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Document 52006IP0245

    Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione delle donne nei conflitti armati e il loro ruolo quanto alla ricostruzione e al processo democratico nei paesi in situazione di post-conflitto (2005/2215(INI))

    GU C 298E del 8.12.2006, p. 287–294 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

    52006IP0245

    Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione delle donne nei conflitti armati e il loro ruolo quanto alla ricostruzione e al processo democratico nei paesi in situazione di post-conflitto (2005/2215(INI))

    Gazzetta ufficiale n. 298 E del 08/12/2006 pag. 0287 - 0294


    P6_TA(2006)0245

    Situazione delle donne nei conflitti armati e loro ruolo nella ricostruzione e il processo democratico nei paesi nella fase successiva al conflitto

    Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione delle donne nei conflitti armati e il loro ruolo quanto alla ricostruzione e al processo democratico nei paesi in situazione di post-conflitto (2005/2215(INI))

    Il Parlamento europeo,

    - vista la risoluzione 1325(2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 31 ottobre 2000 sulle donne, la pace e la sicurezza (nel prosieguo: UNSCR(2000) in cui si afferma che occorre che le donne siano uguali agli uomini negli sforzi di mantenimento e di promozione della pace e della sicurezza e vi siano pienamente associate,

    - vista la sua risoluzione del 30 novembre 2000 sulla partecipazione delle donne alla composizione pacifica dei conflitti [1],

    - vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite del 10 dicembre 1948, come pure la Dichiarazione e il programma d'azione di Vienna risultanti dalla Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo svoltasi dal 14 al 25 giugno 1993,

    - visto il bollettino del Segretario generale delle Nazioni Unite sulle misure specifiche di protezione contro lo sfruttamento e le violenze sessuali (ST/SGB/2003/13),

    - vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne del 20 dicembre 1993 [2] e la Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del bambino del 20 novembre 1989,

    - vista la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), del 18 dicembre 1979 nonché il suo protocollo facoltativo,

    - vista la Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 10 dicembre 1984 e la Dichiarazione del 14 dicembre 1974 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla protezione delle donne e dei bambini in caso di emergenza e di conflitto armato [3], in particolare il paragrafo 4, ai sensi del quale devono essere adottate misure efficaci per impedire le persecuzioni, le torture, le violenze e i trattamenti degradanti applicati alle donne,

    - vista la risoluzione 1265 (1999) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla protezione dei civili nel corso di conflitti armati del 17 settembre 1999, in particolare il paragrafo 14, ai sensi del quale il personale delle Nazioni Unite impegnato in attività di ristabilimento, mantenimento e consolidamento della pace riceverà una formazione appropriata soprattutto per quanto riguarda i diritti dell'uomo, comprese le disposizioni attinenti alle sessospecificità,

    - vista la risoluzione delle Nazioni Unite sulla partecipazione delle donne al rafforzamento della pace e della sicurezza internazionali del 15 dicembre 1975 [4] e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla partecipazione delle donne alle azioni a favore della pace e della cooperazione internazionale del 3 dicembre 1982 [5], in particolare il paragrafo 12 relativo alle misure concrete da adottare per rafforzare la partecipazione delle donne agli sforzi di pace,

    - vista la dichiarazione e la piattaforma di azione di Pechino risultanti dalla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne svoltasi dal 4 al 15 settembre 1995, in particolare la sezione E sulle donne e i conflitti armati, e il documento approvato al termine della sessione speciale delle Nazioni Unite Pechino+5 e Pechino+10 sulle nuove azioni e iniziative destinate a attuare la dichiarazione e la piattaforma di azione di Pechino del 5- 9 giugno 2000, in particolare il paragrafo 13 relativo agli ostacoli frapposti alla partecipazione paritaria delle donne agli sforzi per il ristabilimento della pace e il paragrafo 124 su una presenza paritetica degli uomini e delle donne nelle missioni di mantenimento della pace e nei negoziati di pace,

    - visto lo Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale approvato il 17 luglio 1998, in particolare gli articoli 7 e 8 che qualificano lo stupro, la schiavitù sessuale, la gravidanza forzata, la sterilizzazione forzata e qualsiasi altra forma di violenza sessuale alla stregua di crimini contro l'umanità e crimini di guerra, assimilandoli altresì a una forma di tortura e a un crimine di guerra grave, indipendentemente dal fatto che tali atti vengano perpetrati in maniera sistematica o meno in occasione di conflitti internazionali o conflitti interni,

    - viste le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i loro protocolli aggiuntivi del 1977 ai sensi dei quali le donne sono protette contro lo stupro e qualsiasi altra forma di violenza sessuale,

    - vista la risoluzione 1385 (2004) e la raccomandazione 1665 (2004) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulla "Prevenzione e composizione dei conflitti: il ruolo delle donne" adottate entrambe il 23 giugno 2004,

    - vista la risoluzione adottata nel corso della V Conferenza ministeriale europea sulla parità tra uomini e donne svoltasi il 22- 23 gennaio 2003 a Skopje e recante il titolo "ruolo delle donne e degli uomini nella prevenzione dei conflitti, nel consolidamento della pace e nei processi democratici dopo i conflitti una prospettiva di genere",

    - vista la dichiarazione sulla "Parità dei sessi: una questione essenziale nelle società in mutazione" e il Programma d'azione attinente, adottati in occasione della V Conferenza ministeriale europea summenzionata,

    - vista la decisione n. 14/04 adottata dal Consiglio ministeriale dell'OSCE il 7 dicembre 2004 a Sofia sul piano d'azione dell'OSCE 2004 per la promozione della parità tra i sessi,

    - vista la decisione 14/05 adottata dal Consiglio ministeriale dell'OSCE il 6 dicembre 2005 a Lubiana sulle donne nella prevenzione dei conflitti, la gestione delle crisi e la ripresa dopo un conflitto,

    - vista la raccomandazione 5(2002) del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri sulla protezione delle donne contro la violenza, segnatamente per quanto attiene alla violenza nelle fasi di conflitto e post-conflitto,

    - visto il "documento operativo" sull'attuazione della risoluzione 1325(2000) dell'UNSCR nell'ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), adottato nel novembre 2005,

    - visto l'articolo 45 del suo regolamento,

    - visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e i pareri della commissione per gli affari esteri e della commissione per lo sviluppo (A6-0159/2006),

    A. considerando che in seno alla popolazione civile, le donne, al pari dei bambini e degli anziani subiscono, in periodo di guerra, ogni sorta di maltrattamento anche di natura sessuale,

    B. considerando che la violenza nei confronti delle donne durante i conflitti armati non comporta soltanto maltrattamenti fisici e/o sessuali, ma viola anche i loro diritti economici, sociali e culturali,

    C. considerando che le cause più profonde della vulnerabilità delle donne durante i conflitti risiedono spesso nella sottovalutazione sociale generale della donna e nell'accesso notoriamente più limitato all'istruzione e al lavoro; pertanto l'emancipazione della donna è una conditio sine qua non della lotta contro la violenza sessospecifica nei conflitti armati,

    D. considerando che gli stupri e le sevizie sessuali sono utilizzati come armi da guerra per umiliare e indebolire psicologicamente l'avversario, ma che le vittime di tali pratiche sono spesso stigmatizzate, respinte, maltrattate o talvolta persino uccise dalle loro comunità, per recuperare l'onore,

    E. considerando il fatto che la storia ha dimostrato che sono soprattutto gli uomini a dedicarsi alla pratica della guerra e che pertanto la particolare propensione delle donne al dialogo e alla non violenza potrebbe contribuire in modo molto efficace a prevenire e a gestire pacificamente i conflitti,

    F. considerando che durante i conflitti, le donne hanno difficoltà ad accedere alle cure che riguardano specificamente la tutela della salute riproduttiva femminile, quali la contraccezione, il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, le cure in gravidanza, tra cui anche l'interruzione volontaria, qualora la donna lo desideri, il parto, le cure post-parto e il trattamento della menopausa,

    G. considerando che qualora la donna non possa accedere ad alcuna misura protettiva, talune pratiche sessuali, volontarie o imposte, possono favorire il propagarsi delle malattie sessualmente trasmissibili, tra cui l'AIDS, e che tali pratiche sono particolarmente diffuse durante i conflitti e nei campi degli sfollati,

    H. considerando che le donne vittime di sevizie sessuali durante i conflitti hanno raramente a disposizione la protezione, l'assistenza psicologica, le cure mediche e la tutela legale che permetterebbero loro di superare tali sofferenze e di punire i responsabili,

    I. considerando che la violenza coniugale che si accompagna a tutte le situazioni conflittuali non diminuisce durante i periodi post-conflitto, quando i combattenti tornano alle loro case,

    J. considerando che le donne che si adoperano a favore della pace hanno fatto ricorso in tutto il mondo alla rete associativa per stabilire un dialogo tra le parti in conflitto e chiedere giustizia per i familiari scomparsi,

    K. considerando che i movimenti per la pace creati da donne non si inseriscono sempre in modo cosciente in una prospettiva di modifica delle regole e delle relazioni sociali che definiscono i rapporti di potere tra uomini e donne,

    L. considerando che la presenza delle donne al tavolo dei negoziati e in ruoli attivi a favore di una transizione pacifica costituisce una tappa necessaria, ma non sufficiente sulla via della democrazia e che le donne hanno quindi bisogno di essere sostenute e accompagnate in tale cammino politico,

    M. considerando che eccezionalmente alcune donne sono passate dalla resistenza politica alle più alte cariche dello Stato, come Hélène Sirleaf in Liberia e Micheline Bachelet in Cile, ma che questi casi sono ancora troppo rari,

    N. considerando che le commissioni "Verità e riconciliazione" agevolano il processo di riconciliazione nelle società al termine di un conflitto, ma le donne che vi partecipano sono ancora troppo poche,

    O. considerando che le iniziative intraprese da taluni paesi o organizzazioni internazionali per integrare questa dimensione di genere devono essere accolte positivamente e servire da esempio in materia di buone prassi,

    P. considerando che le donne sono sempre state delle guerriere, animate dalla volontà di resistere, ma che oggi appartengono ufficialmente alle forze armate di numerosi paesi in nome della parità dei sessi,

    Q. considerando che il fenomeno dei kamikaze è relativamente recente, limitato e localizzato a paesi di tradizione islamica e che le donne kamikaze non sono numerose,

    R. considerando che la situazione spesso disperata sul piano politico, personale e sociale che le donne si trovano ad affrontare è un fattore essenziale nella scelta di arruolarsi,

    S. considerando che il fondamentalismo recente fa apologia del martirio, che trova un'eco tra le donne militanti e attive nella resistenza che sono alla ricerca della parità sociale,

    T. considerando che l'estrema mediatizzazione del fenomeno aumenta, tra i giovani più vulnerabili, l'attrazione nei confronti del suicidio offensivo, visto l'onore di cui godrà la famiglia alla loro morte;

    1. sottolinea l'esigenza di introdurre la dimensione della prospettiva di genere nella ricerca sulla pace, nella prevenzione e risoluzione dei conflitti, nelle operazioni di pace così come negli interventi di ripresa economica e sociale e di ricostruzione postbellica, nonché di garantire la presenza della componente di genere nei programmi sul campo;

    Donne quali vittime di guerra

    2. rammenta l'importanza dell'accesso a servizi di salute riproduttiva nelle situazioni di conflitto e nei campi profughi, servizi senza i quali i tassi di mortalità materna e infantile aumentano di pari passo con il propagarsi delle malattie sessualmente trasmissibili; sottolinea che la violenza coniugale, la prostituzione e lo stupro che regnano in tali circostanze rafforzano ancora la priorità da dare a tali servizi, compresa la necessità per le donne di avere la possibilità di partorire in ambito ospedaliero senza la preventiva autorizzazione di un familiare di sesso maschile o porre fine a una gravidanza non desiderata e avere accesso a un'assistenza psicologica; sottolinea la necessità di garantire l'accesso immediato di tutte le donne e giovani violentate alla profilassi postesposizione e ritiene che l'applicazione e il pieno rispetto dei diritti sessuali e riproduttivi contribuiscano a ridurre al minimo i casi di violenza sessuale commessi in situazioni di conflitto;

    3. sottolinea la responsabilità che spetta a tutti gli Stati di porre fine all'impunità e di perseguire i responsabili di genocidi, crimini contro l'umanità, crimini di guerra, comprese le violenze sessuali perpetrate ai danni di donne e bambine, inclusi lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata, la sterilizzazione forzata e ogni altra forma di violenza sessuale di pari gravità, e di riconoscere e condannare questi crimini come crimini contro l'umanità e crimini di guerra, e sottolinea in proposito la necessità di escludere tali crimini, laddove sia possibile, da provvedimenti di amnistia;

    4. esige che le donne vittime di sevizie e di violenza durante i conflitti possano adire giurisdizioni internazionali in condizioni compatibili con la propria dignità e venendo da queste protette dalle aggressioni violente e dai traumi che potrebbero subire durante interrogatori che non tengano in considerazione gli choc emotivi; esige che sia loro resa giustizia sia sul piano civile sia su quello penale e che siano attuati programmi di assistenza per aiutarle a reinserirsi economicamente, socialmente e psicologicamente;

    5. attribuisce priorità alla fine dell'impiego di bambini soldato nei conflitti, comprese le bambine che vivono una vera e propria condizione di schiavitù sessuale; insiste affinché per questi ragazzi vengano predisposti programmi di lunga durata per un loro reinserimento di natura psicologia, sociale, educativa ed economica;

    6. condanna la violenza nei confronti delle donne in qualsiasi circostanza, ma chiede una tolleranza zero quanto allo sfruttamento sessuale dei bambini, delle bambine e delle donne nei conflitti armati e nei campi profughi; esige sanzioni severe sul piano amministrativo e penale nei confronti del personale umanitario, dei rappresentanti delle istituzioni internazionali, delle forze di mantenimento della pace e dei diplomatici che vi facessero ricorso;

    7. auspica l'offerta di crediti, attraverso programmi interdisciplinari, per affrontare il problema della violenza domestica, che aumenta notevolmente nel periodo che segue la fine del conflitto, a causa della brutalità generalizzata, dell'insicurezza fisica ed economica e dei traumi subiti anche dagli uomini; rileva che la violenza domestica nel periodo che segue la fine dei conflitti è una tematica trascurata, alla quale è stata attribuita scarsa importanza, benché favorisca il perpetuare, già prima dell'inizio del conflitto, dell'ordine esistente tra i sessi e rafforzi i traumi di cui soffrono le donne vittime di violenze (sessuali);

    8. segnala, tenuto conto dei dati disponibili delle organizzazioni internazionali, il fatto preoccupante della presenza di un gran numero di donne e bambini tra i rifugiati e gli sfollati interni, in conseguenza dei conflitti armati e delle guerre civili;

    9. sottolinea le specifiche esigenze delle donne e delle ragazze per quanto riguarda lo sminamento e sottolinea che, sebbene le mine antipersona possano essere state usate in situazioni militari, sono soprattutto donne, bambini e civili ad essere stati uccisi o mutilati da esse, e ad aver perduto la capacità di provvedere al loro sostentamento; ribadisce che l'UE deve mirare a promuovere l'adesione alla convenzione di Ottawa sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, principalmente in Africa, ma anche in Europa e altrove; esorta l'UE ad intensificare gli sforzi per eliminare le mine dalle zone postbelliche e ad assicurare le cure e la riabilitazione delle vittime e la bonifica dei territori minati in modo che le persone possano nuovamente vivervi e lavorare in condizioni di sicurezza;

    Donne quali vettori di pace

    10. rileva il ruolo positivo che le donne svolgono nella risoluzione dei conflitti e chiede alla Commissione e agli Stati membri di assicurare un'adeguata assistenza tecnica e finanziaria a sostegno dei programmi che consentano alle donne di partecipare pienamente alla condotta di negoziati di pace e che conferiscano alle donne potere nella società civile nel suo complesso;

    11. sottolinea il ruolo positivo che le donne possono svolgere nella ricostruzione postbellica, in particolare nei programmi di disarmo, smobilitazione e reinserimento (DDR), segnatamente quando tali programmi riguardano i bambini soldato; chiede agli Stati membri di assicurare la piena partecipazione delle donne ai programmi DDR e, in particolare, di adattare tali programmi in modo che mirino al reinserimento dei bambini soldato;

    12. sostiene fermamente la rivendicazione espressa da una vasta coalizione di organizzazioni di donne kosovare l' 8 marzo 2006 a favore dell'inserimento di donne nel gruppo internazionale con sette personalità kosovare incaricato dei negoziati sullo statuto futuro della regione; deplora che tale rivendicazione sia stata finora ignorata;

    13. insiste affinché, nella fase di post-conflitto, i movimenti pacifisti femminili e le organizzazioni femminili vengano sostenuti psicologicamente, politicamente, finanziariamente e giuridicamente sì da pervenire a una società democratica che abbia a cuore i diritti delle donne e la parità di genere nel quadro di riforme a livello costituzionale, legislativo e politico; plaude alle varie iniziative internazionali intraprese in tal senso come quelle dell'Australia in Papua-Nuova Guinea e della Norvegia nello Sri Lanka;

    14. plaude alle varie iniziative per l'introduzione di indicatori sessospecifici di allarme rapido e di sorveglianza dei conflitti, come quelli del Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne (UNIFEM), del Consiglio d'Europa, della Fondazione svizzera per la pace, dell'International Alert (Allarme internazionale) e del Forum on Early Warning and Early Response (Forum su allarme e risposta tempestivi);

    15. si compiace del fatto che nel 2005 il Consiglio abbia provveduto all'applicazione della risoluzione 1325(2000) dell'UNSCR nell'ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), considerandone la valenza sotto il profilo di gender mainstreaming; chiede al Consiglio di non omettere di includere consiglieri per i diritti dell'uomo e per la parità dei sessi in seno alle forze civili di mantenimento della pace dirette dall'Unione europea e di assicurare una formazione in tema di gender mainstreaming;

    16. ribadisce i suoi precedenti appelli a favore di un efficace controllo parlamentare sulla PESD;

    17. sottolinea l'importanza dell'attuazione e dell'ulteriore sviluppo delle norme generali di comportamento per le operazioni della PESD, attribuendo una particolare attenzione alle coerenza di tali norme con quelle che regolamentano altri tipi di presenza UE in paesi terzi, nonché alle linee direttrici sulla protezione dei civili nel corso di operazioni di gestione delle crisi dirette dall'UE;

    18. accoglie con particolare favore il "documento operativo" del Consiglio adottato nel novembre 2005 sull'attuazione della risoluzione 1325(2000) dell'UNSCR nell'ambito della PESD;

    19. invita l'UE a sostenere misure volte ad aumentare significativamente il numero delle donne ad ogni livello in tutte le missioni PESD, in particolare di incoraggiare la candidatura di donne e di proporle quali candidati per i posti del personale militare, di polizia e politico nelle missioni PESD nelle primissime fasi della pianificazione di tali missioni;

    20. è convinto che la programmazione delle missioni della PESD dovrebbe prevedere il coinvolgimento delle organizzazioni femminili locali nel processo di pace, per trarre vantaggio dal contributo specifico che le donne possono apportare e riconoscere esattamente in che modo le donne risentano dei conflitti;

    21. incoraggia l'UE a prestare una maggiore attenzione alla presenza, alla preparazione, alla formazione e all'equipaggiamento di forze di polizia nelle sue missioni militari, dato che le unità di polizia rappresentano lo strumento principale capace di garantire la sicurezza della popolazione civile, specie delle donne e dei bambini;

    22. si compiace del fatto che le nuove missioni di pace create dalle Nazioni Unite dopo il 2000 comprendono consiglieri per la parità dei sessi e che nel 2003 una tale carica sia stata istituita in seno al dipartimento delle operazioni per il mantenimento della pace;

    23. chiede che non siano dimenticate le donne coraggiose che hanno optato per forme di resistenza pacifica e che hanno pagato o pagano tuttora con la prigione, gli arresti domiciliari o i sequestri di persona;

    24. sottolinea la necessità di rafforzare il ruolo delle donne nei processi decisionali politici nell'ambito della ricostruzione di un paese, nonché la loro presenza politica al tavolo dei negoziati; sostiene a tal fine le raccomandazioni della risoluzione 1325(2000) e la sua summenzionata risoluzione del 30 novembre 2000;

    25. ritiene necessario promuovere una maggiore partecipazione e una maggiore presenza delle donne nei mezzi di comunicazione e nelle piattaforme dell'opinione pubblica tramite le quali esse possono diffondere i loro punti di vista;

    26. plaude al sostegno che la Commissione fornisce allo svolgimento di elezioni libere nei paesi che hanno conosciuto la guerra; si compiace della partecipazione delle donne a tali elezioni; si compiace altresì del fatto che alcune donne siano state nominate alla testa di importanti missioni elettorali e chiede con urgenza che il numero delle donne alla testa di missioni elettorali continui a crescere;

    27. mette in evidenza il persistere di discriminazioni contro le donne per quanto riguarda l'accesso al capitale e a risorse quali il cibo e l'istruzione, alle tecnologie dell'informazione nonché alla sanità e ad altre strutture sociali, e considera che l'impegno delle donne nelle attività economiche, nelle zone rurali cosi come in quelle urbane, riveste un'importanza cruciale per sostenere la loro posizione socioeconomica nelle società che escono da conflitti; sottolinea il ruolo positivo che il microcredito già svolge per l'autonomia delle donne e chiede alla comunità internazionale di adottare misure volte ad incoraggiarne l'uso in paesi che si stanno riprendendo da conflitti;

    Donne e guerra

    28. condanna l'apologia del martirio che oggi coinvolge i giovani e le giovani; rileva che l'appello al suicidio offensivo (kamikaze) semina la confusione tra fervore religioso e resistenza disperata a un'occupazione o a un'ingiustizia e considera quelli che alla fin fine sono i veri obiettivi di questo tipo di azioni, cioè le vittime civili innocenti;

    29. attira l'attenzione sul problema delle donne kamikaze e sottolinea che lo stupro, in quanto arma di guerra, riguarda tutte le donne, qualunque sia la loro origine etnica, religiosa e ideologica; che le donne vittime di stupro sono stigmatizzate sul piano sociale ed escluse, o addirittura uccise;

    30. si compiace del fatto che tale fenomeno, la sua estensione e la sua manipolazione mediatica vengano oggi denunciati da talune autorità islamiche in nome stesso del Corano, che promuove il rispetto della vita;

    31. chiede l'avvio di indagini sulle azioni suicide commesse per vendetta e per ragioni politiche, sociali o culturali e rivolge un insistente appello alla comunità internazionale affinché faccia rispettare il diritto internazionale e ricercare la pace, ovunque le donne siano state, o rischino di essere arruolate per attacchi suicidi;

    Raccomandazioni

    32. sostiene tutte le raccomandazioni che dalla risoluzione 1325(2000) dell'UNSCR in poi hanno tentato di migliorare la sorte delle donne nei conflitti e invita il Consiglio e la Commissione a recepire e ad attuare quanto prima tali raccomandazioni, in particolare quelle incluse nella sua summenzionata risoluzione del 30 novembre 2000, nell'insieme delle loro politiche;

    33. constata che nonostante le risoluzioni, gli appelli e le raccomandazioni di varie istituzioni internazionali europee, le donne non godono ancora di una piena partecipazione alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti, alle operazioni di mantenimento della pace e al suo ristabilimento; prende quindi atto del fatto che non si tratta di fare nuove raccomandazioni e chiede pertanto la presentazione di un programma d'azione preciso, che indichi i fattori della sua attuazione, misuri gli ostacoli e definisca i mezzi per controllarne i risultati; chiede che al Parlamento europeo sia presentato un rapporto annuale sull'attuazione del programma;

    34. sottolinea l'importanza di una partecipazione delle donne alle missioni diplomatiche e invita gli Stati membri a reclutare un maggior numero di donne nei propri servizi diplomatici e a formare personale diplomatico femminile alle tecniche di negoziazione e di mediazione, al fine di creare elenchi di donne qualificate per ricoprire incarichi nell'ambito della pace e della sicurezza;

    35. chiede insistentemente che i concetti attinenti alla "giustizia transizionale" vengano applicati ai processi di pace e di transizione verso la democrazia e lo Stato di diritto, nel rispetto dei diritti delle vittime e prevedano la partecipazione delle donne alle commissioni d'inchiesta per la riconciliazione in via di creazione, nonché l'integrazione, nell'ambito delle misure adottate da tali commissioni, della finalità di assicurare la parità tra i sessi;

    36. propone di limitare le raccomandazioni all'essenziale, cioè a dire di chiedere alle istituzioni di ricercare sinergie sulle azioni concrete da portare avanti con altre istituzioni internazionali per perseguire gli stessi obiettivi e utilizzare al meglio, come incentivazione e come leva, i nuovi strumenti finanziari messi a disposizione del quadro finanziario 2007-2013;

    37. raccomanda alla Commissione, al Consiglio e agli Stati membri di promuovere l'introduzione dell'educazione alla pace, al rispetto della dignità della persona umana e alla parità di genere in tutti i programmi scolastici e formativi dei paesi in conflitto, al fine di sviluppare uno spirito pacifico che abbia a cuore i diritti delle donne in seno alla società, in seno alle forze di mantenimento della pace e di interposizione, tra i funzionari in missione dell'UE e di altre organizzazioni di assistenza internazionali; suggerisce di associare a tale progetto le organizzazioni locali femminili, le associazioni delle madri, gli educatori di giovani e i professori;

    38. chiede alla Commissione di riferire al Parlamento in merito all'attuazione degli orientamenti del 2003 sui bambini e i conflitti armati;

    39. raccomanda agli Stati membri di estendere i programmi di accoglienza da parte degli Stati membri dell'Unione europea di bambini e adolescenti provenienti dalle regioni in conflitto per farli uscire da un mondo di violenza e di disperazione, che genera esso stesso altra violenza anche nei confronti delle donne; chiede al Consiglio di invitare gli Stati membri a facilitare tale accoglienza senza frapporre inutili ostacoli; insiste affinché vengano raggiunti accordi con i paesi di transito per non frenare tali programmi umanitari;

    40. chiede alla Commissione di sostenere le iniziative di pace avviate dalle donne nel tessuto associativo, in particolare quelle multiculturali, transfrontaliere e regionali fornendo assistenza politica, tecnica e finanziaria alle organizzazioni interessate alla risoluzione dei conflitti e alla costruzione della pace; chiede al Consiglio di assicurare sostegno politico in seno agli organi decisionali dei paesi interessati; incoraggia il Parlamento europeo, in particolare la commissione per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere, a istituire commissioni miste comprendenti donne di queste associazioni e parlamentari europee per le zone in conflitto;

    41. invita la Commissione e gli altri donatori ad indirizzare risorse a sostegno della creazione di capacità delle organizzazioni della società civile, in particolare dei gruppi locali di donne impegnate nella risoluzione non violenta dei conflitti, e a fornire assistenza tecnica e formazione professionale;

    42. ritiene irrinunciabile che la Commissione mantenga l'iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo quale strumento specifico nelle prospettive finanziarie 2007-2013; ricorda che in passato tale strumento ha assicurato il successo di bandi di gara e linee di bilancio specifici per i diritti delle donne a prescindere dall'accordo dei governi in carica; chiede alla Commissione di fare in modo che nello strumento di stabilità la gestione dei conflitti comprenda una dimensione di genere che consenta di far fronte ai problemi delle donne nel corso dei conflitti;

    43. chiede che l'integrazione della dimensione di genere sia visibile e verificabile in tutti gli strumenti finanziari, soprattutto in quello di preadesione, nella politica europea di vicinato e nello strumento di cooperazione allo sviluppo e della cooperazione economica (DCECI), affinché figuri come parte integrante delle condizioni per gli accordi di associazione;

    44. sottolinea che i piani strategici e i piani d'azione per paese costituiscono un eccellente vettore dell'integrazione della dimensione di genere, sempre che vi sia una volontà politica da una parte e dall'altra; chiede che tutte le attività della PESD attuino la risoluzione 1325(2000) dell'UNSCR nonché la sua summenzionata risoluzione del 30 novembre 2000 e che venga riferito in merito annualmente al Parlamento europeo;

    45. chiede che il diritto alla salute riproduttiva venga preservato e considerato come una priorità della Commissione nelle sue azioni di cooperazione e nello strumento di stabilità nelle regioni in conflitto, che si rifletta nelle sue linee di bilancio;

    46. sottolinea la necessità di controllare più efficacemente la distribuzione di generi alimentari, di vestiario e di materiale sanitario — come gli assorbenti igienici — durante le operazioni di emergenza, e chiede alle agenzie internazionali umanitarie di appoggiare le azioni di tutela all'interno dei campi profughi e di contribuire al miglioramento di tali azioni allo scopo di ridurre il rischio di violenze e di abusi sessuali contro donne e ragazze, nonché di adottare programmi sulla salute riproduttiva in tali campi e di garantire l'accesso immediato alla profilassi post esposizione a tutte le donne e le ragazze vittime di violenze sessuali;

    47. raccomanda di instaurare una collaborazione tra il Parlamento europeo e il Consiglio d'Europa, l'OSCE, l'UNIFEM e, eventualmente, altri organismi internazionali, ai fini dell'attuazione di indicatori sessospecifici da controllare durante i conflitti, che possano essere inclusi tra i nuovi strumenti di politica estera e di sviluppo o possano servire da allerta rapida;

    48. ritiene che la partecipazione delle donne a tutti i livelli della vita sociale, economica e politica dei paesi che escono da un conflitto dovrebbe essere pari a quella degli uomini; è consapevole che tali quote non possono di colpo far raggiungere la parità, tenuto conto della cultura e dell'evoluzione sociale dei paesi in questione; chiede pertanto alla Commissione di favorire, in applicazione della risoluzione 1325, un rafforzamento del livello di partecipazione delle donne nei suoi piani di azione, di sorvegliarne l'evoluzione verso la parità e di rendere conto dei risultati al Parlamento europeo;

    49. esprime il proprio sostegno a favore di un'efficace attuazione delle clausole in materia di diritti dell'uomo negli accordi con i paesi terzi, nonché a favore dell'attuazione dei principi del diritto internazionale umanitario e dei trattati internazionali pertinenti, con riferimento particolare ai diritti e ai bisogni delle donne;

    50. ritiene che l'aver reso giuridicamente vincolante il codice di condotta dell'Unione europea in materia di esportazione delle armi apporti un grande contributo alla riduzione della sofferenza delle donne, facendo diminuire il numero di conflitti armati nel mondo;

    51. raccomanda che il Parlamento si faccia carico del problema del suicidio offensivo tra le donne, avvii uno studio su tale argomento e lo concluda con una conferenza che raggruppi esperti scientifici e altre persone competenti in questioni di genere dei paesi interessati, come pure talune autorità religiose islamiche;

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    52. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri, dei paesi aderenti e dei paesi candidati.

    [1] GU C 228 del 13.8.2001, pag. 186.

    [2] Risoluzione 48/104 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

    [3] Risoluzione 3318(XXIX) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

    [4] Risoluzione 3519 (xxx) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

    [5] Risoluzione 37/63 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

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