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Document 52006DC0398

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento chimico delle acque superficiali nell’Unione europea {SEC(2006) 947} {COM(2006) 397 definitivo}

/* COM/2006/0398 def. */

52006DC0398

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento chimico delle acque superficiali nell’Unione europea {SEC(2006) 947} {COM(2006) 397 definitivo} /* COM/2006/0398 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 17.7.2006

COM(2006) 398 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO

Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento chimico delle acque superficiali nell’Unione europea {SEC(2006) 947}{COM(2006) 397 definitivo}

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO

Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento chimico delle acque superficiali nell’Unione europea (Testo rilevante ai fini del SEE)

SCOPO DELLA COMUNICAZIONE

Introduzione

La direttiva quadro sulle acque,[1] adottata nel 2000, istituisce un nuovo regime per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento chimico delle acque superficiali e sotterranee. La direttiva quadro stabilisce inoltre che la Commissione deve presentare proposte specifiche in merito ad alcune sostanze prioritarie presenti nelle acque di superficie.

Le sostanze potenzialmente inquinanti che possono incidere negativamente sulla qualità delle acque dei fiumi, dei laghi, dei mari e delle acque costiere sono molte. L’inquinamento acquatico può essere provocato da materiale organico, nutrienti e da un ingente numero di sostanze chimiche prodotte per un utilizzo deliberato (come i pesticidi) o che si formano involontariamente nei processi di produzione (come gli idrocarburi policiclici aromatici rilasciati dai processi di combustione). Nelle acque dolci sono rilevabili migliaia di singole sostanze e molte di esse confluiranno nelle acque dei nostri mari.

Un numero ridotto di inquinanti chimici desta particolari timori per la qualità delle acque di superficie in tutta l’UE, perché vengono utilizzati in maniera diffusa e si presentano in concentrazioni elevate nei fiumi, nei laghi e nelle acque costiere. Queste sostanze sono definite “prioritarie”.[2] Esiste anche un sottogruppo di “sostanze pericolose prioritarie” per le quali sono definiti obiettivi ambientali più rigorosi a causa delle loro caratteristiche di elevata persistenza, bioaccumulo e tossicità. Oltre alle sostanze prioritarie gli Stati membri devono indicare altri inquinanti chimici che impediscono di realizzare gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque.

La strategia finalizzata ad affrontare l’inquinamento chimico delle acque di superficie si colloca nel più ampio approccio strategico definito negli anni Settanta. La direttiva quadro sulle acque fa completamente propria e aggiorna questa politica di lungo termine inserendola nel contesto di una risposta integrata, flessibile e moderna alle continue minacce rappresentate dalle concentrazioni eccessive di sostanze chimiche nelle acque dell’UE.

Abbinata alla proposta di direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque,[3] la presente comunicazione illustra il contesto concettuale in senso lato e la logica alla base dell’approccio privilegiato dalla Commissione.

Contesto concettuale globale

Nei processi di estrazione, fabbricazione o trasformazione delle sostanze chimiche possono verificarsi emissioni, scarichi o perdite in varie matrici ambientali: aria, acque e suolo. Anche lo smaltimento del materiale di scarto risultante da queste attività può provocare immissioni nell’ambiente. Gli scarichi diretti nelle acque provenienti da miniere o stabilimenti sono una causa evidente di inquinamento, mentre le sostanze che si depositano dall’atmosfera sono più difficili da inquadrare. Una sostanza presente sul mercato può essere utilizzata nei processi di produzione di beni di consumo, con conseguenti scarichi, emissioni e fuoriuscite nell'ambiente. Ma anche l'uso dei prodotti (si pensi ai detersivi, ai pesticidi, al materiale edile) comporta altre perdite nell’ambiente. Infine, nel momento in cui i materiali sono smaltiti sotto forma di rifiuti solidi o liquidi vi possono essere altre emissioni.

Le misure di prevenzione e riduzione dell’inquinamento chimico delle acque devono pertanto tener conto di tutte queste vie di diffusione. Il controllo delle emissioni e dei processi può limitare le perdite in fase di produzione delle sostanze chimiche e della successiva incorporazione in altri prodotti. Le restrizioni alla commercializzazione e all’impiego delle sostanze chimiche, comprese le procedure di autorizzazione, possono ridurre ulteriormente la potenziale contaminazione dell’ambiente. Infine, anche le misure per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti sono importanti per ridurre l’inquinamento.

Le misure citate al paragrafo precedente riguardano la riduzione o il contenimento degli scarichi, delle emissioni e delle perdite, ma rappresentano solo una faccia della medaglia. L’articolo 10 della direttiva quadro sulle acque definisce un “approccio combinato” che comporta l’applicazione di standard di qualità ambientale (SQA). Sulla base delle informazioni riguardanti la tossicità, la persistenza e il potenziale di bioaccumulo di una sostanza e dei dati sul comportamento della sostanza chimica nell’ambiente, è possibile determinare limiti di concentrazione per tutelare le persone, la flora e la fauna. Gli standard di qualità ambientale definiti per le acque, i sedimenti o i tessuti vegetali/animali servono da parametro comparativo per garantire l’integrità ecologica degli ecosistemi acquatici oppure la protezione della salute delle persone che utilizzano le acque (ad esempio per la balneazione o per l'estrazione di acqua potabile).

Infine, per garantire l’efficacia delle misure di contenimento o degli SQA, è necessario abbinare un sistema efficace di monitoraggio che verifichi che le misure previste vengano effettivamente realizzate e che i valori corrispondenti agli standard di qualità ambientale siano rispettati.

Questo contesto concettuale vale per l'inquinamento delle acque in tutte le sue forme. Le considerazioni presentate nel prosieguo del documento si riferiscono, tuttavia, solo al quadro normativo per le sostanze prioritarie, che disciplina l’inquinamento causato da tutte le sostanze chimiche che incidono negativamente sulla qualità delle acque di superficie.[4] Altri inquinanti (come i nutrienti e il materiale organico) sono disciplinati da normative comunitarie specifiche (come la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane[5] e la direttiva sui nitrati[6]).

Com’era disciplinato l’inquinamento chimico delle acque in passato?

Nei primi anni Settanta sono stati diffusi rapporti allarmanti sul Reno e su altri fiumi europei per i quali erano documentati livelli elevati di inquinamento chimico che sfociavano in periodiche morie di pesci. In seguito a questa situazione il Consiglio ha adottato una direttiva sull'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità (direttiva 76/464/CEE[7]) che definiva un programma ambizioso per prevenire e limitare l’inquinamento causato da sostanze pericolose. Gli inquinanti chimici sono stati raggruppati in due categorie: le sostanze dell’elenco I ritenute particolarmente tossiche, persistenti e soggette a bioaccumulo e che dunque dovevano essere disciplinate a livello comunitario, e le sostanze dell’elenco II, meno problematiche, sulle quali è stata data facoltà di legiferare agli Stati membri. Nel 1982 la Commissione ha presentato un elenco di 132 sostanze potenzialmente iscrivibili nell’elenco I. Nel 1990 per 18 di esse risultavano definiti dei valori limite di emissione e degli standard di qualità nell’ambito di cinque direttive derivate.[8] Successivamente il Consiglio ha bloccato la regolamentazione delle altre sostanze proposte dalla Commissione[9] sostenendo che l’iter legislativo era stato lento ed inefficace. Il Consiglio ha dunque invitato la Commissione a riconsiderare la politica in questo campo alla luce del dibattito allora in corso sulla nuova politica in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC).

Nel 1996 è stata adottata la direttiva IPPC[10], che in parte integrava il quadro normativo della direttiva 76/464/CEE, mantenendo i valori limite di emissione come obblighi minimi. Poiché però la direttiva IPPC riguardava solo alcuni impianti, la Commissione ha inserito le altre disposizioni pertinenti della direttiva 76/464/CEE nella proposta modificata di direttiva quadro sulle acque.[11]

Nei 25 anni trascorsi dall’adozione della direttiva 76/464/CEE la direzione generale Ambiente della Commissione ha pubblicato numerose relazioni sull'attuazione di questo testo.[12] La valutazione complessiva dei risultati ottenuti da questa politica è contrastante: nonostante gli evidenti e dimostrabili successi conseguiti nel ridurre l’inquinamento da fonti industriali puntuali, si sono registrati numerosi problemi importanti in termini di attuazione.[13]

La direttiva quadro sulle acque, fondata sul concetto di controllo integrato dell’inquinamento, ha superato tali ostacoli e ora affronta la questione dell’inquinamento da sostanze chimiche in modo più olistico, efficace e differenziato. Nell’attuale proposta di direttiva la Commissione propone di abrogare le cinque direttive derivate: il pacchetto presentato oggi contribuirà pertanto a razionalizzare e semplificare la legislazione comunitaria in materia di ambiente.

Approccio proposto dalla Commissione

L’approccio globale definito nella direttiva quadro sulle acque deve tradursi in interventi specifici in grado di dare una risposta alle seguenti domande (derivanti dall’articolo 16):

1. Quali sostanze dovrebbero essere regolamentate a livello comunitario?

2. Quali sono i criteri o gli indicatori (standard di qualità ambientale) per verificare il conseguimento degli obiettivi della direttiva quadro?

3. Quali misure supplementari devono essere adottate in ambito comunitario per conseguire tali obiettivi?

Per rispondere alla prima domanda, nel 2001 è stato approvato un elenco di 33 (gruppi di) sostanze prioritarie che dovevano essere disciplinate in ambito comunitario.[14] Alcune di queste sono fonte di notevole preoccupazione: si tratta delle cosiddette “sostanze pericolose prioritarie” per le quali la direttiva quadro fissa l’obiettivo di arrestare o eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite nell’arco di vent’anni.

L’obiettivo principale dell’attuale proposta di direttiva è quello di rispondere alle altre due domande, cioè definire standard armonizzati di qualità ambientale e proporre misure di controllo supplementari.

La Commissione ha cominciato a preparare la proposta nel 2001, ricorrendo ad intense e ampie consultazioni. Tali consultazioni sono avvenute principalmente sotto forma di scambi regolari di informazioni con il Forum consultivo di esperti costituito dai rappresentanti degli Stati membri e di altri paesi (Norvegia, Bulgaria e Romania), da soggetti interessati dell'industria e organizzazioni non governative. Inoltre, la proposta riguardante gli standard di qualità ambientale è stata esaminata anche dal Comitato scientifico della tossicità, dell'ecotossicità e dell'ambiente (SCTEE). Infine, da giugno a settembre 2004 è stata organizzata una consultazione in forma scritta sulla proposta di direttiva.

Nell’ambito delle attività preparatorie sono stati condotti due studi, che costituiscono la base della valutazione d’impatto[15], nella quale sono state presentate tre alternative principali e molte alternative secondarie:

Alternativa 1: non presentare alcuna proposta e demandare il compito di regolamentazione interamente agli Stati membri.

Alternativa 2: presentare una proposta su standard di qualità ambientale armonizzati e lasciare agli Stati membri la facoltà di definire misure supplementari di controllo.

Alternativa 3: definire gli standard di qualità ambientale e le misure supplementari di controllo a livello comunitario.

Le tre alternative sono illustrate con maggiore precisione nel prosieguo del documento.

Standard di qualità ambientale

Per “standard di qualità ambientale” (SQA) s’intendono le concentrazioni massime ammissibili di inquinanti ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente. Nell’ambito della direttiva quadro sulle acque, gli standard determinano l’obiettivo ambientale di “buono stato chimico delle acque superficiali” e rappresentano dunque i criteri per valutare se gli Stati membri ottemperano alla direttiva (cfr. articolo 2, paragrafo 24).

Oltre agli standard di qualità definiti in passato a livello comunitario (cfr. punto 1.3), la maggior parte degli Stati membri ha fissato una serie esaustiva di standard di qualità ambientale di portata nazionale, regionale o a livello di bacino idrografico. Al momento gli standard di qualità nazionali applicabili alle sostanze prioritarie variano considerevolmente all’interno dell’UE e ciò comporta un livello di tutela molto diverso ed eterogeneità di condizioni per gli utilizzatori delle acque (ad esempio l’industria) nei vari Stati membri.

La preoccupazione della Commissione in merito alle sostanze prioritarie – che per definizione sono un problema che riguarda tutta l’UE – è che gli SQA devono garantire che la direttiva venga attuata in linea con gli obblighi del testo giuridico applicabile e che tale attuazione sia comparabile tra gli Stati membri. Occorre inoltre disporre di una base armonizzata per la valutazione, soprattutto nel caso dei bacini idrografici internazionali. Infine, la definizione degli SQA deve tener conto di altri settori pertinenti, come quello delle sostanze chimiche o dei pesticidi e deve garantire coerenza tra le valutazioni del rischio.

La soluzione migliore per conseguire questi obiettivi è l’armonizzazione a livello comunitario degli standard di qualità ambientale per le sostanze prioritarie: la soluzione n. 1, cioè la mancata presentazione di una proposta, è stata pertanto scartata.

Misure di controllo dell’inquinamento

Oltre agli standard di qualità ambientale, la direttiva quadro sulle acque stabilisce che la Commissione presenti misure di controllo di portata comunitaria finalizzate a ridurre l’inquinamento causato dalle sostanze definite prioritarie, oppure a eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite delle sostanze pericolose prioritarie. In tal senso è già disponibile e in atto un ampio ventaglio di strumenti, dai controlli sui prodotti (ad esempio per limitarne la commercializzazione e l’uso) ai controlli dei processi (come le migliori tecniche disponibili o BAT e i valori limite di emissione) fino agli strumenti economici (ad esempio imposte sui pesticidi).

Già prima della direttiva quadro sulle acque esistevano normative comunitarie che contribuivano a realizzare gli obiettivi poi fissati nella direttiva quadro. Basti pensare alle politiche sulle sostanze chimiche (compresi i pesticidi e i biocidi) o sull’inquinamento industriale, che danno un contributo importante. Dal 2000 in poi la Commissione ha inoltre presentato numerose proposte e decisioni che costituiscono misure di controllo dell’inquinamento per singole sostanze prioritarie, come previsto dall’articolo 16, paragrafo 6, della direttiva quadro.[16] Anche l’attuale revisione della legislazione sulle sostanze chimiche[17] darà un contributo importante agli obiettivi della direttiva quadro sulle acque. Tutti questi atti legislativi e politiche dell’UE sono illustrati con maggiore dovizia di particolari nella valutazione d’impatto.

Buona parte di questi atti legislativi non è ancora stata attuata integralmente e non è pertanto possibile stabilire se gli obiettivi della direttiva quadro saranno conseguiti grazie a queste politiche o se ci saranno ancora problemi che imporranno l’intervento della Comunità.

Questa sfida è stata messa in evidenza anche nel corso dell’analisi sugli impatti socio-economici delle varie alternative d’intervento possibili. L’alternativa 3 è partita da una serie di ipotesi per definire misure specifiche di portata comunitaria (compresa la definizione di valori limite di emissione) per i comparti industriali più interessati, cioè quello delle sostanze chimiche (in particolare il cloro e i pesticidi), l’industria del ferro e dell’acciaio, i metalli non ferrosi, la conversione del PVC e le raffinerie. Lo studio ha concluso che questa alternativa comporterebbe costi elevati (dati più precisi al riguardo sono contenuti nella valutazione d'impatto) e ha individuato alcuni potenziali impatti sull'occupazione. In base ai dati disponibili, una soluzione più conveniente sotto il profilo economico, più flessibile e proporzionata sarebbe quella di demandare l’adozione di misure supplementari (compresi i valori limite di emissione) agli Stati membri. L’alternativa 3 è stata dunque scartata per i costi eccessivi che comporta.

In conclusione, la Commissione ritiene che l’attuale corpo legislativo comunitario dovrebbe, nella maggior parte dei casi, consentire di realizzare gli obiettivi della direttiva quadro. Al contempo la valutazione d’impatto dimostra che l’approccio più proporzionato e più valido dal punto di vista economico per le sostanze prioritarie sia quello di definire standard chiari e armonizzati, garantendo agli Stati membri la massima flessibilità sulle modalità per conseguire questo obiettivo. Se gli Stati membri dovessero dimostrare che servono misure supplementari a livello comunitario, nell’ambito degli strumenti esistenti sono già previsti vari meccanismi che consentono loro di sottoporre la questione alla Commissione e avviare un dibattito in merito.

Impatti della proposta

Lo studio d’impatto ha esaminato i costi socioeconomici dell’alternativa prescelta, cioè la 2. I costi sono stati stimati a circa 700 milioni di euro l’anno, una cifra molto inferiore a quella dell’alternativa 3. La valutazione d’impatto ha dimostrato in maniera evidente che questa soluzione - cioè la definizione di SQA armonizzati a livello di UE - è l'alternativa da preferirsi.

Dopo lo studio si è proceduto ad altre valutazioni. Innanzitutto, le stime sul tasso di conformità attuale agli standard di qualità ambientale proposti hanno evidenziato che questo è già più elevato di quello previsto nello studio dei costi: nel caso delle sostanze organiche, la conformità dovrebbe superare il 75% mentre per i metalli dovrebbe variare tra il 50 e l'80%. Purtroppo i dati presentano molte lacune perché mancano i risultati del monitoraggio per l’UE-10 e per alcune sostanze prioritarie. Infine, il tasso di conformità per il nichel, il piombo e alcune sostanze organiche è inferiore a quelli indicati in precedenza.

Per definire con maggiore precisione le scelte e gli approcci migliori per la determinazione di standard armonizzati di qualità ambientale sono state prese in esame alcune alternative secondarie. Un altro elemento molto importante è stata la decisione di rispettare un principio generale, vale a dire di fare riferimento alle valutazioni del rischio svolte nell’ambito di altre normative comunitarie, per garantire in tal modo una coerenza tra le varie politiche settoriali. Alcune di queste valutazioni sono ancora in corso e soprattutto per il nichel e il piombo è difficile prevedere quando si concluderanno. La Commissione s’impegna pertanto a modificare gli standard di qualità ambientale proposti se verrà dimostrato che esistono sensibili differenze tra le valutazioni finali del rischio e la proposta presentata in questa sede.

Altre alternative secondarie hanno valutato i possibili approcci alla definizione di SQA per i sedimenti, il biota, i metalli e per le aree protette ai fini dell'estrazione di acqua potabile. Si è anche discusso degli aspetti legati alle analisi e al monitoraggio ai fini della conformità. In generale, sono state privilegiate le alternative secondarie che riducono al minimo l’impatto della proposta mantenendo pur sempre un livello elevato di tutela dell’ambiente.

Infine, il riesame degli SQA condotto dall’SCTEE e la più ampia consultazione in forma scritta sui progetti di proposte hanno permesso di semplificare la proposta: per citare un esempio, sono stati eliminati alcuni obiettivi vincolanti per i controlli delle emissioni. Si è inoltre provveduto ad aggiornare gli standard di qualità ambientale suggeriti per varie sostanze prioritarie alla luce dei nuovi dati e dei commenti dell'SCTEE. Nella maggior parte dei casi il riesame scientifico ha portato a fissare SQA meno severi (ad esempio nel caso del nichel, del piombo, del mercurio, del nonilfenolo e degli idrocarburi policiclici aromatici).

Tutti questi adeguamenti dovrebbero far aumentare la conformità e ridurre le ripercussioni economiche della proposta.

Benefici della proposta

La valutazione d’impatto esamina le azioni proposte anche in termini dei benefici che queste comportano, sia a livello di benefici economici diretti che di benefici connessi al mancato utilizzo. Come già avvenuto in altri casi, in questa fase non è veramente possibile quantificare i benefici fornendo una cifra globale. Tra i benefici economici diretti ricordiamo, ad esempio, la riduzione dei costi connessi al trattamento dell’acqua potabile e una minore deposizione di sedimenti contaminati, che potrebbero comportare un risparmio di circa 100-400 milioni di euro l’anno. Non ci si aspetta, tuttavia, che la proposta sfrutti del tutto queste potenzialità, perché potrebbe comunque essere necessario procedere ad un certo trattamento dell'acqua potabile per eliminare le sostanze prioritarie anche dopo la piena attuazione della direttiva.

Si prevedono, inoltre, dei vantaggi per il settore della pesca e della molluschicoltura e nuove opportunità per il settore delle tecnologie pulite. La proposta dovrebbe inoltre comportare una serie di benefici a livello ambientale e sociale, come la tutela e il rafforzamento della biodiversità, una minore esposizione dei bagnanti e di chi pratica sport nautici, un minor inquinamento dei sedimenti e un minor accumulo nella catena alimentare (dato dal bestiame e dalla selvaggina che si abbevera nei fiumi o nei laghi).

Infine, la proposta dovrebbe ridurre sensibilmente l’onere amministrativo. L’esistenza di standard di qualità ambientale armonizzati dovrebbe evitare agli Stati membri di svolgere attività preparatorie analoghe per definire standard scientifici validi. La proposta consente inoltre di semplificare e razionalizzare gli obblighi in materia di monitoraggio e di comunicazione, soprattutto perché abroga le cinque direttive esistenti.

AZIONI MIRATE RIVOLTE ALLE SOSTANZE PRIORITARIE PREVISTE DALLE POLITICHE SETTORIALI ESISTENTI

Come accennato in precedenza, la proposta di direttiva non comprende misure supplementari di controllo delle emissioni. La Commissione ritiene infatti che gli Stati membri abbiano già a disposizione un’intera gamma di strumenti giuridici per conseguire gli obiettivi della direttiva quadro riguardo alle sostanze prioritarie. Tuttavia, per definire meglio l’ambito e l’efficacia della legislazione UE pertinente ai fini della direttiva quadro, la Commissione propone alcune azioni concrete.

Azione 1: Modifica di direttive

Alcune direttive devono essere riesaminate e modificate nel 2006-2007, ed in particolare le direttive 96/61/CE e 91/414/CEE. La Commissione intende sfruttare questi riesami per valutare se sia possibile aumentare l’efficacia di questi strumenti per prevenire o ridurre l’inquinamento causato dalle sostanze prioritarie. Nel caso della direttiva IPPC si tratterebbe, ad esempio, di inserire un riferimento esplicito alle sostanze prioritarie nelle procedure di rilascio delle autorizzazioni. Per la direttiva sui pesticidi andrebbero rafforzati alcuni elementi, come l'esame dei rischi per l'ambiente marino. Sono inoltre in corso attività finalizzate a creare modelli dell'esposizione a livello di bacino idrografico che tengano conto di altri rischi, ad esempio per l’estrazione dell’acqua potabile. I modelli dovrebbero successivamente essere utilizzati nel processo di valutazione del rischio.

Azione 2: Rafforzare l’attuazione e il rispetto degli obblighi

Il diritto comunitario in vigore già prevede che gli Stati membri possano o debbano controllare le emissioni, gli scarichi e le perdite di sostanze prioritarie, anche se purtroppo queste disposizioni non sono applicate in maniera coerente o comparabile. Per fare un esempio, a norma della direttiva 76/464/CEE avrebbero potuto o dovuto essere definiti degli standard di qualità ambientale. Se tali standard sono superati regolarmente, gli Stati membri hanno varie possibilità d’intervento nell’ambito di diverse politiche, compresa la direttiva 91/414/CEE (con il riesame delle autorizzazioni, ad esempio) o la direttiva 96/61/CE (con il riesame delle autorizzazioni), in funzione delle cause che hanno determinato il superamento dei limiti. Le restrizioni alla fabbricazione, all’immissione in commercio e all’uso di alcune sostanze pericolose sono disciplinate a livello europeo e sarà ancora in larga parte così in futuro, ma gli Stati membri possono, a determinate condizioni rigide stabilite dal trattato, introdurre disposizioni nazionali che limitano la commercializzazione e l’impiego di tali sostanze a causa dei rischi che comportano per l’ambiente acquatico.[18]

Ai fini di una migliore attuazione e osservanza degli obblighi previsti dalla legislazione UE in vigore la Commissione istituirà uno scambio di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri nell’ambito della strategia comune di attuazione della direttiva quadro sulle acque, che servirà a condividere informazioni e pareri sulle possibilità già esistenti e a mettere in comune esempi positivi e buone pratiche.

Azione 3: Istituire procedure per consentire agli Stati membri di dimostrare la necessità di un intervento comunitario

La Commissione intende istituire procedure chiare e trasparenti che andranno a costituire un quadro razionale e mirato che permetterà agli Stati membri di fornire informazioni pertinenti sulle sostanze prioritarie sulle quali si richiede una decisione a livello comunitario. Queste procedure potrebbero basarsi sull'articolo 12 della direttiva quadro e dovrebbero indicare i tempi, la procedura e il formato per la presentazione dei dati ai comitati o agli organismi responsabili delle decisioni interessati, come prevede lo strumento in questione.

Azione 4: Migliorare le informazioni disponibili

Le lacune in termini di conoscenze cui si è accennato in precedenza dovranno essere colmate nei prossimi anni. L’applicazione del registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (EPER)[19] sarà certamente di aiuto. Oltre alle informazioni sugli scarichi, sulle emissioni e sulle perdite, la Commissione intende disporre di informazioni più esaurienti sulle sostanze prioritarie ed in particolare sulla qualità ambientale, sulle tendenze, sulle emissioni e sulle vie di diffusione nell’ambiente acquatico. A tal fine la Commissione, assieme all’AEA, al CCR e ad ESTAT, sta già lavorando ad un sistema d’informazione sulle acque per l’Europa (WISE - Water Information System for Europe ).[20]

CONCLUSIONI

La direttiva quadro sulle acque e l’attuale proposta di direttiva sugli standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque presentata dalla Commissione definiscono obiettivi chiari, ambiziosi e sostenibili per le sostanze prioritarie presenti nelle acque di superficie. Tali obiettivi puntano a garantire un livello elevato di tutela dell’ambiente acquatico e della salute umana per quanto riguarda l'esposizione alle concentrazioni di queste sostanze chimiche nelle acque. Essi infine aumentano la comparabilità delle condizioni per le industrie che operano nel mercato interno.

Per garantire il livello e la combinazione di misure più proporzionati ed efficaci sotto il profilo economico che permettano di realizzare gli obiettivi descritti, la Commissione ritiene che gli Stati membri debbano disporre della massima flessibilità in base al principio della sussidiarietà. Per questo motivo, nella direttiva non propone misure specifiche e supplementari, ma intende invece ricorrere all’ampio ventaglio di strumenti comunitari esistenti, rendendoli più efficaci, come illustrato nella presente comunicazione.

Applicata integralmente, la normativa UE già in vigore rappresenta una solida rete di politiche interattive in grado di affrontare questo problema complesso, dalle molteplici sfaccettature. Man mano che aumenteranno le nostre conoscenze in materia di pressioni, condizioni e impatti ambientali, sarà tuttavia inevitabile rilevare settori suscettibili di miglioramento o aspetti non contemplati nell’ambito di questa rete, che andranno pertanto affrontati.

[1] Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1) modificata dalla decisione n. 2455/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2001, relativa all'istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva 2000/60/CE (GU L 331 del 15.12.2001, pag. 1).

[2] Articolo 16 della direttiva quadro: nel primo elenco di sostanze prioritarie, adottato con decisione n. 2455/2001/CE (cfr. nota 1), figurano 33 sostanze prioritarie singole o gruppi di sostanze. Per ulteriori informazioni sui metodi e sui risultati dell’esercizio di definizione delle priorità, consultare il seguente indirizzo: http://europa.eu.int/comm/environment/water/water-dangersub/pri_substances.htm

[3] COM(2006) 397 def.

[4] Definite come le singole sostanze che rientrano nei gruppi e nelle famiglie figuranti ai punti da 1 a 9 dell’allegato VIII della direttiva quadro sulle acque.

[5] Direttiva 91/271/CEE del Consiglio (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40).

[6] Direttiva 91/676/CEE del Consiglio (GU L 375 del 31.12.1991, pag. 1).

[7] GU L 129 del 18.5.1976, pag. 23.

[8] Direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE e 86/280/CEE (modificata dalla direttiva 88/347/CEE e dalla direttiva 90/415/CEE).

[9] COM (90) 9 def. dell’8.2.1990 (ISBN 92-77-57387-2).

[10] Direttiva 96/61/CE (GU L 257 del 10.10.1996, pag. 26).

[11] COM(98) 76 def. (GU C 108 del 7.4.1998, pag. 94) che modifica il COM(97) 614 def. (GU C 16 del 20.1.1998, pag. 14) e il COM(97)49 def. (GU C 184 del 17.6.1997, pag. 20).

[12] europa.eu.int/comm/environment/water/water-framework/library.htm

[13] L’ostacolo principale era l’impostazione concettuale basata su due alternative: la definizione di valori limite di emissione o di un obiettivo ambientale. La direttiva quadro sulle acque ha introdotto il cosiddetto “approccio combinato” che sfrutta i punti di forza di entrambe le impostazioni. Mancavano inoltre delle scadenze chiare per l’attuazione e una soglia minima che definiva un livello di inquinamento trascurabile. Non era inoltre chiara la ripartizione delle competenze tra Commissione europea e Stati membri. Alcuni di questi aspetti avrebbero potuto essere risolti con una guida all'attuazione, che però all'epoca non è stata preparata.

[14] Cfr. note 1 e 2.

[15] SEC(2006) 947.

[16] Citiamo, ad esempio, le decisioni relative alla non iscrizione di alcuni pesticidi nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE (decisione 2004/247/CE relativa alla simazina o 2000/248/CE relativa all’atrazina) o la proposta di direttiva relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (COM(2003) 319 def.) o le proposte sulle restrizioni all'immissione in commercio e all'utilizzo a norma della direttiva 76/769/CEE (ad esempio per il pentaclorodifeniletere o per i triclorobenzeni) o ancora la strategia sul mercurio (COM(2005) 20 def.) e il regolamento (CE) n. 850/2004 sugli inquinanti organici persistenti.

[17] Proposta REACH (COM (2003) 644 def.).

[18] Si veda, ad esempio, la decisione 2002/884/CE della Commissione del 31 ottobre 2002 (GU L 308 del 9.11.2002, pag. 30).

[19] Regolamento (CE) n. 166/2006, GU L 33 del 4.2.2006, pag. 1.

[20] Consultare il documento su WISE al seguente indirizzo: http://europa.eu.int/comm/environment/water/water-framework/transposition.html

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