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Document 52000DC0087

Libro verde sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra all'interno dell'Unione europea

/* COM/2000/0087 def. */

52000DC0087

Libro verde sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra all'interno dell'Unione europea /* COM/2000/0087 def. */


LIBRO VERDE sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra all'interno dell'Unione europea

(presentato dalla Commissione)

INDICE

1. Introduzione

2. Un Libro verde per un'ampia consultazione delle parti interessate

3. In cosa consiste lo scambio dei diritti di emissione-

4. La Comunità europea, lo scambio dei diritti di emissione e il Protocollo di Kyoto

4.1. L'accordo dell'UE sulla ripartizione degli oneri

4.2. Un sistema comunitario per lo scambio dei diritti di emissione tra imprese

4.3. Un approccio empirico: imparare dall'esperienza

5. Il ruolo della Comunità europea

5.1. I vantaggi economici dello scambio dei diritti di emissione a livello di UE

5.2. Proteggere il mercato interno

5.3. Definizione del ruolo della Comunità e dei singoli Stati membri

6. Alternative in merito al campo di applicazione del sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione

6.1. Scelta dei settori interessati

6.2. Fino a che punto è possibile attuare un sistema diversificato all'interno della Comunità-

6.2.1. Un sistema comunitario unico

6.2.2. Un sistema comunitario coordinato

6.2.3. L'allargamento dell'UE

6.3. Domande:

7. Alternative per la ripartizione iniziale dei diritti di emissione

7.1. Definire la quota complessiva di diritti di emissione per ciascun settore a livello comunitario e nei singoli Stati membri

7.2. Assegnazione dei diritti di emissione alle imprese da parte degli Stati membri

7.2.1. Strategia generale

7.2.2. Questioni fondamentali

7.3. L'ingresso di nuovi concorrenti

7.4. Domande:

8. Alternative per una sinergia con le altre politiche e misure

8.1. Il rapporto con le norme tecniche

8.2. Il rapporto con gli accordi negoziati in materia ambientale

8.3. Il rapporto con le tasse sull'energia

8.4. Come garantire l'equivalenza tra lo scambio dei diritti di emissione e le altre politiche e misure

8.5. Domande

9. Strategie per l'osservanza e l'attuazione degli impegni

9.1. Necessità di regole severe che assicurino il rispetto e l'attuazione degli impegni

9.2. Rispetto ed attuazione degli impegni da parte delle imprese

9.3. Rispetto ed attuazione degli impegni da parte degli Stati membri

9.4. Domande:

Allegato 1: Analisi economica

SINTESI DELLA STRATEGIA POLITICA

Obiettivo del presente Libro verde è avviare il dibattito sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra all'interno dell'Unione europea e sul rapporto tra tale meccanismo e le altre politiche e misure adottate per far fronte al problema del cambiamento climatico.

Firmando il Protocollo di Kyoto, la Comunità europea si è impegnata ad abbattere nel periodo 2008-2012 le proprie emissioni di gas ad effetto serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990. In realtà, per centrare questo obiettivo, la riduzione dovrà essere dell'ordine del 14% rispetto alle previsioni basate su uno scenario invariato [1]. Lo scambio dei diritti di emissione, sia all'interno della Comunità che con gli altri paesi industrializzati, contribuirà a ridurre gli oneri che la Comunità deve sostenere per rispettare gli impegni assunti. Insieme alle altre politiche e misure, lo scambio dei diritti di emissione costituirà uno dei cardini fondamentali della strategia comunitaria per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. La Commissione ritiene che la Comunità debba utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per onorare i propri impegni internazionali, adottando il più presto possibile una serie di misure concrete. Attualmente l'UE si appresta a ratificare il Protocollo di Kyoto, nell'auspicio che possa entrare in vigore entro il 2002.

[1] Per ulteriori dettagli si rimanda alla parte 2 del documento COM(1999) 230 del 19.5.1999 -Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento "Preparazione dell'attuazione del Protocollo di Kyoto" COM(99) 230 def.

Lo scambio (o commercio) dei diritti di emissione, sia a livello internazionale che nazionale, è un sistema in base al quale a determinati soggetti, come ad esempio le imprese, vengono assegnate delle quote per le loro emissioni. Le imprese che ridurranno le loro emissioni al di là della quota assegnata hanno la facoltà di vendere "l'eccedenza" disponibile ad altri soggetti che hanno maggiori difficoltà a rispettare i propri impegni. Tale meccanismo, anziché pregiudicare l'obiettivo della tutela ambientale (il volume totale delle quote rimane infatti invariato) offre un approccio economicamente più vantaggioso alla realizzazione dell'obiettivo generale, incentivando al contempo le parti interessate ad investire nelle tecnologie ecocompatibili.

Premesso dunque che lo scambio dei diritti di emissione rappresenta un nuovo strumento di tutela ambientale all'interno dell'UE, è importante acquisire una maggiore esperienza al livello della sua attuazione pratica prima di dar vita al programma di scambio internazionale dei diritti di emissione previsto per il 2008. Vi sono solide ragioni perché la Comunità europea e i suoi Stati membri si preparino ad attuare un meccanismo di scambi a livello comunitario fin dal 2005.

La Commissione ritiene che un quadro coerente e coordinato di regole comuni disciplinanti lo scambio dei diritti di emissione offra migliori garanzie per il regolare funzionamento del mercato interno dei diritti di emissione rispetto all'adozione di una serie di piani nazionali separati. Un sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione introdurrebbe un prezzo unico per le quote scambiate tra le imprese all'interno del sistema, mentre il ricorso a piani nazionali distinti determinerebbe una diversificazione dei prezzi nei singoli paesi. L'instaurazione del mercato unico è stato uno dei principali motori del recente sviluppo dell'UE e tale aspetto merita di essere tenuto in considerazione quando vengono creati nuovi mercati. Il cambiamento climatico offre l'esempio più eclatante di un fenomeno dagli effetti transfrontalieri per il quale è necessario un intervento concertato. Inoltre, le economie di scala generate da un intervento a livello di UE consentiranno notevoli risparmi sui costi, e disposizioni regolamentari simili permetteranno di contenere al minimo gli oneri amministrativi.

Le scelte politiche fondamentali che occorre fare nel dar vita a questo sistema sono essenzialmente le seguenti: quali saranno le imprese e i paesi chiamati a partecipare e quali i rispettivi settori- Come e da chi dovrebbero essere assegnate le quote ai settori e alle relative imprese o alle singole imprese che partecipano allo scambio dei diritti di emissione e quale sarà il trattamento per gli altri soggetti- In quale misura le politiche e le misure esistenti, quali ad esempio le regolamentazioni tecniche, gli accordi in campo ambientale e gli incentivi fiscali possono concorrere all'elaborazione del sistema di scambio e come si può assicurare che le imprese che partecipano a tale piano e quelle soggette ad altre politiche e misure compiano gli stessi sforzi-

La Commissione ritiene che per evitare distorsioni sul mercato interno della concorrenza sia necessario un approccio comunitario. L'esistenza di sistemi nazionali diversi per lo scambio dei diritti di emissione creerebbe serie difficoltà sul piano degli aiuti di stato e dell'ingresso di nuove imprese sul mercato. Problemi questi che rischiano di aggravarsi con l'ampliamento della Comunità.

L'efficacia e l'integrità dal punto di vista ambientale di qualsiasi sistema di scambio dei diritti di emissione dipenderà soprattutto dalle sue modalità di attuazione e dalla capacità di far osservare le regole concordate. Perché il sistema funzioni efficacemente è necessario un certo livello di armonizzazione delle disposizioni sul monitoraggio, sulle relazioni periodiche e sui controlli.

Il presente Libro verde rappresenta il primo passo nello studio delle suddette questioni. Le parti interessate sono invitate a formulare sinteticamente i propri pareri e le proprie osservazioni, tenendo conto delle domande poste dal presente documento e di tali contributi fungeranno da base per la strategia di attuazione che verrà elaborata all'indomani della Sesta conferenza delle parti che si terrà all'Aia (Paesi Bassi) dal 13 al 24 novembre 2000. Si prega di inviare tali contributi, entro il 15 settembre 2000, al sig. J. DELBEKE, Capo dell'Unità per il cambiamento climatico, Commissione europea (DG ENV), 200 rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles, Belgio. In via alternativa, è possibile inviare un messaggio per posta elettronica al seguente indirizzo: "ENV-CLIMATE@cec.eu.int".

1. Introduzione

Il Protocollo di Kyoto è stato adottato nel dicembre 1997 dalla Terza Conferenza delle Parti aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). L'importanza del Protocollo consiste nell'aver fissato dei limiti alle emissioni di gas ad effetto serra prodotte dai paesi industrializzati. Firmando il Protocollo, la Comunità europea si è impegnata a ridurre, nel periodo 2008-2012, le emissioni di sei gas ad effetto serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990 [2].

[2] La riduzione dell'8% dovrebbe anche tener conto dei cosiddetti "pozzi di assorbimento". Si tratta, ad esempio, delle foreste, che assorbono il biossido di carbonio presente nell'atmosfera. Ovviamente, con la morte e la decomposizione degli alberi, i gas ad effetto serra ritornano nell'atmosfera e lo stesso accade quando il legname viene utilizzato come combustibile. A causa della natura "provvisoria" dei pozzi di assorbimento e date le notevoli incertezze metodologiche che caratterizzano la misurazione dei relativi tassi di assorbimento e delle emissioni, è necessario approfondire ulteriormente le conoscenze in materia.

Inoltre, il Protocollo ha introdotto tre nuovi meccanismi internazionali (noti anche come "meccanismi flessibili" o "meccanismi di Kyoto") che rappresentano nuovi elementi essenziali, senza i quali l'entrata in vigore del Protocollo risulterebbe improbabile. Scopo di tali meccanismi è rendere meno onerosa l'attuazione del Protocollo. Uno di essi consiste nello scambio internazionale delle emissioni di gas ad effetto serra ("scambio dei diritti di emissione") [3] con effetto a partire dal 2008 [4].

[3] Articolo 17 del Protocollo di Kyoto.

[4] Gli altri due meccanismi sono il meccanismo di attuazione congiunta e il meccanismo di sviluppo ecologico. Entrambi si basano sul trasferimento di crediti di riduzione ottenuti sulla base di progetti di riduzione delle emissioni in altri paesi.

Oltre ad aver aderito a tutti gli effetti alla UNFCCC, la Comunità europea è tra i firmatari del Protocollo di Kyoto. Inoltre, essendo una delle 39 Parti [5] che hanno accettato l'imposizione di limiti quantitativi assoluti alle emissioni, essa può partecipare al sistema di scambio internazionale dei diritti di emissione previsto dal Protocollo.

[5] Queste parti sono elencate nell'allegato B del Protocollo di Kyoto.

Nel maggio 1999 la Commissione ha adottato una comunicazione sul cambiamento climatico [6] in cui veniva sottolineata l'esigenza di una "risposta politica sostenuta nel tempo". Nella Comunicazione si afferma che, in base ai dati rilevati, le emissioni di biossido di carbonio sono in aumento e che, "se questa tendenza non verrà contrastata, l'obiettivo dell'articolo 3, paragrafo 2 del Protocollo di Kyoto di 'dimostrare i progressi realizzati' entro il 2005 e l'impegno dell'UE per una riduzione dell'8% non saranno rispettati".

[6] COM(1999) 230 def. del 19.5.1999: "Preparazione dell'attuazione del Protocollo di Kyoto".

Uno dei problemi principali è assicurare che lo scambio dei diritti di emissione vada ad integrare le altre politiche e misure e sia compatibile con esse. In sede di negoziati internazionali l'UE insiste sull'importanza delle politiche e delle misure nazionali adottate dai paesi industrializzati come strumento primario di intervento. Nell'UE sono già state adottate numerose misure di questo tipo, come ad esempio tasse sull'energia, interventi normativi, norme tecniche e gli accordi in materia ambientale. Un sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione dovrebbe rafforzare tali basi, piuttosto che indebolirle.

I possibili effetti negativi sulla competitività internazionale verranno ridotti se, come previsto, gli altri paesi industrializzati aderiranno al sistema di scambio delle emissioni di gas ad effetto serra introdotto dal Protocollo di Kyoto. In seguito all'entrata in vigore del sistema internazionale di scambio dei diritti di emissione, prevista per il 2008, i costi sostenuti dalle imprese dovrebbero essere simili in tutti i paesi industrializzati.

2. Un Libro verde per un'ampia consultazione delle parti interessate

Il presente Libro verde segna l'avvio di un processo di consultazione che consentirà a tutte parti interessate, a livello governativo e non, di esprimere il proprio parere su come dovrebbe agire l'UE per attuare in maniera equa il sistema di scambio dei diritti di emissione.

Il Protocollo di Kyoto ha promosso lo scambio dei diritti di emissione a tema prioritario di dibattito nell'UE. Oltre a rappresentare un nuovo strumento per la politica europea contro il cambiamento climatico, lo scambio delle emissioni (sia all'interno dell'UE che tra l'UE e gli altri paesi industrializzati) diventerà un elemento importante della strategia comunitaria per l'attuazione del Protocollo di Kyoto.

Gli Stati membri e la Comunità devono preparare i rispettivi piani di attuazione del Protocollo, riflettendo ulteriormente su come inserirli nelle proprie strategie ambientali. A tal riguardo, sarebbe opportuno avviare un dibattito sulla dimensione comunitaria dello scambio delle emissioni e sui suoi potenziali effetti a livello di mercato interno. In particolare, la partecipazione delle imprese susciterà inevitabilmente problemi con riferimento agli aiuti statali e alle condizioni di concorrenza non falsata, due settori nei quali la Comunità deve indubbiamente svolgere un ruolo determinante. Inoltre, è necessario garantire che le iniziative degli Stati membri non creino indebiti ostacoli alla libertà di stabilimento nell'ambito del mercato interno [7]

[7] Ai sensi degli articoli 43 e 48 del trattato CE (ex articoli 52 e 58), obiettivo del principio di libertà di stabilimento è conferire alle società o alle imprese costituite secondo la legislazione di uno Stato membro il diritto di costituire il loro centro d'attività principale in un altro Stato membro o di creare agenzie, succursali o filiali in un altro Stato membro. Tale diritto è subordinato al rispetto delle norme riguardanti le società o le imprese già costituite, purché non contengano misure discriminatorie ingiustificate.

Pur limitandosi a raccogliere i pareri relativi all'avvio del sistema nell'Unione europea prima del 2008, una consultazione effettuata sulla base del presente Libro verde può fornire un prezioso contributo al processo negoziale a livello di Nazioni Unite. Una maggiore comprensione dei problemi principali e delle interazioni con le politiche e le misure nazionali servirà infatti a rendere più realistiche le aspettative riguardo alle decisioni sullo scambio delle emissioni che verranno prese nel corso della 6a Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP6), prevista all'Aia dal 13 al 24 novembre 2000.

3. In cosa consiste lo scambio dei diritti di emissione-

Lo scambio dei diritti di emissione è un meccanismo in base al quale alle imprese vengono assegnate delle quote per le emissioni di gas ad effetto serra in base ad obiettivi ambientali generali fissati dai rispettivi governi. Tali quote possono essere successivamente scambiate (comparate e vendute) tra le varie imprese.

Tali quote vengono anche chiamate "contingenti", "autorizzazioni" o "massimali" (plafonds). Il totale delle quote assegnate alle imprese che partecipano al sistema rappresenta il limite massimo consentito per le emissioni. Questo limite globale assicura che il sistema di scambio abbia un effetto positivo sull'ambiente. Uno dei principali vantaggi del meccanismo di scambio dei diritti di emissione consiste nella certezza del risultato in termini di tutela ambientale.

Il concetto di "autorizzazione" è ben noto nel campo della politica ambientale, soprattutto per quanto riguarda l'applicazione di norme tecniche nel settore dei rifiuti e dell'inquinamento atmosferico e delle acque. La direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) [8] rientra in tale ambito. Tuttavia, gli strumenti normativi non possono garantire un risultato ambientale prestabilito, dal momento che il numero dei nuovi impianti - e quindi il volume totale delle emissioni - può essere superiore alle previsioni, anche in presenza delle migliori norme tecniche.

[8] Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24.9.1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.

Lo scambio dei diritti di emissione consente alle imprese di superare la propria quota di emissioni a condizione che vi sia un'altra impresa che ha prodotto una quantità di emissioni inferiore alla soglia massima consentita e che sia disposta a cedere la propria quota "inutilizzata". A livello globale il risultato ambientale è lo stesso, con l'importante differenza che sia l'impresa cessionaria, che quella cedente hanno potuto beneficiare della flessibilità del sistema di scambio, senza alcun danno per l'ambiente. Grazie al meccanismo di scambio, entrambe le imprese riducono i costi di adempimento (l'impresa "cessionaria" riceve un pagamento in cambio del trasferimento delle quote, mentre l'impresa "cedente" riduce i costi rispetto a quanto avrebbe dovuto spendere per rispettare le quote originariamente assegnate). La trasparenza del meccanismo di determinazione dei prezzi consentirebbe alle altre imprese di valutare le opportunità economiche legate al sistema di scambio e i potenziali vantaggi di una loro partecipazione. Inoltre, incoraggiando la competizione tra le imprese nella ricerca del sistema più economico di abbattimento delle emissioni, il sistema di scambio promuoverà ulteriormente l'utilizzo di tecnologie ecocompatibili.

La logica economica che attende lo scambio dei diritti di emissione consiste nel ricorso ai meccanismi del mercato allo scopo di realizzare al costo più basso gli abbattimenti delle emissioni necessari per raggiungere un risultato ambientale prestabilito.

Sebbene trovi scarsa applicazione nell'ambito della politica ambientale dell'UE, il sistema delle quote negoziabili non è del tutto sconosciuto all'interno della Comunità europea. I contingenti per le sostanze che riducono lo strato di ozono contemplate dal Protocollo di Montreal [9], i contingenti di catture previsti dalla Politica comune della pesca [10] e le quote lattiere applicate nell'ambito della Politica agricola comune [11] sono tutti esempi pratici di quote parzialmente trasferibili.

[9] Normativa comunitaria pertinente: regolamenti n. 594/91, 3952/92 e 3093/94 del Consiglio. Tali disposizioni di attuazione prevedono che sia i contingenti di consumo che quelli di produzione possano essere assegnati alle singole imprese sulla base dei livelli storici di produzione. Inizialmente i trasferimenti internazionali erano limitati al 10% e successivamente al 15% della quota originaria. In seguito, tali restrizioni furono abolite e fu concessa la totale flessibilità, sempre nel rispetto del massimale globale di produzione internazionale.

[10] La normativa di base è rappresentata dal regolamento n. 3760/92 del Consiglio. Inoltre, vi sono ogni anno i regolamenti di attuazione, come ad esempio il regolamento n. 48/99 del Consiglio. Il controllo è disciplinato dal regolamento n. 2847/93 del Consiglio. Il contingente (o "totale ammissibile di catture" all'interno della Comunità) viene ripartito tra gli Stati membri, riservando in alcuni casi una quota alla Comunità stessa. L'assegnazione dei contingenti ai pescherecci immatricolati negli Stati membri non rientra nel diritto comunitario e pertanto è soggetta alle decisioni prese dagli Stati membri. Il trasferimento dei contingenti tra Stati membri è ammesso, pur con alcuni limiti a livello di flessibilità.

[11] Gli elementi principali della normativa pertinente si trovano nei regolamenti n. 856/84 e 3950/92 del Consiglio e nel regolamento n. 536/93 della Commissione. Nell'ambito dell'Agenda 2000 è previsto tra breve un nuovo regolamento del Consiglio che sostituirà il regolamento n. 3950/92. L'assegnazione delle quote agli Stati membri si basa sui dati relativi alle produzioni storiche. Gli Stati membri ripartiscono successivamente le rispettive quote nazionali tra i singoli produttori. Il trasferimento delle quote tra Stati membri non è consentito. Il monitoraggio e la notifica delle vendite del latte e dei prodotti lattiero-caseari vengono gestiti a livello comunitario. Per gli Stati membri che superano la propria quota sono previste sanzioni economiche.

Tuttavia, i vantaggi dello scambio dei diritti di emissione si manifesteranno a livello pratico soltanto in presenza di un sistema efficiente e non troppo costoso di monitoraggio e di verifica della sua attuazione. Un efficiente monitoraggio contribuirà anche a migliorare la qualità dei dati sui livelli di inquinamento. Inoltre, per garantire la compatibilità con il sistema di scambio delle emissioni istituito dal Protocollo di Kyoto, i diritti di emissione all'interno della Comunità europea andrebbero tradotti in tonnellate di CO2 equivalente.

4. La Comunità europea, lo scambio dei diritti di emissione e il Protocollo di Kyoto

4.1. L'accordo dell'UE sulla ripartizione degli oneri

L'articolo 4 del Protocollo di Kyoto riconosce all'UE la facoltà di ridistribuire tra i suoi Stati membri gli obiettivi ad essa imposti a condizione che rimanga invariato il risultato finale: ossia una riduzione globale delle emissioni all'interno della Comunità europea pari all'8%. L'accordo politico su tale ridistribuzione, noto come accordo sulla ripartizione degli oneri [12], è stato raggiunto nel giugno 1998. Al momento della ratifica del Protocollo, la Comunità europea ed i singoli Stati membri dovranno notificare ufficialmente al Segretariato della Convenzione sul cambiamento climatico i nuovi obiettivi risultanti dalla ridistribuzione delle quote. Tuttavia, l'accordo sulla ripartizione degli oneri non obbliga gli Stati membri o la Comunità europea ad attuare i "meccanismi flessibili" previsti dal Protocollo di Kyoto.

[12] Le quote relative ai singoli Stati membri sono riportate nell'allegato 1 del documento COM(1999) 230 def. del 19.5.1999, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al PE - "Prefazione dell'attuazione del protocollo di Kyoto".

4.2. Un sistema comunitario per lo scambio dei diritti di emissione tra imprese

Ad eccezione della Comunità europea, tutte le Parti che hanno aderito alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici e al Protocollo di Kyoto sono governi di Stati sovrani. Dal canto loro, le imprese restano soggette a discipline meramente nazionali o, nel caso delle imprese che operano all'interno dell'UE, ad una disciplina comunitaria. Ciascuna Parte risponde delle azioni compiute dalle imprese le cui fonti di emissione sono situate sul suo territorio [13].

[13] Lo scambio dei diritti di emissione a livello comunitario rappresenterebbe un provvedimento interno della Comunità europea (che è una delle Parti dell'allegato B che hanno aderito al Protocollo di Kyoto) e non sarebbe equiparabile allo scambio internazionale dei diritti di emissione previsto dall'articolo 17 del Protocollo di Kyoto.

Il Protocollo di Kyoto introduce un meccanismo di scambio dei diritti di emissione tra le Parti, senza tuttavia obbligare queste ultime a parteciparvi. L'articolo 17, concernente lo scambio dei diritti di emissione, non contiene alcun riferimento esplicito alla partecipazione degli "enti" [14]. In occasione della 6a Conferenza delle Parti aderenti dell'UNFCCC si deciderà se affrontare o no il problema specifico della partecipazione delle persone giuridiche al sistema di scambio.

[14] Al contrario, con gli articoli 6 e 12, riguardanti rispettivamente i progetti di attuazione congiunta e il meccanismo di sviluppo "pulito" o ecologico, fanno esplicita menzione alle persone giuridiche.

La Commissione è dell'avviso che la partecipazione delle imprese [15] allo scambio dei diritti di emissione rappresenti un'occasione straordinaria per ridurre i costi legati all'attuazione degli impegni di Kyoto. A tal riguardo, va ricordato che il Protocollo di Kyoto consente implicitamente alle Parti di riconoscere su base reciproca i diritti di emissione scambiati tra le imprese all'interno dei rispettivi piani "nazionali", a condizione che queste provvedano alla corrispondente rettifica dei contingenti ad esse assegnati. In tal caso, il sistema di scambio della Comunità o di un singolo Stato membro può essere collegato a quello di altre Parti al di fuori dell'UE [16]. Ciò consentirebbe di ridurre ulteriormente i costi legati all'adempimento degli obblighi del Protocollo di Kyoto.

[15] Il termine di riferimento è "imprese", tuttavia lo scambio dei diritti di emissione può anche essere esteso ai singoli impianti (o "fonti"), diversi dei quali potrebbero appartenere ad un'unica impresa. Le emissioni provenienti dai singoli impianti, o "fonti", verranno inserite nel registro dei gas ad effetto serra dello Stato membro sul cui territorio si trova l'impianto, nonché nel registro delle emissioni della Comunità europea. Il Protocollo di Kyoto usa i termini "persone giuridiche" (legal entities) nel contesto dell'attuazione congiunta e "soggetti pubblici e/o privati" in riferimento al meccanismo di sviluppo ecologico. Tali "soggetti" possono comprendere le imprese, le altre organizzazioni non governative legalmente istituite e i soggetti di diritto pubblico come ad esempio gli enti locali.

[16] Data l'inevitabile differenza nel prezzo dei diritti di emissione tra i sistemi di scambio "nazionali" delle singole Parti, l'unione di due sistemi diversi dovrebbe produrre lo stesso fenomeno osservabile nei vasi comunicanti: il livello dell'acqua (o il prezzo dei diritti) è uguale su entrambi i lati.

4.3. Un approccio empirico: imparare dall'esperienza

Nel giugno 1998 la Commissione ha annunciato che la Comunità potrebbe istituire un proprio regime interno di scambio entro il 2005 [17]. Ciò produrrebbe numerosi vantaggi dal punto di vista empirico, migliorando il livello di preparazione della Comunità in vista dell'entrata in funzione, a partire dal 2008, del meccanismo di scambio internazionale dei diritti di emissione previsto dal Protocollo di Kyoto. Grazie a tale esperienza gli attori della Comunità potrebbero acquistare maggiore dimestichezza nella gestione pratica del sistema e una posizione di vantaggio sulle altre parti.

[17] COM(1998) 353 def. del 3.6.1998 - "I cambiamenti climatici - Verso una strategia dell'Unione europea successiva alla conferenza di Kyoto".

Dopo il 2008, i sistemi nazionali hanno continuato ad esistere, a condizione che siano compatibili con il sistema di scambio internazionale dei diritti di emissione del Protocollo di Kyoto che riguarda sei gas ad effetto serra e i relativi pozzi di assorbimento. Pertanto, è essenziale apportare sin dal principio un sistema "interno" di scambio dei diritti di emissione che si presti ad essere gradualmente esteso ad altre aree geografiche, settori economici e tipi di gas.

Lo scambio dei diritti di emissione non determina di per sé una riduzione delle emissioni, ma incoraggia semplicemente a realizzare i previsti abbattimenti delle emissioni al minor costo possibile. Un sistema di scambio più sviluppato consentirà alle singole imprese di tagliare ulteriormente le spese legate all'adempimento degli obblighi, aumentando le probabilità di una riduzione generale dei costi. Ciò depone a favore dell'introduzione di un piano globale di scambio che coinvolga tutti gli Stati membri e che riguardi tutti e sei i gas ad effetto serra, con i relativi pozzi di assorbimento, e tutte le fonti di emissioni. Tuttavia, la Comunità ha validi motivi scientifici e pratici per non voler introdurre un sistema globale di scambio in questa fase: esistono infatti ancora notevoli incertezze riguardo alle emissioni di gas fluorurati e all'assorbimento del biossido di carbonio da parte dei pozzi. L'assegnazione dei diritti di emissione, il controllo delle emissioni e la vigilanza sul rispetto degli obblighi da parte delle fonti mobili minori (come ad esempio le autovetture private), generano complessi problemi di natura tecnica ed amministrativa.

Pertanto, se la Comunità preferisce procedere in maniera cauta e graduale nello sviluppo di un sistema di scambio dei diritti di emissione, dovrebbe limitarsi inizialmente alle grandi fonti fisse di biossido di carbonio, dove il monitoraggio e la vigilanza risultano più agevoli. Le emissioni di biossido di carbonio (CO2) rappresentano circa l'80% [18] delle emissioni di gas ad effetto serra prodotte dalla Comunità.

[18] Relazione tecnica n. 19 dell'Agenzia europea dell'ambiente - maggio 1999: "Annual European Community Greenhouse Gas Inventory 1990-1996".

Lo stesso vale per alcuni Stati membri e per il settore privato. Ad esempio, il parlamento danese ha già varato delle leggi che istituiscono un sistema limitato di scambio delle quote di biossido di carbonio tra i maggiori produttori di elettricità. L'entrata in funzione di tale sistema è prevista per il prossimo anno [19]. Numerosi altri Stati membri stanno valutando seriamente l'ipotesi di introdurre un sistema nazionale di scambio dei diritti di emissione prima del 2008. Singole imprese, associazioni di categoria ed organizzazioni multisettoriali stanno già sviluppando o studiando diversi sistemi di scambio. La Commissione saluta con favore tali iniziative e i nuovi spunti che ne possono derivare.

[19] Il piano danese di scambio dei diritti di emissione è sancito dalla legge 376 del 2 giugno 1999 sulle quote di produzione di energia elettrica. Il piano, la cui data di avvio non è ancora stata fissata, sarà in vigore fino al 31 dicembre 2003 e riguarda le emissioni di biossido di carbonio prodotte da circa 15 tra i maggiori produttori di energia elettrica. I diritti di emissione sono stati assegnati gratuitamente in base a criteri sia storici (emissioni effettive nell'arco di un determinato periodo di riferimento) che tecnici (maggiore efficienza energetica nella produzione). I produttori che superano la rispettiva quota annuale di emissioni viene multati di 40 DKK (circa 5,38 euro) per ciascuna tonnellata di CO2 prodotta in eccesso. La Commissione sta ancora analizzando il suddetto piano per verificarne la conformità alle norme in materia di aiuti di Stato.

5. Il ruolo della Comunità europea

5.1. I vantaggi economici dello scambio dei diritti di emissione a livello di UE

Come osservato precedentemente, i potenziali risparmi prodotti dallo scambio dei diritti di emissione aumentano con l'estensione del relativo campo d'applicazione. Secondo alcune stime, uno scambio a livello comunitario tra i produttori di energia e le industrie a forte consumo di energia potrebbe ridurre di circa un quinto i costi inerenti all'attuazione degli impegni assunti dalla Comunità a Kyoto, rispetto all'adozione di piani nazionali distinti in cui non è previsto lo scambio dei diritti di emissione tra i singoli Stati membri. Il valore di questo risparmio è di circa 1,7 miliardi di euro l'anno. Con un tale abbattimento dei costi sarà molto più facile onorare i nostri impegni internazionali.

Un sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione introdurrebbe un prezzo unico per le quote scambiate tra le imprese all'interno del sistema, garantendo a queste ultime condizioni di equità, a prescindere dal paese in cui operano. Per contro, il ricorso a piani nazionali distinti determinerebbe una diversificazione dei prezzi nei singoli paesi.

Nella fase attuale non esistono esperienze concrete di scambio dei diritti di emissione dalle quali possono desumersi dati sui prezzi. Pertanto, le nostre considerazioni possono basarsi soltanto su valutazioni empiriche. I relativi risultati sono assai eterogenei, e variano a seconda dei paesi industrializzati da 5 a circa 58 euro per tonnellata di CO2 equivalente [20].

[20] I cosiddetti paesi dell'"allegato B" del Protocollo di Kyoto.

L'allegato 1 fornisce maggiori dettagli sull'analisi economica realizzata a tal riguardo.

5.2. Proteggere il mercato interno

Lo sviluppo di un sistema di scambio dei diritti di emissione all'interno della Comunità fornisce un importante contributo alla protezione dell'ambiente grazie alla riduzione delle emissioni. Tuttavia, esso non deve portare pregiudizio al mercato interno creando barriere commerciali, restrizioni alla libertà di stabilimento delle imprese e distorsioni delle condizioni di concorrenza. Lo scambio dei diritti di emissione dovrebbe quindi costituire parte integrante di un quadro coerente di politiche e misure comuni e coordinate per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra ed attuare gli impegni di Kyoto. Inoltre, apprestando un sistema comunitario di scambio delle emissioni capace di assicurare una concorrenza leale sul mercato interno, la Comunità contribuirà anche ad evitare le eventuali incompatibilità con gli accordi commerciali multilaterali.

È necessario garantire all'industria che venga applicato un trattamento equo sia nei confronti delle imprese all'interno dei singoli Stati membri che dei loro concorrenti operanti nei vari Stati membri. Un altro obiettivo auspicabile è la massima semplificazione delle regole applicabili alle imprese in tutta la Comunità. Questa semplificazione agevolerebbe l'efficace ed efficiente funzionamento del sistema di scambio. È necessario tuttavia conciliare l'esigenza di un trattamento più equo e di una maggiore semplicità con l'esigenza di una maggiore autonomia da parte degli Stati membri.

Qualsiasi decisione riguardante l'autonomia degli Stati membri richiederebbe una valutazione caso per caso dei singoli piani nazionali. Nel caso delle imprese, un tale approccio risulterebbe meno trasparente e più complicato. Può accadere infatti che alcune imprese partecipino ai piani nazionali di scambio delle emissioni mentre altre imprese analoghe ne rimangono escluse; inoltre, i settori interessati possono variare da uno Stato membro all'altro, come pure possono variare le regole e le procedure specifiche. Se è vero che in certi casi le diverse priorità nazionali possono giustificare strategie politiche differenti, resta il fatto che una tale frammentazione del mercato vanificherebbe gli obiettivi del mercato interno,

5.3. Definizione del ruolo della Comunità e dei singoli Stati membri

Lo scambio dei diritti di emissione all'interno dell'Unione europea potrebbe essere organizzato a diversi livelli e con vari gradi di intervento da parte della Comunità, dall'instaurazione di un sistema di scambio gestito dai singoli Stati membri fino alla creazione di un piano comunitario armonizzato. Nel primo caso il ruolo della Comunità sarebbe limitato alla supervisione dei piani nazionali al fine di garantire l'osservanza del diritto comunitario e controllare il rispetto degli impegni comunitari. Nel secondo caso, al contrario, l'elaborazione e la regolamentazione degli aspetti fondamentali del sistema verrebbero concordate a livello comunitario, incaricando gli Stati membri di attuarli in maniera coerente con limitata discrezionalità normativa.

Una soluzione intermedia sarebbe quella di dar vita a un sistema comunitario, lasciando gli Stati membri parzialmente liberi di scegliere se e in quale misura partecipare ed, eventualmente, di definire alcune delle principali modalità di attuazione.

A tal riguardo è opportuno tener conto dei seguenti aspetti:

- Come garantire che alle imprese analoghe operanti nei vari Stati membri siano richiesti gli stessi impegni - sia che partecipino al sistema di scambio delle emissioni o se siano soggette ad altre politiche o misure - in modo da minimizzare le distorsioni della concorrenza nel mercato interno;

- Come ripartire al meglio i diritti di emissione in maniera tale da evitare effetti discriminatori indiretti e da minimizzare le distorsioni della concorrenza;

- Come massimizzare la sinergia con la vigente normativa sull'ambiente;

- Come garantire l'efficienza a livello di monitoraggio, relazioni periodiche, verifiche e attuazione;

- Come assicurare la compatibilità con il sistema di scambio internazionale dei diritti di emissione previsto dal Protocollo di Kyoto.

Ovviamente spetta alla Comunità proteggere il mercato interno e onorare gli impegni internazionali assunti. Il dibattito sul ruolo della Comunità dovrebbe concentrarsi piuttosto sulle modalità con cui questo ruolo verrà svolto.

6. Scelte politiche relative al campo di applicazione del sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione

La fase più difficile consiste nell'avvio dei lavori. La scelta delle fonti e dei settori ai quali verrà applicato inizialmente il sistema di scambio delle emissioni riveste un'importanza fondamentale.

6.1. Scelta dei settori interessati

Nel definire i settori ai quali applicare il sistema di scambio delle emissioni è opportuno tener conto di una serie di criteri quali l'efficacia rispetto alla tutela ambientale, l'efficienza economica, i potenziali effetti sulla concorrenza, la fattibilità dal punto di vista amministrativo e le eventuali politiche e misure alternative.

Per soddisfare gran parte dei suddetti criteri si potrebbe applicare inizialmente il sistema di scambio ad un numero relativamente limitato di settori economici e di fonti che contribuiscono in maniera rilevante al volume totale di emissioni e che presentano costi notevolmente diversi in relazione all'abbattimento delle emissioni.

Le direttive sui grandi impianti di combustione [21] e sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento [22] potrebbero fornire un utile punto di partenza per la definizione dei settori cui applicare il sistema di scambio di cui parliamo. Tali direttive non riguardano tutti i settori, né si occupano delle fonti minori all'interno dei settori contemplati. Tuttavia, le potenziali distorsioni della concorrenza derivanti dall'esclusione di alcuni settori o delle fonti minori di emissioni all'interno dei settori presi in considerazione possono essere limitate se si riesce a garantire l'imposizione di politiche e misure equivalenti ai settori e alle fonti che non rientrano nel sistema di scambio.

[21] Direttiva 88/609/CEE del 24.11.1988, modificata da ultimo dalla direttiva 94/66/CEE del 15.12.1994.

[22] Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24.9.1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, in particolare l'allegato I.

Dalla tabella 1 emerge che circa il 45% delle emissioni di biossido di carbonio prodotte all'interno dell'UE provengono da pochi settori [23]. Nel settore della siderurgia, della raffinazione, della chimica inorganica (acido solforico e acido nitrico) e della pasta da carta, gli impianti corrispondono quasi sempre a grandi fonti puntuali e nell'immediato futuro tale situazione dovrebbe rimanere invariata. Per quanto riguarda l'industria del cemento, considerato il loro numero limitato, dovrebbe essere possibile includere tutti i cementifici nel sistema di scambio. Nel caso delle centrali termoelettriche il sistema dovrebbe essere applicabile a tutti gli impianti con una capacità termica superiore a 50 MWth [24].

[23] Stima tratta dallo studio intitolato "Design of a practical approach to greenhouse gas emissions trading combined with policies and measures in the EC", Center for Clean Air Policy, Washington DC, (prossimamente all'indirizzo: http://www.ccap.org). Tale studio è stato realizzato nell'ambito di uno studio più vasto dal titolo "Designing Options for Implementing an Emissions Trading Regime for Greenhouse Gases in the EC" realizzato sotto il patrocinio della Foundation for International Environmental Law and Development (FIELD): http://www.field.org.uk/papers/papers.htm.

[24] Radunsky & Ritter (1996) CORINAIR 1990 Relazione sintetica n. 3: Large Point Sources, Topic Report 20/96, Agenzia europea dell'ambiente, 1996.

Tabella 1: I settori industriali che potrebbero rientrare nel sistema di scambio dei diritti di emissione

Settore // Percentuale di emissioni di CO2 nei 15 Stati membri dell'UE [25]

[25] Percentuali relative ai dati energetici per il 1997.

Cogenerazione // 29,9%

Siderurgia // 5,4%

Raffinazione // 3,6%

Chimica // 2,5%

Vetro, ceramiche e materiali da costruzione (compreso il cemento) // 2,7%

Carta e tipografia (compresa la pasta da carta) // 1,0%

Totale // 45,1%

Fonte: dati EUROSTAT 1997.

Le direttive sui grandi impianti di combustione e sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento riguardano anche le fonti di settori non contemplati nella tabella. Essendo i vantaggi economici prodotti dallo scambio dei diritti di emissione il risultato delle differenze tra le spese sostenute dalle varie imprese interessate per abbattere le emissioni, sembrerebbe opportuno optare per una copertura settoriale il più ampia possibile in termini quantitativi e di varietà. È riconosciuto a tal riguardo che lo scambio dei diritti di emissione riveste un particolare interesse per quei settori in cui il costo medio dell'abbattimento delle emissioni risulta essere maggiore.

La chiave per limitare i rischi di distorsione tra le grandi e le piccole fonti puntuali e tra le fonti che partecipano al sistema di scambio e quelle ne sono al di fuori consiste nell'applicare politiche e misure rigorose nei confronti di queste ultime, lasciando loro aperta la possibilità di aderire su base volontaria al sistema di scambio.

6.2. Fino a che punto è possibile attuare un sistema diversificato all'interno della Comunità-

Una domanda cruciale riguardante l'apprestamento di un sistema di scambio dei diritti di emissione nella Comunità è se esso debba essere applicato agli stessi settori in tutta l'UE.

6.2.1. Un sistema comunitario unico

Un sistema di scambio dei diritti di emissione con una sfera di applicazione concordata a livello comunitario creerebbe le condizioni ottimali per un'equa concorrenza tra i partecipanti dei vari Stati membri e garantirebbe il massimo livello di trasparenza e di certezza del diritto per tutte le imprese. Inoltre, una tale soluzione avrebbe notevoli vantaggi economici, se si considerano le enormi differenze nei costi di abbattimento sostenuti dalle singole imprese. A tal fine è tuttavia necessario adottare una decisione esplicita a livello comunitario sui settori che parteciperanno al sistema di scambio e su quelli che ne rimarranno esclusi.

6.2.2. Un sistema comunitario coordinato

Finora i diversi Stati membri non hanno tutti mostrato lo stesso interesse per il meccanismo di scambio. In alcuni è in atto un dibattito politico al riguardo, mentre altri dispongono già di piani concreti in fase avanzata di preparazione. Non è detto che tutti gli Stati membri siano pronti a partecipare contemporaneamente ad un piano a livello comunitario.

Un aspetto centrale del dibattito potrebbe quindi essere la definizione delle procedure per garantire nel tempo una partecipazione perfettamente sincronizzata degli Stati membri al piano comunitario prima del 2008. A tal riguardo esistono due alternative, ossia l'adesione volontaria (opt-in) e la dissociazione (opt-out).

L'adesione

La prima alternativa consiste in un sistema comune concordato all'inizio da tutti gli Stati membri e al quale essi possono aderire a propria discrezione. Tale approccio potrebbe fungere da fase transitoria di passaggio ad un sistema comunitario unico, consentendo ai settori economici dei singoli Stati membri di aderirvi gradualmente.

In caso di adozione di un sistema coordinato, è tuttavia indispensabile garantire condizioni eque di concorrenza tra le imprese dei vari Stati membri. A tal fine è necessario assicurare un buon livello di coordinamento delle componenti principali di una tale strategia di attuazione differenziata, il che comporta notevoli problemi a livello di gestione. In questa ipotesi la Comunità dovrebbe svolgere un ruolo attivo nel vigilare sulle iniziative nazionali e nel valutare gli effetti che esse hanno sulla concorrenza tra imprese simili operanti nei vari Stati membri. Se questi ultimi decidessero di applicare il sistema di scambio a diversi settori e a vari tipi di gas, le combinazioni che ne risulterebbero sarebbero troppo numerose per garantire un sistema omogeneo e trasparente.

Il diritto di dissociarsi

La seconda alternativa consisterebbe in un sistema basato sulla facoltà di dissociarsi: la Comunità stabilisce di comune intesa i settori ai quali applicare in linea di principio il sistema di scambio delle emissioni, concedendo agli Stati membri la possibilità di dissociarsi dall'accordo per quanto riguarda alcuni o tutti i settori, e per un periodo di tempo limitato. In questa ipotesi le possibili variazioni dovrebbero essere più limitate. Questa soluzione avrebbe il vantaggio di una maggiore semplicità e trasparenza rispetto al sistema basato sull'adesione volontaria.

Per poter offrire le suddette due alternative, è indispensabile che i settori che esulano dal sistema comunitario siano soggetti ad altre politiche e misure che impongano perlomeno un impegno economico analogo in termini di abbattimento delle emissioni.

6.2.3. L'allargamento dell'UE

La graduale estensione del sistema di scambio ad altre aree geografiche rappresenta un altro aspetto importante, visto che nel prossimo futuro nuovi Stati aderiranno all'UE. Il sistema di scambio, qualunque esso sia, dovrà dunque prestarsi a futuri adeguamenti ed ampliamenti. In base all'articolo 4 del Protocollo di Kyoto, in caso di eventuale allargamento dell'UE l'accordo sulla ripartizione degli oneri non subirebbe alcuna variazione durante la prima fase di attuazione degli impegni (2008-2012). Tuttavia, mediante un sistema di riconoscimento reciproco dei rispettivi sistemi nazionali, è possibile estendere il sistema comunitario ai nuovi Stati membri dell'UE. Nell'eventuale secondo periodo di attuazione degli impegni, dopo il 2012, i nuovi Stati membri verrebbero integrati nella sfera comunitaria.

Infine, la creazione di un sistema comunitario dovrebbe tener conto della situazione particolare dei paesi dello spazio economico europeo non appartenenti all'UE, che potrebbero dotarsi di un proprio sistema di scambio delle emissioni o decidere di aderire a quello comunitario. In tal caso rimarrebbe in piedi l'accordo sulla ripartizione degli oneri tra i 15 Stati membri dell'Unione e nel frattempo andrebbe studiata l'ipotesi di allargare il sistema comunitario ad altri Stati attraverso l'adesione all'UE o attraverso il riconoscimento reciproco.

6.3. Domande:

Domanda 1: A quali settori dovrebbe essere applicato il sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione- Le direttive sui grandi impianti di combustione (LCP) e sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) rappresentano un utile punto di partenza per l'individuazione dei settori che potrebbero partecipare a tale sistema-

Domanda 2: È necessario introdurre nell'UE un sistema comune di scambio dei diritti di emissione, per taluni settori, al fine di garantire un'equa concorrenza, la massima trasparenza e la certezza del diritto per le imprese-

Domanda 3: La flessibilità offerta dal meccanismo coordinato di adesione/dissociazione al sistema può essere compatibile con le disposizioni relative al mercato interno oppure la maggiore complessità di tale sistema supererebbe i suoi eventuali vantaggi-

Domanda 4: Può essere consentito ai singoli Stati membri applicare il proprio sistema nazionale di scambio ad un numero superiore di settori rispetto al sistema comunitario-

7. Alternative per la ripartizione iniziale dei diritti di emissione

Prima di poter procedere allo scambio dei diritti di emissione è necessario che questi diritti vengano assegnati.

La ripartizione iniziale può essere effettuata a tre livelli: tra i settori economici che partecipano e quelli che non partecipano al sistema di scambio, tra i soli settori che partecipano al sistema di scambio e tra le singole imprese. In tutti e tre i casi vi è una dimensione comunitaria, la quale tuttavia può assumere forme diverse.

7.1. Definire la quota complessiva di diritti di emissione per ciascun settore a livello comunitario e nei singoli Stati membri

È essenziale effettuare una ripartizione equa tra i settori o i soggetti che partecipano al sistema di scambio rispetto a quelli che ne rimangono esclusi. [26]

[26] Ciò vale anche per tutte le altre politiche e misure.

L'assegnazione iniziale non implica che tra il 2008 e il 2012 ciascuna impresa debba ridurre le proprie emissioni dell'8%, che è la percentuale globale di abbattimento sottoscritta dall'UE col Protocollo di Kyoto, né che gli Stati membri debbano attenersi alle percentuali stabilite dall'accordo sulla ripartizione degli oneri. È evidente che per alcuni settori (ad es. i trasporti) una riduzione dell'8% costituirebbe un obiettivo troppo oneroso, mentre per altri può essere molto meno dispendiosa. Per gravare il meno possibile sull'economia è consigliabile imporre le percentuali più alte di riduzione ai settori in cui il rispetto degli impegni risulta meno oneroso.

Attualmente i servizi della Commissione stanno effettuando uno studio empirico sui costi dell'abbattimento delle emissioni per settore nei singoli Stati membri. I risultati di tale ricerca potrebbero aiutare i politici ad individuare le strategie più economiche e a definire le opportune quote di emissioni da assegnare ai settori che partecipano al sistema di scambio. Tali risultati saranno inoltre esaminati e discussi dal competente comitato di controllo istituito dalla Comunità europea [27].

[27] Istituito dalla decisione 93/389/CEE del Consiglio, del 24.6.1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra nella Comunità, modificata dalla decisione 1999/296/CE del Consiglio del 26.4.1999.

Tra il 2008 e il 2012, gli Stati membri che istituiscono un proprio sistema di scambio dei diritti di emissione dovranno decidere quante tonnellate di emissioni dovranno essere abbattute attraverso il sistema di scambio nazionale e quante invece mediante altre politiche o misure. Analogamente, anche se si decidesse di introdurre prima del 2008 un sistema di scambio dei diritti di emissione di tipo comunitario, applicabile ad una serie di settori precedentemente concordati, si dovrebbe riservare una quota prestabilita di diritti di emissione ai sistemi di scambio dei singoli Stati membri. Dopo il 2008, gli Stati membri dovrebbero concordare, nell'ambito dell'accordo sulla ripartizione degli oneri, sia le quote da assegnare ai propri settori nazionali partecipanti al sistema di scambio sia gli abbattimenti da realizzare mediante altre politiche e misure. Ciò creerà un quadro trasparente all'interno del quale ciascuno Stato membro potrà ripartire i diritti di emissione tra le imprese presenti sul proprio territorio.

7.2. Assegnazione dei diritti di emissione alle imprese da parte degli Stati membri

7.2.1. Strategia generale

Le modalità di assegnazione dei diritti di emissione non alterano il risultato finale dal punto di vista ambientale. È probabile tuttavia che i negoziati sull'assegnazione dei diritti di emissione risultino alquanto complessi. Spinti da interessi divergenti, alcuni Stati membri potrebbero decidere di dare priorità ad alcuni settori e/o imprese piuttosto che ad altri. Ad esempio, potrebbero essere tentati di dispensare determinati settori dall'obbligo di contribuire all'obiettivo comune o di fissare obiettivi settoriali poco impegnativi. Ciò potrebbe dar luogo a rimostranze o denunce da parte dei concorrenti negli altri Stati membri.

Sul piano del diritto comunitario, questi problemi potrebbero essere disciplinati dalle vigenti disposizioni sugli aiuti di Stato e sul mercato interno, in quanto riguardano fondamentalmente la concessione di aiuti potenzialmente distorsivi a determinate imprese o settori. La Commissione, in conformità con la missione che il Trattato le assegna, ha il compito di salvaguardare una concorrenza non falsata e la libertà di stabilimento nel mercato interno. La Commissione può affrontare tali casi volta per volta (come avviene attualmente per il sistema di scambio adottato dalla Danimarca) e/o può stabilire in un documento di politica generale quali siano i criteri da rispettare.

Tuttavia, l'esigenza e la natura di un tale intervento dipenderà in larga misura dalle scelte che verranno fatte. Qualora la Comunità raggiungesse un accordo sulle quote di emissioni da assegnare ai settori dei singoli Stati membri, la possibilità di distorsioni nell'attribuzione dei diritti di emissione ai singoli settori o alle singole imprese risulterebbe notevolmente limitata. Di conseguenza, gli attuali orientamenti per gli aiuti di Stato nel campo ambientale potrebbero essere sufficienti per accertare se i diritti attribuiti alle imprese siano compatibili con le regole comunitarie di concorrenza.

Per contro, in mancanza di un accordo sulle quote di emissioni da assegnare ai settori dei singoli Stati membri occorrerebbe elaborare linee guida dettagliate e rigorose sulle modalità di attribuzione dei diritti di emissione ai singoli settori e alle imprese, ed organizzare un'attenta vigilanza su ogni singolo caso. È nell'interesse delle imprese e dei settori all'interno dei rispettivi Stati membri garantire che il governo ripartisca equamente le quote di emissioni tra i settori che partecipano al sistema di scambio.

7.2.2. Questioni fondamentali

Un aspetto fondamentale delle indagini della Commissione - sia in sede di analisi dei singoli casi che di elaborazione di nuove linee guida - riguarda i problemi legati alla discriminazione delle imprese di proprietà "straniera". In linea di principio, gli Stati membri dovrebbero applicare gli stessi criteri di assegnazione a tutte le imprese che operano sul proprio territorio.

Un altro elemento importante dell'attività di valutazione svolta dalla Commissione riguarda i metodi di assegnazione delle quote, che sono fondamentalmente due: la vendita all'asta e l'assegnazione gratuita. Nel caso dello scambio dei diritti di emissione, il secondo metodo è viene spesso definito come assegnazione sulla base del mantenimento dei diritti acquisiti ("grandfathering") [28]. È possibile combinare tra loro questi due meccanismi di attribuzione o applicarli in maniere diverse. Tuttavia, una volta fissata la quota complessiva per i singoli settori partecipanti, il metodo di assegnazione non altera il risultato ambientale finale, che è funzione della quota globale di diritti di emissione e dell'efficacia dei controlli sull'applicazione del sistema.

[28] In senso proprio, il mantenimento dei diritti acquisiti ("grandfathering") non ha nulla a che vedere con l'assegnazione gratuita di un cespite realizzabile, bensì riguarda il diritto storicamente acquisito di compiere una determinata azione, come ad esempio votare, che può essere trasmesso ai discendenti o conservato da una persona giuridica per tutta la propria esistenza, ma che non può essere trasferito al di fuori di questi limiti prestabiliti.

Dal punto di vista tecnico le aste periodiche sarebbero preferibili, in quanto fornirebbero a tutte le imprese la possibilità di acquisire diritti di emissione in condizioni di parità e in maniera trasparente. L'asta si basa sul principio "chi inquina paga". I proventi raccolti dai governi possono essere riutilizzati in diversi modi o per mantenere inalterato il livello delle entrate o per promuovere l'efficienza energetica, la ricerca e lo sviluppo o per effettuare investimenti pubblici per altri interventi di abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra. La vendita all'asta evita il compito difficile e politicamente delicato di decidere quale quota assegnare alle singole imprese che partecipano al sistema di scambio. Gran parte dei complessi problemi in materia di aiuti di Stato e di concorrenza descritti precedentemente scomparirebbe. Inoltre, le aste garantirebbero condizioni di parità ai nuovi soggetti che intendono aderire al sistema di scambio, offrendo loro le stesse possibilità concesse alle fonti esistenti di acquistare i diritti di cui hanno bisogno.

Le imprese potrebbero ribattere tuttavia che col sistema della vendita all'asta esse dovrebbero pagare "in anticipo" ciò che non è stato pagato in passato. Nel caso dell'assegnazione sulla base dei diritti acquisiti, invece, la concessione è gratuita e corrisponde ad un determinato valore. La base di riferimento per l'assegnazione gratuita può variare. Un approccio basato semplicemente sui rilevamenti storici delle emissioni (come ad esempio i livelli di emissione del 1990 menzionati nel Protocollo di Kyoto) premierebbe le imprese che nel periodo di riferimento producevano la maggiore quantità di emissioni, penalizzando invece quelle che, già prima del 1990, avevano adottato tempestive misure di abbattimento delle stesse. Una versione perfezionata del sistema dei diritti acquisiti consisterebbe nell'assegnazione gratuita delle quote sulla base dei livelli di prestazione o "valori di riferimento" (ad esempio tonnellate di CO2 equivalente per ciascuna tonnellata di acciaio prodotta in un determinato anno). A prescindere dall'approccio utilizzato, l'assegnazione gratuita non rappresenta necessariamente un metodo di facile applicazione.

Una questione fondamentale che va affrontata subito è se la Comunità debba imporre il primo o il secondo sistema, o lasciare gli Stati membri liberi di scegliere se optare per l'acquisto all'asta o per l'assegnazione gratuita in virtù dei diritti acquisiti. L'impresa di uno Stato membro che deve acquistare i diritti di emissione attraverso la vendita all'asta potrebbe sentirsi svantaggiata rispetto ad un concorrente di un altro Stato membro al quale i diritti sono stati concessi gratuitamente in base al sistema dei diritti acquisiti. Anche quest'ultimo - a seconda di come verrà applicato a livello nazionale - può suscitare tra le imprese concorrenti dei vari Stati membri la sensazione di essere discriminate generando quindi distorsioni di concorrenza.

Tuttavia, nonostante tale eventualità, il diritto comunitario non impedisce agli Stati membri di applicare un trattamento differenziato nei confronti delle "proprie" imprese, o delle imprese stabilite sul proprio territorio, a meno che non venga accertato un atteggiamento discriminatorio nei confronti di imprese di proprietà "straniera" o dell'ingresso di nuove imprese "straniere" sul loro mercato. Ovviamente, in quest'ultimo caso, discriminazioni siffatte porrebbero il problema degli aiuti di Stato

7.3. L'ingresso di nuovi concorrenti

Il problema dell'ingresso di nuovi concorrenti richiede una particolare attenzione in quanto, nel caso dell'assegnazione in base al principio dei diritti acquisiti, le imprese che all'inizio non li hanno ricevuti gratuitamente dovrebbero pure essere in grado di ottenerli facilmente al momento di entrare nel mercato. Per tale motivo gli Stati membri dovrebbero garantire che i diritti di emissione siano accessibili, a parità di condizioni, ai concorrenti, che potrebbero benissimo essere imprese "straniere" che aspirano ad entrare nel mercato [29]. A tal fine, è sufficiente che gli Stati membri concedano ai nuovi concorrenti i diritti di emissione a condizioni simili a quelle già applicate nei confronti delle imprese esistenti.

[29] Oltre alle misure discriminatorie, il trattato vieta anche tutte le misure che possano in qualche modo proibire o ostacolare le attività di operatori economici stranieri, anche se tali misure dovessero riguardare indistintamente, le imprese nazionali e quelle di proprietà straniera.

Tuttavia, la diffusa opinione secondo la quale i nuovi concorrenti risulterebbero penalizzati dall'applicazione del principio dei diritti acquisiti in sede di assegnazione delle quote non è sempre giustificata. In termini ambientali non vi è alcuna differenza concreta tra un'impresa esistente che, aumentando la produzione, produce più emissioni e una nuova impresa che intende iniziare a produrre una quota aggiuntiva di emissioni dato che, in entrambi i casi, si verifica un aumento delle emissioni. Le nuove imprese, a differenza di quelle vecchie, non hanno effettuato investimenti prima dell'istituzione del sistema di scambio, e pertanto non dovranno sostenere i costi delle "attività bloccate" (investimenti effettuati senza conoscere i successivi orientamenti politici).

Un altro aspetto importante legato all'ingresso di nuovi concorrenti riguarda il cosiddetto "costo di opportunità". Vero è, infatti, che le imprese esistenti possono vedersi assegnate le quote in base al principio del mantenimento dei diritti acquisiti, l'impiego di tali quote non è gratuito: se decide di utilizzare la quota assegnatale, l'impresa rinuncia ai proventi che avrebbe potuto ottenere vendendola. Pertanto, l'impresa dovrebbe sommare tale mancato guadagno ai costi di produzione. Da questo punto di vista, l'assegnazione delle quote basata sul principio dei diritti acquisiti non si traduce necessariamente in un vantaggio competitivo per le imprese esistenti rispetto ai nuovi concorrenti. Sebbene le prime ricevano un bene che i secondi sono invece costretti ad acquistare, non è detto che ciò le renda migliori o più efficienti dal punto di vista della produzione di emissioni. Per altro verso, i nuovi entranti potrebbero avere minore accesso ai capitali rispetto alle imprese già esistenti alle quali sia stato assegnato gratuitamente un cespite realizzabile, aspetto questo che le porrebbe in una situazione di svantaggio.

Infine, un sistema di scambio caratterizzato da un numero molto limitato di imprese appartenenti ad un unico settore lascerebbe spazio all'esercizio di un potere di mercato. È infatti logico che le imprese esistenti possano accaparrarsi le quote al fine di ostacolare l'ingresso nel mercato ad altre imprese. Tuttavia, tale pericolo viene ridotto notevolmente aumentando il numero dei soggetti che partecipano al sistema di scambio.

7.4. Domande:

Domanda 5: La quota globale di diritti di emissione assegnati ai settori dei vari Stati membri che aderiscono al sistema di scambio dovrebbe essere soggetta ad un accordo a livello comunitario-

Domanda 6: Le modalità di attribuzione dei diritti di emissione alle singole imprese dovrebbero essere soggette ad un accordo a livello comunitario- Oppure sono sufficienti linee guida dettagliate basate sulle norme in materia di aiuti di Stato e su altre disposizioni del Trattato per assicurare un trattamento equo-

8. Alternative per una sinergia con le altre politiche e misure

Resta ancora da chiarire in quale misura le norme tecniche, gli strumenti fiscali e gli accordi in materia di ambiente possano sostituire o integrare il sistema di scambio dei diritti di emissione.

8.1. Il rapporto con le norme tecniche

Le norme tecniche rappresentano lo strumento di politica ambientale più diffuso nell'Unione europea. Benché tali norme si siano rivelate efficaci nel ridurre l'inquinamento ambientale, si è discusso molto su come rendere meno onerosa l'attuale normativa sull'ambiente, in particolare integrandola con strumenti di tipo economico. In realtà, le attuali norme tecniche riguardano principalmente le sostanze inquinanti all'infuori del biossido di carbonio. Pertanto, un sistema di scambio delle emissioni di CO2 lascerebbe invariate le norme tecniche sulle altre sostanze inquinanti. In mancanza di un sistema di scambio delle emissioni, l'alternativa consisterebbe nel dettare norme tecniche più dettagliate in materia di gas ad effetto serra e di cambiamento climatico.

La normativa sulle emissioni provenienti dagli impianti ("fonti puntuali")

Le direttive sui grandi impianti di combustione (LCP) [30] e sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) [31] rappresentano alcuni dei più importanti strumenti di normazione tecnica per gli impianti. Le norme tecniche si basano sulle cosiddette "migliori tecniche disponibili" (BAT). Pur riguardando più specificamente le sostanze inquinanti ritenute dannose per la salute e per l'ambiente, la direttiva IPPC disciplina anche i gas ad effetto serra qualora "possano essere emessi dall'impianto interessato in quantità significativa". Le autorità competenti rilasciano le autorizzazioni in base a criteri quali il, tra le altre cose, del "consumo delle materie prime (ivi compresa l'acqua) usate nel processo e l'efficienza energetica...". Nell'istituire il sistema di scambio dei diritti di emissione occorrerà chiarire come quest'ultimo debba raccordarsi alle procedure e alle norme previste dalla direttiva IPPC. Attualmente tale direttiva non consente la cessione delle autorizzazioni. Per inserire il sistema di scambio delle emissioni nel sistema della direttiva IPPC sarà necessario tuttavia rendere negoziabili le autorizzazioni relative ai gas ad effetto serra in questione.

[30] Direttiva 88/609/CEE del 24.11.1988, modificata dalla direttiva 94/66/CEE del 15.12.1994.

[31] Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24.9.1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.

Un'alternativa consiste nel mantenere una netta distinzione tra il sistema di scambio dei diritti di emissione e la suddetta normativa tecnica. Tutte le attuali norme tecniche in materia di sostanze inquinanti, esclusi i gas ad effetto serra, rimarrebbero in vigore. Per quanto riguarda invece i gas ad effetto serra, le norme tecniche potrebbero continuare a fungere da prescrizioni minime. Inoltre, il concetto di "migliori tecniche disponibili" potrebbe essere considerato un elemento utile nel processo iniziale di assegnazione delle quote, soprattutto qualora si applicasse il principio del mantenimento dei diritti acquisiti. Le informazioni sulle migliori tecniche disponibili in determinati settori potrebbero infine fungere da parametri tecnici, insieme ai valori di riferimento e alle rilevazioni fatte in passato.

Norme tecniche sui prodotti ("fonti diffuse")

Le norme tecniche sui prodotti continueranno a svolgere un ruolo primario nella politica di tutela dell'ambiente, a prescindere dall'esistenza di un sistema di scambio dei diritti di emissioni. Ciò vale in particolare per le emissioni prodotte dalle abitazioni e dal settore dei trasporti, che, perlomeno all'inizio, non rientrerebbero nel sistema di scambio dei diritti di emissione. In particolare, sarà essenziale definire le modalità per promuovere in maniera significativa l'impiego di prodotti a basso consumo di energia, specialmente attraverso le norme tecniche, gli incentivi economici e fiscali, il coinvolgimento dell'industria in iniziative di volontariato e negli accordi ambientali, nonché attraverso migliori strumenti di informazione per i consumatori, come i marchi di qualità ecologica.

8.2. Il rapporto con gli accordi negoziati in materia ambientale

Gli accordi in materia ambientale stipulati con l'industria e introdotti sia a livello nazionale che comunitario [32] hanno suscitato un notevole interesse, in quanto offrono all'industria una soluzione più flessibile rispetto alle norme tecniche, eliminando al contempo il rischio di perdita della competitività a seguito dell'imposizione unilaterale di pesanti tasse sui consumi energetici. Inoltre, questi accordi sono risultati particolarmente interessanti sul piano dell'efficienza energetica. Nel valutare l'opportunità di ricorrere a tale strumento bisogna ovviamente tener conto del loro contributo al raggiungimento dell'obiettivo globale della Comunità che, in base a quanto già stabilito dal Protocollo di Kyoto, corrisponde ad un abbattimento delle emissioni dell'8%.

[32] L'espressione "accordi ambientali in materia di ambiente" viene utilizzato per semplicità. Infatti, a livello comunitario, non esiste un vero e proprio accordo giuridico, bensì un impegno unilaterale da parte dell'industria del quale la Commissione tiene conto e la cui osservanza è oggetto di una raccomandazione della Commissione all'industria.

La Commissione valuta positivamente gli accordi ambientali conclusi a livello industriale [33], il che trova conferma nel suo sostegno agli impegni assunti dall'Associazione europea di produttori di automobili [34] (ACEA). Recentemente sono stati siglati accordi analoghi con i produttori di automobili giapponesi (JAMA) e coreani (KAMA) [35]. Accordi siffatti possono contribuire in maniera significativa a migliorare l'efficienza energetica delle nuove autovetture, e quindi aiutare l'UE a rispettare gli impegni di Kyoto. Tuttavia, è necessario disporre di un quadro adeguato e trasparente per gli accordi ambientali stipulati a livello comunitario.

[33] COM(96) 561 - Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sugli accordi in materia di ambiente.

[34] COM(1998) 495 def.

[35] Inserire riferimenti COM(1999) 446 def.

L'analisi del rapporto tra accordi negoziati e scambio dei diritti di emissione deve tener conto di vari aspetti di rilievo, uno dei quali riguarda la domanda se, e a quali condizioni, ammettere lo scambio delle emissioni nell'ambito di un accordo in materia ambientale, ad esempio nei casi in cui, avendo aderito ad un accordo ambientale e non essendo successivamente in grado di rispettarlo, un determinato soggetto decida di acquistare diritti di emissione per onorare i propri impegni. Nel caso contrario, ossia quando i risultati ottenuti superano di gran lunga quelli previsti dall'accordo precedentemente stipulato, sorge la domanda se la quota di emissioni rimasta inutilizzata possa essere venduta sul mercato. Si potrebbero anche studiare nuove soluzioni in base alle quali le singole imprese appartenenti a un determinato settore utilizzano il sistema di scambio dei diritti di emissione per garantire che il settore nel suo insieme rispetti gli impegni presi in un accordo ambientale.

A tal riguardo vanno affrontate le seguenti due questioni fondamentali: la responsabilità della singola impresa nei confronti del settore che ha firmato l'accordo e la natura dell'obiettivo dal punto di vista ambientale.

La responsabilità a livello settoriale e di impresa

Un elemento cruciale di ogni sistema di controllo del rispetto dell'accordo o del meccanismo di scambio consiste nell'attribuzione chiara e trasparente delle responsabilità alle varie parti interessate. Due sono i casi in cui è prospettabile un impiego congiunto del sistema di scambio delle emissioni e degli accordi in materia ambientale: o l'accordo settoriale descrive chiaramente i precisi obblighi delle singole imprese, in modo tale che ciascuna di esse sappia esattamente su quale base può partecipare agli scambi delle emissioni, oppure l'organismo che rappresenta l'intero settore acquisisce uno status giuridico che gli consenta di partecipare allo scambio in rappresentanza dell'intero settore.

Un altro aspetto fondamentale atto a favorire la sinergia tra i due sistemi riguarda la neutralità delle attività di monitoraggio e di verifica. Per risultare valido e credibile, un accordo in materia ambientale deve basarsi su valutazioni indipendenti a livello settoriale, mentre un accordo che consenta lo scambio dei diritti di emissione comporta anche una valutazione indipendente a livello di impresa, con conseguente verifica delle emissioni prodotte dalle singole fonti.

Obiettivi in materia di efficienza energetica e di emissioni di carbonio

Gran parte degli accordi ambientali conclusi fino ad oggi riguardano precipuamente gli obiettivi di efficienza misurati sui risultati ambientali per unità di produzione, ma non garantiscono il raggiungimento di un risultato ambientale prestabilito qualora la produzione registrasse un aumento superiore alle previsioni.

Lo scambio delle emissioni si basa sull'assegnazione a ciascun soggetto di una certa quota di diritti di emissione, corrispondente ad un "obiettivo di riduzione del carbonio". Analogamente a quanto avviene per gli obiettivi imposti dal Protocollo di Kyoto alle singole Parti, tale quota è espressa in tonnellate di CO2 equivalente. Gli accordi ambientali possono rappresentare un primo passo verso la partecipazione ad un sistema di scambio dei diritti di emissione. L'"obiettivo di riduzione del carbonio" negoziato con un settore può essere effettivamente considerato un elemento utile nella fase iniziale del dibattito sull'assegnazione delle emissioni descritto al punto 0.

Alcuni Stati membri stanno tuttavia studiando come impiegare in maniera congiunta gli accordi ambientali basati sull'efficienza energetica e il sistema di scambio dei diritti di emissione. Dal momento che l'obiettivo degli accordi non è espresso in tonnellate di CO2 equivalente, appare difficile determinare su quale base un dato settore o un'impresa interessata possano partecipare ad un'operazione di scambio. Tale aspetto richiederà ulteriori approfondimenti e chiarimenti. È probabile tuttavia che un uso combinato dei due strumenti renda più complesso il sistema di scambio dei diritti di emissione, ragion per cui è necessario uno studio più approfondito della questione.

8.3. Il rapporto con le tasse sull'energia

Negli ultimi anni sono stati compiuti pochi progressi a livello comunitario in materia di tassazione dell'energia. Tuttavia, un numero crescente di Stati membri ha deciso di estendere le tasse sull'energia attualmente applicate agli oli minerali anche alle altre fonti energetiche, come l'energia elettrica. Inoltre, essi hanno aumentato, a livello nazionale, il livello minimo delle imposte sugli oli minerali.

Le tasse sull'energia e il sistema di scambio dei diritti di emissione dovrebbero essere impostati in maniera tale da operare come strumenti complementari applicabili a tutti i tipi di emissioni.

Si potrebbero concentrare le imposte complementari sull'energia [36] sulle fonti minori o su quelle mobili, le cui emissioni sono più difficili e costose da controllare. Le tasse sull'energia potrebbero anche concentrarsi sulle emissioni relative ai costi non direttamente legati alla produzione, come ad esempio il riscaldamento di ambienti per uso industriale e commerciale, che non sono soggette alle stesse pressioni da parte della concorrenza internazionale.

[36] Nell'ambito comunitario, "complementari" rispetto alle attuali disposizioni comunitarie in materia di tassazione degli oli minerali, come previsto dalla proposta di direttiva del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per l'imposizione dei prodotti energetici - COM(97) 30 def. del 12.3.1997.

D'altra parte, lo scambio dei diritti di emissione potrebbe essere applicato in misura maggiore alle emissioni legate alla produzione di beni in settori ("industrie di trasformazione") esposti ad una forte concorrenza internazionale. Va sottolineato a tal riguardo che, a differenza della tassazione, lo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra incontrerà probabilmente un'ampia diffusione tra le imprese private, con conseguente riduzione degli eventuali effetti negativi sulla competitività internazionale.

È necessario approfondire ulteriormente l'impiego congiunto dei suddetti due strumenti, studiando il rapporto con le modalità di assegnazione dei diritti di emissione alle imprese e in particolare con il sistema di vendita all'asta di tali diritti descritto al punto 0.

8.4. Come garantire l'equivalenza tra lo scambio dei diritti di emissione e le altre politiche e misure

Le industrie devono essere sicure di ricevere un trattamento paragonabile a quello riservato ai loro concorrenti. Ciò vale in particolare per il sistema comunitario coordinato di scambio dei diritti di emissione. A tal riguardo, è essenziale applicare il meccanismo di controllo [37] fino a includere la determinazione dei costi delle politiche e delle misure, in maniera tale da disporre di confronti più significativi tra gli andamenti dei prezzi sul mercato dei diritti di emissione. I risultati degli ulteriori studi empirici di cui al punto 0 contribuiranno a garantire questa parità di trattamento.

[37] Decisione 93/389/CEE del Consiglio, del 24.6.1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra nella Comunità, modificata dalla decisione 1999/296/CE del Consiglio del 26.4.1999.

8.5. Domande

Domanda 7: Vi è concordanza sul fatto che vi debba essere un equilibrio tra i settori che partecipano al sistema di scambio delle emissioni all'interno della Comunità e le politiche e le misure applicate agli altri settori-

Domanda 8: Come garantire i risultati ambientali (adempimento degli obblighi imposti dal Protocollo di Kyoto) e la trasparenza, utilizzando in maniera congiunta lo scambio dei diritti di emissione, le tasse sull'energia e gli accordi ambientali i cui obiettivi si basano sull'efficienza energetica per unità di produzione-

9. Strategie per l'osservanza e l'attuazione degli impegni

9.1. La necessità di regole severe che assicurino il rispetto e l'attuazione degli impegni

L'efficienza e la validità ambientali di qualsiasi sistema di scambio dei diritti di emissione dipenderà in larga misura dalle sue modalità di attuazione e dal rigore con cui se ne garantisce l'osservanza. La rigorosa osservanza delle regole concordate promuove la fiducia nel sistema, ne garantisce l'efficiente funzionamento e la conformità alle norme del mercato interno e accresce in pari tempo la probabilità di raggiungere gli auspicati obiettivi ambientali.

Presupposto necessario affinché il sistema comunitario funzioni adeguatamente è la predisposizione di un adeguato sistema di monitoraggio, verifica e elaborazione di relazioni. La verifica e il controllo dei dati forniti dovrebbe consentire l'individuazione dei casi di inadempimento, che saranno passibili di misure coercitive. Oltre alla verifica e all'attuazione a posteriori, l'esistenza di severe sanzioni avrebbe un effetto deterrente tale da indurre le imprese ad evitare le inadempienze.

Caratteristiche di queste sanzioni dovrebbero essere la prevedibilità (o conoscibilità) e l'ammontare, che dovrà superare in larga misura il costo del normale adempimento. Inoltre, in caso di violazione delle regole, il sistema di scambio delle emissioni dovrebbe adottare misure rapide e mirate, più rispondenti alla dinamica del mercato. È anche ipotizzabile l'estromissione dal sistema di scambio, in caso di ripetuta inadempienza. Il successo del sistema statunitense di scambio delle emissioni di zolfo è dovuto in buona parte al rigore con cui viene applicato e, tra l'altro, alle pesanti sanzioni irrogate in caso di inosservanza.

9.2. Rispetto ed attuazione degli impegni da parte delle imprese

Generalmente, nell'UE il controllo sull'osservanza della normativa ambientale da parte delle imprese viene effettuato prevalentemente dagli Stati membri. Anche nel caso del sistema di scambio di cui trattasi spetterà soprattutto agli Stati membri verificarne l'osservanza da parte delle imprese. Queste ultime dovrebbero controllare e notificare alle autorità nazionali le emissioni effettivamente prodotte e annotare i diritti di emissione scambiati. I risultati globali devono poi essere comunicati alla Commissione.

Esistono diversi modi per facilitare tali adempimenti e ottimizzare i risultati. Per ridurre l'onere amministrativo legato al sistema di scambio, gli Stati membri potrebbero decidere di affidare le verifiche a revisori privati, rivolgendosi ad esempio a verificatori ambientali come quelli accreditati dagli Stati membri sulla base dei criteri comuni previsti dal sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) [38]. Per aumentare ulteriormente la credibilità del sistema di scambio, si potrebbe inoltre introdurre, a livello comunitario, un controllo aggiuntivo delle emissioni prodotte dai settori dei singoli Stati membri che vi partecipano.

[38] Regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29.6.1993, sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit.

Perché il sistema di scambio possa funzionare, è assolutamente indispensabile garantire l'osservanza delle norme relative alle imprese che aderiscono al sistema. Ovviamente, gli Stati membri sono nella migliore posizione per imporre, anche coattivamente, il rispetto di queste regole alle imprese partecipanti.

Un sistema comunitario di scambio delle emissioni dovrebbe prevedere delle sanzioni minime applicabili dagli Stati membri alle imprese inadempienti. A tal riguardo è importante evitare sotterfugi mediante i quali le imprese presenti in più Stati membri potrebbero scambiarsi diritti di emissione tra le diverse fonti situate all'interno della Comunità al fine di rispettare le prescrizioni negli Stati membri che applicano sanzioni più severe rispetto agli altri. L'effetto destabilizzante di tali trasferimenti potrebbe impedire ad uno Stato membro di attenersi alla quota totale di emissioni attribuitagli nell'ambito del sistema. Infine, esso potrebbe anche pregiudicare la capacità di una delle Parti aderenti al Protocollo di Kyoto di onorare i propri impegni internazionali.

9.3. Rispetto ed attuazione degli impegni da parte degli Stati membri

Il controllo, da parte della Comunità, del rispetto degli impegni imposti ai singoli Stati membri dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici e dal Protocollo di Kyoto si basa attualmente su una decisione del Consiglio [39], che stabilisce che le emissioni di gas ad effetto serra prodotte nei singoli Stati membri siano controllate a livello comunitario utilizzando i dati complessivi relativi a ciascuno Stato membro. Nel caso di un sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione, la possibilità di provvedimenti coattivi nei confronti di uno Stato membro fornirebbe ulteriori garanzie.

[39] Decisione 93/389/CEE del Consiglio, del 24.6.1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra nella Comunità, modificata da ultimo dalla decisione 1999/296/CE del Consiglio del 26.4.1999, GU L 117/1999, pagg. 35-38.

Il trattato CE [40] riconosce alla Comunità il diritto, che in taluni casi assume la forma di obbligo, di adottare misure nei confronti di uno Stato membro in caso di accertata inadempienza, sempreché - beninteso - esista un'adeguata base giuridica (ad esempio regolamento CE, direttiva o decisione). In tal caso la Commissione può avviare, di propria iniziativa o su ricorso di una persona fisica o giuridica, un procedimento di infrazione nei confronti dello Stato membro. Anche i singoli Stati membri possono promuovere un'azione nei confronti degli altri Stati membri. Se la procedura non dovesse sfociare in una soluzione soddisfacente, viene adito il massimo organo giurisdizionale della Comunità, la Corte di giustizia delle Comunità europee.

[40] Articoli 226 e 227 del trattato CE (ex articoli 169 e 170).

Inoltre, dal 1993 quest'ultima ha la facoltà di comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità agli Stati membri che non si sono conformati alla sentenza della Corte [41]. Si apre quindi un nuovo procedimento che richiede altro tempo per la sua conclusione. Tuttavia, l'esistenza di tali sanzioni economiche ha un forte effetto deterrente e, in termini concreti, ha contribuito in maniera significativa a garantire l'osservanza delle disposizioni in campo ambientale.

[41] Articolo 228 del trattato CE, modificato dal trattato di Maastricht (ex articolo 171).

9.4. Domande

Domanda 9: Gli strumenti attualmente disponibili (meccanismi di monitoraggio, procedure di infrazione) sono sufficienti o è necessario apprestarne di nuovi in modo da consentire alla Comunità di valutare adeguatamente il rispetto degli impegni nell'ambito del sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione-

Domanda 10: Gli aspetti relativi all'osservanza e all'attuazione degli impegni descritti precedentemente richiedono un coordinamento e un'armonizzazione a livello comunitario, e quali di essi potrebbero essere meglio gestiti dai singoli Stati membri-

Allegato 1: analisi economica Stime empiriche della riduzione dei costi legati al rispetto del Protocollo di Kyoto

I servizi della Commissione hanno analizzato [42] i vantaggi economici dell'adozione di un sistema di scambio a livello di UE in aggiunta ad un sistema di scambio a livello di singoli Stati membri [43]. Se ciascuno Stato membro realizzasse separatamente l'obiettivo specifico attribuitogli dall'accordo sulla ripartizione degli oneri, il costo annuale sostenuto dall'UE per rispettare gli impegni di Kyoto ammonterebbe complessivamente a 9,0 miliardi di euro [44] (cfr. grafico: colonna sinistra).

[42] L'analisi è stata condotta utilizzando il cosiddetto modello Primes relativo ai sistemi energetici a livello di UE. Fonte: E3M Lab, National Technical University of Athens (di prossima pubblicazione): "The Economic Effects of Industry-Level Emission Trading to Reduce Greenhouse Gases" (http://europa.eu.int/comm/environment/enveco/studies2.htm).

[43] Il livello di riferimento è conforme al progetto di analisi congiunta avviato dalla DG Energia (per ulteriori dettagli cfr. http://www.shared-analysis.fhg.de/). Tuttavia, l'analisi tiene conto degli accordi stipulati con i produttori di automobili europei, giapponesi e coreani. Si prevede che tali accordi possano portare ad una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 80Mt, il che corrisponde al 2,6% delle emissioni prodotte dall'UE nel 1990.

[44] Tutte le cifre riportate nel presente allegato si riferiscono ai livelli del 1999.

1. Lo scambio dei diritti di emissione tra i settori dell'UE a forte consumo di energia riduce i costi legati al rispetto degli impegni

Se il settore dell'approvvigionamento energetico e le industrie a forte consumo di energia [45] partecipassero ad un sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione (cfr. grafico: 3a colonna da sinistra)

>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

[45] L'approvvigionamento energetico comprende la produzione di energia elettrica, la cogenerazione, le raffinerie e le grandi caldaie industriali a combustione. Le industrie a forte consumo di energia comprendono l'industria siderurgica, l'industria dei metalli non ferrosi, l'industria dei materiali da costruzione, l'industria chimica e quella della pasta da carta.

, il costo annuale dell'adempimento degli impegni di Kyoto ammonterebbe a 6,9 miliardi di euro nel 2010. Se il sistema di scambio fosse applicato soltanto ai produttori di energia (cfr. grafico: 2a colonna da sinistra) il costo annuale di adempimento sarebbe leggermente superiore, ossia 7,2 miliardi di euro.

In entrambi i casi il prezzo dei diritti di emissione ammonterebbe a circa 33 euro per tonnellata di biossido di carbonio [46], il che rientra perfettamente nella gamma di prezzi (5-58 euro) calcolati mediante altri modelli in materia di scambio delle emissioni [47].

[46] Va ricordato che negli altri settori (agricoltura, trasporti, consumi domestici, servizi, ecc.), il costo dell'abbattimento delle emissioni risulterebbe più elevato.

[47] In base ai calcoli, il prezzo dei diritti di emissione nei paesi dell'allegato B oscilla tra 5 e 58 euro per tonnellata di CO2. I modelli utilizzati sono i seguenti: 1) AIM, EPPA, G-Cubed, GTEM, MS-MRT, Oxford e SGM: Energy Journal (1999). The costs of the Kyoto Protocol: A Multi-Model Evaluation. Special Issue. 2) Green and WorldScan: OECD (1998) Economic Modelling of Climate Change. Report of an OECD Workshop. OECD Headquarters, 17-18 September, 1998 (disponibile all'indirizzo http://www.oecd.org/dev/news/environment/modelling.htm). 3) Poles: Coherence (1999) "Kyoto protocol and emissions trading: potential cost savings and emission reductions" in Economic Evaluation of Quantitative Objectives for Climate Change (disponibile all'indirizzo http://europa.eu.int/comm/environment/enveco/studies2.htm). 4) GEM-E3 World: Capros (1999) GEM-E3 Progetto di ricerca Elite. Relazione finale della Commissione europea, DG Ricerca. I modelli Primes, GEM-E3 e Poles sono stati sviluppati con il sostegno del programma per l'energia non nucleare della DG Ricerca.

È opportuno sottolineare che l'analisi si basa sul presupposto che l'industria dell'approvvigionamento energetico e le industrie a forte consumo di energia già partecipino a dei piani nazionali di scambio dei diritti di emissione applicati a tutti i settori. Di conseguenza, gran parte dei vantaggi che l'industria trae dallo scambio dei diritti di emissione risulterebbero già esauriti nei singoli Stati membri. Quest'ipotesi ottimistica viene analizzata in maggior dettaglio al successivo punto 3.

In sintesi, lo scambio a livello comunitario dei diritti di emissione di CO2 tra l'industria dell'approvvigionamento energetico e le industrie a forte consumo di energia consentirebbe all'UE di risparmiare ogni anno 2 miliardi di euro, il che equivale ad una riduzione dei costi del 20% rispetto ad uno scenario caratterizzato dall'assenza di un sistema di scambio a livello UE.

2. Lo scambio dei diritti di emissione tra tutti i settori dell'UE riduce ulteriormente i costi dell'adempimento

Se tutti i settori (compresa l'agricoltura, i trasporti, i consumi domestici, i servizi, ecc.) partecipassero nell'UE allo scambio dei diritti di emissione, il costo annuale legato all'adempimento degli impegni scenderebbe a 6,0 miliardi di euro nel 2010 (cfr. grafico: colonna destra). Consentendo agli Stati membri di attuare lo scambio dei diritti di emissione in tutti i settori il costo annuale dell'adempimento verrebbe ridotto di 3 miliardi di euro, pari al 34% del costo complessivo di adempimento sostenuto dall'UE. Il prezzo dei diritti di emissione ammonterebbe a 32,5 euro per tonnellata di CO2. Tali risultati sono stati confermati dagli ulteriori studi effettuati per conto della Commissione [48].

[48] Le analisi sono state condotte dall'Institute for Prospective Technological Studies (IPTS) e dall'Oxford Economic Forecasting utilizzando rispettivamente il modello Poles e un modello macroeconomico. In base al modello Poles, lo scambio dei diritti di emissione applicato a tutti i settori dell'UE ridurrebbe il costo dell'adempimento del 25% rispetto ad uno scenario caratterizzato dall'assenza di un sistema di scambio tra gli Stati membri. Il prezzo dei diritti di emissione ammonterebbe a 49 euro per tonnellata di CO2. Tali risultati confermano la riduzione del costo di adempimento e il prezzo dei diritti di emissione quali risultano dalle differenze tra i modelli Poles e Primes. Il modello Poles, ad esempio, riguarda solamente quattro Stati membri (gli altri sono riuniti in due gruppi) e contiene una ripartizione settoriale più limitata rispetto al modello Primes. Fonte: IPTS, DG CCR, "Preliminary Analysis of the Implementation of an EU-Wide Permit System on CO2 Emissions Abatement Costs Results from Poles model" (prossimo alla pubblicazione). Il modello macroeconomico Oxford conferma i risultati ottenuti con i modelli Primes e Poles. In base al modello Oxford, con l'applicazione del sistema di scambio delle emissioni a tutti i settori, la perdita del PIL verrebbe ridotta fino al 30%. Fonte: Oxford Economic Forecasting "Macro-economic analysis of EU-wide emissions trading" (di prossima pubblicazione). (Gli studi saranno disponibili all'indirizzo: http://europa.eu.int/comm/environment/enveco/studies2.htm).

3. Nella pratica, è probabile che i vantaggi di un sistema di scambio dei diritti di emissione a livello di UE siano maggiori

È probabile che le cifre utilizzate nella presente analisi sottovalutino l'impatto reale del sistema comunitario di scambio delle emissioni, in quanto i modelli utilizzati si basano sul presupposto che agendo separatamente, i paesi riescano ad ottenere una quota il meno onerosa possibile di abbattimento delle emissioni prodotte dai rispettivi settori. In altre parole, i modelli presuppongono che tutti gli Stati membri siano in grado di ridurre le proprie emissioni in maniera autonoma e con il maggior risparmio possibile imponendo, ad esempio, un'opportuna tassa sulle emissioni di carbonio o attuando lo scambio dei diritti di emissione all'interno dei propri confini. Non è detto tuttavia che tali presupposti si verifichino nella realtà.

I servizi della Commissione hanno calcolato a quanto ammonterebbero i costi dell'adempimento se gli Stati membri assegnassero uniformemente i rispettivi obiettivi previsti dalla ripartizione degli oneri a tutti i settori, senza consentire lo scambio tra gli stessi [49]. In base a tale analisi i costi annuali di adempimento a livello di UE raggiungerebbero i 20 miliardi di euro l'anno.

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