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Document 52003DC0323

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio in vista del Consiglio europeo di Salonicco sullo sviluppo di una politica comune in materia di immigrazione illegale, di introduzione clandestina e tratta di esseri umani, di frontiere esterne e di rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente

/* COM/2003/0323 def. */

52003DC0323

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio in vista del Consiglio europeo di Salonicco sullo sviluppo di una politica comune in materia di immigrazione illegale, di introduzione clandestina e tratta di esseri umani, di frontiere esterne e di rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente /* COM/2003/0323 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI SALONICCO SULLO SVILUPPO DI UNA POLITICA COMUNE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE ILLEGALE, DI INTRODUZIONE CLANDESTINA E TRATTA DI ESSERI UMANI, DI FRONTIERE ESTERNE E DI RIMPATRIO DELLE PERSONE SOGGIORNANTI ILLEGALMENTE

Indice

1. Introduzione

2. Sviluppi politici

2.1. Visti

2.2. Controlli alle frontiere: verso lo sviluppo di una politica comune e integrata di gestione delle frontiere esterne

2.3. Rimpatrio

2.4. Principali misure di accompagnamento

2.5. Cooperazione operativa e scambi di informazione

3. Partnership con i paesi terzi

4. Risorse finanziarie adeguate e meccanismo di ripartizione degli oneri

5. Conclusioni

1. INTRODUZIONE

Già nel 1994 la Commissione sottolineava che il controllo dell'immigrazione è, non meno dell'azione sulla pressione migratoria, attraverso soprattutto la cooperazione con i paesi di origine, e dell'approfondimento delle politiche di integrazione degli immigrati legali, una delle tre componenti essenziali di una strategia globale per una politica di immigrazione efficace. Il Consiglio europeo di Tampere ha confermato questo approccio e lo ha completato, formulando l'obiettivo distinto ma complementare di istituire un regime comune in materia di asilo.

A Laeken come a Siviglia, il Consiglio europeo ha ricordato tutta l'importanza che annette alla lotta contro l'immigrazione illegale. A Siviglia, in particolare, ha dato una serie di impulsi precisi, alcuni dei quali decisamente operativi, perché sia data al più presto attuazione concreta a questa priorità. Certo, il 2002 è stato un anno particolarmente fecondo per quel che riguarda la programmazione politica. In effetti il Consiglio, richiamandosi ogni volta alle comunicazioni della Commissione, ha adottato tre piani d'azione successivi, costituenti un insieme completo e coerente di misure.

Il Consiglio europeo di Salonicco è l'occasione per fare un primo bilancio di questi lavori. O piuttosto un bilancio assai preliminare: sarebbe presuntuoso infatti voler trarre conclusioni definitive sull'efficacia della politica comune dopo così poco tempo. È tuttavia auspicabile che i capi di Stato e di governo ritornino sui progressi compiuti in questi ultimi mesi per procedere a una valutazione politica e formulare orientamenti sulle priorità da portare avanti, prima che si completi il programma globale definito a Tampere.

La Commissione intende contribuire con la presente comunicazione, che non è affatto un inventario esauriente dei lavori svolti; quello si trova nella "tabella di marcia" stabilita dalla presidenza danese e aggiornata di recente dalla presidenza greca. Per quanto riguarda poi, più direttamente, la cooperazione operativa in materia di gestione delle frontiere esterne, la Commissione fa riferimento alla relazione specifica approntata dalla presidenza e alla quale ha potuto collaborare.

Rifacendosi risolutamente al quadro che è andata via via delineando con le sue tre comunicazioni sulla lotta contro l'immigrazione illegale, sulla gestione integrata delle frontiere esterne e sul rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente, la Commissione desidera mettere in luce la coerenza di questa politica in fieri e gettare le fondamenta per un processo di follow-up che concretizzerà redigendo annualmente una relazione come la presente.

In questo contesto si tratterà più particolarmente di un numero limitato di iniziative o problematiche che la Commissione considera essenziali all'efficacia dell'azione comune, quali l'intensificazione delle cooperazioni operative, attraverso soprattutto l'introduzione di grandi sistemi di trattamento dei dati, la mobilizzazione dei mezzi finanziari per uno sforzo solidale, o ancora l'adozione e applicazione di strumenti legislativi. La Commissione tiene inoltre a evidenziare l'importanza di altre misure, nel settore giudiziario e penale, in quello degli affari sociali o in materia di relazioni esterne.

Riuniti a Salonicco, i capi di Stato e di governo dovranno esprimersi su due altri dossier attinenti ad aspetti importanti dell'approccio integrato voluto a Tampere, vale a dire la dimensione internazionale del regime d'asilo e l'integrazione degli immigrati. Conformemente alla richiesta del Consiglio europeo, sono state preparate comunicazioni specifiche anche a tal fine. La Commissione si compiace per l'ampiezza del programma, augura che si confermi la visione equilibrata che ha guidato l'Unione sin qui e dovrebbe ispirarla ancora nel nuovo trattato costituzionale, e rinnova l'auspicio che siano prontamente adottate le proposte ancora all'esame del Consiglio.

2. SVILUPPI POLITICI

2.1. Visti

La politica comunitaria in materia di visti, che rientra fra le misure di accompagnamento all'abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere interne, può apportare un contributo significativo alla prevenzione dell'immigrazione clandestina. L'immigrazione clandestina è uno dei criteri di base, insieme all'ordine pubblico e alla sicurezza, alle relazioni esterne dell'UE, alla coerenza regionale e alla reciprocità, per determinare i paesi terzi i cui cittadini siano soggetti all'obbligo del visto a norma del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio.

Il riesame dell'elenco di paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto costituisce una delle priorità indicate dal Consiglio europeo di Siviglia. Nel marzo 2003 il Consiglio ha approvato e adottato la proposta della Commissione di modificare l'elenco dei paesi terzi per trasferire l'Ecuador nell'elenco negativo. La modificazione del regolamento (CE) n. 539/2001 dimostra il contributo della politica comune in materia di visti alla lotta contro l'immigrazione clandestina. Un'attuazione concreta, corretta e tempestiva da parte di tutti gli Stati membri concorrerà al raggiungimento di questo obiettivo.

I Consigli europei di Laeken e di Siviglia, nonché il piano globale per combattere l'immigrazione illegale e la tratta di esseri umani (in appresso "piano d'azione Santiago") hanno elevato a rango di priorità l'istituzione di una sistema comune di informazione sui visti (VIS). Nel giugno 2002 il Consiglio ha adottato gli orientamenti per l'introduzione di questo sistema e ha invitato la Commissione a svolgere uno studio di fattibilità sulla base del testo adottato. Stando agli orientamenti del Consiglio, il sistema di informazione sui visti mira in particolare a sostenere la lotta antifrode, contribuire alla prevenzione del fenomeno di "visa shopping" (richiesta dei visti per motivi di convenienza), migliorare la consultazione sui visti, agevolare l'identificazione nell'ambito dell'applicazione del regolamento Dublino II e delle procedure di rimpatrio, contribuire all'attuazione della politica comune in materia di visti e concorrere alla sicurezza interna e alla lotta al terrorismo. Il sistema dovrebbe constare di un sistema centrale di informazione sui visti (C-VIS) e di un sistema nazionale di informazione sui visti (N-VIS) in ciascuno Stato membro. Lo studio di fattibilità è attualmente disponibile e fornisce un'analisi degli aspetti tecnici e finanziari del VIS.

Va evidenziata l'importanza della biometrica per l'efficienza generale del sistema. Lo studio ha esaminato tre opzioni utilizzabili in un sistema d'identificazione biometrica: la scansione dell'iride, il riconoscimento facciale e le impronte digitali, e ha raccomandato in particolare queste ultime quale dato biometrico primario ai fini dell'identificazione. La tecnologia delle impronte digitali fornisce la precisione necessaria per l'identificazione delle persone e nei prossimi decenni si continueranno ad utilizzare le basi dati di impronte digitali nonostante l'evoluzione della tecnologia biometrica. Un secondo dato biometrico, come il riconoscimento facciale, potrebbe contribuire ad aumentare la precisione del sistema. In ogni modo, un così ampio ricorso alla biometrica produrrà un impatto significativo sul sistema, in termini tanto tecnici che finanziari.

Secondo lo studio di fattibilità, i costi d'investimento per il VIS centrale e tutti i sistemi nazionali, comprensivi delle relative infrastrutture di comunicazione, si situano fra i 130 e i 200 milioni di euro circa, a seconda della struttura di base e delle funzioni scelte. Questi costi, una proporzione notevole dei quali è rappresentata dallo sviluppo e dal funzionamento della componente "biometrica", potrebbero scaglionarsi su un periodo di 10-12 anni, in funzione dell'attuazione e della rapidità con cui i consolati si connetteranno al VIS. Il sistema non è tuttavia a carico esclusivo del bilancio comunitario. L'onore finanziario maggiore riguarda le componenti nazionali del VIS, in particolare le attrezzature nei consolati degli Stati membri, le connessioni internazionali, la spedizione e la formazione.

Considerato il notevole impatto finanziario del progetto, lo studio si focalizza sulle sinergie e raccomanda l'integrazione tecnica del SIS II (sistema di informazione Schengen di seconda generazione) e del VIS nella sua componente centrale, opzione che comporterebbe forti risparmi per il bilancio. Ciò nondimeno, il calendario politico del SIS II differisce sostanzialmente da quello del VIS: se esiste già, in effetti, una decisione che stabilisce il finanziamento e la competenza della Comunità per lo sviluppo del nuovo SIS, con una serie convenuta di funzioni di base per iniziarne l'attuazione, il sistema di informazione sui visti comincia da zero. La Commissione ha attribuito priorità assoluta a entrambi i progetti, con particolare riguardo al SIS su cui poggiano aspetti cruciali della cooperazione Schengen e la cui nuova versione dovrà essere operativa nel 2006, anno in cui i paesi dell'adesione dovranno essere in grado di applicare integralmente l'acquis di Schengen.

Lo sviluppo futuro del VIS dipenderà dagli orientamenti strategici che stabilirà il Consiglio, con riguardo in particolare ai seguenti aspetti:

- lo sviluppo del VIS e, in tal caso, la scelta dell'opzione e della soluzione tecnica per la struttura del sistema;

- la conferma dell'approccio generale cui si improntano gli orientamenti del Consiglio e sulla cui base poggia lo studio di fattibilità;

- la scelta dei dati o del dato biometrico da inserire e trattare nel sistema.

Sulla scorta di tali orientamenti politici, la Commissione prenderà le misure necessarie per l'attuazione tecnica, giuridica e finanziaria del sistema.

In un contesto più ampio, la verifica e l'identificazione dei viaggiatori e la vulnerabilità degli attuali documenti di viaggio sono all'ordine del giorno dell'UE e di altri fori internazionali quali l'ICAO (organizzazione internazionale dell'aviazione civile), il G8, la CIG e le relazioni transatlantiche UE/USA. La Commissione ha presentato due proposte, rispettivamente relative a un modello uniforme per i visti e a un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi, dirette a rendere più sicuri tali documenti e a stabilire un nesso certo fra il documento rilasciato e il suo titolare. Il Consiglio ha adottato entrambe le proposte nel primo semestre del 2002 e il comitato a norma del regolamento n. 1683/95 che istituisce un modello uniforme per i visti ha aiutato la Commissione a mettere a punto ulteriori prescrizioni tecniche per il modello uniforme per i visti. Con riguardo a questi due nuovi strumenti, la Commissione ha adottato le ulteriori prescrizioni tecniche nel giugno e agosto 2002.

In sede di Consiglio si è discusso della possibilità di aggiungere elementi biometrici per rendere ancora più sicuri i visti e i permessi di soggiorno e più semplici le operazioni di verifica e identificazione; ciò implica la modificazione degli strumenti citati, cosa cui provvederà prossimamente la Commissione con una proposta. Sarebbe nel contempo opportuno anticipare la data di attuazione (metà 2007) contemplata nei due strumenti per l'inclusione obbligatoria di una fotografia nei visti e nel permesso di soggiorno. Alla luce dello studio di fattibilità del VIS e delle raccomandazioni dell'ICAO, la Commissione proporrà soluzioni armonizzate e interoperative sull'utilizzo della biometria, in modo da ottenere il massimo valore aggiunto. La biometria ha tuttavia ripercussioni anche sui passaporti, vista la nuova regolamentazione USA che impone ulteriori standard di sicurezza per i passaporti dei cittadini che beneficiano del programma USA di esenzione dall'obbligo del visto. La Commissione intende presentare proposte per l'introduzione di standard di sicurezza armonizzati, fra cui i dati biometrici, nei passaporti UE, che non solo li renderebbe più accettabili agli occhi dei paesi terzi, ma faciliterebbe anche i controlli delle autorità limitando le possibilità di falsificazione. La Commissione sottolinea quindi l'urgenza che siano fissate norme internazionali definitive in questo settore, in modo da agevolare le decisioni delle parti interessate sui progetti in corso relativi ai dati biometrici, in considerazione anche dei forti investimenti che possono comportare.

L'istituzione di strutture amministrative comuni per la creazione di servizi comuni dell'UE preposti al rilascio dei visti è un altro dei punti di cui tratta il piano d'azione Santiago nel capitolo dedicato ai visti. Come dimostra l'esperienza fallimentare di Pristina, non ci sono stati progressi su questo fronte, eppure tale elemento è vitale per rafforzare la cooperazione consolare e armonizzare l'esame delle domande di visto. L'esistenza di servizi comuni per il rilascio dei visti potrebbe offrire grandi vantaggi in termini di sinergia per quanto riguarda l'apparecchiatura tecnica e il personale, specie se il Consiglio decide di istituire e spiegare su scala globale il sistema di informazione sui visti.

2.2. Controlli alle frontiere: verso lo sviluppo di una politica comune e integrata di gestione delle frontiere esterne

Sviluppare una politica comune e integrata di gestione delle frontiere esterne, contribuendo anche alla lotta contro l'immigrazione clandestina, era l'ambizione generale della comunicazione della Commissione del maggio 2002 sulla gestione integrata delle frontiere esterne. Il piano del Consiglio per la gestione delle frontiere esterne del giugno 2002 ha approvato l'approccio della Commissione e i suoi obiettivi ambiziosi, fissando un programma d'azioni, iniziative e studi a carico sia degli Stati membri che della Commissione. Il Consiglio europeo di Siviglia ha dato risalto al piano e ha affidato alla Commissione altri compiti fra cui quello di effettuare uno studio sulla ripartizione degli oneri.

I progetti pilota e le operazioni comuni degli Stati membri sono attuati attraverso centri di coordinamento per l'esecuzione puntuale di operazioni comuni ai vari tipi di frontiera, ovvero definendo norme europee per la valutazione dei rischi e la formazione delle guardie di frontiera e stabilendo norme comuni applicabili sia all'analisi dei rischi che a programmi comuni di formazione. La Commissione ha partecipato attivamente a questi progetti operativi e strategici, i cui contenuti e obiettivi potrebbero avere un impatto molto significativo sull'obiettivo comune di garantire un livello equivalente di sorveglianza e controllo delle frontiere esterne dell'Unione [1].

[1] I progetti monitorati sono stati il Centro di Berlino per le operazioni comuni alle frontiere nazionali, il progetto finlandese sul modello comune integrato di analisi dei rischi (CIRAM - Common Integrated Risk Analysis Model) e il progetto austriaco per un programma di formazione comune delle guardie di frontiera.

La valutazione di tali operazioni e progetti, cui hanno partecipato molti degli attuali e alcuni dei futuri Stati membri, è basata su un'analisi bipartita che si avvale, in primo luogo, dei risultati immediati in termini di pratiche ed esperienze comuni tratte dalla cooperazione, in secondo luogo dei benefici a lungo termine per la definizione di standard di sicurezza migliorati, più effettivi, applicati alle funzioni di sorveglianza e controllo delle frontiere esterne. In tal senso il giudizio finale è positivo nel complesso, poiché tanto gli Stati membri quanto i paesi dell'adesione hanno ampiamente e attivamente partecipato ai progetti, contribuendo con le loro diverse metodologie ed esperienze e accettando quelle degli altri Stati membri. L'obiettivo di migliorare la conoscenza e la fiducia reciproca in un settore altamente sensibile è stato quindi raggiunto. Il complemento logico di questo successo è stata la messa a punto graduale di pratiche comuni nella gestione delle attività di sorveglianza e controllo delle frontiere esterne. Da ultimo, i due progetti orizzontali relativi a un modello comune di analisi dei rischi e a un programma di formazione comune hanno suscitato in particolare la consapevolezza comune che è necessario garantire un livello equivalente di sicurezza delle frontiere esterne, colmando le carenze e potenziando i punti di forza.

Comunque, nel valutare il coordinamento e la cooperazione operativa fra Stati membri la Commissione deve tener conto della dichiarazione di cui all'allegato III del piano del Consiglio per la gestione delle frontiere esterne. Secondo questa dichiarazione tutte le iniziative operative vanno inserite nel quadro istituzionale dell'UE, tenendo debito conto del ruolo di coordinamento dell'"organo comune di esperti delle frontiere esterne". Queste iniziative devono inoltre conformarsi all'obiettivo generale della Comunità di garantire un livello equivalente di sorveglianza e controllo delle frontiere esterne. Tale organo comune, le cui vaste funzioni investono la gestione globale della politica comune europea in materia di frontiere esterne, è preposto a verificare il contenuto, approvare e controllare l'esecuzione delle operazioni comuni e dei progetti pilota secondo il piano del Consiglio.

L'organo comune di esperti delle frontiere esterne si riunisce presso il Consiglio, sotto l'egida del comitato strategico del Consiglio per l'immigrazione, le frontiere e l'asilo (SCIFA - Strategic Committee of the Council for Immigration, Frontiers and Asylum) nella cosiddetta formazione SCIFA+. Tale status istituzionale pone problemi di efficienza quando lo SCIFA+ esplica alcune delle importanti funzioni conferite all'organo comune. I suoi compiti strategici e operativi sono al centro della politica comune di gestione delle frontiere esterne. Essi implicano l'esecuzione della valutazione comune e integrata dei rischi, il coordinamento delle azioni nel quadro delle operazioni comuni, una gestione strategica che garantisca il convergere delle politiche nazionali sul personale e le attrezzature e lo svolgimento di ispezioni sulla valutazione dei rischi in casi critici alle frontiere esterne. La gestione operativa quotidiana di queste attività, che esigono un'azione permanente e sistematica, andrebbe piuttosto affidata a un organo molto più operativo. Senza nulla togliere al lavoro svolto dallo SCIFA+ nell'approvare tali operazioni e progetti, i suoi limiti in quanto gruppo di lavoro del Consiglio sono evidenti quando l'obiettivo è coordinare e gestire le operazioni comuni e i progetti pilota, donde la necessità di trovare soluzioni istituzionali alternative.

Da un punto di vista istituzionale, è opportuno trarre alcuni importanti insegnamenti. La rete decentrata di centri nazionali conferisce un ruolo cruciale ai servizi nazionali competenti. Questa soluzione è logica e efficace, avendo tali servizi le qualifiche professionali specifiche allo svolgimento delle operazioni richieste. D'altro canto, si è imposta chiaramente la necessità di un coordinamento coerente, effettivo e veramente operativo di tutti i centri. Le modalità di coordinamento attuali accusano limiti strutturali che impediscono di svolgere le azioni con efficacia. Occorre prevedere nuovi meccanismi istituzionali che facilitino le azioni degli Stati membri pur garantendo un coordinamento effettivo, continuo e totale. Questo contesto va messo a punto allo scopo ultimo di istituire progressivamente una politica europea comune e integrata di gestione delle frontiere esterne e creare un Corpo europeo delle guardie di frontiera. Di conseguenza, il concetto di organo comune proposto dalla Commissione nella sua comunicazione del 2002 e approvato dal Consiglio europeo va rivisto: lo SCIFA+ potrebbe conservare alcuni compiti di coordinamento più strategico, mentre le funzioni più operative andrebbero affidate a una nuova struttura comunitaria permanente, capace di garantire una gestione e un coordinamento quotidiani, e di reagire prontamente alle situazioni di crisi. Restano da definire lo status e la base giuridica di una siffatta struttura comunitaria, data l'attuale formulazione dell'articolo 62 del TCE.

Per quanto riguarda la rielaborazione del Manuale comune delle frontiere esterne, sembra necessario, prima di presentare proposte concrete, procedere a un'attenta analisi dell'acquis sulle frontiere esterne e delle lacune esistenti, nonché di tutte le difficoltà procedurali connesse con l'eventuale rielaborazione. La Commissione presenterà pertanto al Consiglio un documento di lavoro in cui analizzerà la situazione attuale e proporrà diverse opzioni circa le modalità per procedere.

A seguito della discussione con gli Stati membri presenti e futuri sul documento di lavoro della Commissione "Sviluppo dell'acquis sul traffico locale di frontiera" pubblicato nel settembre 2002, a tempo debito la Commissione presenterà proposte legislative.

Di fronte all'aggravarsi del fenomeno dell'immigrazione illegale via mare, è emersa la consapevolezza politica della necessità di un controllo e una sorveglianza efficaci alle frontiere marittime esterne dell'Unione europea. Lo studio di fattibilità della Commissione sul miglioramento del controllo delle frontiere marittime si propone di dare risposta a tali preoccupazioni. Lo studio ha due chiari obiettivi: individuare le lacune e carenze delle frontiere esterne e fornire un elenco delle misure legislative e operative necessarie per ottenere un livello equivalente di protezione effettiva. Una volta ultimato, auspicabilmente per il giugno 2003, la Commissione sottoporrà lo studio agli Stati membri e organizzerà una riunione di esperti per preparare un follow-up adeguato.

2.3. Rimpatrio

L'importanza di una politica di rimpatrio efficace ha avuto ripercussioni sull'evoluzione della politica di lotta contro l'immigrazione clandestina per tutto il 2002. Partendo dal vasto processo di consultazione fra tutte le parti interessate varato dal libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio, cui ha fatto seguito una comunicazione nell'ottobre 2002, il Consiglio ha adottato, nel novembre 2002, un programma d'azione in materia di rimpatrio conformemente al mandato del Consiglio europeo di Siviglia.

La mancanza di una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente mina infatti la credibilità e l'integrità delle politiche in materia di immigrazione legale e asilo. Inoltre, tutti gli sforzi diretti a combattere l'immigrazione illegale diventano discutibili se quanti riescono ad aggirare tali misure finiscono poi per restare clandestinamente. L'effetto dimostrativo di una politica di rimpatrio fallimentare non può essere sottovalutato.

Il programma d'azione in materia di rimpatrio ha messo l'accento sull'esigenza di un rafforzamento immediato della cooperazione operativa fra le autorità degli Stati membri incaricate dell'esecuzione del rimpatrio, ma ha anche sollecitato l'introduzione di norme minime comuni e programmi specifici per paese, nonché l'intensificazione della cooperazione con i paesi terzi. Una volta definita la politica comunitaria di rimpatrio, è essenziale che tutte le misure stabilite dal programma d'azione siano via via attuate. Solo in questo modo si riuscirà a far capire che l'immigrazione deve iscriversi entro i limiti chiari di un procedimento legale e che l'ingresso e il soggiorno irregolari non portano alla stabilità desiderata.

Una proposta concreta per rafforzare la cooperazione operativa fra gli Stati membri è l'iniziativa tedesca concernente l'assistenza durante il transito nel quadro dell'attuazione dei provvedimenti di espulsione per via aerea, i cui risultati sono eccellenti. Questo strumento presenta non solo il vantaggio di agevolare il rimpatrio verso il paese d'origine quando non esistono voli diretti, ma contribuisce anche a migliorare la cooperazione fra i servizi incaricati dell'esecuzione del rimpatrio. Tale cooperazione andrebbe estesa a talune operazioni comuni di rimpatrio, organizzando per esempio voli charter comuni. Pertanto la Commissione sta preparando, in stretta collaborazione con gli Stati membri, un progetto di orientamenti sulle norme di sicurezza applicabili ai provvedimenti di espulsione per via aerea, la cui importanza è cruciale se si vuole garantire il ritorno sicuro e senza problemi degli interessati.

Perlopiù comunque, l'ostacolo principale al rimpatrio non è tanto l'operazione di per sé, quanto il procedimento volto a ottenere adeguati documenti di viaggio per le persone soggiornanti illegalmente prive di documenti. La situazione dovrebbe migliorare con uno scambio più intenso delle informazioni e la raccolta delle pratiche migliori in un manuale comune, ma per un miglioramento sostanziale è indispensabile disporre di nuove tecniche di identificazione delle persone prive di documenti. Il VIS potrebbe concorrere all'identificazione di tale categoria di persone sia ricorrendo ai dati biometrici, sia reperendo (retrieval) i documenti di viaggio scannerizzati, a condizione però che gli interessati abbiano inoltrato almeno una volta una domanda di visto e che quindi i loro dati personali siano stati immessi nel sistema da un ufficio consolare.

L'esame dell'iniziativa tedesca concernente l'assistenza durante il transito nel quadro dell'attuazione dei provvedimenti di espulsione per via aerea ha già mostrato che non è solo necessaria l'assistenza dello Stato membro di transito, ma anche una chiara base giuridica per proseguire le operazioni di allontanamento iniziate da un altro Stato membro, specie quando è inevitabile il ricorso alla forza coercitiva. Occorre pertanto stabilire un regime vincolante di riconoscimento reciproco e norme comuni per facilitare il lavoro dei servizi interessati e per consentire una cooperazione rafforzata fra gli Stati membri. Tale regime dovrà anche garantire un trattamento adeguato e equivalente per le persone soggiornanti illegalmente che sono oggetto di misure dirette a porre fine al soggiorno, indipendentemente dallo Stato membro che le esegue.

La Commissione intende pertanto preparare una proposta di direttiva del Consiglio relativa a norme minime sulle procedure di rimpatrio e al riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio. La proposta si baserà sulla direttiva esistente relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento che ha il difetto in particolare di non aver istituito un quadro vincolante per il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio. Inoltre, una maggioranza di Stati membri non ha ancora comunicato alla Commissione le misure nazionali di attuazione della direttiva, laddove il termine prescritto a tal fine era il 2 dicembre 2002. Nel frattempo, è ancora all'esame la proposta della Commissione relativa alla compensazione degli squilibri finanziari risultanti dal riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento in applicazione della direttiva precedente. Un sistema bilaterale di compensazione finanziaria non potrà però dare risultati soddisfacenti sul lungo periodo se mancano informazioni sufficienti circa le decisioni di allontanamento prese dagli altri Stati membri. Bisognerà pertanto tenere presente questo aspetto quando si discuterà dell'armonizzazione dei criteri per inserire i cittadini di paesi terzi nell'elenco del SIS (Sistema d'informazione Schengen) relativo agli ingressi negati.

Sarebbe necessario istituire programmi integrati di rimpatrio specifici per paese, che garantiscano un rimpatrio effettivo, tempestivo e soprattutto sostenibile. Questi programmi dovrebbero fornire un'assistenza ragionevole alle persone oggetto di misure di rimpatrio e anche al paese d'origine, in modo da permettere lo sviluppo di capacità adeguate. Conformemente al mandato del Consiglio europeo di Siviglia, il 28 ottobre 2002 il Consiglio ha adottato, contestualmente al più generale programma d'azione in materia di rimpatrio, il primo programma pilota specifico per l'Afghanistan. È beninteso troppo presto per trarre insegnamenti da questa esperienza, che richiederà un'autentica valutazione in particolare della sostenibilità del rimpatrio e della sicurezza dei rimpatriati, ma si può sin d'ora affermare che occorrerà in futuro prediligere un approccio più integrato. Se in effetti il valore aggiunto a livello comunitario può risiedere soprattutto nel sostegno all'arrivo e all'integrazione degli interessati nel paese di origine, è indispensabile garantire un migliore coordinamento ad altri stadi del procedimento di rimpatrio perché queste iniziative risultino ancora più efficaci. Andrebbe inoltre considerata la possibilità di generalizzare il modello degli accordi tripartiti, tagliati sulle esigenze dei paesi di destinazione, coinvolgendo le autorità e gli operatori di questi paesi a uno stadio molto più precoce.

2.4. Principali misure di accompagnamento

Negli ultimi anni la lotta all'introduzione clandestina e alla tratta di esseri umani è stata oggetto di continue discussioni relative all'immigrazione illegale. Se è riconosciuto il nesso sostanziale fra questi fenomeni (i due reati, sebbene giuridicamente distinti, spesso si sovrappongono nella pratica), resta invece da chiarirne la relazione poiché entrambe le attività criminose devono essere oggetto di una politica coerente dell'UE.

Nel luglio 2002 il Consiglio ha adottato una decisione quadro sulla lotta alla tratta degli esseri umani. Inoltre, la gravità di questo reato è sottolineata dal fatto che rientra nel campo di applicazione del mandato d'arresto europeo così come adottato dal Consiglio. La tratta si manifesta come fenomeno transfrontaliero che colpisce gli Stati membri e i paesi terzi in quanto paesi d'origine, transito e di destinazione. Alcune delle vittime entrano clandestinamente nel territorio degli Stati membri mentre altre arrivano legalmente ma finiscono per lo più per entrare nella clandestinità dopo qualche tempo.

Nel novembre 2002 il Consiglio ha adottato una direttiva che definisce il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali e una decisione quadro intesa a rafforzare il quadro penale per la repressione di queste attività. L'elemento decisivo è l'ingresso illegale, il transito o il soggiorno in uno Stato membro. La lotta contro l'introduzione clandestina di esseri umani è complementare a una strategia diretta a combattere l'immigrazione illegale, poiché spesso è praticamente impossibile entrare clandestinamente in uno Stato membro senza servirsi di un trafficante.

L'introduzione clandestina e la tratta di esseri umani sono controllate essenzialmente da reti di criminali il cui smantellamento ha per condizione necessaria l'informazione. Per questo è fondamentale incoraggiare le vittime di tali reti a cooperare con le autorità preposte all'applicazione della legge nella lotta contro i trafficanti di esseri umani. L'11 febbraio 2002 la Commissione ha pertanto adottato una proposta di direttiva riguardante il titolo di soggiorno di breve durata da rilasciare alle vittime del favoreggiamento dell'immigrazione illegale e della tratta di esseri umani le quali cooperino con le autorità competenti. Il testo deve essere ancora discusso in sede di Consiglio.

La dichiarazione di Bruxelles, che rappresenta il risultato finale della "Conferenza europea sulla prevenzione e sulla repressione della tratta degli esseri umani - Una sfida mondiale per il XXI secolo" del settembre 2002, è un'altra pietra miliare nello sviluppo della politica dell'UE in questo settore. La dichiarazione intende sviluppare ulteriormente la cooperazione europea e internazionale e prevedere misure concrete, standard, pratiche migliori e meccanismi di prevenzione e contrasto alla tratta di esseri umani. Il lavoro della Commissione nel futuro prossimo sarà improntato alla dichiarazione da cui trarranno spunto anche altre iniziative europee, possibilmente strutturate da un piano d'azione basato sul parere di un gruppo di esperti ad hoc.

Il fenomeno del lavoro nero, pur difficile da quantificare, sembra in aumento in molti Stati membri. Esso funge tendenzialmente da forza d'attrazione per l'immigrazione clandestina, favorendo lo sfruttamento e condizioni di lavoro poco sicure e compromettendo il finanziamento e l'erogazione della protezione sociale e dei servizi pubblici. Dal 2000 gli orientamenti per l'occupazione contemplano l'impegno a lottare contro il lavoro nero, tanto che le conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma hanno visto nell'esigenza di ridurre l'economia informale una delle misure necessarie per sviluppare una strategia europea dell'occupazione. Gli orientamenti 2003 fisseranno quindi nuovi obiettivi. Affrontare il fenomeno del lavoro nero significa attuare una serie di politiche che coniugano azione preventiva e sanzioni. Come per l'introduzione clandestina e la tratta di esseri umani, anche in questo contesto è d'obbligo un'attenzione particolare alle questioni di genere. Le eventuali misure devono essere compatibili con la lotta ai flussi di immigrazione clandestina e con la garanzia che l'immigrazione economica possa avvalersi di procedimenti legali, chiari e trasparenti, per superare le carenze di manodopera, anch'essa in ascesa in molti Stati membri. La proposta della Commissione relativa all'ammissione di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro contribuirà ampiamente a semplificare e chiarire, a beneficio degli immigrati potenziali, le procedure per entrare legalmente nel territorio dell'Unione europea.

Con riguardo alla responsabilità dei vettori, la direttiva che integra le disposizioni della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, adottata di recente dal Consiglio, non ha prodotto un'armonizzazione sufficiente a livello UE. Essa si applica solo al trasporto passeggeri e non a quello merci, il trasporto ferroviario è solo parzialmente interessato e gli Stati membri godono di ampia discrezionalità di attuazione. A ciò si aggiunga che molti di loro tardano a recepire la direttiva nell'ordinamento nazionale. Nel novembre 2001 si è tenuta una tavola rotonda sulla responsabilità dei vettori che ha riunito rappresentanti degli Stati membri, del settore dei trasporti, delle istituzioni europee, delle organizzazioni umanitarie e di altre parti interessate, per riflettere sulle possibili soluzioni future a livello europeo. Sulla scia di questo evento si è svolta nel 2002, nell'ambito di un "processo di tavole rotonde", una serie di riunioni di esperti dedicate a aspetti specifici in cui le parti hanno potuto utilmente discutere e capirsi a vicenda. La conclusione principale di tale processo è che non sussiste un bisogno immediato di nuove misure di armonizzazione ma che è opportuno continuare le consultazioni periodiche sotto l'egida della Commissione.

2.5. Cooperazione operativa e scambi di informazione

L'importanza di raccogliere e scambiare informazioni, informative e analisi è stata più volte reiterata sia nella comunicazione della Commissione del novembre 2001 sia nel piano d'azione Santiago. Le parti coinvolte sono svariate e a livelli molto diversi.

Con riguardo alle statistiche, i dati a disposizione non permettono un monitoraggio e una valutazione soddisfacenti delle politiche di immigrazione sia legale che clandestina. Lo scarso impegno di alcuni Stati membri nel trasmettere i dati e il fatto che le definizioni e i metodi statistici siano solo parzialmente armonizzati e che i dati siano dunque raramente compatibili, ostacola l'analisi statistica e altri prodotti. Per rispondere anzi tutto alla necessità espressa dal Consiglio nelle conclusioni del maggio 2001 di un quadro globale e coerente per azioni future volte a migliorare le statistiche, la Commissione ha presentato un piano d'azione per la raccolta e l'analisi di statistiche comunitarie. Fra gli obiettivi principali vi è quello di discutere di una possibile legislazione futura che sostenga tutto il lavoro statistico del settore. La cooperazione e il coordinamento fra autorità preposte alla trasmissione dei dati, organizzazioni internazionali e altri importanti attori sono gli obiettivi che la Commissione si prefigge nel suo piano d'azione.

Il gruppo CIREFI ha proseguito l'opera di raccolta e scambio di informazioni sull'immigrazione clandestina, comprendendo se del caso l'analisi dei dati e redigendo le relative conclusioni. Nel gennaio 2003 i servizi della Commissione hanno proposto agli Stati membri di creare una piattaforma di scambio delle informazioni bastata su tecnologie web moderne e sicure, chiamata ICONet (rete di informazione e coordinamento). Grazie alla sua flessibilità, ICONet potrebbe essere la piattaforma ideale per la raccolta e la divulgazione di informazioni in diversi campi come la rete di funzionari di collegamento sull'immigrazione o il rimpatrio. Sulla scorta degli esiti dell'attuale fase pilota, la Commissione appronterà una base giuridica per ICONet che ne definirà meglio il contenuto, le fattispecie di applicazione e le procedure di modifica.

Sia la comunicazione del novembre 2001 sia i successivi piani d'azione del Consiglio alludevano alla creazione di una rete di funzionari di collegamento sull'immigrazione. Gli sforzi si sono concentrati su due seminari organizzati a Funchal (Portogallo) e ad Atene, rispettivamente durante la presidenza portoghese e greca, su una relazione preparata dalla presidenza danese e sul progetto pilota belga per la creazione di una rete di funzionari di collegamento nei Balcani occidentali. Attualmente, anche se tutti gli Stati membri concordano sull'importanza del ruolo dei funzionari di collegamento sull'immigrazione nella prevenzione e repressione dell'immigrazione clandestina nei paesi di origine o transito, e sulla necessità di potenziarne ulteriormente il ruolo, non vi è consenso sulla semplificazione dei compiti e delle definizioni di tali funzionari. La creazione di reti di funzionari di collegamento in talune regioni o paesi terzi getterebbe quanto meno le basi per una cooperazione e un coordinamento fra i funzionari del settore, ma anche con i servizi nazionali competenti per il loro distaccamento. L'esistenza di una base giuridica ufficializzerebbe tale cooperazione e coordinamento, definendo gli obiettivi delle reti ma anche chiarendo quali informazioni e servizi gli Stati membri possono aspettarsi di ricevere o chieder loro.

Altro importante attore potenziale è l'Europol, il cui obiettivo è migliorare la cooperazione fra Stati membri nella prevenzione e repressione di forme gravi di criminalità organizzata internazionale, quali l'introduzione clandestina e la tratta di esseri umani. Il crescente sostegno operativo dell'Europol è particolarmente visibile nelle analisi che svolge a beneficio delle investigazioni nazionali. L'Ufficio partecipa inoltre periodicamente a progetti pilota di controllo alle frontiere e a riunioni di esperti sulle nuove tendenze e il modus operandi dei flussi di immigrazione clandestina. L'Europol apporta sostegno strategico anche divulgando informative periodiche e valutando annualmente le minacce esistenti. A tutt'oggi ha firmato accordi operativi con sette paesi terzi e l'Interpol, contemplanti lo scambio di dati personali sulla criminalità organizzata e di funzionari di collegamento. In futuro, il ruolo dell'Europol comprenderà anche la partecipazione a squadre investigative comuni degli Stati membri aventi ad oggetto le reti criminali.

3. PARTNERSHIP CON I PAESI TERZI

Per essere efficaci gli obiettivi di una politica comune in materia di immigrazione illegale devono inserirsi nel contesto globale delle relazioni dell'Unione con i paesi terzi. Il Consiglio europeo di Siviglia ha affermato senza ambiguità che la lotta contro l'immigrazione illegale esige uno sforzo maggiore da parte dell'Unione europea e un approccio mirato al fenomeno, con la messa in campo di tutti gli strumenti adeguati nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea, laddove l'obiettivo costante a lungo termine resta un approccio integrato, globale e equilibrato, inteso a eliminare le cause profonde dell'immigrazione clandestina.

In un follow-up concreto delle conclusioni di Siviglia, nel novembre 2002 il Consiglio ha individuato nove paesi [2] con i quali andrebbe intensificata la cooperazione nella gestione dei flussi migratori in un primo tempo. Per la maggior parte i questi paesi, la Commissione ha già programmato aiuti alla creazione di un quadro legislativo adeguato, al potenziamento delle frontiere esterne e allo sviluppo delle capacità istituzionali e amministrative necessarie a gestire i flussi migratori. Erano inoltre già iniziati, nel contesto più generale del dialogo politico dell'UE con quei paesi terzi, scambi franche e aperti sulle problematiche attinenti all'immigrazione e ai modi per affrontarle. L'atteggiamento di questi paesi ad esplorare i mezzi per migliorare la gestione dei flussi migratori e lottare contro l'immigrazione clandestina è generalmente positivo, e sembra esservi la disponibilità ad intensificare la cooperazione con l'Unione nel settore. Durante gli incontri, i paesi terzi hanno tuttavia chiaramente affermato di doversi spesso misurare con un'immigrazione clandestina e di transito sempre più problematica. Hanno pertanto chiesto alla Commissione e agli Stati membri di fare in modo che le iniziative di cooperazione tengano conto anche di queste difficoltà.

[2] Albania, Cina, ex Repubblica di Serbia e Montenegro, Marocco, Russia, Tunisia, Ucraina, Libia e Turchia.

Oltre a questi nove, esistono numerosi altri paesi di origine e transito di cui l'UE e gli Stati membri devono tener conto nell'affrontare il fenomeno dell'immigrazione. In proposito, meritano particolare attenzione i nuovi vicini dell'Unione europea allargata, conformemente a quanto sottolineato dal Consiglio il 14 aprile 2003 nel dibattito sulla comunicazione della Commissione sull'Europa ampliata, che tratteggia un nuovo contesto per le relazioni dell'UE con i vicini orientali e meridionali.

L'Unione europea deve pertanto proseguire gli sforzi per una migliore integrazione delle problematiche connesse ai flussi migratori nelle sue relazioni esterne. Proprio in questa ottica la Commissione ha presentato, nel dicembre 2002, la comunicazione "Integrare le questioni connesse all'emigrazione nelle relazioni dell'Unione europea con i paesi terzi". Poggiando su tale documento, il Consiglio ha adottato nel maggio 2003 delle conclusioni su una serie di importanti aspetti che sono altresì rilevanti per questo settore d'intervento. Ha proposto di provvedere affinché il dialogo che si svolge nell'ambito degli accordi di associazione, di cooperazione o accordi equivalenti, presenti e futuri, affronti la totalità delle problematiche legate all'immigrazione, in particolare le cause profonde dell'immigrazione clandestina e la possibilità di porvi rimedio con un'azione globale, la politica comunitaria in materia di immigrazione legale, la gestione comune dei flussi migratori che comprenda la politica dei visti, il controllo alle frontiere, l'asilo, la riammissione e le misure di contrasto all'immigrazione clandestina, e l'integrazione degli immigrati regolari che lavorano e risiedono nell'Unione europea.

Nella sua comunicazione, la Commissione si è detta disposta a valutare, nel quadro della revisione intermedia dei documenti di strategia nazionale (DSN), l'opportunità di attribuire maggiore priorità ai programmi specifici in materia di migrazione, e quindi di immigrazione clandestina, da attuarsi in parallelo alle iniziative concrete già in atto nei paesi terzi nel quadro delle politiche esterne e di programmi comunitari, quali MEDA, CARDS, TACIS e PHARE. Fermi restando i risultati del riesame dei DSN, la Commissione ha altresì ritenuto di dover potenziare la linea di bilancio B7-667 dedicata alla cooperazione con i paesi terzi in materia di emigrazione, a complemento delle misure che potrebbero scaturire dalla revisione dei DSN, allo scopo di finanziare interventi mirati in materia di immigrazione che si aggiungano a quelli realizzati grazie alle linee più generiche riguardanti lo sviluppo. All'atto pratico, la Commissione ha quindi deciso di trasmettere al Consiglio una proposta di base giuridica diretta ad istituire un programma pluriennale di cooperazione con i paesi terzi nel settore dell'immigrazione, finalizzato a rispondere, in maniera specifica e complementare, ai bisogni dei paesi terzi d'origine e di transito nei loro sforzi miranti a garantire una migliore gestione dei flussi migratori, incoraggiandoli in particolare a preparare l'esecuzione degli accordi di riammissione già conclusi o da concludersi con la Comunità, o accompagnandoli in questa fase.

Il ritorno tempestivo dei clandestini nel paese d'origine è uno degli elementi portanti della lotta all'immigrazione illegale. L'esistenza di accordi comunitari di riammissione con i paesi terzi interessati contribuirà a facilitare il ritorno rendendolo accettabile sia allo Stato membro sia al paese d'accoglienza. A tutt'oggi il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare accordi comunitari di riammissione con 11 paesi/entità terzi (Marocco, Sri Lanka, Russia, Pakistan, Hong Kong, Macao, Ucraina, Albania, Algeria, Cina e Turchia) e la Commissione è effettivamente giunta a un accordo con lo Sri Lanka, Hong Kong e Macao. I negoziati con la maggior parte degli altri paesi, in particolare la Russia, l'Ucraina e il Marocco, sono a buon punto.

Il Consiglio europeo di Siviglia ha chiesto esplicitamente di accelerare la conclusione degli accordi di riammissione in fase di negoziazione. Dal canto suo, la Commissione sta facendo tutto il necessario per concludere negoziati soddisfacenti, ma per questo ha bisogno di un sostegno politico e diplomatico più vigoroso da parte degli Stati membri. L'esperienza insegna, però, che non si deve sottovalutare il tempo necessario per negoziare un accordo di riammissione, che risponde essenzialmente all'interesse della Comunità. Tali negoziati vanno a buon fine solo se sono parte di un più ampio programma di cooperazione, che tenga debito conto delle difficoltà dei paesi partner nel risolvere con efficacia i problemi connessi all'immigrazione.

Misure compensative nel settore della politica dell'immigrazione, per esempio una politica dei visti più generosa con i paesi che collaborano o un aumento delle quote di lavoratori immigrati, una più intensa cooperazione economica, l'espansione del commercio, nuovi aiuti allo sviluppo, condizioni migliori di accesso al mercato o preferenze tariffarie compatibili con l'OMC, sono queste le richieste più frequenti in quei settori in cui l'UE e gli Stati membri potrebbero dimostrare maggiore generosità per portare avanti i negoziati.

Per questo motivo la Commissione ritiene che l'effetto "leva", ovvero gli incentivi concessi per ottenere la cooperazione dei paesi terzi nella negoziazione e conclusione degli accordi di riammissione, vada dosato a seconda del paese, nel contesto più ampio del dialogo politico, di cooperazione e programmazione con il paese terzo interessato, in considerazione soprattutto della sua rilevanza in termini di flussi migratori verso l'UE e dello stato delle sue relazioni e della cooperazione con la Comunità e gli Stati membri. Spetterà allora alla Comunità e agli Stati membri decidere se concedere ulteriori incentivi per ottenere il risultato voluto. Questo problema non dovrebbe comunque riguardare, in linea di principio, gli eventuali negoziati futuri con i paesi ACP. Poiché l'articolo 13 dell'accordo di Cotonou già contempla obblighi giuridici chiari a carico delle parti dell'accordo per la riammissione del loro cittadini soggiornanti illegalmente nel territorio di un'altra parte e per la conclusione di accordi bilaterali di riammissione, la Commissione ritiene che non siano necessari ulteriori incentivi finanziari, i quali pertanto non si applicano a quei paesi.

4. RISORSE FINANZIARIE ADEGUATE E MECCANISMO DI RIPARTIZIONE DEGLI ONERI

Il Consiglio europeo di Siviglia ha chiesto alla Commissione di valutare le risorse finanziarie disponibili in tre settori specifici: rimpatrio degli immigranti e dei richiedenti asilo respinti, gestione delle frontiere esterne e progetti di asilo e migrazione nei paesi terzi. La Commissione ha presentato una relazione integrata al riguardo nella seconda parte della sua comunicazione "Integrare le questioni connesse all'emigrazione nelle relazioni dell'Unione europea con i paesi terzi" del 3 dicembre 2002.

Quel che dichiara la Commissione nella comunicazione con riguardo alla sperequazione manifesta fra l'importanza politica che l'Unione riconosce al settore della giustizia e affari interni e le risorse finanziarie stanziate a questo titolo dal bilancio comunitario resta attuale. Nel 2002 gli strumenti finanziari previsti nella rubrica "Politiche interne" delle prospettive finanziarie a sostegno della politica di asilo e immigrazione (compresa la riserva per misure di urgenza del Fondo europeo per i rifugiati) rappresentavano lo 0,96 % della spesa totale (6, 236 miliardi di euro).

La ripartizione degli oneri della gestione delle frontiere esterne fra gli Stati membri e l'Unione è uno dei cinque componenti della politica comune di gestione delle frontiere esterne elaborata dalla Commissione e approvata dal Consiglio. Le conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia chiedono alla Commissione di effettuare, entro il giugno 2003, uno studio sulla ripartizione degli oneri della gestione delle frontiere esterne fra gli Stati membri e l'Unione.

Stando al piano del Consiglio per la gestione delle frontiere esterne, le condizioni per la ripartizione degli oneri e il ricorso al bilancio comunitario sono le seguenti:

- i bilanci nazionali devono rimanere la principale fonte degli investimenti e delle spese previste;

- gli investimenti riguarderanno essenzialmente le attrezzature e le risorse umane;

- le basi per una ripartizione degli oneri saranno poste a livello dell'Unione, nel rispetto delle prospettive finanziarie.

Il piano stabilisce inoltre i seguenti orientamenti per un contributo a carico del bilancio comunitario:

- il finanziamento di acquisti di materiale comune, in particolare per sostenere le operazioni comuni degli Stati membri;

- la creazione di un meccanismo di ridistribuzione finanziaria tra gli Stati membri.

Per realizzare lo studio e valutare soprattutto l'entità e la natura delle risorse finanziarie stanziate a livello nazionale per la gestione delle frontiere esterne (controllo e sorveglianza delle persone), la Commissione ha raccolto informazioni presso gli Stati membri. Raccogliere dati puntuali e confrontabili è stato difficile e tale metodologia analitica non ha permesso alla Commissione di trarre conclusioni dettagliate sulle problematiche poste. I dati raccolti hanno tuttavia confermato il livello elevato di investimenti e costi operativi connessi con la sorveglianza alle frontiere esterne, di cui il controllo delle persone costituisce una parte significativa.

Nella sua comunicazione del dicembre 2002, la Commissione ha stabilito quattro elementi principali su cui basare la valutazione degli oneri di ciascuno Stato membro:

- la situazione geografica di ogni Stato membro e la natura delle frontiere;

- la pressione migratoria ai vari tipi di frontiera, terrestre, marittima e aeroportuale;

- il numero di controlli effettuati sulle persone all'entrata e all'uscita dal territorio Schengen;

- il livello della qualità dei controlli e della sorveglianza delle frontiere esterne, secondo i metodi comuni di analisi dei rischi applicati ad ogni tipo di frontiera.

Il Consiglio ha esaminato questi elementi in più occasioni dal gennaio 2003 e la Commissione ha dedotto dall'insieme dei dibattiti che la loro validità era cosa riconosciuta. Alcuni Stati membri hanno anche suggerito di attenersi ad altri criteri, come il costo complessivo dell'accoglienza dei richiedenti asilo o delle misure di rimpatrio.

La Commissione ritiene che queste discussioni abbiano anche avvalorato due dei principi di base enunciati nella comunicazione del dicembre 2002:

- i principi di sussidiarietà e di complementarità dell'intervento finanziario della Comunità: il bilancio comunitario può finanziare solo le azioni che comportano un evidente valore aggiunto per la Comunità;

- possono essere cofinanziate solo le spese direttamente legate alla dimensione comunitaria del controllo delle frontiere esterne (organizzazione di operazioni comuni, coordinamento, sviluppo di standard di qualità, controllo dell'attuazione, scambio di informazioni e esperienze).

Nonostante le difficoltà di raccogliere e analizzare i dati, si sono confermate le opzioni di base ed è ormai definito un quadro di riferimento per l'elaborazione futura di un meccanismo di ripartizione degli oneri.

Resta il problema principale di trovare le risorse finanziarie per uno strumento che risponda alle necessità strutturali individuate.

* Sul breve periodo, la Commissione ha già contemplato la possibilità di riesaminare il programma ARGO. L'incremento dei fondi disponibili a titolo del programma, che restano comunque limitati, potrebbe servire per alleviare l'onore degli Stati membri interessati. Il contributo finanziario per progetti nazionali nel settore delle frontiere esterne diretti a correggere specifiche carenze strutturali nei valichi di frontiera strategici, sarà deciso d'accordo con gli Stati membri sulla base di criteri obiettivi (valutazione dei rischi). L'incremento di bilancio per il programma ARGO è già previsto dal PPB 2004 e per gli anni successivi. Il riesame del programma, il cui obiettivo è promuovere la cooperazione amministrativa, non consentirà comunque di affrontare il problema della dimensione strutturale degli investimenti richiesti.

* Sul lungo periodo, una soluzione pratica e adeguata al problema della ripartizione degli oneri potrebbe basarsi sulle nuove prospettive finanziarie del dopo 2006 nel settore GAI. La preparazione delle prossime prospettive finanziarie pluriennali offre in effetti un'occasione importante per definire il progetto politico dell'Unione allargata dopo il 2006 alla luce dei lavori della Convenzione. La Commissione ha la ferma intenzione di fare assurgere lo sviluppo e il mantenimento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia a obiettivo prioritario dell'Unione.

* Nel frattempo, l'autorità di bilancio potrebbe decidere se utilizzare parte del margine disponibile per il periodo 2004-2006 per far fronte alle necessità strutturali più impellenti del settore e ampliare la definizione di solidarietà finanziando anche i costi per l'accoglienza dei richiedenti asilo, l'aiuto all'attuazione dei programmi integrati di rimpatrio e lo sviluppo del VIS.

5. CONCLUSIONI

Sulla scorta di questo primo bilancio, la Commissione ritiene che i seguenti orientamenti debbano assurgere a priorità e servire da guida all'azione delle istituzioni dell'Unione che nei prossimi mesi attuerà, in conformità con le conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia, i piani d'azione adottati nel 2002:

* Complemento essenziale della fiducia reciproca fra Stati membri sui cui poggia lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il principio di solidarietà va consolidato e concretato. Sancito dal trattato attuale con riguardo all'accoglienza dei rifugiati e degli sfollati, ha ispirato la creazione del Fondo europeo per i rifugiati. In linea con i lavori della Convenzione, occorre estenderne gli effetti a tutte le dimensioni della politica comune in materia di immigrazione e asilo, ovvero anche al rilascio dei visti e al controllo delle frontiere esterne.

* Questa solidarietà, che può assumere diverse forme nella pratica, in particolare un rafforzamento delle cooperazioni operative, comporta indubbiamente un importante elemento finanziario. Ragion per cui, è opportuno che il principio di solidarietà si traduca in dotazioni finanziarie, nel quadro delle nuove prospettive finanziarie con inizio nel 2007.

* Nell'attesa, la Commissione è pronta ad esaminare, d'accordo con l'autorità di bilancio e in ossequio ai principi che governano il bilancio, la possibilità di utilizzare parte del margine disponibile a titolo delle politiche interne per sostenere, nel periodo 2004-2006, uno sforzo solidale che potrebbe comprendere:

- un approccio strutturale delle necessità in materia di controllo delle frontiere esterne, che vada oltre il semplice potenziamento del programma ARGO; a tal fine, la Commissione potrebbe presentare quanto prima al Consiglio una proposta di base giuridica che predisponga la gestione di un nuovo strumento ispirato al piano d'azione del giugno 2002, alla comunicazione del dicembre 2002 (parte II) e agli insegnamenti tratti dai progetti svolti nel contesto dello SCIFA+;

- una strategia più mirata, approfittando del rinnovamento del FER, che concentri i mezzi a disposizione in materia di accoglienza e integrazione dei rifugiati e degli sfollati;

- lo sviluppo graduale del sistema di informazione sui visti (VIS), in funzione delle opzioni che fisserà il Consiglio in base allo studio di fattibilità.

Nel contempo la Commissione è disposta a proseguire con gli Stati membri l'esame degli elementi possibili per la messa a punto di uno strumento distinto destinato sostenere una politica comune di rimpatrio mediante finanziamenti a programmi specifici che coprano le diverse fasi del processo e ne garantiscano la durevolezza; le proposte necessarie saranno presentate a fine 2003 e comprenderanno le varie fasi e le diverse modalità.

* Al momento la Commissione ha provveduto a iscrivere un importo di 10 milioni di euro nel progetto preliminare di bilancio 2004 per finanziare la fase iniziale di sviluppo del VIS. Ha previsto inoltre di aumentare, nella programmazione per il periodo 2005-2006, gli stanziamenti previsti per ARGO (che passano da 6,5 milioni di euro nel 2004 a 12 milioni di euro l'anno nel 2005 e 2006), nella prospettiva di potenziare la sezione «controllo alle frontiere esterne» di questo programma di cooperazione amministrativa, pur tenendo conto del fatto che la dotazione dovrà altresì rispondere a un fabbisogno crescente nei settori dell'immigrazione, asilo e politica dei visti.

Tale programmazione andrà adattata in considerazione degli orientamenti politici per cui opterà il Consiglio europeo di Salonicco. Secondo una prima stima obiettiva e ponderata, il fabbisogno aggiuntivo per il periodo 2004-2006 è pari a un totale di 140 milioni di euro, corrispondente alle fasi future di sviluppo del VIS, all'attuazione di un programma integrato in materia di rimpatrio e di uno strumento comunitario di solidarietà per la protezione delle frontiere esterne.

Questo sforzo rappresenterebbe una risposta adeguata, vista la debolezza strutturale dei mezzi attualmente concessi alla politica in materia di asilo e immigrazione dal bilancio comunitario, e sarebbe in parte compensato da una ridistribuzione degli importi allocati agli strumenti esistenti (ARGO, FER). Tale importo va messo in relazione con il totale delle spese annuali degli Stati membri per la gestione delle frontiere esterne (circa 3 miliardi di euro l'anno) e con lo sforzo comunitario a titolo dello "strumento Schengen", voluto dal Consiglio europeo di Copenaghen per preparare i nuovi Stati membri all'integrazione dell'acquis di Schengen (970 milioni di euro per il 2004-2006).

Poiché questi importi finirebbero per rappresentare, a seconda degli anni, dal 30 al 45 % del margine attualmente previsto alla rubrica 3 delle prospettive finanziarie per gli anni 2004-2006, e date le incognite, come la variazione dei livelli di crescita e d'inflazione rispetto alle attuali previsioni, che potrebbero incidere sul margine, un'opzione alternativa consisterebbe nel rimandare alcune parti dell'iniziativa, fermo restando l'impegno a cogliere, di esercizio in esercizio, tutte le possibilità di flessibilità che si presentino. Entro questi limiti la Commissione garantirebbe, a questo punto, la programmazione degli stanziamenti necessari:

- allo sviluppo del VIS per gli anni 2005 e 2006, con rispettivamente 15 e 20 milioni di euro, corrispondenti all'ipotesi più modesta di realizzazione del sistema nei primi anni;

- a un primo sforzo di solidarietà e potenziamento della cooperazione in materia di controllo delle frontiere esterne, con stanziamenti pari a 15 milioni di euro l'anno per il 2005 e il 2006, diretto allo sviluppo di programmi di formazione e scambio di agenti incaricati del controllo e della sorveglianza alle frontiere, all'introduzione e generalizzazione delle nuove tecnologie di sorveglianza, a espandere l'interoperabilità dei sistemi esistenti e migliorare la capacità di controllo e sorveglianza ai valichi di frontiera con carenze strutturali, considerati tali di comune accordo. Per il 2004, nell'attesa che sia adottata una base giuridica pertinente, il sostegno finanziario potrebbe assumere la forma di un rafforzamento puntuale del programma ARGO durante la procedura di bilancio pari a 15 milioni di euro.

L'attuazione di un programma integrato in materia di rimpatrio dovrebbe essere differita fino all'adozione delle nuove prospettive finanziarie, ovvero al 2007.

Prendendo le mosse dalle conclusioni del Consiglio europeo di Salonicco, la Commissione presenterà al momento opportuno all'autorità di bilancio una programmazione emendata al fine di integrarvi le nuove opzioni e l'eventuale nuova ponderazione delle priorità fra i settori d'intervento della rubrica 3 delle prospettive finanziarie. La Commissione ne terrà altresì conto nell'elaborare le prossime prospettive finanziarie.

* Le conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia hanno gettato le fondamenta di un'azione vigorosa sul fronte dei controlli alle frontiere esterne. Tale impulso ha dato la stura a una serie di progetti pilota diretti a sperimentare diverse forme di cooperazione individuate ora dal Consiglio stesso, ora dal piano adottato dal Consiglio. Queste prime sperimentazioni sono oggetto di una valutazione che si avvale della relazione approntata dalla presidenza con il sostegno della Commissione. È altresì opportuno fare tesoro dello studio svolto dalla Commissione sul problema particolarmente sensibile e complesso delle frontiere marittime. La Commissione è convinta della necessità anzitutto di garantire la durevolezza e la coerenza dell'azione comunitaria fissando priorità e stabilizzandone il contesto e i metodi.

* Con riguardo al primo punto, la Commissione ritiene che meritino particolare attenzione i fondamenti propri di ogni politica veramente efficace, quali l'analisi dei rischi, la formazione del personale, il ravvicinamento delle attrezzature e il processo di controllo. Quanto al secondo, la Commissione pensa che la necessità di pianificare, sostenere (formazione, raccolta e trattamento dei dati, analisi della rete), organizzare e valutare le cooperazioni operative potrebbe sfociare nella creazione non già di un organo comune di esperti, ma di una struttura operativa comunitaria. Questa dovrebbe attuare gli orientamenti strategici decisi dal Consiglio, avvalendosi eventualmente dei "centri" creati in forza di progetti pilota il cui contributo sia stato convalidato dal Consiglio. La piena efficacia di tale organo operativo è evidentemente subordinata alla condizione che sia dotato delle competenze e risorse - umane, materiali e finanziarie - necessarie per svolgere i compiti essenziali di interesse comune che gli saranno affidati. In questa prospettiva, la struttura operativa potrebbe, nel limite dei mezzi stanziati dall'autorità di bilancio, intervenire nella gestione del finanziamento comunitario. Essa potrebbe per altro costituire la prima tappa verso la creazione di un "Corpo europeo delle guardie di frontiera" - della cui necessità la Commissione resta convinta- che sostenga e integri l'azione dei servizi degli Stati membri di gestione delle frontiere esterne.

* Lo sviluppo di un sistema comune di informazione sui visti lancia uno sfida organizzativa, tecnologica e finanziaria all'Unione e agli Stati membri per gli anni a venire. È indispensabile che, ultimato lo studio di fattibilità della Commissione, il Consiglio fissi quanto prima e comunque entro la fine del 2003, gli orientamenti per programmare lo sviluppo del sistema, preparare la base giuridica che ne permetta l'istituzione e disporre i mezzi di bilancio in funzione delle opzioni prescelte. Non è dato sottovalutare queste scelte, né a livello comunitario, né in termini di impatto sulle amministrazioni e sui bilanci nazionali.

* In questo contesto, occorrerà definire un approccio coerente per quanto riguarda gli elementi di identificazione biometrica o dati biometrici nell'Unione europea. Tale approccio permetterà di elaborare soluzioni armonizzate applicabili ai documenti dei cittadini di paesi terzi, ai passaporti dei cittadini dell'Unione europea e ai sistemi di informazione (VIS e SIS II). Sulla scorta del consenso emerso nella riunione informale dei ministri tenutasi a Veria, la Commissione proporrà strumenti adeguati: visti e permessi di soggiorno per i cittadini di paesi terzi in un primo tempo, passaporti per i cittadini dell'Unione in seguito.

* L'attuazione di una politica comune in materia di rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente spetta in massima parte agli Stati membri. Ciò nondimeno, tale politica sarà più efficace se si intensifica la cooperazione e si istituisce il quadro normativo necessario, oltre ad adottare uno strumento finanziario specifico. Sono stati fatti progressi su questi due fronti, ma occorrono risultati più sostanziali. La Commissione invita pertanto il Consiglio a esaminare la possibilità di affidare alla struttura operativa che verrà istituita per il controllo delle frontiere, compiti analoghi di organizzazione della cooperazione nel settore del rimpatrio. Nella prospettiva peraltro di un consolidamento della produzione legislativa puntuale realizzata sino ad oggi, la Commissione conferma l'intenzione di presentare, entro la fine dell'anno, una proposta recante norme minime comuni.

* Tanto le conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia che quelle del Consiglio del novembre 2002 e del maggio 2003, insieme con la comunicazione della Commissione del dicembre 2002 hanno delineato il contesto politico per l'integrazione delle questioni connesse all'emigrazione nelle relazioni con i paesi terzi. Il quadro è compiuto, bisogna ora attuarlo. La Commissione ricorda che nella comunicazione di dicembre ha assunto due impegni al riguardo. Anzitutto, presenterà a breve una proposta di programma di cooperazione che risponda in modo specifico e complementare alle necessità dei paesi terzi d'origine e transito impegnati a garantire una gestione migliore dei flussi migratori in tutte le loro dimensioni, e motivi in particolare questi paesi a preparare l'esecuzione degli accordi di riammissione o li assista in questa fase. In secondo luogo, onorerà l'impegno assunto nella comunicazione del dicembre 2002 provvedendo affinché, entro il 2004, le priorità relative alla gestione dei flussi migratori siano tenute in debito conto, paese per paese e nel quadro del dialogo di programmazione, nel processo di revisione dei documenti di strategia nazionale e regionale.

* Lo sviluppo di una politica comune di riammissione va proseguito. Ciò suppone la conclusione rapida e la piena esecuzione degli accordi già negoziati. Con riguardo ai negoziati in corso, è indispensabile che la Commissione goda del sostegno politico costante degli Stati membri, e che il Consiglio si dichiari aperto a considerare in un contesto più ampio le aspettative dei paesi terzi che sono parte di questi negoziati. Infine, la Commissione raccomanda che si proceda a una valutazione attenta delle priorità geografiche, che tenga conto soprattutto della rilevanza del paese e dello stato delle sue relazioni e della cooperazione con la Comunità e gli Stati membri, prima di avviare altri negoziati, in particolare nel quadro dell'attuazione dell'accordo di Cotonou.

* La politica comune di lotta contro l'immigrazione clandestina abbozzata a Tampere e delineata a Siviglia avrà effetto solo se integra tante misure quanti sono gli aspetti diversi della problematica. Dovrà pertanto fondarsi sui seguenti punti:

- il rafforzamento della capacità di raccogliere, scambiare e trattare l'informativa disponibile su questo fenomeno, in particolare l'attuazione rapida e completa del piano d'azione statistico, lo sviluppo della rete ICONet e il rafforzamento in un quadro comune e la connessione in rete dei numerosi funzionari di collegamento distaccati nei paesi terzi. La riflessione dovrà quindi spostarsi sulle modalità per inserire in un contesto coerente non solo questi diversi strumenti ma anche l'Europol, la struttura operativa di cui la Commissione caldeggia l'istituzione e finanche la rete europea sulle migrazioni la cui fattibilità è tuttora oggetto di studio;

- la ricerca di una maggiore coerenza dell'azione in materia di lotta contro l'introduzione clandestina e la tratta di esseri umani, obiettivo cui la Commissione contribuirà con le iniziative necessarie sulla base della dichiarazione di Bruxelles, e di lotta al lavoro nero mediante la fissazione di obiettivi nel quadro della strategia europea per l'occupazione e, indirettamente, la pronta adozione della proposta di direttiva relativa all'ammissione per motivi di lavoro.

* L'efficacia dell'azione comune presuppone che siano definiti i contesti politici e che le misure siano adottate ma anche pienamente attuate. Ciò implica una maggiore coerenza che potrebbe risultare dalla fusione dei tre piani d'azione, a volte ridondanti. È necessario stabilire un processo di follow-up politico: la Commissione ha la ferma intenzione di preparare ogni anno una relazione come questa; il Consiglio potrebbe discuterne e trarre le debite conclusioni per orientare l'azione comune, nella seduta di fine anno. Infine, spetta agli Stati membri tradurre in pratica gli impegni cui hanno dato la loro approvazione. Nel caso dell'attuazione di strumenti comunitari, la Commissione assumerà pienamente le sue responsabilità, se del caso ricorrendo agli appositi procedimenti di infrazione. Questi ultimo potrebbero trovare utile complemento nei meccanismi di verifica inter pares.

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