SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

24 giugno 2014 ( *1 )

«Ricorso di annullamento — Decisione 2011/640/PESC — Base giuridica — Politica estera e di sicurezza comune (PESC) — Articolo 37 TUE — Accordo internazionale riguardante esclusivamente la PESC — Articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE — Obbligo di informare immediatamente e pienamente il Parlamento — Articolo 218, paragrafo 10, TFUE — Mantenimento degli effetti»

Nella causa C‑658/11,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 21 dicembre 2011,

Parlamento europeo, rappresentato da R. Passos, A. Caiola e M. Allik, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuto da:

Commissione europea, rappresentata da M. Konstantinidis, R. Troosters e L. Gussetti, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da F. Naert, G. Étienne, M. Bishop e G. Marhic, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, E. Ruffer e D. Hadroušek, in qualità di agenti,

Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues, N. Rouam e E. Belliard, in qualità di agenti,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk, in qualità di agente,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da L. Christie e A. Robinson, in qualità di agenti, assistiti da D. Beard, QC, e da G. Facenna, barrister,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, A. Tizzano (relatore), M. Ilešič, T. von Danwitz e M. Safjan, presidenti di sezione, J. Malenovský, E. Levits, A. Ó Caoimh, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, D. Šváby, M. Berger, A. Prechal ed E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 settembre 2013,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 gennaio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede, da un lato, l’annullamento della decisione 2011/640/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2011, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica di Mauritius e sulle condizioni delle persone sospettate di atti di pirateria dopo il trasferimento (GU L 254, pag. 1; in prosieguo, rispettivamente: la «decisione impugnata» e l’«Accordo UE‑Mauritius»), e, dall’altro lato, il mantenimento degli effetti di tale decisione.

Contesto normativo

2

Il titolo V del Trattato UE contiene un capo 2, intitolato «Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune», nel quale trova posto l’articolo 36 TUE che è così formulato:

«L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza consulta regolarmente il Parlamento europeo sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e di difesa comune e lo informa dell’evoluzione di tali politiche. Egli provvede affinché le opinioni del Parlamento europeo siano debitamente prese in considerazione. I rappresentanti speciali possono essere associati all’informazione del Parlamento europeo.

Il Parlamento europeo può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio e all’alto rappresentante. Esso procede due volte all’anno ad un dibattito sui progressi compiuti nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune».

3

L’articolo 37 TUE, contenuto nel medesimo capo 2, è redatto nei seguenti termini:

«L’Unione può concludere accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali nei settori di pertinenza del presente capo».

4

L’articolo 218 TFUE recita:

«1.   Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207, gli accordi tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente.

2.   Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi.

3.   La Commissione, o l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza quando l’accordo previsto riguarda esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune [in prosieguo: la “PESC”], presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell’accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione.

(...)

5.   Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell’accordo e, se del caso, la sua applicazione provvisoria prima dell’entrata in vigore.

6.   Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell’accordo.

Tranne quando l’accordo riguarda esclusivamente la [PESC], il Consiglio adotta la decisione di conclusione dell’accordo:

a)

previa approvazione del Parlamento europeo nei casi seguenti:

(...)

v)

accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l’approvazione del Parlamento europeo.

(...)

b)

previa consultazione del Parlamento europeo, negli altri casi. (...)

(...)

10.   Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura.

(...)».

5

L’azione comune 2008/851/PESC del Consiglio, del 10 novembre 2008, relativa all’operazione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia (GU L 301, pag. 33), come modificata dalla decisione 2010/766/PESC del Consiglio, del 7 dicembre 2010 (GU L 327, pag. 49; in prosieguo: l’«azione comune 2008/851»), è fondata sugli articoli 14, 25, terzo comma, e 28, paragrafo 3, UE.

6

L’articolo 1 di tale azione comune, intitolato «Missione», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«L’Unione europea (...) conduce un’operazione militare a sostegno delle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008) e 1838 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in modo conforme all’azione autorizzata in caso di pirateria in applicazione degli articoli 100 e seguenti della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 (“convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”) e mediante, in particolare, impegni assunti con gli Stati terzi, in prosieguo denominata “Atalanta”, al fine di contribuire:

alla protezione delle navi del [Programma alimentare mondiale] che inoltrano l’aiuto umanitario alle popolazioni sfollate della Somalia, conformemente al mandato della risoluzione 1814 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,

alla protezione delle navi vulnerabili che navigano al largo della Somalia, nonché alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia, conformemente al mandato definito nella risoluzione 1816 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».

7

L’articolo 2 di detta azione comune, intitolato «Mandato», così dispone:

«Atalanta, alle condizioni stabilite dal diritto internazionale applicabile, in particolare dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, e dalle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008) e 1838 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e nel limite delle sue capacità disponibili:

(...)

e)

al fine dell’eventuale esercizio di azioni giudiziarie da parte degli Stati competenti alle condizioni previste all’articolo 12, può arrestare, fermare e trasferire le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle zone in cui essa è presente e sequestrare le navi di pirati o di rapinatori o le navi catturate a seguito di un atto di pirateria o di rapina a mano armata e che sono sotto il controllo dei pirati o dei rapinatori, nonché requisire i beni che si trovano a bordo;

(...)».

8

L’articolo 10 dell’azione comune 2008/851, intitolato «Partecipazione di Stati terzi», ha il seguente tenore:

«1.   Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’[Unione] e il quadro istituzionale unico, e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’operazione.

(...)

3.   Le modalità particolareggiate della partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi secondo la procedura di cui all’articolo 37 [TUE]. Quando l’[Unione] e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle operazioni di gestione delle crisi condotte dall’[Unione], le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito della presente operazione.

(...)

6.   Le condizioni di trasferimento[, ad uno Stato terzo partecipante all’operazione,] delle persone arrestate e fermate al fine dell’esercizio della competenza giurisdizionale di tale Stato sono stabilite in occasione della conclusione o dell’attuazione degli accordi di partecipazione di cui al paragrafo 3».

9

L’articolo 12 di tale azione comune, intitolato «Trasferimento delle persone arrestate e fermate in vista dell’esercizio delle competenze giurisdizionali», dispone:

«1.   Sulla base dell’accettazione da parte della Somalia dell’esercizio della giurisdizione ad opera degli Stati membri o degli Stati terzi, da un lato, e dell’articolo 105 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, dall’altro, le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle acque territoriali della Somalia o in alto mare arrestate e fermate ai fini dell’esercizio di azioni giudiziarie, nonché i beni che sono serviti a compiere tali atti, sono trasferiti:

alle autorità competenti dello Stato membro o dello Stato terzo che partecipa all’operazione del quale la nave che ha effettuato la cattura batte bandiera, o

se tale Stato non può o non intende esercitare la propria giurisdizione, a uno Stato membro o a qualsiasi Stato terzo che desideri esercitarla nei confronti di tali persone e beni.

2.   Nessuna delle persone di cui al paragrafo 1 può essere trasferita in uno Stato terzo se le condizioni del trasferimento non sono state stabilite con tale Stato terzo in conformità del diritto internazionale applicabile, compreso il diritto internazionale dei diritti umani, al fine di garantire in particolare che nessuno sia sottoposto alla pena di morte, alla tortura o a qualsiasi altro trattamento crudele, inumano o degradante».

10

L’articolo 2 dell’Accordo UE‑Mauritius, rubricato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini del presente accordo si intende per:

a)

forza navale diretta dall’Unione europea (EUNAVFOR)”, i comandi militari dell’[Unione] e i contingenti nazionali che contribuiscono all’operazione dell’[Unione] “Atalanta”, i loro mezzi navali, aeromobili e le loro risorse;

(...)».

11

L’articolo 1 del medesimo accordo, intitolato «Obiettivo», così dispone:

«Il presente accordo definisce le condizioni e le modalità

a)

del trasferimento delle persone fermate dall’EUNAVFOR che sono sospettate di tentare di commettere, di commettere o di aver commesso atti di pirateria nel teatro di operazione dall’EUNAVFOR (...);

b)

del trasferimento dei relativi beni sequestrati dall’EUNAVFOR, da quest’ultima a Mauritius, e

c)

del trattamento delle persone trasferite».

12

Oltre a ciò, l’Accordo UE‑Mauritius enuncia, all’articolo 3, i principi generali disciplinanti le modalità e le condizioni del trasferimento alla Repubblica di Mauritius delle persone sospettate di atti di pirateria fermate dall’EUNAVFOR e dei relativi beni sequestrati da quest’ultima. Inoltre, l’accordo sopra citato detta, all’articolo 4, le norme relative al trattamento, alle azioni giudiziarie e ai processi nei confronti delle persone trasferite, prevedendo, all’articolo 5, il divieto della pena di morte per queste ultime. L’articolo 6 del medesimo accordo prevede delle misure riguardanti i documenti connessi ai trasferimenti delle persone suddette, in particolare in merito ai registri e alle notifiche, e dispone, all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, che, nei limiti dei suoi mezzi e delle sue capacità, l’EUNAVFOR fornisce ogni assistenza alla Repubblica di Mauritius in vista delle indagini e dell’azione giudiziaria nei riguardi delle persone trasferite. A questo proposito, l’articolo 7, paragrafo 3, dell’Accordo UE‑Mauritius prevede la possibilità per le parti di tale accordo di concordare modalità di applicazione dell’assistenza finanziaria, tecnica e di altro genere destinate a consentire il trasferimento e il fermo delle persone trasferite, nonché le indagini, le azioni giudiziarie e i processi nei loro confronti. Da ultimo, l’accordo suddetto stabilisce, agli articoli 10 e 11, le regole relative alle modalità della sua applicazione e alla sua entrata in vigore.

Fatti all’origine della controversia e decisione impugnata

13

Il 22 marzo 2010 il Consiglio ha autorizzato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ad avviare negoziati per la conclusione di accordi di trasferimento di persone tra l’Unione e alcuni Stati terzi, ivi compresa la Repubblica di Mauritius.

14

Con lettera in pari data, il Consiglio ha informato il Parlamento di tale decisione.

15

A seguito di detti negoziati, il 12 luglio 2011 il Consiglio, fondandosi sugli articoli 37 TUE e 218, paragrafi 5 e 6, TFUE, ha adottato la decisione impugnata, mediante la quale ha autorizzato la firma dell’Accordo UE‑Mauritius. Tale decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 settembre 2011.

16

L’Accordo UE‑Mauritius è stato firmato il 14 luglio 2011 e viene applicato in via provvisoria da tale data.

17

Il Consiglio ha informato il Parlamento dell’adozione della decisione impugnata mediante lettera del 17 ottobre 2011.

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

18

Il Parlamento chiede che la Corte voglia annullare la decisione impugnata, disporre il mantenimento degli effetti di tale decisione fino a che non verrà sostituita, e condannare il Consiglio alle spese.

19

Il Consiglio chiede che la Corte voglia, in via principale, dichiarare parzialmente irricevibile il ricorso, respingere per il resto il ricorso in quanto infondato e condannare il Parlamento alle spese. In via subordinata, il Consiglio chiede che, ove la Corte dovesse annullare la decisione impugnata, gli effetti di quest’ultima vengano mantenuti fino alla sua sostituzione.

20

Con ordinanza del presidente della Corte del 5 giugno 2012, la Repubblica ceca, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, il Regno di Svezia, nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

21

Con decisione del presidente della Corte del 20 novembre 2012, la Commissione è stata ammessa ad intervenire, a sostegno del Parlamento, nella fase orale del procedimento.

Sul ricorso

22

A sostegno del suo ricorso, il Parlamento deduce due motivi, relativi alla violazione, rispettivamente, dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE e dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE

Argomenti delle parti

23

Con il suo primo motivo, il Parlamento fa valere che il Consiglio ha erroneamente ritenuto che la decisione impugnata avesse per oggetto un accordo riguardante «esclusivamente» la PESC ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, frase iniziale, TFUE e che tale decisione potesse dunque essere adottata senza coinvolgere il Parlamento.

24

Il Parlamento, sostenuto sul punto dalla Commissione, rileva anzitutto che l’articolo 218, paragrafo 6, TFUE stabilisce una regola generale secondo cui la conclusione di un accordo internazionale da parte del Consiglio deve essere preceduta, a seconda dei casi, dall’approvazione o dalla consultazione del Parlamento. Soltanto in via eccezionale la frase iniziale del secondo comma del citato articolo 218, paragrafo 6, autorizzerebbe il Consiglio a concludere un accordo siffatto senza la partecipazione del Parlamento «quando l’accordo riguarda esclusivamente la [PESC]». Pertanto, avendo carattere eccezionale, detta disposizione dovrebbe essere interpretata restrittivamente, di modo che, qualora un accordo riguardi non soltanto la PESC, ma anche altre politiche dell’Unione, il Parlamento dovrebbe essere coinvolto nella procedura di conclusione dell’accordo stesso.

25

Nel caso di specie, l’Accordo UE‑Mauritius, tenuto conto del suo obiettivo e del suo contenuto, riguarderebbe non soltanto la PESC, ma anche la cooperazione giudiziaria in materia penale, la cooperazione di polizia, nonché la cooperazione allo sviluppo.

26

Infatti, per quanto concerne, anzitutto, la cooperazione giudiziaria in materia penale, detto accordo, da un lato, conterrebbe varie disposizioni – segnatamente i suoi articoli da 3 a 7 – intese a facilitare la cooperazione tra l’Unione e le autorità della Repubblica di Mauritius con riguardo sia ai procedimenti penali – ivi compresi l’ammissibilità delle prove, i diritti delle persone ed alcuni elementi specifici di tali procedure – sia all’esecuzione delle decisioni, ai sensi dell’articolo 82, paragrafi 1, lettera d), e 2, lettere a) e b), TFUE. Dall’altro lato, l’accordo suddetto mirerebbe altresì – segnatamente all’articolo 7, paragrafo 3 – a sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 1, lettera c), TFUE. Del resto, secondo il Parlamento, il fatto che l’articolo 11, paragrafo 5, dell’Accordo UE‑Mauritius preveda che i compiti svolti dall’EUNAVFOR a titolo di tale accordo possano, in sostanza, essere eseguiti da autorità amministrative, esclude la natura militare di tali compiti. La Commissione aggiunge in proposito che l’obiettivo e il contenuto dell’Accordo UE‑Mauritius avrebbero giustificato l’assunzione dell’articolo 82 TFUE quale base giuridica della decisione impugnata.

27

Quanto poi alla cooperazione di polizia, le attività contemplate dagli articoli 6 e 7 dell’Accordo UE‑Mauritius riguarderebbero in particolare «la raccolta, l’archiviazione, il trattamento, l’analisi e lo scambio [di] informazioni», ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), TFUE, e rientrerebbero tra quelle generalmente svolte dalle forze di polizia ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, TFUE.

28

Infine, l’accordo suddetto riguarderebbe la cooperazione allo sviluppo, per il fatto che i suoi articoli 7 e 10, paragrafo 2, lettera f), prevedono la fornitura di un’assistenza alla Repubblica di Mauritius, che è un paese in via di sviluppo ai sensi dell’articolo 208 TFUE. Tale assistenza verrebbe fornita ai fini «della revisione della legislazione, della formazione degli inquirenti e dei pubblici ministeri, delle procedure investigative e giudiziarie e, in particolare, [ai fini dell’adozione di] disposizioni per la conservazione e la consegna delle prove e la procedura d’appello».

29

Il Parlamento e la Commissione concludono che, dal momento che a tali settori di azione dell’Unione si applica la procedura legislativa ordinaria, la decisione impugnata avrebbe dovuto essere fondata sull’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), TFUE e avrebbe dovuto dunque essere adottata previa approvazione del Parlamento.

30

Il Consiglio, sostenuto da tutti gli Stati membri intervenuti, replica, in sostanza, che la decisione impugnata è giustamente fondata sull’articolo 37 TUE e sull’articolo 218, paragrafi 5 e 6, TFUE, dato che, alla luce del suo obiettivo e del suo contenuto, l’Accordo UE‑Mauritius riguarda esclusivamente la PESC.

31

Infatti, da un lato, tale accordo darebbe attuazione all’azione comune 2008/851 e, segnatamente, all’articolo 12 di quest’ultima, la cui finalità è di rafforzare la sicurezza internazionale nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune dell’Unione, ciò che è d’altronde confermato dall’articolo 2 della medesima azione comune, il quale definisce i compiti di Atalanta. Orbene, ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, TUE, detta politica costituirebbe parte integrante della PESC.

32

Dall’altro lato, il contenuto dell’accordo summenzionato e, più specificamente, il fatto che una persona sospettata di atti di pirateria venga trasferita da Atalanta alle autorità della Repubblica di Mauritius per l’esercizio di azioni giudiziarie non consentirebbero di dedurre che le azioni realizzate da Atalanta costituiscano una cooperazione di polizia o giudiziaria ai sensi del titolo V della parte terza del Trattato FUE. Infatti, sebbene alcuni compiti di Atalanta possano presentare caratteristiche che li apparentano ad attività di polizia, le forze impiegate non sarebbero in generale investite di competenze di polizia o giudiziarie dalle loro rispettive legislazioni nazionali.

33

Il Consiglio aggiunge che l’Accordo UE‑Mauritius prevede, in particolare agli articoli da 4 a 6 e 8, misure che mirano a promuovere lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani da parte della Repubblica di Mauritius. Orbene, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), TUE, la promozione dei diritti umani negli Stati terzi sarebbe un obiettivo rientrante nella PESC.

34

Il Consiglio puntualizza altresì che né la finalità né il contenuto dell’accordo suddetto permettono di concludere che quest’ultimo riguardi lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia o la cooperazione allo sviluppo.

35

Infatti, da un lato, risulterebbe in particolare dagli articoli 82 TFUE e 87 TFUE che qualsiasi misura riguardante lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, indipendentemente da una sua eventuale dimensione esterna, deve essere adottata allo scopo di far progredire la libertà, la sicurezza e la giustizia all’interno dell’Unione. Orbene, nella specie, l’Accordo UE‑Mauritius riguarderebbe essenzialmente misure adottate ai fini del rafforzamento della sicurezza internazionale al largo delle coste della Somalia e dunque al di fuori dell’Unione.

36

Dall’altro lato, la Corte avrebbe già dichiarato che una misura non rientra nell’ambito della cooperazione allo sviluppo qualora essa abbia come finalità primaria l’attuazione della PESC, e ciò anche quando detta misura contribuisca allo sviluppo economico e sociale di paesi in via di sviluppo (sentenza Commissione/Consiglio, C‑91/05, EU:C:2008:288, punto 72). Nel caso di specie, l’assistenza fornita alla Repubblica di Mauritius avrebbe ad oggetto le operazioni di trasferimento ai sensi dell’Accordo UE‑Mauritius e la capacità di tale Stato di applicare l’accordo in questione in conformità al diritto internazionale in materia di diritti umani. Tale assistenza non avrebbe come obiettivo lo sviluppo della Repubblica di Mauritius e, pertanto, non costituirebbe una misura per lo sviluppo.

37

Il Parlamento replica, anzitutto, che l’articolo 218, paragrafo 3, TFUE introduce una distinzione tra gli accordi che riguardano «esclusivamente» la PESC e quelli che riguardano «principalmente» la PESC. Il paragrafo 6 del medesimo articolo autorizzerebbe dunque il Consiglio a concludere accordi senza la partecipazione del Parlamento soltanto quando essi riguardino «esclusivamente» la PESC. Per contro, qualora tali accordi riguardino soltanto «principalmente» la PESC e includano misure accessorie relative anche ad altre politiche, il Consiglio non potrebbe concluderli senza aver preventivamente coinvolto il Parlamento.

38

Il Parlamento sostiene poi che il fatto che la decisione impugnata dia attuazione all’azione comune 2008/851 e che quest’ultima rientri nella PESC non è sufficiente per concludere che anche la decisione impugnata ricada nell’ambito di tale politica. Infatti, l’azione comune 2008/851 e la decisione impugnata avrebbero un ambito di applicazione ed obiettivi differenti, dato che Atalanta è un’operazione a carattere militare rientrante nella politica di sicurezza e di difesa comune in vista della cattura di presunti pirati, mentre le missioni affidate ai rappresentanti dell’Unione e dell’EUNAVFOR in virtù dell’Accordo UE‑Mauritius, prevedendo in particolare l’eventuale successivo trasferimento dei sospetti e l’avvio di azioni giudiziarie nei loro confronti, non hanno carattere militare e vanno al di là dell’obiettivo di Atalanta.

39

Il Consiglio e gli Stati membri intervenuti ribattono, in sostanza, che la questione se un accordo riguardi «esclusivamente» la PESC ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE deve essere risolta unicamente alla luce della base giuridica sostanziale dell’accordo stesso. Orbene, un accordo, come quello controverso nel caso di specie, che si fondi soltanto sull’articolo 37 TUE, riguarderebbe «esclusivamente» la PESC.

40

A parere del Consiglio, un approccio siffatto non può essere invalidato dalla distinzione tra i termini «principalmente» ed «esclusivamente» figuranti all’articolo 218, paragrafi 3 e 6, TFUE. Infatti, il paragrafo 3 di tale articolo, riferendosi agli accordi che riguardano «esclusivamente o principalmente» la PESC, mirerebbe a individuare l’autorità legittimata a presentare raccomandazioni al Consiglio nell’ambito della procedura di negoziazione di tali accordi, mentre il paragrafo 6 del medesimo articolo, menzionando gli accordi che riguardano «esclusivamente» la PESC, concernerebbe la conclusione degli accordi stessi.

41

La Repubblica ceca aggiunge che l’articolo 218, paragrafo 6, TFUE riposa su un parallelismo tra i poteri spettanti al Parlamento a livello interno e a livello esterno. Tale disposizione avrebbe dunque per obiettivo di garantire che il Parlamento abbia il medesimo ruolo tanto per l’adozione di una decisione di conclusione di un accordo, quanto per l’adozione di un atto interno. In tale contesto, la Repubblica ceca, ricordando che la disposizione in questione ha soltanto carattere procedurale, evidenzia che non sono le procedure a definire la base giuridica di un atto, bensì è la base giuridica di un atto che determina le procedure da seguire per l’adozione di quest’ultimo.

42

Il Regno di Svezia e il Regno Unito precisano che l’interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE propugnata dal Parlamento, da un lato, pregiudica l’equilibrio istituzionale creato dai Trattati, i quali prevedono un ruolo rigorosamente limitato del Parlamento nell’attuazione della PESC, come risulta, in particolare, dall’articolo 36 TUE. Dall’altro lato, un’interpretazione siffatta, restringendo l’ambito di applicazione delle procedure in materia di PESC a beneficio delle procedure previste dal Trattato FUE, sarebbe in contrasto con l’articolo 40 TUE. Quest’ultimo articolo, infatti, garantirebbe che le competenze derivanti dal Trattato FUE non vadano a imporsi su quelle previste dalla PESC. Del resto, l’interpretazione suddetta conferirebbe al Parlamento un diritto di veto in materia di PESC, contrariamente alla scelta operata dagli autori del Trattato di Lisbona di conferire al Parlamento un ruolo più limitato per quanto riguarda l’azione dell’Unione nell’ambito della PESC.

Giudizio della Corte

43

Occorre anzitutto ricordare che la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale, tra i quali figurano la finalità e il contenuto dell’atto in questione. Se l’esame di un atto dimostra che esso persegue una duplice finalità o che possiede una duplice componente, e se una di tali finalità o componenti è identificabile come principale, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o dalla componente principale o preponderante. Se invece un atto persegue contemporaneamente più finalità oppure ha più componenti legate tra loro in modo inscindibile, senza che una sia accessoria rispetto all’altra, cosicché siano applicabili diverse disposizioni dei Trattati, un atto siffatto deve fondarsi, in via eccezionale, sulle diverse basi giuridiche corrispondenti (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punti da 42 a 44).

44

Orbene, al fine di delimitare la portata del primo motivo, occorre rilevare che, attraverso di esso, il Parlamento – come del resto ha confermato in udienza – non sostiene che la decisione impugnata avrebbe dovuto essere fondata su una base giuridica sostanziale diversa dall’articolo 37 TUE, dal momento che detta istituzione riconosce espressamente che tale decisione e l’Accordo UE‑Mauritius perseguono una finalità rientrante nell’ambito della PESC.

45

Inoltre, il Parlamento riconosce che, sebbene la decisione suddetta e l’accordo di cui sopra perseguano anche finalità rientranti nell’ambito di politiche dell’Unione diverse dalla PESC, dette finalità sono accessorie rispetto a quella ricadente nella PESC medesima e che, poiché quest’ultima finalità può dunque essere considerata quella principale ai fini della determinazione della base giuridica della decisione impugnata, tale decisione poteva validamente fondarsi soltanto sull’articolo 37 TUE, ad esclusione di qualsiasi altra base giuridica sostanziale.

46

Per contro, il Parlamento fa valere che il fatto che la decisione impugnata e l’Accordo UE-Mauritius perseguano, sia pure soltanto in maniera accessoria, finalità diverse da quelle rientranti nell’ambito della PESC è sufficiente per escludere che detta decisione rientri esclusivamente in tale politica ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE.

47

Tale interpretazione della disposizione suddetta non può essere accolta.

48

Certo, in base al tenore letterale dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE, il Consiglio adotta la decisione di conclusione di un accordo internazionale previa approvazione o consultazione del Parlamento, «[t]ranne quando l’accordo riguarda esclusivamente la [PESC]».

49

Tuttavia, tale formulazione non consente, di per sé sola, di pervenire ad un’interpretazione univoca di tale disposizione.

50

In particolare, per quanto riguarda una decisione di conclusione di un accordo che persegue una finalità principale rientrante nella PESC, la formulazione suddetta non consente di affermare né che una decisione siffatta possa essere considerata – come sostiene il Consiglio – «riguardante esclusivamente la [PESC]» per il solo motivo che essa è fondata su una base giuridica sostanziale rientrante in tale politica, con esclusione di qualsiasi altra base giuridica sostanziale, né che detta decisione debba essere considerata – come sostiene il Parlamento – riguardante anche altri settori del diritto dell’Unione in ragione delle sue finalità accessorie diverse da quella, principale, ricadente sotto la PESC.

51

Ciò premesso, occorre ricordare che, per consolidata giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della disposizione stessa, ma anche degli obiettivi da essa perseguiti e del suo contesto (v., in tal senso, sentenze Klarenberg, C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 37, e Koushkaki, C‑84/12, EU:C:2013:862, punto 34).

52

Per quanto riguarda gli obiettivi dell’articolo 218 TFUE, occorre rilevare che, in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, tale articolo, per rispondere ad esigenze di chiarezza, di coerenza e di razionalizzazione, prevede ormai una procedura unificata e di portata generale riguardante la negoziazione e la conclusione degli accordi internazionali che l’Unione è competente a concludere nei suoi settori d’azione, ivi inclusa la PESC, tranne quando i Trattati prevedano procedure speciali.

53

Orbene, tale procedura, proprio per il suo carattere generale, deve tener conto delle specificità previste dai Trattati per ciascun settore di azione dell’Unione, segnatamente per quanto riguarda le attribuzioni delle istituzioni.

54

A questo proposito è importante rilevare che, al fine di tener conto di tali specificità, l’articolo 218, paragrafo 6, TFUE prevede tre tipi di procedura di conclusione di un accordo internazionale, ciascuno contemplante un ruolo differente per il Parlamento. Tale istituzione può infatti essere chiamata ad approvare la conclusione di un accordo, oppure essere semplicemente consultata al riguardo, od anche essere esclusa dall’iter di conclusione dell’accordo, fatto salvo però il suo diritto di essere immediatamente e pienamente informata in tutte le fasi della procedura conformemente all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

55

Come si può dedurre in particolare dall’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), TFUE, tale distinzione mira a riflettere, sul piano esterno, la ripartizione dei poteri tra istituzioni applicabile a livello interno. Infatti, da un lato, il Trattato di Lisbona ha imposto l’approvazione del Parlamento in riferimento alla conclusione di un accordo internazionale proprio per gli accordi attinenti a settori ai quali, sul piano interno, si applica la procedura legislativa ordinaria, prevista dall’articolo 294 TFUE, o la procedura legislativa speciale, ma solo quando questa esiga l’approvazione del Parlamento. Dall’altro lato, la partecipazione di tale istituzione alla conclusione di un accordo siffatto è esclusa soltanto quando quest’ultimo riguardi esclusivamente la PESC, nell’ambito della quale il Trattato di Lisbona ha attribuito al Parlamento un ruolo limitato (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, EU:C:2012:472, punto 82).

56

Pertanto, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi da 30 a 32 delle sue conclusioni, l’articolo 218, paragrafo 6, TFUE istituisce una simmetria tra la procedura di adozione di atti dell’Unione a livello interno e la procedura di adozione degli accordi internazionali, al fine di garantire che, con riguardo a una data materia, il Parlamento e il Consiglio dispongano degli stessi poteri, nel rispetto dell’equilibrio istituzionale previsto dai Trattati.

57

Date tali circostanze, è proprio l’esigenza di fare in modo che tale simmetria venga effettivamente rispettata il motivo per cui la regola elaborata dalla giurisprudenza della Corte – secondo cui è la base giuridica sostanziale di un atto a determinare le procedure da seguire per l’adozione del medesimo (v. sentenza Parlamento/Consiglio, EU:C:2012:472, punto 80) – vale non soltanto per le procedure previste per l’adozione di un atto interno, ma anche per quelle applicabili alla conclusione degli accordi internazionali.

58

Di conseguenza, nell’ambito della procedura di conclusione di un accordo internazionale conformemente all’articolo 218 TFUE, occorre affermare che è la base giuridica sostanziale della decisione relativa alla conclusione di tale accordo a determinare il tipo di procedura applicabile ai sensi del paragrafo 6 di detto articolo.

59

In particolare, quando la decisione di conclusione dell’accordo in questione è validamente fondata soltanto su una base giuridica sostanziale rientrante nell’ambito della PESC, risulta applicabile il tipo di procedura previsto dall’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, frase iniziale, TFUE.

60

Tale interpretazione risulta tanto più giustificata alla luce delle esigenze attinenti alla certezza del diritto. Infatti, ancorando la base giuridica procedurale alla base giuridica sostanziale di un atto, tale interpretazione consente di determinare la procedura applicabile sulla scorta di criteri oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale, come ricordato al punto 43 della presente sentenza. Ciò assicura inoltre la coerenza nella scelta delle basi giuridiche di un atto. Per contro, l’interpretazione sostenuta dal Parlamento avrebbe la conseguenza di introdurre un elemento di incertezza e di incoerenza in tale scelta, in quanto essa potrebbe determinare l’applicazione di procedure differenti ad atti di diritto dell’Unione fondati su un’unica e medesima base giuridica sostanziale.

61

Per il resto, quanto al contesto nel quale la disposizione in questione si colloca, esso non consente di giustificare un’interpretazione differente di quest’ultima. In particolare, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall’articolo 218 TFUE, la circostanza addotta dal Parlamento secondo cui il paragrafo 3 dell’articolo 218 TFUE si riferisce agli accordi che riguardano «esclusivamente o principalmente» la PESC, mentre il paragrafo 6 del medesimo articolo menziona soltanto gli accordi riguardanti «esclusivamente» la PESC, non è idonea a suffragare l’interpretazione di quest’ultimo paragrafo prospettata dal Parlamento. Peraltro, i due paragrafi suddetti si riferiscono a situazioni differenti. Mentre il paragrafo 3 dell’articolo 218 TFUE è inteso a precisare l’autorità legittimata a presentare raccomandazioni al Consiglio nell’ambito della procedura di negoziazione di tali accordi e si colloca dunque in una fase preliminare alla conclusione di un accordo internazionale, il paragrafo 6 del medesimo articolo riguarda la decisione del Consiglio relativa alla conclusione di tali accordi.

62

Date tali circostanze, la decisione impugnata poteva essere adottata senza approvazione né consultazione del Parlamento.

63

Ne consegue che il primo motivo è infondato.

Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE

Argomenti delle parti

64

Con il suo secondo motivo, il Parlamento sostiene che, avendo omesso di informarlo «immediatamente e pienamente» in tutte le fasi della negoziazione e della conclusione dell’Accordo UE‑Mauritius, il Consiglio ha violato l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, il quale si applica a tutti gli accordi conclusi dall’Unione, ivi compresi quelli rientranti nell’ambito della PESC.

65

In particolare, il Parlamento non sarebbe stato immediatamente informato, dal momento che il Consiglio gli avrebbe trasmesso i testi della decisione impugnata e dell’Accordo UE‑Mauritius soltanto il 17 ottobre 2011, vale a dire più di tre mesi dopo l’adozione di tale decisione e la firma di detto accordo – intervenute, rispettivamente, il 12 luglio e il 14 luglio 2011 –, nonché 17 giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

66

Il Consiglio, i cui argomenti sono in sostanza sostenuti dalla Repubblica ceca, dalla Repubblica francese, dal Regno di Svezia e dal Regno Unito, eccepisce, in via principale, l’irricevibilità del secondo motivo. Infatti, dal momento che la decisione impugnata rientrerebbe esclusivamente nell’ambito della PESC, la Corte, visti gli articoli 24, paragrafo 1, secondo comma, ultimo periodo, TUE e 275 TFUE, non sarebbe competente a pronunciarsi sulla sua legittimità.

67

In subordine, il Consiglio sostiene che tale motivo è infondato, in quanto il Parlamento è stato in realtà debitamente informato. In particolare, il termine entro il quale il Parlamento è stato informato della decisione impugnata, pur essendo leggermente più lungo della prassi abituale, resterebbe ragionevole, tenuto conto anche del fatto che esso comprendeva la pausa estiva.

68

Per quanto riguarda la competenza della Corte, il Parlamento ribatte che l’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE la esclude soltanto per quanto riguarda le disposizioni specifiche relative alla PESC, contenute nel capo 2 del titolo V del Trattato UE, e non per quanto riguarda l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, di cui con il secondo motivo si deduce la violazione.

Giudizio della Corte

69

Quanto, anzitutto, alla questione della competenza della Corte a statuire sul secondo motivo, occorre ricordare che, come evidenziato dal Consiglio, risulta dagli articoli 24, paragrafo 1, secondo comma, ultimo periodo, TUE e 275, primo comma, TFUE che la Corte non è, in linea di principio, competente per quanto riguarda le disposizioni relative alla PESC nonché gli atti adottati sulla base di queste ultime.

70

Tuttavia, i citati articoli 24, paragrafo 1, secondo comma, ultimo periodo, TUE e 275, primo comma, TFUE introducono una deroga alla regola della competenza generale che l’articolo 19 TUE conferisce alla Corte per assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati, e devono dunque essere interpretati restrittivamente.

71

Nel caso di specie, occorre rilevare che, sebbene la decisione impugnata sia stata adottata sul fondamento di un’unica base giuridica sostanziale rientrante nella PESC, vale a dire l’articolo 37 TUE, risulta dal preambolo di tale decisione che la sua base giuridica procedurale è l’articolo 218, paragrafi 5 e 6, TFUE, disciplinante la procedura di sottoscrizione e conclusione degli accordi internazionali.

72

Orbene, come si è precisato al punto 52 della presente sentenza, la procedura contemplata dall’articolo 218 TFUE ha una portata generale ed è dunque destinata ad applicarsi, in linea di principio, a tutti gli accordi internazionali negoziati e conclusi dall’Unione in tutti i settori d’azione di quest’ultima, ivi compresa la PESC, la quale, contrariamente ad altri settori, non soggiace ad alcuna procedura speciale.

73

Ciò premesso, non si può sostenere che la portata della limitazione a carattere derogatorio della competenza della Corte, prevista dagli articoli 24, paragrafo 1, secondo comma, ultimo periodo, TUE e 275 TFUE, si estenda fino ad escludere che la Corte sia competente ad interpretare ed applicare una disposizione come l’articolo 218 TFUE, la quale non ricade nell’ambito della PESC, pur disciplinando essa la procedura sulla base della quale è stato adottato un atto rientrante nella PESC.

74

La Corte è dunque competente a statuire sul secondo motivo.

75

Quanto poi alla fondatezza di tale motivo, occorre rilevare che l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE prevede che il Parlamento «è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura» di negoziazione e di conclusione degli accordi internazionali prevista da tale articolo.

76

Orbene, bisogna constatare che, nel caso di specie, il Parlamento non è stato informato immediatamente in tutte le fasi della procedura di negoziazione e di conclusione dell’Accordo UE‑Mauritius.

77

Infatti, risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che, dopo aver annunciato al Parlamento l’avvio dei negoziati, il Consiglio l’ha informato dell’adozione della decisione impugnata e della firma di detto accordo soltanto tre mesi più tardi e 17 giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

78

Ne consegue che il Consiglio ha violato l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

79

Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento del Consiglio secondo cui, in ogni caso, la decisione impugnata era stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, cosicché il Parlamento aveva potuto prendere conoscenza. Infatti, tale pubblicazione è prevista dall’articolo 297 TFUE e risponde ai requisiti di pubblicità cui un atto dell’Unione soggiace per entrare in vigore, mentre invece l’obbligo di informazione imposto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE è previsto al fine di garantire che il Parlamento sia messo in condizione di esercitare un controllo democratico sull’azione esterna dell’Unione e, più specificamente, di verificare che le proprie attribuzioni siano rispettate precisamente in conseguenza della scelta della base giuridica di una decisione relativa alla conclusione di un accordo.

80

Quanto infine alle conseguenze della violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE sulla validità della decisione impugnata, occorre constatare che la regola procedurale prevista da tale disposizione costituisce un requisito di forma sostanziale, ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, la cui violazione determina la nullità dell’atto viziato.

81

Infatti, detta regola è l’espressione dei principi democratici sui quali l’Unione si fonda. In particolare, la Corte ha già precisato che il coinvolgimento del Parlamento nel processo decisionale è il riflesso, a livello dell’Unione, di un principio democratico fondamentale in base al quale i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa (v., in tal senso, sentenze Roquette Frères/Consiglio, 138/79, EU:C:1980:249, punto 33, e Parlamento/Consiglio, EU:C:2012:472, punto 81).

82

In tale prospettiva, il Trattato di Lisbona ha persino valorizzato, sul piano sistematico, l’importanza della regola di cui sopra, inserendola in una disposizione autonoma, applicabile a tutti i tipi di procedura previsti dall’articolo 218 TFUE.

83

Indubbiamente, come si è ricordato al punto 55 della presente sentenza, il ruolo che il Trattato di Lisbona ha conferito al Parlamento in materia di PESC resta limitato.

84

Tuttavia, da tale constatazione non si può dedurre che il Parlamento, pur restando escluso dalla procedura di negoziazione e di conclusione di un accordo riguardante esclusivamente la PESC, sia privato di qualunque diritto di controllo su tale politica dell’Unione.

85

Al contrario, è proprio in vista di tale scopo che l’obbligo di informazione previsto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE si applica a qualsiasi procedura di conclusione di un accordo internazionale, ivi inclusi gli accordi riguardanti esclusivamente la PESC.

86

Orbene, qualora non venga immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura conformemente all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, ivi compresa quella che precede la conclusione dell’accordo, il Parlamento non è in grado di esercitare il diritto di controllo che i Trattati gli hanno conferito in materia di PESC e, eventualmente, di far valere il proprio punto di vista per quanto riguarda, in particolare, la corretta base giuridica sulla quale l’atto in questione deve fondarsi. La violazione di tale obbligo di informazione pregiudica, in tali circostanze, le condizioni di esercizio, da parte del Parlamento, delle sue funzioni nel settore della PESC e costituisce dunque una violazione di una formalità sostanziale.

87

Date tali premesse, il secondo motivo è fondato e la decisione impugnata deve dunque essere annullata.

Sul mantenimento degli effetti della decisione impugnata

88

Sia il Parlamento che il Consiglio, come pure la maggior parte degli Stati membri intervenuti, chiedono alla Corte, per il caso in cui essa annullasse la decisione impugnata, di mantenere gli effetti di quest’ultima fino a che non verrà sostituita.

89

A termini dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte, ove lo reputi necessario, può precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

90

Orbene, bisogna riconoscere che l’annullamento della decisione impugnata senza che gli effetti della stessa vengano mantenuti potrebbe ostacolare lo svolgimento delle operazioni condotte sulla base dell’Accordo UE‑Mauritius e, in particolare, la piena efficacia delle azioni giudiziarie e dei processi a carico delle persone sospettate di atti di pirateria arrestate dall’EUNAVFOR.

91

Di conseguenza, sussistono i presupposti perché la Corte eserciti il potere ad essa conferito dall’articolo 264, secondo comma, TFUE e mantenga gli effetti della decisione impugnata di cui con la presente sentenza si dispone l’annullamento.

Sulle spese

92

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma del paragrafo 3 del medesimo articolo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ciascuna di esse sopporta le proprie spese.

93

Poiché, nel caso di specie, il Parlamento e il Consiglio sono rimasti entrambi parzialmente soccombenti nei motivi proposti, occorre decidere che ciascuno di essi sopporterà le proprie spese.

94

In conformità dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione 2011/640/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2011, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica di Mauritius e sulle condizioni delle persone sospettate di atti di pirateria dopo il trasferimento, è annullata.

 

2)

Gli effetti della decisione 2011/640 sono mantenuti in vigore.

 

3)

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

4)

La Repubblica ceca, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.