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Document 52001DC0260

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeoe al Comitato economico e sociale - La politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire

/* COM/2001/0260 def. */

GU C 284 del 10.10.2001, p. 6–19 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52001DC0260

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeoe al Comitato economico e sociale - La politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire /* COM/2001/0260 def. */

Gazzetta ufficiale n. 284 del 10/10/2001 pag. 0006 - 0019


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE - La politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire

INDICE

1. Introduzione

2. Contesto generale in cui si sviluppa la politica fiscale dell'UE

2.1 Recenti sviluppi nell'UE

2.2 Una tendenza generalizzata verso l'integrazione e la cooperazione economica

2.3 Gli obiettivi generali della politica fiscale dell'UE

2.4 Come conseguire questi obiettivi

3. La politica fiscale dell'UE - Gli obiettivi specifici per gli anni a venire

3.1 Imposizione indiretta

3.1.1 Imposta sul valore aggiunto

3.1.2 Accise

Imposizione nei settori dell'energia e dell'ambiente

Tassazione degli autoveicoli

Imposte sui tabacchi e sugli alcolici

3.2 Imposizione diretta

3.2.1 Contesto internazionale

3.2.2 Tassazione delle imprese

3.2.3 Imposta sul reddito delle persone fisiche

3.2.4 Imposizione delle pensioni

3.3 Lotta contro la frode fiscale - Imposte dirette e indirette

3.4 Conseguimento degli obiettivi della politica fiscale nel quadro del processo di ampliamento

4. Meccanismi per il conseguimento degli obiettivi

4.1 Il processo decisionale

4.2 Il ruolo della Commissione quale custode del trattato

4.3 Ampliare la gamma degli strumenti politici

4.4 Cooperazione rafforzata

5. Conclusione

1. Introduzione

Da qualche anno a questa parte, il contributo della politica fiscale al conseguimento degli obiettivi della Comunità è sempre più indissociabile dallo sviluppo del mercato interno, dall'UEM e da una maggiore integrazione economica. All'inizio degli anni '90 la Comunità ha adottato, nell'ambito della creazione del mercato interno, un numero considerevole di atti legislativi sull'IVA e le accise. Tuttavia, ciò non ha fatto altro che porre in risalto la mancanza di una politica coerente in materia di imposizione diretta. Al tempo stesso, si è constatato che le proposte fiscali venivano discusse separatamente anziché nel quadro della politica globale dell'UE.

In occasione della riunione informale ECOFIN tenutasi a Verona nell'aprile 1996, la Commissione, dopo aver messo a confronto la necessità di migliorare il coordinamento fiscale nell'UE con il numero di decisioni adottate, ha proposto pertanto di applicare alla politica fiscale una nuova impostazione globale, individuando tre obiettivi principali per l'UE, obiettivi che si completano e sono tra loro collegati:

* la stabilizzazione del gettito fiscale degli Stati membri;

* il buon funzionamento del mercato interno;

* la promozione dell'occupazione.

Nella comunicazione del 1° ottobre 1997 [1], su cui si è basato il Consiglio del 13 ottobre 1997 per discutere della politica fiscale, la Commissione auspicava un maggior coordinamento in materia tributaria. Anche se i progressi degli ultimi tre anni e mezzo sono stati lenti, qualche risultato importante é stato ottenuto, soprattutto nel settore delle imposte dirette. Va segnalato in particolare l'accordo globale sui principali elementi del pacchetto fiscale, raggiunto in occasione della riunione del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000, che rappresenta un notevole passo avanti nell'ambito degli interventi intesi a far fronte alle sopracitate sfide.

[1] COM (97) 495 - in particolare i paragrafi da 3 a 11, che spiegano l'esigenza di un coordinamento fiscale.

Gli sforzi per combattere la concorrenza fiscale dannosa attraverso il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese e le proposte riguardanti l'imposizione dei redditi da risparmio consentiranno agli Stati membri di consolidare le loro capacità di riscossione del gettito fiscale, offrendo cosi' un margine per ridurre la notevole pressione fiscale media sul lavoro. È pertanto indispensabile che la Comunità garantisca l'attuazione delle varie componenti del pacchetto fiscale. La Commissione, tuttavia, è fermamente convinta che si debba fare molto di più in termini di coordinamento fiscale. La Comunità ha la possibilità di attribuire la debita importanza a quelli che sono i veri protagonisti del mercato interno, ossia i cittadini e le imprese. Gli sviluppi verificatisi dal 1996 in poi, con la progressiva globalizzazione dell'economia e la sempre maggiore influenza dei rapidi progressi tecnologici sul comportamento degli operatori economici e sulla natura delle attività economiche impongono di riesaminare con la massima urgenza la politica fiscale dell'UE. Desta quindi serie preoccupazioni il crescente divario tra le decisioni necessarie per conseguire gli obiettivi della Comunità nel settore fiscale e i risultati effettivamente ottenuti.

La presente comunicazione illustra quelle che sono, secondo la Commissione, le priorità fondamentali della politica fiscale dell'Unione europea per gli anni a venire, nonché l'impostazione generale che la Comunità dovrebbe adottare riguardo agli obiettivi politici dell'UE di più vasta portata, evidenziando una serie di priorità in specifici settori fiscali. Considerando inoltre che, per il momento, l'unanimità continua a rappresentare la base giuridica per le decisioni in campo fiscale, la presente comunicazione esplora la possibilità di utilizzare, oltre alla legislazione, altri strumenti per il conseguimento di questi obiettivi prioritari.

2. Contesto generale in cui si sviluppa la politica fiscale dell'UE

La Comunità deve far fronte a una serie di sfide importanti, sia nell'ambito del progressivo completamento del mercato unico e della realizzazione dell'unione economica e monetaria (UEM) che nel quadro dei preparativi in vista dell'allargamento, nonché sul piano della nuova economia globale.

2.1 Recenti sviluppi nell'UE

Il Consiglio europeo di Lisbona ha affidato all'UE un compito strategico ambizioso, che consiste nel "... diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il conseguimento di questo obiettivo, al centro dei temi discussi durante il recente Consiglio europeo di Stoccolma, presuppone un adeguamento dei regimi tributari degli Stati membri in funzione della necessaria riforma del mercato e l'inserimento in una nuova prospettiva della politica fiscale comunitaria.

Nonostante l'esito deludente dei negoziati sul processo decisionale per le questioni fiscali nell'ambito del trattato, le riforme delle istituzioni comunitarie decise dalla conferenza intergovernativa (CIG) del 2000 spianeranno la via all'ampliamento. Nei prossimi anni entreranno a far parte dell'UE nuovi Stati membri, ciascuno dei quali ha un regime fiscale diverso. Prima dell'adesione, pertanto, occorre assolutamente consolidare e stabilizzare il più possibile il corpus della legislazione fiscale comunitaria. Dopo l'adesione, inoltre, si dovrà fare di tutto per evitare che le questioni fiscali impediscano ai nuovi Stati membri e a quelli attuali di competere in condizioni di parità o di sfruttare appieno i vantaggi che comporta il mercato interno.

Ora che l'UEM è entrata nella sua terza fase, il dibattito nell'ambito del patto di crescita e di stabilità si è concentrato sui diversi aspetti del bilancio. Negli indirizzi di massima per le politiche economiche si sono individuati nuovi traguardi per le politiche fiscali degli Stati membri. La stabilità macroeconomica impone tuttora di mantenere il bilancio ad un livello vicino al pareggio o in posizione di saldo attivo. Oltre a continuare a garantire la solidità del bilancio, è necessario assicurare che le finanze pubbliche diano il massimo contributo alla crescita e all'occupazione. A tal riguardo, è opportuno creare un adeguato equilibrio e una giusta sequenza tra interventi di riduzione del debito pubblico, tagli alle tasse e finanziamento degli investimenti pubblici nei settori chiave. Riducendo l'onere fiscale globale si possono eliminare i disincentivi che frenano l'occupazione, l'attività imprenditoriale e la crescita.

La comunicazione del 21 dicembre 2000 della Commissione sul contributo delle finanze pubbliche alla crescita e all'occupazione [2] dimostrava che, nel complesso, le riforme tributarie degli ultimi tre anni vanno nella giusta direzione. Alcuni Stati membri sono riusciti a rendere i loro regimi fiscali più favorevoli all'occupazione riducendo l'onere fiscale sul lavoro, anche se in molti Stati membri l'imposizione globale in questo settore rimane estremamente elevata rispetto agli standard internazionali. Ferma restando la diversa portata e intensità delle riforme, la maggior parte degli Stati membri sta riducendo le imposte dirette sul reddito delle persone fisiche e delle società nonché, in certi casi, i contributi previdenziali versati dai datori di lavoro e dai dipendenti.

[2] COM (2000) 846

All'interno dell'UE, il dialogo politico ha privilegiato un'impostazione integrata che rivolga maggiore attenzione alle opzioni e ai vincoli propri delle politiche fiscali. Gli sgravi fiscali dovrebbero concentrarsi sui settori in cui possono produrre un effetto positivo sul fronte dell'offerta ed essere accompagnati da riforme che favoriscano i singoli sistemi al fine di promuovere le potenzialità di crescita e l'occupazione. È stata sottolineata l'esigenza di ridurre la pressione fiscale sul lavoro e i costi del lavoro non salariali, con particolare riferimento al personale non qualificato e scarsamente retribuito. Tale approccio trova riscontro negli indirizzi di massima del 2001 per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità [3] e nella strategia europea per l'occupazione [4], in cui figurano raccomandazioni specifiche per i singoli Stati membri con azioni di monitoraggio a livello UE.

[3] Raccomandazione della Commissione relativa agli indirizzi di massima del 2001 per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità. COM (2001) 224 del 25.04.2001, pagg. 11 e 12

[4] Decisione del Consiglio, del 19 gennaio 2001, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione per il 2001, GU L 22 del 24.1.2001, pag. 18, orientamenti 2 e 12.

Occorre anche mantenere un giusto equilibrio tra la riduzione delle imposte, gli investimenti nei servizi pubblici e la promozione del consolidamento fiscale onde alleggerire in modo duraturo l'onere fiscale globale.

La Comunità non è riuscita a promuovere politiche fiscali comuni basate su considerazioni ambientali, nonostante il consenso politico sulla loro fondatezza. Infatti, ad esempio, in molti Stati membri la riduzione delle imposte dirette è avvenuta nell'ambito delle riforme fiscali ecologiche, con l'introduzione o l'aumento delle tasse ambientali e sui consumi energetici. Gli effetti del recente rincaro dei prezzi petroliferi impongono alla Comunità di attuare una politica tributaria coerente nel settore dell'energia, se non vuole vedere contestata la sua capacità di adempiere gli impegni assunti con il protocollo di Kyoto e, più in generale, di intervenire in questo e in altri settori di grande importanza politica. La recente comunicazione della Commissione intitolata: "Un'Europa sostenibile per un mondo migliore: una strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile" [5] stabilisce a tal riguardo che il Protocollo di Kyoto rappresenta soltanto il primo passo e che l'UE deve puntare successivamente ad un'ulteriore riduzione dei gas ad effetto serra, fissando, tra l'altro, degli obiettivi ambiziosi in materia di imposizione sui consumi energetici. La politica fiscale deve inoltre tener conto delle considerazioni relative alla tutela della salute e dei consumatori, il che già avviene nel settore delle imposte indirette.

[5] COM (2001) 264

Infine, la politica fiscale deve contribuire in maniera significativa a promuovere la ricerca e lo sviluppo (R&S) e l'innovazione all'interno dell'UE. Le conclusioni del vertice di Lisbona invitano il Consiglio, la Commissione e, ove opportuno, gli Stati membri, a migliorare le condizioni per la ricerca in ambito privato, per i partenariati di R&S e per le nuove imprese ad alta tecnologia, avvalendosi, tra l'altro delle politiche fiscali.

2.2 Una tendenza generalizzata verso l'integrazione e la cooperazione economica

Al tempo stesso, però, la globalizzazione e la notevole espansione degli scambi e dei flussi di capitale impongono di definire politiche comunitarie atte a migliorare, e non a compromettere, la competitività internazionale dell'UE. Le innovazioni tecnologiche, in particolare lo sviluppo del commercio elettronico, aumentano la mobilità di certe forme di attività economica, specie per quanto riguarda i servizi e la mobilità dei capitali. Le imprese dell'UE operano sempre più di frequente in più di uno Stato membro, mentre si moltiplicano le fusioni e le acquisizioni internazionali. In un contesto in continua evoluzione, occorre eliminare gli ostacoli fiscali alla libera circolazione dei capitali e le misure fiscali che falsano la concorrenza. Al tempo stesso, però, i regimi tributari dell'UE devono mantenere la flessibilità necessaria per adeguarsi a questi sviluppi pur conservando una struttura per quanto possibile semplice per rendere meno oneroso l'adeguamento.

I regimi tributari devono inoltre funzionare all'insegna della trasparenza, per garantire che venga pagata l'imposta giusta al momento giusto e nel posto giusto, riducendo al massimo le possibilità di frode e di evasione. A livello di UE e di OCSE si registra un crescente consenso sul fatto che, per raggiungere tali obiettivi, occorra privilegiare la cooperazione transfrontaliera e in particolare gli scambi di informazioni. Negli ultimi anni, la cooperazione tra l'UE e gli Stati membri è stata intensificata, come lo dimostra l'accordo raggiunto sui principi da applicare agli scambi di informazioni sui redditi da risparmio e sull'assistenza reciproca per il recupero dei crediti d'imposta. Per quanto riguarda l'imposizione dei redditi da risparmio, l'UE intende estendere questo tipo di cooperazione al di là delle proprie frontiere. A tal fine, la Commissione e la Presidenza stanno partecipando ad una serie di colloqui con gli Stati Uniti, la Svizzera, il Liechtenstein, il Principato di Monaco, l'Andorra e San Marino riguardo l'adozione di misure equiparabili a quelle proposte nel progetto di direttiva.

Si tratta indubbiamente di sviluppi incoraggianti, ma c'è ancora molto da fare per sfruttare appieno il potenziale di cooperazione ai fini dell'assistenza reciproca. Intensificando tale cooperazione, si progredirebbe notevolmente nella lotta contro la frode fiscale e si migliorerebbe l'efficienza del sistema di riscossione, compensando cosi' le eventuali perdite di entrate derivanti dall'eliminazione coordinata degli ostacoli fiscali al mercato interno. Proprio per questo, la Commissione ritiene importante che le decisioni sulle proposte riguardanti l'assistenza reciproca e la cooperazione amministrativa vengano prese dal Consiglio a maggioranza qualificata, come già previsto dal trattato (articolo 95), piuttosto che all'unanimità (articolo 93 o 94).

2.3 Gli obiettivi generali della politica fiscale dell'UE

Come definire una politica fiscale che sia compatibile e sostenga le iniziative prese dagli Stati membri per riformare i loro sistemi di imposizione- È evidente che una tale politica debba tutelare in primo luogo gli interessi dei cittadini e delle imprese che desiderino avvalersi delle quattro libertà del mercato interno (libera circolazione di persone, beni, capitali e libera prestazione dei servizi). Essa dovrà pertanto concentrarsi sull'eliminazione degli ostacoli fiscali all'esercizio delle quattro libertà. Inoltre, nella misura in cui i regimi fiscali vengano utilizzati come strumento per il raggiungimento degli obiettivi in materia di allocazione, ridistribuzione e stabilizzazione, gli operatori economici interessati devono avere un'idea chiara delle conseguenze fiscali. Ciò spiega perché i regimi tributari debbano essere semplificati e resi più trasparenti. In tale contesto, va tenuto presente che, mentre é necessario combattere la concorrenza fiscale pregiudizievole in sede di UE e a livello internazionale, specie all'interno dell'OCSE, e rispettare le disposizioni del trattato in materia di aiuti di Stato, un certo livello di concorrenza fiscale all'interno dell'EU potrebbe essere inevitabile, contribuendo cosi' ad una riduzione della pressione fiscale.

Le misure fiscali dell'UE devono inoltre far sì che i regimi fiscali contribuiscano a migliorare il funzionamento dei mercati dei beni, dei servizi e dei capitali e del mercato del lavoro, al fine di conseguire gli obiettivi di Lisbona. In termini di politica fiscale, ciò significa concentrarsi sull'eliminazione degli ostacoli e delle distorsioni, sull'eliminazione delle disfunzioni connesse all'esistenza di 15 regimi fiscali diversi all'interno dell'UE e sulla semplificazione di detti regimi onde renderli più accessibili per i contribuenti. Ciò significa anche garantire un più efficiente sistema di riscossione delle imposte, per compensare le eventuali perdite, a livello di entrate, derivanti dall'eliminazione coordinata degli ostacoli fiscali.

Infine, come previsto negli indirizzi di massima in materia di politica economica, la politica fiscale dell'UE dovrebbe continuare a favorire gli interventi finalizzati a ridurre i tassi nominali ampliando nel contempo la base imponibile, con conseguente riduzione delle distorsioni economiche derivanti dai regimi fiscali degli Stati membri.

Tali obiettivi della politica fiscale dell'UE non possono essere perseguiti in maniera isolata. Il loro raggiungimento deve essere compatibile con gli altri obiettivi generali della politica dell'UE. In particolare, la politica fiscale dell'UE deve:

* favorire il conseguimento dell'obiettivo fissato a Lisbona, secondo il quale l'UE deve diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo;

* promuovere il buon funzionamento e lo sviluppo costante del mercato interno consentendo a tutti gli Stati membri dell'UE di competere in condizioni di parità, prima e dopo l'ampliamento, e di usufruire pienamente dei vantaggi del mercato interno;

* contribuire a ridurre in maniera durevole l'onere fiscale globale nell'UE, garantendo un costante equilibrio tra riduzione delle imposte, investimenti nei servizi pubblici e promozione del consolidamento fiscale;

* rafforzare le politiche dell'UE in materia di economia, occupazione, innovazione, tutela della salute e dei consumatori, sviluppo sostenibile, ambiente ed energia; e

* fornire sostegno alla modernizzazione del modello sociale europeo.

2.4 Come conseguire questi obiettivi

Quando si cerca il modo migliore per conseguire gli obiettivi generali di cui sopra, ci si chiede molto spesso se l'armonizzazione fiscale nell'UE sia necessaria o auspicabile, e in che misura.

È evidente che non occorre un'armonizzazione totale dei regimi tributari degli Stati membri, i quali possono scegliere i regimi fiscali che preferiscono e che ritengono più opportuni, purché rispettino le norme comunitarie. Anche il livello della spesa pubblica può essere deciso a livello nazionale purché sia compensato a sufficienza dal gettito fiscale, in modo da mantenere il bilancio in equilibrio o in eccedenza. Va sottolineato che in molti settori fiscali l'armonizzazione non è né necessaria né auspicabile se si considerano le caratteristiche estremamente diverse dei regimi tributari degli Stati membri e le diverse preferenze nazionali. Gli Stati membri, tuttavia, non possono effettuare le loro scelte senza tener conto degli aspetti internazionali. In linea di massima, ad esempio, il coordinamento fiscale a livello di UE dovrebbe rendere più coerenti le posizioni degli Stati membri nei consessi internazionali quali l'OCSE.

Una maggiore armonizzazione è tuttavia essenziale nel settore delle imposte indirette. Il trattato menziona espressamente tale armonizzazione (articolo 93), in quanto le imposte indirette possono ostacolare direttamente la libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi nel mercato interno, oltre a creare distorsioni di concorrenza. A tal riguardo sono stati adottati numerosi regolamenti e direttive. La Commissione ha definito chiaramente la sua strategia legislativa, specie per quanto riguarda l'IVA, le imposte a carattere ambientale e le tasse sull'energia.

È opinione diffusa che le imposte sul reddito delle persone fisiche possano rimanere di competenza degli Stati membri anche qualora nell'Unione europea si arrivi ad un maggior livello di integrazione. Gli Stati membri, tuttavia, devono rispettare i principi fondamentali del trattato in materia di non discriminazione e di libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'UE. Per di più, anche in questo settore potrebbe imporsi un coordinamento dei regimi tributari nazionali onde evitare discriminazioni a livello transfrontaliero o eliminare gli ostacoli all'esercizio delle quattro libertà (fra gli esempi più calzanti figura il trattamento fiscale delle pensioni professionali).

Si è già ravvisata la necessità di un certo coordinamento per quanto riguarda l'imposizione diretta delle basi imponibili mobili, in particolare: lo scambio di informazioni sul reddito da risparmio, nelle direttive già adottate in merito all'imposizione delle società (a norma dell'articolo 94 del trattato), nel codice di condotta in materia di tassazione delle imprese e nella proposta di direttiva sugli interessi e le royalties. Nell'immediato futuro, tuttavia, si dovrà forse optare per un'impostazione più ambiziosa. Il trattato prevede (articolo 94) il "ravvicinamento" delle norme sulle imposte dirette "che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune". La Commissione sta valutando se non si possa fare di piú per eliminare gli ostacoli fiscali diretti al mercato interno, segnatamente per quanto riguarda l'imposizione delle società, nel rispetto della sovranità degli Stati membri. Indubbiamente, un maggior coordinamento dei regimi fiscali in questo settore contribuirebbe a prevenire la doppia imposizione o la non imposizione involontaria, eliminando al tempo stesso i sopracitati ostacoli fiscali. Pertanto, è necessaria un'analisi più approfondita, che tenga conto da una parte delle distorsioni capaci di pregiudicare il corretto funzionamento del mercato interno e dall'altra parte degli effetti della concorrenza fiscale. Spetta tuttavia agli Stati membri decidere il livello di imposizione fiscale in tale settore, conformemente al principio di sussidiarietà.

Concretamente, negli ultimi anni si è fatto qualche progresso verso un coordinamento fiscale a livello dell'UE. Pur compiacendosi dei risultati ottenuti, la Commissione ritiene possibile e necessario proseguire ulteriormente su questa via. È inammissibile, infatti, che otto anni dopo la data limite per il completamento del mercato interno rimangano così tanti ostacoli al conseguimento degli obiettivi comunitari. Ora che i lavori sul pacchetto fiscale sembrano procedere in maniera soddisfacente, ci si deve concentrare maggiormente sull'eliminazione di questi ostacoli, rivolgendo maggiore attenzione alle preoccupazioni dei contribuenti dell'UE. Nella sezione 3 della presente comunicazione viene indicata una serie di obiettivi specifici al riguardo.

Per di più, sebbene la Commissione continui a giudicare indispensabile il passaggio al voto a maggioranza qualificata, almeno per determinate questioni fiscali, per il momento la base giuridica rimarrà l'unanimità. Visti i problemi che comporta il raggiungimento di decisioni unanimi sulle proposte legislative, problemi che sono destinati ad essere accentuati dall'ampliamento, la Comunità dovrebbe anche prendere in considerazione il ricorso a strumenti alternativi su cui basare le iniziative in materia fiscale. Nella sezione 4 della presente comunicazione si passa in rassegna la gamma dei diversi meccanismi disponibili.

3. La politica fiscale dell'UE - Gli obiettivi specifici per gli anni a venire

3.1 Imposizione indiretta

Secondo la Commissione, occorre armonizzare maggiormente le imposte indirette, conformemente a quanto previsto dal trattato. Il corretto funzionamento del mercato interno, infatti, richiede regimi efficienti nel campo dell' IVA e delle accise, regimi che rispecchino fedelmente le esigenze delle imprese e dei consumatori dell'UE. Il persistere di una serie di deroghe in materia di IVA e di imposte indirette produce un impatto negativo. Si deve inoltre garantire una perfetta coerenza tra i sistemi di imposizione indiretta e l'unione doganale per la circolazione delle merci, sia per quanto riguarda le frontiere esterne dell'UE che per l'abolizione delle frontiere interne. La Commissione intende esaminare la questione in modo più approfondito presentando, se del caso, le opportune proposte legislative.

3.1.1 Imposta sul valore aggiunto

Da tempo la Commissione si adopera intensamente per migliorare il regime IVA onde adeguarlo in tutto e per tutto alle esigenze del mercato interno. Nel 1987, si era proposto di introdurre un regime comune per l'IVA basato sull'origine proprio per instaurare un vero e proprio "mercato unico", nel quale le vendite e gli acquisti di merci all'interno della Comunità fossero trattati come quelli effettuati all'interno degli Stati membri. Dato però che il 1° gennaio 1993, al momento dell'abolizione dei controlli, il regime non era ancora operativo, si è instaurato un regime transitorio di imposizione nel paese di consumo, secondo le aliquote e le condizioni ivi applicate. Questo regime transitorio presenta però un certo numero di inconvenienti, soprattutto perché é complicato, esposto alle frodi e superato.

Nel 1996, la Commissione ha presentato un programma di transizione graduale verso il regime definitivo basato sull'origine che ha dato luogo a tutta una serie di proposte. Negli ultimi anni, tuttavia, si è constatato che, vista l'importanza dell'IVA per il gettito fiscale, la maggior parte degli Stati membri non è molto disposta ad accogliere le proposte volte all'instaurazione del regime definitivo, per timore di perdere una parte del gettito fiscale a causa dell'ulteriore armonizzazione delle aliquote e delle strutture o della ridistribuzione delle entrate fiscali che comporterebbe tale regime.

Consapevole di queste difficoltà, la Commissione ha proposto nel giugno 2000 una nuova strategia [6], che ha riscosso notevole successo fra gli Stati membri al momento della presentazione al Consiglio. Detta strategia si prefigge principalmente di migliorare l'intero funzionamento dell'attuale regime IVA a diretto vantaggio dei contribuenti dell'UE, anche se l'introduzione del regime definitivo basato sull'origine rimane un obiettivo comunitario a lungo termine. La strategia attuale è imperniata sulla semplificazione, sulla modernizzazione e su un'applicazione più uniforme del regime attuale, nonché su una cooperazione amministrativa più efficace. Cio' incoraggerà le transazioni commerciali lecite nel mercato interno e preverrà la frode. Sino a quando sussisterà l'attuale sistema di risorse proprie della Comunità basato sull'IVA, la maggiore cooperazione amministrativa e le altre misure antifrode contribuiranno a massimizzare la base IVA, assicurando in tal modo che tale imposta contribuisca per intero a generare le entrate previste dalla normativa comunitaria in materia di bilancio.

[6] COM(2000) 348

Oltre a riesaminare le proposte già presentate in funzione della nuova strategia, si sono presentate nuove proposte e ne sono previste altre in futuro. In tale contesto, il Consiglio ha adottato due proposte (riguardanti l'abolizione dei rappresentanti fiscali [7] e il livello minimo della normale aliquota IVA [8]) e ha raggiunto un accordo politico sulla proposta volta a rendere più funzionale l'assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti [9]. È di particolare rilievo la prima proposta presentata dopo l'annuncio della nuova strategia, volta a modificare il regime IVA applicabile a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici [10], con l'obiettivo specifico di salvaguardare la competitività dell'UE eliminando uno dei principali svantaggi per i prestatori di servizi dell'UE rispetto ai loro concorrenti extra-UE. Nello stesso ordine di idee, la Commissione ha presentato di recente una proposta sulla fatturazione [11], volta a snellire le procedure a vantaggio degli operatori europei e a consentire l'uso della fatturazione e dell'archiviazione elettronica per migliorare la competitività e promuovere il commercio elettronico.

[7] Direttiva 2000/65/CE del Consiglio del 17 ottobre 2000, che modifica la direttiva 77/388/CEE quanto alla determinazione del debitore dell'imposta sul valore aggiunto.

[8] Direttiva 2001/41/CE del Consiglio, del 19 gennaio 2001, che modifica la direttiva 77/388/CEE in relazione alla durata di applicazione dell'aliquota minima in materia di aliquota normale.

[9] COM(1998)364

[10] COM(2000)349

[11] COM(2000)650

La Commissione ha varato un programma d'azione che prevede il proseguimento delle misure connesse sia alle proposte già presentate (cambiamento di status del comitato IVA [12], diritto di deduzione e ottava direttiva [13], commercio e fatturazione elettronici) che alle nuove proposte, concentrandosi sulla rielaborazione della sesta direttiva, sul luogo di fornitura delle merci e sugli agenti di viaggio. Oltre alle iniziative già in corso, si stanno prendendo altre misure per quanto riguarda i servizi finanziari, le sovvenzioni/attività degli enti e dei servizi pubblici e il coordinamento delle politiche doganale e fiscale. È fondamentale che le proposte già presentate e quelle previste diano rapidamente i risultati auspicati, e che la Commissione sorvegli i progressi nell'attuazione della nuova strategia. Per quanto riguarda le aliquote IVA, è opportuno prevedere nel medio termine, ma non prima della fine del 2002, una revisione e una razionalizzazione delle norme e deroghe relative alla definizione delle aliquote IVA ridotte, che faranno seguito alla valutazione del progetto pilota varato con la direttiva 1999/85/CE sui servizi ad alta intensità di lavoro [14]. Verrà riservata particolare attenzione alle aliquote applicate ai prodotti virtuali rispetto a quelli tradizionali e all'applicazione delle aliquote IVA ridotte nell'ambito delle politiche comunitarie (ad esempio per proteggere l'ambiente e promuovere l'occupazione).

[12] COM (1997)325

[13] COM (1998)377

[14] Direttiva 1999/85/CE del Consiglio, del 22 ottobre 1999, che modifica la direttiva 77/388/CEE, con riguardo alla possibilità di introdurre a titolo sperimentale un'aliquota IVA ridotta sui servizi ad alta intensità di lavoro.

3.1.2 Accise

Un regime generale definitivo disciplina attualmente la detenzione, la circolazione e il controllo dei prodotti soggetti ad accisa. Tale regime, che si applica alle bevande alcoliche, ai tabacchi lavorati e agli oli minerali, permette la circolazione dei prodotti in regime di sospensione dell'accisa e senza controlli alle frontiere interne dell'Unione. Dal 1992 questi prodotti [15] sono stati soggetti ad aliquote minime d'imposizione. Tuttavia, al di sopra di tali aliquote minime si rilevano notevoli differenze tra le accise applicate dagli Stati membri, il che crea, per numerose categorie di merci, seri ostacoli agli scambi transfrontalieri.

[15] Direttiva 92/12/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992 relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa.

Imposizione nei settori dell'energia e dell'ambiente

Nel complesso, l'imposizione si è rivelata un valido strumento economico per affrontare i problemi ambientali. Come risulta dal libro verde sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico [16], l'imposizione contribuisce in misura determinante al rispetto degli impegni previsti dal protocollo di Kyoto e può costituire un notevole incentivo ad elaborare politiche volte a separare il consumo di energia dalla crescita economica, migliorare i modelli di consumo energetico e sviluppare le fonti energetiche rinnovabili, come ad esempio i biocombustibili. Ora come ora, l'imposizione nel settore dell'energia ha una triplice dimensione: (i) accise, (ii) IVA e (iii) prelievi specifici. Mentre le accise sugli oli minerali e l'IVA costituiscono dei regimi d'imposizione comunitari, non esiste un quadro applicabile in tutta l'UE ai prodotti energetici diversi dagli oli minerali.

[16] COM(2000)769

Un regime comunitario approvato all'unanimità prevede dal 1992 un'aliquota minima d'accisa per ciascuno dei prodotti a base di oli minerali, a seconda dell'uso (propellente, uso industriale e commerciale, riscaldamento). Spesso, però, le accise sono riscosse secondo aliquote nettamente superiori a quelle minime, che non vengono più aggiornate dal 1992, con notevoli differenze tra le aliquote effettivamente applicate nei diversi Stati membri. L'esenzione completa è obbligatoria per determinate attività (traffico aereo internazionale) e possono essere concesse deroghe nazionali per motivi politici specifici a favore di prodotti o di settori "ecologici" (agricoltura, mezzi di trasporto pubblici, trasporto stradale). In molti casi, le deroghe suddette vengono concesse per salvaguardare la competitività delle imprese nazionali qualora vengano applicate tasse più elevate nei settori dell'energia e dell'ambiente. La moltiplicazione delle tasse nazionali, che differiscono per il campo di applicazione, i metodi di calcolo, le aliquote e così via, mette a repentaglio l'uniformità del mercato interno e potrebbe ostacolare il funzionamento dei mercati liberalizzati del gas e dell'elettricità.

I meccanismi nazionali e comunitari esistenti possono quindi falsare sia la scelta del consumatore tra le varie fonti di prodotti che le condizioni di concorrenza. Il modo migliore per ovviare a questi problemi sarebbe quello di creare un quadro comunitario che favorisca il ravvicinamento dei regimi tributari degli Stati membri.

Nel 1997, pertanto, la Commissione ha proposto una direttiva del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per l'imposizione dei prodotti energetici [17], onde estendere il campo di applicazione delle direttive sugli oli minerali ad altre fonti energetiche quali il carbone, l'elettricità e il gas naturale aumentando nel contempo l'accisa comunitaria minima sui prodotti energetici. Grazie all'introduzione graduale del principio "chi inquina paga", la proposta permetterebbe di ristrutturare i regimi tributari nazionali, di conseguire determinati obiettivi politici a livello di occupazione, ambiente, trasporti ed energia e di migliorare il funzionamento del mercato interno. Fra le caratteristiche più salienti della proposta va sottolineata la raccomandazione, rivolta agli Stati membri, di non aumentare l'onere fiscale globale nell'attuare la direttiva. Gli studi macroeconomici evidenziano che una riforma strutturata basata sull'introduzione di "tasse ecologiche" e sulla riduzione dell'onere fiscale a carico dei lavoratori può, in determinate circostanze, rivelarsi doppiamente vantaggiosa, generando cioè effetti positivi per l'occupazione e per l'ambiente.

[17] COM(1997)30

La proposta suddetta, che è rimasta bloccata al Consiglio per quattro anni, deve assolutamente andare avanti anche se non si riesce a raggiungere l'unanimità.

L'estrema eterogeneità delle misure prese dagli Stati membri, specie nel settore del trasporto stradale, in risposta all'aumento dei prezzi verificatosi nel 2000 ha nuovamente evidenziato le carenze della situazione attuale, dimostrando che occorre creare un quadro comune per l'imposizione dei prodotti energetici, non solo per la struttura ma anche per le aliquote fiscali, onde prevenire distorsioni nel mercato interno, garantire che i prezzi dei prodotti energetici riflettano i relativi costi ambientali esterni e aiutare la Comunità a rispettare i suoi impegni internazionali in materia di ambiente.

I progressi compiuti finora dal punto di vista dell'introduzione di tasse ambientali risultano chiaramente alquanto limitati. A tal riguardo potrebbe essere molto utile elaborare un quadro comune con aliquote differenziate basate su obiettivi ambientali. La sopracitata comunicazione della Commissione relativa ad un strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile prevede l'adozione, entro il 2002, della direttiva sui prodotti energetici. La definizione di un quadro comunitario concordato per l'imposizione nel settore dell'energia contribuirebbe a definire degli obiettivi di tutela ambientale più ambiziosi in relazione alle tasse sull'energia entro due anni dall'adozione della direttiva, al fine della piena internalizzazione dei costi esterni.

Tassazione degli autoveicoli

In conformità del programma di lavoro della Commissione per il 2001, verso la fine dell'anno si presenterà una comunicazione sulla tassazione dei veicoli nell'UE nell'intento di avviare un dibattito sui futuri interventi possibili a livello comunitario in materia di doppia imposizione presentando raccomandazioni al riguardo. Per fare un esempio, attualmente non vi è alcun coordinamento per quanto riguarda le tasse di immatricolazione sulle autovetture. In undici Stati membri, chi acquista un'automobile deve pagare una tassa d'immatricolazione, ma qualora dovesse andare a vivere e lavorare in un altro Stato membro dovrebbe immatricolare nuovamente il veicolo presso la motorizzazione locale pagando, in almeno undici degli Stati membri, un'altra tassa di immatricolazione senza possibilità di rimborso o di sgravio delle tasse pagate nel primo paese. Oltre alla tassa di immatricolazione, le notevoli differenze tra i diversi regimi di tassazione dei veicoli causano numerosi problemi dal punto di vista della libera circolazione delle merci. La Commissione valuterà se tali problemi rappresentino una violazione delle disposizioni del trattato e adotterà le opportune misure. Il ravvicinamento delle tasse sui veicoli va in ogni caso incoraggiato, soprattutto in vista della maggiore trasparenza dei prezzi dei veicoli in seguito all'introduzione dell'euro.

Si vaglierà anche la possibilità di riorientare in un'ottica ambientale le tasse di immatricolazione e di circolazione. A tal fine, si potrebbe favorire la differenziazione delle tasse sugli autoveicoli in base alle emissioni di CO2 di ogni nuova automobile messa in circolazione. I lavori della Commissione in tale settore si baseranno soprattutto sugli altri programmi comunitari, in particolare la strategia della Comunità relativa alle emissioni di CO2 prodotte dagli autoveicoli, il programma Auto Oil II e il programma europeo sui cambiamenti climatici. Essa proporrebbe interventi futuri di vario tipo, tenendo conto degli obiettivi ambientali della Comunità e in particolare di quelli contenuti nel protocollo di Kyoto.

Imposte sui tabacchi e sugli alcolici

Per agevolare il funzionamento del mercato interno e conseguire gli obiettivi più generali del trattato, i servizi della Commissione devono elaborare relazioni e proposte riguardanti i livelli minimi delle accise comunitarie su alcool e tabacco. La Commissione ha adottato di recente una relazione e una proposta sull'imposizione del tabacco. Attualmente, all'interno dell'UE i prezzi e le aliquote d'accisa per i prodotti a base di tabacco variano considerevolmente da uno Stato membro all'altro (ad esempio, nello Stato membro che applica le imposte più elevate l'accisa sulle sigarette è il quadruplo di quella dello Stato membro che applica le imposte più basse). Le misure proposte dovrebbero migliorare la convergenza tra i livelli delle tasse dei diversi Stati membri oltre a combattere le frodi e il contrabbando nel mercato interno. Si rivolge inoltre particolare attenzione alle tutela della salute e al suo rapporto con il prezzo di questi prodotti. Per quanto concerne la relazione riguardante le accise sull'alcool e sulle bevande alcoliche, i servizi della Commissione stanno consultando gli Stati membri e le associazioni commerciali interessate circa le questioni da esaminare nella relazione, ossia il corretto funzionamento del mercato interno, la concorrenza tra le diverse categorie di bevande alcoliche, il valore reale dell'aliquota del dazio e gli obiettivi più generali del trattato (quali la protezione della salute e la politica agricola). Nel corso dell'anno, la Commissione intende adottare una relazione sull'imposizione dell'alcool.

3.2 Imposizione diretta

3.2.1 Contesto internazionale

Nella sezione 2.2 della presente comunicazione si insiste sull'importanza della dimensione internazionale ai fini dello sviluppo della politica fiscale dell'UE. Ciò vale in particolare per le imposte dirette, che hanno maggiormente risentito della globalizzazione. Per poter funzionare efficacemente un'economia globale ha bisogno di regole di base accettabili, che disciplinino l'attività dei governi e delle imprese. Le principali economie mondiali, comprese quelle degli Stati membri dell'UE, hanno puntato globalmente a creare condizioni fiscali favorevoli ad una libera concorrenza in questo campo e all'attività commerciale transfrontaliera, scongiurando al tempo stesso l'erosione delle basi imponibili nazionali. Negli ultimi anni, il lavoro in merito alla concorrenza fiscale dannosa ha assolto un ruolo centrale, sia nell'OCSE che nell'UE, attraverso il pacchetto fiscale, al fine di assicurare che le basi imponibili non subiscano un processo di erosione.

Si sono fatti notevoli progressi nell'individuare le pratiche fiscali dannose e nel concordare i rispettivi calendari di eliminazione. Al tempo stesso, si comincia ad avere un quadro più chiaro delle giurisdizioni non UE disposte a collaborare alle iniziative internazionali a favore di una concorrenza fiscale leale e delle giurisdizioni che non sono disposte a collaborare. Nei prossimi mesi, i paesi membri dell'OCSE studieranno le possibili misure coordinate di difesa contro le giurisdizioni che si rifiutano di collaborare. La Comunità dovrebbe svolgere un ruolo di guida nel far progredire tali lavori, indipendentemente dall'attuale cambiamento di strategia da parte degli Stati Uniti. Tuttavia, nel caso degli Stati membri dell'UE, qualsiasi misura di questo tipo deve essere compatibile con il trattato. Oltre a concordare le opportune misure di difesa, la Comunità deve valutare anche la coerenza di tutte le sue politiche nei confronti delle giurisdizioni che collaborano e di quelle che non collaborano. Ad esempio, le politiche comunitarie sugli aiuti allo sviluppo e sull'accesso ai mercati dell'UE dovrebbero incoraggiare e ricompensare la cooperazione con le iniziative a favore della concorrenza fiscale leale. La Commissione cercherà il modo migliore di garantire tale coerenza.

Ovviamente, l'attività dell'OCSE in materia di imposte dirette va ben oltre la questione della concorrenza fiscale dannosa. L'Organizzazione, infatti, ha affrontato per prima il problema della doppia imposizione, elaborato orientamenti sui prezzi di trasferimento e avviato i primi lavori sull'imposizione delle società per quanto riguarda il commercio elettronico. La Comunità gode di uno status speciale in sede di OCSE, di cui è membro a pieno titolo ma senza diritto di voto e dove la Commissione rappresenta gli interessi dell'intera Comunità. Accade spesso, tuttavia, che gli Stati membri non si consultino sulle questioni fiscali discusse in sede di OCSE prima di assumere una posizione in merito, impedendo talvolta alla Comunità di adottare una posizione coerente o di sfruttare appieno il suo potenziale quando si tratti di un interesse comune. Secondo la Commissione, pertanto, si dovrebbe cercare il modo di coordinare le opinioni espresse dagli Stati membri durante le discussioni fiscali in sede di OCSE pur senza modificare il quadro istituzionale, compresi i diritti di voto degli Stati membri. Si tratta di un'impostazione auspicabile dal momento che la normativa CE e la giurisprudenza della Corte europea di giustizia influiscono inevitabilmente sulle posizioni degli Stati membri.

3.2.2 Tassazione delle imprese

Uno dei principali obiettivi della Commissione in materia di imposte dirette è garantire che i regimi fiscali dell'UE in materia societaria tengano conto dell'aumento delle attività transfrontaliere e delle moderne strutture organizzative delle imprese. A tal fine, i servizi della Commissione stanno attualmente preparando uno studio sulla tassazione delle società nell'UE onde presentare, tra breve, una comunicazione sui risultati dello studio e le relative implicazioni a livello di politica fiscale. Come richiesto dal Consiglio il 22 luglio 1999, lo studio "sarà condotto nell'ambito delle conclusioni del Consiglio europeo di Vienna, che sottolineano l'esigenza di combattere la concorrenza fiscale dannosa tenendo conto del fatto che la cooperazione nel settore della politica fiscale non mira ad introdurre aliquote fiscali uniformi e non è incompatibile con una concorrenza fiscale leale, bensì è necessaria al fine di ridurre le continue distorsioni nel mercato interno anche per stimolare la crescita economica e migliorare la competitività internazionale della Comunità, prevenire eccessive perdite di gettito tributario o conferire alle strutture tributarie un indirizzo più favorevole all'occupazione. Lo studio terrà conto anche delle conclusioni del Consiglio Ecofin, che invitano ad individuare le differenze esistenti nell'imposizione effettiva delle società nella Comunità e gli eventuali conseguenti problemi politici. Lo studio dovrebbe anche mettere in evidenza i restanti ostacoli fiscali che si frappongono allo svolgimento di un'attività economica transfrontaliera nel mercato unico.

Lo studio esaminerà le differenze dei livelli di imposizione effettiva delle società tenendo conto, tra l'altro, dei risultati della relazione del comitato Ruding (1992). Una particolare attenzione sarà riservata all'impatto delle basi imponibili sui livelli effettivi di imposizione. Oltre a ciò, lo studio dovrebbe individuare le principali disposizioni in campo fiscale che possono ostacolare le attività economiche transfrontaliere nel mercato unico. Su questa base dovrebbe essere espressa una valutazione degli effetti sulla localizzazione delle attività economiche e degli investimenti. La Commissione dovrebbe porre in evidenza i problemi di politica fiscale legati alla riduzione delle distorsioni di origine fiscale ed esaminare eventuali misure di rimedio, tenendo conto delle rispettive sfere di competenza degli Stati membri e della Comunità."

La fiscalità è un fattore importante per la scelta della localizzazione degli investimenti, ma non è il solo. L'accessibilità geografica dei mercati, le infrastrutture esistenti, il costo dei trasporti, le norme ambientali, la disponibilità e la qualità della manodopera, i livelli salariali, i sistemi previdenziali e la politica generale del governo costituiscono altri fattori altrettanto decisivi. Ovviamente, la loro importanza relativa varia a seconda del tipo di investimento che l'impresa decide di intraprendere.

Le attività transfrontaliere delle imprese sono attualmente all'origine di molti casi di discriminazione, doppia imposizione e costi amministrativi eccessivi a causa delle complesse procedure amministrative e dei ritardi nel rimborsare le imposte. Ad esempio, diverse multinazionali europee hanno aspettato più di cinque anni che le autorità fiscali di due Stati membri concordassero i prezzi di trasferimento per gli scambi transfrontalieri di servizi. A ciò si aggiungono le questioni fiscali connesse alla riorganizzazione delle imprese, spesso accompagnata da fusioni e acquisizioni transfrontaliere, per cui agli oneri fiscali normali si somma generalmente un'imposta "una tantum". Il trattamento fiscale delle imprese europee deve essere definito anche in funzione del recente accordo sullo statuto della società europea. Si dovranno quindi modificare la normativa fiscale vigente e le proposte legislative dell'UE onde includere le società europee. Anche i rappresentanti dell'industria, del resto, insistono affinché un regime fiscale europeo comune sia applicato a queste società su base facoltativa.

Grazie a questo studio sull'imposizione delle società, la Commissione potrà esaminare con cognizione di causa le modifiche da proporre. Lo studio analizzerà questioni di grande importanza, chiedendosi ad esempio se sia opportuno che la Commissione si limiti a ovviare di volta in volta ai diversi ostacoli fiscali tollerando l'esistenza, all'interno dell'UE, di 15 regimi diversi di imposizione delle società (con le spese che ne conseguono). In alternativa, si potrebbero cercare soluzioni più globali e politicamente ambiziose, proponendo ad esempio alle società di poter optare per un'unica serie di norme sulla definizione della base imponibile da applicare alle loro attività in tutta l'UE. Nell'ambito di un approccio basato sul riconoscimento reciproco - come ad esempio la cosiddetta strategia impositiva basata sulle norme del paese di residenza o strategia di "imposizione del paese di residenza" - si potrebbero applicare le norme nazionali esistenti, altrimenti si dovrebbero definire nuove norme comuni a livello dell'UE. Gli operatori economici sono favorevoli a questa soluzione paneuropea, e quindi più globale, per l'eliminazione degli ostacoli fiscali transfrontalieri. Si farebbe così un notevole passo avanti in merito ad aspetti fondamentali della politica fiscale dell'UE; cio' ovviamente aumenterebbe l'importanza economica globale delle aliquote delle imposte sulle società. L'ampliamento dell'UE aggiungerà un'ulteriore dimensione a questo sviluppo.

A prescindere dalla soluzione scelta, è evidente che l'eliminazione degli ostacoli fiscali ridurrà i costi di adeguamento e l'incidenza della doppia imposizione, migliorando l'efficienza del mercato interno e favorendo le operazioni transfrontaliere economicamente vantaggiose. Si contribuirà così in misura considerevole a migliorare la competitività delle imprese dell'UE.

3.2.3 Imposta sul reddito delle persone fisiche

Come si è detto nella sezione 2.3, le imposte sul reddito delle persone fisiche sono di esclusiva competenza degli Stati membri e il coordinamento all'interno dell'UE serve soltanto ad evitare discriminazioni a livello transfrontaliero o ad eliminare gli ostacoli all'esercizio delle quattro libertà. In alcuni settori, in particolare, può risultare necessario coordinare le imposte sul reddito delle persone fisiche per evitare la doppia imposizione o la non imposizione involontaria delle attività transfrontaliere, oppure per combattere l'evasione transfrontaliera. Uno degli esempi più calzanti di quest'ultimo tipo di misure è la proposta di direttiva presentata dalla Commissione per garantire un'imposizione minima effettiva sui redditi da risparmio sotto forma di interessi all'interno della Comunità [18].

[18] COM(1998)295

Nella raccomandazione del 21 dicembre 1993 relativa alla tassazione di taluni redditi percepiti in uno Stato membro da soggetti in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedono [19], la Commissione proponeva di applicare un sistema comunitario d'imposizione al reddito delle persone che hanno la residenza fiscale in uno Stato membro ma esercitano la loro attività in un altro. Detta raccomandazione mira sostanzialmente ad evitare la doppia imposizione del reddito dei lavoratori frontalieri. Ciò significa in pratica che le persone non residenti beneficiano dello stesso trattamento fiscale dei residenti se ottengono il 75% del loro reddito totale in uno Stato membro; in tal caso, lo Stato membro di residenza è autorizzato a ridurre proporzionalmente le agevolazioni fiscali personali. La raccomandazione è stata ripresa in gran parte dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (CGE) nel caso Schumacker (C-279/93) e la maggior parte degli Stati membri ha modificato in tal senso la propria legislazione.

[19] 94/79/CE

La raccomandazione suddetta, tuttavia, ha affrontato solo uno dei problemi specifici connessi all'imposta sul reddito delle persone fisiche, lasciando irrisolti tutti gli altri problemi connessi all'imposizione dei non residenti o all'interrelazione tra imposizione e previdenza sociale. In futuro questo tipo di problemi si porrà sempre più spesso, come dimostra il numero sempre più consistente di casi in cui viene adita la Corte di giustizia delle Comunità europee. Occorre pertanto migliorare il coordinamento in sede di UE, per evitare che la Corte debba risolvere da sola i problemi transfrontalieri connessi all'imposta sul reddito delle persone fisiche.

Un problema emerso più recentemente riguarda i regimi applicabili al cosiddetto personale emigrato altamente qualificato. Diversi Stati membri con imposte personali relativamente elevate hanno introdotto dei regimi fiscali agevolati per questa categoria di lavoratori (solitamente sotto forma di imposta fissa) al fine di attirare delle categorie specifiche di lavoratori qualificati o di esperti. Sebbene, in seguito ad un esame attento, tali regimi non siano considerati aiuti di Stato, essi creano notevoli problemi, in termini di parità di trattamento, se paragonati ai regimi fiscali applicati nei confronti degli altri contribuenti residenti. Inoltre, tale approccio può determinare una "fuga di cervelli" da altri Stati membri per motivi fiscali. Questi ultimi si vedranno quindi costretti a introdurre dei regimi simili. Nel 1997 diversi Stati membri e la Commissione hanno ritenuto che tali problemi potessero essere affrontati nell'ambito del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese e che la suddetta questione potesse essere esaminata nel quadro di un'eventuale estensione del campo di applicazione del codice mediante una procedura di revisione. Sebbene sia prematuro pronunciarsi su tale ipotesi, la Commissione è dell'avviso che tali regimi presentino una chiara dimensione comunitaria e che possano potenzialmente risultare dannosi. Inoltre, essi non tengono conto della sopracitata raccomandazione politica, riconosciuta a livello generale, per un abbassamento generalizzato delle imposte sulla manodopera meno qualificata.

3.2.4 Imposizione delle pensioni

Il 19 aprile 2001, la Commissione ha adottato una comunicazione sull'eliminazione degli ostacoli fiscali all'erogazione transfrontaliera di pensioni aziendali e professionali [20] che propone di applicare un'impostazione globale ai problemi riscontrati in questo settore. Il più delle volte, infatti, gli Stati membri non concedono sgravi fiscali per i contributi previdenziali versati in altri paesi; ciò impedisce ai datori di lavoro e ai dipendenti di trasferire le pensioni erogate da un organismo di un altro Stato membro, con tutti i problemi che ne conseguono per le persone, sempre più numerose, che cominciano a lavorare e a versare contributi a un fondo pensioni in uno Stato membro per poi trasferirsi in un altro. Anche il sistema di imposizione delle pensioni varia da uno Stato membro all'altro. Alcuni Stati, infatti, concedono sgravi fiscali per i contributi pensionistici, per poi tassare le pensioni professionali. Altri, invece, non concedono sgravi fiscali per i contributi pensionistici ma non tassano le pensioni professionali. Ne può derivare una doppia imposizione o una doppia esenzione per le persone che lavorano in uno Stato membro e vanno a vivere in un altro una volta in pensione. Per evitare questo tipo di problemi, le imprese che operano in più di uno Stato membro devono spesso istituire regimi pensionistici in ciascuno Stato dove impiegano personale, con notevoli costi supplementari.

[20] COM(2001)214

La comunicazione completa la proposta della Commissione dell'11 ottobre 2000 riguardante la direttiva sul fondo pensioni, che non si occupa delle questioni fiscali. Oltre a chiarire il modo in cui le norme del trattato sui lavoratori e sui servizi si applicano per quanto riguarda le pensioni, la comunicazione chiede la rapida abolizione di tutte le discriminazioni nei confronti dei contributi pensionistici transfrontalieri presenti nelle legislazioni tributarie degli Stati membri. Essa contiene inoltre proposte volte a proteggere il gettito fiscale degli Stati membri in caso di contributi pensionistici transfrontalieri. In terzo luogo, la comunicazione affronta i problemi più cronici di doppia imposizione e di non imposizione derivanti dall'amalgama di regimi fiscali non compatibili, cioè quando le pensioni vengono tassate mentre i contributi pensionistici non erano detraibili, o viceversa. Per risolvere il problema basterebbe uniformare i regimi pensionistici. Tuttavia, data l'attuale diversità di tali regimi, la comunicazione mira a valutare in quale misura questi problemi possano essere risolti avvalendosi dei regimi e del quadro legislativo esistenti.

3.3 Lotta contro la frode fiscale - Imposte dirette e indirette

A prescindere dal tipo di imposte (dirette o indirette), il problema delle frodi fiscali desta sempre maggiori preoccupazioni sia all'interno dell'UE che a livello mondiale. Il 28 gennaio 2000, la Commissione ha presentato una relazione [21] in cui propone di intensificare la cooperazione amministrativa per rafforzare la lotta contro le frodi. Nel 1999, il Consiglio ha incaricato un gruppo di lavoro ad hoc di:

[21] COM(2000)28 - Relazione al Consiglio e al Parlamento europeo a norma dell'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 218/92 e dell'articolo 12 del regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89.

* valutare la situazione attuale in materia di frode fiscale;

* analizzare le eventuali carenze delle norme e dei sistemi di controllo comunitari esistenti e l'efficacia dei meccanismi di cooperazione amministrativa attualmente utilizzati nella lotta contro l'evasione e le frodi fiscali nel settore delle imposte indirette e dirette;

* cercare il modo di migliorare la cooperazione amministrativa in questo settore, suggerendo tutte le modalità e le misure appropriate.

Nella riunione del 5 giugno 2000, il Consiglio ha giudicato le raccomandazioni del gruppo di lavoro ad hoc un utile punto di partenza per i futuri interventi della Commissione e degli Stati membri nella lotta contro le frodi fiscali. Dette raccomandazioni si dividono in 3 categorie:

* quelle che rientrano nelle competenze della Commissione (volte a intensificare la cooperazione amministrativa, l'assistenza reciproca e gli scambi di informazioni tra gli Stati membri);

* quelle di esclusiva competenza degli Stati membri, che richiedono azioni specifiche (perfezionando, ad esempio, i metodi di selezione dei controlli sulla base di un'analisi dei rischi);

* quelle che richiedono un'azione comunitaria di natura non legislativa (come ad esempio uno studio volto a modificare il sistema di scambi di informazioni sull'IVA).

Per mettere in pratica le raccomandazioni in materia di IVA, la Commissione:

* rafforzerà gli strumenti giuridici comunitari riguardanti la cooperazione amministrativa. Nel primo semestre del 2001, la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una proposta di regolamento e una direttiva di modifica onde intensificare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per combattere le frodi nel settore dell'IVA. Nel corso del 2001, essa presenterà inoltre al Consiglio e al Parlamento europeo una proposta di regolamento che consentirà agli Stati membri di avvalersi dell'assistenza della Commissione nei casi più complessi di frode.

* esaminerà con attenzione le misure prese dagli Stati membri; e

* prenderà tutte le iniziative necessarie per mettere in pratica le raccomandazioni che richiedano un'azione comunitaria di natura non legislativa nel comitato permanente sulla cooperazione amministrativa o nel sottocomitato antifrode per l'IVA presieduto dalla Commissione.

Al fine di prevenire la frode fiscale e di semplificare le procedure per gli operatori nel settore delle accise, la Commissione intende proporre l'informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS) tra gli Stati membri.

In seguito alla relazione del gruppo di lavoro ad hoc, la Commissione presenterà, dopo ulteriori consultazioni con gli Stati membri, opportune proposte in materia di imposte dirette al fine di ridurre i casi di frode.

3.4 Conseguimento degli obiettivi della politica fiscale nel quadro del processo di ampliamento

Gli obiettivi della politica fiscale dell'UE non possono essere definiti senza tener conto anche del processo di ampliamento. Alcuni aspetti dovranno ancora essere discussi in funzione della capacità dei paesi candidati di assumere gli obblighi previsti dall'acquis comunitario. Nella maggior parte dei casi tali questioni riguardano alcuni degli elementi fondamentali dell'acquis in materia fiscale. Laddove la Commissione ritenga che tali questioni compromettano il buon funzionamento del mercato interno o possano causare notevoli distorsioni, essa raccomanderà al Consiglio, conformemente agli attuali principi di negoziazione, di non concedere periodi transitori. Ciò non toglie che nell'elaborare la politica fiscale dell'UE si tenga sempre più conto del futuro ampliamento. Per quanto riguarda la proposta di direttiva sull'imposizione dei risparmi, ad esempio, al Consiglio europeo di Santa Maria da Feira del giugno 2000 si è deciso che durante i negoziati sull'ampliamento non si sarebbero concesse ai paesi candidati deroghe all'obbligo di scambiare informazioni. I paesi candidati devono inoltre rispettare i principi del codice di condotta in materia di imposizione delle imprese, cosa che in via di principio si sono tutti impegnati a fare.

4. Meccanismi per il conseguimento degli obiettivi

4.1 Processo decisionale

Per progredire in materia fiscale, la Commissione si avvale da sempre delle proposte di direttiva e, in alcuni casi, di regolamento. Il vantaggio delle direttive e dei regolamenti è che vengono adottati dopo una discussione approfondita in sede di Consiglio, di Parlamento europeo e di Comitato economico e sociale, e che garantiscono una certezza giuridica perché possono essere applicati dalla CGE.

Il ritmo di adozione delle proposte di direttiva nel settore fiscale, però, è decisamente troppo lento. 16 proposte di direttiva in materia di imposizione presentate dalla Commissione sono attualmente allo studio in sede di Consiglio a cui sono pervenute, in alcuni casi, nei primi anni '90. Si spera che, almeno per quanto riguarda l'IVA, gli Stati membri si mostreranno più disposti ad adottare le nuove proposte e quelle in sospeso una volta che avranno approvato la strategia attuale. Ciononostante, alla luce dei rapidi mutamenti in campo economico e tecnologico, dai quali emerge con evidenza l'esigenza di adeguare e modernizzare tempestivamente la relativa legislazione, la Commissione intende applicare maggiormente i poteri di attuazione conferitigli dal Consiglio in virtù del trattato.

Gli scarsi progressi ottenuti in materia di imposizione, hanno originato discussioni sul modo in cui le istituzioni dell'UE possano gestire le questioni tributarie. È attualmente allo studio l'eventuale creazione di un nuovo organo incaricato di coordinare le questioni fiscali in sede di Consiglio. Anche se questo dibattito è quanto mai opportuno, poiché riflette il maggior peso politico assunto dalle questioni fiscali a livello dell'UE, la mancanza di progressi è legata più ad una volontà politica insufficiente, cui si aggiunge il requisito dell'unanimità, che all'esistenza dell'uno o dell'altro organismo. Qualsiasi proposta in tal senso, pertanto, dovrebbe rispettare la struttura istituzionale e i metodi della Comunità. La Commissione darà il proprio contributo alle discussioni a venire.

Come accennato precedentemente, la Commissione rimane dell'avviso che, almeno su alcune delle questioni fiscali, il passaggio al voto a maggioranza qualificata rappresenti una tappa indispensabile. Dal momento che, per ora, il voto all'unanimità continua a rappresentare la base giuridica, dopo l'allargamento sarà molto più difficile raggiungere un accordo su nuove normative comunitaria. E perció qualora non sia assolutamente indispensabile ricorrere a provvedimenti legislativi (specie per quanto riguarda le imposte dirette), si dovranno quindi applicare altri metodi per eliminare gli ostacoli fiscali e le distorsioni del mercato interno, in modo da rispondere alle legittime aspettative dei contribuenti.

4.2 Il ruolo della Commissione quale custode del trattato

Un altro modo di eliminare gli ostacoli fiscali al buon funzionamento del mercato interno consiste in un ricorso più frequente, o più mirato, alle procedure d'infrazione. I vari tipi di ostacoli fiscali, compresi quelli non citati in precedenza, dimostrano che in determinati settori, come l'imposizione delle società e gli strumenti d'investimento collettivo, le norme fiscali degli Stati membri possano contravvenire al trattato o alla legislazione comunitaria vigente. Sebbene la Commissione esponga periodicamente le sue osservazioni alla CGE in merito alle azioni fiscali promosse da singoli contribuenti, ha avviato direttamente solo poche procedure d'infrazione contro gli Stati membri in materia di imposizione diretta. Tuttavia, la rapida evoluzione della giurisprudenza della CE in questo settore a cui si è assistito negli ultimi anni grazie alle azioni promosse da singoli ha messo in luce la necessità di un ulteriore intervento da parte della Commissione.

Il fatto che la giurisprudenza relativa al settore delle imposte dirette ed indirette presenti diversi gradi di sviluppo è in gran parte dovuto ai differenti livelli di competenza della Comunità in tale settore. Tuttavia, è anche vero che le azioni giudiziarie risultano estremamente onerose sia per i contribuenti che per le amministrazioni. Spesso, inoltre, l'applicazione generale di un caso specifico in un determinato Stato membro non è del tutto chiara. Gli effetti dell'impostazione giuridica attuale, sono per di più sovente asimmetrici, visto che ciascuno Stato membro applica in modo diverso le nuove norme fiscali che deve introdurre in seguito ad una sentenza della Corte. È compito della Commissione proporre una risposta comune alle sentenze in questione, se del caso attraverso la legislazione comunitaria. La Commissione svolge inoltre un importante ruolo assicurando che le sentenze della CGE siano rispettate e opportunamente applicate dagli Stati membri.

Va da sé che la Commissione non può, come custode dei trattati, dar prova di indulgenza in caso di violazione della normativa fiscale. La comunicazione del 26 luglio 2000 relativa all'adeguamento tra le attività della Commissione e le risorse umane [22] caldeggiava un potenziamento degli interventi della Commissione nella sua veste di custode dei trattati, specie nei settori fiscale e doganale. In tale contesto, è opportuno ricordare che l'articolo 96 del trattato fornisce la base giuridica per l'adozione di misure da parte della Commissione in caso di distorsioni della concorrenza nel mercato interno. Tali misure possono comprendere proposte di direttiva adottate a maggioranza qualificata.

[22] SEC(2000)2000

Dal momento che le misure fiscali dirette e indirette potrebbero rientrare nell'ambito delle disposizioni del trattato CE in materia di aiuti di Stato, la Commissione dedica ad esse una particolare attenzione e continuerà ad adottare le misure necessarie per garantire il rispetto del trattato. Per quanto riguarda le imposte dirette, nella comunicazione del 1998 sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese [23], la Commissione ha illustrato in dettaglio i criteri che essa applica in tale settore.

[23] GU C384 del 10.12.1998, pag. 3

In sintesi, la Commissione intende ora adottare una strategia più attiva nei confronti delle infrazioni fiscali, tenendosi pronta ad intervenire in modo più tempestivo quando venga violata la legislazione comunitaria. Essa assicurerà inoltre la corretta applicazione delle sentenze della CGE. Nel settore delle imposte dirette vi è un problema che merita di essere affrontato con una particolare urgenza: l'attuale sistema, che consiste nel reagire caso per caso quando la CGE viene adita dai singoli contribuenti, non rappresenta una base adeguata per il raggiungimento degli obiettivi comunitari concordati.

4.3 Ampliare la gamma degli strumenti politici

Il ricorso a strumenti non legislativi o a norme non vincolanti potrebbe rappresentare un altro mezzo per compiere ulteriori progressi nel settore delle imposte. Il principio della pressione reciproca, che è alla base del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, potrebbe essere esteso ad altri settori. Si potrebbero utilizzare altri strumenti, in particolare le raccomandazioni della Commissione, già usate in passato, ma anche gli orientamenti e le note interpretative. Il Parlamento dovrebbe essere coinvolto il più possibile in tali approcci non legislativi, applicando l'attuale meccanismo di consultazione del Parlamento.

L'impostazione non legislativa e le norme non vincolanti dovrebbero dare risultati particolarmente soddisfacenti quando dispongano di una solida base giuridica (trattato e giurisprudenza della Corte di giustizia). In questi casi, infatti, strumenti quali le comunicazioni, le raccomandazioni, gli orientamenti e le note interpretative possono guidare gli Stati membri nell'applicazione dei principi del trattato e favorire la rapida eliminazione degli ostacoli al mercato interno. L'impiego di tali strumenti può, almeno in parte, risolvere il sopracitato problema dell'approccio giuridico asimmetrico. In primo luogo, questi strumenti possono evidenziare i potenziali problemi giuridici e indicare il modo di affrontarli evitando conflitti giuridici o vertenze vere e proprie. In secondo luogo, essi possono contribuire all'elaborazione di nuove norme fiscali che sostituiscano quelle giudicate illegali dalla Corte, come dimostra la comunicazione sulle pensioni. Un altro settore in cui applicare questa impostazione potrebbe essere quello dei trattati fiscali bilaterali conclusi dagli Stati membri tra di essi o con paesi terzi. In un certo senso, la raccomandazione del 1993 sull'imposizione dei non residenti spiana la via all'applicazione delle norme non vincolanti.

D'altro canto, però, queste norme richiedono talvolta risorse considerevoli e non sono direttamente applicabili in termini giuridici.

4.4 La cooperazione rafforzata

In alcuni casi, ci si potrebbe avvalere delle possibilità, offerte dal trattato di Amsterdam e sviluppate dal trattato di Nizza, di intensificare la cooperazione tra sottogruppi di Stati membri con posizioni analoghe. Tale approccio potrebbe essere utilizzato in particolare per la politica fiscale per la quale, anche nel lungo termine, le decisioni del Consiglio vengono adottate all'unanimità. Si dovrebbe trattare di politiche omogenee, per evitare che gli Stati membri scelgano tra le politiche quelle ad essi più favorevoli. La decisione di Nizza consentirà alla Commissione di proporre al Consiglio che un piccolo gruppo composto solo da otto Stati membri possa collaborare più strettamente, previa approvazione del Consiglio a maggioranza qualificata. Tuttavia, conformemente ai principi concordati a Nizza, tale approccio non deve, tra l'altro, compromettere il funzionamento del mercato interno, costituire una barriera o una discriminazione commerciale, falsare le condizioni di concorrenza o incidere sulle competenze, sui diritti e sugli obblighi degli Stati membri che non partecipano.

La cooperazione tra gli Stati membri nel settore dell'imposizione diretta è stata disciplinata quasi sempre dai trattati fiscali bilaterali. La cooperazione rafforzata potrebbe essere impostata in maniera tale da risultare vantaggiosa per i paesi partecipanti, incoraggiando anche gli altri paesi ad aderire.

Intensificando la cooperazione in materia di imposizione indiretta si potrebbero compiere dei progressi per quanto riguarda l'imposizione nei settori dell'ambiente e dell'energia. La maggior parte degli Stati membri ha fortemente auspicato di progredire in questi settori.

5. Conclusione

Oltre a continuare l'importante battaglia contro la concorrenza fiscale dannosa, la Comunità deve far sì che la politica fiscale favorisca il conseguimento degli obiettivi di Lisbona, promuova il buon funzionamento e lo sviluppo del mercato interno, contribuisca a ridurre in maniera durevole l'onere fiscale globale, rafforzi le altre politiche concordate dall'UE e favorisca la modernizzazione del modello sociale europeo. Negli ultimi anni, ci si è adoperati con sempre maggiore impegno per intensificare la cooperazione in materia di politica fiscale. Ora si tratta di garantire il buon funzionamento del mercato interno e dell'UEM. In particolare, l'UE deve affrontare i problemi pratici cui devono far fronte i singoli e le imprese che operano nel mercato interno, raggiungendo il necessario livello di coordinamento tra gli Stati membri per far fronte a questi problemi. In tale contesto, inoltre, si dovranno aiutare gli Stati membri a combattere la frode e l'evasione fiscale. La doppia imposizione non può essere autorizzata quando sia dovuta semplicemente alla natura transfrontaliera dell'attività economica, ma la sua eliminazione non deve consentire l'elusione e l'evasione fiscale. Analogamente, bisogna evitare che l'armonizzazione dei regimi fiscali degli Stati membri dia luogo ad una non imposizione involontaria.

La Commissione si adopererà per conseguire gli obiettivi specifici della politica fiscale individuati nella comunicazione. A tal fine,

* la Commissione ha definito una chiara strategia legislativa sull'IVA per i prossimi cinque anni, e insisterà affinché il Consiglio la attui rapidamente;

* vista l'urgente necessità di ravvicinare le leggi degli Stati membri sull'imposizione applicata nell'UE ai settori dell'ambiente e dell'energia, la Commissione esaminerà con un'attenzione particolare tutti i modi possibili per progredire in questo campo;

* nell'intento di tutelare la salute e di combattere le frodi e il contrabbando nel mercato interno, la Commissione ha proposto misure volte ad aumentare la convergenza tra i livelli delle accise sul tabacco applicate negli Stati membri, e ha avviato consultazioni in merito alle accise sull'alcol;

* Nel campo dell'imposizione societaria ci si chiede sempre di più quanto debba essere intenso il coordinamento. Ci si chiede infatti se, con l'intensificarsi delle attività transfrontaliere, gli ostacoli di natura fiscali possano essere superati con misure parziali che lascino inalterati i regimi nazionali di imposizione delle società. Pur riconoscendo che la fissazione delle aliquote dell'imposta sulle società rimane di esclusiva competenza degli Stati membri, la Commissione propone un'impostazione più ambiziosa e globale, quale una serie comune di regole in questo settore. Lo studio sull'imposizione delle società aiuterà la Commissione a definire la propria posizione su questo soggetto fondamentale;

* è realmente necessario eliminare gli ostacoli fiscali alla corresponsione transfrontaliera delle pensioni professionali, come risulta dalla recente comunicazione della Commissione sull'imposizione delle pensioni. A tal fine, la Commissione esaminerà attentamente le norme degli Stati membri in materia prendendo, se del caso, gli opportuni provvedimenti;

* la Commissione rimane dell'avviso che, almeno su alcune delle questioni fiscali, il passaggio al voto a maggioranza qualificata rappresenti una tappa indispensabile, in particolare in presenza di serie distorsioni nel mercato interno. Tuttavia, per il momento, l'unanimità continua a rappresentare la base giuridica per le decisioni in campo fiscale. Pertanto, sebbene la legislazione fiscale comunitaria continui a svolgere un ruolo importante, la Commissione ritiene opportuno avvalersi di tutti i meccanismi disponibili per conseguire gli obiettivi della politica fiscale, e in particolare;

- le procedure d'infrazione nel settore fiscale vanno usate in modo più costruttivo, mirato e imparziale;

- si dovrà intensificare, per quanto possibile, l'uso delle soluzioni non legislative e dei meccanismi della cooperazione rafforzata.

L'Unione europea deve assolutamente risolvere i problemi ed eliminare gli ostacoli evidenziati nella presente comunicazione per tenere il passo con la globalizzazione e conseguire gli obiettivi fissati dal trattato e dagli ultimi Consigli europei. La Commissione continuerà pertanto ad adoperarsi attivamente, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà ma tenendo conto delle esigenze del mercato interno e del suo ruolo di custode dei trattati, per proseguire sulla via del coordinamento fiscale secondo gli orientamenti contenuti nella presente comunicazione.

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