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Document 62014CC0314

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 6 ottobre 2015.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:667

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 6 ottobre 2015 ( 1 )

Causa C‑314/14

Sanoma Media Finland Oy‑Nelonen Media

contro

Viestintävirasto

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto‑oikeus (Finlandia)]

«Radiodiffusione televisiva — Pubblicità televisiva — Direttiva 2010/13/UE — Articoli 10, paragrafo 1, lettera c), 19, paragrafo 1, e 23 — Separazione della pubblicità dalle altre parti del programma — Tecnica di ripartizione dello schermo — Limitazione della durata di un’interruzione pubblicitaria — Informazioni relative alla sponsorizzazione di un programma — «Secondi neri» che separano gli spot pubblicitari»

Introduzione

1.

Il Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa finlandese) ha sottoposto tre precise questioni relative all’interpretazione delle disposizioni che disciplinano la materia della pubblicità televisiva e della sponsorizzazione dei programmi televisivi da parte delle imprese.

2.

Benché le disposizioni che costituiscono oggetto del rinvio pregiudiziale siano in vigore nel diritto dell’Unione già da tempo (anche se la loro formulazione durante tale periodo ha subito delle modifiche), nella giurisprudenza della Corte finora elaborata manca la risposta alle questioni giuridiche sollevate dal giudice del rinvio nella presente causa. Orbene, sembra che nella prassi delle autorità amministrative nazionali e dei giudici comuni degli Stati membri sussistano contrasti nell’applicazione delle disposizioni in parola. La Corte avrà quindi l’occasione di interpretarle e, di conseguenza, di uniformare tale prassi.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3.

Le questioni pregiudiziali sottoposte dal Korkein hallinto-oikeus riguardano l’interpretazione di alcune disposizioni della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) ( 2 ).

4.

Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13:

«I servizi di media audiovisivi o i programmi sponsorizzati rispettano le seguenti prescrizioni:

(...)

c)

i telespettatori sono chiaramente informati dell’esistenza di un accordo di sponsorizzazione. I programmi sponsorizzati sono chiaramente identificati come tali attraverso l’indicazione del nome, del logo e/o di qualsiasi altro simbolo dello sponsor, ad esempio un riferimento ai suoi prodotti o servizi o un segno distintivo, in maniera appropriata al programma, all’inizio, durante e/o alla fine dello stesso».

5.

L’articolo 19, paragrafo 1, di tale direttiva stabilisce che:

«La pubblicità televisiva e le televendite devono essere chiaramente riconoscibili e distinguibili dal contenuto editoriale. Senza pregiudicare l’uso di nuove tecniche pubblicitarie, la pubblicità televisiva e le televendite devono essere tenute nettamente distinte dal resto del programma con mezzi ottici e/o acustici e/o spaziali».

6.

Infine, l’articolo 23 della direttiva in parola così dispone:

«1.   La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20%.

2.   Il paragrafo 1 non si applica agli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti».

Il diritto finlandese

7.

La direttiva 2010/13 è stata trasposta nel diritto finlandese dalla legge n. 744/1998 sulla radiodiffusione (Laki televisio- ja radiotoiminnasta 744/1998; in prosieguo: la «legge n. 744/1998»). La trasposizione degli articoli 10, paragrafo 1, lettera c), 19, paragrafo 1, e 23, paragrafo 1, della direttiva è stata operata, rispettivamente, dagli articoli 26, paragrafo 2, 22, paragrafo 1, e 29, paragrafo 1, della legge n. 744/1998.

Contesto fattuale, svolgimento del procedimento e questioni pregiudiziali

8.

La Sanoma Media Finland Oy‑Nelonen Media, una società di diritto finlandese (in prosieguo: la «società Sanoma»), è un’emittente televisiva soggetta alla giurisdizione della Repubblica di Finlandia, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2010/13.

9.

Il 9 marzo 2012 il Viestintävirasto (organismo finlandese di regolamentazione del mercato audiovisivo) ha adottato nei confronti della società Sanoma una decisione, ingiungendole di porre termine alla violazione, da esso accertata, delle disposizioni della legge n. 744/1998. Le contestazioni dell’organismo di regolamentazione riguardavano il tempo di trasmissione dedicato alla pubblicità e le modalità con le quali la società Sanoma separava la pubblicità da altre parti del programma.

10.

In primo luogo, la società Sanoma utilizzava la tecnica della ripartizione dello schermo in modo che in una parte di esso veniva trasmesso il programma «principale» (in particolare, i titoli di coda) e, in un’altra, la presentazione dei programmi successivi. L’organismo finlandese di regolamentazione ha però dichiarato che la mera ripartizione dello schermo in una parte destinata alla trasmissione del programma principale e nell’altra dedicata alla presentazione dei programmi successivi era insufficiente alla luce delle disposizioni della legge n. 744/1998 intese alla trasposizione dell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2010/13.

11.

In secondo luogo, l’organismo finlandese di regolamentazione ha ritenuto che il logo dello sponsor di un programma, trasmesso in un momento diverso dal programma sponsorizzato, di fatto, costituisce pubblicità; di conseguenza il tempo durante il quale esso viene trasmesso deve essere conteggiato nel tempo dedicato alla pubblicità. In questo modo, tale autorità ha dichiarato che la società Sanoma aveva superato la quantità massima di pubblicità consentita stabilita dall’articolo 29, paragrafo 1, della legge n. 744/1998 (articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13).

12.

In terzo luogo, secondo l’organismo finlandese di regolamentazione, la società Sanoma ha superato il suddetto limite di tempo a disposizione per la pubblicità in quanto in tale quantità massima devono essere inclusi anche gli intervalli brevi (cd. «secondi neri») che separano i singoli spot pubblicitari.

13.

La società Sanoma ha proposto ricorso contro la decisione del Viestintävirasto dinanzi all’Helsingin hallinto-oikeus (tribunale amministrativo di Helsinki). Tale giudice ha respinto il ricorso, confermando la decisione dell’organismo di regolamentazione. La società Sanoma ha adito il giudice del rinvio con il ricorso per cassazione avverso detta sentenza.

14.

In tale contesto il Korkein hallinto‑oikeus ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, l’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2010/13/UE debba essere interpretato nel senso che osta ad un’interpretazione di norme nazionali secondo cui non viene considerata stacco pubblicitario la ripartizione dello schermo televisivo con la quale il programma audiovisivo viene tenuto distinto dalla pubblicità televisiva, allorché una parte dello schermo è riservata ai titoli di coda del programma e un’altra parte alla presentazione, in un riquadro, del palinsesto relativo al canale di un’emittente televisiva, e né sullo schermo diviso né successivamente viene trasmesso un segnale acustico o ottico che indichi espressamente l’inizio di una sequenza pubblicitaria.

2)

Se, tenuto conto del fatto che la direttiva 2010/13 ha il carattere di regolamentazione minima, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, l’articolo 23, paragrafo 2, della suddetta direttiva debba essere interpretato nel senso che non è compatibile con tale norma classificare come “spot pubblicitari” ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva segni distintivi di sponsor trasmessi nell’ambito di programmi diversi da quelli sponsorizzati, di cui occorre tener conto nel calcolo della quantità massima di pubblicità consentita.

3)

Se, tenuto conto del fatto che la direttiva 2010/13 ha il carattere di regolamentazione minima, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la nozione di “spot pubblicitari” contenuta all’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva, insieme all’espressione che precisa il tempo massimo a disposizione per la pubblicità “la percentuale (…) in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20%”, debba essere interpretata nel senso che non è compatibile con tale norma includere nel tempo utilizzato per la pubblicità i “secondi neri” che intercorrono tra i singoli spot pubblicitari e al termine di un’interruzione pubblicitaria».

15.

Osservazioni scritte sono state presentate dai governi finlandese, ellenico, austriaco e polacco nonché dalla Commissione europea. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere l’udienza di discussione.

Analisi

16.

Le questioni pregiudiziali devono essere esaminate separatamente, nell’ordine in cui sono state formulate.

Sulla prima questione

17.

Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 debba essere interpretato nel senso che la mera ripartizione dello schermo in più parti, una delle quali è destinata a pubblicità, costituisce una distinzione sufficiente tra la pubblicità ed i contenuti editoriali o se, invece, la parte dello schermo destinata alla pubblicità debba essere ancor meglio identificata.

18.

Nel contesto del caso di specie si deve rilevare che, secondo la definizione contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera i), della direttiva 2010/13, le comunicazioni trasmesse dall’emittente televisiva a fini di autopromozione, compresa la promozione dei propri programmi, costituiscono una forma particolare di pubblicità televisiva. Tale interpretazione è confermata dal considerando 96 della direttiva. A sua volta, la presentazione dei programmi successivi deve essere considerata come la loro promozione dal momento che essa è intesa ad incoraggiare il telespettatore a continuare a guardare un determinato canale.

19.

Benché l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva escluda messaggi di questo tipo dal limite di tempo a disposizione per la pubblicità, ad essi, tuttavia, in linea di principio, si applicano altre disposizioni della direttiva riguardanti la pubblicità televisiva, compreso l’obbligo, previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, di una netta distinzione dal contenuto editoriale. Inoltre, il considerando 96 della direttiva 2010/13 indica che le presentazioni contenenti brani di programmi dovrebbero essere considerate quali programmi. A contrario, le presentazioni di programmi non contenenti tali brani, le quali, ad esempio, indichino solo i loro titoli, dovrebbero, quindi, essere tenute nettamente distinte dai contenuti editoriali, nonché da altre forme di pubblicità.

20.

Tornando all’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, si deve anzitutto rilevare che tale disposizione, oltre ai segnali ottici o acustici, prevede espressamente la possibilità di separare la pubblicità dai contenuti editoriali (ripartizione dello schermo) anche attraverso modalità di ripartizione degli spazi. Allo stesso tempo, però, la prima frase della disposizione in parola richiede che la pubblicità televisiva sia chiaramente riconoscibile e distinguibile dal contenuto editoriale.

21.

La tecnica di ripartizione dello schermo può invece essere, e spesso lo è, utilizzata non solo per la trasmissione della pubblicità, ma anche di altri contenuti, ad esempio delle informazioni di maggior rilievo sulla cosiddetta «striscia» nella parte inferiore dello schermo, dei concorsi per i telespettatori, dell’autopromozione dell’emittente, ecc. La mera ripartizione dello schermo non necessariamente significa quindi che in una delle sue parti verrà trasmessa la pubblicità.

22.

Dal momento che articolo 19, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2010/13 impone che la pubblicità sia chiaramente riconoscibile e distinguibile dal contenuto editoriale, a mio parere non è sufficiente che la suddetta pubblicità venga trasmessa in una parte dello schermo diviso. La parte in questione deve essere anche adeguatamente identificata in modo che il telespettatore non nutra dubbi in merito a se il messaggio con essa trasmesso abbia carattere pubblicitario. Tale identificazione può assumere la forma di un segnale acustico o ottico, simile a quello che separa la pubblicità sullo schermo pieno, o di un simbolo speciale trasmesso in modo continuo nella parte dello schermo diviso dedicato alla pubblicità. Essa dovrebbe anche indicare chiaramente il tipo di comunicazione commerciale a cui si riferisce, ossia, se si tratti di pubblicità, televendita, autopromozione, ecc. La mera ripartizione dello schermo, senza un’ulteriore identificazione, non garantisce il conseguimento dell’obiettivo di cui all’articolo 19, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2010/13.

23.

In tale contesto occorre richiamare l’attenzione anche sull’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, ai sensi del quale, la pubblicità trasmessa durante i programmi non può pregiudicare l’integrità di siffatto programma. I segnali che annunciano la pubblicità trasmessa in una parte di uno schermo diviso devono, quindi, avere una forma atta a soddisfare il suddetto requisito.

24.

In considerazione di quanto precede, suggerisco alla Corte di risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 deve essere interpretato nel senso che la mera ripartizione dello schermo in più parti, una delle quali è destinata a pubblicità, non distingue in modo sufficiente tale pubblicità dal contenuto editoriale. La parte dello schermo destinata alla pubblicità deve essere ancor meglio identificata mediante un segnale ottico o acustico, all’inizio o alla fine della sequenza pubblicitaria, o mediante un simbolo fisso che si visualizzi durante il periodo in cui lo schermo è diviso. Detto segnale o simbolo deve indicare chiaramente la natura del messaggio trasmesso.

Sulla seconda questione

25.

Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 23 della direttiva 2010/13, in combinato disposto con l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della medesima direttiva, debba essere interpretato nel senso che l’informazione relativa alla sponsorizzazione di un programma, trasmessa fuori dall’orario in cui va in onda il programma stesso, costituisca pubblicità televisiva.

26.

Le disposizioni della direttiva 2010/13 che definiscono la sponsorizzazione di programmi televisivi ( 3 ) non sono formulate con tutta la precisione possibile. Da una parte, infatti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera k), di tale direttiva, la sponsorizzazione prevede la partecipazione di soggetti diversi dai produttori dei programmi e dai fornitori dei servizi di media audiovisivi (chiamati sponsor) al finanziamento di tali programmi o servizi al fine di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, le attività o i prodotti degli sponsor. Dall’altra, lo stesso articolo 1, paragrafo 1, della direttiva, alla lettera h), considera la sponsorizzazione come una delle forme di «comunicazione commerciale di media».

27.

Tali disposizioni devono, piuttosto, essere intese nel senso che la sponsorizzazione, sensu stricto, consiste nella partecipazione dello sponsor al finanziamento di un programma televisivo, mentre la comunicazione commerciale di media è rappresentata da un’informazione relativa a tale aspetto che correda la trasmissione del programma sponsorizzato. Una siffatta informazione, da un lato, serve per il conseguimento dell’obiettivo della sponsorizzazione, rappresentato dalla promozione dello sponsor, e dall’altro, è imposta in base all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13, al fine di informare i telespettatori sul fatto che il programma sia sponsorizzato. Pertanto è vietata la sponsorizzazione a scopi diversi da quelli di promozione dello sponsor, ad esempio, per influenzare il contenuto dei programmi [ciò è espressamente vietato dall’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), della direttiva], così come la sponsorizzazione occulta ( 4 ).

28.

Come risulta dalle suesposte considerazioni, e come ha giustamente osservato il governo polacco nelle proprie osservazioni nella presente causa, l’informazione relativa al fatto che un programma sia sponsorizzato è funzionale a due obiettivi. In primo luogo, essa costituisce un’informazione per il telespettatore ed impedisce la sponsorizzazione occulta di un programma a scopi diversi dalla promozione dello sponsor. Orbene, in secondo luogo, mira proprio a tale promozione, mostrando e diffondendo il nome, il marchio o un messaggio relativo allo sponsor.

29.

Con questa seconda funzione, l’informazione relativa alla sponsorizzazione diventa simile ad una pubblicità televisiva. Le imprese sponsorizzano i programmi televisivi per diffondere il proprio nome o marchio o per migliorare la loro immagine presso l’opinione pubblica, il che, a sua volta, contribuisce indirettamente all’aumento delle vendite dei prodotti o dei servizi da esse offerte, e quindi, agli stessi scopi ai quali è intesa la pubblicità.

30.

Di conseguenza, è difficile concordare con la tesi enunciata dalla Commissione nelle sue osservazioni nella presente causa, secondo la quale l’unico scopo degli annunci di sponsorizzazione è quello di informare i telespettatori dell’esistenza di un accordo di sponsorizzazione. Non condivido nemmeno l’opinione espressa nelle osservazioni del governo austriaco, secondo cui vi è una differenza sostanziale tra gli annunci di sponsorizzazione, che servono soltanto ad identificare gli sponsor, e la pubblicità televisiva, che mira a promuovere la vendita dei beni e dei servizi. Orbene, la sentenza Österreichischer Rundfunk ( 5 ), richiamata nelle osservazioni del governo austriaco a sostegno della suddetta tesi, non riguarda la distinzione tra la sponsorizzazione e la pubblicità, ma la questione della qualificazione come pubblicità di un gioco televisivo a premi per telespettatori e degli annunci relativi a tale gioco trasmessi in televisione.

31.

Infatti, ciò che distingue l’informazione relativa alla sponsorizzazione di un programma dalla pubblicità è soltanto la forma, e non lo scopo o l’essenza del messaggio. Del resto, tale distinzione dal punto di vista della forma non è sempre presente, considerando che anche la pubblicità può essere limitata all’indicazione del nome o del marchio oppure del prodotto o del servizio di un’impresa, senza alcun contenuto aggiuntivo. La direttiva 2010/13 non introduce, infatti, le limitazioni relative alla forma di pubblicità televisiva. In questo caso la pubblicità diventa simile ad un’informazione relativa alla sponsorizzazione del programma (annunci di sponsorizzazione secondo la terminologia dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13).

32.

Quando l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 impone di non conteggiare nel tempo di trasmissione destinato alla pubblicità gli annunci di sponsorizzazione, lo fa soltanto in ragione della funzione informativa degli stessi. Tale funzione si esaurisce con l’obbligo risultante dall’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva, di inserire gli annunci in questione all’inizio, alla fine o durante il programma sponsorizzato. Orbene, le informazioni relative allo sponsor trasmesse in un altro momento non assolvono alla funzione informativa, ma soltanto a quella promozionale.

33.

In altre parole, gli annunci di sponsorizzazione di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 sono quelli intesi all’adempimento dell’obbligo derivante dall’articolo 10, paragrafo 1, lettera c). Orbene, tale ultima disposizione riguarda non tanto le informazioni relative ai programmi sponsorizzati, quanto i programmi stessi. È il programma sponsorizzato a dover essere identificato, dal momento che una siffatta identificazione garantisce ai telespettatori un livello minimo, e, allo stesso tempo, sufficiente, di dette informazioni ( 6 ). L’esenzione di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva si applica, dunque, soltanto agli annunci di sponsorizzazione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), e quindi trasmessi all’inizio, alla fine o durante il programma sponsorizzato. Essa non comprende, pertanto, le informazioni relative alla sponsorizzazione dei programmi trasmesse in altre occasioni, nemmeno quelle connesse ai programmi sponsorizzati, come, ad esempio, la loro presentazione.

34.

È vero che, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni nella presente causa, la Corte, in riferimento all’articolo 17, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/552/CE ( 7 ) [modello su cui è improntato l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13], ha dichiarato che esso non limitava la possibilità di inserire l’informazione relativa alla sponsorizzazione di un programma al solo inizio o alla fine del programma stesso ( 8 ). Tuttavia, la suddetta causa riguardava la possibilità di trasmettere l’informazione relativa alla sponsorizzazione durante il programma sponsorizzato. Tale sentenza è stata attualmente, in qualche modo, «superata» dal legislatore, dal momento che l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13 prevede espressamente tale possibilità. Peraltro, la sentenza di cui trattasi non può essere, a mio parere, interpretata nel senso che qualsiasi informazione relativa alla sponsorizzazione di un programma, trasmessa in qualsivoglia momento, costituisca un annuncio di sponsorizzazione ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva e vada esclusa dal limite di tempo destinato alla pubblicità di cui al paragrafo 1 dell’articolo in parola.

35.

Al contrario, un siffatto messaggio, per la sua funzione promozionale, dovrebbe essere considerato quale pubblicità televisiva ed essere soggetto a tutte le regole che per quel tipo di pubblicità sono state stabilite dalla direttiva 2010/13, comprese quelle relative al tempo di trasmissione (articolo 23, paragrafo 1) e alla separazione da altri elementi del programma (articolo 19, paragrafo 1). Un’interpretazione diversa permetterebbe di abusare della deroga di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva. Infatti, basterebbe, ad esempio, trasmettere, con un’adeguata frequenza, la presentazione di un programma sponsorizzato, identificato con un’appropriata informazione sullo sponsor, per eludere facilmente il limite di tempo massimo utilizzabile per la pubblicità previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva.

36.

In considerazione di quanto precede, suggerisco alla Corte di risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 10, paragrafo 1, lettera c), e 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 devono essere interpretati nel senso che le informazioni relative alla sponsorizzazione trasmesse in un momento diverso dall’inizio, dalla messa in onda o dalla fine di un programma sponsorizzato costituiscono pubblicità televisiva e non sono escludibili dal limite di tempo destinato alla pubblicità fissato dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva in parola.

Sulla terza questione

37.

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 debba essere interpretato nel senso che il limite di tempo di diffusione della pubblicità da esso stabilito si riferisce alla durata dei soli spot pubblicitari o se esso si applichi a tutto il tempo destinato alla trasmissione della pubblicità (esclusi i messaggi di cui al paragrafo 2 dell’articolo in parola), cioè, tenendo conto delle interruzioni tra i singoli spot pubblicitari.

38.

La problematica relativa alle modalità di calcolo del tempo ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di pubblicità televisiva ha già costituito oggetto delle pronunce della Corte. Nella sentenza ARD ( 9 ), la Corte ha esaminato la questione se le regole contenute nell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 89/552 (l’equivalente di tale disposizione è attualmente costituito dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2010/13), che determinano la frequenza con la quale i programmi possono essere interrotti con la pubblicità, si riferiscano alla durata del programma «al netto», ossia alla durata del solo contenuto redazionale, oppure «al lordo», cioè tenendo conto della durata di interruzioni pubblicitarie.

39.

La Corte, dopo aver, in primo luogo, constatato che l’interpretazione letterale non fornisce una risposta univoca a tale domanda, ha ritenuto che l’obiettivo della direttiva 89/552, consistente nel garantire la libera diffusione dei programmi televisivi transfrontalieri, richieda l’adozione di un’interpretazione della disposizione in esame atta a consentire il maggior numero di interruzioni pubblicitarie durante il programma, ossia del principio della durata del programma «al lordo» ( 10 ). Applicare siffatto modo di ragionare al caso di specie significherebbe dover adottare la più liberale delle interpretazioni dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, secondo la quale il limite di tempo a disposizione per la pubblicità ivi previsto si riferisce unicamente alla durata dei soli spot pubblicitari e non include, ad esempio, i cd. «secondi neri».

40.

Tuttavia, nella giurisprudenza più recente la Corte ha richiamato l’attenzione anche su altri obiettivi al conseguimento dei quali erano intese le singole disposizioni della direttiva 89/552. In particolare, nella sentenza Commissione/Spagna ( 11 ), la Corte ha ricordato, richiamandosi esplicitamente alla sentenza ARD, che le disposizioni della citata direttiva devono essere interpretate in un modo che concili la libertà di attività pubblicitaria con la protezione dei telespettatori dalla pubblicità eccessiva ( 12 ).

41.

L’esigenza di garantire un’integrale ed adeguata protezione della categoria di consumatori costituita dai telespettatori è stata menzionata anche tra gli obiettivi della direttiva 2010/13, al suo considerando 83. L’importanza di siffatta protezione è stata altresì sottolineata dalla Corte, ormai sul fondamento della direttiva 2010/13, nella sentenza Sky Italia ( 13 ). Ritengo, pertanto, che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 debba essere interpretato tenendo conto dell’obiettivo della tutela dei telespettatori dalla pubblicità eccessiva, ed in modo che permetta di instaurare un equilibrio tra gli interessi finanziari delle emittenti e delle imprese inserzioniste, da un lato, ed i telespettatori, dall’altro ( 14 ).

42.

Per quanto l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 introduca un limite di tempo della trasmissione degli «spot pubblicitari», siffatta disposizione non deve essere interpretata letteralmente, nel senso che il suddetto limite riguarda esclusivamente la durata di tali spot. A mio parere, il legislatore ha utilizzato nella citata disposizione il termine «spot pubblicitari» al fine di distinguere questo tipo di pubblicità da altre forme di comunicazione commerciale audiovisiva, in particolare dall’autopromozione, dagli annunci di sponsorizzazione e dagli inserimenti di prodotti, esclusi dal limite di tempo di trasmissione ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva.

43.

Inoltre, il legislatore, non a caso, ha definito il limite di tempo di trasmissione della pubblicità come una parte della durata totale di una trasmissione (20% per ogni ora d’orologio). In questo modo il tempo di trasmissione è diviso in tempo a disposizione per la pubblicità (e le televendite), fino ad un massimo del 20%, ed in tempo dedicato ai contenuti editoriali ed eventualmente alle comunicazioni commerciali non rientranti nel limite, almeno l’80%.

44.

Orbene, è ovvio che una parte del tempo di trasmissione, oltre al messaggio principale (cioè, agli spot pubblicitari durante il tempo dedicato alla pubblicità e ai programmi durante il tempo destinato ai contenuti editoriali), è occupata dagli elementi indispensabili da punto di vista tecnico, come le presentazioni, le maschere dei programmi o gli intervalli tra di essi. Anche i «secondi neri» che separano i singoli spot pubblicitari rappresentano quel tipo di elemento. È vero che essi non sono compresi nella durata degli spot sensu stricto, cionondimeno, come hanno giustamente sottolineato i governi finlandese e polacco nelle loro osservazioni nella presente causa, la loro durata è considerata quale tempo di trasmissione dedicato alla pubblicità, essendo essi fondamentali ai fini della separazione di uno spot pubblicitario dall’altro. Per tale ragione i «secondi neri» dovrebbero essere inclusi nel limite di tempo di trasmissione della pubblicità stabilito dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13.

45.

Lo stesso varrebbe per i segnali ottici o acustici che separano i messaggi pubblicitari dai contenuti editoriali. Essi non costituiscono spot pubblicitari, ma la loro trasmissione è obbligatoria in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, seconda frase, della direttiva 2010/13. Il tempo di trasmissione di siffatti segnali rappresenta quindi, in senso ampio, il tempo dedicato alla pubblicità e anche esso dovrebbe essere incluso nel limite previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13.

46.

Nel caso di distinzione della pubblicità attraverso una modalità di ripartizione degli spazi il limite in questione comprende tutto il tempo durante il quale sullo schermo viene separata una parte destinata alla pubblicità. Il limite di tempo dedicato alla pubblicità ovviamente rimane invariato ed è pari al 20% per ogni ora d’orologio, anche se la pubblicità viene trasmessa soltanto su una parte dello schermo.

47.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere la terza questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 deve essere interpretato nel senso che nella quantità massima di trasmissione stabilita da tale disposizione va conteggiato il tempo che decorre dall’inizio di un segnale ottico o acustico che annuncia l’inizio di un’interruzione pubblicitaria fino alla fine del segnale ottico o acustico che indica la fine della suddetta interruzione. Qualora la pubblicità sia separata dalle altre parti del programma attraverso una modalità di ripartizione degli spazi, la quantità massima di cui trattasi comprende tutto il tempo durante il quale sullo schermo viene separata una parte destinata alla pubblicità.

Considerazione finale: armonizzazione minima e trasparenza della normativa nazionale

48.

Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, gli Stati membri conservano la facoltà di stabilire per i fornitori di servizi di media audiovisivi, comprese le emittenti televisive, soggetti alla loro giurisdizione, norme più particolareggiate o più rigorose. Siffatta facoltà è stata confermata dalla Corte nella sua giurisprudenza, ove essa ha indicato che l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri effettuata ai sensi della direttiva 2010/13 ha il carattere di armonizzazione minima ( 15 ). Pertanto, nel caso in cui la Corte non dovesse condividere le mie proposte di soluzione delle questioni pregiudiziali nella presente causa e adottasse un’interpretazione più liberale delle disposizioni della direttiva 2010/13 in esame, sorgerebbe la questione se siffatte disposizioni ostino a che gli Stati membri stabiliscano le norme come quelle applicate dall’organismo di regolamentazione finlandese nella controversia che costituisce oggetto del procedimento principale.

49.

In linea di massima, ritengo che la risposta a tale domanda dovrebbe essere negativa. Sia l’obbligo di identificare in modo chiaro i messaggi pubblicitari separati, con modalità di ripartizione degli spazi, dalle altre parti del programma, sia la limitazione della durata e dello spazio di trasmissione delle informazioni relative alla sponsorizzazione dei programmi, come anche il calcolo della quantità massima di trasmissione della pubblicità tenendo conto dei cd. «secondi neri», rientrerebbero nel concetto delle norme più particolareggiate o più rigorose e sarebbero compresi nella facoltà degli Stati membri prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva.

50.

Ritengo, però, nel pieno rispetto dell’autonomia dei sistemi giuridici degli Stati membri, che tali disposizioni più particolareggiate o più rigorose debbano essere chiaramente formulate. A loro volta, le disposizioni di diritto nazionale formulate in modo identico o simile alle disposizioni della direttiva 2010/13, senza alcuna precisa deroga, dovrebbero essere interpretate in modo uniforme in tutta l’Unione e, se del caso, conformemente all’interpretazione che la giurisprudenza della Corte impone di riconoscere alle stesse. In una situazione del genere, infatti, i soggetti che operano sul mercato dei servizi audiovisivi dovrebbero poter contare sul fatto che le disposizioni formulate in modo analogo alle disposizioni della direttiva vengano interpretate in modo uniforme e immutabile. L’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva soltanto attraverso la prassi nazionale amministrativa e giudiziaria pregiudicherebbe quindi la certezza del diritto per tali soggetti nonché l’obiettivo principale della direttiva, che è quello di armonizzare le legislazioni degli Stati membri.

Conclusione

51.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dal Korkein hallinto‑oikeus nel modo seguente:

1)

L’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), deve essere interpretato nel senso che una mera ripartizione dello schermo in più parti, una delle quali è destinata alla pubblicità, non costituisce la separazione sufficiente della suddetta pubblicità dai contenuti editoriali. La parte dello schermo destinata alla pubblicità dovrebbe essere ulteriormente identificata attraverso un segnale ottico o acustico, all’inizio o alla fine della sequenza pubblicitaria o attraverso un simbolo fisso che si visualizzi durante il periodo in cui lo schermo è diviso. Tale segnale o indicazione devono indicare chiaramente la natura del messaggio trasmesso.

2)

Gli articoli 10, paragrafo 1, lettera c), e 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 devono essere interpretati nel senso che le informazioni relative alla sponsorizzazione trasmesse in un momento diverso dall’inizio, dalla messa in onda o dalla fine del programma sponsorizzato costituiscono pubblicità televisiva e non sono escludibili dal limite di tempo a disposizione per la pubblicità previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva in parola.

3)

L’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 deve essere interpretato nel senso che nella quantità massima di trasmissione stabilita da tale disposizione viene incluso il tempo conteggiato dall’inizio di un segnale ottico o acustico che annuncia l’inizio di un’interruzione pubblicitaria fino alla fine del segnale ottico o acustico che indica la fine di siffatta interruzione. Qualora la pubblicità sia separata dalle altre parti del programma con una modalità di ripartizione degli spazi, la quantità di cui trattasi comprende tutto il tempo durante il quale sullo schermo viene separata una parte destinata alla pubblicità.


( 1 )   Lingua originale: il polacco.

( 2 )   GU L 95, pag. 1.

( 3 )   Conformemente alle disposizioni della direttiva 2010/13 la sponsorizzazione può anche riguardare i servizi di media audiovisivi diversi da una trasmissione televisiva; tuttavia, per motivi di chiarezza, nelle presenti conclusioni mi limiterò alla problematica della sponsorizzazione dei programmi televisivi, dato che è essa a costituire oggetto delle questioni pregiudiziali in esame. Per quanto riguarda la distinzione tra le trasmissioni televisive e le altre forme di servizi di media audiovisivi rinvio alle mie conclusioni nella causa New Media Online (C‑347/14, EU:C:2015:434).

( 4 )   L’articolo 10 della direttiva 2010/13 contiene anche altre limitazioni della sponsorizzazione le quali, tuttavia, non sono rilevanti nella presente causa.

( 5 )   C‑195/06, EU:C:2007:613.

( 6 )   È utile ricordare che, conformemente alla frase introduttiva dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 «(...) i programmi sponsorizzati rispettano le seguenti prescrizioni» (il corsivo è mio).

( 7 )   Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23). La direttiva 2010/13 costituisce la codificazione della direttiva 89/552.

( 8 )   Sentenza RTI e a. (C‑320/94, C‑328/94, C‑329/94 e da C‑337/94 a C‑339/94, EU:C:1996:486, punto 43).

( 9 )   C‑6/98, EU:C:1999:532.

( 10 )   Sentenza ARD (C‑6/98, EU:C:1999:532, punti da 28 a 32).

( 11 )   C‑281/09, EU:C:2011:767.

( 12 )   Sentenza Commissione/Spagna (C‑281/09, EU:C:2011:767, punti 4849). Vedi anche le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/Spagna (C‑281/09, EU:C:2011:216, paragrafo 75).

( 13 )   C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 17.

( 14 )   V., in tal senso, sentenza Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 18).

( 15 )   V., in particolare, sentenze Leclerc‑Siplec (C‑412/93, EU:C:1995:26, punti 2944), e Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 12).

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