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Document 52000DC0469

Libro verde - Problematiche ambientali del PVC (presentato dalla Commissione)

/* COM/2000/0469 def. */

52000DC0469

Libro verde - Problematiche ambientali del PVC (presentato dalla Commissione) /* COM/2000/0469 def. */


LIBRO VERDE - Problematiche ambientali del PVC

(presentato dalla Commissione)

INDICE

1. Introduzione

2. L'industria del PVC e i suoi prodotti

2.1. Il PVC e le sue applicazioni

2.2. Processi di produzione del PVC e dei suoi composti

2.3. Struttura e descrizione dell'industria del PVC

3. L'uso degli additivi nel PVC

3.1. Percentuali e tipi di additivi

3.2. Stabilizzanti

3.3. Plastificanti

4. La gestione dei rifiuti di PVC

4.1. Situazione attuale e sviluppi futuri

4.2. Riciclaggio meccanico

4.3. Riciclaggio chimico

4.4. Altre tecnologie di riciclaggio e di recupero incluso il co-incenerimento

4.5. Incenerimento

4.6. Discarica

5. Altri aspetti orizzontali relativi al PVC

6. Conclusioni

LIBRO VERDE

Problematiche ambientali del PVC

1. Introduzione

La Commissione si è assunta l'impegno di procedere a una valutazione dell'impatto ambientale del PVC, ivi compresi gli effetti sulla salute umana ad esso connessi, attraverso un approccio integrato. Nella Proposta di direttiva sui veicoli fuori uso [1], si afferma che "la Commissione esaminerà i dati relativi agli aspetti ambientali della presenza di PVC nei flussi di rifiuti; che, sulla base di tali dati, la Commissione riesaminerà la sua strategia sui flussi di rifiuti contenenti PVC e, laddove lo impongano motivi di ordine ambientale o sanitario, presenterà le opportune proposte per affrontare gli eventuali problemi in questo settore". Nella Posizione comune del Consiglio relativa a tale Proposta [2] si afferma inoltre che "la Commissione sta attualmente esaminando l'impatto ambientale del PVC; la Commissione presenterà, in base a tale esame, appropriate proposte quanto all'impiego del PVC che contengono considerazioni circa i veicoli".

[1] COM (97) 358 def.

[2] (CE) n. 39/1999.

Il PVC è al centro di un controverso dibattito da circa un decennio. Sulla questione del PVC e dei suoi effetti sulla salute umana e sull'ambiente sono state espresse divergenti opinioni di ordine scientifico, tecnico ed economico. Alcuni Stati membri hanno raccomandato o adottato misure concernenti aspetti specifici del ciclo di vita del PVC. Tali misure non sempre sono identiche e alcune di esse possono avere ripercussioni sul mercato interno. Al fine di sviluppare le misure necessarie a garantire la massima tutela della salute umana e dell'ambiente, nonché il buon funzionamento del mercato interno, è necessario adottare un approccio integrato atto a consentire la valutazione dell'intero ciclo di vita del PVC.

I due obiettivi del presente documento sono, innanzi tutto, presentare e valutare su base scientifica le diverse problematiche ambientali che sorgono nelle varie fasi del ciclo di vita del PVC, ivi compresi gli effetti sulla salute umana e, in secondo luogo, considerare alcune soluzioni alternative per ridurre gli effetti che è necessario combattere in vista di uno sviluppo sostenibile. Questo può servire come base per una consultazione con le parti interessate al fine di identificare soluzioni pratiche ai problemi di salute e ambientali creati dal PVC.

2. L'industria del PVC e i suoi prodotti

2.1. Il PVC e le sue applicazioni

Il cloruro di polivinile (PVC) è un materiale polimerico sintetico (o resina), prodotto mediante addizione ripetitiva del cloruro di vinile monomero (CVM), la cui formula è CH2=-CHCl. Il PVC ha perciò la stessa struttura del polietilene, eccetto che per la presenza del cloro. Il cloro contenuto nel PVC rappresenta il 57% in peso della resina polimerica pura. Il 35% del cloro prodotto per elettrolisi dei cloruri alcalini va a costituire il PVC, che costituisce pertanto il principale settore di utilizzo.

Il PVC puro è un materiale rigido, ad elevata resistenza meccanica, relativamente resistente agli agenti atmosferici, resistente all'acqua e alle sostanze chimiche, isolante elettrico, ma relativamente instabile al calore e alla luce. Il calore e la luce ultravioletta conducono infatti a una perdita di cloro sotto forma di acido cloridrico (HCl). Ciò può essere evitato attraverso l'aggiunta di stabilizzanti. Gli stabilizzanti sono spesso composti a base di sali di metalli come il piombo, il bario, il calcio o il cadmio, o composti organostannici [3].

[3] Per maggiori dettagli e per le quantità vedere il paragrafo 3.

Le proprietà meccaniche del PVC possono essere modificate attraverso l'aggiunta alla matrice polimerica di composti a basso peso molecolare. Variando le dosi di questi additivi, detti plastificanti, si ottiene un'ampia varietà di materiali con proprietà diverse che hanno condotto all'uso del PVC in una vasta gamma di applicazioni. I principali tipi di plastificanti usati sono esteri di acidi organici, soprattutto ftalati e adipati [4].

[4] Per maggiori dettagli e per le quantità vedere il paragrafo 3.

La principale distinzione tra le numerose applicazioni è tra "PVC rigido" (che rappresenta circa due terzi del totale) e "PVC flessibile" (che rappresenta circa un terzo).

La seguente tabella, relativa all'Europa, elenca le principali applicazioni del PVC e le relative percentuali rispetto al totale. Le diverse applicazioni sono caratterizzate da un ciclo di vita molto variabile, compreso tra alcuni mesi e oltre 50 anni (per alcuni materiali da costruzione). In Europa il PVC trova impiego principalmente nel settore edilizio, che rappresenta il 57% dell'utilizzo totale e nel quale vengono impiegati i prodotti con i cicli di vita mediamente più lunghi.

Tabella 1: Principali categorie d'utilizzo del PVC in Europa (1999) [5]

[5] Prognos, Mechanical recycling of PVC wastes, Studio per la DG XI, gennaio 2000.

>SPAZIO PER TABELLA>

2.2. Processi di produzione del PVC e dei suoi composti

La produzione e l'uso in grande scala del PVC hanno avuto inizio negli anni Cinquanta e Sessanta, sebbene la prima produzione industriale risalga agli anni Trenta.

La produzione mondiale di PVC supera oggi i 20 milioni di tonnellate l'anno (rispetto ai 3 milioni di tonnellate del 1965), che corrisponde a circa un quinto della produzione totale di materie plastiche. Il PVC è pertanto uno dei materiali sintetici più importanti. La produzione è concentrata principalmente negli Stati Uniti, nell'Europa occidentale e in Asia. Nell'Europa occidentale la produzione è stata, nel 1998, di 5,5 milioni di tonnellate (circa il 26% della produzione mondiale). La produzione di PVC ha registrato negli ultimi anni tassi di crescita medi compresi tra il 2% e il 10%, con alcune differenze tra le diverse regioni (superiori in Asia, inferiori in Europa) e per le diverse applicazioni (superiori per il PVC rigido e inferiori per quello flessibile). I prezzi del PVC vergine hanno un andamento molto ciclico a causa delle variazioni dell'offerta e della domanda e dei prezzi delle materie prime.

I processi utilizzati per la produzione di PVC sono principalmente due: polimerizzazione del CVM in sospensione (80%) e in emulsione (10%).

La produzione di CVM dall'etilene e dal cloro, o etilene e HCl rispettivamente, si svolge in larga misura in processi industriali chiusi duranti i quali possono tuttavia verificarsi emissioni di cloro, etilene, dicloroetilene, HCl, CVM e sottoprodotti clorurati, tra cui diossine, nell'ambiente di lavoro e nell'ambiente esterno (aria e acqua). La tossicità di alcune di queste sostanze chimiche è ben nota [6] e sono pertanto necessarie severe misure di controllo delle emissioni. Sono state adottate numerose direttive comunitarie concernenti i processi di produzione del PVC e del CVM [7].

[6] Ai sensi della Direttiva 67/548/CEE, il CVM è classificato come cancerogeno di categoria 1, l'EDC come cancerogeno di categoria 2, l'HCl come corrosivo e irritante delle vie respiratorie.

[7] Protezione della salute dei lavoratori esposti al cloruro di vinile monomero. Direttiva 78/610/CEE del 29.6.78 (GU L 197 del 22.7.1978, pag. 12).

Come in altri settori dell'industria chimica, nel corso degli anni sono stati introdotti continui miglioramenti dei processi produttivi. Le migliori tecnologie per la produzione di CVM e di PVC in sospensione ora disponibili hanno condotto all'adozione di alcuni valori limite per le emissioni di queste sostanze nelle Decisioni OSPAR (Convenzione per la protezione ambientale marittima del Nord Est Atlantico) [8]. Un impegno volontario era già stato firmato nel 1995 dall'Associazione europea dei produttori di PVC (ECVM). In questo documento di settore concernente la produzione di CVM e PVC (in sospensione) erano stati fissati, per alcune sostanze chimiche, ridotti limiti di emissione da raggiungersi entro il 1998. Il rispetto dell'impegno assunto è stato verificato da un ente indipendente, che ha attestato una conformità complessiva dell'88% per tutti i valori misurati. L'ECVM ha espresso l'intenzione di raggiungere la completa conformità ai contenuti dell'impegno al più presto. Oltre al suddetto documento concernente la produzione di CVM e di PVC in sospensione, l'ECVM ha firmato nel 1998 un documento relativo alla produzione di PVC in emulsione con ridotti limiti di emissione di CVM nell'aria e nell'acqua, e del contenuto di CVM nel polimero finale. Le aziende che pur osservando la normativa vigente a livello locale e nazionale e soddisfacendo i requisiti richiesti non rispettano ancora i limiti più ristretti sanciti dall'impegno volontario, si sono impegnate ad adeguarsi entro il 2003. Per l'inizio del 2004 è prevista una verifica da parte di un ente indipendente esterno.

[8] Le Decisioni 98/4 e 98/5 entrano in vigore il 9 febbraio 1999 per i nuovi impianti e l'1 gennaio 2006 per gli impianti esistenti. Nella sua Proposta di decisione del Consiglio [COM(1999) 190 def.] la Commissione propone che queste decisioni vengano approvate a nome della Comunità.

Il prodotto finito si ottiene dal PVC greggio attraverso diversi passaggi. L'aggiunta dei necessari additivi viene detta "compoundizzazione" del PVC. Il PVC è un materiale termoplastico, ossia fonde per effetto del calore e può quindi essere sagomato nelle più svariate forme attraverso vari processi. Dopo il raffreddamento, il materiale riacquista le sue proprietà originali. Per la trasformazione del PVC vengono utilizzati numerosi metodi che sfruttano questa proprietà, tra cui l'estrusione, la calandratura, lo stampaggio a iniezione, la soffiatura, lo stampaggio a rotazione, la termoformatura e il soffiaggio del film.

Durante la compoundizzazione e l'ulteriore trasformazione può verificarsi l'emissione di alcune sostanze pericolose con conseguente esposizione degli addetti alla lavorazione. La compoundizzazione della polvere di PVC e degli additivi (anch'essi in polvere o in forma liquida) si svolge in genere all'interno di attrezzature chiuse, ma durante le operazioni di dosaggio delle diverse sostanze nel miscelatore gli addetti possono risultare esposti. Ciò può essere evitato o limitato al minimo ai sensi di quanto sancito dalla Direttiva 98/24/CE [9] del Consiglio sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro.

[9] GU n. L 131 del 5.5.1998, pag. 1

In caso di surriscaldamento durante la lavorazione del PVC mediante riscaldamento, formatura e raffreddamento, vi è il rischio di emissione di alcuni composti di degradazione, il più importante dei quali è l'HCl. Le quantità di HCl generate sono tuttavia ridotte e presentano uno scarso potenziale di tossicità per l'ambiente. La quantità di CVM residuo emessa durante la lavorazione è ritenuta essere molto bassa [10]. Le emissioni di stabilizzanti e plastificanti sono anch'esse contenute se vengono adottate misure appropriate. In generale, devono essere adottate misure di protezione del personale addetto al fine di garantire la conformità alle leggi vigenti in materia di tutela della salute dei lavoratori e dell'ambiente [11].

[10] Agenzia danese per la protezione dell'ambiente, Environmental Project No. 313, Environmental Aspects of PVC, 1995

[11] Agenzia danese per la protezione dell'ambiente, op.cit.

2.3. Struttura e descrizione dell'industria del PVC

Recenti statistiche fornite dal settore del PVC stimano che l'industria della produzione e della trasformazione del PVC conti in totale, nell'Europa occidentale, oltre 21.000 aziende con oltre 530.000 posti di lavoro e un fatturato superiore a 72 miliardi di EUR. L'industria può essere divisa in quattro grandi gruppi: produttori di PVC polimero, produttori di stabilizzanti, produttori di plastificanti e trasformatori di PVC.

Il PVC polimero viene prodotto da un numero relativamente ridotto di aziende, situate per la maggior parte in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone. Nei paesi in via di sviluppo la capacità produttiva sta costantemente crescendo. Il consumo annuo nell'Europa occidentale è lievemente superiore alla produzione e, dall'inizio degli anni Novanta, le importazioni sono state superiori alle esportazioni dando luogo, nel 1998, a una piccola importazione netta di circa 230.000 tonnellate (con una produzione interna di circa 5,5 milioni di tonnellate) [12]. Diversi produttori operano nel più ampio settore del cloro e dell'industria petrolchimica e producono anche etilene, cloro e cloruro di vinile monomero (CVM). Nel 1999 le aziende produttrici di CVM e PVC erano 10, con 52 impianti situati in 40 località in 10 Stati membri e in Norvegia e occupavano circa 10.000 persone.

[12] Fonte: ECVM, basato su dati forniti da EUROSTAT.

Undici aziende europee (con 22 stabilimenti) producono oltre il 98% degli stabilizzanti venduti in Europa. Esse occupano circa 5.000 persone per una produzione di 160.000 tonnellate di formulati stabilizzanti, con un fatturato di circa 380 milioni di EUR.

Nel 1999 vi erano in Europa circa 20 aziende che producevano circa 1 milione di tonnellate di plastificanti. Le tre aziende più grandi rappresentavano circa il 40% della capacità totale [13]. Il loro numero è ora in diminuzione: le aziende più piccole stanno abbandonando queste produzioni o vengono acquistate dalle più grandi. Si stima che in questo settore siano impiegate circa 6.500 persone. Nel periodo 1990-1995 la produzione ha registrato un aumento annuo dell'1,5%. L'Europa occidentale è un esportatore netto di plastificanti.

[13] Informazione ricevuta dal Consiglio europeo dei plastificanti e intermedi (ECPI).

La trasformazione del PVC nei prodotti finiti, che richiede due o tre diverse lavorazioni, viene svolta in oltre 21.000 piccole e medie imprese. Il 90% di queste PMI ha meno di 100 dipendenti, il 5% occupa da 100 a 500 persone e il 5% oltre 500. La Tabella 2 riepiloga i dati relativi al numero di aziende, alla produzione e all'occupazione dell'intera filiera del PVC.

Tabella 2: settore del PVC: aziende, produzione, occupazione [14]

[14] Informazioni ricevute dall'Associazione europea dei trasformatori di materie plastiche

>SPAZIO PER TABELLA>

3. L'uso degli additivi nel PVC

3.1. Percentuali e tipi di additivi

Affinché i prodotti finiti presentino le proprietà richieste, il polimero PVC viene miscelato con alcuni additivi. A seconda dell'applicazione cui è destinato il manufatto, la composizione del PVC compoundizzato (ossia resina + additivi) può variare grandemente in base alle diverse quantità di additivi incorporati nel polimero come sostanze di carica, stabilizzanti, lubrificanti, plastificanti, pigmenti o ritardanti di fiamma. Per la fabbricazione dei prodotti vengono usate diverse formulazioni del PVC compoundizzato. L'uso di quantità piuttosto elevate di plastificanti (principalmente ftalati) e stabilizzanti costituisce una caratteristica specifica della produzione del PVC rispetto ad altri tipi di materie plastiche. Tutti gli altri additivi vengono utilizzati in misura variabile come per le altre materie plastiche.

Le categorie di additivi per le quali si rende particolarmente necessaria una valutazione scientifica delle caratteristiche di pericolosità e dei rischi per la salute umana e l'ambiente, sono quella degli stabilizzanti, soprattutto quelli contenenti metalli pesanti come il piombo e il cadmio, e quella dei plastificanti, principalmente gli ftalati.

3.2. Stabilizzanti

Gli stabilizzanti vengono aggiunti al polimero PVC allo scopo di impedirne la degradazione per effetto del calore e della luce. Vengono usati diversi tipi di stabilizzanti e il loro contenuto nel prodotto finito varia a seconda dei requisiti tecnici dell'applicazione cui è destinato.

Gli stabilizzanti al piombo sono attualmente i più usati, in particolare il solfato di piombo e il fosfito di piombo. Nel 1998 sono state usate in Europa circa 112.000 tonnellate [15] di stabilizzanti al piombo (pari al 70% [16] del consumo totale di stabilizzanti) contenenti circa 51.000 tonnellate di piombo. Poiché il consumo europeo di piombo ammonta in totale a circa 1,6 milioni di tonnellate (dato relativo al 1995 [17]), gli stabilizzanti vi concorrono per circa il 3%. Gli stabilizzanti al piombo vengono usati principalmente per la produzione di tubi, profilati e cavi.

[15] Donnelly, J.P. (1999): Risk Assessment of PVC Stabilisers during Production and the Product Life Cycle. Atti del gruppo di lavoro dell'OSPARCOM.

[16] European Industry Position Paper on PVC and Stabilisers. ECVM. Documento prodotto dall'ECVM in collaborazione con ELSA e ORTEP, 1997.

[17] Eurometaux, relazione annuale 1999.

Gli stabilizzanti al cadmio vengono tuttora usati da alcuni produttori nella produzione di PVC per serramenti, per i quali il loro uso è ancora consentito dalla normativa comunitaria. In Europa l'uso del cadmio è ampiamente diminuito da circa 600 tonnellate l'anno nel 1992 [18] a 100 tonnellate l'anno nel 1997 e 50 tonnellate l'anno nel 1998.

[18] Gruppo di lavoro OSPARCOM sul cadmio 1997.

Nel 1998 sono stati utilizzate in Europa circa 14.500 tonnellate di stabilizzanti di miscele di metalli solidi e 16.400 tonnellate di stabilizzanti liquidi [19], [20]. Tra questi tipi di stabilizzanti i sistemi calcio/zinco e bario/zinco sono i più comunemente usati.

[19] Cifre fornite dall'Associazione europea dei produttori di stabilizzanti (ESPA).

[20] Donnelly, J.P. (1999): Risk Assessment of PVC Stabilisers during Production and the Product Life Cycle. Atti del gruppo di lavoro OSPARCOM.

I composti organostannici rappresentano, con 15.000 tonnellate [21], circa il 9,3% del consumo europeo di stabilizzanti. Come stabilizzanti vengono utilizzati vari tipi di organostannici, in particolare miscele di composti mono- e di-organostannici, in prevalenza per la produzione di pellicole rigide per imballaggi, bottiglie, coperture per tetti e rivestimenti rigidi trasparenti da costruzione.

[21] Donnelly, J.P. (1999), op. cit.

Ai sensi della Direttiva 67/548/CEE sulla classificazione e l'etichettatura delle sostanze pericolose e successive modifiche [22], la maggior parte dei composti a base di piombo, ivi compresi quelli usati nel PVC, è classificata tossica per l'apparato riproduttivo, nociva, pericolosa per l'ambiente (ecotossica) e atta a creare il pericolo di effetti cumulativi. Il piombo è persistente e determinati composti a base di piombo si accumulano in determinati organismi.

[22] GU n. L 196 del 16/08/1967, pag. 1 (I composti del piombo sono stati classificati nella direttiva n. 98/98/CE del 15 dicembre 1998 (venticinquesimo adeguamento al progresso tecnico), GU n. L 355 del 30.12.1998, pag. 1

La maggior parte dei composti a base di cadmio è classificata ai sensi della Direttiva 67/548/CEE del Consiglio come dannosa e pericolosa per l'ambiente (ecotossica). Altri composti del cadmio sono classificati come dannosi, tossici o molto tossici. Alcuni composti sono classificati anche come cancerogeni (categoria 2). Il cadmio è persistente e alcuni composti del cadmio si accumulano in determinati organismi.

Dai dati disponibili sui composti organostannici usati come stabilizzanti nel PVC risulta che i diottilstannici sono tossici per il sistema immunitario. Tali effetti immunotossici non sono stati osservati per gli altri composti organistannici usati come stabilizzanti per il PVC (dimetilstannici, dodecilstannici, monobutilstannici). I composti diottilstannici presentano un potenziale rischio ambientale limitatamente all'ambiente acquatico.

Va operata una distinzione tra i pericoli e i rischi creati dalle sostanze chimiche. Al momento non è ancora stata portata a termine una valutazione complessiva del rischio posto dall'uso dei composti del cadmio e del piombo come stabilizzanti nei prodotti in PVC. Ai sensi del Regolamento 793/93 del Consiglio del 23 marzo 1993 sulla valutazione e il controllo dei rischi delle sostanze esistenti [23], sta per essere portata a termine una valutazione di rischio relativamente al cadmio e all'ossido di cadmio. Per il piombo il Comitato scientifico sulla tossicità, l'ecotossicità, e l'ambiente (CSTEE) ha recentemente adottato un parere concernente un progetto di normativa recante il divieto dell'uso del piombo nei prodotti, in Danimarca [24]. Il CSTEE si sta attualmente occupando della questione dei rischi derivanti dall'uso del piombo in generale ed entro la metà del 2001 dovrebbe essere adottato un parere sui rischi creati dal piombo sia per l'ambiente sia per la salute umana, basato tra l'altro su uno studio che verrà commissionato dai servizi della Commissione.

[23] GU n. L 84, del 5.4.1993, pag. 1

[24] Parere del CSTEE concernente il piombo. Notifica 98/595/DK. Parere espresso nel corso della XV assemblea plenaria del CSTEE. Bruxelles, 5 maggio 2000.

Come per la maggior parte dei metalli pesanti, il cadmio e il piombo vengono emessi nell'ambiente da molte altre fonti, diverse dai prodotti in cui vengono utilizzati come additivi, che contribuiscono in misura notevolmente maggiore alla dispersione di questi metalli pesanti nell'ambiente, quali attività industriali, benzina, fertilizzanti e fanghi di depurazione. Inoltre, in molti prodotti vengono utilizzati entrambi i metalli. Il settore di utilizzo più importante per il piombo e il cadmio, dal punto di vista delle quantità, è quello delle batterie e degli accumulatori. Batterie a parte, gli stabilizzanti per PVC rappresentano una delle principali applicazioni del piombo.

Gli aspetti di principale interesse nella discussione sui rischi potenziali creati dall'uso degli stabilizzanti al piombo e al cadmio nel PVC sono i seguenti:

*Gli stabilizzanti al piombo e al cadmio rimangono molto probabilmente legati al PVC durante l'utilizzo e pertanto non danno luogo a rilascio nell'ambiente. Il rischio di contaminazione dell'ambiente dovuto all'utilizzo di stabilizzanti al piombo e al cadmio nel PVC può sussistere nelle fasi di produzione e smaltimento.

*Durante le fasi produttive e del trattamento dei rifiuti è necessario adottare una serie di misure protettive e preventive per eliminare o ridurre al minimo l'esposizione degli addetti, in osservanza della normativa comunitaria sulla tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

*Non sono disponibili dati precisi riguardo al contributo dato dagli stabilizzanti al piombo contenuti nel PVC al carico totale di piombo dei rifiuti solidi urbani messi in discarica o inceneriti. Vari calcoli e stime hanno condotto a risultati ampiamente variabili: 1%, 3%, 6%, 10% [25] e 28% [26]. Per quanto riguarda il cadmio, si stima che abbia origine dal PVC circa il 10% del cadmio che giunge agli inceneritori o alle discariche [27].

[25] Bertin Technologies, The influence of PVC on quantity and hazardousness of flue gas residues from incineration, studio per la DG XI, aprile 2000.

[26] Argus in collaborazione con l'Università di Rostock, The Behaviour of PVC in Landfill, studio per la DG Ambiente, febbraio 2000.

[27] Bertin Technologies, op. Cit.

*Sono state svolte poche ricerche sperimentali sul comportamento in discarica dei rifiuti di PVC contenenti piombo e cadmio. Si ritiene che, per quanto riguarda i rifiuti di PVC rigido, i composti di piombo e di cadmio rimangano incapsulati nel materiale. Per quanto riguarda invece il piombo contenuto nel PVC flessibile, la situazione non è altrettanto certa. In particolare, uno studio [28] ha rivelato un rilascio del 10% di stabilizzanti al piombo da un cavo in PVC flessibile contenente una miscela di vari plastificanti. Non sono state condotte indagini riguardo al contributo dato dal PVC al contenuto di piombo rilevato nei percolati di discarica.

[28] Mersiowski et al., Long-Term Behaviour of PVC Products under Soil-Buried and in Landfills Conditions, Politecnico di Hamburg-Harburg, luglio 1999.

*Durante l'incenerimento del PVC e altri rifiuti praticamente tutto il piombo e il cadmio finiscono nelle scorie del forno e nelle ceneri volanti degli inceneritori. A causa di un'elevata contaminazione con metalli pesanti, le ceneri volanti e i residui, che sono in genere mescolati, devono essere messi in discariche controllate. Le scorie vengono riutilizzate o messe in discarica. Non può pertanto essere esclusa una dispersione di metalli pesanti, ma sembra improbabile nel breve periodo.

Date le incertezza scientifiche di cui sopra, al momento non è possibile quantificare con precisione l'effetto prodotto dalla sostituzione del piombo e del cadmio sulle emissioni complessive nell'ambiente. In ogni caso, se da un lato vi sono dubbi che una generale sostituzione di questi stabilizzanti possa avere un effetto significativo sulle emissioni complessive di piombo o di cadmio nell'ambiente, dall'altro, l'utilizzo a lungo termine degli stabilizzanti al piombo contribuirebbe, secondo alcune analisi, a un aumento della concentrazione di piombo nell'ambiente [29] durante la fase di gestione dei rifiuti.

[29] Ispettorato nazionale svedese per le sostanze chimiche, Additives in PVC, Marking of PVC, relazione di una Commissione governativa, 1997.

A causa dei problemi sollevati dalla presenza di sostanze pericolose nei rifiuti, la strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti [30] ha sancito che "in determinati casi, potrà essere necessario prevedere regole comunitarie per limitare la presenza di metalli pesanti o di altre sostanze nei prodotti o nel processo di produzione onde evitare, in una fase successiva, la produzione di rifiuti pericolosi, ad esempio qualora il reimpiego o il recupero o lo smaltimento in condizioni di sicurezza di una data sostanza non rappresentano una soluzione accettabile per l'ambiente".

[30] COM(96)399.

La tutela dell'uomo e dell'ambiente dai rischi derivanti dall'esposizione al cadmio è all'esame della politica comunitaria da diversi anni. Il 25 gennaio 1988 il Consiglio della Comunità europea ha adottato una Risoluzione [31] concernente un programma d'azione comunitario contro l'inquinamento ambientale da cadmio. In questo documento il Consiglio sottolinea che l'utilizzo del cadmio deve essere limitato ai casi in cui non esistono alternative appropriate.

[31] GU n. C 30 del 4. 2. 1988, pag. 1.

Per quanto riguarda l'uso del cadmio negli stabilizzanti per PVC, la Direttiva 91/338/CEE limita già l'uso del cadmio come stabilizzante in alcune applicazioni. L'uso del cadmio è tuttavia ancora consentito nel PVC destinato alla produzione di serramenti. La Svezia, l'Austria e i Paesi Bassi hanno vietato qualsiasi impiego del cadmio negli stabilizzanti e la Direttiva 1999/51/CE prevede una deroga generale alla Svezia e all'Austria ai fini dell'applicazione di una normativa più rigida concernente il cadmio.

Non esiste una legislazione comunitaria concernente l'uso dei composti del piombo come stabilizzanti. La Danimarca [32], la Svezia [33], l'Austria [34] e la Germania [35] hanno invocato ulteriori restrizioni, obbligatorie o volontarie, riguardo all'uso del piombo e del cadmio, in particolare come stabilizzanti per il PVC.

[32] Notifica della Danimarca di un progetto di normativa concernente la restrizione dell'uso del piombo nei prodotti.

[33] Ispettorato nazionale svedese per le sostanze chimiche, Additives in PVC, Marking of PVC, relazione di una Commissione governativa, 1997.

[34] Legislazione nazionale austriaca concernente il divieto dell'uso del cadmio nel PVC.

[35] Commissione "Human-Biomonitoring" del Ministero tedesco dell'ambiente, "Blei-referenz und Human-Biomonitoring-Werte", 1996. Relazione della Commissione d'inchiesta istituita dal Parlamento tedesco "The products of industrial society; Perspectives on sustainability management of material streams", raccomandazioni concernenti il PVC, luglio 1994.

Inoltre, come accennato in precedenza, il CSTEE sta svolgendo una valutazione del rischio relativamente al cadmio e una valutazione scientifica relativamente piombo. Le decisioni relative alle misure per la riduzione dei rischi potenziali devono basarsi su tutte le valutazioni scientifiche esistenti ed essere riesaminate alla luce dei nuovi sviluppi della scienza, ivi compresi i risultati delle valutazioni del potenziale di rischio futuro.

Alcuni potenziali sostituti del piombo e del cadmio nella produzione di stabilizzanti sono già in uso. I principali sono i sistemi calcio/zinco e gli organostannici. I composti calcio/zinco presentano caratteristiche di pericolosità meno accentuate dei composti del piombo e del cadmio e attualmente non sono classificati come pericolosi. Al momento, la totale sostituzione degli stabilizzanti al piombo è impedita da ragioni tecniche (qualità del prodotto, conformità alle norme, requisiti dei test di prova) ed economiche (costi maggiori). Nei prossimi anni si ritiene che la differenza di prezzo tra gli stabilizzanti al piombo e quelli al calcio/zinco diminuirà grazie alla disponibilità di nuovi impianti produttivi, attualmente in corso di installazione. Gli stabilizzanti contenenti stagno hanno proprietà meno vantaggiose dal punto di vista ambientale e della salute umana.

Nel marzo 2000 l'industria del PVC (produttori di PVC, produttori di additivi e trasformatori di PVC rappresentati dalle rispettive associazioni europee: ECVM, ECPI, ESPA, EuPC [36]) ha firmato un impegno volontario con l'obiettivo dichiarato di "affrontare il tema dello sviluppo sostenibile" e adottare "un approccio integrato atto a consentire la realizzazione del concetto di una gestione responsabile dalla nascita alla fine vita di esercizio del prodotto".

[36] L'ECVM è l'Associazione europea dei produttori di PVC; l'ECPI l'Associazione europea dei plastificanti e intermedi; l'ESPA l'Associazione europea dei produttori di stabilizzanti e l'EuPC l'Associazione europea dei trasformatori di materie plastiche.

I firmatari rappresentano oltre il 98% dei produttori di polimero e composti di PVC e di additivi e il 60-80% dei produttori di serramenti e tubi.

L'accordo volontario affronta diversi aspetti dell'impatto ambientale del PVC e contiene un piano per le varie azioni previste: riduzione delle emissioni nella fase produttiva, restrizione dell'uso del cadmio, progressiva attuazione degli obiettivi di riciclaggio fissati, nonché un programma di impegno finanziario che prevede la creazione di un fondo destinato a finanziare importanti progetti di ricerca. Le principali azioni previste riguardano:

-obblighi specifici da osservarsi nel periodo 2000-2010 (per i dettagli vedere i relativi paragrafi del presente documento);

-obiettivi quantitativi progressivi per il riciclaggio di determinati flussi di rifiuti e la graduale eliminazione del cadmio;

-pubblicazione di una relazione annuale da rendere disponibile alle parti interessate;

-verifica e valutazione dei risultati da parte di un ente indipendente, per la prima volta nel 2003 e poi nel 2008;

-revisione degli obiettivi alla luce dei progressi compiuti in campo tecnico e scientifico, nonché dei suggerimenti delle parti interessate.

La firma e l'entrata in vigore di questo impegno rappresentano un passo importante da valutarsi in base ai criteri di efficacia menzionati nella Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo concernente gli accordi in materia ambientale (COM(96)561 def.).

Perché questa iniziativa possa avere successo, sarà necessario un costante aumento degli sforzi compiuti nei campi specifici oggetto dell'accordo e, in particolare, la riduzione della produzione e dell'uso di determinati additivi, la definizione di quantità più ambiziose per il riciclaggio, il contributo del settore ai costi aggiuntivi dell'incenerimento e un meccanismo di finanziamento pienamente operante.

Per quanto riguarda il cadmio, l'industria si è assunta l'impegno di eliminare gradualmente l'uso degli stabilizzanti a base di questo metallo entro il 2001. Tale impegno non riguarda le importazioni di PVC dai paesi terzi, che possono ancora contenere cadmio.

Per quanto riguarda l'uso del piombo, l'Associazione europea dei produttori di stabilizzanti (ESPA) ha dichiarato il proprio impegno a portare a termine "entro il 2004 un progetto di valutazione iniziale di rischio per gli stabilizzanti al piombo nell'ambito dei programmi 'Confidence in Chemicals' ('Fiducia nei prodotti chimici') varati dal CEFIC (Associazione dell'industria chimica europea) e dall'ICCA (Consiglio internazionale delle associazioni dell'industria chimica)".

L'ESPA ha assunto l'impegno di fornire annualmente le statistiche indicanti il tipo di stabilizzanti acquistati dai trasformatori. L'Associazione anticipa che le 120.000 tonnellate di piombo utilizzate nel PVC nel 1999 diminuiranno a 80.000 tonnellate nel 2010 e ha affermato che "sosterrà questa tendenza sviluppando alternative adeguate". L'industria degli stabilizzanti per PVC non ha per il momento adottato misure volte a favorire l'eliminazione del piombo nel PVC, se non in termini di "continuare a svolgere ricerche per lo sviluppo di stabilizzanti alternativi ai sistemi a base di piombo".

Questioni aperte

Sulla base dell'analisi di cui sopra, la Commissione ritiene che la contaminazione dell'ambiente da piombo e da cadmio debba essere il più possibile evitata. La Commissione si esprime a favore di una riduzione dell'uso del cadmio e del piombo come stabilizzanti nei prodotti in PVC. Potranno essere previste alcune misure, da valutarsi alla luce dei loro potenziali risvolti ambientali ed economici.

1. Adozione di normativa concernente la graduale eliminazione del cadmio e/o del piombo o di altre misure di riduzione del rischio creato dall'uso di queste sostanze con la possibilità di deroghe temporanee.

2. Attuazione dell'impegno volontario sul cadmio firmato dall'industria del PVC.

3. Sviluppo di ulteriori impegni volontari per il piombo.

Quesito n. 1: Quali misure dovrebbero essere attuate per affrontare il problema dell'uso del piombo e del cadmio nel PVC di nuova produzione- Con quali scadenze-

3.3. Plastificanti

I plastificanti sono necessari per la produzione di manufatti in PVC flessibili. Nell'Europa occidentale viene prodotto ogni anno circa un milione di tonnellate di ftalati, di cui circa 900.000 tonnellate destinate alla plastificazione del PVC. Nel 1997 il 93% dei plastificanti per PVC era costituito da ftalati. Gli ftalati più comuni sono il bis-(2-etilesil)ftalato (DEHP), il diisodecilftalato (DIDP) e il diisononilftalato (DINP). Negli ultimi anni l'uso del DEHP è diminuito, mentre quello del DIDP e del DINP è aumentato. Le quantità di plastificanti aggiunti al polimero PVC variano in base alle proprietà desiderate. A seconda dell'utilizzo finale il contenuto di plastificante varia tra il 15 e il 60%, con valori medi per la maggior parte delle applicazioni flessibili compresi tra il 35 e il 40%.

Altri plastificanti quali adipati, trimellitati, organofosfati e olio di soia epossidato possono essere utilizzati come ammorbidenti per il PVC. Queste sostanze rappresentano solo una piccola frazione del totale dei plastificanti in uso. Le informazioni relative all'impatto sull'ambiente e sulla salute umana prodotto da questi plastificanti usati nel PVC sono limitate e per una valutazione adeguata sarebbe necessario acquisire ulteriori dati. Per questo motivo nel presente paragrafo vengono trattati esclusivamente degli ftalati, che sono i plastificanti più importanti dal punto di vista delle quantità prodotte e quelli sui quali sono attualmente in corso le principali valutazioni di rischio per l'ambiente e la salute.

Gli ftalati sono sostanze chimiche di grande consumo, cinque delle quali, a causa dei potenziali rischi per la salute umana e l'ambiente, sono inseriti nei primi tre elenchi di priorità per la valutazione di rischio, ai sensi del Regolamento 793/93 sulle sostanze esistenti. Le valutazioni di rischio relative a queste cinque sostanze vengono svolte da Stati membri relatori [37]. Le valutazioni del rischio per il DEHP, il DIDP, il DINP e il DBP sono state portate a termine o è previsto che lo siano entro l'anno 2000, mentre quella per il BBP si concluderà entro il 2001 .

[37] I cinque ftalati sono: dietilesilftalato (DEHP), relatore Svezia; diisononilftalato (DINP), relatore Francia; diisodecilftalato (DIDP), relatore Francia; dibutilftalato (DBP), relatore paesi Bassi; butilbenzilftalato (BBP), relatore Norvegia.

Il DEHP, il DINP e il DIDP sono potenzialmente soggetti a bioaccumulazione. Le valutazioni del rischio condotte ai sensi del Regolamento 793/93 hanno concluso che il potenziale di bioaccumulazione del DBP,DINP e DIDP non crea preoccupazione, mentre sono attualmente ancora in corso di valutazione i potenziali effetti sull'ambiente del DEHP e del BBP. Gli ftalati a catena lunga presentano una scarsa biodegradabilità se sottoposti ai normali processi di trattamento dei reflui e vengono solo parzialmente degradati nei normali impianti di trattamento dei percolati e delle acque reflue, dove si accumulano nei solidi sospesi. Alcuni ftalati, così come i loro metaboliti e prodotti di degradazione possono nuocere alla salute umana (in particolare al fegato e ai reni per quanto riguarda il DINP e ai testicoli per quanto riguarda il DEHP). Sono in corso di valutazione potenziali proprietà dannose per il sistema endocrino.

Tutti gli ftalati usati in grandi quantità nelle applicazioni del PVC sono oggi ubiquitari nell'ambiente. Il trasporto nell'aria e la percolazione da alcune lavorazioni sono ritenute essere i principali canali tramite i quali gli ftalati entrano nell'ambiente. Queste sostanze sono presenti in elevate concentrazioni, soprattutto nei sedimenti e nei fanghi di acque reflue. In Danimarca è stato segnalato che le concentrazioni di alcuni ftalati possono superare i valori limite fissati a livello nazionale per l'utilizzo dei fanghi di acque reflue in agricoltura.

I rischi connessi con l'uso degli ftalati in alcuni PVC morbidi utilizzati per la produzione di giocattoli e di altri articoli per l'igiene dei bambini sono stati valutati dal Comitato scientifico sulla tossicità, l'ecotossicità, e l'ambiente (CSTEE). Gli ftalati contenuti nei giocattoli e in altri articoli per l'igiene dei bambini vengono rilasciati quando gli oggetti vengono succhiati dai bambini piccoli. Il Comitato scientifico sulla tossicità, l'ecotossicità, e l'ambiente (CSTEE) ha espresso nei suoi pareri una certa preoccupazione circa il rischio derivante dall'esposizione dei bambini a due ftalati (DINP e DEHP) usati in questi prodotti, a causa dei loro potenziali effetti nocivi sul fegato, sui reni e sui testicoli. La Commissione ha adottato il 10 novembre 1999 una Proposta di direttiva e il 7 dicembre 1999 una decisione ai sensi della procedura di emergenza prevista dalla Direttiva 92/59/CE allo scopo di vietare l'uso degli ftalati in alcuni giocattoli e articoli per bambini destinati ad essere messi in bocca.

Senza attendere che venga portata a termine la valutazione di rischio di cui sopra, tre Stati membri hanno già cominciato a elaborare progetti di strategie di gestione del rischio, basate sull'obiettivo generale di una riduzione dell'uso di ftalati. Il governo svedese ha presentato un disegno di legge concernente gli "Obiettivi di qualità ambientale in Svezia" mirante a ridurre l'uso dello ftalato di maggior consumo, il DEHP [38]. Il governo danese ha adottato un piano d'azione per ridurre l'uso degli ftalati del 50% nel corso dei prossimi 10 anni. La sostenibilità del PVC flessibile è stata valutata anche dal Ministero per l'ambiente tedesco [39] che, avendo appurato l'emissione permanente nell'ambiente di ammorbidenti, in particolare di ftalati, da parte di questo materiale, raccomanda la graduale eliminazione del PVC flessibile per le applicazioni per le quali sono disponibili alternative più sicure.

[38] Il governo svedese afferma che "l'uso del DEHP e di altri plastificanti con effetti nocivi contenuti nel PVC per uso esterno, in tessuti e laminati spalmati di PVC e nei prodotti anti-corrosivi per auto deve essere gradualmente eliminato su base volontaria entro il 2001. Altri usi del DEHP come plastificante nel PVC, ad eccezione dei prodotti medicali e dei farmaci, deve essere eliminato gradualmente su base volontaria entro il 2001".

[39] Ministero tedesco per l'ambiente, Handlungsfelder und Kriterien für eine vorsorgende nachhaltige Stoffpolitik am Beispiel PVC, 1999.

Questioni aperte

L'uso degli ftalati nelle applicazioni del PVC solleva problematiche di cui sopra, le quali possono essere affrontate attraverso alcune misure, comprese quelle legislative o volontarie di riduzione del rischio. L'opportunità di adottare tali misure dovrà essere valutata alla luce dei loro risvolti ambientali ed economici.

Quesito n. 2: Devono essere adottate misure specifiche per l'uso degli ftalati come plastificanti per il PVC- In caso affermativo, quando e attraverso quali strumenti-

4. La gestione dei rifiuti di PVC

I servizi della Commissione hanno commissionato quattro studi aventi lo scopo di valutare gli aspetti tecnici delle principali alternative disponibili per la gestione dei rifiuti di PVC: riciclaggio meccanico [40], riciclaggio chimico [41], incenerimento [42] e messa in discarica [43].

[40] Prognos, Mechanical recycling of PVC wastes, studio per la DG XI, gennaio 2000.

[41] TNO, Chemical recycling of plastics waste (PVC and other resins), studio per la DG III, dicembre 1999

[42] Bertin Technologies, The influence of PVC on quantity and hazardousness of flue gas residues from incineration, studio per la DG XI, aprile 2000.

[43] Argus in collaborazione con l'Università di Rostock, The Behaviour of PVC in Landfill, studio per la DG Ambiente, febbraio 2000.

La gestione dei rifiuti di PVC deve essere valutata nel contesto della politica europea di gestione dei rifiuti. La Comunicazione della Commissione concernente il riesame della Strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti [44] ha confermato "la gerarchia di principi secondo cui priorità assoluta rimane la prevenzione della produzione di rifiuti, seguita dal recupero e, infine, dallo smaltimento sicuro". Si afferma inoltre che, "ove ciò sia valido per l'ambiente, si dovrebbe dare la preferenza al recupero di materiale rispetto alle operazioni di recupero dell'energia. Questo principio si basa sul fatto che il recupero del materiale ha un maggiore effetto, rispetto al recupero dell'energia, sulla prevenzione della produzione dei rifiuti. Comunque, sarà necessario tener conto degli effetti ambientali, economici e scientifici delle due opzioni. La valutazione di tali effetti potrebbe portare, in taluni casi, a preferire l'opzione di recupero dell'energia". Nella sua Risoluzione [45] del 24 febbraio 1997, il Consiglio ha approvato questa gerarchia di principi.

[44] COM(96) 399 def.

[45] 97/C 76/01.

4.1. Situazione attuale e sviluppi futuri

Situazione attuale

La quantità totale dei rifiuti di PVC è funzione del consumo di PVC. Tuttavia, poiché i cicli di vita possono superare i 50 anni per alcune applicazioni come i tubi e i serramenti, vi è uno "tempo di latenza" tra il consumo di PVC e la presenza di PVC nel flusso dei rifiuti. I prodotti in PVC hanno raggiunto una notevole quota di mercato negli anni Sessanta. Considerando cicli di vita superiori a 30 anni, si prevede che intorno al 2010 le quantità di rifiuti di PVC cominceranno ad aumentare significativamente.

Poiché il PVC viene utilizzato in una vasta gamma di applicazioni, le previsioni degli aumenti dei rifiuti di PVC nell'UE sono incerte. I più recenti e più dettagliati dati disponibili sulle quantità di rifiuti sono le stime effettuate dagli operatori del settore e sono basate su calcoli che utilizzano le quantità prodotte annualmente e il ciclo di vita medio dei prodotti.

Si stima che nel 1999 i rifiuti totali di PVC siano stati nella Comunità circa 4,1 milioni di tonnellate, di cui 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti post-consumo e 0,5 milioni di tonnellate di scarti pre-consumo. Questi ultimi vengono generati durante la produzione di semilavorati e manufatti di PVC, così come durante la lavorazione e l'installazione dei prodotti in PVC. Attualmente i rifiuti di PVC sono composti per due terzi da PVC flessibile e per un terzo da PVC rigido.

Circa un milione di tonnellate di PVC proviene dai rifiuti generati nei settori delle costruzioni e della demolizione. Un altro milione di tonnellate di PVC è contenuto nei rifiuti solidi urbani, che comprendono sia i rifiuti domestici, sia i rifiuti prodotti dalle attività commerciali e industriali ad essi assimilabili. Vengono generate circa 700.000 tonnellate di rifiuti da imballaggi in PVC e circa 700.000 tonnellate di PVC si trovano nei veicoli destinati alla rottamazione e nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Attualmente nella Comunità il principale metodo di smaltimento per tutti i tipi di rifiuti post-consumo è la messa in discarica. Ciò vale pertanto anche per i rifiuti a fine vita di esercizio di PVC. Attualmente vengono messi in discarica approssimativamente da 2,6 a 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti di PVC all'anno. Il riciclaggio meccanico si applica solo a una piccola frazione dei rifiuti a fine vita di esercizio (circa 100.000 tonnellate). Ogni anno vengono incenerite nella Comunità circa 600.000 tonnellate di PVC.

Sviluppi futuri: scenario di riferimento

Questo scenario [46] descrive la situazione relativamente alle quantità di rifiuti di PVC e ai principali metodi di smaltimento dei rifiuti prevista per gli anni 2000, 2010 e 2020, supponendo che non vengano adottate misure specifiche per il PVC, ad eccezione di quelle di carattere giuridico, amministrativo o volontario già in vigore o in preparazione a livello comunitario e nazionale. In questo scenario viene assunta l'attuazione delle direttive presenti e future concernenti la messa in discarica, l'incenerimento, l'imballaggio, i veicoli destinati alla rottamazione e i rifiuti di materiale elettrico e dell'industria elettronica.

[46] Prognos, op. cit.

L'elemento centrale della gestione dei rifiuti di PVC a fine vita di esercizio è l'atteso aumento quantitativo dei rifiuti di PVC. Le previsioni circa il futuro aumento dei rifiuti di PVC sono incerte, ma è previsto che il volume dei rifiuti di PVC registrerà un significativo aumento del 30% nel 2010 e dell'80% nel 2020, in particolare a causa del notevole aumento dei quantitativi di rifiuti di prodotti con un lungo ciclo di vita. I rifiuti a fine vita di esercizio aumenteranno da circa 3,6 milioni di tonnellate attuali a circa 4,7 milioni di tonnellate nel 2010 e 6,2 milioni di tonnellate nel 2020. Gli scarti industriali di PVC aumenteranno da 0,5 a 0,9 milioni di tonnellate.

Rispetto alla situazione attuale, si prevede che la composizione dei rifiuti a fine vita di esercizio di PVC generati per gruppo di prodotti si modificherà. La quota dei rifiuti di PVC generati dal settore edilizio e dai rifiuti domestici e commerciali registrerà un aumento, mentre la quota dei rifiuti da imballaggio dovrebbe diminuire significativamente. Anche la quota dei rifiuti di PVC flessibili diminuirà.

Nel contesto dello scenario di riferimento definito per i rifiuti di PVC, le modifiche apportate alla gestione dei rifiuti, a seguito dell'adozione di nuove misure legislative e di nuove pratiche, avrà i seguenti effetti:

*La direttiva sulle discariche produrrà alcuni importanti cambiamenti nella gestione dei rifiuti, dovuti principalmente ai previsti aumenti dei costi di gestione delle discariche. Alcuni Stati membri, in particolare la Germania, l'Austria, i Paesi Bassi e la Danimarca, hanno annunciato politiche nazionali di divieto della messa in discarica dei rifiuti organici non trattati, ivi comprese le materie plastiche, ad eccezione dei rifiuti di PVC per la Danimarca.

*Nei prossimi decenni è previsto un aumento significativo del riciclaggio, in particolare per quei flussi di rifiuti per i quali verranno fissati degli obiettivi di riciclaggio. Dovrebbe aumentare anche il recupero di energia per i rifiuti che non posso essere riciclati.

In che misura questo influirà sul trattamento dei rifiuti di PVC verrà discusso in maggior dettaglio nei seguenti paragrafi dedicati alle principali alternative disponibili per la gestione dei rifiuti.

4.2. Riciclaggio meccanico

Vengono definiti di riciclaggio meccanico i processi durante i quali i rifiuti di PVC vengono trattati solo meccanicamente, principalmente mediante frantumazione, vagliatura e macinazione. I materiali riciclati risultanti (in polvere) possono essere utilizzati per la produzione di nuovi manufatti. La qualità dei riciclati di PVC può essere molto variabile a seconda del grado di contaminazione e della composizione del materiale raccolto. La qualità dei riciclati determina il grado al quale il materiale vergine può essere sostituito dai riciclati: i riciclati "ad alta qualità" possono essere riutilizzati nelle stesse applicazioni del PVC, mentre i riciclati "a bassa qualità" da frazioni di rifiuti misti possono in genere solo essere riutilizzati in manufatti di altri materiali (riciclaggio "di risulta").

Il riciclaggio dei rifiuti a fine vita di esercizio è ancora poco praticato nell'UE e le quantità riciclate rappresentano meno del 3% del totale [47]. Nell'UE vengono attualmente riciclate circa 100.000 tonnellate. Gran parte del riciclaggio dei rifiuti a fine vita di esercizio di PVC (circa il 70%) è rappresentato da riciclaggio di risulta nel settore dei rifiuti di cavi (circa 38.000 tonnellate) e di imballaggi (circa 19.000 tonnellate).

[47] Prognos, op. cit.

Il riciclaggio meccanico ad alta qualità per i rifiuti a fine vita di esercizio si trova ancora in una fase preliminare ed esiste solo per poche categorie di prodotti e su quantità modeste (circa 3.600 tonnellate di profilati rigidi, 5.500 tonnellate di tubi in PVC e 550 tonnellate di materiali per la pavimentazione).

Da quanto rilevato non vi sono Stati membri in cui il tasso di riciclaggio dei rifiuti a fine vita di esercizio sia significativamente superiore alla media comunitaria. In alcuni paesi sono stati definiti degli schemi di raccolta, di solito su base volontaria. Il tasso di riciclaggio è comunque in genere inferiore al 5% e consiste in larga misura nel riciclaggio di risulta di imballaggi e cavi.

Per quanto riguarda gli scarti industriali, nel 1998 sono state riciclate circa 420.000 tonnellate di PVC, pari a circa l'85% del quantitativo generato. Il riciclaggio meccanico degli scarti industriali esiste in tutti gli Stati membri e può essere considerato un'attività economicamente redditizia.

Alcune valutazioni del ciclo di vita [48] svolte per alcuni prodotti specifici in PVC hanno evidenziato che il riciclaggio meccanico è vantaggioso dal punto di vista ambientale per gli scarti industriali, gli scarti di lavorazione e i rifiuti a fine vita di esercizio che possono essere separati. I vantaggi ambientali offerti dal riciclaggio di risulta di materiali plastici misti per la produzione di materiali di sostituzione del calcestruzzo, del legno e di altre applicazioni non plastiche sono meno certi.

[48] Prognos, op. cit.

In ogni caso, la presenza di additivi classificati come pericolosi, come il piombo, il cadmio e i PCB, nei grandi flussi di rifiuti di PVC solleva problematiche specifiche per quanto riguarda le possibilità di riciclaggio. Il riciclaggio dei rifiuti di PVC contenenti metalli pesanti ha come risultato una diluizione di queste sostanze in una maggior quantità di PVC, dal momento che è necessario aggiungere del materiale vergine. I metalli pesanti non vengono rilasciati direttamente nell'ambiente durante il processo di riciclaggio e la rinnovata vita di esercizio, ma il riciclaggio del PVC contenente questi metalli pesanti rimanda lo smaltimento finale a un momento successivo. Se da un lato può essere difficile controllare l'uso del PVC riciclato contenente piombo e cadmio, dall'altro, è tecnicamente improbabile, desiderando ottenere riciclati ad alta qualità, che i rifiuti di PVC delle varie applicazioni possano essere riciclati insieme. Poiché le formulazioni degli additivi sono specifiche per prodotto, le aziende di riciclaggio preferiscono riciclare in applicazioni simili. Potrebbero essere previste altre misure, come la restrizione della vendita incontrollata dei riciclati contenenti metalli pesanti o i loro successivi utilizzi. La proibizione del riciclaggio dei rifiuti di PVC contenenti metalli pesanti eliminerebbe il riciclaggio meccanico dei rifiuti di PVC a fine vita di esercizio dell'edilizia, che è anche il flusso di rifiuti che offre le maggiori possibilità di riciclaggio ad alta qualità, poiché contengono praticamente tutti piombo o cadmio. Si noti che, ad eccezione della Danimarca, gli Stati membri che hanno vietato l'uso del cadmio come stabilizzante consentono comunque il riciclaggio dei rifiuti di PVC contenenti cadmio. Il problema dei PCB nei rifiuti di cavi di PVC è stato affrontato nella Direttiva CE/96/59 concernente lo smaltimento del PCB e del PCT, che sancisce che i cavi contenenti oltre 50 ppm di PCB vengano considerati come i PCB e debbano pertanto essere decontaminati oppure smaltiti in osservanza di quanto sancito da tale direttiva.

Il PVC può avere un'influenza negativa sul riciclaggio di altre materie plastiche contenute nei rifiuti di plastiche miste. Quando il PVC viene lavorato con altre plastiche, come nei rifiuti di imballaggi, la temperatura di lavorazione è limitata all'intervallo della lavorazione del PVC, che è relativamente basso rispetto a quello di altre plastiche. Poiché hanno una densità simile, i rifiuti di polietilentereftalato (PET) e di PVC sono difficili da separare e la presenza del PVC crea dei costi aggiuntivi su alcuni schemi di riciclaggio del PET, come quello delle bottiglie in questo materiale. In alcuni casi, l'industria del PVC ha riconosciuto questo problema e contribuisce alla copertura dei costi aggiuntivi.

Come per altri materiali, il riciclaggio del PVC è limitato anche dai costi generali di questo processo. La redditività economica viene raggiunta quando i costi di riciclaggio netti (ossia i costi generali per la raccolta, la separazione e la lavorazione, meno i ricavi provenienti dalla vendita dei prodotti riciclati) sono inferiori ai prezzi dei metodi alternativi di smaltimento dei rifiuti di PVC. Se non può essere raggiunta la redditività economica, il riciclaggio dei rifiuti di PVC non può avere luogo in condizioni di mercato libero, a meno che non vi siano obblighi di legge o misure volontarie che rendano obbligatorio o favoriscano il riciclaggio del PVC. La raccolta rappresenta il maggior collo di bottiglia per quanto riguarda sia la disponibilità di rifiuti che i costi.

Attualmente il riciclaggio di alta qualità dei rifiuti a fine vita di esercizio (in particolare tubi, profilati, materiali per la pavimentazione) non è redditizio, perché i costi di riciclaggio netti sono molto superiori ai costi per la messa in discarica o l'incenerimento. Inoltre il proprietario dei rifiuti deve sostenere maggiori costi per la separazione dei rifiuti nei cantieri edilizi.

Il riciclaggio a bassa qualità di rifiuti di PVC a fine vita di esercizio, come ad esempio i rifiuti di imballaggi, non è economicamente redditizio. Anche per altri flussi di rifiuti adatti per il riciclaggio a bassa qualità, come le forniture per ufficio e le pellicole da stampa, è improbabile che venga raggiunta la redditività economica. Gli isolamenti per cavi sono l'unico rifiuto a fine vita di esercizio che può essere riciclato a costi competitivi data la presenza di metalli con un certo valore economico, come il rame.

In conclusione, il riciclaggio degli scarti industriali di PVC può, in linea di principio, essere redditizio, mentre il riciclaggio dei rifiuti a fine vita di esercizio è comunque lungi dall'offrire la competitività economica. Oltre a schemi di riciclaggio con un'ampia copertura regionale, sono necessari incentivi finanziari per la raccolta separata dei rifiuti di PVC. Inoltre il PVC è spesso presente come componente in materiali compositi, oppure mescolato in flussi di rifiuti contaminati che richiedono operazioni di raccolta e di cernita specifiche. Il prezzo del materiale vergine, che è altamente volatile (tra 0,5 e 0,8 EUR/kg), influisce notevolmente sulla redditività del riciclaggio. Inoltre, i prezzi per la messa in discarica e l'incenerimento sono bassi. Tuttavia nei prossimi anni si prevede che le condizioni economiche per il riciclaggio migliorino, in particolare a causa dell'aumento dei costi per la messa in discarica e l'incenerimento.

Sviluppi e orientamenti politici futuri

Nello scenario di riferimento, nel 2010 e nel 2020 potrebbe essere riciclato meccanicamente circa il 9% del totale dei rifiuti di PVC, pari a circa 400.000 tonnellate di rifiuti di PVC nel 2010 e a 550.000 tonnellate nel 2020 [49]. I tassi di riciclaggio variano a seconda del flusso di rifiuti specifico considerato.

[49] Prognos, op. cit.

*Per il riciclaggio ad alta qualità di rifiuti di PVC da costruzione e da demolizione potrebbero essere raggiunti i seguenti tassi: circa il 25% per i tubi, circa il 40% per i serramenti e circa il 12% per i materiali per pavimenti.

*Per il riciclaggio a bassa qualità i tassi sarebbero di circa il 65% per i cavi presenti nel flusso di rifiuti da costruzione e da demolizione, circa il 30% per i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e circa il 20% per gli imballaggi.

*Altri flussi di rifiuti come quelli domestici e commerciali non verrebbero riciclati secondo quanto assunto in questo scenario.

Sulla base di questo scenario di riferimento, sono stati stimati i potenziali di riciclaggio massimi [50], che rappresentano quantitativi di PVC che possono essere riciclati tenendo conto dei limiti tecnici ed economici del riciclaggio di questo materiale. In base a questo scenario, il potenziale per i rifiuti a fine vita di esercizio è di circa 800.000 tonnellate nel 2010 e di 1,2 milioni di tonnellate nel 2020, pari a un tasso di riciclaggio di circa il 18%. Questo significa che il riciclaggio meccanico dei rifiuti di PVC può contribuire solo alla gestione di circa un quinto dei rifiuti di PVC a fine vita di esercizio. Altri metodi di smaltimento dei rifiuti continuerebbero a rivestire una notevole importanza.

[50] Prognos, op. cit.

Nel suo impegno del marzo 2000, l'industria del PVC ha fissato dei quantitativi che si impegna a raggiungere per quanto riguarda il riciclaggio meccanico di tubi, raccordi e serramenti. Per i tubi, l'impegno è di "riciclare almeno il 50% del quantitativo raccolto disponibile di rifiuti di tubi e raccordi entro il 2005". Per i serramenti l'impegno è di "riciclare almeno il 50% del quantitativo disponibile raccoglibile entro il 2005". Questi obiettivi non sono basati sui rifiuti generati, ma sui rifiuti raccolti.

L'industria del PVC ha stimato i quantitativi riciclati annualmente nel 2005 come segue: 15.000 tonnellate di tubi e 15.000 tonnellate di serramenti. In ogni caso l'impegno non comprende altri grandi flussi di rifiuti di PVC che potrebbero dare riciclati di alta qualità, quali i profilati rigidi diversi dai serramenti (circa 240.000 tonnellate nel 2005), materiali per pavimentazione calandrati (circa 240.000 tonnellate nel 2005) e profilati e tubi flessibili (circa 120.000 tonnellate nel 2005). Ciò nonostante, nel suo impegno volontario l'industria del PVC afferma che nel caso di altre applicazioni potenziali come i cavi in PVC e i rivestimenti per tetti e pavimentazioni, "è necessario ulteriore lavoro per sviluppare un appropriato sistema logistico e appropriate tecnologie e applicazioni per il riutilizzo". Inoltre l'industria ha dichiarato il proprio impegno a sostenere questi sviluppi, ivi compreso il raggiungimento di più elevati obiettivi di riciclaggio meccanico "nel più breve tempo possibile".

Questioni aperte

Sulla base dell'analisi di cui sopra e dato il tasso di riciclaggio attualmente basso, la Commissione ritiene che il riciclaggio del PVC debba essere aumentato. Tale obiettivo potrebbe essere realizzato attraverso una serie di misure da applicarsi separatamente o in combinazione, dopo averne valutato i potenziali risvolti ambientali ed economici. Tra le misure possibili vi sono:

1. Obiettivi di raccolta e riciclaggio obbligatori per alcuni importanti flussi di rifiuti di PVC.

2. Impegno volontario dell'industria per migliorare e finanziare, totalmente o parzialmente, la raccolta e il riciclaggio di alcuni importanti flussi di rifiuti di PVC.

3. Raccomandazioni agli Stati membri con l'obiettivo di istituire e sviluppare la raccolta differenziata dei rifiuti di PVC e di altri rifiuti di demolizione.

4. Sviluppo di una normativa appropriata che consenta l'uso di materiali in PVC riciclato.

5. Marcatura dei prodotti in plastica come utile strumento per facilitare la separazione dei rifiuti di PVC dagli altri rifiuti, e sviluppo di altri metodi di identificazione e di cernita della plastica

6. Sviluppo di processi di riciclaggio innovativi per determinati rifiuti di PVC post-consumo.

Quesito n. 3: Quali misure sarebbero più efficaci per consentire il raggiungimento dell'obiettivo di un aumento del riciclaggio del PVC-

Il riciclaggio dei rifiuti di PVC contenenti metalli pesanti solleva problematiche specifiche dovute alla potenziale diluizione di tali metalli in una nuova e probabilmente più ampia gamma di prodotti. Per affrontare questa problematica potrebbero essere previste alcune misure specifiche, da valutarsi alla luce dei loro potenziali risvolti ambientali ed economici. Tra queste vi sono:

1. Strumenti legislativi per ridurre il riciclaggio meccanico dei rifiuti in PVC contenenti piombo e cadmio.

2. Condizioni specifiche per il riciclaggio di questi materiali, come ad esempio il riciclaggio nello stesso tipo di applicazione, il controllo dell'immissione sul mercato dei riciclati, la marcatura dei prodotti riciclati e il controllo dell'uso dei metalli pesanti.

3. Nessuna condizione specifica per il riciclaggio di questi materiali.

Quesito n. 4: Devono essere adottate misure specifiche per il riciclaggio meccanico dei rifiuti di PVC contenenti piombo e cadmio- In caso affermativo, quali-

4.3. Riciclaggio chimico

Il riciclaggio chimico prevede una serie di processi durante i quali le molecole polimeriche che costituiscono i materiali plastici vengono scisse in molecole più piccole. Queste possono essere monomeri direttamente utilizzabili per produrre nuovi polimeri o altre sostanze che possono essere utilizzate altrimenti, come materiali di partenza in processi dell'industria chimica di base.

Nel PVC si verifica, oltre alla scissione della struttura molecolare del polimero, l'emissione del cloro fissato alle catene sotto forma di acido cloridrico (HCl). A seconda della tecnologia di processo, l'HCl può essere riutilizzato, previa purificazione, oppure deve essere neutralizzato per formare vari prodotti di cui alcuni possono essere utilizzati mentre altri devono essere smaltiti.

In pratica, negli ultimi 5 anni, solo poche iniziative sono sfociate, o potranno sfociare nel prossimo futuro, nella costruzione di impianti industriali per il riciclaggio chimico. I processi di riciclaggio chimico possono essere classificati in base alla loro capacità di trattare rifiuti con un alto o un basso tenore in cloro, tenendo conto che il contenuto massimo di PVC trattabile con tecnologie per un basso tenore in cloro è del 4%-5%. Due dei tre impianti per il riciclaggio chimico di rifiuti a basso tenore in cloro esistenti sono stati chiusi per motivi economici e di approvvigionamento. Per i rifiuti ricchi di PVC è attualmente operativo un impianto che utilizza una tecnologia basata sull'incenerimento con recupero dell'HCl. Due impianti pilota diventeranno operativi nei prossimi anni.

Secondo diverse valutazioni del ciclo di vita, alcuni processi di riciclaggio chimico darebbero risultati decisamente migliori, in termini di energia utilizzata e riscaldamento globale, rispetto all'incenerimento e alla messa in discarica dei rifiuti solidi urbani. Inoltre alcuni processi consentono il recupero del cloro, riducendo così il fabbisogno di cloro di nuova produzione mediante elettrolisi dei cloruri alcalini, che è una tecnologia ad alto impiego energetico. Le valutazioni del ciclo di vita effettuate non hanno consentito di esprimere preferenza per una delle tecnologie di riciclaggio chimico esaminate. Dal punto di vista ambientale è preferibile il riciclaggio meccanico diretto dei rifiuti ricchi di PVC, soprattutto quando questo consente di ottenere prodotti d'alta qualità e non richiede operazioni di cernita o trattamenti preliminari dispendiosi [51].

[51] TNO, op. cit.

I plastificanti vengono trasformati in materie prime insieme alle parti organiche del PVC. Gli stabilizzanti che contengono metalli pesanti si trasformano per lo più in residui solidi che, con tutta probabilità, dovranno essere messi in discarica. Nella maggior parte delle tecnologie di riciclaggio chimico dedicate, le emissioni di altre sostanze che possono dare problemi (a parte i residui solidi) sono contenute [52]. Non si possono trarre conclusioni certe sulla formazione di diossine. Normalmente le condizioni di riduzione e le temperature elevate favoriscono la scissione e impediscono la formazione di diossine, come accade per le condizioni operative in alcuni processi.

[52] TNO, op. cit.

Il riciclaggio chimico dei rifiuti ricchi di PVC appare economicamente meno redditizio nei casi in cui sia già stata dimostrata la fattibilità, dal punto di vista tecnico, del riciclaggio meccanico, ad eccezione forse dei rivestimenti per pavimenti. Ciò significa che agli impianti per il riciclaggio chimico di rifiuti ricchi di PVC dovrebbero arrivare soprattutto quei flussi di rifiuti per i quali il riciclaggio meccanico non è fattibile, per esempio i rifiuti che non possono essere riciclati meccanicamente perché richiedono ulteriori fasi di separazione, contengono troppe impurità che possono dare problemi, o a causa di altre limitazioni legate a questioni di natura ambientale.

Nell'UE il riciclaggio chimico deve competere con altri metodi di gestione dei rifiuti basati per lo più sulla messa in discarica e sull'incenerimento, i cui costi sono i più bassi. Gli impianti di riciclaggio chimico dedicati dovranno affrontare anche la forte concorrenza degli altiforni e dei forni da cemento che potrebbero assorbire una grande quantità di rifiuti di plastiche miste con un contenuto di PVC limitato.

Considerando i vari flussi di rifiuti risulta evidente che, data l'attuale situazione per alcune categorie di rifiuti come quelli agricoli, industriali e domestici non di imballaggio, il riciclaggio chimico, seppure fattibile, dovrà affrontare una serie di problemi dovuti alla mancanza di strumenti giuridici o di altri strumenti di controllo. Per quanto riguarda l'industria automobilistica, elettronica e dell'elettricità, i rifiuti di plastiche miste presentano un contenuto di PVC troppo elevato per poter essere riciclati chimicamente con tecnologie adatte per rifiuti di plastiche miste con basso tenore in cloro, ma troppo basso per poter essere separati e successivamente trattati in impianti adatti per rifiuti ricchi di PVC in modo economicamente vantaggioso.

Nel complesso si può concludere che l'esercizio degli impianti di riciclaggio chimico dedicati dipende principalmente da aspetti economici e che, nelle circostanze attuali, esistono grossi interrogativi circa la loro redditività.

Sviluppi e orientamenti politici futuri

Il riciclaggio chimico è potenzialmente vantaggioso soprattutto per i rifiuti per cui non è fattibile il riciclaggio meccanico e ove siano in vigore strumenti giuridici o di altro tipo che limitano il ricorso ad altri metodi economicamente più convenienti (per es. forni da cemento, inceneritori e discariche per rifiuti solidi urbani).

Nello scenario di riferimento, le quantità totali dei rifiuti di PVC che potrebbero essere riciclati chimicamente nel 2010 ammontano a circa 80.000 tonnellate per la frazione di rifiuti di plastiche miste a basso tenore in cloro (principalmente imballaggi) e a circa 160.000 tonnellate per la frazione di rifiuti di plastiche miste con un contenuto di PVC più elevato, provenienti soprattutto dai settori automobilistico, elettrico ed elettronico.

L'industria del PVC si è impegnata a investire entro il 2001 3 milioni di EUR in un progetto pilota con l'obiettivo di recuperare il cloro e gli idrocarburi contenuti nei tessuti spalmati di PVC. L'esito di questo progetto pilota sarà reso noto entro la metà del 2002 e sulla base di esso si deciderà se realizzare un impianto commerciale.

Questioni aperte:

La Commissione prende nota con interesse dei sopra citati sforzi compiuti in direzione di un ulteriore sviluppo delle tecnologie di riciclaggio chimico. In questo contesto potrebbero essere previste misure per incoraggiare tali sviluppi, dopo opportuna valutazione dei risvolti ambientali ed economici. Tra queste vi sono:

1. Altre iniziative volontarie da parte dell'industria del PVC.

2. Raccomandazioni concernenti la formulazione di obiettivi per il riciclaggio chimico per i flussi di rifiuti che non possono essere sottoposti a riciclaggio meccanico.

3. Definizione di obiettivi obbligatori per il riciclaggio chimico.

Quesito n.5: Quali misure sarebbero più adeguate in materia di riciclaggio chimico dei rifiuti di PVC-

4.4. Altre tecnologie di riciclaggio e di recupero incluso il co-incenerimento

Recentemente è stato sviluppato un nuovo processo di dissoluzione-precipitazione basato su principi fisici, senza rottura delle molecole polimeriche nei loro componenti. Il processo è stato appositamente creato per materiali compositi che contengono PVC e altri componenti. Il PVC viene separato dai componenti che costituiscono il materiale composito mediante dissoluzione selettiva, quindi tutto il composto di PVC viene rigenerato mediante precipitazione. In seguito il PVC e gli altri componenti possono essere riutilizzati.

Attualmente è in funzione un impianto sperimentale e per il 2001 è prevista l'entrata in funzione di un impianto pilota. La tecnologia opera in un sistema a circuito chiuso in cui il solvente viene riciclato.

Il processo tratta prodotti in PVC precedentemente selezionati. La qualità deve essere pressoché quella richiesta per il riciclaggio meccanico, il che significa che i costi per rendere disponibile il materiale sono simili. Gli sviluppatori di questo processo ritengono che la tecnologia possa trattare formulazioni piuttosto complicate, come ad esempio teloni impermeabili, cavi, blister per prodotti farmaceutici, rivestimenti per pavimenti, cruscotti per auto, e che possa competere, a livello economico, con altri metodi di riciclaggio.

Un produttore di acciaio tedesco utilizza i rifiuti di plastiche miste come agente riducente negli altiforni per la produzione di ferro greggio. Questi rifiuti vengono utilizzati anche nei forni da cemento per generare calore in sostituzione di carbone, petrolio o gas.

La valutazione dell'impatto ambientale prodotto dall'uso dei rifiuti di plastiche miste negli altiforni e nei forni da cemento è abbastanza controversa. Secondo alcune valutazioni del ciclo di vita, per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani gli altiforni e i forni da cemento sono preferibili all'incenerimento e alla messa in discarica dal punto di vista dell'energia utilizzata e del contributo dato al riscaldamento globale. Per quanto riguarda il contributo che potrebbe dare il PVC alle emissioni di diossine, è piuttosto difficile trarre conclusioni certe e dovrebbero essere condotte ulteriori ricerche.

Gli altiforni e i forni da cemento possono trattare rifiuti di plastiche miste senza richiedere grossi investimenti di capitale, offrendo quindi un servizio a basso costo. L'uso dei rifiuti di plastiche miste nei forni da cemento e negli altiforni crea una forte concorrenza per altri impianti di smaltimento dei rifiuti. D'altro canto l'uso di questo tipo di rifiuti nei forni da cemento e negli altiforni è limitato dal loro tenore in cloro, perché il cloro può influire negativamente sulla qualità del cemento o del ferro prodotti, e dal rischio di corrosione delle attrezzature dovuta alla formazione di HCl. È consentita una tolleranza fino al 2-3% circa di PVC [53]. In ogni caso, almeno teoricamente, la co-combustione in forni da cemento di rifiuti di plastiche miste con un basso contenuto di PVC potrebbe acquisire una certa importanza in futuro.

[53] Oppure circa 1-1.5% di cloro. I valori possono variare in base all'impianto; i requisiti di legge variano a seconda del paese.

4.5. Incenerimento

I rifiuti di PVC destinati all'incenerimento vengono trattati per lo più negli inceneritori di rifiuti urbani. Questi rifiuti si ritrovano anche negli inceneritori degli ospedali, poiché queste strutture utilizzano diverse applicazioni in PVC. All'interno della Comunità vengono incenerite circa 600.000 tonnellate di rifiuti di PVC all'anno. Il PVC rappresenta il 10% circa dei rifiuti di plastica inceneriti e lo 0,7% circa del totale dei rifiuti inceneriti [54].

[54] Bertin Technologies, op. cit.

Tra il 38% e il 66% del cloro contenuto nei flussi di rifiuti destinati all'incenerimento proviene da rifiuti di PVC. Le altre fonti principali sono le sostanze putrescibili (circa il 17%) e la carta (10%). In media si può calcolare che il 50% circa del cloro presente negli inceneritori è dovuto alla presenza di PVC.

Quando vengono inceneriti i rifiuti di PVC generano nel gas di scarico acido cloridrico (HCl) che deve essere neutralizzato, a meno che non venga utilizzata una speciale tecnologia che consente di riutilizzare l'HCl. Attualmente questa particolare tecnologia viene utilizzata solo in 5 impianti in Germania e 3 impianti sono in costruzione. Tutti i gas acidi generati durante l'incenerimento dei rifiuti solidi urbani (oltre all'HCl, soprattutto ossidi di zolfo) devono essere neutralizzati prima di poter liberare nell'atmosfera il gas rimanente. La normativa comunitaria [55] prevede già dei valori limite d'emissione per l'acido cloridrico, che attualmente sono tuttavia in corso di revisione in vista dell'introduzione di limiti più ridotti [56].

[55] La Direttiva 89/369/CEE sulla prevenzione dell'inquinamento atmosferico dovuto agli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani fissa i valori limite d'emissione per l'acido cloridrico tra 50 e 250 mg/Nm3, a seconda della capacità dell'impianto.

[56] La Proposta di una direttiva sull'incenerimento dei rifiuti [COM(1998) 558 def.], nonché la Posizione comune su questa proposta [98/289 COD del 25 novembre 1999] prevedono un valore limite d'emissione per l'HCl di 10 mg/Nm3; nel 2005 questo valore diventerà il limite d'emissione per gli inceneritori esistenti e nuovi all'interno della Comunità.

Per rientrare nei valori limite d'emissione dell'HCl, vengono iniettati degli agenti di neutralizzazione, soprattutto calce, che servono a neutralizzare i componenti acidi del gas di scarico. Esistono quattro processi di neutralizzazione principali: a secco, a semisecco, a semiumido e a umido. Per ulteriori informazioni su questi processi consultare l'Allegato 1.

Da una valutazione [57] delle quantità dei residui della depurazione dei gas di scarico derivanti dall'incenerimento dei rifiuti di PVC è emerso che l'incenerimento di 1 kg di PVC genera in media [58] tra 1 e 1,4 kg di residui per il processo a secco con calce e per i processi a semisecco e a semiumido. Utilizzando il bicarbonato di sodio come agente di neutralizzazione nel processo a semisecco, 1 kg di PVC genera circa 0,8 kg di residui. Nei processi a umido viene generata una quantità di residui dissolti in effluenti liquidi compresa tra 0,4 e 0,9 kg. Esiste una notevole differenza tra le quantità di agenti di neutralizzazione richieste e i residui prodotti a seconda che si tratti di PVC rigido oppure morbido. Il PVC flessibile contiene meno cloro rispetto a quello rigido, richiede una minor quantità di agenti di neutralizzazione e perciò genera una quantità minore di residui (1 kg di PVC morbido [59] genera tra 0,5 e 0,78 kg di residui). Per maggiori informazioni consultare la seguente tabella.

[57] Bertin Technologies, op. cit.

[58] La cifra media si riferisce a plastiche miste con il 45% in cloro, composte per il 70% da PVC rigido (53% di cloro) e per il 30% da PVC flessibile (25% di cloro)

[59] Per questi calcoli, il PVC morbido ha un tenore in cloro del 25%

Tabella 3: Quantità stimate di residui generati per incenerimento di 1 kg di rifiuti di PVC [60]

[60] Bertin Technologies, op. cit.

>SPAZIO PER TABELLA>

I residui della depurazione dei gas di scarico sono classificati come rifiuti pericolosi [61]. I residui vengono generati separatamente (soprattutto nei sistemi a semiumido e a umido) oppure mescolati con le ceneri volanti. I residui contengono i sali di neutralizzazione, l'agente di neutralizzazione in eccesso, nonché agenti inquinanti, come metalli pesanti e diossine, che non sono stati distrutti. L'unico metodo utilizzato negli Stati membri per smaltire i residui è, tranne qualche eccezione, la messa in discarica.

[61] Ai sensi della Decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi, tutti i rifiuti solidi derivanti dalla depurazione dei gas sono classificati come pericolosi (codice 190107), GU n. L 356 del 31.12.1994, pag. 14.

Per il recupero del cloruro di calcio e del cloruro di sodio dai residui dei processi a secco e a semisecco sono stati sviluppati diversi processi, ma attualmente pochi di questi vengono usati commercialmente. Tranne che in alcuni casi specifici, non è certo se sia possibile utilizzare diffusamente queste tecnologie in modo da recuperare una quantità notevole di residui. Si tratterrebbe infatti di soluzioni "estreme", meno preferibili alle misure preventive miranti a ridurre alla fonte la quantità di residui generati.

Di seguito sono elencati gli effetti prodotti dai rifiuti solidi urbani contenenti gli attuali livelli di PVC sui residui della depurazione dei gas di scarico, rispetto ai rifiuti solidi urbani privi di PVC [62]:

[62] Bertin Technologies, op. cit. Lo scenario esaminato si basa sull'incenerimento di 1 milione di tonnellate di rifiuti, rispettivamente con e senza PVC, e sulla messa in discarica dei residui risultanti.

*L'incenerimento del PVC contribuisce ad aumentare la quantità di residui della depurazione dei gas di scarico (circa il 37% per i sistemi a secco, il 34% per i sistemi a semisecco e il 42% per i sistemi a semiumido [63]).

[63] Bertin Technologies, op. cit.

*L'incenerimento del PVC contribuisce a raddoppiare il contenuto di sali percolati nei residui. Si tratta soprattutto di cloruri di calcio, di sodio e di potassio.

*L'incenerimento del PVC aumenta la quantità di percolati dai residui messi in discarica (circa il 19% per i sistemi a secco, il 18% per i sistemi a semisecco, il 15% per i sistemi a semiumido e il 4% per i sistemi a umido). I percolati devono essere trattati prima di essere smaltiti.

*Teoricamente è possibile che la percolazione, ad esempio del cadmio, possa aumentare a causa di un incremento della complessazione del cloruro causata dall'incenerimento del PVC; tuttavia servirebbero dei dati a sostegno di questa teoria.

*Nell'intervallo di temperatura attualmente impiegato nelle diverse fasi di combustione per l'incenerimento dei rifiuti solidi urbani, il maggiore tenore in cloro non influisce in modo significativo sul trasferimento di metalli pesanti e di elementi in tracce dalle scorie del forno ai residui del trattamento dei rifiuti gassosi.

Il contributo che l'incenerimento dei rifiuti di PVC potrebbe dare alle emissioni di diossine è stato al centro di un importante dibattito scientifico, essendo il PVC il materiale che attualmente contribuisce in misura maggiore alla formazione di cloro negli inceneritori. Tra il 1993 e il 1995 [64] il contributo dato dagli inceneritori alle emissioni totali di diossine all'interno della Comunità è stato pari a circa il 40%.

[64] Identification of relevant industrial sources of dioxins and furans in Europe, Assessorato regionale all'ambiente del Nordrhein-Westfalen, Essen, 1997

È stato affermato che la riduzione del tenore in cloro nei rifiuti può contribuire a ridurre la formazione di diossine, anche se il meccanismo reale non è stato completamente chiarito. Si ritiene inoltre che il contributo dato alla riduzione sia una relazione di secondo o terzo ordine [65]. È più probabile, infatti, che i fattori che influiscono maggiormente sulla formazione di diossine siano i parametri principali del processo di incenerimento, ossia la temperatura e la concentrazione di ossigeno.

[65] Agenzia danese per la protezione dell'ambiente, Environmental aspects of PVC, 1996.

Sebbene ai livelli attuali non sembra che esista una relazione quantitativa diretta tra il tenore in cloro dei rifiuti urbani e la formazione di diossina, è possibile che un aumento del tenore in cloro oltre una determinata soglia possa contribuire a un aumento della formazione di diossine all'interno degli inceneritori. È stata ipotizzata una soglia dell'1% di cloro [66], ma la sua esattezza è ancora dubbia [67]. Per stabilire la soglia oltre la quale il tenore in cloro può influire sulla formazione di diossine dovrebbero essere svolte ulteriori valutazioni. Questa soglia potrebbe già essere stata superata dato il continuo aumento delle quantità di rifiuti che contengono cloro.

[66] Wikstrom, 1996, influsso del livello e della forma del cloro sulla formazione di diossine clorurate, dibenzofurani e benzeni durante la combustione di un combustibile artificiale in un reattore di laboratorio.

[67] Agenzia danese per la protezione dell'ambiente, Dioxins emissions from waste incineration, progetto ambientale 117, 1989. Agenzia danese per la protezione dell'ambiente, The effects of chlorine content on the formation of dioxin, progetto 118, 1989. Agenzia danese per la protezione dell'ambiente, Dioxins - sources, levels and exposures, relazione sui lavori n. 50/1997.

Attualmente non tutti gli inceneritori presenti nella Comunità operano già sulla base degli standard di emissione ottenibili con le migliori tecnologie disponibili. La proposta direttiva sull'incenerimento dei rifiuti [68] prevede un valore limite d'emissione di 0,1 ng/m3, che ridurrà le emissioni di diossine dagli inceneritori.

[68] COM(1998) 558 def.

Ampiamente dibattuto è anche il nesso potenzialmente esistente tra l'incenerimento del PVC e la corrosione delle apparecchiature degli inceneritori. Secondo alcuni operatori la pressione del vapore e, di conseguenza, la resa energetica potrebbero essere più elevate se i rifiuti avessero un tenore in cloro inferiore. In assenza di PVC anche il sistema di recupero energetico potrebbe essere più efficiente. Questo aspetto richiede ulteriori approfondimenti. Va in ogni caso osservato che l'incenerimento dei rifiuti di PVC con recupero energetico genera un'energia superiore a quella ottenuta attraverso l'incenerimento dei rifiuti solidi urbani, in quanto i rifiuti di PVC hanno un potere calorifico più elevato [69].

[69] Il potere calorifico medio del PVC flessibile è di circa 20 GJ/t, quello del PVC rigido è di circa 16 GJ/t e quello dei rifiuti solidi urbani di circa 10 GJ/t.

L'incenerimento dei rifiuti di PVC provoca un aumento dei costi di gestione degli inceneritori dovuto all'uso degli agenti di neutralizzazione del gas di scarico acido e ad altri costi aggiuntivi relativi alla gestione dei residui da questi derivanti. Il totale dei costi finanziari aggiuntivi derivanti dall'incenerimento del PVC varia a seconda dello Stato membro, dei processi di neutralizzazione e dei metodi di smaltimento dei residui. Secondo alcune stime i costi aggiuntivi per l'incenerimento del PVC rispetto a quelli del trattamento dei rifiuti solidi urbani vanno da 20 EUR circa per tonnellata per i sistemi a umido a oltre 300 EUR per tonnellata per i sistemi a secco [70]. Le differenze dipendono dalla tecnologia utilizzata e dal tipo di PVC incenerito (flessibile o rigido). Per maggiori informazioni su questi costi, consultare l'Allegato 2. Al momento questi costi aggiuntivi non sono sostenuti specificamente dai nuovi prodotti in PVC o dai rifiuti di PVC, ma rientrano nel costo totale dell'incenerimento dei rifiuti.

[70] Bertin Technologies, op. cit.

È stato commissionato uno studio [71] per valutare le ripercussioni economiche che si avrebbero limitando l'incenerimento dei rifiuti di PVC. La relazione analizza tre scenari sviluppati utilizzando come base lo scenario di riferimento (cfr. Allegato 3). Nel primo e nel secondo scenario le percentuali del riciclaggio passano rispettivamente al 15% e al 22% nel 2020, con una proporzionale riduzione della quantità di PVC destinata all'incenerimento e alla discarica. Per quanto riguarda l'incenerimento, queste cifre corrispondono a un "dirottamento" cumulativo di circa 1.700 ktonnellate per lo scenario 1 (principalmente rifiuti del settore delle costruzioni) e di 3.800 ktonnellate per lo scenario 2, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2020. Nel terzo scenario le percentuali del riciclaggio rimangono invariate rispetto allo scenario di riferimento, però si stima che nel 2020 la percentuale relativa all'incenerimento sarà del 28%, anziché del 45% previsto nello scenario di riferimento, prevedendo che vengano destinati alla discarica i rifiuti del settore delle costruzioni. Questa cifra corrisponde a una riduzione di circa 10.300 ktonnellate nel periodo compreso tra il 2000 e il 2020.

[71] AEA Technology, Economic evaluation of PVC waste management, relazione redatta per la Direzione generale dell'ambiente della Commissione europea, giugno 2000. Lo studio comprende gli Stati membri dell'UE e 6 paesi candidati. Le cifre indicate si riferiscono alla media tra gli scenari ad "alto" e a "basso" incenerimento che si basano sull'assunto che alcuni paesi come Svezia, Austria, Germania e Paesi Bassi riducano notevolmente la messa in discarica dei rifiuti di PVC. La differenza si riferisce al grado di riduzione ottenuto. I valori indicati sono riferiti a un tasso di sconto del 4%.

I costi finanziari considerati per gli scenari 1 e 2 includono il mancato costo dell'incenerimento (compresi i "costi specifici" [72]) e il costo netto sostenuto per il processo di riciclaggio, che dipende dal tipo di rifiuti esaminato. I costi specifici dell'incenerimento variano notevolmente a seconda dei sistemi di depurazione dei gas di scarico. I calcoli contenuti nella relazione si riferiscono a una distribuzione "media" dei sistemi che prevede un 25% di sistemi a semisecco, un 25% di sistemi a umido e un 50% di sistemi a semiumido. I risultati ottenuti dimostrano che il riciclaggio dei rifiuti di PVC in luogo dell'incenerimento produce un aumento netto dei costi, tranne nel caso dei prodotti rigidi per l'edilizia (tubi, infissi, canaline per cavi e altri profili rigidi) e dei cavi. È stato stimato che il costo per tonnellata di rifiuti contenenti PVC "dirottati" ammonta a circa 50 EUR per lo scenario 1 e a circa 190 EUR per lo scenario 2, mentre per lo scenario 3 si calcola un risparmio netto di circa 90 EUR/tonnellata. Tale risparmio è dovuto principalmente al basso costo della messa in discarica e alla supposizione che la separazione dei rifiuti dell'edilizia in genere avviene in loco a spese del produttore del rifiuto stesso. Il dirottamento in discarica di altri flussi di rifiuti (per esempio rifiuti domestici e commerciali) implicherebbe costi molto più elevati.

[72] L'incenerimento del PVC con i rifiuti solidi urbani (RSU) comporta per l'impianto costi operativi aggiuntivi in termini di reagenti necessari per abbattere le emissioni di gas acido e per il trattamento e lo smaltimento dei residui, sebbene tali costi siano compensati dall'aumento delle vendite di energia dovuto al maggiore potere calorifico del PVC rispetto a quello dei RSU.

Sono stati valutati i principali oneri ambientali prodotti dai tre scenari, ivi inclusi i relativi effetti sulla salute umana. Per quanto possibile, e quindi con una particolare attenzione agli effetti sull'inquinamento atmosferico, sono stati valutati i costi esterni associati a ciascun scenario. Dai calcoli relativi a tutti gli scenari emergono benefici dal punto di vista ambientale. In base ai valori che nello studio sono considerati la stima "migliore" per ciascuno degli oneri esaminati, i benefici stimati per i tre scenari ammontano rispettivamente a 190, 140 e 50 EUR per tonnellata "dirottata" per il periodo 2000-2020. A questi risultati contribuiscono in larga misura, in primo luogo, le mancate emissioni derivanti dalla trasformazione del PVC vergine (nel caso del riciclaggio ad alta qualità) e, in secondo luogo, le mancate emissioni derivanti dagli inceneritori (incluse le emissioni indirette associate alla trasformazione degli agenti di neutralizzazione).

Dal confronto tra l'analisi finanziaria e quella ambientale sulla base della stima migliore, emerge, per lo scenario 1 e lo scenario 3, un vantaggio generale, in quanto i costi per tonnellata di rifiuti dirottati sono inferiori ai benefici. Lo stesso non vale per lo scenario 2, in cui i benefici ambientali (sebbene più elevati rispetto a quelli degli scenari 1 e 3) sono tuttavia superati dai costi stimati.

Questi calcoli sono stati eseguiti sulla base di alcuni assunti. In particolare, riguardo agli aspetti finanziari, gli elementi di costo sono necessariamente basati sulle poche esperienze degli schemi di riciclaggio dei rifiuti di PVC a fine vita attualmente esistenti, che sono tuttora in una fase preliminare. Lo scenario 2 è quello che presenta maggiori incertezze da questo punto di vista. Poiché il prezzo dei riciclati è strettamente collegato al prezzo del PVC vergine, un aumento dei prezzi di quest'ultimo condurrebbe a una diminuzione dei costi generali.

Come indicato in precedenza, l'analisi ambientale è orientata soprattutto agli effetti sull'inquinamento atmosferico. Tuttavia è probabile che la maggior parte dei fattori esterni omessi (per esempio lo smaltimento dei residui) possa aumentare i benefici derivanti dal dirottamento del PVC verso metodi di smaltimento diversi dall'incenerimento. L'eccezione principale riguarda i plastificanti a base di ftalati. Il PVC flessibile presente nelle discariche costituirebbe altrettanti depositi di queste sostanze chimiche che col tempo potrebbero lentamente percolare, mentre con l'incenerimento verrebbero distrutte. Inoltre l'incenerimento consente di recuperare il potere calorifico degli ftalati. Anche di questo fattore è stato tenuto conto nell'analisi ambientale.

Sviluppi e orientamenti politici futuri

Nello scenario di riferimento la quantità di rifiuti di PVC destinati all'incenerimento aumenterebbe a 2,5 milioni circa di tonnellate nel 2020 rispetto alle circa 600.000 tonnellate attuali. Il numero e la capacità degli inceneritori che impiegano tecnologie a umido, a semiumido e a semisecco per la neutralizzazione dei gas di scarico aumenteranno a spese di quelli che impiegano tecnologie a secco.

Questioni aperte

Sulla base dell'analisi di cui sopra la Commissione ritiene che l'incenerimento dei rifiuti di PVC sollevi un certo numero di questioni. Per affrontarle potrebbe essere prevista una serie di misure da valutarsi alla luce del loro potenziale impatto ambientale ed economico. Tra queste vi sono:

1. Dirottamento dei rifiuti di PVC, obbligatorio o meno, nei casi in cui è economicamente fattibile, dagli inceneritori preferibilmente verso il riciclaggio o la messa in discarica. Questo implicherebbe l'introduzione di schemi che garantiscano la raccolta differenziata del PVC

2. Dirottamento in termini analoghi solo per il PVC rigido

3. Contribuzione (totale o parziale) ai costi aggiuntivi dell'incenerimento, per esempio mediante assorbimento di tali costi nel prezzo dei prodotti di PVC nuovi o contributo finanziario diretto ai gestori degli impianti di incenerimento

4. Sostegno alla conversione delle tecnologie di depurazione dei gas di scarico in processi che riducono le quantità dei residui generati o che consentono il riciclaggio dell'HCl invece della sua neutralizzazione

5. Approfondimento della ricerca sulla possibile relazione esistente tra l'incenerimento di PVC e la formazione di diossine.

Quesito n.6: Quali misure risulterebbero più efficaci per affrontare le questioni legate all'incenerimento dei rifiuti di PVC-

4.6. Discarica

La messa in discarica è il sistema più comunemente usato per lo smaltimento dei rifiuti di PVC. Non sono disponibili cifre precise in merito ed esistono notevoli differenze tra le varie stime effettuate, che arrivano fino a 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti di PVC messe in discarica ogni anno. Si stima che, negli ultimi 30 anni, siano già state messe in discarica diverse decine di milioni di tonnellate di rifiuti di PVC.

Nel 2001 gli Stati membri dovranno attuare le disposizioni della Direttiva 1999/31/CE sulla messa in discarica dei rifiuti. Ai sensi della direttiva, le discariche devono soddisfare una serie di requisiti tecnici riguardanti la protezione del terreno e delle acque, tra cui la raccolta del colaticcio, l'impermeabilizzazione del letto e il controllo delle emissioni di gas.

Tutti i materiali messi in discarica, PVC incluso, sono soggetti a diverse condizioni reattive, determinate da parametri quali temperatura, umidità, presenza di ossigeno, attività di microorganismi e dall'interazione tra i diversi parametri nelle varie fasi del processo di invecchiamento delle discariche. Si possono distinguere quattro fasi principali: breve fase aerobica iniziale, fase anaerobica acidogenica (durata variabile, superiore a quella della fase aerobica), fase anaerobica metanogenica (fino a diversi secoli), fase aerobica finale.

Sono state condotte alcune indagini [73] su campioni di PVC sia rigido che morbido, principalmente tramite studi di laboratorio, analisi degli effetti del trattamento biologico e di test microbiologici.

[73] Argus in collaborazione con l'Università di Rotstock, op. cit.

In genere il polimero PVC viene considerato resistente in condizioni di interramento e nelle condizioni in cui si trova nelle discariche [74]. Tuttavia è stato rilevato [75] un episodio di attacco al polimero PVC di una sottile pellicola per imballaggio. Si tratta di un risultato rimasto isolato e l'attacco è stato osservato in condizioni aerobiche e a una temperatura di 80°C, condizioni che, se presenti nelle discariche, sono comunque temporanee.

[74] Mersiowski et al., op. cit.

[75] Argus in collaborazione con l'Università di Rostock, op. cit.

La letteratura riconosce ampiamente le perdite di plastificanti, soprattutto di ftalati, dal PVC flessibile. I risultati di alcuni studi condotti sulla degradabilità degli ftalati nelle condizioni esistenti in discarica mostrano che la degradazione avviene, ma può non essere completa, a seconda delle condizioni e del tipo di ftalati. Nei percolati di discarica si individuano sia ftalati, sia le relative sostanze di degradazione. Inoltre gli ftalati a catena lunga, come i DEHP, vengono degradati solo in parte nei comuni depuratori di percolati e acque di scarico e si accumulano sui solidi in sospensione. Le perdite di ftalati potrebbero anche contribuire alle emissioni gassose delle discariche. Come per altre emissioni dalle discariche, quelle dovute alla presenza di PVC possono durare più a lungo di quanto non sia garantita la barriera tecnica e non esiste alcuna prova del fatto che l'emissione di ftalati si arresti dopo un certo periodo di tempo.

Gli stabilizzanti sono incapsulati nella matrice dei rifiuti di PVC rigido. Quindi si ritiene che la migrazione sia contenuta e che interessi la superficie del PVC, ma non il corpo del materiale. In merito agli stabilizzanti contenuti nei rifiuti di PVC morbido, da uno studio [76] sul comportamento a lungo termine dei rifiuti di PVC messi in discarica è risultata l'emissione di uno stabilizzante al piombo da un determinato cavo in PVC contenente una combinazione di diversi plastificanti.

[76] Mersiowski et al., op. cit.

In caso di incendi accidentali nelle discariche i prodotti di PVC contribuiscono sicuramente alla formazione di diossine e furani, però attualmente non è possibile valutare in quale misura, a causa delle difficoltà inerenti alla raccolta dei dati necessari.

Per poter valutare e quantificare in modo più approfondito gli effetti ambientali della messa in discarica del PVC, sarebbe necessario condurre ulteriori ricerche che studiassero il potenziale di degradazione del polimero PVC, l'emissione di stabilizzanti e plastificanti, nonché il contributo ambientale degli ftalati alla formazione di colaticci e alle emissioni gassose in discarica.

I costi per la messa in discarica dei rifiuti di PVC negli Stati membri equivalgono a quelli per la messa in discarica dei rifiuti solidi urbani e prevedono un'ampia gamma di tariffe [77]. I prezzi, o tariffe, delle discariche dipendono da una serie di fattori, per esempio il livello della discarica, la concorrenza tra diversi canali di smaltimento, la tipologia e la natura dei rifiuti accettati. Generalmente la presenza di PVC nei rifiuti solidi urbani destinati alla discarica non esercita alcun influsso sui prezzi o sulle tariffe, né è previsto che lo eserciti.

[77] Attualmente i costi per la messa in discarica dei rifiuti solidi urbani vanno da 8 EUR per tonnellata in Spagna a 200 EUR per tonnellata in Germania. Il costo della messa in discarica dei rifiuti misti, per es. rifiuti di costruzioni e di demolizioni non selezionati, contenenti componenti organici, è solitamente più elevato del costo della messa in discarica dei rifiuti inerti. Di solito il prezzo medio ammonta a circa 50 EUR per tonnellata.

Sviluppi e orientamenti politici futuri

Nello scenario di riferimento si prevede che le quantità di rifiuti di PVC messi in discarica si manterranno su circa 2,8 milioni di tonnellate nel 2020.

Questioni aperte:

Sulla base dell'analisi di cui sopra la Commissione ritiene che la messa in discarica dei rifiuti di PVC flessibile sollevi alcuni problemi. Per affrontarli potrebbe essere elaborata una serie di misure da valutarsi alla luce dei loro potenziali risvolti ambientali ed economici. Tra queste vi sono:

1. Smaltimento dei rifiuti di PVC flessibile in discariche controllate con standard di emissione elevati, come previsto dalla direttiva sulle discariche.

2 Ulteriori ricerche sul percolamento o l'emissione di additivi.

Quesito n.7: Sono necessarie misure specifiche riguardo alla messa in discarica dei rifiuti di PVC- In caso affermativo, quali-

5. Altri aspetti orizzontali relativi al PVC

L'analisi condotta in questo documento si concentra su due aspetti principali: l'uso di additivi nel PVC e la gestione dei rifiuti di PVC. Nell'ambito di un'ampia consultazione in materia di PVC emergono tuttavia anche altri aspetti più generali e orizzontali.

Per quanto riguarda il tipo di strumenti utilizzabili per attuare una strategia comunitaria orizzontale relativa al PVC, è disponibile una serie di misure, obbligatorie e volontarie:

*Iniziative volontarie, tra cui l'attuazione degli impegni volontari esistenti, a livello nazionale e comunitario, nonché lo sviluppo di iniziative volontarie nuove. Come detto più sopra, l'industria europea del PVC ha sottoscritto un impegno volontario sullo sviluppo sostenibile del PVC. Anche se questo rappresenta un importante primo passo, è ancora necessario lavorare per garantire una partecipazione effettiva dell'industria al raggiungimento degli obiettivi comunitari in questo ambito. Va sottolineato che i servizi della Commissione stanno preparando una Proposta di regolamento quadro riguardante gli accordi comunitari in materia ambientale da sottoporre al Consiglio e al Parlamento per l'approvazione.

*Potrebbero essere proposte misure legislative. Per esempio potrebbero essere presentate una Proposta di direttiva sul PVC che affronti le problematiche legate alla gestione dei rifiuti di PVC e altre misure legislative che affrontino l'uso degli additivi sulla base di tutte le valutazioni scientifiche esistenti, inclusi i risultati delle valutazioni di rischio. Inoltre potrebbero essere adottate alcune raccomandazioni per favorire l'attuazione di una strategia comunitaria.

*Potrebbe essere proposto un insieme di strumenti diversi, che combini impegni volontari, raccomandazioni e regolamenti, nonché adeguamenti della normativa esistente. Una tale serie di strumenti sarebbe in linea con il concetto di co-regolamentazione, un approccio mirante a combinare strumenti volontari e obbligatori.

Oltre a un approccio basato sulla gestione dei rifiuti di PVC e sugli additivi, è stata sollevata la questione di una politica di sostituzione potenziale per determinate applicazioni di PVC, atta alla promozione di prodotti più sostenibili nell'ambito di una politica integrata sui prodotti. Tale politica sostitutiva potrebbe investire determinate applicazioni che non possono essere separate dal flusso dei rifiuti generici e, quindi, sono difficili da riciclare, per esempio imballaggi, autoveicoli, apparecchiature elettriche ed elettroniche. Una potenziale politica sostitutiva andrebbe sostenuta da una valutazione completa e oggettiva dei principali impatti ambientali sia del PVC, sia dei potenziali sostituti durante il loro completo ciclo di vita. Questo documento si concentra sul tema dell'approccio ai problemi ambientali creati dal PVC principalmente attraverso politiche in materia di additivi e di gestione dei rifiuti.

Questioni aperte:

Sono state individuate alcune problematiche riguardanti l'impatto ambientale del PVC, ivi inclusa l'opportunità di adottare un approccio orizzontale e strumenti adeguati per affrontare tali problemi. La Commissione ritiene opportuno elaborare una strategia orizzontale per il PVC. Per attuare tale approccio è disponibile una serie di strumenti da valutarsi alla luce dei loro risvolti ambientali ed economici, nonché della compatibilità con gli obblighi assunti dalla Comunità a livello internazionale .

Quesito n. 8: Quali sono gli strumenti adeguati per elaborare una strategia orizzontale per il PVC- È necessario prevedere una politica sostitutiva per alcune applicazioni del PVC- In caso affermativo, quale-

6. Conclusioni

Nel presente documento sono state individuate ed esposte alcune problematiche, riguardanti l'impatto ambientale e sulla salute umana del PVC. Queste sono per lo più associate all'uso di determinati additivi e alla gestione dei rifiuti di PVC. Sulla base dell'analisi condotta sono state identificate alcune alternative che potrebbero garantire un approccio efficace alla gestione dei rifiuti e agli additivi, da valutarsi alla luce dei risvolti ambientali ed economici, con l'intento di ridurre l'impatto del PVC sulla salute umana e sull'ambiente durante il suo ciclo di vita.

È stata proposta una consultazione pubblica sul PVC sulla base di queste alternative. A questo proposito la Commissione invita tutte le parti interessate a discutere e a preparare osservazioni sul presente documento in vista dell'udienza pubblica che verrà organizzata nel mese di ottobre 2000.

Le osservazioni possono essere inviate alla Commissione entro il 30 novembre 2000. I pareri devono essere inviati al signor Krämer, responsabile dell'unità gestione rifiuti (DG Ambiente) e al signor Schulte Braucks, responsabile dell'unità sostanze chimiche (DG Imprese), 200 rue de la Loi / Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles/Brussel, Belgium. Le osservazioni possono essere inviate anche via e-mail al seguente indirizzo: ENV-PVC@cec.eu.int. Le varie versioni linguistiche del Libro verde, gli studi commissionati dalla Commissione e i commenti sul Libro verde sono disponibili all'indirizzo: http://europa.eu.int/comm/environment/pvc /index.htm.

Sulla base delle analisi condotte nel presente documento e dei risultati di questo processo di consultazione, la Commissione presenterà, all'inizio del 2001, una comunicazione in cui verrà illustrata una strategia comunitaria completa in materia di problemi ambientali legati al PVC.

ALLEGATO 1

Descrizione dei vari processi di depurazione dei gas di scarico

Processi di depurazione dei gas di scarico // Caratteristiche principali

Processo a secco // Il processo di neutralizzazione consiste nell'iniezione di agenti di neutralizzazione solidi. L'agente più comune è la calce (Ca(OH)2), ma ne vengono usati anche altri, in particolare bicarbonato di sodio (Bicar, NaHCO3) o calce spongiforme idratata.

Una reazione chimica trasforma i componenti acidi del gas di scarico in sali. I residui derivanti dal processo di neutralizzazione sono di tipo solido, per lo più costituiti dal sale di neutralizzazione: cloruro di calcio (CaCl2), cloruro di sodio (NaCl), solfati (CaSO4, Na2SO4), dall'eccedenza degli agenti di neutralizzazione e da metalli pesanti in diverse forme chimiche. Questi residui sono classificati come rifiuti pericolosi.

È improbabile che il processo a secco con calce tradizionale possa soddisfare il ridotto valore limite d'emissione di 10 mg/Nm3. I processi a secco che utilizzano agenti di neutralizzazione specifici, come calce spongiforme idratata e Bicar, consentono l'osservanza di tale limite.

Processo a semisecco // Il processo di neutralizzazione consiste nell'iniezione di una soluzione o di una sospensione dell'agente di neutralizzazione (calce) in acqua. La reazione che ne deriva produce residui solidi composti da cloruro di calcio, solfati e metalli pesanti, nonché calce non reagita aggiunta in eccesso. Questi residui sono classificati come rifiuti pericolosi.

Processo a umido // In questo processo operano due torri di lavaggio consecutive. Nella prima (torre di lavaggio per acidi), la maggior parte dell'HCl viene assorbita nell'acqua. La parte rimanente di HCl e SOx viene assorbita e neutralizzata nella seconda torre di lavaggio (neutra) che in genere viene alimentata con una soluzione di soda (NaOH).

Gli effluenti liquidi risultanti vanno depurati, prima di poter essere immessi nell'ambiente. Nell'impianto di depurazione delle acque, metalli pesanti e solfati vengono precipitati mediante aggiunta di calce. I metalli pesanti precipitati vengono separati per filtrazione (e successivamente posti in discarica), mentre l'acqua di scarico salina trattata viene scaricata. Gli effluenti della torre di lavaggio per acidi vengono neutralizzati e depurati insieme a quelli della torre di lavaggio neutra, oppure purificati con successiva riuutilizzazione dell'HCl.

Processo a semiumido // A seguito dell'introduzione di una normativa più severa in materia di eliminazione delle acque di scarico saline, molti inceneritori stanno introducendo l'evaporazione per eliminare completamente gli effluenti liquidi [78]. Si sta quindi verificando una conversione dei processi a umido in processi a semiumido che generano residui secchi solidi. Questo accade già negli impianti tedeschi e austriaci. Questo processo è simile alla tecnologia a umido, però in questo caso gli effluenti liquidi vengono successivamente nebulizzati nel gas e il liquido viene fatto evaporare. Questo sistema produce residui secchi classificati come rifiuti pericolosi.

[78] Economic evaluation of the Draft Incineration Directive, relazione preparata per la Commissione europea, DG XI, AEA Technology, dicembre 1996.

È difficile presentare una suddivisione dettagliata dei diversi tipi di inceneritori attualmente in attività. I seguenti dati [79] presentano la situazione relativa al periodo 1993-1996 e fanno riferimento a impianti con una capacità piuttosto elevata. Circa il 15% della capacità totale utilizza per la depurazione dei gas un processo a secco, il 25% un processo a semisecco, il 20% circa processi a semiumido e il 40% processi a umido. La distribuzione degli impianti di trattamento varia nei diversi Stati membri. In generale gli impianti per i processi a secco sono diminuiti a favore di altri processi. È probabile che la riduzione dei valori limite di emissione proposte dalla Direttiva sull'incenerimento dei rifiuti favorisca l'aumento di questa tendenza.

[79] European Energy from Waste Coalition, Energy from Waste Plants: Databook of European Sites, relazione preparata da Juniper Consultancy Services Ltd, novembre 1997. Questa cifra si riferisce agli impianti con una capacità superiore alle 30.000 t/anno..

ALLEGATO 2

Costi aggiuntivi per l'incenerimento del PVC

La seguente tabella [80] presenta le cifre dei costi aggiuntivi per l'incenerimento di PVC rispetto ai rifiuti solidi urbani. Le cifre più basse si riferiscono al PVC flessibile con un tenore in cloro del 25%, quelle più alte al PVC rigido con un tenore in cloro del 53%. Le cifre medie si riferiscono a un misto di PVC con un tenore in cloro del 45%, per esempio composto per il 70% da PVC rigido e per il 30% da PVC flessibile.

[80] Bertin Technologies, op. cit.

>SPAZIO PER TABELLA>

ALLEGATO 3

Scenari della gestione dei rifiuti di PVC elaborati per l'analisi economica e ambientale [81]

[81] AEA Technology, Economic evaluation of PVC waste management, progetto di relazione elaborato per la Direzione generale dell'ambiente della Commissione europea, maggio 2000.

Sono stati sviluppati alcuni scenari che illustrano la futura gestione dei rifiuti all'interno dell'UE e in sei dei paesi candidati, allo scopo di eseguire l'analisi economica e ambientale. Lo scenario stante la situazione attuale si basa sull'attuale destinazione dei rifiuti di PVC in Europa occidentale come comunicata dall'EuPC e sulla percentuale attuale di incenerimento dei rifiuti solidi urbani (RSU). Viene assunto che l'attuale percentuale giornaliera dei principali rifiuti di PVC inceneriti sia proporzionata alla percentuale complessiva di RSU inceneriti. Per valutare le destinazioni future è stata operata una distinzione tra gli Stati membri che si limiteranno ad applicare con rigore la direttiva sulle discariche e gli Stati membri che probabilmente andranno oltre le norme europee, riducendo sostanzialmente la messa in discarica dei rifiuti organici grezzi (per es. Austria, Germania, Paesi Bassi, Svezia) aumentando l'incenerimento. Si prevede inoltre che il primo gruppo di Stati membri aumenti la capacità di incenerimento nei prossimi due decenni, ma si suppone che la percentuale finale sarà inferiore a causa del punto di partenza più basso e delle più scarse possibilità economiche di alcuni dei paesi interessati. Nel primo gruppo sono stati inclusi i paesi candidati all'adesione.

Le percentuali relative all'incenerimento ottenute sono state applicate alle quantità rimanenti, dedotti i rifiuti di PVC che vengono sottoposti a riciclaggio meccanico. Considerato il suo grado di sviluppo, attualmente limitato, il riciclaggio a materia prima non è stato incluso nello studio. Il riciclaggio meccanico dovrebbe svilupparsi come previsto, nello scenario di riferimento creato nello studio sul riciclaggio meccanico [82]. Il riciclaggio dei rifiuti di PVC a fine vita aumenterà pertanto dall'attuale 3% circa al 9% circa entro il 2020.

[82] Prognos, op. cit.

Sono stati elaborati tre scenari alternativi all'incenerimento del PVC. I primi due si basano sul presupposto che il PVC non incenerito venga sottoposto a riciclaggio meccanico. Nel terzo scenario i rifiuti non inceneriti vengono messi in discarica.

Scenario 1: Questo scenario è basato in parte sullo "scenario di sviluppo selettivo" proposto nello studio sul riciclaggio meccanico. Viene assunto che il riciclo della maggior parte dei rifiuti da costruzione adatti al riciclaggio ad alta qualità venga incoraggiato in modo da raggiungere il potenziale medio calcolato nello studio sul riciclaggio meccanico. Seppure adatto per il riciclaggio ad alta qualità, il PVC incluso nella categoria dei rifiuti domestici e commerciali, nonché i profili e i tubi flessibili (categoria costruzioni) sono stati esclusi non avendo a disposizione una stima precisa dei costi. È ragionevole pensare che lo sviluppo della potenzialità del riciclaggio di questi rifiuti sia quindi molto più lontano di quello degli altri rifiuti per i quali sono state fornite le stime dei costi.

Scenario 2: Questo scenario prospetta il riciclaggio meccanico per tutti i tipi di rifiuti adeguati (rifiuti da costruzione, domestici e commerciali, di imballaggio, elettrici e elettronici), raggiungendo la massima potenzialità nel 2010 e continuando con questo ritmo fino al 2020. Tutti i flussi di rifiuti vengono riciclati al massimo del potenziale stimato nello studio sul riciclaggio meccanico.

Scenario 3: In questo scenario le percentuali del riciclaggio rimangono invariate rispetto allo scenario di riferimento. I rifiuti di PVC non inceneriti vengono messi in discarica. L'analisi si limita al "dirottamento" dei rifiuti da costruzione per identificare gli effetti economici e ambientali derivanti dal passaggio dagli inceneritori alla discarica. È probabile che, dal punto di vista economico e tecnico, la separazione del PVC da altri flussi di rifiuti inclusi nello studio risulti più problematica.

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