate e fermate al fine dell’esercizio della competenza giurisdizionale di tale Stato sono stabilite in occasione della conclusione o dell’attuazione degli accordi di partecipazione di cui al paragrafo 3».

9

Ai sensi dell’articolo 12 di tale azione comune, intitolato «Trasferimento delle persone arrestate e fermate in vista dell’esercizio delle competenze giurisdizionali»:

«1.   Sulla base dell’accettazione da parte della Somalia dell’esercizio della giurisdizione ad opera degli Stati membri o degli Stati terzi, da un lato, e dell’articolo 105 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, dall’altro, le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle acque territoriali o interne della Somalia o in alto mare, arrestate e fermate ai fini dell’esercizio di azioni giudiziarie, nonché i beni che sono serviti a compiere tali atti, sono trasferiti:

alle autorità competenti dello Stato membro o dello Stato terzo che partecipa all’operazione del quale la nave che ha effettuato la cattura batte bandiera, o

se tale Stato non può o non intende esercitare la propria giurisdizione, a uno Stato membro o a qualsiasi Stato terzo che desideri esercitarla nei confronti di tali persone e beni.

2.   Le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata, arrestate e fermate, in vista dell’esercizio delle competenze giurisdizionali, da Atalanta nelle acque territoriali, nelle acque interne o nelle acque arcipelagiche di altri Stati della regione, d’intesa con tali Stati, nonché i beni che sono serviti a compiere tali atti, possono essere trasferiti alle autorità competenti dello Stato interessato o, con il consenso dello Stato interessato, alle autorità competenti di un altro Stato.

3.   Nessuna delle persone di cui ai paragrafi 1 e 2 può essere trasferita in uno Stato terzo se le condizioni del trasferimento non sono state stabilite con tale Stato terzo in conformità del diritto internazionale applicabile, compreso il diritto internazionale dei diritti umani, al fine di garantire in particolare che nessuno sia sottoposto alla pena di morte, alla tortura o a qualsiasi altro trattamento crudele, inumano o degradante».

L’accordo UE-Tanzania

10

L’articolo 2, intitolato «Definizioni», dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica unita [di] Tanzania sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta [dall’]Unione europea alla Repubblica unita [di] Tanzania (GU 2014, L 108, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo UE-Tanzania») prevede quanto segue:

«Ai fini del presente accordo si intende per:

a)

forza navale diretta dall’Unione europea (EUNAVFOR)”, i comandi militari dell’[Unione europea] e i contingenti nazionali che contribuiscono all’operazione dell’[Unione europea] “Atalanta”, i loro mezzi navali, aeromobili e le loro risorse;

(...)

f)

persona trasferita”, qualsiasi persona sospettata di voler commettere, di commettere o di aver commesso atti di pirateria e trasferita dall’EUNAVFOR alla Tanzania in virtù del presente accordo».

11

L’articolo 1 di tale accordo, intitolato «Obiettivo», così dispone:

«Il presente accordo definisce le condizioni e le modalità del trasferimento dall’EUNAVFOR alla Tanzania delle persone sospettate di voler commettere, di commettere o di aver commesso atti di pirateria e fermate dall’EUNAVFOR, e dei relativi beni sequestrati dall’EUNAVFOR, e del loro trattamento dopo tale trasferimento».

12

Il predetto accordo enuncia, al suo articolo 3, i principi generali che disciplinano, in particolare, le modalità e le condizioni del trasferimento alle autorità della Tanzania delle persone sospettate di atti di pirateria fermate dall’EUNAVFOR, comprese quelle di un trattamento rispettoso degli obblighi internazionali in materia di diritti dell’uomo. Inoltre, il medesimo accordo disciplina, al suo articolo 4, le condizioni alle quali le persone trasferite sono trattate, sottoposte ad un’azione giudiziaria e giudicate, disponendo, al suo articolo 5, che siffatte persone non possono essere giudicate per un reato la cui pena massima è più severa della pena dell’ergastolo.

13

L’articolo 6 dell’accordo UE-Tanzania riguarda gli scambi di documenti e informazioni che devono aver luogo nell’ambito del trasferimento delle predette persone. L’articolo 7, paragrafo 1, di tale accordo dispone che, «l’UE e l’EUNAVFOR, nei limiti dei mezzi e delle capacità di cui dispongono, forniscono tutta l’assistenza alla Tanzania in vista delle indagini e dell’azione giudiziaria riguardo alle persone trasferite».

14

Ai sensi dell’articolo 8 dell’accordo UE-Tanzania, nessuna disposizione di quest’ultimo è intesa come deroga agli altri diritti di cui possono godere le persone trasferite ai sensi della legislazione internazionale o interna applicabile. L’articolo 9 di tale accordo verte sui collegamenti tra le autorità della Tanzania e quelle dell’Unione, nonché sul regolamento delle controversie. Infine, gli articoli 10 e 11 del medesimo accordo disciplinano le disposizioni di attuazione e di entrata in vigore di quest’ultimo.

Fatti e decisione impugnata

15

Durante il 2008, in particolare nelle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008) e 1838 (2008), il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha espresso la sua profonda preoccupazione riguardo alla minaccia che gli atti di pirateria e le rapine a mano armata commessi contro le navi costituiscono per l’inoltro degli aiuti umanitari in Somalia, per la navigazione internazionale e per la sicurezza delle rotte marittime commerciali, nonché per le altre navi vulnerabili, comprese quelle dedicate alle attività di pesca esercitate in conformità al diritto internazionale. Inoltre, esso ha rilevato, nel preambolo della sua risoluzione 1846 (2008), che gli atti di pirateria e le rapine a mano armata commessi contro navi nelle acque territoriali della Repubblica federale di Somalia o in alto mare, al largo delle sue coste, esacerbano la situazione in tale paese, la quale continua a minacciare la pace internazionale e la sicurezza nella regione.

16

In tale contesto, il Consiglio di sicurezza ha chiesto, al punto 14 di quest’ultima risoluzione, a tutti gli Stati, segnatamente agli Stati della bandiera, agli Stati del porto e agli Stati costieri, nonché agli Stati di cui sono cittadini le vittime o gli autori di atti di pirateria o di rapine a mano armata e agli Stati aventi giurisdizione in forza del diritto internazionale o del loro diritto interno, di cooperare al fine di stabilire chi avrà la competenza e di adottare le necessarie misure investigative e giudiziarie nei confronti degli autori di atti di pirateria o di rapine a mano armata commessi al largo delle coste somale, in conformità al diritto internazionale applicabile, ivi compreso il diritto internazionale in materia di diritti dell’uomo, e di assecondare tali sforzi, in particolare fornendo assistenza sia logistica sia finalizzata all’esercizio di azioni in giudizio nei riguardi delle persone ricadenti sotto la loro giurisdizione e il loro controllo, quali le vittime, i testimoni e le persone detenute nell’ambito di operazioni condotte ai sensi della presente risoluzione.

17

Al nono considerando della risoluzione 1851 (2008), il Consiglio di sicurezza nota con preoccupazione che la mancanza di mezzi, l’assenza di legislazione interna e le incertezze in merito alla sorte da riservare ai pirati dopo la loro cattura hanno impedito di condurre un’azione internazionale più vigorosa contro i pirati che operano al largo delle coste somale e, in alcuni casi, costretto a liberare i pirati senza averli tradotti in giudizio. Esso ha anche invitato, al punto 3 di tale risoluzione, tutti gli Stati e le organizzazioni regionali che combattono la pirateria al largo delle coste somale a concludere accordi o patti speciali con i paesi disposti a prendere in consegna i pirati per imbarcare agenti dei servizi di lotta alla criminalità («shipriders») di tali paesi, in particolare in seno alla regione, al fine di facilitare lo svolgimento di indagini e azioni giudiziarie nei confronti delle persone detenute nell’ambito delle loro operazioni.

18

In risposta a tali diverse risoluzioni, l’Unione ha adottato l’azione comune 2008/851, ai sensi della quale essa conduce, dal novembre 2008, l’operazione Atalanta, tramite la quale contribuisce, segnatamente, alla lotta alla pirateria al largo delle coste somale.

19

Nell’ambito di tale operazione militare, il 22 marzo 2010 il Consiglio dell’Unione europea ha inviato al Parlamento una lettera, in cui rilevava la necessità di negoziare e di concludere accordi internazionali con alcuni Stati terzi. Con tale lettera il Consiglio ha ricordato che, conformemente all’articolo 12 dell’azione comune 2008/851, le persone che hanno commesso o sono sospettate di aver commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle acque territoriali della Repubblica federale di Somalia o in alto mare, che sono arrestate e fermate, al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie, nonché i beni che sono serviti a compiere tali atti, possono essere trasferiti a qualsiasi Stato terzo che intenda esercitare la propria giurisdizione nei confronti di tali persone o tali beni, purché le condizioni di tale trasferimento siano state stabilite con tale Stato terzo in conformità al diritto internazionale applicabile. Inoltre, con la predetta lettera il Consiglio ha informato il Parlamento del fatto che l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (in prosieguo: l’ «Alto Rappresentante») era stato autorizzato, lo stesso giorno, ad avviare negoziati, ai sensi dell’articolo 37 TUE, per la conclusione di accordi di trasferimento con la Repubblica di Mauritius, la Repubblica del Mozambico, la Repubblica del Sud Africa, la Repubblica unita di Tanzania e la Repubblica dell’Uganda.

20

Con lettera del 19 marzo 2014 il Consiglio ha comunicato al Parlamento che, a seguito della conclusione dei negoziati con la Repubblica unita di Tanzania, esso aveva adottato, il 10 marzo 2014, la decisione impugnata.

21

L’accordo UE-Tanzania è stato firmato a Bruxelles il 1o aprile 2014. Il testo di tale accordo e la decisione impugnata sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’11 aprile 2014.

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

22

Il Parlamento chiede che la Corte voglia annullare la decisione impugnata, disporre il mantenimento degli effetti di tale decisione fino a che non venga sostituita e condannare il Consiglio alle spese.

23

Il Consiglio chiede che la Corte voglia, in via principale, respingere il ricorso in quanto infondato e condannare il Parlamento alle spese. In subordine, nel caso in cui fosse accolta la domanda di annullamento della decisione impugnata, il Consiglio chiede che gli effetti di quest’ultima siano mantenuti fino all’entrata in vigore di un atto che la sostituisca, se tale annullamento è basato sul primo motivo dedotto dal ricorrente, oppure indefinitamente se il predetto annullamento è basato soltanto sul secondo motivo.

24

Con decisione del presidente della Corte del 3 ottobre 2014, la Repubblica ceca, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono stati autorizzati a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. La Commissione europea è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento.

Sul ricorso

25

A sostegno del suo ricorso, il Parlamento deduce due motivi. Con il primo motivo esso fa valere che la decisione impugnata è erroneamente fondata solo sull’articolo 37 TUE e che, di conseguenza, essa non avrebbe dovuto essere adottata conformemente alla procedura specifica degli accordi che riguardano esclusivamente la politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la «PESC») di cui all’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, prima parte della frase, TFUE, che esclude qualsiasi partecipazione del Parlamento. Siffatta decisione, la cui adeguata base giuridica sarebbe costituita dagli articoli 37 TUE nonché 82 TFUE e 87 TFUE, potrebbe essere adottata solo conformemente alla procedura prevista all’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), v), TFUE, che contempla l’approvazione del Parlamento. Con il secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, il Parlamento contesta al Consiglio di non averlo informato immediatamente e pienamente in tutte le fasi della negoziazione e della conclusione dell’accordo UE-Tanzania.

Sul motivo principale, concernente la scelta errata della base giuridica

Argomenti delle parti

26

Con il suo primo motivo il Parlamento fa valere che il Consiglio ha erroneamente ritenuto che la decisione impugnata concernesse un accordo internazionale che riguardava «esclusivamente la [PESC]» ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, prima parte della frase, TFUE. Esso afferma che, in mancanza di approvazione da parte sua, tale decisione è stata adottata in violazione delle disposizioni dei Trattati. Esso sostiene che l’accordo UE-Tanzania persegue un duplice scopo, dal momento che tale accordo verte tanto sulla PESC quanto sui settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia, settori sottoposti al procedimento legislativo ordinario. Di conseguenza, il Parlamento considera che la decisione impugnata avrebbe dovuto avere come base giuridica gli articoli 37 TUE nonché 82 TFUE e 87 TFUE e che, quindi, essa avrebbe dovuto essere adottata secondo la procedura definita all’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), v), TFUE.

27

Il Parlamento rileva che la scelta della base giuridica deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto di cui trattasi. A tal riguardo, lo scopo dell’accordo UE-Tanzania sarebbe di evitare che gli Stati membri interessati siano obbligati a svolgere essi stessi procedimenti penali e di facilitare la cooperazione tra le loro autorità e quelle della Repubblica unita di Tanzania, istituendo un quadro giuridico per la consegna a tale Stato terzo delle persone sospettate, affinché quest’ultimo si occupi delle indagini e dell’azione giudiziaria. Peraltro, tale accordo conterrebbe disposizioni vertenti direttamente sulla cooperazione giudiziaria in materia penale e sulla cooperazione di polizia e, in particolare, sul trattamento, l’azione giudiziaria e il processo nei confronti delle persone trasferite.

28

Infatti, l’accordo UE-Tanzania non riguarderebbe esclusivamente la PESC. In proposito, il Parlamento ritiene che non si può considerare detto accordo solo come un aspetto della missione internazionale dell’Unione volta a preservare la pace, a prevenire i conflitti e a rafforzare la sicurezza internazionale. Invero, lo scopo di tale accordo sarebbe anche di trasferire persone sospettate di attività criminali, che rientrano nella giurisdizione degli Stati membri e si trovano sul territorio dell’Unione, alle autorità giudiziarie e di polizia di uno Stato terzo, al fine di consentire a queste ultime di esercitare, nei confronti di tali persone sospettate, i loro poteri investigativi e giudiziari.

29

Il Parlamento sottolinea, a tal riguardo, che le autorità di polizia e giudiziarie degli Stati membri potrebbero esse stesse esercitare tali poteri. Infatti, nell’ipotesi in cui le persone fermate fossero trasferite non alle autorità della Tanzania, bensì alle autorità competenti degli Stati membri, l’EUNAVFOR non svolgerebbe un’operazione militare, ma agirebbe piuttosto in qualità di autorità amministrativa. A tal riguardo, il mero fatto di affidare siffatti trasferimenti a una forza navale non consentirebbe di qualificare questi ultimi come attività militari o di sicurezza e, quindi, di affermare che tali trasferimenti riguardano esclusivamente la PESC.

30

Del resto, né il diritto internazionale, né le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, né il mandato dell’operazione Atalanta conferito dall’azione comune 2008/851 imporrebbero il trasferimento, agli Stati terzi, dei pirati fermati dall’EUNAVFOR. In proposito, il Parlamento fa valere che la prima ipotesi alternativa prevista all’articolo 12, paragrafo 1, di tale azione comune è il trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria alle autorità competenti degli Stati membri, mentre il loro trasferimento a uno Stato terzo costituisce solo la seconda ipotesi alternativa.

31

A sostegno dell’affermazione secondo cui sussiste un nesso diretto e stretto tra tale accordo e lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ai sensi del Titolo V del Trattato FUE, il Parlamento rileva che le persone arrestate e fermate, sospettate di atti di pirateria, nonché i beni sequestrati, sono sottoposti alla giurisdizione degli Stati membri che partecipano all’EUNAVFOR. Infatti, il trasferimento di tali persone e di tali beni dall’Unione a uno Stato terzo, nel caso di specie la Repubblica unita di Tanzania, avrebbe l’effetto di privare le autorità competenti di tale Stato membro dell’esercizio dei loro poteri di indagare, perseguire e giudicare conformemente al loro diritto. La pirateria rientrerebbe nella lotta alla criminalità internazionale, un settore che sarebbe collegato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e, in particolare, alle disposizioni relative a tale spazio vertenti sulla cooperazione giudiziaria in materia penale e sulla cooperazione di polizia. In tale contesto, in un accordo internazionale come l’accordo UE-Tanzania non potrebbero essere inclusi strumenti di cooperazione collegati a detto spazio senza ricorrere a una base giuridica che si fondi sul medesimo spazio.

32

Il Parlamento riconosce che l’operazione Atalanta e l’accordo UE-Tanzania contribuiscono al conseguimento di alcuni degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione contemplati all’articolo 21, paragrafi 1 e 2, TUE. Tuttavia, esso sostiene che la mera circostanza che una misura persegua tali obiettivi non significa necessariamente che questi ultimi riguardino esclusivamente la PESC. Del pari, benché il rafforzamento della sicurezza internazionale sia anche uno specifico obiettivo della politica di sicurezza e di difesa comune, il contenuto dell’accordo UE-Tanzania non rientrerebbe in nessuno dei compiti specifici di tale politica contemplati all’articolo 42, paragrafo 1, TUE e all’articolo 43, paragrafo 1, TUE. Infatti, il coinvolgimento degli Stati membri nella lotta alla pirateria sarebbe motivato dalla minaccia che tale fenomeno costituirebbe per la sicurezza interna dell’Unione.

33

Nel controricorso, il Consiglio sostiene che la decisione impugnata è correttamente fondata sull’articolo 37 TUE e sull’articolo 218, paragrafi 5 e 6, secondo comma, prima parte della frase, TFUE, e che l’adozione dell’accordo UE-Tanzania, che riguarda esclusivamente la PESC, non richiedeva l’approvazione del Parlamento.

34

In primo luogo, nella sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025), pronunciata successivamente al deposito del presente ricorso di annullamento, la Corte avrebbe considerato che la decisione 2011/640/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2011, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica di Mauritius e sulle condizioni delle persone sospettate di atti di pirateria dopo il trasferimento (GU 2011, L 254, pag. 1), il cui contenuto sarebbe quasi identico a quello della decisione impugnata e che verterebbe sulla firma di un accordo i cui termini sono molto simili a quelli dell’accordo UE-Tanzania, poteva validamente essere fondata sul solo articolo 37 TUE.

35

In secondo luogo, il Consiglio considera che il motivo vertente su un errore in merito alla scelta della base giuridica materiale della decisione impugnata dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, nei limiti in cui il Parlamento asserisce che l’accordo UE-Tanzania persegue due obiettivi che rientrano, per quanto riguarda il primo, nella PESC e, per quanto concerne il secondo, nei settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia e, dunque, che gli articoli 82 TFUE e 87 TFUE avrebbero dovuto costituire, unitamente all’articolo 37 TUE, le basi giuridiche della decisione impugnata, esso non preciserebbe, però, se tale secondo scopo sia o meno accessorio. Il Consiglio sostiene che, posto che il Parlamento ha riconosciuto, nell’ambito del procedimento da cui ha avuto luogo la sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025), che, per quanto riguarda l’accordo del 14 luglio 2011 tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius, gli obiettivi che non rientravano nella PESC perseguiti da tale accordo erano solo accessori, gli identici obiettivi perseguiti dall’accordo UE-Tanzania hanno la medesima natura. Pertanto, la base giuridica della decisione impugnata sarebbe l’articolo 37 TUE.

36

In terzo luogo, il Consiglio sostiene che la decisione impugnata e l’accordo UE‑Tanzania riguardano esclusivamente la PESC e non perseguono alcun obiettivo accessorio relativo alla cooperazione giudiziaria in materia penale o alla cooperazione di polizia. L’accordo UE-Tanzania, essendo stato concluso nell’ambito di una operazione militare di gestione di crisi condotta ai sensi della PESC e volta a combattere la pirateria conformemente alle risoluzioni applicabili del Consiglio di sicurezza, non riguarderebbe lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia in seno all’Unione. Infatti, il fermo e il trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria sarebbero solo la mera conseguenza della missione di sicurezza dell’operazione Atalanta. Inoltre, dal momento che tale accordo è volto a promuovere, per il suo contenuto, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti dell’uomo, esso rientrerebbe pienamente nella PESC.

37

La lotta alla criminalità internazionale farebbe, poi, parte della PESC. A tal riguardo, l’accordo UE-Tanzania non sarebbe volto a preservare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, considerato da un punto di vista tanto interno, quanto esterno all’Unione. In particolare, tale accordo non priverebbe le autorità competenti degli Stati membri né del loro potere di indagare, né di quello di perseguire e giudicare le persone arrestate e fermate dalle forze dispiegate nell’ambito dell’operazione Atalanta, ma mirerebbe a evitare situazioni di impunità, offrendo la possibilità di trasferire le predette persone a uno Stato della regione in cui tale operazione si svolge allorché nessuna autorità competente di uno Stato membro intende esercitare azioni giudiziarie nei loro confronti.

38

Nella replica, il Parlamento fa valere che la Corte non si è pronunciata, nella sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025), sulla questione se la decisione 2011/640 avrebbe dovuto avere come base giuridica solo l’articolo 37 TUE o anche altre disposizioni dei Trattati. Se è vero che il Parlamento riconosce che la soppressione della pirateria al fine di proteggere le navi costituisce innegabilmente l’obiettivo principale dell’operazione Atalanta, conformemente all’azione comune 2008/851, esso sostiene che ogni azione scaturita da tale operazione non rientra sistematicamente nella PESC. In tal senso, a meno di considerare che tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Unione in merito al trasferimento di persone sospettate di attività criminali e catturate dalle forze armate degli Stati membri riguardino esclusivamente la PESC, i trasferimenti delle persone sospettate di atti di pirateria e l’esercizio dell’azione giudiziaria nei loro confronti ai sensi dell’accordo UE‑Tanzania non possono essere assimilati ad attività militari. In tale contesto, l’accordo UE-Tanzania perseguirebbe un duplice scopo e, quindi, avrebbe dovuto essere basato su una duplice base giuridica.

39

In controreplica, il Consiglio aggiunge che l’operazione Atalanta mira a rafforzare la sicurezza internazionale, che essa è svolta nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune e che l’accordo UE-Tanzania è stato concluso in applicazione dell’articolo 12 dell’azione comune 2008/851. Pertanto, il fermo e il trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria conseguirebbero dall’esecuzione di tale missione e non costituirebbero una distinta azione di cooperazione di polizia o giudiziaria. Infatti, ai sensi dell’articolo 2 dell’azione comune 2008/851, le principali missioni dell’operazione Atalanta consisterebbero nella protezione delle navi noleggiate dal Programma alimentare mondiale e di altre navi vulnerabili, nella sorveglianza di determinate zone, nonché nella dissuasione, nella prevenzione e nella repressione, anche mediante l’uso della forza, degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata commessi in mare. Per contro, le operazioni di fermo e di trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria, di raccolta dei loro dati personali, di trasmissione a Interpol di tali dati e di messa a disposizione dei dati raccolti sull’attività di pesca avrebbero carattere accessorio.

40

Il Consiglio precisa che le misure relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, a prescindere dal fatto che siano interne all’Unione o abbiano una portata esterna a quest’ultima, devono essere adottate al fine di far progredire la libertà, la sicurezza e la giustizia all’interno dell’Unione o alle sue frontiere. Orbene, l’accordo UE-Tanzania non sarebbe collegato agli obiettivi di detto spazio. Infatti, durante il trasferimento verso la Repubblica unita di Tanzania di una persona sospettata di atti di pirateria, nessuno Stato membro eserciterebbe la propria giurisdizione. Inoltre, una nave da guerra che rientra nella giurisdizione esclusiva del proprio Stato di bandiera non sarebbe assimilabile a una parte del territorio di quest’ultimo. Peraltro, il Parlamento non chiarirebbe in che modo la pirateria costituisca una minaccia per la sicurezza interna dell’Unione.

41

Durante l’udienza dinanzi alla Corte, il Parlamento ha affermato, in risposta a un quesito posto dalla Corte, che qualora le basi giuridiche relative alla PESC e allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia non potessero essere combinate a motivo dell’incompatibilità delle relative procedure, gli articoli 82 TFUE e 87 TFUE dovrebbero di per sé costituire la base giuridica della decisione impugnata.

Giudizio della Corte

42

Per quanto riguarda atti adottati sulla base di una disposizione che riguarda la PESC, la Corte è tenuta a verificare, in particolare, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, prima parte della frase, TFUE, e dell’articolo 40 TUE, che l’attuazione di tale politica lasci impregiudicata l’applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai Trattati per l’esercizio delle competenze dell’Unione a titolo del Trattato FUE. La scelta della base giuridica adeguata di un atto dell’Unione riveste un’importanza di natura costituzionale, dal momento che il ricorso a una base giuridica errata può invalidare tale atto, in particolare, quando la base giuridica adeguata prevede una procedura di adozione diversa da quella che è stata effettivamente seguita (v., in tal senso, parere 2/00, del 6 dicembre 2001, EU:C:2001:664, punto 5).

43

Secondo una giurisprudenza costante, la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione, compreso quello adottato ai fini della conclusione di un accordo internazionale, come quello di cui trattasi nel caso di specie, deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano lo scopo e il contenuto di tale atto (v., in tal senso, sentenze del 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio, 45/86, EU:C:1987:163, punto 11; dell’11 giugno 1991, Commissione/Consiglio, detta «Biossido di titanio», C‑300/89, EU:C:1991:244, punto 10; parere 2/00, del 6 dicembre 2001, EU:C:2001:664, punto 22, e sentenza del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 42).

44

Se l’esame di un atto dell’Unione dimostra che esso persegue una duplice finalità o che possiede una duplice componente, e se una di tali finalità o componenti è identificabile come principale, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi solo su una base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o dalla componente principale o preponderante. In via d’eccezione, se è dimostrato, invece, che l’atto persegue contemporaneamente più finalità oppure ha più componenti legate tra loro in modo inscindibile, senza che una sia accessoria rispetto all’altra, cosicché siano applicabili diverse disposizioni dei Trattati, un atto siffatto deve fondarsi sulle diverse basi giuridiche corrispondenti (v., in tal senso, sentenze del 10 gennaio 2006, Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑178/03, EU:C:2006:4, punti 4243, nonché del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 43).

45

Per quanto riguarda, in primo luogo, il contenuto dell’accordo UE-Tanzania, occorre constatare che le disposizioni di tale accordo definiscono, conformemente al suo articolo 1, le condizioni e le modalità del trasferimento alla Repubblica unita di Tanzania delle persone sospettate di voler commettere, di commettere o di aver commesso atti di pirateria e fermate dall’EUNAVFOR, e dei relativi beni sequestrati da quest’ultima, e del trattamento di dette persone dopo tale trasferimento.

46

Ai sensi degli articoli 3 e 4 del predetto accordo, tra tali condizioni e modalità figurano il rispetto dei principi generali, segnatamente quello del trattamento rispettoso degli obblighi internazionali in materia di diritti dell’uomo. Il medesimo accordo disciplina anche il trattamento, l’azione giudiziaria e il processo delle persone trasferite, disponendo nel contempo, al suo articolo 5, che siffatte presone non possono essere giudicate per un reato la cui pena massima è più severa della pena dell’ergastolo. Inoltre, tale accordo prevede, al suo articolo 6, la tenuta di una documentazione e le notifiche di documenti relativi a tali persone e dispone, al suo articolo 7, paragrafo 1, che l’Unione e l’EUNAVFOR, nei limiti dei mezzi e delle capacità di cui dispongono, forniscono tutta l’assistenza alla Repubblica unita di Tanzania in vista delle indagini e dell’azione giudiziaria riguardo alle persone trasferite.

47

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, è vero che alcuni degli obblighi previsti dall’accordo UE-Tanzania sembrano, a prima vista, riguardare i settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia transfrontaliere, se considerate separatamente. Tuttavia, e come fa del pari valere l’avvocato generale, il fatto che talune disposizioni di detto accordo, considerate isolatamente, assomiglino a norme che possono essere adottate in un settore di azione dell’Unione non è di per sé sufficiente a individuare la base giuridica adeguata della decisione impugnata. Per quanto riguarda, in particolare, le disposizioni dell’accordo UE-Tanzania consacrate al rispetto dei principi dello Stato di diritto e dei diritti dell’uomo e della dignità umana, occorre sottolineare che tale rispetto si impone a qualsiasi azione dell’Unione, compreso nel settore della PESC, come risulta dal combinato disposto dell’articolo 21, paragrafo 1, primo comma, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, TUE e dell’articolo 23 TUE. In tale contesto, si deve anche valutare tale accordo alla luce della sua finalità.

48

Per quanto riguarda, in secondo luogo, detta finalità, risulta segnatamente dal considerando 3 della decisione impugnata che tale accordo è stato concluso in applicazione dell’articolo 12 dell’azione comune 2008/851, che rientra nella PESC, al fine di consentire il trasferimento, nel quadro dell’operazione Atalanta, delle persone arrestate e fermate dall’EUNAVFOR, nonché dei beni sequestrati, verso uno Stato terzo, nel caso di specie la Repubblica unita di Tanzania, che intende esercitare la propria giurisdizione nei confronti di tali persone e beni. Come risulta dal titolo stesso della predetta azione comune, quest’ultima è volta a contribuire, in particolare, alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia.

49

L’accordo UE-Tanzania è volto, quindi, a istituire un meccanismo fondamentale per contribuire all’effettiva realizzazione degli obiettivi dell’operazione Atalanta, in particolare in quanto rafforza, in modo duraturo, la cooperazione internazionale in materia di repressione degli atti di pirateria nel definire un quadro giuridico di trasferimento delle persone arrestate e fermate, consentendo di lottare contro l’impunità di tali persone, conformemente al mandato definito dalle relative risoluzioni del Consiglio di sicurezza.

50

In proposito, si deve ricordare che il Consiglio di sicurezza, segnatamente al punto 14 della sua risoluzione 1846 (2008), ha chiesto a tutti gli Stati di cooperare al fine di stabilire chi avrà la competenza e di adottare le necessarie misure investigative e giudiziarie nei confronti degli autori di atti di pirateria o di rapine a mano armata commessi al largo delle coste somale. Rispecchiando la cooperazione contemplata dall’articolo 100 della convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, che sottopone gli Stati contraenti a un obbligo di cooperazione alla repressione della pirateria in alto mare, è in quanto elemento di tale azione internazionale di lotta agli atti di pirateria e, in particolare, contro l’impunità delle persone che commettono siffatti atti che la decisione impugnata è stata adottata in vista della firma e della conclusione dell’accordo UE-Tanzania.

51

Tale accordo, concluso in applicazione dell’articolo 12 dell’azione comune 2008/851, è intimamente legato all’operazione Atalanta cosicché, in mancanza di tale operazione, il predetto accordo sarebbe privo di oggetto. Dal momento che l’accordo UE-Tanzania esiste solo in quanto accessorio all’azione dell’EUNAVFOR, tale accordo perderà il proprio oggetto alla data in cui tale forza cesserà le proprie attività.

52

L’argomento del Parlamento secondo cui, in mancanza dell’accordo UE-Tanzania, gli Stati membri sarebbero in grado di garantire essi stessi l’azione giudiziaria penale a carico delle persone arrestate non è rilevante, in quanto tale accordo è volto, segnatamente, a rendere siffatta azione giudiziaria più efficace garantendo il trasferimento verso la Repubblica unita di Tanzania delle persone interessate proprio quando lo Stato membro competente non può o non intende esercitare la propria giurisdizione. Infatti, senza la preliminare conclusione di siffatti accordi di trasferimento, contemplati espressamente dall’articolo 12, paragrafo 3, dell’azione comune 2008/851, al fine di garantire che il trattamento delle persone trasferite sia conforme alle condizioni del diritto internazionale in materia di diritti dell’uomo, nessuna persona arrestata dall’EUNAVFOR potrebbe essere trasferita agli Stati terzi della regione in cui si svolge l’operazione Atalanta, il che sarebbe idoneo ad aggravare, o addirittura impedire, l’efficace funzionamento di tale operazione e il conseguimento degli obiettivi perseguiti da quest’ultima.

53

Del resto, l’EUNAVFOR può solo trasferire persone sospettate di atti di pirateria da essa stessa arrestate e fermate nel quadro dell’operazione Atalanta. In tale contesto, l’argomento del Parlamento volto a dimostrare che le azioni intraprese da tale forza navale potrebbero essere assimilate a quelle delle autorità giudiziarie o di polizia degli Stati membri non può essere accolto. Infatti, le predette azioni si svolgono nell’ambito esclusivo di una specifica operazione che rientra nella PESC, all’esecuzione della quale esse sono indissolubilmente collegate.

54

Pertanto, la valutazione dello scopo dell’accordo UE-Tanzania conferma che la procedura di trasferimento delle persone arrestate o fermate dall’EUNAVFOR da esso introdotta costituisce uno strumento tramite il quale l’Unione persegue gli obiettivi dell’operazione Atalanta, che consistono nel preservare la pace e la sicurezza internazionale, in particolare nei limiti in cui esso consente di evitare che le persone che hanno commesso atti di pirateria restino impunite.

55

Poiché tale accordo riguarda in modo preponderante la PESC e non la cooperazione giudiziaria in materia penale o la cooperazione di polizia, la decisione impugnata ha potuto essere legittimamente basata sul solo articolo 37 TUE. Pertanto, essa è stata correttamente adottata in conformità della procedura prevista all’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, prima parte della frase, TFUE.

56

Sulla base delle suesposte considerazioni, si deve respingere il primo motivo in quanto infondato.

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE

Argomenti delle parti

57

Il Parlamento ritiene che l’obbligo enunciato all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, ai sensi del quale quest’ultimo deve essere «immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura», costituisca una fondamentale regola procedurale che si applica a tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, compresi quelli che riguardano la PESC. Il Consiglio avrebbe violato tale norma nei limiti in cui ha informato il Parlamento solo dell’avvio dei negoziati vertenti sull’accordo UE-Tanzania, il 22 marzo 2010, e dell’adozione della decisione impugnata, il 19 marzo 2014, nove giorni dopo tale adozione. Inoltre, né l’Alto rappresentante né il Consiglio avrebbero informato il Parlamento dei colloqui che hanno preceduto la predetta adozione. Infine, il Consiglio non gli avrebbe comunicato né le direttive di negoziato, né il testo di tale decisione, né, ancora, quello dell’accordo UE-Tanzania.

58

Il Parlamento sostiene che tale mancanza di informazioni gli ha impedito di stabilire una linea politica in merito al contenuto dell’accordo UE-Tanzania e, più in generale, di esercitare un controllo parlamentare sulle attività del Consiglio. Esso sostiene che, a meno di voler privare l’obbligo introdotto dalla predetta disposizione di qualsivoglia carattere vincolante, tale obbligo si aggiunge al distinto obbligo di consultare il Parlamento sulla PESC, ai sensi dell’articolo 36 TUE. Inoltre, l’efficacia pratica dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE sarebbe pregiudicata se il Parlamento fosse informato della negoziazione e della conclusione degli accordi internazionali solo tramite la pubblicazione di questi ultimi nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

59

Il Consiglio non contesta che quest’ultima disposizione si applichi anche agli accordi internazionali che riguardano esclusivamente la PESC, ma sostiene che essa non è stata violata nel caso di specie. In proposito esso chiarisce che il Parlamento è informato di tutte le decisioni rilevanti che esso adotta ai sensi dell’articolo 218 TFUE per quanto concerne, in particolare, l’autorizzazione all’avvio di negoziati, le direttive di negoziato, la firma e la conclusione di un accordo internazionale e, se del caso, l’applicazione provvisoria di un siffatto accordo.

60

Per quanto concerne l’accordo UE-Tanzania, il Consiglio rileva, anzitutto, di aver debitamente comunicato al Parlamento le direttive di negoziato. Il 22 marzo 2010, data in cui è stata adottata la decisione di autorizzazione all’avvio dei negoziati, il Consiglio avrebbe trasmesso una lettera al Parlamento in cui spiegava che, conformemente all’articolo 12 dell’azione comune 2008/851, dovevano essere conclusi accordi di trasferimento con taluni Stati terzi e che l’Alto rappresentante era stato autorizzato ad avviare negoziati, in applicazione dell’articolo 37 TUE, con un determinato numero di Stati, tra cui figurava la Repubblica unita di Tanzania. Per quanto riguarda il contenuto del progetto di accordo UE-Tanzania, la conoscenza che il Parlamento aveva degli accordi di trasferimento conclusi in precedenza con altri Stati nell’ambito dell’operazione Atalanta gli avrebbe consentito di esercitare le proprie prerogative, che sarebbero in ogni caso limitate in materia di accordi internazionali che riguardano esclusivamente la PESC.

61

Per quanto riguarda, poi, la trasmissione al Parlamento del testo della decisione impugnata e di quello dell’accordo UE-Tanzania, il Consiglio sostiene che le limitate prerogative del Parlamento nell’ambito della procedura di negoziazione e di conclusione degli accordi internazionali nel settore della PESC hanno come obiettivo principale di consentire a quest’ultimo di controllare la base giuridica di tali accordi e che, nel caso di specie, tale obiettivo è stato conseguito in quanto il Parlamento è stato in grado di effettuare siffatto controllo a seguito della ricezione della lettera del Consiglio del 22 marzo 2010, che lo ha informato dell’avvio dei negoziati. Peraltro, i testi della decisione impugnata e dell’accordo UE-Tanzania sarebbero stati necessariamente comunicati al Parlamento per effetto della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’11 aprile 2014, data che costituirebbe il dies a quo del termine entro cui il Parlamento poteva proporre ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

62

Infine, il Consiglio sostiene che, nei limiti in cui dovrebbero essere fornite informazioni sullo svolgimento dei negoziati, tale compito spetta all’Alto rappresentante e che, di conseguenza, il motivo vertente sulla violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE è infondato. Ad abundantiam, il Consiglio fa riferimento all’impossibilità materiale di informare il Parlamento, durante lo svolgimento di negoziati nel settore della PESC, riguardo a tutti gli sviluppi di questi ultimi, talvolta rapidi e inattesi. Esso rileva che, in ogni caso, al Parlamento sono state comunicate informazioni nel più ampio settore dell’operazione Atalanta, in cui rientra la decisione impugnata.

63

Nella replica, il Parlamento riconosce di essere stato «immediatamente» informato, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, dal Consiglio della sua decisione di autorizzare l’avvio dei negoziati, il giorno di adozione di quest’ultima. Esso sostiene, tuttavia, che così non è avvenuto in relazione alla decisione impugnata, dal momento che tale decisione gli è stata notificata solo nove giorni dopo la sua adozione. Inoltre, il Consiglio non gli avrebbe mai trasmesso i testi della predetta decisione e dell’accordo UE-Tanzania. L’obbligo di informare il Parlamento «pienamente», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, non potrebbe essere soddisfatto per il solo fatto che il Consiglio ha concluso in precedenza accordi simili. In ogni caso, il Parlamento non avrebbe potuto effettuare un controllo della base giuridica della decisione impugnata a fronte della mancata comunicazione di un testo che gli consentisse di individuare gli elementi rilevanti in proposito, come lo scopo e il contenuto dell’accordo contemplato. Il Parlamento ritiene che il Consiglio avrebbe dovuto comunicargli il testo del progetto di decisione del Consiglio e il testo del progetto di accordo al più tardi il 4 aprile 2012, data in cui, al termine dei negoziati, i consiglieri per le relazioni esterne del Consiglio hanno raggiunto un accordo su tali testi. Successivamente a tale data, il Consiglio avrebbe semplicemente atteso l’approvazione di tale progetto di accordo da parte della Repubblica unita di Tanzania, che le è stata notificata nel febbraio 2014.

64

Infine, il Parlamento contesta la distinzione fatta dal Consiglio tra le responsabilità esercitate da quest’ultimo e quelle impartite all’Alto rappresentante per il motivo che quest’ultimo presiede il Consiglio Affari Esteri, la formazione del Consiglio incaricata della PESC. Facendo riferimento alla sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025), il Parlamento sostiene che il rispetto dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE costituisce una condizione di validità della decisione di adozione degli accordi internazionali e che il Consiglio è tenuto a garantire che, prima della loro adozione, il Parlamento sia stato debitamente informato.

65

Nella controreplica, il Consiglio, pur considerando che un termine di più mesi o di più settimane non soddisfa l’obbligo di informare «immediatamente» il Parlamento ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, sostiene che un termine di alcuni giorni, nel caso di specie nove giorni corrispondenti a sette giorni lavorativi, non può essere considerato irragionevole.

66

Per quanto concerne lo svolgimento dei negoziati che hanno preceduto la conclusione dell’accordo UE-Tanzania, il Consiglio considera che la sua lettera del 22 marzo 2010 forniva al Parlamento informazioni sufficienti che hanno consentito a quest’ultimo, quanto meno, di formarsi un’opinione sulla fondatezza della base giuridica indicata dal Consiglio e di esprimere i propri eventuali dubbi in proposito. A tal riguardo, il Consiglio aggiunge che, anche se la circostanza che esso aveva in precedenza concluso accordi simili non è di per sé sufficiente a ritenere che siano soddisfatti gli obblighi derivanti dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, tale circostanza e gli elementi contenuti nella sua lettera del 22 marzo 2010, considerati nel loro insieme, lo sono. Peraltro, il Consiglio rileva che il mandato di negoziato descritto in tale lettera è rimasto inalterato.

67

Per quanto riguarda la condivisione delle responsabilità tra il Consiglio e l’Alto rappresentante, il Consiglio, nel riconoscere che quest’ultimo presiede il Consiglio Affari Esteri, afferma che l’Alto rappresentante non agisce in tale qualità allorché esso rappresenta l’Unione nel quadro della negoziazione di accordi riguardanti il settore della PESC. Pertanto, nei limiti in cui lo svolgimento di negoziati rientra nella responsabilità dell’Alto rappresentante e non in quella del Consiglio, l’obbligo di informare il Parlamento a tal riguardo potrebbe incombere solo all’Alto rappresentante. Il Consiglio ritiene, peraltro, che l’obbligo di fornire informazioni durante i negoziati non può riguardare ogni documento elaborato o ogni sessione di negoziazione o, ancora, i lavori preparatori che hanno luogo in seno al Consiglio. Infine, il Consiglio considera di non essere tenuto a verificare, prima dell’adozione di una decisione relativa alla conclusione di un accordo internazionale, se l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE sia stato effettivamente rispettato e se il Parlamento sia stato, quindi, debitamente informato dello svolgimento dei negoziati anteriori all’adozione di siffatto accordo.

Giudizio della Corte

68

Secondo la giurisprudenza della Corte, l’obbligo imposto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, ai sensi del quale il Parlamento è «immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura» di negoziazione e di conclusione degli accordi internazionali si applica a qualsiasi procedura di conclusione di un accordo internazionale, compresi gli accordi che riguardano esclusivamente la PESC (sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 85). L’articolo 218 TFUE, per rispondere a esigenze di chiarezza, di coerenza e di razionalizzazione, prevede una procedura unificata e di portata generale concernente la negoziazione e la conclusione degli accordi internazionali da parte dell’Unione in tutti i suoi settori d’azione, ivi inclusa la PESC che, contrariamente ad altri settori, non è soggetta ad alcuna procedura speciale (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punti 5272).

69

Se è vero che il ruolo conferito al Parlamento nel settore della PESC resta limitato, dal momento che tale istituzione è esclusa dalla procedura di negoziazione e di conclusione degli accordi che riguardano esclusivamente la PESC, resta cionondimeno il fatto che quest’ultimo non è privato di qualunque diritto di controllo su tale politica dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punti 8384).

70

A tal riguardo, occorre ricordare che il coinvolgimento del Parlamento nel processo decisionale è il riflesso, a livello dell’Unione, di un fondamentale principio democratico in base al quale i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa (v., in tal senso, sentenze del 29 ottobre 1980, Roquette Frères/Consiglio, 138/79, EU:C:1980:249, punto 33; dell’11 giugno 1991, Biossido di titanio, C‑300/89, EU:C:1991:244, punto 20, e del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 81). Per quanto riguarda la procedura di negoziazione e di conclusione degli accordi internazionali, l’obbligo di informazione previsto all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE è l’espressione di tale principio democratico su cui l’Unione si fonda (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 81).

71

Tale obbligo di informazione è volto a garantire, in particolare, che il Parlamento sia messo in condizione di esercitare un controllo democratico sull’azione esterna dell’Unione e, più specificamente, di verificare che la scelta della base giuridica di una decisione relativa alla conclusione di un accordo sia stata operata nel rispetto delle proprie attribuzioni (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 79). A tal riguardo, anche se l’obbligo di informare il Parlamento in modo pieno e immediato non mira a consentire a quest’ultimo di partecipare alla negoziazione e alla conclusione degli accordi in materia di PESC, esso gli consente non solo di effettuare un controllo della base giuridica adeguata delle misure adottate nell’ambito di tale politica, ma anche di esercitare le proprie competenze con piena cognizione di tutta l’azione esterna dell’Unione.

72

Infatti, dal momento che l’Unione deve assicurare, conformemente all’articolo 21, paragrafo 3, TUE, la coerenza tra i vari settori della sua azione esterna, l’obbligo di informazione cui sono tenute le altre istituzioni nei confronti del Parlamento ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE contribuisce a garantire l’unità e la coerenza di tale azione (v., per analogia, per quanto riguarda la cooperazione tra le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri, sentenza del 2 giugno 2005, Commissione/Lussemburgo, C‑266/03, EU:C:2005:341, punto 60; parere 1/08, del 30 novembre 2009, EU:C:2009:739, punto 136, e sentenza del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia, C‑246/07, EU:C:2010:203, punto 75).

73

Si deve anzitutto respingere l’argomento del Consiglio secondo cui l’obbligo di informare il Parlamento in merito allo svolgimento dei negoziati rientra nella responsabilità dell’Alto rappresentante e non in quella dello stesso Consiglio. Infatti, nei limiti in cui l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE prevede che spetta al Consiglio autorizzare l’avvio dei negoziati, definire le direttive di negoziato, autorizzare la firma e concludere gli accordi, ne consegue che tale istituzione è del pari tenuta, segnatamente nel contesto degli accordi che riguardano esclusivamente la PESC, a controllare il rispetto dell’obbligo imposto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

74

Nel caso di specie, il Parlamento contesta al Consiglio, in primo luogo, di non averlo informato dello svolgimento dei negoziati, in secondo luogo, di non avergli trasmesso né il testo finale dell’accordo UE-Tanzania, né quello della decisione impugnata e, in terzo luogo, di averlo informato in merito all’adozione di quest’ultima decisione solo nove giorni dopo tale adozione.

75

Per quanto riguarda, anzitutto, la censura vertente sul fatto che il Consiglio non ha informato il Parlamento dello svolgimento dei negoziati, si deve constatare che, nel caso di specie, il Consiglio ha informato il Parlamento solo in occasione dell’autorizzazione all’avvio dei negoziati e della loro conclusione. Orbene, la Corte ha considerato, al punto 86 della sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025), che l’obbligo, previsto all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, di controllare che il Parlamento sia immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura di conclusione di un accordo internazionale si estende anche alle fasi che precedono la conclusione di siffatto accordo e, in tal modo, include in particolare la fase di negoziazione.

76

A tal riguardo, per quanto concerne la portata dell’informazione contemplata dalla predetta disposizione, occorre rilevare che la procedura di negoziazione e di conclusione degli accordi internazionali prevista all’articolo 218 TFUE include, in particolare, l’autorizzazione all’avvio dei negoziati, la definizione delle direttive di negoziato, la designazione del negoziatore dell’Unione e, se del caso, di un comitato speciale, la chiusura dei negoziati, l’autorizzazione a firmare l’accordo, eventualmente la decisione di applicazione provvisoria dell’accordo prima della sua entrata in vigore, e la conclusione dell’accordo.

77

Anche se, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, il Parlamento deve essere informato in tutte le fasi della procedura, il fatto che sia proprio esclusa la sua partecipazione alla negoziazione e alla conclusione degli accordi che riguardano esclusivamente la PESC significa che tale obbligo di informazione non si estende alle fasi che fanno parte di una procedura preparatoria interna al Consiglio. In tale contesto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 86 delle sue conclusioni, l’obbligo di informazione del Parlamento non può essere limitato alle sole fasi della procedura contemplata al punto precedente della presente sentenza, ma si estende anche ai risultati intermedi raggiunti dai negoziati. A tal riguardo, come fa valere il Parlamento, tale obbligo di informazione richiedeva che il Consiglio gli trasmettesse il testo del progetto di accordo e quello del progetto di decisione su cui avevano raggiunto l’accordo i consiglieri per le relazioni esterne del Consiglio incaricati dei negoziati, dal momento che il testo di tali progetti è stato comunicato alle autorità della Tanzania in vista della conclusione dell’accordo.

78

Del resto, nel caso di specie il Consiglio non ha informato in alcun modo il Parlamento in merito allo svolgimento della procedura di negoziato che ha preceduto la conclusione dell’accordo UE-Tanzania, fatto salvo l’invio della lettera del 22 marzo 2010, con cui lo ha informato dell’avvio di tale procedura di negoziato. Poiché l’esercizio del diritto di controllo del Parlamento può essere concepito solo tenuto conto del contenuto stesso dell’accordo contemplato, e non in funzione di quello di altri accordi che presentano, se del caso, caratteristiche simili (v., per analogia, sentenza del 6 novembre 2008, Parlamento/Consiglio, C‑155/07, EU:C:2008:605, punto 74), l’esistenza di accordi conclusi con altri Stati di cui il Parlamento potrebbe essere a conoscenza è, in proposito, irrilevante. In tale contesto, l’argomento del Consiglio secondo cui il Parlamento, per il motivo dell’esistenza di tali precedenti accordi simili, sarebbe stato sufficientemente informato in merito allo svolgimento dei negoziati da cui è conseguito l’accordo UE-Tanzania, dev’essere respinto.

79

Inoltre, per quanto concerne la censura vertente sulla circostanza che il Consiglio non ha trasmesso al Parlamento i testi dell’accordo UE-Tanzania e della decisione impugnata, occorre respingere l’argomento del Consiglio secondo cui il Parlamento era in grado di esercitare le sue prerogative in quanto è venuto a conoscenza del contenuto dei testi adottati in occasione della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

80

Come la Corte ha già sottolineato, la pubblicazione della decisione relativa alla firma e alla conclusione di un accordo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea non è idonea a porre rimedio a una violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE. Infatti, siffatta pubblicazione è prevista dall’articolo 297 TFUE e risponde ai requisiti di pubblicità cui soggiace un atto dell’Unione per entrare in vigore, mentre l’obbligo di informazione derivante dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE è previsto al fine di garantire che il Parlamento sia messo in condizione di esercitare un controllo democratico sull’azione esterna dell’Unione e, più specificamente, di verificare che le proprie attribuzioni siano rispettate proprio in conseguenza della scelta della base giuridica di una decisione relativa alla conclusione di un accordo (sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 79).

81

Infine, per quanto riguarda la censura vertente sulla violazione, da parte del Consiglio, dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE per il motivo che quest’ultimo ha tardivamente informato il Parlamento, vale a dire nove giorni dopo l’adozione della decisione impugnata, si deve constatare che siffatto termine non soddisfa, in linea di principio, l’obbligo di informare il Parlamento «immediatamente» ai sensi di tale disposizione.

82

È vero che non si può escludere che, in determinate circostanze, una informazione comunicata al Parlamento allo scadere di un termine di alcuni giorni possa essere qualificata come «immediata» ai sensi della predetta disposizione. Tuttavia, dal momento che, nel caso di specie, il Consiglio non ha trasmesso al Parlamento né il testo della decisione impugnata, né quello dell’accordo UE-Tanzania, occorre constatare che, in ogni caso, esso non l’ha informato immediatamente e pienamente durante la procedura di negoziazione e di conclusione di tale accordo.

83

Dalle suesposte considerazioni consegue che il Consiglio ha violato l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

84

Poiché il Parlamento non è stato immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura conformemente all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, esso non è stato in grado di esercitare il diritto di controllo che i Trattati gli hanno conferito in materia di PESC e, eventualmente, di far valere il proprio punto di vista per quanto riguarda, in particolare, la corretta base giuridica sulla quale l’atto di cui trattasi deve fondarsi. La violazione di tale obbligo di informazione pregiudica, in tali circostanze, le condizioni di esercizio, da parte del Parlamento, delle sue funzioni nel settore della PESC e costituisce, dunque, una violazione di una formalità sostanziale (sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 86).

85

Ciò premesso, il secondo motivo è fondato e la decisione impugnata deve essere annullata.

Sul mantenimento degli effetti della decisione impugnata

86

Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal governo del Regno Unito e dalla Commissione, chiedono alla Corte, nell’ipotesi in cui essa annulli la decisione impugnata, di mantenere gli effetti di quest’ultima fino a che non venga sostituita.

87

Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

88

Orbene, occorre riconoscere che l’annullamento della decisione impugnata senza che gli effetti della stessa vengano mantenuti potrebbe ostacolare lo svolgimento delle operazioni condotte sulla base dell’Accordo UE‑Tanzania e, in particolare, compromettere le azioni giudiziarie e i processi nei confronti delle persone sospettate di atti di pirateria arrestate dall’EUNAVFOR.

89

Di conseguenza, devono essere mantenuti gli effetti della decisione impugnata, che viene annullata dalla presente sentenza.

Sulle spese

90

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, conformemente al paragrafo 3 del medesimo articolo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ciascuna di esse sopporta le proprie spese.

91

Poiché, nel caso di specie, il Parlamento e il Consiglio sono rimasti entrambi parzialmente soccombenti nei motivi proposti, si deve decidere che ciascuno di essi sopporterà le proprie spese.

92

Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Repubblica ceca, il Regno di Svezia, il Regno Unito e la Commissione, che sono intervenuti nella presente controversia, sopporteranno le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione 2014/198/PESC del Consiglio, del 10 marzo 2014, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica unita [di] Tanzania sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica unita [di] Tanzania, è annullata.

 

2)

Gli effetti della decisione 2014/198 sono mantenuti in vigore.

 

3)

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno, ciascuno, le proprie spese.

 

4)

La Repubblica ceca, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.