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Document 32013R1194

Regolamento di esecuzione (UE) n. 1194/2013 del Consiglio, del 19 novembre 2013 , che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia

GU L 315 del 26.11.2013, p. 2–26 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

Legal status of the document No longer in force

ELI: http://data.europa.eu/eli/reg_impl/2013/1194/oj

26.11.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 315/2


REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 1194/2013 DEL CONSIGLIO

del 19 novembre 2013

che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) («regolamento di base»), in particolare l’articolo 9,

vista la proposta presentata dalla Commissione europea previa consultazione del comitato consultivo,

considerando quanto segue:

A.   PROCEDURA

1.   Misure provvisorie

(1)

Il 27 maggio 2013 La Commissione europea («Commissione») ha deciso di istituire un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia («paesi interessati») con il regolamento (UE) n. 490/2013 (2) («regolamento provvisorio»).

(2)

Il procedimento è stato avviato il 29 agosto 2012 (3) in seguito a una denuncia presentata a nome di alcuni produttori dell’Unione («denunzianti»), che rappresentano oltre il 60 % della produzione totale di biodiesel dell’Unione.

(3)

Come indicato nel considerando 5 del regolamento provvisorio, l’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o luglio 2011 e il 30 giugno 2012 («periodo dell’inchiesta» o «PI»). L’analisi delle tendenze utili per la valutazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2009 e la fine del PI («periodo in esame»).

2.   Fase successiva del procedimento

(4)

In seguito alla comunicazione dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali è stato deciso di imporre un dazio antidumping provvisorio («comunicazione delle conclusioni provvisorie»), varie parti interessate hanno presentato osservazioni scritte in merito alle conclusioni provvisorie. Le parti che ne hanno fatto richiesta hanno avuto la possibilità di essere sentite.

(5)

La Commissione ha continuato a raccogliere e verificare tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini delle conclusioni definitive. Le osservazioni presentate oralmente e per iscritto dalle parti interessate sono state esaminate e le conclusioni provvisorie sono state, se del caso, modificate di conseguenza.

(6)

Successivamente, tutte le parti sono state informate dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si intendeva raccomandare l’istituzione di un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia e la riscossione definitiva degli importi depositati a titolo di dazio provvisorio («comunicazione delle conclusioni definitive»). A tutte le parti è stato concesso un periodo entro il quale presentare le loro osservazioni sulla comunicazione delle conclusioni definitive.

(7)

Esaminate le osservazioni presentate dalle parti interessate, si è tenuto conto di quelle ritenute pertinenti.

B.   CAMPIONAMENTO

(8)

In assenza di osservazioni in merito al campionamento dei produttori esportatori argentini e indonesiani, si confermano le conclusioni provvisorie dei considerando da 10 a 14 e da 16 a 20 del regolamento provvisorio.

(9)

Una parte interessata ha chiesto ulteriori informazioni in merito alla rappresentatività del campione di produttori dell’Unione, sia in fase di selezione provvisoria del campione di cui al considerando 23 del regolamento provvisorio che in fase di selezione finale di cui al considerando 83 dello stesso regolamento.

(10)

Il campione di produttori dell’Unione selezionati in via provvisoria rappresentava il 32,5 % della produzione di biodiesel nell’Unione durante il PI. In seguito ai cambiamenti intervenuti, spiegati nel considerando 24 del regolamento provvisorio, il campione definitivo era costituito da otto società che rappresentavano il 27 % della produzione dell’Unione. Il campione è stato quindi considerato rappresentativo dell’industria dell’Unione.

(11)

Una parte interessata ha asserito che due produttori dell’Unione inseriti nel campione avrebbero dovuto essere rimossi da quest’ultimo in quanto collegati a produttori esportatori argentini. Questo presunto collegamento era stato esaminato prima dell’istituzione delle misure provvisorie e le conclusioni della Commissione sono già state pubblicate nel considerando 82 del regolamento provvisorio.

(12)

Tutti i presunti legami tra i produttori esportatori argentini e le due società incluse nel campione di cui sopra sono stati esaminati nuovamente e tra di loro non è emerso alcun legame diretto tale da comportare l’esclusione dal campione di uno o dell’altro produttore dell’Unione. Il campione è rimasto pertanto invariato.

(13)

Un’altra parte interessata ha sostenuto che la procedura utilizzata della Commissione per la selezione del campione dei produttori dell’Unione non era corretta in quanto la Commissione aveva proposto un campione prima dell’apertura dell’inchiesta.

(14)

Tale obiezione non è stata accolta. La Commissione ha selezionato il campione definitivo solo dopo l’apertura dell’inchiesta, pienamente in linea con le disposizioni del regolamento di base.

(15)

In assenza di altre obiezioni o osservazioni si conferma il contenuto dei considerando da 22 a 25 del regolamento provvisorio.

C.   PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

1.   Introduzione

(16)

Come indicato nel considerando 29 del regolamento provvisorio, il prodotto in esame, quale definito in via provvisoria, è costituito da esteri monoalchilici di acidi grassi e/o da gasoli paraffinici ottenuti mediante sintesi e/o idrotrattamento, di origine non fossile, in forma pura o incorporati in una miscela, originari di Argentina e Indonesia, attualmente classificabili ai codici NC ex 1516 20 98, ex 1518 00 91, ex 1518 00 95, ex 1518 00 99, ex 2710 19 43, ex 2710 19 46, ex 2710 19 47, 2710 20 11, 2710 20 15, 2710 20 17, ex 3824 90 97, 3826 00 10 ed ex 3826 00 90 («prodotto in esame», comunemente noto come «biodiesel»).

2.   Asserzioni

(17)

Un produttore esportatore indonesiano ha asserito che, contrariamente a quanto affermato nel considerando 34 del regolamento provvisorio, l’estere metilico di palma (PME) prodotto in Indonesia non è un prodotto simile all’estere metilico di colza (RME) e ad altri biodiesel prodotti nell’Unione né all’estere metilico di soia (SME) prodotto in Argentina in quanto possiede un punto di intasamento a freddo dei filtri (Cold Filter Plugging Point — CFPP) assai più elevato, il che significa che deve essere miscelato prima di poter essere utilizzato nell’Unione.

(18)

Tale obiezione non è stata accolta. Il PME prodotto in Indonesia è in concorrenza con il biodiesel prodotto nell’Unione, che è rappresentato non solo dall’RME ma anche da biodiesel ottenuto da olio di palma e da altre materie prime. Il PME può essere utilizzato in tutta l’Unione in qualsiasi momento dell’anno miscelandolo con altri biodiesel prima dell’uso, come avviene per l’RME e per lo SME. Il PME è quindi intercambiabile con il biodiesel prodotto nell’Unione ed è quindi un prodotto simile.

(19)

Il considerando 35 del regolamento provvisorio riporta l’obiezione di un produttore indonesiano, il quale ha chiesto che gli esteri metilici frazionati fossero esclusi dalla definizione del prodotto oggetto del presente procedimento. Questo produttore ha mantenuto tale richiesta nelle sue osservazioni in merito alla comunicazione delle conclusioni provvisorie, in cui ha ribadito la stessa argomentazione avanzata prima di tale comunicazione.

(20)

L’industria dell’Unione ha tuttavia contestato questa richiesta, affermando che gli esteri metilici frazionati sono biodiesel e devono continuare a rientrare nella definizione del prodotto.

(21)

Sulla base delle osservazioni ricevute dopo la fase provvisoria, la decisione della Commissione di cui al considerando 36 del regolamento provvisorio è confermata. Indipendentemente dal fatto che vari esteri metilici di acidi grassi possiedano numeri CAS (Chemical Abstracts Service) differenti, che la produzione di tali esteri richieda processi diversi e che i loro usi possano essere diversi, gli esteri metilici frazionati sono pur sempre esteri metilici di acidi grassi e possono comunque essere utilizzati come combustibili. Data la difficoltà di distinguere un estere metilico di acidi grassi da un altro senza un’analisi chimica presso il punto d’importazione e data la conseguente possibilità di eludere i dazi, dichiarando il biodiesel di PME come estere metilico frazionato a base di olio di palma, l’obiezione sollevata è ancora una volta respinta.

(22)

Il considerando 37 del regolamento provvisorio riportava che un importatore europeo di estere metilico di acidi grassi a base di olio di palmisti («PKE») aveva chiesto che le importazioni di questo prodotto fossero soggette all’esenzione a motivo della destinazione specifica, o altrimenti escluse dalla definizione del prodotto oggetto del procedimento.

(23)

Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie l’industria dell’Unione ha presentato osservazioni sull’esenzione concessa alle importazioni di PKE a motivo della destinazione specifica e sulla possibilità di elusione dei dazi proposti. Data la natura fungibile del biodiesel essa ha contestato il fatto che la Commissione autorizzasse l’uso di tale regime per ottenere l’esenzione dai dazi antidumping: il biodiesel dichiarato per uso diverso da quello come combustibile potrebbe invece essere utilizzato a tale scopo dal momento che possiede le stesse proprietà fisiche. Il PKE può essere utilizzato come combustibile, l’alcool grasso insaturo prodotto a partire dal PKE può essere ulteriormente trasformato in biodiesel, i controlli che le autorità doganali possono effettuare sulle importazioni in regime di esenzione a motivo della destinazione specifica sono limitati e l’uso di questo regime comporta un onere economico significativo.

(24)

A seguito di consultazioni in merito a tale aspetto e dal momento che il biodiesel dichiarato per uso diverso da quello come combustibile presenta le stesse proprietà fisiche del biodiesel destinato all’uso come combustibile, non è opportuno autorizzare nella fattispecie l’esenzione a motivo della destinazione specifica a favore delle importazioni di PKE.

(25)

Un importatore tedesco ha ribadito la richiesta di esclusione dalla definizione del prodotto e/o di esenzione a motivo della destinazione specifica per un particolare estere metilico di acidi grassi ottenuto dall’olio di palmisti (PKE), destinato nell’UE ad un uso diverso da quello come combustibile. Le osservazioni formulate hanno ribadito la posizione già respinta nella fase provvisoria e non sono stati presentati nuovi elementi di prova tali da modificare la conclusione secondo cui l’esenzione a motivo della destinazione specifica non deve essere concessa e il PKE deve rientrare nella definizione del prodotto.

(26)

Un produttore esportatore indonesiano ha fatto inoltre riferimento alla sua richiesta di esenzione a motivo della destinazione specifica per gli esteri metilici frazionati e ha chiesto tale esenzione per queste importazioni destinate alla fabbricazione di alcool grasso saturo. Come indicato sopra, tutte le richieste di esenzione a motivo della destinazione specifica sono state respinte e le argomentazioni presentate da questa parte interessata non hanno modificato tale conclusione.

3.   Conclusioni

(27)

In assenza di altre osservazioni riguardo al prodotto in esame e al prodotto simile, si confermano i considerando da 29 a 39 del regolamento provvisorio.

D.   DUMPING

1.   Osservazioni preliminari

(28)

Nei considerando 44 e 64 del regolamento provvisorio è stato spiegato che sia il mercato argentino del biodiesel che quello indonesiano sono fortemente regolamentati dallo Stato e che quindi le vendite sul mercato interno non sono state considerate eseguite nel corso di normali operazioni commerciali. Di conseguenza, è stato necessario costruire il valore normale del prodotto simile conformemente all’articolo 2, paragrafi 3 e 6, del regolamento di base. Tale conclusione non è stata contestata da nessuna delle parti interessate ed è pertanto confermata.

(29)

Sia per l’Argentina che per l’Indonesia il valore normale costruito nella fase provvisoria è stato calcolato sulla base dei costi di produzione effettivi (e registrati) delle società durante il periodo dell’inchiesta, sommandovi le spese generali, amministrative e di vendita (SGAV) sostenute e un congruo margine di profitto. Nei considerando 45 e 63 del regolamento provvisorio si osservava in particolare che la Commissione avrebbe ulteriormente esaminato l’affermazione secondo cui i sistemi di tasse all’esportazione differenziate («DET») di Argentina e Indonesia distorcerebbero i prezzi delle materie prime e i costi di produzione registrati non rispecchierebbero quindi ragionevolmente i costi associati alla produzione del prodotto in esame.

(30)

L’ulteriore inchiesta ha dimostrato che, effettivamente, i sistemi DET avevano fatto scendere a un livello artificialmente basso i prezzi della principale materia prima sul mercato interno sia dell’Argentina che dell’Indonesia, come illustrato sotto nei considerando 35 e seguenti per l’Argentina e nel considerando 66 per l’Indonesia e che, di conseguenza, tali sistemi incidono sui costi dei produttori di biodiesel in entrambi i paesi interessati. Sulla base di tale constatazione si ritiene opportuno tenere conto di questa distorsione dei costi delle principali materie prime nello stabilire i valori normali in entrambi i paesi, data la particolare situazione di mercato prevalente sia in Argentina che in Indonesia.

(31)

Il Tribunale ha confermato (4) che quando i prezzi delle materie prime sono regolamentati in modo tale da risultare artificialmente bassi sul mercato interno si può presumere che il costo di produzione del prodotto in esame subisca una distorsione. Il Tribunale ha ritenuto che in tali circostanze le istituzioni dell’Unione hanno il diritto di concludere che uno degli elementi dei documenti contabili non può essere considerato ragionevole e che, di conseguenza, può essere oggetto di un adeguamento.

(32)

Il Tribunale ha anche concluso che dall’articolo 2, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base risulta che i documenti contabili della parte interessata non sono considerati come base per il calcolo del valore normale se i costi di produzione del prodotto oggetto dell’inchiesta non si riflettono adeguatamente in tali documenti. In questo caso, in base alla seconda frase di detto comma, i costi saranno adeguati o calcolati sulla base di fonti di informazione diverse da detti documenti. Queste informazioni possono essere tratte dai costi sostenuti da altri produttori o esportatori oppure, qualora queste ultime informazioni non fossero disponibili o utilizzabili, da qualsiasi altra fonte di informazione ragionevole, comprese le informazioni provenienti da altri mercati rappresentativi.

(33)

Nei calcoli provvisori il prezzo effettivo di acquisto della soia sul mercato interno e i costi effettivi imputati per l’olio di palma greggio sono stati utilizzati nel calcolo dei costi di produzione dei produttori esportatori di, rispettivamente, Argentina e Indonesia.

(34)

Dato che alcuni costi di produzione, in particolare i costi della materia prima principale (soia e olio di soia in Argentina e olio di palma greggio in Indonesia), sono risultati distorti, essi sono stati stabiliti sulla base dei prezzi di riferimento pubblicati dalle autorità competenti dei paesi interessati. Tali prezzi riflettono il livello dei prezzi internazionali.

2.   Argentina

2.1.   Valore normale

(35)

Come indicato in precedenza, la Commissione è ora giunta alla conclusione che il sistema DET applicato in Argentina falsa i costi di produzione dei produttori di biodiesel di tale paese. L’inchiesta ha stabilito che durante il PI le tasse all’esportazione sulle materie prime (35 % sulla soia e 32 % sull’olio di soia) erano notevolmente superiori alle tasse all’esportazione sul prodotto finito (aliquota nominale del 20 % sul biodiesel, con un’aliquota effettiva del 14,58 % tenendo conto di una riduzione d’imposta). Di fatto, durante il PI, la differenza tra la tassa all’esportazione sulla soia e quella sul biodiesel era di 20,42 punti percentuali, mentre quella tra l’olio di soia e il biodiesel era di 17,42 punti percentuali.

(36)

Per determinare il livello della tassa all’esportazione sulla soia e sull’olio di soia, il ministero argentino dell’Agricoltura, dell’allevamento e della pesca pubblica quotidianamente il prezzo fob della soia e dell’olio di soia, il cosiddetto «prezzo di riferimento» (5). Questo prezzo di riferimento riflette il livello dei prezzi internazionali (6) e viene utilizzato per calcolare l’importo della tassa all’esportazione da versare alle autorità fiscali.

(37)

I prezzi sul mercato interno seguono le tendenze dei prezzi internazionali. L’inchiesta ha stabilito che la differenza tra il prezzo della soia e dell’olio di soia sul mercato interno e il prezzo internazionale è data dalla tassa all’esportazione sul prodotto e dalle altre spese sostenute per esportarlo. I prezzi di riferimento della soia e dell’olio di soia sul mercato interno sono pubblicati dal ministero argentino dell’Agricoltura anche come «prezzo teorico FAS» (7). I produttori di soia e di olio di soia ottengono quindi lo stesso prezzo netto indipendentemente dal fatto che vendano all’esportazione o sul mercato interno.

(38)

In conclusione, i prezzi sul mercato interno della principale materia prima utilizzata dai produttori di biodiesel in Argentina sono risultati artificialmente più bassi dei prezzi internazionali a causa della distorsione dovuta al sistema argentino di tasse all’esportazione; i costi della principale materia prima, di conseguenza, non si riflettevano adeguatamente nei documenti contabili tenuti dai produttori argentini oggetto dell’inchiesta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base, secondo l’interpretazione del Tribunale, come illustrato sopra.

(39)

La Commissione ha pertanto deciso di rivedere il considerando 63 del regolamento provvisorio e di non considerare i costi effettivi della soia (la principale materia prima acquistata e impiegata nella produzione di biodiesel) registrati dalle società interessate nei loro documenti contabili, ma di sostituirli con il prezzo al quale tali società avrebbero acquistato la soia in assenza della suddetta distorsione.

(40)

Al fine di stabilire il costo al quale le società interessate avrebbero acquistato la soia in assenza della suddetta distorsione, la Commissione ha preso in considerazione la media dei prezzi di riferimento della soia pubblicati dal ministero argentino dell’Agricoltura per l’esportazione FOB Argentina durante il PI (8).

(41)

L’associazione di produttori esportatori argentini (CARBIO) e le autorità argentine hanno sostenuto che un adeguamento dei costi sostenuti dalle società a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base è possibile solo quando i documenti contabili, e non i costi sostenuti dalle società, non riflettono adeguatamente i costi associati alla produzione e alla vendita del prodotto in esame. Hanno dichiarato che, in pratica, la Commissione ha aggiunto le tasse all’esportazione al prezzo pagato dalle società per l’acquisto della soia, inserendo quindi nei costi di produzione una voce non legata alla produzione o alla vendita del prodotto in esame. Hanno poi aggiunto che la sentenza «Acron» del Tribunale citata nel documento di comunicazione delle conclusioni (9) si basa su un’interpretazione errata dell’articolo 2.2.1.1 dell’accordo antidumping dell’OMC, è attualmente oggetto di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia e, in ogni caso, le considerazioni di fatto sono diverse da quelle nel presente caso dal momento che i prezzi delle materie prime in Argentina non sono «regolamentati» come il prezzo del gas in Russia e non sono distorti, ma vengono determinati liberamente senza alcun intervento dello Stato; di conseguenza, la situazione del mercato in Argentina non è tale da consentire alla Commissione di applicare l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base. Hanno inoltre dichiarato che il sistema DET dell’Argentina non è incompatibile con alcuna norma commerciale. CARBIO ha sostenuto altresì che, poiché le tasse all’esportazione non sono state prese in considerazione al momento di stabilire il prezzo all’esportazione, la Commissione non ha effettuato un confronto equo tra il valore normale costruito (che tiene conto delle tasse all’esportazione) e il prezzo all’esportazione (che non tiene conto delle tasse all’esportazione).

Ha inoltre affermato che, facendo riferimento ai prezzi internazionali della soia quali stabiliti presso il Chicago Board of Trade (CBOT) per costruire il valore normale, ma tralasciando i profitti o le perdite conseguenti alle attività di hedging sul CBOT per stabilire il prezzo all’esportazione (cfr. sotto), la Commissione, ancora una volta, non ha effettuato un confronto equo tra il valore normale e il prezzo all’esportazione. CARBIO ha dichiarato altresì che la Commissione, sostituendo semplicemente i costi registrati dalle società oggetto dell’inchiesta con un prezzo internazionale, non ha preso in considerazione il vantaggio competitivo naturale dei produttori argentini. L’associazione ha infine obiettato che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che, senza il sistema DET in Argentina, i prezzi della soia sul CBOT sarebbero stati molto più bassi.

(42)

Tali obiezioni vanno respinte. Anche se i fatti su cui verte il caso «Acron» sono diversi da quelli del caso in esame, il Tribunale ha pur sempre stabilito il principio di diritto che se i costi associati alla produzione del prodotto oggetto dell’inchiesta non si riflettono adeguatamente nei documenti contabili delle società, tali costi non possono essere utilizzati come base per il calcolo del valore normale. Nel caso «Acron» i costi non si riflettevano adeguatamente nei documenti contabili della società interessata in quanto il prezzo del gas era regolamentato. Nel caso in esame è stato stabilito che i costi associati alla produzione del prodotto in esame non si riflettono adeguatamente nei documenti contabili delle società interessate poiché, a causa della distorsione dovuta al sistema DET argentino, risultano artificialmente bassi. Questa conclusione è valida indipendentemente dal fatto che i sistemi DET, in generale, siano o no incompatibili in quanto tali con l’accordo dell’OMC. La Commissione ritiene inoltre che il Tribunale si sia basato su un’interpretazione corretta dell’accordo antidumping. In effetti, nella controversia China-Broilers  (10) il panel ha concluso che, sebbene l’articolo 2.2.1.1 dell’accordo antidumping stabilisca la presunzione che, di norma, i costi di produzione siano calcolati sulla base dei libri e delle scritture della parte oggetto dell’inchiesta, l’autorità incaricata dell’inchiesta si riserva il diritto di non utilizzare tali libri qualora constati che i) non sono conformi ai principi contabili generalmente accettati (GAAP); o ii) non danno una visione corretta dei costi di produzione e delle spese di vendita del prodotto in esame. Tuttavia, se decide di derogare alla norma, l’autorità incaricata dell’inchiesta deve esporre i motivi che l’hanno indotta a farlo. La Commissione, conformemente a tale interpretazione e considerata la distorsione generata dal sistema DET, che crea una particolare situazione di mercato, ha sostituito i costi registrati dalle società interessate per l’acquisto della principale materia prima in Argentina con il prezzo che sarebbe stato pagato in assenza della distorsione stabilita. Il fatto che, da un punto di vista meramente numerico, il risultato sia analogo non significa che la metodologia applicata dalla Commissione sia consistita semplicemente nel sommare le tasse all’esportazione ai costi della materia prima. I prezzi internazionali dei prodotti di base sono fissati in funzione della domanda e dell’offerta e non vi sono prove del fatto che il sistema DET dell’Argentina incida sui prezzi CBOT. Tutte le obiezioni e le asserzioni secondo cui la Commissione, utilizzando un prezzo internazionale, non avrebbe effettuato un confronto equo tra il valore normale e il prezzo all’esportazione sono pertanto prive di fondamento. Lo stesso vale per l’affermazione secondo cui la Commissione non avrebbe preso in considerazione il vantaggio competitivo naturale dei produttori argentini, in quanto la sostituzione dei costi registrati dalle società è dovuta al prezzo anormalmente basso della materia prima sul mercato interno e non a un vantaggio comparativo.

(43)

Nel considerando 45 del regolamento provvisorio è stato spiegato che, poiché le vendite sul mercato interno non sono state considerate come eseguite nel corso di normali operazioni commerciali, il valore normale ha dovuto essere costruito utilizzando un congruo margine di profitto del 15 % conformemente all’articolo 2, paragrafo 6, lettera c), del regolamento di base. Alcuni produttori esportatori hanno affermato che la percentuale utilizzata dalla Commissione come congruo margine di profitto (15 %) per il calcolo del valore normale era inverosimilmente elevata e costituiva un cambiamento radicale rispetto alla prassi consolidata in una serie di altre inchieste relative a mercati analoghi connessi ai prodotti di base (in cui il margine di profitto utilizzato è stato del 5 % circa).

(44)

Tale argomentazione va respinta. Non è innanzitutto corretto affermare che la Commissione utilizza sistematicamente un margine di profitto del 5 % per il calcolo del valore normale. Ogni situazione è valutata singolarmente sulla base delle circostanze specifiche del caso. Ad esempio, nel procedimento del 2009 contro gli Stati Uniti riguardante il biodiesel, sono stati utilizzati vari livelli di profitto, con una media ponderata ben superiore al 15 %. In secondo luogo, la Commissione ha considerato anche il tasso debitore a breve e medio termine in Argentina, che stando ai dati della Banca mondiale è pari al 14 %. Appare certo ragionevole aspettarsi dalle operazioni sui mercati interni del biodiesel un margine di profitto più elevato rispetto ai costi di finanziamento. Il margine di profitto considerato risulta addirittura inferiore ai profitti realizzati durante il PI dai produttori del prodotto in esame, anche se tale livello è il risultato delle distorsioni dei costi provocate dal sistema DET e dalla regolamentazione dei prezzi del biodiesel sul mercato interno da parte dello Stato. Pertanto, per i motivi indicati sopra, si ritiene che un margine di profitto del 15 % rappresenti un margine equo per un’industria relativamente nuova e ad alta intensità di capitale in Argentina.

(45)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive, CARBIO e le autorità argentine hanno sostenuto che i) il riferimento ai margini di profitto del procedimento relativo agli Stati Uniti non era giustificato; ii) il riferimento al tasso debitore a medio termine è privo di logica, tale parametro non è mai stato utilizzato in passato e se davvero lo si vuole utilizzare come riferimento non si deve impiegare quello dell’Argentina in quanto gli investimenti sono stati effettuati in dollari US insieme a soggetti stranieri; iii) i profitti effettivamente realizzati dai produttori argentini non hanno potuto essere presi in considerazione a causa della particolare situazione del mercato; e iv) a titolo di confronto, il margine di profitto di riferimento dell’industria dell’Unione è stato fissato all’11 %.

(46)

Tali obiezioni vanno respinte. La Commissione ha ritenuto che un margine di profitto del 15 % fosse ragionevole per l’industria argentina del biodiesel poiché durante il PI, in tale paese, si trattava ancora di un’industria giovane ad alta intensità di capitale. Il riferimento al margine di profitto usato nel procedimento relativo agli Stati Uniti è stato fatto per confutare l’affermazione secondo cui la Commissione utilizzerebbe sistematicamente un margine di profitto del 5 % per costruire il valore normale. Anche il riferimento al tasso debitore a medio termine non aveva lo scopo di fissare un parametro di riferimento, bensì di verificare la ragionevolezza del margine utilizzato. Lo stesso vale per i profitti effettivamente realizzati dalle società inserite nel campione. D’altro canto, poiché la costruzione del valore normale ha un obiettivo diverso dal calcolo del profitto di riferimento dell’industria dell’Unione in assenza di importazioni in dumping, nessun confronto tra i due valori è pertinente. È quindi confermato il considerando 46 del regolamento provvisorio.

(47)

Un produttore esportatore fabbrica biodiesel in parte nei propri impianti e in parte nel quadro di un contratto in conto lavorazione con un produttore indipendente. Questo produttore esportatore ha chiesto che i suoi costi di produzione fossero ricalcolati utilizzando una media ponderata diversa per i propri costi di produzione e per quelli di tale produttore indipendente rispetto a quella utilizzata dalla Commissione nella fase provvisoria. Tale richiesta è stata analizzata e ritenuta giustificata e i costi di produzione della società in questione sono stati ricalcolati di conseguenza.

(48)

La Commissione ha ricevuto altre obiezioni di minore portata riguardanti società specifiche, ma tali richieste sono diventate irrilevanti in seguito al cambiamento di metodologia per la costruzione del valore normale come indicato sopra. Sono pertanto confermate, con le modifiche illustrate sopra, le conclusioni di cui ai considerando da 40 a 46 del regolamento provvisorio.

2.2.   Prezzo all’esportazione

(49)

Nel considerando 49 del regolamento provvisorio è stato spiegato che, quando le vendite all’esportazione sono state effettuate tramite società commerciali collegate con sede nell’Unione, sono stati operati adeguamenti al prezzo all’esportazione, anche per tenere conto dei profitti dell’operatore commerciale collegato conformemente all’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base. Ai fini di tale calcolo, è stato considerato ragionevole un margine di profitto del 5 % per l’operatore commerciale collegato all’interno dell’Unione. Due produttori esportatori hanno sostenuto che un margine di profitto del 5 % per l’operatore commerciale collegato nell’Unione era troppo elevato per il commercio dei prodotti di base e che non si doveva utilizzare alcun profitto o una percentuale più ridotta (fino al 2 % a seconda delle società).

(50)

Non è stato fornito alcun elemento di prova a sostegno di tale affermazione. In tali circostanze il margine di profitto del 5 % per gli operatori commerciali collegati all’interno dell’UE è confermato.

(51)

In seguito alla comunicazione delle conclusioni definitive, CARBIO ha sostenuto che il margine di profitto del 5 % era troppo elevato per il commercio dei prodotti di base e ha fatto riferimento a uno studio realizzato dalla KPMG espressamente a tale scopo, presentato alla Commissione il 1o luglio 2013 dopo la pubblicazione del regolamento provvisorio. La Commissione ha ritenuto che i risultati dello studio non fossero affidabili a causa dei limiti dell’analisi riconosciuti dallo studio stesso, limiti che hanno condotto alla selezione di un numero ridotto di società commerciali, la metà delle quali non vendeva prodotti agricoli. Gli elementi di prova forniti sono quindi considerati non conclusivi. Di conseguenza, il margine di profitto del 5 % per gli operatori commerciali collegati nell’UE è confermato.

(52)

Un produttore esportatore ha denunciato il fatto che, nello stabilire il prezzo all’esportazione, la Commissione non aveva tenuto conto dei risultati delle operazioni di hedging, ossia dei profitti o delle perdite dei produttori che vendono e acquistano contratti future di olio di soia sul Chicago Board of Trade (CBOT). La società ha sottolineato che l’hedging è un’attività necessaria nel settore del biodiesel a causa della volatilità del prezzo della materia prima e che, per il venditore di biodiesel, il ricavo netto non è costituito solamente dal prezzo pagato dall’acquirente, ma anche dai profitti (o dalle perdite) derivanti dalle operazioni di hedging soggiacenti.

(53)

Tale argomentazione va respinta in quanto l’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base stabilisce chiaramente che il prezzo all’esportazione è il prezzo realmente pagato o pagabile per il prodotto venduto per l’esportazione, a prescindere da profitti o perdite distinti, benché connessi, derivanti dalle pratiche di hedging.

(54)

In assenza di altre osservazioni relative ai prezzi all’esportazione, si confermano, con le modifiche indicate sopra, i considerando da 47 a 49 del regolamento provvisorio.

2.3.   Confronto

(55)

Nel considerando 53 del regolamento provvisorio è stato spiegato che, quando le vendite all’esportazione sono state effettuate tramite società commerciali collegate situate al di fuori dell’Unione, la Commissione ha esaminato se l’operatore commerciale collegato fosse da trattare come agente operante sulla base di commissioni e, in caso affermativo, è stato applicato un adeguamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base per tenere conto del valore figurativo del margine per l’operatore.

(56)

Una società ha affermato che il margine di profitto utilizzato dalla Commissione come valore figurativo per l’operatore commerciale collegato al di fuori dell’Unione era troppo elevato e che un margine di profitto più basso sarebbe stato più ragionevole.

(57)

La Commissione ha esaminato con attenzione le argomentazioni presentate dal produttore esportatore, ma ha concluso che, date le considerevoli attività svolte dagli operatori commerciali collegati, un margine di profitto del 5 % era da considerarsi ragionevole. L’obiezione va quindi respinta.

(58)

In assenza di altre osservazioni riguardanti il confronto, si confermano i considerando da 50 a 55 del regolamento provvisorio.

2.4.   Margini di dumping

(59)

Tutti i produttori esportatori argentini che hanno collaborato all’inchiesta hanno chiesto che, in caso di istituzione di un dazio antidumping sulle importazioni di biodiesel dall’Argentina, fosse istituito un dazio unico per tutti i produttori esportatori che avevano collaborato, basato sulla media ponderata dei dazi antidumping di tutti i produttori esportatori inseriti nel campione. Essi hanno giustificato tale richiesta affermando che tutti i produttori inseriti nel campione sono uniti da legami commerciali o di altro tipo e producono, vendono, prestano o scambiano biodiesel fra di loro; spesso, inoltre, il prodotto di varie società è caricato insieme nella stessa nave d’alto mare e spedito verso l’UE e non è più possibile per le autorità doganali identificare e distinguere il prodotto di produttori differenti. A loro avviso tali circostanze particolari rendevano impossibile l’istituzione di aliquote individuali del dazio.

(60)

Tale richiesta deve essere respinta malgrado provenga da tutti i produttori esportatori, compresi quelli con un margine di dumping individuale più basso rispetto alla media ponderata, e benché possa costituire una semplificazione per le autorità doganali. Tranne qualora sia inevitabile, presunte difficoltà di ordine pratico non devono infatti essere utilizzate come pretesto per derogare alle disposizioni del regolamento di base. Nella fattispecie la prassi delle società di scambiare, prendere in prestito o mescolare in altro modo il prodotto in esame non rende di per sé impossibile l’istituzione di dazi individuali ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base.

(61)

Tre società hanno chiesto che i loro nomi fossero inseriti nell’elenco dei produttori esportatori che hanno collaborato all’inchiesta per poter così beneficiare dell’aliquota del dazio antidumping per le società non incluse nel campione che hanno collaborato e non essere sottoposte al dazio residuo per «tutte le altre società».

(62)

Due di queste tre società producevano già biodiesel durante il PI per il mercato interno o nel quadro di contratti in conto lavorazione per altri produttori esportatori, ma non esportavano direttamente verso l’Unione. La terza società non produceva biodiesel durante il PI, essendo il suo stabilimento ancora in costruzione in quel periodo.

(63)

La Commissione ritiene che le tre società di cui sopra non soddisfino le condizioni per essere considerate produttori esportatori che hanno collaborato all’inchiesta. Questo vale non solo per la società che non produceva biodiesel durante il PI, ma anche per le società che hanno collaborato all’inchiesta presentando il modulo per il campionamento, poiché dalle risposte fornite nel modulo risulta chiaramente che producevano per il mercato interno o per terzi ma non esportavano biodiesel nell’Unione a nome proprio.

(64)

Tale richiesta va quindi respinta e alle tre società in questione va applicato il dazio antidumping residuo.

(65)

Tenuto conto degli adeguamenti operati sul valore normale e sul prezzo all’esportazione, come indicato sopra, e in assenza di ulteriori osservazioni al riguardo, la tabella di cui al considerando 59 del regolamento provvisorio è sostituita dalla tabella che segue e i margini di dumping definitivi, espressi in percentuale del prezzo cif frontiera dell’Unione, dazio non pagato, sono i seguenti:

Società

Margine di dumping

Louis Dreyfus Commodities S.A.

46,7 %

Group «Renova» (Molinos Río de la Plata S.A., Oleaginosa Moreno Hermanos S.A.F.I.C.I. y A. e Vicentin S.A.I.C.)

49,2 %

Group «T6» (Aceitera General Deheza S.A., Bunge Argentina S.A.)

41,9 %

Altre società che hanno collaborato

46,8 %

Tutte le altre società

49,2 %

3.   Indonesia

3.1.   Valore normale

(66)

Come indicato sopra nei considerando da 28 a 34, la Commissione è ora giunta alla conclusione che il sistema DET dell’Indonesia falsa i costi di produzione dei produttori di biodiesel di tale paese e che pertanto i costi associati alla produzione e alla vendita del prodotto in esame non si riflettono adeguatamente nei documenti contabili tenuti dai produttori indonesiani oggetto dell’inchiesta.

(67)

La Commissione ha pertanto deciso di rivedere il considerando 63 del regolamento provvisorio e di non considerare i costi effettivi dell’olio di palma greggio (CPO), principale materia prima acquistata e impiegata nella produzione di biodiesel, registrati dalle società interessate nei loro documenti contabili, ma di sostituirli con il prezzo al quale tali società avrebbero acquistato il CPO in assenza della suddetta distorsione.

(68)

L’inchiesta ha confermato che il livello dei prezzi del CPO oggetto di scambi sul mercato interno è notevolmente inferiore rispetto al prezzo di riferimento «internazionale» e che tale differenza si avvicina di molto alla tassa all’esportazione applicata al CPO. Il sistema DET, limitando le possibilità di esportare il CPO, fa sì che siano disponibili sul mercato interno quantità maggiori di CPO ed esercita quindi una pressione al ribasso sui prezzi di tale olio sul mercato interno. Ciò provoca una particolare situazione di mercato.

(69)

Durante il PI alle esportazioni di biodiesel era applicata un’aliquota della tassa all’esportazione compresa fra il 2 % e il 5 %. Nello stesso periodo le esportazioni di CPO erano soggette a una tassa all’esportazione con un’aliquota del 15-20 %, mentre per le esportazioni di RBDPO l’aliquota variava tra il 5 % e il 18,5 %. Le diverse aliquote si applicano in base alla relativa fascia dei prezzi di riferimento (che seguono le tendenze del mercato internazionale e non hanno alcun rapporto con le differenze di qualità). La tassa all’esportazione per i frutti di palma è fissata a un’aliquota fissa del 40 %.

(70)

Per i motivi menzionati sopra, il considerando 63 del regolamento provvisorio viene riveduto e il costo della materia prima principale (CPO) registrato dalle società interessate è stato sostituito, a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base, dal prezzo all’esportazione di riferimento (HPE) (11) per il CPO pubblicato dalle autorità indonesiane, basato a sua volta sui prezzi internazionali pubblicati (Rotterdam, Malaysia e Indonesia). Tale adeguamento è stato operato per il CPO acquistato sia dalle società collegate che da quelle indipendenti. Il costo del CPO di produzione propria all’interno dello stesso soggetto giuridico è accettato in quanto non si ha alcuna prova del fatto che tale costo sia influenzato dalla distorsione.

(71)

Tutti i produttori esportatori indonesiani, come pure il governo del paese, sostengono che la sostituzione dei costi del CPO, come registrati dalle società, con il prezzo all’esportazione di riferimento dell’Indonesia per il CPO non è consentita né dalle norme dell’OMC né dall’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base ed è quindi illegittima. A tale riguardo il governo indonesiano afferma che la Commissione ha erroneamente trattato la Repubblica di Indonesia come un’economia non di mercato. Le argomentazioni presentate dalle società possono sintetizzarsi come segue. In primo luogo, la Commissione non ha dato alcuna giustificazione del mancato utilizzo dei costi effettivi registrati né ha dimostrato che tali costi non riflettono adeguatamente i costi associati alla produzione del prodotto in esame, ma ha semplicemente dichiarato che i costi registrati erano artificialmente bassi rispetto a quelli internazionali e andavano quindi sostituiti.

Questo è contrario alle norme dell’OMC secondo le quali il criterio per determinare se un particolare costo possa essere utilizzato per il calcolo dei costi di produzione è che tale costo sia associato alla produzione e alla vendita del prodotto e non che rifletta adeguatamente il valore di mercato. In secondo luogo, anche se l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base consente apparentemente di effettuare un adeguamento, l’applicazione di tale articolo dovrebbe essere limitata ai casi in cui lo Stato interviene direttamente sul mercato fissando o regolamentando i prezzi ad un livello artificialmente basso. In questo caso particolare, tuttavia, la Commissione sostiene che il prezzo del CPO sul mercato interno sia artificialmente basso non perché regolamentato dallo Stato, ma semplicemente a causa della tassa all’esportazione istituita sul CPO. Anche se ciò fosse vero, l’eventuale incidenza sul prezzo praticato sul mercato interno può essere solo considerata una ripercussione casuale o un semplice effetto collaterale del sistema di tasse all’esportazione. In terzo luogo, la Commissione si basa erroneamente sulla sentenza Acron per giustificare la legittimità dell’adeguamento relativo al CPO. Tale sentenza è attualmente oggetto di ricorso e non può pertanto essere considerata un precedente. In ogni caso, gli elementi di fatto del caso Acron erano diversi in quanto in tale situazione i prezzi del gas erano regolamentati dallo Stato, mentre nella fattispecie in esame i prezzi del CPO in Indonesia sono fissati liberamente sul mercato. Infine, il governo indonesiano sostiene che l’adeguamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, sia stato effettuato unicamente per aumentare i margini di dumping a causa delle differenze di tassazione.

(72)

L’affermazione secondo cui l’adeguamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base sarebbe illegittimo nel quadro delle norme dell’OMC e/o dell’Unione deve essere respinta. Il regolamento di base ha recepito l’accordo antidumping dell’OMC e, di conseguenza, tutte le disposizioni di tale regolamento, compreso l’articolo 2, paragrafo 5, sono ritenute conformi agli obblighi che incombono all’Unione in forza dell’accordo antidumping. A tale proposito si ricorda che l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base si applica sia ai paesi a economia di mercato che a quelli non retti da un’economia di mercato. Come menzionato sopra (considerando 42), nel caso Acron il Tribunale ha stabilito il principio di diritto che se i costi associati alla produzione del prodotto oggetto dell’inchiesta non si riflettono adeguatamente nei documenti contabili della società, tali costi non possono essere utilizzati come base per il calcolo del valore normale e possono essere sostituiti da costi che rispecchino un prezzo stabilito dalle forze di mercato a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base. Il fatto che il caso Acron vertesse su prezzi regolamentati dallo Stato non può tuttavia essere interpretato nel senso che la Commissione non sia autorizzata ad applicare l’articolo 2, paragrafo 5, in relazione ad altre forme di intervento dello Stato che falsano, direttamente o indirettamente, un determinato mercato riducendo i prezzi ad un livello artificialmente basso. Nella controversia China-Broilers il panel è di recente giunto a una conclusione analoga nell’interpretare l’articolo 2.2.1.1 dell’accordo antidumping. Nella fattispecie in esame la Commissione ha riscontrato che i costi associati alla produzione del prodotto in esame non si riflettono adeguatamente nei documenti contabili delle società interessate poiché, a causa del sistema DET indonesiano, risultano artificialmente bassi. L’adeguamento, da parte della Commissione, dei costi del CPO a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base era dunque pienamente giustificato. Per quanto riguarda l’affermazione del governo indonesiano, si osserva che l’adeguamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, si basa sulla differenza dimostrata tra i prezzi del CPO sul mercato nazionale e quelli internazionali e non su eventuali differenze di tassazione.

(73)

Due produttori esportatori indonesiani hanno sostenuto che la Commissione non è riuscita a dimostrare che il prezzo del CPO sul mercato interno indonesiano fosse distorto. A loro avviso, l’ipotesi di base della Commissione secondo cui il sistema DET limita le possibilità di esportazione del CPO, rendendo quindi disponibili sul mercato interno maggiori quantità di tale olio e facendone scendere i prezzi, sarebbe di fatto errata in quanto il CPO viene esportato in grandi quantità (70 % di tutta la produzione). In ogni caso, anche se il mercato interno del CPO fosse considerato falsato dal sistema DET, anche il prezzo HPE sarebbe distorto in quanto basato su prezzi internazionali all’esportazione che includono la tassa all’esportazione. Il prezzo HPE del CPO non può quindi essere utilizzato come prezzo di riferimento appropriato per l’adeguamento del costo del CPO.

(74)

Benché il CPO sia esportato dall’Indonesia in grandi quantità, l’inchiesta ha riscontrato che il prezzo del CPO sul mercato interno è artificialmente basso rispetto ai prezzi internazionali. La differenza di prezzo constatata, inoltre, si avvicina di molto alla tassa all’esportazione istituita dal sistema DET. Sembra quindi ragionevole concludere che il basso livello dei prezzi sul mercato interno sia il risultato di una distorsione provocata dal DET. Inoltre, i prezzi internazionali dei prodotti di base, fra cui il CPO, sono determinati in base alla domanda e all’offerta e riflettono quindi le dinamiche delle forze di mercato. Non sono stati presentati elementi di prova da cui risulti che l’azione di tali forze di mercato sia stata falsata dal sistema DET indonesiano. L’affermazione secondo cui il prezzo HPE non sarebbe un riferimento appropriato è pertanto respinta.

(75)

Un produttore esportatore che è risultato non avere vendite rappresentative sul mercato interno (cfr. il considerando 60 del regolamento provvisorio) ha affermato che la Commissione aveva erroneamente basato il test di rappresentatività sulle vendite delle singole società collegate invece che sulle vendite complessive di tutte le società del gruppo. Ha tuttavia riconosciuto che questo presunto errore non aveva avuto alcun impatto sulle conclusioni provvisorie al riguardo. Si ricorda che, per quanto riguarda tale produttore esportatore, nessuna delle singole società collegate aveva superato il test di rappresentatività. Pertanto, anche se la sua obiezione fosse risultata fondata, è chiaro che un test di rappresentatività basato sulla totalità delle vendite sul mercato interno di tutte le società collegate non avrebbe potuto avere, come riconosciuto dal produttore esportatore, un impatto sulle conclusioni provvisorie. In assenza di ulteriori osservazioni si confermano i considerando da 60 a 62 del regolamento provvisorio.

(76)

Una parte ha affermato che, per quanto riguarda il considerando 63 del regolamento provvisorio, era stato utilizzato nei suoi confronti un importo eccessivo per le spese generali, amministrative e di vendita (SGAV). Dall’analisi di tale obiezione è emerso che nella costruzione del valore normale erano state utilizzate le SGAV per le vendite sia all’esportazione che sul mercato interno. Sono state quindi operate le necessarie rettifiche per utilizzare le SGAV solo per le vendite sul mercato interno.

(77)

Una parte ha messo in discussione la costruzione del valore normale, in particolare la scelta della metodologia di cui all’articolo 2, paragrafo 6, come indicato nel considerando 65 del regolamento provvisorio. L’articolo 2, paragrafo 6, prevede tre metodologie alternative per stabilire le SGAV e i profitti nel caso in cui non possano essere utilizzati i dati effettivi della società. La parte in questione ha sostenuto che queste tre metodologie devono essere considerate nell’ordine in cui sono presentate e che pertanto si deve innanzitutto prendere in considerazione l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6, lettera a), e dell’articolo 2, paragrafo 6, lettera b).

(78)

Premesso che il regolamento provvisorio sembra aver considerato solo la metodologia di cui all’articolo 2, paragrafo 6, lettera c), i considerando seguenti spiegano perché l’articolo 2, paragrafo 6, lettera a), e l’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), non siano applicabili nella fattispecie.

(79)

L’articolo 2, paragrafo 6, lettera a), non è applicabile in quanto non è stato possibile stabilire gli importi effettivi per nessuna delle società indonesiane (e argentine) incluse nel campione non avendo queste effettuato vendite nel corso di normali operazioni commerciali. Non sono pertanto disponibili dati sugli importi effettivi di altri esportatori o produttori (inseriti nel campione) che consentano di applicare l’articolo 2, paragrafo 6, lettera a).

(80)

L’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), non è applicabile poiché nessuna delle società indonesiane (e argentine) incluse nel campione ha venduto, nel corso di normali operazioni commerciali, prodotti appartenenti alla stessa categoria generale.

(81)

In relazione all’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), la parte in questione ha anche argomentato che il regolamento di base non sarebbe conforme al regolamento OMC per il fatto di introdurre il requisito, all’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), che le vendite siano realizzate nel corso di normali operazioni commerciali. Tuttavia, come indicato nel considerando 72, il regolamento di base ha recepito l’accordo antidumping dell’OMC; si ritiene pertanto che tutte le disposizioni di tale regolamento, fra cui l’articolo 2, paragrafo 6, siano conformi agli obblighi dell’Unione nel quadro dell’accordo antidumping e che il requisito che le vendite siano realizzate nel corso di normali operazioni commerciali sia pienamente conforme.

(82)

La scelta di applicare l’articolo 2, paragrafo 6, lettera c), per poter utilizzare qualunque altro metodo appropriato per determinare il margine di profitto è quindi confermata.

(83)

Varie parti hanno inoltre ritenuto eccessivo il margine di profitto del 15 % utilizzato per costruire il valore normale. A loro avviso, il regolamento provvisorio non spiega come la Commissione sia arrivata al 15 % nei suoi calcoli ed essa avrebbe quindi determinato tale percentuale a partire dal margine di profitto utilizzato nel calcolo del pregiudizio. Essi sostengono che in vari altri casi riguardanti prodotti di base la Commissione ha utilizzato margini di profitto del 5 % circa. Diverse parti hanno proposto di utilizzare il margine di profitto usato nel procedimento sul bioetanolo originario degli Stati Uniti. Una parte ha inoltre suggerito di utilizzare il margine di profitto più basso delle sue vendite di una miscela di biodiesel e diesel minerale. Il governo indonesiano afferma poi che la sostituzione del costo del CPO a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base e l’applicazione, al tempo stesso, di un margine di profitto del 15 %, che dovrebbe riflettere il margine di profitto di un mercato senza distorsioni, a norma dell’articolo 2, paragrafo 6, lettera c), costituiscono una duplicazione.

(84)

Non è innanzitutto corretto affermare che la Commissione utilizza sistematicamente un margine di profitto del 5 % per il calcolo del valore normale. Ogni situazione è valutata singolarmente sulla base delle circostanze specifiche del caso. Ad esempio, nel procedimento del 2009 contro gli Stati Uniti riguardante il biodiesel, sono stati utilizzati vari livelli di profitto, con una media ponderata ben superiore al 15 %. In secondo luogo, dato che, secondo i dati della Banca mondiale, il tasso debitore a breve e medio termine in Indonesia si aggira intorno al 12 %, è ragionevole attendersi che il margine di profitto derivante da operazioni commerciali sul mercato interno del biodiesel sia più elevato rispetto ai costi di finanziamento. In terzo luogo, indipendentemente dal fatto che la vendita di una miscela di biodiesel e diesel minerale rientri o no nella stessa categoria generale di prodotti, l’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), del regolamento di base dispone, come già ricordato nel considerando 80, che tali vendite devono essere effettuate nel corso di normali operazioni commerciali. Dato che le vendite di biodiesel sul mercato interno non sono state effettuate nel corso di normali operazioni commerciali, neppure le vendite della miscela di biodiesel e diesel minerale si ritengono, mutatis mutandis, realizzate nel corso di normali operazioni commerciali. Pertanto, per i motivi indicati sopra, un margine di profitto del 15 % è un margine equo che può essere realizzato da un’industria relativamente nuova e ad alta intensità di capitale in Indonesia. L’affermazione del governo indonesiano relativa alla duplicazione non può essere accettata poiché l’adeguamento dei costi di cui all’articolo 2, paragrafo 5, e l’equo margine di profitto di cui all’articolo 2, paragrafo 6, lettera c), sono due elementi chiaramente distinti. È quindi confermato il considerando 65 del regolamento provvisorio.

(85)

Una parte ha sostenuto che, dato che il prezzo HPE del CPO comprende i costi di trasporto internazionali e poiché l’adeguamento del prezzo del CPO sul mercato interno al livello del prezzo internazionale ha lo scopo di stabilire un prezzo del CPO sul mercato interno che non sia falsato, il prezzo HPE del CPO dovrebbe essere rivisto al ribasso per escludere i costi di trasporto.

(86)

Tale argomentazione va respinta. La Commissione ha considerato una serie di alternative per la selezione del prezzo più appropriato da utilizzare come prezzo di riferimento internazionale. Va ricordato che le stesse autorità indonesiane utilizzano il prezzo HPE come parametro per calcolare il livello mensile dei dazi all’esportazione. Il prezzo HPE definito dalle autorità indonesiane è stato quindi ritenuto il prezzo di riferimento internazionale più appropriato da utilizzare come parametro per stabilire il livello di distorsione dei costi di produzione del biodiesel in Indonesia.

(87)

Due parti hanno segnalato che la Commissione non aveva tenuto conto del fatto che esse producono biodiesel a partire da materie prime diverse dal CPO, vale a dire distillato di acidi grassi di palma («PFAD»), olio di palma raffinato («RPO») o stearina di palma raffinata («RST»). Poiché non è stato tenuto conto della materia prima effettivamente utilizzata per la produzione di biodiesel, l’adeguamento per il CPO (cfr. considerando 70) è stato applicato sulla materia prima sbagliata e ha portato quindi alla costruzione di un livello inesatto del valore normale.

(88)

Tali obiezioni vanno respinte. È opportuno sottolineare che la Commissione ha unicamente sostituito il costo del CPO acquistato, da fornitori collegati e indipendenti, per la produzione di biodiesel. Non sono stati apportati adeguamenti per quanto riguarda sottoprodotti quali PFAD, RPO e RST, che derivano dalla trasformazione del CPO acquistato e che sono ulteriormente trasformati per produrre biodiesel.

(89)

Tre parti hanno sostenuto che la Commissione non aveva riconosciuto che i loro acquisti di CPO da società collegate dovevano essere trattati come produzione interna e non essere quindi oggetto di alcun adeguamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 5 (come spiegato nel considerando 70). Le parti in questione affermano che le operazioni all’interno del gruppo sono state realizzate secondo il principio di piena concorrenza (arm’s length) e non dovrebbero quindi essere oggetto di adeguamenti né sostituite con un prezzo internazionale. Un produttore esportatore ha inoltre dichiarato che il valore normale costruito avrebbe dovuto essere calcolato su base mensile durante il PI.

(90)

Poiché il prezzo interno di trasferimento non può essere ritenuto attendibile, è prassi consolidata della Commissione verificare se le operazioni fra parti collegate siano in effetti realizzate secondo il principio di piena concorrenza. A tal fine la Commissione mette a confronto il prezzo tra società collegate con il prezzo di mercato sottostante. Poiché il prezzo sottostante sul mercato interno risulta falsato, la Commissione non può effettuare tale verifica. Essa deve pertanto sostituire questo prezzo inattendibile con un prezzo ragionevole, che sarebbe applicabile secondo il principio di piena concorrenza in condizioni normali di mercato. Si tratta, in questo caso, del prezzo internazionale. Per quanto riguarda la richiesta di un calcolo su base mensile per costruire il valore normale, le informazioni fornite e verificate non erano sufficientemente dettagliate da permettere tale calcolo. Entrambe le richieste sono state pertanto respinte.

(91)

L’industria dell’Unione ha sostenuto che anche il costo del CPO di produzione propria all’interno dello stesso soggetto giuridico doveva essere adeguato a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base in quanto anch’esso condizionato dalla distorsione causata dal sistema DET.

(92)

Tale affermazione va respinta. Nel processo di produzione del biodiesel le materie prime passano attraverso varie fasi di raffinazione/trasformazione e in queste fasi di produzione i costi possono essere considerati affidabili dal momento che tali operazioni avvengono all’interno dello stesso soggetto giuridico e il problema dei prezzi di trasferimento inaffidabili, quale descritto sopra, non si verifica.

(93)

Un produttore esportatore ha sostenuto che la Commissione avrebbe dovuto dedurre dal valore normale costruito i cosiddetti adeguamenti per i prezzi. Tale argomentazione non può essere accolta. Il valore normale costruito è stato stabilito sulla base dei costi. Sarebbe quindi inappropriato operare adeguamenti sulla base di considerazioni di prezzo.

3.2.   Prezzo all’esportazione

(94)

Una parte ha messo in discussione la definizione del prezzo all’esportazione, sostenendo che si debba tenere conto tanto dei profitti che delle perdite derivanti dalle attività di hedging; tali profitti e perdite avrebbero inoltre subito, nel caso del biodiesel, un trattamento contabile incoerente.

(95)

L’affermazione secondo cui si dovrebbe tenere conto tanto dei profitti che delle perdite derivanti dalle attività di hedging deve essere respinta. L’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base stabilisce chiaramente che il prezzo all’esportazione è il prezzo realmente pagato o pagabile per il prodotto venduto per l’esportazione, a prescindere da profitti o perdite distinti, benché connessi, derivanti dalle pratiche di hedging. La metodologia di cui ai considerando 66 e 67 del regolamento provvisorio è perciò confermata.

(96)

La Commissione riconosce che, nella fase provvisoria, i profitti e le perdite di una parte derivanti da attività di hedging sul biodiesel hanno subito un trattamento contabile incoerente. Questa tesi è accolta e sono state apportate le rettifiche necessarie.

(97)

Una parte ha sostenuto, in relazione al considerando 68 del regolamento provvisorio, che il margine di profitto del 5 % utilizzato per le società commerciali collegate con sede nell’Unione comporta una redditività del capitale eccessiva e sopravvaluta il profitto normalmente realizzato sulle vendite di biodiesel da parte di operatori commerciali indipendenti. Tale parte afferma che una normale redditività del capitale corrisponde a un margine di profitto compreso fra l’1,3 % e l’1,8 %.

(98)

Dato che gli importatori indipendenti non hanno collaborato e che le società commerciali sono imprese di servizi senza significativi investimenti di capitale, l’affermazione di cui sopra sulla redditività del capitale non risulta pertinente; la Commissione respinge quindi questa affermazione e ritiene che il margine di profitto del 5 % sia adeguato al caso in oggetto. È quindi confermato il considerando 68 del regolamento provvisorio.

(99)

Una parte sostiene, in relazione al considerando 69 del regolamento provvisorio, che il premio per il doppio conteggio (double counting) del biodiesel debba essere aggiunto al prezzo all’esportazione dato che si tratta della semplice attuazione della legge italiana.

(100)

Anche se la Commissione accettasse tale richiesta e aggiungesse i premi al prezzo all’esportazione, tali premi dovrebbero essere nuovamente dedotti a norma dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera k), per poter confrontare il prezzo all’esportazione con lo stesso valore normale tenendo debitamente conto delle differenze che incidono sulla comparabilità dei prezzi. Dato che in Indonesia non vi è alcun premio per il doppio conteggio del biodiesel, il prezzo all’esportazione più elevato in Italia non sarebbe direttamente comparabile. La richiesta è quindi respinta e il considerando 69 del regolamento provvisorio è confermato.

(101)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive, la stessa parte ha ribadito la sua richiesta. Non sono state tuttavia presentate ulteriori argomentazioni sostanziali tali da modificare la valutazione della Commissione. Si conferma pertanto il considerando 69 del regolamento provvisorio.

(102)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive, vari produttori esportatori hanno richiamato l’attenzione della Commissione su presunti errori materiali nei calcoli del dumping. Tali richieste sono state esaminate e, ove giustificato, i calcoli sono stati rettificati.

3.3.   Confronto

(103)

In assenza di altre osservazioni riguardanti il confronto, si confermano i considerando da 70 a 75 del regolamento provvisorio.

3.4.   Margini di dumping

(104)

Tenuto conto degli adeguamenti operati sul valore normale e sul prezzo all’esportazione di cui ai precedenti considerando e in assenza di ulteriori osservazioni al riguardo, i margini di dumping definitivi, espressi in percentuale del prezzo CIF frontiera dell’Unione, dazio non pagato, sono i seguenti:

Società

Margine di dumping

PT. Ciliandra Perkasa, Jakarta

8,8 %

PT. Musim Mas, Medan

18,3 %

PT. Pelita Agung Agrindustri, Medan

16,8 %

PT. Wilmar Bioenergi Indonesia, Medan e PT. Wilmar Nabati Indonesia, Medan

23,3 %

Altre società che hanno collaborato

20,1 %

Tutte le altre società

23,3 %

E.   PREGIUDIZIO

1.   Produzione dell’Unione e industria dell’Unione

(105)

Il regolamento provvisorio, nei considerando da 80 a 82, ha definito l’industria dell’Unione e confermato che tre società sono state escluse dalla definizione di industria dell’Unione a causa della loro dipendenza dalle importazioni dai paesi interessati (tali società importavano dai paesi interessati quantitativi di biodiesel significativamente più importanti rispetto alla loro produzione).

(106)

Altre due società sono state escluse dalla definizione di industria dell’Unione in quanto non avevano prodotto biodiesel durante il periodo dell’inchiesta.

(107)

Dopo la pubblicazione del regolamento provvisorio sono pervenute osservazioni indicanti che altre società avrebbero dovuto essere escluse dalla definizione di industria dell’Unione a causa delle loro importazioni di biodiesel dai paesi interessati e anche per il loro collegamento con produttori esportatori argentini e indonesiani, che li proteggeva dalle conseguenze pregiudizievoli del dumping.

(108)

Tali osservazioni sono respinte. Dopo aver analizzato l’affermazione relativa al collegamento tra produttori esportatori e l’industria dell’Unione, si è constatato che una holding deteneva quote sia di un produttore esportatore argentino che di un produttore dell’Unione.

(109)

In primo luogo, queste società sono risultate apertamente in concorrenza fra loro per gli stessi acquirenti sul mercato dell’Unione, il che dimostra che il loro collegamento non ha avuto alcun impatto sulle pratiche commerciali né del produttore esportatore argentino né del produttore dell’Unione.

(110)

In seguito alla comunicazione delle conclusioni definitive, una parte interessata ha chiesto maggiori informazioni in merito alla conclusione della Commissione secondo cui gli esportatori argentini e l’industria dell’Unione erano in concorrenza per gli stessi clienti sul mercato europeo. Questo fatto è emerso dall’inchiesta sui produttori dell’Unione e da quella sugli esportatori argentini e non sono state fornite prove a sostegno delle asserzioni secondo cui gli esportatori argentini e i produttori dell’Unione avrebbero concordato di non farsi concorrenza nelle vendite di biodiesel agli utilizzatori finali. Il numero di utilizzatori finali è relativamente modesto e composto prevalentemente da grandi raffinerie di petrolio, che acquistano sia presso i produttori dell’Unione che presso gli importatori.

(111)

In secondo luogo, il principale centro di interesse del produttore dell’Unione di cui al considerando 108 è risultato essere all’interno dell’Unione, in particolare le attività di produzione e le relative attività di vendita come pure quelle di ricerca. La conclusione è quindi stata che il collegamento non costituiva un motivo tale da escludere questa società dalla definizione di industria dell’Unione a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base.

(112)

Il fatto che alcuni produttori appartenenti all’industria dell’Unione abbiano importato e importino biodiesel dai paesi interessati non è di per sé sufficiente a modificare la definizione di tale industria. Come spiegato nel regolamento provvisorio, le importazioni dell’industria dell’Unione dai paesi interessati sono state effettuate per autodifesa. È stato inoltre riscontrato che il centro d’interesse di alcuni produttori dell’Unione che importavano dai paesi interessati è rimasto nell’Unione: il volume della produzione di queste società era superiore a quello delle loro importazioni e le loro attività di ricerca erano svolte nell’Unione.

(113)

Una delle parti interessate ha sostenuto che l’industria dell’Unione avrebbe dovuto comprendere anche le società che acquistavano biodiesel e lo miscelavano con diesel minerale in quanto anche tali miscele costituivano il prodotto in esame. Tale obiezione non è stata accolta. Il prodotto in esame è il biodiesel, in forma pura o incorporato in una miscela. I produttori del prodotto in esame sono quindi i produttori di biodiesel e non le società che miscelano biodiesel con diesel minerale.

(114)

La definizione di industria dell’Unione di cui ai considerando da 80 a 82 del regolamento provvisorio è quindi confermata, come pure il volume di produzione durante il PI, come indicato nel considerando 83 del regolamento provvisorio.

2.   Consumo dell’Unione

(115)

Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie l’industria dell’Unione ha effettuato una piccola rettifica delle sue vendite per il 2009, adeguando quindi il consumo dell’Unione per tale anno. Questa rettifica non modifica l’andamento o le conclusioni derivanti dai dati che figurano nel regolamento provvisorio. La tabella 1 è rettificata in appresso. In assenza di altre osservazioni, si confermano i considerando da 84 a 86 del regolamento provvisorio.

Consumo dell’Unione

2009

2010

2011

PI

Tonnellate

11 151 172

11 538 511

11 159 706

11 728 400

Indice: 2009 = 100

100

103

100

105

Fonte: Eurostat, dati provenienti dall’industria dell’Unione.

3.   Valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni dai paesi interessati

(116)

Nei considerando da 88 a 90 del regolamento provvisorio la Commissione ha stabilito che le condizioni per una valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni dall’Argentina e dell’Indonesia erano soddisfatte. Questa conclusione è stata contestata da una parte interessata secondo cui il PME dall’Indonesia non era in concorrenza con il biodiesel prodotto nell’Unione come lo SME dall’Argentina e il PME è meno costoso del biodiesel di produzione UE in quanto la materia prima con cui è prodotto costa meno delle materie prime disponibili nell’Unione.

(117)

Tali argomentazioni sono state respinte. Sia lo SME che il PME sono importati nell’Unione ma anche fabbricati nell’Unione, e sono miscelati con l’RME e altri biodiesel fabbricati nell’Unione prima di essere venduti o miscelati con diesel minerale. Per fabbricare il prodotto finale, gli operatori che effettuano la miscelazione hanno la possibilità di acquistare biodiesel ottenuto da materie prime diverse e di origini diverse, sulla base del mercato e delle condizioni climatiche durante tutto l’anno. Il PME è venduto in maggiori quantità durante i mesi estivi e in quantitativi minori durante i mesi invernali, ma è pur sempre in concorrenza con l’RME, con il biodiesel fabbricato nell’Unione e con lo SME proveniente dall’Argentina.

(118)

È quindi confermato il considerando 90 del regolamento provvisorio.

4.   Volume, prezzo e quota di mercato delle importazioni in dumping dai paesi interessati

(119)

Una parte interessata ha messo in discussione i dati relativi alle importazioni riportati nella tabella 2 del regolamento provvisorio, affermando che le importazioni dall’Indonesia erano molto inferiori rispetto a quanto risulta dalla tabella. I dati relativi alle importazioni riportati nella tabella 2 erano basati su dati Eurostat, attentamente verificati e risultati corretti, e conformi ai dati raccolti presso gli esportatori indonesiani. Il biodiesel è un prodotto relativamente recente e i codici doganali applicabili alle importazioni di biodiesel sono cambiati negli ultimi anni. Al momento dell’estrazione dei dati Eurostat occorre quindi utilizzare i codici applicabili in quel momento per garantire che i dati siano esatti. Ciò spiega perché l’estrazione dei dati relativi alla parte interessata risulti incompleta, con importazioni inferiori rispetto all’intero set di dati presentati nella tabella 2.

(120)

Data la piccola variazione del consumo dell’Unione nella tabella 1, anche la quota di mercato 2009 dell’Argentina che figura nella tabella 2 è stata lievemente modificata, mentre per l’Indonesia non vi è stato alcun cambiamento. Ciò non modifica l’andamento dei dati né le conclusioni tratte. La quota di mercato è rettificata in appresso.

 

2009

2010

2011

PI

Importazioni dall’Argentina

 

 

 

 

Quota di mercato

7,7 %

10,2 %

12,7 %

10,8 %

Indice: 2009 = 100

100

135

167

141

Fonte: Eurostat.

5.   Undercutting dei prezzi

(121)

Come illustrato nei considerando da 94 a 96 del regolamento provvisorio, al fine di determinare l’undercutting dei prezzi i prezzi delle importazioni dall’Argentina e dall’Indonesia sono stati confrontati con i prezzi di vendita dell’industria dell’Unione, utilizzando i dati relativi alle società incluse nel campione. In questo confronto il biodiesel importato dall’industria dell’Unione a fini di rivendita è stato escluso dal calcolo dell’undercutting dei prezzi.

(122)

Le parti interessate hanno osservato che la metodologia utilizzata, ossia un confronto sulla base del punto di intasamento a freddo dei filtri (CFPP), era diversa da quella adottata nell’ambito di una precedente inchiesta antidumping relativa al biodiesel originario degli USA, in cui il confronto era basato sulle materie prime.

(123)

A differenza dei produttori esportatori argentini e indonesiani, l’industria dell’Unione non vende biodiesel fabbricato con una sola materia prima, ma miscela diverse materie prime per produrre il biodiesel finale destinato alla vendita. Una volta che il prodotto risulta conforme al CFPP richiesto, il cliente finale non è a conoscenza di quale sia la composizione del prodotto che acquista né ciò lo interessa. Ciò che conta per il cliente è il CFPP indipendentemente dalla materia prima utilizzata. In tali circostanze si è ritenuto opportuno, nel presente procedimento, effettuare il confronto tra i prezzi sulla base del CFPP.

(124)

Per le importazioni provenienti dall’Indonesia, che presentano un CFPP pari o superiore a 13, è stato realizzato un adeguamento, corrispondente alla differenza di prezzo tra le vendite di CFPP 13 e quelle di CFPP 0 da parte dell’industria dell’Unione, per poter confrontare il CFPP 13 e superiore dell’Indonesia con il CFPP 0 fabbricato e miscelato nell’UE. Un produttore esportatore indonesiano ha osservato che, poiché le vendite di CFPP 13 da parte dell’industria dell’Unione hanno interessato piccoli quantitativi per singola transazione, i prezzi avrebbero dovuto essere comparati con quelli di transazioni di CFPP 0 di dimensioni analoghe. La differenza di prezzo riscontrata dall’analisi delle transazioni di CFPP 0 relative a quantitativi analoghi per transazione è in linea con la differenza che risulta utilizzando tutte le transazioni di CFPP 0, con differenze di prezzo sia superiori che inferiori alla differenza media di prezzo. Di conseguenza non vi è stato alcun cambiamento del livello di undercutting dei prezzi accertato nel considerando 97 del regolamento provvisorio.

(125)

Un produttore esportatore indonesiano ha chiesto alla Commissione di divulgare il numero di controllo del prodotto (PCN) completo delle miscele vendute dall’industria dell’Unione — le percentuali di ciascuna materia prima nelle vendite effettuate dall’industria dell’Unione della propria produzione. Dato che il confronto ai fini della determinazione del pregiudizio è stato realizzato unicamente in base al CFPP, tale richiesta non è stata accolta.

(126)

Una delle parti interessate ha sostenuto che vi era una differenza di prezzo tra il biodiesel che soddisfa i criteri stabiliti dalla direttiva sulle energie rinnovabili («certificazione direttiva RED») e il biodiesel che non li soddisfa. Secondo la parte in questione, poiché le importazioni dall’Indonesia erano prive della certificazione direttiva RED e i prezzi quotati per il biodiesel con certificazione direttiva RED erano più elevati, era necessario effettuare un adeguamento.

(127)

Tale richiesta è stata respinta. Quasi tutte le importazioni dall’Indonesia durante il PI avevano la certificazione direttiva RED. In ogni caso, gli Stati membri hanno attuato nella legislazione nazionale i criteri di sostenibilità definiti nella direttiva RED solo nel corso del 2012 e, pertanto, il fatto che il biodiesel avesse o meno la certificazione direttiva RED risulta irrilevante per la maggior parte del PI.

(128)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive, un produttore esportatore indonesiano ha formulato osservazioni sul calcolo dell’undercutting dei prezzi, sostenendo che le importazioni di PME dall’Indonesia avrebbero dovuto essere confrontate con tutte le vendite dell’industria dell’Unione. In realtà, il calcolo dell’undercutting si è basato sul confronto tra le vendite di PMI originario dell’Indonesia e tutte le vendite dell’industria dell’Unione con CFPP 0, aumentando il prezzo delle importazioni indonesiane di PMI di un fattore ottenuto comparando le vendite CFPP 0 dell’industria dell’Unione con quelle di CFPP 13 della stessa industria. L’argomentazione viene quindi respinta. L’affermazione della stessa parte interessata secondo cui i calcoli relativi al pregiudizio avrebbero tenuto conto del prodotto importato è di fatto errata ed è pertanto respinta. In ogni caso, il biodiesel importato e il biodiesel prodotto nell’UE sono stati miscelati e venduti allo stesso prezzo delle miscele prive di biodiesel importato.

(129)

Un produttore esportatore indonesiano ha contestato anche il calcolo dei costi successivi all’importazione. Tali costi, tuttavia, sono stati verificati e risultano corrispondere ai costi effettivi di importazione del biodiesel meno i costi di consegna al luogo di destinazione finale e non occorre apportare alcuna rettifica.

6.   Indicatori macroeconomici

(130)

Come indicato nel considerando 101 del regolamento provvisorio, i seguenti indicatori macroeconomici sono stati esaminati sulla base dei dati ricevuti riguardanti tutta l’industria dell’Unione: produzione, capacità di produzione, utilizzo degli impianti, volume delle vendite, quota di mercato, crescita, occupazione, produttività, entità del margine di dumping e ripresa dagli effetti delle precedenti pratiche di dumping.

(131)

Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie l’industria dell’Unione ha sottolineato che i dati relativi alla capacità riportati nella tabella 4 del regolamento provvisorio facevano riferimento anche a impianti che non erano stati smantellati, ma non erano tuttavia in condizioni da poter essere utilizzati durante il PI o negli anni precedenti per produrre biodiesel. Per l’industria tale «capacità inutilizzata» non avrebbe dovuto essere considerata capacità disponibile per l’uso. I dati relativi all’utilizzo degli impianti riportati nella tabella 4 erano dunque sottostimati. Dopo un attento esame, i dati ripresentati sono stati accettati e la tabella 4 è stata nuovamente elaborata come segue. Il tasso di utilizzo degli impianti, in calo dal 43 % al 41 % nel regolamento provvisorio, è ora in crescita dal 46 % al 55 %. L’industria dell’Unione ha inoltre rettificato i dati relativi alla produzione per il 2009, che figurano nella seguente tabella:

 

2009

2010

2011

PI

Capacità di produzione (in tonnellate)

18 856 000

18 583 000

16 017 000

16 329 500

Indice: 2009 = 100

100

99

85

87

Volume di produzione (in tonnellate)

8 729 493

9 367 183

8 536 884

9 052 871

Indice: 2009 = 100

100

107

98

104

Utilizzo degli impianti

46 %

50 %

53 %

55 %

Indice: 2009 = 100

100

109

115

120

(132)

Il considerando 103 del regolamento provvisorio ha esaminato i precedenti dati sull’utilizzo degli impianti, osservando che la produzione era aumentata mentre la capacità era rimasta stabile. Con i dati riveduti la produzione risulta comunque aumentata, ma la capacità utilizzabile risulta diminuita durante lo stesso periodo. Ciò dimostra che l’industria dell’Unione stava riducendo la capacità disponibile di fronte a un aumento delle importazioni dall’Argentina e dall’Indonesia, rispondendo così ai segnali del mercato. Tali dati riveduti sono ora maggiormente conformi alle dichiarazioni pubbliche dell’industria dell’Unione e dei produttori dell’Unione, secondo cui durante il periodo in esame la produzione è stata interrotta in numerosi impianti e la capacità installata non era immediatamente disponibile per l’uso o lo sarebbe stata solo con reinvestimenti significativi.

(133)

Varie parti interessate hanno messo in dubbio i dati riveduti sulla capacità e sull’utilizzo degli impianti. Nessuna di loro ha però offerto alternative. La revisione si basa sui dati riveduti relativi alla capacità presentati dal denunziante, che riguardano tutta l’industria dell’Unione. I dati riveduti sono stati sottoposti a un controllo incrociato con dati pubblicamente disponibili riguardanti, in particolare, la capacità inutilizzata e la capacità di produttori che hanno cessato le loro attività a causa di difficoltà finanziarie. Come spiegato sopra nella sezione 6 sugli indicatori macroeconomici, i dati riveduti forniscono una serie di dati più precisi sulla capacità disponibile per la produzione di biodiesel durante il periodo in esame rispetto a quelli inizialmente presentati e pubblicati nel regolamento provvisorio.

(134)

Una parte interessata ha sostenuto che l’industria dell’Unione non avrebbe subito pregiudizio in quanto i volumi di produzione sono aumentati in linea con il consumo. Tale argomentazione è respinta poiché altri importanti indicatori di pregiudizio mostrano chiaramente l’esistenza di un pregiudizio, in particolare la perdita di quota di mercato a favore delle importazioni dai paesi interessati e la tendenza alla diminuzione della redditività, con conseguenti perdite.

(135)

Un’altra parte interessata ha sostenuto che l’industria dell’Unione non avrebbe subito pregiudizio se si confrontano solo le tendenze tra il 2011 e il PI rispetto a quelle del periodo compreso tra il 1o gennaio 2009 e la fine del PI («il periodo in esame»). Dato che il PI copre metà del 2011, un confronto tra il 2011 e il PI non sarebbe preciso. Inoltre, affinché un confronto sia significativo è necessario esaminare le tendenze pertinenti ai fini della valutazione del pregiudizio in un periodo sufficientemente lungo, come è stato fatto nel caso di specie. Pertanto, quest’argomentazione è stata respinta.

(136)

La stessa parte interessata ha osservato che la Commissione non aveva pubblicato il valore complessivo delle vendite dell’industria dell’Unione nel regolamento provvisorio e ha chiesto che tale cifra fosse pubblicata. Tuttavia, tutti i fattori pertinenti di cui all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base erano stati esaminati, il che aveva consentito una valutazione completa del pregiudizio. I dati relativi ai valori delle vendite erano stato raccolti, e verificati, presso le società incluse nel campione, che erano rappresentative dell’industria dell’Unione nel suo complesso.

(137)

La stessa parte ha inoltre osservato che l’industria dell’Unione era riuscita ad aumentare l’occupazione e che quindi non vi era stato un effetto negativo sull’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta.

(138)

Tuttavia, come spiegato nel considerando 106 del regolamento provvisorio, in questa industria ad alta intensità di capitale l’occupazione è relativamente bassa. Piccole variazioni dei numeri possono quindi causare ampi movimenti a livello dei dati indicizzati. L’aumento dell’occupazione complessiva non annulla il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione, come mostrato da altri indicatori.

(139)

In assenza di ulteriori osservazioni si confermano i considerando da 103 a 110 del regolamento provvisorio.

7.   Indicatori microeconomici

(140)

Come indicato nel considerando 102 del regolamento provvisorio, sono stati esaminati i seguenti indicatori microeconomici sulla base dei dati verificati relativi ai produttori dell’Unione inclusi nel campione: prezzi medi unitari, costo unitario, costi della manodopera, scorte, redditività, flusso di cassa, investimenti, utile sul capitale investito e capacità di ottenere capitale.

(141)

In assenza di osservazioni su questo punto si confermano i considerando da 111 a 117 del regolamento provvisorio.

8.   Conclusioni relative al pregiudizio

(142)

Diverse parti hanno contestato le conclusioni del regolamento provvisorio relative al pregiudizio per il fatto che alcuni indicatori sembrano essere migliorati tra il 2011 e il PI. Se è vero che alcuni indicatori hanno registrato una tendenza al rialzo tra il 2011 e il PI (ad esempio, produzione e vendite), l’industria non è però stata in grado di trasferire gli aumenti dei costi in questo periodo, come osservato nel considerando 111 del regolamento provvisorio. Questo ha comportato un ulteriore peggioramento della sua posizione, con perdite che dallo 0,2 % nel 2011 sono passate al 2,5 % nel PI. Si ritiene pertanto che, anche se l’analisi del pregiudizio fosse limitata al periodo 2011-PI, si constaterebbe comunque un pregiudizio notevole subito dall’industria.

(143)

In assenza di altre osservazioni, si confermano i considerando da 118 a 120 del regolamento provvisorio.

F.   NESSO DI CAUSALITÀ

1.   Effetto delle importazioni oggetto di dumping

(144)

Una parte interessata ha sostenuto che le importazioni dall’Argentina non potevano aver causato il pregiudizio dal momento che i volumi delle importazioni sono rimasti stabili dal 2010 sino alla fine del periodo dell’inchiesta, con una lieve diminuzione dal 2011 alla fine del PI.

(145)

Questi dati sono stati tratti dalla tabella 2 del regolamento provvisorio e sono esatti. L’analisi della Commissione decorre tuttavia dall’inizio del periodo in esame alla fine del periodo dell’inchiesta e, su questa base, le importazioni sono aumentate del 48 %, con un incremento della quota di mercato del 41 %. Inoltre, come indicato nel considerando 90 del regolamento provvisorio, sono state considerate non solo le importazioni dall’Argentina, ma anche quelle provenienti dall’Indonesia.

(146)

La stessa parte interessata ha osservato, sulla base di un confronto dei prezzi da un anno all’altro, che i prezzi delle importazioni dall’Argentina sono aumentati a un ritmo maggiore dei prezzi di vendita dell’industria dell’Unione. Le importazioni dall’Argentina sono tuttavia avvenute a prezzi che continuavano ad essere notevolmente inferiori a quelli dell’industria dell’Unione, il che spiegherebbe perché i prezzi dell’Unione non siano potuti aumentare allo stesso ritmo.

(147)

In assenza di altre osservazioni sugli effetti delle importazioni oggetto di dumping, si confermano i considerando da 123 a 128 del regolamento provvisorio.

2.   Effetto di altri fattori

2.1.   Importazioni da paesi terzi diversi da quelli interessati

(148)

In assenza di osservazioni, si conferma la conclusione di cui al considerando 129 del regolamento provvisorio secondo cui le importazioni da altri paesi non hanno causato un pregiudizio.

2.2.   Importazioni non oggetto di dumping dai paesi interessati

(149)

A seguito dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 5, come illustrato sopra nei considerando 38 e 70, non sono state constatate importazioni dai paesi interessati che non fossero oggetto di dumping. Il considerando 130 del regolamento provvisorio è stato quindi modificato di conseguenza.

2.3.   Altri produttori dell’Unione

(150)

In mancanza di osservazioni si conferma il considerando 131 del regolamento provvisorio.

2.4.   Importazioni effettuate dall’industria dell’Unione

(151)

Come indicato nei considerando da 132 a 136 del regolamento provvisorio, l’industria dell’Unione ha importato quantità significative di biodiesel dai paesi interessati durante il periodo in esame, effettuando fino al 60 % di tutte le importazioni nel PI da tali paesi.

(152)

Una parte interessata ha sostenuto che queste importazioni, invece che essere effettuate per autodifesa, rientravano in una strategia a lungo termine attentamente maturata dall’industria dell’Unione, che prevedeva investimenti in Argentina e approvvigionamento di biodiesel da tale paese.

(153)

La stessa parte afferma inoltre che non vi è mai stata una logica economica che giustifichi il fatto di importare olio di soia nell’Unione e trasformarlo in biodiesel all’interno dell’Unione stessa: solo la trasformazione dell’olio di soia in Argentina e l’esportazione del biodiesel che ne risulta costituirebbero una soluzione economicamente valida.

(154)

Tali obiezioni vanno respinte. Non è stata fornita alcuna prova di una simile strategia a lungo termine, che è stata d’altro canto negata dall’industria dell’Unione. È chiaro che, se la strategia dell’industria dell’Unione fosse quella di integrare la propria produzione di biodiesel producendo in Argentina e importando il prodotto finito, sarebbe assurdo e illogico presentare poi una denuncia contro tali importazioni.

(155)

Una parte interessata ha ribadito che le importazioni di biodiesel effettuate per autodifesa dall’industria dell’Unione rientravano in realtà in una strategia commerciale a lungo termine. Questa affermazione, non corroborata da alcun elemento, è stata respinta. Non è stata fornita alcuna prova, al di là di semplici asserzioni, di questa strategia. Non sembra inoltre logico che i produttori dell’Unione interessati sostengano la denuncia e, in alcuni casi, abbiano aumentato la propria capacità nell’Unione e seguano, allo stesso tempo, una strategia che prevede di soddisfare le esigenze di produzione con le importazioni.

(156)

La stessa parte interessata ha anche affermato che la quota di mercato dell’industria dell’Unione avrebbe dovuto essere calcolata comprendendo le importazioni effettuate per autodifesa. Tale richiesta è stata respinta in quanto il calcolo della quota di mercato deve rispecchiare le vendite dell’industria dell’Unione di beni di sua produzione e non deve tenere conto delle attività commerciali riguardanti il prodotto finito, effettuate per rispondere ai volumi crescenti di importazioni oggetto di dumping.

(157)

L’industria dell’Unione ha inoltre dimostrato che negli anni precedenti era economicamente vantaggioso importare olio di soia e olio di palma per trasformarli in biodiesel. Nessuna prova del contrario è stata presentata dalla parte interessata in questione. È solo con la distorsione provocata dalla tassa all’esportazione differenziata, che consente di esportare biodiesel a costi inferiori rispetto alle materie prime, che diventa economicamente ragionevole importare il prodotto finito.

(158)

Una parte interessata ha sostenuto che tali importazioni hanno causato un pregiudizio in quanto solo l’industria dell’Unione aveva la capacità di miscelare lo SME argentino e il PME indonesiano con biodiesel prodotto nell’Unione per la rivendita alle raffinerie di diesel. Tale asserzione non è corretta. La miscelazione è un’operazione semplice che molte società commerciali sono in grado di realizzare nei loro serbatoi di stoccaggio. Non è stata fornita alcuna prova del fatto che solo i produttori dell’Unione siano in grado di effettuare tale miscelazione e l’asserzione è stata quindi respinta.

(159)

Un produttore esportatore indonesiano ha inoltre sostenuto che le importazioni dell’industria dell’Unione non erano state effettuate per autodifesa e ha confrontato i dati relativi al 2011 con i dati del PI, che copre sei mesi dello stesso anno. Un confronto tra i due periodi non è pertanto corretto se non si divide il PI in due metà. Questa argomentazione è pertanto respinta.

(160)

In assenza di nuove osservazioni per quanto riguarda le importazioni dell’industria dell’Unione, sono confermati i considerando da 132 a 136 del regolamento provvisorio.

2.5.   Capacità dell’industria dell’Unione

(161)

I considerando da 137 a 140 del regolamento provvisorio osservano che l’utilizzo degli impianti dell’industria dell’Unione è rimasto scarso per tutto il periodo in esame, ma che nel corso di tale periodo la situazione delle società incluse nel campione è peggiorata mentre il loro utilizzo degli impianti non è diminuito in misura analoga.

(162)

La conclusione provvisoria è stata pertanto che lo scarso tasso di utilizzo degli impianti, essendo una caratteristica costante, non poteva essere considerato una causa del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione.

(163)

Una parte interessata ha formulato osservazioni sui dati presentati nel regolamento provvisorio, affermando che, anche in assenza di importazioni, l’utilizzo degli impianti da parte dell’industria dell’Unione sarebbe stato solo del 53 % durante il PI. La stessa parte fa inoltre notare l’aumento della capacità di produzione dal 2009 alla fine del PI, che ha comportato una riduzione dell’utilizzo degli impianti durante il periodo in esame.

(164)

La parte interessata non ha tuttavia fornito alcun elemento di prova che dimostri che lo scarso utilizzo degli impianti abbia comportato un pregiudizio tale da rompere il nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il deterioramento della situazione dell’industria dell’Unione. I costi fissi rappresentano solo una piccola parte (circa il 5 %) dei costi totali di produzione; questo indica che lo scarso utilizzo degli impianti era solo un fattore di pregiudizio, ma non quello decisivo. Lo scarso utilizzo degli impianti è anche dovuto al fatto che l’industria dell’Unione, a causa della particolare situazione del mercato, importava il prodotto finito.

(165)

Inoltre, dopo l’inserimento dei dati riveduti sulla capacità e sull’utilizzo degli impianti, l’industria dell’Unione ha ridotto la capacità nel periodo in esame e aumentato l’utilizzo degli impianti dal 46 % al 55 %. Questo dimostra che, in assenza di importazioni oggetto di dumping, l’utilizzo degli impianti da parte dell’industria dell’Unione sarebbe assai più elevato del 53 % di cui sopra.

(166)

In seguito alla comunicazione delle conclusioni definitive varie parti interessate hanno messo in dubbio la conclusione secondo cui lo scarso utilizzo degli impianti non era il fattore decisivo che aveva causato il pregiudizio. Esse hanno asserito che, nell’industria del biodiesel, i costi fissi sono assai più elevati della modesta percentuale indicata sopra. Tali parti interessate non hanno tuttavia fornito prove a sostegno di questa affermazione, che è stata pertanto respinta. In ogni caso i costi fissi non hanno alcun nesso con i tassi di utilizzo degli impianti. Dalla verifica delle società incluse nel campione è emerso un rapporto tra costi fissi e costo totale di produzione compreso, durante il PI, tra il 3 % e il 10 %.

(167)

A tale proposito è stato inoltre affermato che l’eccesso di capacità dell’industria dell’Unione era così importante che, anche in assenza di importazioni, l’industria non avrebbe potuto essere sufficientemente redditizia. Non è stata presentata alcuna prova per questa asserzione e il fatto che nel 2009 l’industria dell’Unione fosse redditizia con uno scarso utilizzo degli impianti sembra indicare che, in assenza di importazioni oggetto di dumping, la sua redditività sarebbe stata addirittura maggiore.

(168)

È stato inoltre sostenuto che la diminuzione della capacità dell’industria dell’Unione era di per sé un fattore di pregiudizio visti i costi di chiusura degli impianti e la riduzione della capacità degli impianti che hanno continuato a funzionare. Tale affermazione non è stata corroborata da alcun elemento e non sono state presentate prove per dimostrare che i costi derivanti dalla riduzione della capacità, o dalla chiusura di interi impianti o società, fossero significativi.

(169)

Per quanto riguarda la capacità, è stato infine sostenuto che una società che avesse aumentato la capacità di produzione del biodiesel nel corso del periodo in esame avrebbe preso una decisione commerciale irresponsabile. Non è stato fornito alcun elemento di prova a sostegno di tale affermazione. Inoltre, il fatto che alcune società siano state in grado di aumentare la loro capacità di fronte all’incremento delle importazioni di biodiesel in dumping dall’Argentina e dall’Indonesia dimostra l’esistenza, sul mercato, di una domanda per i loro particolari prodotti.

(170)

Gli indicatori macroeconomici riveduti indicano inoltre che, durante tale periodo, le società hanno smesso di utilizzare certe capacità e, verso la fine del PI, hanno avviato un processo di chiusura degli impianti che non erano più economicamente validi. Gli aumenti della capacità a livello di singole società, inoltre, sono dovuti principalmente all’espansione degli impianti di biodiesel cosiddetti di «seconda generazione», che fabbricano il prodotto a partire da oli usati o da oli vegetali idrogenati («HVO»). L’industria dell’Unione, pertanto, stava razionalizzando la sua capacità, e lo fa tuttora, al fine di soddisfare la domanda dell’Unione.

(171)

In assenza di altre osservazioni sulla capacità dell’industria dell’Unione, i considerando da 137 a 140 del regolamento provvisorio sono confermati.

2.6.   Mancanza di accesso alle materie prime e di integrazione verticale

(172)

In assenza di nuove osservazioni relative all’accesso alle materie prime, i considerando 141 e 142 del regolamento provvisorio sono confermati.

2.7.   Doppio conteggio (double counting)

(173)

I considerando da 143 a 146 del regolamento provvisorio hanno esaminato l’asserzione secondo cui il sistema di «doppio conteggio», che in alcuni Stati membri consente al biodiesel ottenuto a partire da oli usati di contare il doppio ai fini degli obblighi di miscelazione, avrebbe comportato un pregiudizio nei confronti dell’industria dell’Unione o perlomeno dei produttori dell’Unione che fabbricano biodiesel da oli vergini.

(174)

Una parte interessata ha citato le osservazioni di un produttore dell’Unione il quale ha dichiarato di aver perso vendite, nel corso del 2011, a favore di altri produttori che fabbricavano biodiesel ammissibile al doppio conteggio.

(175)

Le ripercussioni negative su questo produttore sono state comunque limitate e temporanee e hanno riguardato solo una parte del periodo dell’inchiesta in quanto il sistema del doppio conteggio è stato introdotto nello Stato membro in cui tale società ha sede solo nel settembre 2011. Dato che i risultati finanziari delle società incluse nel campione, di cui tale società fa parte, sono peggiorati dopo il settembre 2011, il doppio conteggio non può essere considerato una causa di pregiudizio.

(176)

L’industria dell’Unione è composta sia da società che producono biodiesel da oli usati e che beneficiano del doppio conteggio in alcuni Stati membri sia da società che producono biodiesel da oli vergini: le variazioni della domanda restano quindi all’interno dell’industria dell’Unione. Dato che le riserve di oli usati necessari alla produzione di biodiesel ammissibile al doppio conteggio sono limitate, è difficile che vi sia un forte aumento della produzione di questo biodiesel. Esiste quindi ancora una forte domanda di biodiesel di prima generazione. Durante il periodo dell’inchiesta non sono state riscontrate importazioni significative di biodiesel ammissibile al doppio conteggio, il che conferma che il sistema del doppio conteggio starebbe modificando la domanda all’interno dell’industria dell’Unione e non generando una domanda di importazioni. La Commissione non ha ricevuto dalla parte interessata in questione dati indicanti che il biodiesel ammissibile al doppio conteggio abbia comportato, nel corso del periodo in esame, una diminuzione dei prezzi del biodiesel ottenuto da oli vergini. In effetti i dati indicano che il biodiesel ammissibile al doppio conteggio presenta una lieve maggiorazione di prezzo rispetto al biodiesel ottenuto da oli vergini, il cui prezzo è legato al diesel minerale.

(177)

Il peggioramento dei risultati dell’industria dell’Unione, costituita da entrambi i tipi di produttori, non può essere attribuito al sistema di doppio conteggio in vigore in alcuni Stati membri. In particolare, anche le società del campione che producono biodiesel ammissibile al doppio conteggio hanno subito un peggioramento dei loro risultati, come indicato nel considerando 145 del regolamento provvisorio, il che dimostra che il pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping riguarda tutta l’industria.

(178)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive varie parti interessate hanno sostenuto che le quantità di biodiesel ammissibile al doppio conteggio erano sottostimate. Le quantità di biodiesel ammissibile al doppio conteggio disponibili sul mercato dell’Unione erano tuttavia limitate rispetto al totale delle vendite di biodiesel durante il periodo dell’inchiesta. Inoltre, nel caso dell’applicazione del sistema del doppio conteggio da parte di uno Stato membro, il biodiesel ammissibile a tale sistema è prodotto nell’Unione e quindi la domanda resta all’interno dell’industria dell’Unione. Non è stato fornito alcun elemento di prova tale da modificare questa conclusione.

(179)

In assenza di nuove osservazioni relative ai fattori normativi, i considerando da 143 a 146 del regolamento provvisorio sono confermati.

2.8.   Altri fattori normativi

(180)

I considerando da 147 a 153 del regolamento provvisorio prendono in esame le affermazioni delle parti interessate secondo cui le restrizioni applicate negli Stati membri, come i sistemi di quote e i regimi fiscali, avevano lo scopo di limitare le importazioni dai paesi interessati: l’eventuale pregiudizio subito dall’industria dell’Unione, in particolare in alcuni Stati membri, non poteva quindi essere dovuto alle importazioni.

(181)

Tali argomentazioni sono state provvisoriamente respinte perché, fra l’altro, le importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati avvengono nella maggior parte degli Stati membri. Inoltre, dopo essere stati importati in uno Stato membro, questi prodotti potrebbero essere trasportati e venduti anche in altri Stati membri.

(182)

Una delle parti interessate ha segnalato la modesta quantità di biodiesel argentino sdoganato dalle autorità doganali francesi nel 2011 e anche i ridotti quantitativi dichiarati come importati in Germania nello stesso periodo.

(183)

In primo luogo, come spiegato sopra, il biodiesel sdoganato in uno Stato membro può comunque essere venduto in un altro Stato membro, il che rende inattendibili tali dati. In secondo luogo, le società incluse nel campione in Francia e in Germania hanno entrambe potuto dimostrare la concorrenza di prezzo esistente tra la loro produzione e le importazioni dai paesi interessati, come pure il conseguente pregiudizio da esse subito.

(184)

Un’altra parte interessata ha sostenuto che l’abrogazione dei sistemi destinati a favorire l’industria del biodiesel in molti Stati membri ha provocato una diminuzione dei ricavi delle società del settore nel periodo in esame, causando quindi un pregiudizio. Tale parte interessata ha citato, in particolare, la graduale soppressione degli incentivi fiscali in Francia e le tasse sui «carburanti verdi» in Germania.

(185)

Non esiste tuttavia una correlazione temporale evidente tra questi cambiamenti e il peggioramento dei risultati finanziari dell’industria dell’Unione. Molti di questi incentivi erano destinati non ai fabbricanti di biodiesel, ma agli utilizzatori, ed erano per la maggior parte ancora in vigore durante il PI. Non sono state fornite prove che dimostrino che i cambiamenti di politica degli Stati membri, passati a introdurre obblighi in materia di miscelazione, abbiano arrecato un pregiudizio all’industria dell’Unione.

(186)

Un produttore esportatore indonesiano ha menzionato l’inchiesta condotta attualmente dalla DG Concorrenza sulla presunta comunicazione di prezzi distorti per la valutazione dei prezzi del petrolio e dei biocarburanti all’agenzia Platts e ha chiesto che l’oggetto di tale inchiesta fosse considerato una causa possibile di pregiudizio. Tale richiesta è stata respinta in quanto l’inchiesta è tuttora in corso e le conclusioni non sono state ancora pubblicate.

(187)

In assenza di nuove osservazioni per quanto riguarda le politiche degli Stati membri, i considerando da 147 a 153 del regolamento provvisorio sono confermati.

3.   Conclusioni relative al nesso di causalità

(188)

Le importazioni del prodotto in esame dai paesi interessati sono state effettuate a prezzi di dumping durante il PI e a livello di prezzi inferiori rispetto alle vendite dell’industria dell’Unione. Esiste una chiara correlazione temporale tra l’aumento delle importazioni in dumping e il peggioramento della situazione dell’industria dell’Unione. Le importazioni oggetto di dumping erano in concorrenza diretta con la produzione dell’industria dell’Unione che, di conseguenza, ha perso redditività e quote di mercato durante il periodo in esame. Anche se è possibile che altri fattori citati sopra abbiano influito in certa misura sui risultati dell’industria dell’Unione, resta il fatto che le importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati sono causa di pregiudizio per questa industria.

(189)

Non è stato fornito alcun nuovo elemento di prova in grado di modificare la conclusione che l’effetto di altri fattori, considerati singolarmente o collettivamente, non sia stato tale da annullare il nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione. In assenza di altre osservazioni sulle conclusioni relative al nesso di causalità, si confermano i considerando da 154 a 157 del regolamento provvisorio.

G.   INTERESSE DELL’UNIONE

1.   Interesse dell’industria dell’Unione

(190)

In assenza di osservazioni in merito all’interesse dell’industria dell’Unione, si confermano i considerando da 159 a 161 del regolamento provvisorio.

2.   Interesse degli importatori e degli operatori commerciali indipendenti

(191)

Un produttore esportatore indonesiano ha affermato che i dazi proposti avrebbero effetti negativi per gli importatori e gli operatori commerciali, ma non ha fornito elementi di prova a sostegno di questa tesi. In effetti la sua affermazione indica il contrario, ossia che i dazi potrebbero essere trasferiti agli utilizzatori e ai consumatori mediante un aumento dei prezzi e non avrebbero quindi presumibilmente alcun effetto sugli importatori e sugli operatori commerciali.

(192)

Dopo la pubblicazione delle misure provvisorie nessun importatore o operatore commerciale di biodiesel ha formulato osservazioni.

(193)

In assenza di altre nuove osservazioni per quanto riguarda l’interesse degli importatori/operatori commerciali indipendenti, i considerando 162 e 163 del regolamento provvisorio sono confermati.

3.   Interesse degli utilizzatori e dei consumatori

(194)

Un produttore esportatore indonesiano ha affermato che i dazi proposti comporterebbero un aumento del prezzo del biodiesel e i consumatori sarebbero quindi meno incentivati ad acquistare veicoli che utilizzano biocarburanti.

(195)

Tale asserzione non è stata accolta. Il biodiesel è principalmente destinato ad essere miscelato con diesel minerale per la vendita ai consumatori, che non hanno quindi bisogno di acquistare un veicolo speciale alimentato unicamente con biocarburanti puri.

(196)

Anche se il prezzo della componente biodiesel aumentasse in caso di importazione dall’Argentina o dall’Indonesia, come affermato nel regolamento provvisorio, l’aumento del prezzo sarebbe modesto e impercettibile per il consumatore data la quantità minima di biodiesel presente nel diesel venduto ai consumatori.

(197)

Gli eventuali effetti delle misure sul prezzo finale del diesel per il consumatore, che dovrebbero essere limitati come indicato sopra, non comprometteranno gli obiettivi della direttiva sulle energie rinnovabili («RED»).

(198)

Nessun utilizzatore o consumatore e nessun gruppo o associazione che rappresenta gli utilizzatori o i consumatori ha formulato osservazioni sul regolamento provvisorio.

(199)

In assenza di altre osservazioni per quanto riguarda l’interesse dei consumatori, i considerando da 164 a 166 del regolamento provvisorio sono confermati.

4.   Interesse dei fornitori di materie prime

(200)

In assenza di osservazioni in merito all’interesse dei fornitori di materie prime, si confermano i considerando da 167 a 169 del regolamento provvisorio.

5.   Conclusione sull’interesse dell’Unione

(201)

Non sono pervenute osservazioni tali da modificare l’analisi dell’interesse dell’Unione esposta nel regolamento provvisorio e l’istituzione di misure è pertanto ancora nell’interesse dell’Unione. Sono pertanto confermati i considerando 170 e 171 del regolamento provvisorio.

H.   MISURE ANTIDUMPING DEFINITIVE

1.   Livello di eliminazione del pregiudizio

(202)

Varie parti interessate hanno contestato il 15 % come profitto di riferimento per l’industria dell’Unione indicato nel considerando 175 del regolamento provvisorio, affermando che tale percentuale è irrealistica e troppo elevata rispetto a quanto si può aspettare l’industria del biodiesel dell’Unione.

(203)

Tuttavia, molte di queste parti interessate hanno poi proposto di sostituire il profitto di riferimento del 15 % con altri dati riguardanti altri periodi o altre inchieste, senza spiegare perché un tale periodo o una tale inchiesta fossero più appropriati di altri.

(204)

Come spiegato nel regolamento provvisorio, il margine di profitto del 15 % era il profitto, espresso in percentuale del fatturato, realizzato dall’industria dell’Unione tra il 2004 e il 2006 in assenza di importazioni oggetto di dumping. Si tratta dell’ultimo periodo in cui sono stati realizzati profitti in assenza di importazioni in dumping poiché a partire dal 2006 queste importazioni sono sempre state presenti sul mercato dell’Unione, prima in provenienza dagli USA e poi dall’Argentina e dall’Indonesia.

(205)

Il mercato del biodiesel dell’Unione è però notevolmente maturato dal 2004-2006 e questo sotto molti punti di vista. Tra il 2004 e il 2006 le importazioni oggetto di dumping detenevano una quota di mercato trascurabile e anche le altre importazioni erano limitate. Durante il PI le importazioni oggetto di dumping detenevano una quota di mercato del 19 %. Nel periodo 2004-2006 l’industria dell’Unione era costituita da 40 società: ora questo numero è salito a più di 200, il che ha innalzato il livello della concorrenza.

(206)

Tra il 2004 e il 2006 il consumo è aumentato notevolmente, passando da 2 milioni di TM a 5 milioni di TM, mentre nel periodo in esame il consumo ha registrato solo un lieve aumento e l’utilizzo degli impianti, pari al 90 % tra il 2004 e il 2006, è passato al 55 % durante il PI.

(207)

È pertanto opportuno tenere conto dell’evoluzione del mercato illustrata sopra e adeguare di conseguenza il profitto di riferimento affinché rispecchi il profitto che l’industria dell’Unione potrebbe realizzare nelle attuali condizioni del mercato.

(208)

Di conseguenza, invece di utilizzare il profitto percentuale, si è calcolato il profitto effettivo per questi tre anni in EUR per TM venduta. Per ogni anno il dato considerato doveva riflettere i prezzi del 2011 ed è poi stata effettuata una media. Il profitto di riferimento dell’industria dell’Unione durante il PI, espresso in percentuale del fatturato, è dell’11,0 %.

(209)

Il margine di eliminazione del pregiudizio è stato quindi ricalcolato su questa base.

(210)

In seguito alla comunicazione delle conclusioni definitive, per quanto riguarda il calcolo del margine di pregiudizio, una parte interessata ha sostenuto che il dazio all’importazione del 5,1 % applicato all’olio di palma RBD importato nell’Unione doveva essere eliminato dal costo di produzione dei produttori dell’Unione. Tale argomentazione è stata respinta: questo dazio costituisce infatti un costo per i produttori dell’Unione che importano olio di palma e va quindi preso in considerazione.

(211)

Un produttore esportatore indonesiano ha contestato il calcolo del profitto di riferimento dell’industria dell’Unione e l’uso dei dati relativi al periodo dal 2004 al 2006, proponendo di calcolare tale profitto utilizzando solo i dati relativi al 2004. La precedente inchiesta relativa alle importazioni dagli Stati Uniti aveva tuttavia stabilito che era più esatto considerare la media dei tre anni invece che il solo 2004. Non sono state avanzate argomentazioni tali da modificare tale conclusione.

(212)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive i denunzianti hanno sostenuto che il profitto di riferimento fissato al 15 % nella fase provvisoria del procedimento dovesse essere mantenuto. Le argomentazioni addotte dai denunzianti non riguardano tuttavia l’obiettivo per cui occorre stabilire il profitto di riferimento, ossia il profitto realizzato dall’industria dell’Unione in assenza di importazioni in dumping. L’argomentazione è pertanto respinta.

(213)

In assenza di altre osservazioni relative al livello di eliminazione del pregiudizio, si conferma il metodo di cui ai considerando 176 e 177 del regolamento provvisorio.

2.   Misure definitive

(214)

Alla luce delle conclusioni raggiunte in merito al dumping, al pregiudizio, al nesso di causalità e all’interesse dell’Unione e in conformità all’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base, devono essere istituite misure antidumping definitive al livello più basso tra i margini di dumping e di pregiudizio, conformemente alla regola del dazio inferiore, sulle importazioni del prodotto in esame.

(215)

Le aliquote del dazio antidumping sono state fissate confrontando i margini di eliminazione del pregiudizio e i margini di dumping. Di conseguenza, le aliquote del dazio antidumping definitivo, espresse in percentuale sul prezzo CIF alla frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, sono le seguenti:

Paese

Società

Margine di dumping

Margine di pregiudizio

Aliquota del dazio antidumping

Argentina

Aceitera General Deheza S.A., General Deheza, Rosario; Bunge Argentina S.A., Buenos Aires

41,9 %

22,0 %

22,0 %

(216,64 EUR)

 

Louis Dreyfus Commodities S.A., Buenos Aires

46,7 %

24,9 %

24,9 %

(239,35 EUR)

 

Molinos Río de la Plata S.A., Buenos Aires; Oleaginosa Moreno Hermanos S.A.F.I.C.I. y A., Bahia Blanca; Vicentin S.A.I.C., Avellaneda

49,2 %

25,7 %

25,7 %

(245,67 EUR)

 

Altre società che hanno collaborato

46,8 %

24,6 %

24,6 %

(237,05 EUR)

 

Tutte le altre società

49,2 %

25,7 %

25,7 %

(245,67 EUR)

Indonesia

PT. Ciliandra Perkasa, Jakarta

8,8 %

19,7 %

8,8 %

(76,94 EUR)

 

PT. Musim Mas, Medan

18,3 %

16,9 %

16,9 %

(151,32 EUR)

 

PT. Pelita Agung Agrindustri, Medan

16,8 %

20,5 %

16,8 %

(145,14 EUR)

 

PT Wilmar Bioenergi Indonesia, Medan; PT Wilmar Nabati Indonesia, Medan

23,3 %

20,0 %

20,0 %

(174,91 EUR)

 

Altre società che hanno collaborato

20,1 %

18,9 %

18,9 %

(166,95 EUR)

 

Tutte le altre società

23,3 %

20,5 %

20,5 %

(178,85 EUR)

(216)

Tuttavia, poiché il dazio antidumping si applicherà anche alle miscele che comprendono biodiesel (in proporzione al loro contenuto in peso di biodiesel), oltre che al biodiesel puro, è più preciso e più idoneo ai fini della corretta attuazione del dazio da parte delle autorità doganali degli Stati membri esprimere il dazio come importo fisso in euro per tonnellata netta e applicare tale importo al biodiesel puro importato, o alla percentuale di biodiesel presente nella miscela.

(217)

Il considerando 183 del regolamento provvisorio ha osservato che le importazioni di biodiesel dai paesi interessati erano soggette a registrazione; in questo modo, se necessario, i dazi potevano essere riscossi fino a 90 giorni prima dell’istituzione delle misure provvisorie.

(218)

Tale riscossione dei dazi sui prodotti registrati è possibile soltanto se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 4, del regolamento di base. La verifica delle statistiche relative alle importazioni effettuate dopo la registrazione non mostra un incremento sostanziale delle importazioni prima dell’istituzione delle misure provvisorie, bensì un notevole calo. Le condizioni non sono pertanto soddisfatte e non saranno quindi riscossi dazi sulle importazioni registrate.

(219)

Le aliquote del dazio antidumping applicate a titolo individuale alle società specificate nel presente regolamento sono state calcolate in base ai risultati della presente inchiesta. Esse rispecchiano quindi la situazione delle società interessate constatata durante l’inchiesta. Tali aliquote del dazio (diversamente dal dazio unico per l’intero paese, applicabile a «tutte le altre società») sono quindi applicabili esclusivamente alle importazioni del prodotto in esame originario dei paesi interessati e fabbricato da quelle società, cioè dalle specifiche persone giuridiche menzionate. Le importazioni del prodotto in esame fabbricato da altre società non espressamente menzionate nel dispositivo del presente regolamento, comprese le persone giuridiche collegate a quelle espressamente menzionate, non possono beneficiare di tali aliquote e sono soggette all’aliquota del dazio applicabile a «tutte le altre società».

(220)

Eventuali richieste di applicazione di queste aliquote individuali del dazio antidumping (ad esempio in seguito a un cambiamento della denominazione sociale o all’istituzione di nuove entità produttive o di vendita) vanno immediatamente inviate alla Commissione (12), complete di tutte le informazioni pertinenti, in particolare dell’indicazione di eventuali modifiche delle attività della società riguardanti la produzione e le vendite sul mercato interno e all’esportazione e connesse ad esempio al cambiamento della denominazione sociale o ai cambiamenti a livello di entità produttive o di vendita. Il regolamento potrà se opportuno essere modificato aggiornando l’elenco delle società che beneficiano di aliquote di dazio individuali.

(221)

Tutte le parti sono state informate dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si intendeva raccomandare l’istituzione di un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia e la riscossione definitiva degli importi depositati a titolo di dazi provvisori (comunicazione delle conclusioni definitive). A tutte le parti è stato concesso un periodo entro il quale presentare le loro osservazioni sulla comunicazione delle conclusioni definitive.

(222)

Tutte le osservazioni orali e scritte trasmesse dalle parti interessate sono state esaminate e prese in considerazione se ritenute pertinenti.

3.   Impegni

(223)

Due produttori esportatori indonesiani hanno offerto impegni simili sui prezzi conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base. Va osservato che, date le notevoli variazioni del prezzo della materia prima, non si ritiene che il prodotto sia adatto a impegni su prezzi fissi. In tale contesto entrambe le società hanno proposto che i prezzi minimi all’importazione fossero indicizzati periodicamente in rapporto alle fluttuazioni dei prezzi dell’olio di palma greggio (CPO), mediante l’applicazione di un coefficiente al costo di tale materia prima.

(224)

Per quanto riguarda le offerte di questi due produttori esportatori, si osserva che, per stabilire un prezzo minimo all’importazione adeguatamente indicizzato, l’indicizzazione dovrebbe tenere conto di numerosi altri parametri che svolgono un ruolo significativo e dimostrano la volatilità del mercato del biodiesel. Il mercato del biodiesel è estremamente volatile e il settore è influenzato da vari altri fattori, come la complessità del regime di scambi del biodiesel, il differenziale di prezzo tra biodiesel e gasolio, la volatilità e l’evoluzione dei mercati degli oli vegetali, l’interdipendenza dei vari tipi di oli vegetali e l’andamento del tasso di cambio USD/EUR. Tali fattori richiederebbero un’indicizzazione multipla e assai complessa che, per essere significativa, dovrebbe essere realizzata su base giornaliera. La sola indicizzazione mensile sulla base dei prezzi del CPO che è stata offerta è quindi considerata inadeguata e non sarebbe in grado di conseguire i risultati desiderati.

(225)

In relazione a tali esportatori indonesiani e ai loro acquirenti sono stati inoltre rilevati seri rischi di compensazione incrociata dal momento che, oltre al biodiesel, anche altri prodotti sono esportati nell’Unione e anche a causa della pratica abituale del settore che prevede il prestito e lo scambio, tra le società, di biodiesel, CPO o altri prodotti.

(226)

Questi fattori rendono estremamente oneroso, se non addirittura irrealizzabile, attuare e controllare efficacemente gli impegni. Per le ragioni esposte sopra, le offerte di impegno non possono quindi essere accettate.

4.   Riscossione definitiva dei dazi antidumping provvisori

(227)

Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive una parte interessata ha sostenuto che nella fase provvisoria erano stati commessi alcuni errori materiali nel calcolo dei margini di dumping e che, senza tali errori, i margini di dumping sarebbero stati irrilevanti. La parte interessata in questione ha quindi chiesto che non fosse riscosso alcun dazio antidumping provvisorio. Tale richiesta deve essere respinta poiché il dazio antidumping definitivo è chiaramente superiore al dazio provvisorio.

(228)

In considerazione dei margini di dumping accertati e del livello del pregiudizio causato all’industria dell’Unione, è necessario riscuotere in via definitiva gli importi depositati a titolo del dazio antidumping provvisorio istituito dal regolamento provvisorio,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di esteri monoalchilici di acidi grassi e/o di gasoli paraffinici ottenuti mediante sintesi e/o idrotrattamento, di origine non fossile, in forma pura o incorporati in una miscela, originari di Argentina e Indonesia, attualmente classificabili ai codici NC ex 1516 20 98 (codici TARIC 1516209821, 1516209829 e 1516209830), ex 1518 00 91 (codici TARIC 1518009121, 1518009129 e 1518009130), ex 1518 00 95 (codice TARIC 1518009510), ex 1518 00 99 (codici TARIC 1518009921, 1518009929 e 1518009930), ex 2710 19 43 (codici TARIC 2710194321, 2710194329 e 2710194330), ex 2710 19 46 (codici TARIC 2710194621, 2710194629 e 2710194630), ex 2710 19 47 (codici TARIC 2710194721, 2710194729 e 2710194730), 2710 20 11, 2710 20 15, 2710 20 17, ex 3824 90 97 (codici TARIC 3824909701, 3824909703 e 3824909704), 3826 00 10 ed ex 3826 00 90 (codici TARIC 3826009011, 3826009019 e 3826009030).

2.   Le aliquote del dazio antidumping definitivo applicabile al prodotto di cui al paragrafo 1 e fabbricato dalle società di seguito elencate sono le seguenti:

Paese

Società

Aliquota del dazio UR per tonnellata netta

Codice addizionale TARIC

Argentina

Aceitera General Deheza S.A., General Deheza, Rosario; Bunge Argentina S.A., Buenos Aires

216,64

B782

 

Louis Dreyfus Commodities S.A., Buenos Aires

239,35

B783

 

Molinos Río de la Plata S.A., Buenos Aires; Oleaginosa Moreno Hermanos S.A.F.I.C.I. y A., Bahia Blanca; Vicentin S.A.I.C., Avellaneda

245,67

B784

 

Altre società che hanno collaborato:

Cargill S.A.C.I., Buenos Aires; Unitec Bio S.A., Buenos Aires; Viluco S.A., Tucumán

237,05

B785

 

Tutte le altre società

245,67

B999

Indonesia

PT Ciliandra Perkasa, Jakarta

76,94

B786

 

PT Musim Mas, Medan

151,32

B787

 

PT Pelita Agung Agrindustri, Medan

145,14

B788

 

PT Wilmar Bioenergi Indonesia, Medan; PT Wilmar Nabati Indonesia, Medan

174,91

B789

 

Altre società che hanno collaborato:

PT Cermerlang Energi Perkasa, Jakarta

166,95

B790

 

Tutte le altre società

178,85

B999

3.   Il dazio antidumping sulle miscele si applica proporzionalmente al tenore totale nella miscela, in peso, di esteri monoalchilici di acidi grassi e di gasoli paraffinici ottenuti mediante sintesi e/o idrotrattamento, di origine non fossile (tenore di biodiesel).

4.   Qualora le merci siano state danneggiate prima dell’immissione in libera pratica e, di conseguenza, il prezzo effettivamente pagato o pagabile sia calcolato proporzionalmente ai fini della determinazione del valore in dogana a norma dell’articolo 145 del regolamento (CEE) n. 2454/93 (13), il dazio antidumping, calcolato sulla base degli importi di cui sopra, è ridotto di una percentuale corrispondente alla riduzione proporzionale del prezzo effettivamente pagato o pagabile.

5.   Salvo disposizioni contrarie, si applicano le norme vigenti in tema di dazi doganali.

Articolo 2

Gli importi depositati a titolo di dazio antidumping provvisorio in applicazione del regolamento (UE) n. 490/2013 della Commissione sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia sono riscossi in via definitiva.

Articolo 3

Se un nuovo produttore esportatore argentino o indonesiano fornisce alla Commissione elementi sufficienti per dimostrare che:

non ha esportato nell’Unione il prodotto descritto all’articolo 1, paragrafo 1, durante il periodo dell’inchiesta (dal 1o luglio 2011 al 30 giugno 2012),

non è collegato a nessuno degli esportatori o produttori di Argentina o Indonesia soggetti alle misure istituite dal presente regolamento,

ha effettivamente esportato nell’Unione il prodotto in esame dopo il periodo dell’inchiesta su cui si basano le misure o ha assunto un obbligo contrattuale irrevocabile di esportare una quantità rilevante nell’Unione,

l’articolo 1, paragrafo 2, può essere modificato aggiungendo il nuovo produttore esportatore alle società che hanno collaborato ma escluse dal campione e quindi soggette all’aliquota media ponderata del dazio del paese interessato.

Articolo 4

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 19 novembre 2013

Per il Consiglio

Il presidente

L. LINKEVIČIUS


(1)  GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51.

(2)  GU L 141 del 28.5.2013, pag. 6.

(3)  GU C 260 del 29.8.2012, pag. 8.

(4)  Cfr. ad esempio la sentenza T-235/08 del 7 febbraio 2013 (Acron OAO e Dorogobuzh OAO/Consiglio).

(5)  Risoluzione n. 331/2001 del ministero dell’Agricoltura, dell’allevamento e della pesca.

(6)  Il principale mercato preso in considerazione per determinare il livello del prezzo internazionale della soia e dell’olio di soia è il Chicago Board of Trade.

(7)  Il valore teorico FAS è calcolato sottraendo dal valore ufficiale FOB tutti i costi inclusi nella procedura di esportazione.

(8)  http://64.76.123.202/site/agricultura/precios_fob_-_exportaciones/index.php

(9)  Sentenza T-235/08 del 7 febbraio 2013 (Acron OAO e Dorogobuzh OAO/Consiglio).

(10)  Relazione del panel, China – Anti-Dumping and Countervailing Duty Measures on Broiler Products from the United States (WT/DS427/R, adottata il 25 settembre 2013), paragrafo 7.164.

(11)  Dal settembre 2011 il prezzo HPE è fissato ogni mese dalle autorità indonesiane e risulta dalla media delle informazioni sui prezzi del mese precedente provenienti da tre diverse fonti: i) CIF Rotterdam; ii) CIF Malaysia; e iii) borsa merci indonesiana. Il prezzo HPE è fissato in base alle stesse fonti, ma a livello FOB. Ai fini della determinazione del prezzo HPE del CPO per la parte del PI anteriore al settembre 2011 (luglio - agosto 2011) è stato utilizzato come riferimento solo il prezzo di Rotterdam.

(12)  Commissione europea, direzione generale del Commercio, Direzione H, 1049 Bruxelles, Belgio.

(13)  Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1).


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