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Document 32012Y0310(01)

Raccomandazione del Comitato europeo per il rischio sistemico, del 22 dicembre 2011 , relativa al finanziamento in dollari statunitensi degli enti creditizi (CERS/2011/2)

GU C 72 del 10.3.2012, p. 1–21 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

Legal status of the document In force

10.3.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 72/1


RACCOMANDAZIONE DEL COMITATO EUROPEO PER IL RISCHIO SISTEMICO

del 22 dicembre 2011

relativa al finanziamento in dollari statunitensi degli enti creditizi

(CERS/2011/2)

2012/C 72/01

IL CONSIGLIO GENERALE DEL COMITATO EUROPEO PER IL RISCHIO SISTEMICO,

visto il regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell’Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico (1), e in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, lettere b), d) e f), nonché gli articoli 16 e 18,

vista la decisione CERS/2011/1 del Comitato europeo per il rischio sistemico, del 20 gennaio 2011, che adotta il regolamento interno del Comitato europeo per il rischio sistemico (2), e in particolare l'articolo 15, paragrafo 3, lettera e), nonché gli articoli da 18 a 20,

visti i pareri delle parti interessate del settore privato in questione,

considerando quanto segue:

(1)

Il dollaro statunitense è una valuta di finanziamento importante per gli enti creditizi dell’Unione, i quali ottengono la maggior parte dei finanziamenti in dollari statunitensi dal mercato all’ingrosso.

(2)

Vi è un rilevante disallineamento delle scadenze nelle attività e passività in dollari statunitensi degli enti creditizi dell'Unione, essendo utilizzato il finanziamento all’ingrosso a breve termine per finanziare operazioni e attività a più lungo termine; inoltre, alcune controparti sono incostanti. La combinazione di disallineamento delle scadenze e incostanza degli investitori è uno degli esempi principali di vulnerabilità.

(3)

A partire da giugno 2011 vi sono state continue tensioni sui mercati di raccolta dei dollari statunitensi, a seguito delle tensioni rilevanti subite nel 2008, le quali hanno portato all’introduzione di linee di swap tra banche centrali al fine di fornire l’accesso ai dollari statunitensi. Tali tensioni danno origine a potenziali rischi, diretti e centrali, per l’intero sistema: in particolare, sul breve termine per la liquidità bancaria, e sul medio termine per l’economia reale, in virtù della riduzione dei prestiti in dollari statunitensi da parte degli enti creditizi dell’Unione, nonché per la solvibilità di tali enti creditizi, laddove si realizzi la riduzione della leva finanziaria a prezzi molto bassi.

(4)

Gli enti creditizi, le banche centrali e le autorità di vigilanza, negli ultimi anni, hanno attuato misure volte a mitigare i rischi generali di finanziamento e di liquidità; talune delle suddette misure hanno contribuito al miglioramento delle posizioni di finanziamento e di liquidità in dollari statunitensi degli enti creditizi dell’Unione. Tuttavia, al fine di prevenire il rinnovarsi delle tensioni sui mercati di raccolta dei dollari statunitensi, è necessario un approccio maggiormente strutturato.

(5)

Al fine macroprudenziale di evitare i livelli di tensione nel finanziamento in dollari statunitensi degli enti creditizi dell’Unione incontrati nelle recenti crisi finanziarie, è opportuno rafforzare gli strumenti microprudenziali.

(6)

Le lacune nei dati a livello dell’Unione limitano la capacità di analisi del possibile impatto dei rischi di finanziamento in dollari statunitensi; pertanto, è opportuno provvedere al miglioramento della qualità dei dati.

(7)

Un monitoraggio attento a livello del settore bancario e delle singole imprese aiuterebbe le autorità competenti a comprendere meglio gli sviluppi in merito ai rischi di finanziamento e di liquidità in dollari statunitensi; le aiuterebbe inoltre nell’incoraggiare le banche ad adottare le misure preventive necessarie al fine di limitare le esposizioni eccessive e di correggere le distorsioni nella gestione del rischio. Le misure raccomandate in tali settori sono coerenti con la raccomandazione F del CERS, del 21 settembre 2011, sui prestiti in valuta estera (3).

(8)

Tra gli strumenti volti a mitigare i rischi di finanziamento in dollari statunitensi vi sono i piani di finanziamento di emergenza, finalizzati a evitare l’aggravarsi di problemi di finanziamento in situazioni estreme. Tuttavia, i piani di emergenza potrebbero dare luogo a nuovi problemi sistemici laddove spingessero gli enti creditizi ad adottare contemporaneamente misure simili.

(9)

Il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) procederà alla revisione dei progressi in merito all’attuazione della presente raccomandazione nella seconda parte del 2012.

(10)

L’allegato della presente raccomandazione analizza i rischi sistemici significativi per la stabilità finanziaria nell’Unione derivanti dal finanziamento in dollari statunitensi degli enti creditizi dell’Unione.

(11)

La presente raccomandazione fa salvi i mandati in materia di politica monetaria delle banche centrali dell’Unione, nonché le funzioni affidate al CERS.

(12)

Le raccomandazioni del CERS sono pubblicate dopo che il Consiglio sia stato informato dell’intenzione del Consiglio generale di procedere in tal senso e sia data al Consiglio l’opportunità di rispondere,

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

SEZIONE 1

RACCOMANDAZIONI

Raccomandazione A —   Monitoraggio del finanziamento e della liquidità in dollari statunitensi

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di:

1.

tenere sotto attenta osservazione i rischi di finanziamento e di liquidità assunti dagli enti creditizi, nell’ambito del monitoraggio relativo alle posizioni complessive di finanziamento e di liquidità degli enti creditizi. In particolare, è opportuno che le autorità nazionali di vigilanza tengano sotto osservazione:

a)

i disallineamenti delle scadenze in dollari statunitensi;

b)

le concentrazioni della raccolta per tipologia di controparti, con particolare attenzione rispetto alle controparti in operazioni a breve termine;

c)

l’utilizzo degli swap in dollari statunitensi (inclusi gli swap su tassi di interesse in più valute);

d)

le esposizioni intragruppo.

2.

prima che le esposizioni ai rischi di finanziamento e di liquidità in dollari statunitensi raggiungano livelli eccessivi, considerare di:

a)

incoraggiare gli enti creditizi ad adottare le misure idonee a gestire adeguatamente i rischi derivanti dai disallineamenti delle scadenze in dollari statunitensi;

b)

limitare le esposizioni, evitando una dissoluzione disordinata delle strutture di finanziamento esistenti.

Raccomandazione B —   Piani di finanziamento di emergenza

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di:

1.

far sì che gli enti creditizi prevedano, nei propri piani di finanziamento di emergenza, misure per gestire uno shock sul finanziamento in dollari statunitensi e che gli stessi abbiano preso in considerazione la realizzabilità delle suddette misure nel caso in cui più enti creditizi provino a farvi ricorso contemporaneamente. E’ opportuno che i piani di finanziamento di emergenza prendano in considerazione almeno le fonti di finanziamento di emergenza disponibili nell’eventualità di una riduzione dell’offerta da parte di diverse categorie di controparti;

2.

valutare la realizzabilità di tali misure di gestione nei piani di finanziamento di emergenza a livello del settore bancario. Qualora si ritenga probabile che l’adozione simultanea di misure da parte degli enti creditizi dia luogo a potenziali rischi sistemici, si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di considerare interventi volti all’attenuazione di tali rischi e dell’impatto delle suddette misure sulla stabilità del settore bancario dell'Unione.

SEZIONE 2

ATTUAZIONE

1.   Interpretazione

1.

Ai fini della presente raccomandazione, si applicano le seguenti definizioni:

a)

per «ente creditizio» si intende un ente come definito dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (4);

b)

per «ente creditizio dell’Unione» si intende un ente creditizio autorizzato in uno Stato membro ai sensi della direttiva 2006/48/CE;

c)

per «autorità nazionale di vigilanza» si intende un’autorità competente o di vigilanza come definita all’articolo 1, paragrafo 3, lettera f, del regolamento (UE) n. 1092/2010;

d)

per «finanziamento in dollari statunitensi» si intende la raccolta di fondi sotto forma di passività in dollari statunitensi.

2.

L’allegato forma parte integrante della presente raccomandazione. In caso di conflitto tra il dispositivo e l’allegato, il dispositivo prevale.

2.   Criteri di attuazione

1.

Ai fini dell’attuazione della presente raccomandazione si applicano i seguenti criteri:

a)

la presente raccomandazione riguarda solo il finanziamento in dollari statunitensi degli enti creditizi dell’Unione;

b)

dovrebbe essere evitato l’arbitraggio normativo;

c)

si presterà debita attenzione al principio di proporzionalità nell’attuazione, con riferimento alla diversa valenza sistemica del finanziamento in dollari statunitensi degli enti creditizi, anche tenendo conto degli obiettivi e del contenuto di ciascuna raccomandazione;

d)

l’allegato contiene ulteriori criteri per l’attuazione delle raccomandazioni A e B.

2.

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS e al Consiglio le azioni intraprese in risposta alla presente raccomandazione o di motivare adeguatamente l’inerzia. Le relazioni dovrebbero quanto meno contenere:

a)

informazioni sulla sostanza e sulla tempistica delle azioni intraprese;

b)

una valutazione sul funzionamento delle azioni intraprese sotto il profilo degli obiettivi della presente raccomandazione;

c)

motivazioni dettagliate in caso di inerzia o di scostamento dalla presente raccomandazione, compreso qualsiasi ritardo.

3.   Tempistica per il seguito da dare alla raccomandazione

1.

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS e al Consiglio le azioni intraprese in risposta alle raccomandazioni A e B e un’adeguata motivazione in caso di inerzia, entro il 30 giugno 2012.

2.

Le autorità nazionali di vigilanza possono riferire in forma aggregata per il tramite dell’Autorità bancaria europea.

3.

Il Consiglio generale può prorogare i termini di cui al paragrafo 1 laddove risultino necessarie iniziative legislative per assicurare la conformità a una o più raccomandazioni.

4.   Monitoraggio e valutazione

1.

Il segretariato del CERS:

a)

assiste i destinatari anche facilitando la presentazione coordinata delle relazioni, fornendo modelli per la compilazione e precisando, ove necessario, le modalità e la tempistica con cui dare seguito alla raccomandazione;

b)

verifica il seguito dato alla raccomandazione da parte dei destinatari, anche assistendoli su richiesta, e riferisce in proposito al Consiglio generale per il tramite del Comitato direttivo, entro due mesi dalla scadenza dei termini previsti per dare seguito alla raccomandazione.

2.

Il Consiglio generale valuta le azioni e le motivazioni comunicate dai destinatari e, ove opportuno, decide se la presente raccomandazione non sia stata rispettata e se i destinatari non abbiano adeguatamente motivato la propria inerzia.

Fatto a Francoforte sul Meno, il 22 dicembre 2011

Il presidente del CERS

Mario DRAGHI


(1)  GU L 331 del 15.12.2010, pag. 1.

(2)  GU C 58 del 24.2.2011, pag. 4.

(3)  Raccomandazione CERS/2011/1 del Comitato europeo per il rischio sistemico, del 21 settembre 2011, sui prestiti in valuta estera (GU C 342 del 22.11.2011, pag. 1).

(4)  GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1.


ALLEGATO

RACCOMANDAZIONI DEL COMITATO EUROPEO PER IL RISCHIO SISTEMICO SUL FINANZIAMENTO IN DOLLARI STATUNITENSI DEGLI ENTI CREDITIZI DELL’UNIONE

Sintesi

I.

Quadro generale del finanziamento in dollari degli enti creditizi dell’Unione

II.

Rischi derivanti dal ricorso al finanziamento in dollari

III.

Raccomandazioni del CERS

Appendice: Rilevazione facoltativa dei dati sul finanziamento in dollari degli enti creditizi dell’Unione

SINTESI

Il dollaro statunitense è una valuta di finanziamento importante per gli enti creditizi dell’Unione e costituisce circa il 15 % delle loro passività complessive. La quasi totalità della provvista disponibile nell’Unione proviene dal mercato all’ingrosso, per lo più dal segmento a brevissimo termine. Sembra esservi un significativo disallineamento delle scadenze tra le attività a lungo termine e le passività a breve termine in dollari; inoltre, alcune controparti mostrano un comportamento incostante. La combinazione di questi due fattori rappresenta una delle principali tipologie di vulnerabilità.

Dal giugno 2011 continuano a pervenire evidenze di tensioni nei mercati della raccolta in dollari. Alcuni enti creditizi dell’Unione hanno di recente annunciato piani di riduzione della leva finanziaria tramite la cessione di attività in dollari, in parte per ridimensionare il ricorso ai fondi nella valuta statunitense. Ciò potrebbe dar luogo ad almeno due importanti rischi diretti e potenzialmente sistemici: l’impatto sulla solvibilità degli enti creditizi dell’Unione, qualora le attività fossero cedute a prezzi molto bassi, e l’effetto sull’economia reale di una flessione dei prestiti in dollari erogati dagli stessi.

Le informazioni di mercato suggeriscono che le linee di swap tra banche centrali rassicurano gli operatori economici, anche se non vengono utilizzate, sostenendo quindi il funzionamento dei mercati degli swap in valuta. Ciò potrebbe implicare l’esistenza di un rischio di azzardo morale che frenerebbe gli enti creditizi dell’Unione dall’adottare una struttura di finanziamento più solida. Di fatto, alcuni enti creditizi di diversi paesi dell’Unione non contemplano specificamente shock sulla provvista in dollari/valuta estera nei rispettivi piani di finanziamento di emergenza.

Le raccomandazioni esposte nel presente rapporto mirano non tanto a stimolare la formulazione di politiche volte specificamente a mitigare le tensioni correnti, quanto ad avviare un processo inteso a scongiurare che nell’eventualità di una crisi finanziaria si raggiunga un livello di pressioni sulla provvista in dollari degli enti creditizi dell’Unione simile a quelli osservati nelle crisi del 2008 e del 2011.

Le raccomandazioni, che comportano in prevalenza il rafforzamento degli strumenti microprudenziali per finalità macroprudenziali, vertono sui punti seguenti: 1) tenere sotto stretta osservazione i rischi di finanziamento e di liquidità in dollari degli enti creditizi dell’Unione con effetto immediato e, se del caso, arginare quei rischi prima che raggiungano livelli eccessivi, evitando al tempo stesso una dissoluzione disordinata delle strutture di finanziamento in dollari esistenti; 2) far sì che i piani di finanziamento di emergenza degli enti creditizi contemplino misure di gestione per fronteggiare gli shock sulla provvista in dollari, attenuando nel contempo i potenziali rischi sistemici derivanti dagli interventi simultanei degli enti creditizi innescati da piani di finanziamento di emergenza simili.

I.   QUADRO GENERALE DEL FINANZIAMENTO IN DOLLARI DEGLI ENTI CREDITIZI DELL’UNIONE

I.1.   Fattori principali dell’accesso al finanziamento in dollari da parte degli enti creditizi

Le informazioni di mercato e i dati delle autorità di regolamentazione suggeriscono che la domanda di finanziamenti in dollari è influenzata da una serie di fattori:

a)   diversificazione: soprattutto dopo la crisi, gli enti creditizi dell’Unione hanno manifestato l’intenzione di diversificare le proprie fonti di finanziamento in termini di valute, scadenze e tipologie di investitori. Il mercato in dollari, essendo uno dei più liquidi e spessi, costituisce una fonte di provvista essenziale nell’ambito di tali strategie;

b)   costo: alcuni enti creditizi dell’Unione hanno cercato, in genere, di accedere al mercato in dollari poiché rappresenta una fonte di provvista meno onerosa per le attività non denominate in dollari. In certi casi l’emissione di strumenti di debito in dollari e il loro scambio nella valuta richiesta ha apportato vantaggi di costo durevoli, rispetto all’emissione diretta nella divisa desiderata nei mercati primari;

c)   arbitraggio: vi sono evidenze che alcuni enti creditizi dell’Unione attingono al finanziamento a breve termine, ad esempio dei fondi comuni monetari (FCM) statunitensi, per un tasso inferiore a 25 punti base, ed effettuano depositi presso la Federal Reserve per un tasso corrente di 25 punti base;

d)   modello operativo: la domanda dipende anche dal contesto economico internazionale e quindi dalla propensione al rischio e dal fabbisogno di finanziamento in dollari degli enti creditizi, in particolare di quelli operanti nella valuta statunitense, nonché da fattori idiosincratici quali le strategie di sviluppo dei singoli istituti dell’Unione;

e)   come rilevano gli enti creditizi, vi sono due approcci principali, talvolta coesistenti, che dettano le loro scelte: 1) una strategia di diversificazione complessiva in base alla quale ricorrono ai dollari per poi scambiarli nella valuta richiesta, oppure 2) una strategia di soddisfacimento del fabbisogno in base alla quale determinano le esigenze di valuta, cercando poi di reperire fondi per farvi fronte;

f)   fattori dal lato dell’offerta: certi investitori statunitensi cercano di conseguire rendimenti in un contesto di tassi di interesse contenuti; alcuni di essi osservano che gli FCM statunitensi hanno alternative limitate agli investimenti negli enti creditizi dell’Unione, poiché negli Stati Uniti sia gli enti creditizi, che spesso dispongono di una forte base di depositanti, sia le società sono al momento dotati di una liquidità relativamente abbondante.

I.2.   Posizione strutturale degli enti creditizi dell’Unione

A livello complessivo, le posizioni in dollari nei bilanci degli enti creditizi dell’Unione sono cresciute in misura rilevante negli anni precedenti la crisi finanziaria. In base ai dati della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) questa tendenza si è invertita dopo la crisi (cfr. figura 1). Ciò sembra riflettere il processo di riduzione della leva finanziaria in atto presso gli enti creditizi dell’Unione a seguito della crisi, in particolare per quanto concerne le attività preesistenti (legacy assets).

I dati raccolti dal CERS consentono di analizzare ulteriormente l’entità delle posizioni di bilancio in dollari. In alcuni paesi il disallineamento tra attività e passività in dollari è relativamente esiguo, mentre in altri si registrano più passività che attività, coerentemente con le informazioni di mercato secondo le quali alcuni enti creditizi dell’Unione tendono a utilizzare dollari quale fonte di provvista di tipo opportunistico, nel più ampio contesto della strategia di diversificazione del finanziamento, per poi scambiarli in altre valute. Le passività in dollari incidono per poco più del 15 % sulle passività totali a livello aggregato nell’Unione.

Figura 1

Posizioni in dollari USA lorde e nette degli enti creditizi dell’Unione (miliardi di dollari)

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I.3.   Principali usi (attività) e fonti (passività) del finanziamento in dollari

Da un esame più attento delle attività in dollari degli enti creditizi dell’Unione emerge che la valuta statunitense è utilizzata prevalentemente per quattro finalità: 1) prestiti in dollari a società non finanziarie (finanza commerciale e di progetto), con alcune limitate esposizioni anche verso i settori commerciale e pubblico degli Stati Uniti; 2) prestiti interbancari (coperti o meno da garanzie), solitamente a breve termine; 3) riserve di liquidità in depositi presso la Federal Reserve e 4) attività di negoziazione degli enti creditizi dell’Unione.

A parte qualche eccezione, gli enti creditizi dell’Unione non dispongono di un’ampia base di raccolta al dettaglio in dollari (tali depositi incidono solo per il 3 % sulle passività totali). La maggior parte dei fondi è reperita nei mercati all’ingrosso, principalmente tramite pronti conto termine e carta commerciale/certificati di deposito. Gli investitori del mercato monetario statunitense svolgono un ruolo fondamentale nei programmi di emissione di carta commerciale e certificati di deposito in dollari.

I dati raccolti dal CERS suggeriscono che il finanziamento all’ingrosso in dollari coperto o meno da garanzie costituisce circa un terzo delle attività di provvista all’ingrosso complessive degli enti creditizi dell’Unione. Ciò rispecchia in parte il fatto che i mercati all’ingrosso statunitensi sono fra i più liquidi al mondo. Il ricorso a tali mercati è particolarmente rilevante nel segmento a più breve termine. Circa il 75 % del finanziamento all’ingrosso in dollari degli enti creditizi dell’Unione ha scadenza inferiore a un mese (cfr. figura 2). Secondo i dati dell’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA) il finanziamento con scadenza superiore a un anno non eccede il 20 % del totale della provvista all’ingrosso in dollari per ciascun paese.

Figura 2

Finanziamento all’ingrosso in dollari USA per scadenza e paese

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I.4.   Profilo delle scadenze delle attività e passività denominate in dollari

Le passività denominate in dollari degli enti creditizi dell’Unione sono per lo più a breve termine, mentre le attività in dollari hanno in generale una struttura per scadenze di più lungo periodo, come è prevedibile. Circa un terzo delle attività in dollari ha vita residua superiore a un anno. Da un raffronto della struttura complessiva per scadenze dei bilanci degli enti creditizi dell’Unione emerge che il disallineamento delle scadenze fra attività e passività in dollari è più pronunciato rispetto a quello totale per tutte le valute.

Dati i timori per la situazione macroeconomica nell’area dell’euro e a livello mondiale, nella seconda metà del 2011 gli investitori statunitensi hanno ridotto ulteriormente entità e vita residua del finanziamento in dollari a favore di enti creditizi non statunitensi. I tassi di rinnovo del finanziamento all’ingrosso in dollari privo di garanzie di molti enti creditizi dell’Unione sono scesi in misura significativa nel terzo trimestre del 2011. La vita residua dei nuovi fondi in dollari è risultata considerevolmente più breve al confronto con il secondo trimestre dell’anno. Il mercato del debito non garantito in dollari a più lungo termine è stato di fatto chiuso alla maggior parte degli enti creditizi dell’Unione, ad eccezione di alcuni istituti scandinavi/nordici che sono riusciti a emettere ingenti importi di strumenti di debito a lungo termine in dollari. Gli investitori, in generale, sembrano operare una distinzione tra enti creditizi in base al paese di origine.

I.5.   Riserve di liquidità

Nel dicembre 2010 gli enti creditizi dell’Unione inclusi nel campione del CERS detenevano attività in dollari, ricomprese nella capacità di compensazione complessiva (1), per un controvalore di circa 570 miliardi di EUR. In termini aggregati ciò corrisponde approssimativamente al 20 % del totale delle passività in dollari, in base alla definizione più ampia di capacità di compensazione. Circa due terzi di tali importi erano stanziabili come garanzie presso le banche centrali. Le attività liquide in altre divise erano utilizzabili per rispondere a shock sul dollaro, in parte a seconda del funzionamento dei mercati valutari.

Tuttavia, in periodi di tensioni finanziarie solo le attività altamente liquide potrebbero servire efficacemente da riserva di liquidità. Se si considerano solo il contante e i depositi presso le banche centrali (eccedenti gli obblighi di riserva), nonché i crediti sovrani non impegnati a ponderazione nulla presso le banche centrali, le riserve di liquidità in dollari diminuiscono a 172 miliardi di EUR per il campione in esame.

I.6.   Classificazione dei fornitori di liquidità in dollari

In base alle informazioni qualitative raccolte dal CERS vi sono sette categorie principali di soggetti che erogano liquidità in dollari a breve termine:

a)

fondi comuni monetari (FCM) statunitensi;

b)

autorità monetarie, banche centrali e fondi sovrani, che detengono ingenti importi di attività in dollari;

c)

società di prestito in titoli;

d)

enti creditizi abbondantemente provvisti di dollari, reperiti nel mercato interbancario (di solito a brevissimo termine) e in quello degli swap in valuta;

e)

grandi società statunitensi;

f)

agenzie statunitensi di emanazione governativa (Fannie Mae e Freddie Mac);

g)

oltre alle principali fonti di finanziamento statunitensi, alcune evidenze aneddotiche indicano che per reperire dollari gli enti creditizi dell’Unione attingono a mercati non statunitensi (principalmente asiatici).

La maggioranza di questi soggetti è particolarmente sensibile ai timori riguardo al rischio di credito percepito, come hanno mostrato gli FCM statunitensi nei mesi scorsi. Secondo le stime questi ultimi incidono per circa il 2 % sulle passività totali dell’intero sistema bancario dell’Unione, ma nel caso di alcuni enti creditizi la quota sale al 10 %.

Negli ultimi mesi gli FCM statunitensi di qualità primaria hanno ridotto la scadenza del finanziamento agli enti creditizi di diversi Stati membri dell’Unione in misura tale che la quota di fondi con scadenza fino a un mese è aumentata a circa il 70 % in ottobre/novembre 2011, almeno per gli istituti dell’area dell’euro (cfr. figura 3). Inoltre, hanno ridimensionato le esposizioni complessive verso gli enti creditizi dell’Unione, anche se le variazioni tra maggio e novembre 2011 sono significativamente difformi da un paese all’altro (cfr. figura 4).

Figura 3

Profilo di scadenza delle esposizioni degli FCM statunitensi verso gli enti creditizi dell’area dell’euro

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Figura 4

Variazioni delle esposizioni degli FCM statunitensi di qualità primaria verso gli enti creditizi dell’Unione (maggio-novembre 2011)

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I.7.   Indicatori di mercato

I più grandi enti creditizi dell’Unione attingono ampiamente ai mercati all’ingrosso statunitensi per sopperire al proprio fabbisogno di dollari, mentre molti istituti di secondo livello sembrano fare affidamento su quelli di primo livello e sui mercati degli swap in valuta per ottenere dollari. Il costo di scambiare euro contro dollari, indicato dallo swap di basi euro/dollaro (cfr. figura 5), ha raggiunto un picco in seguito al fallimento di Lehman Brothers. Dopo una consistente riduzione nei primi quattro mesi del 2011, lo swap di basi euro/dollaro è tornato ad aumentare dagli inizi di maggio. Dalla metà di giugno la sua volatilità infragiornaliera si è accresciuta, di riflesso all’incertezza nei mercati finanziari riguardo alle condizioni di finanziamento in dollari per gli enti creditizi dell’Unione.

A seguito del fallimento di Lehman Brothers la Banca centrale europea (BCE) ha usufruito maggiormente della linea di swap concordata con la Federal Reserve per fornire liquidità in dollari agli enti creditizi dell’Eurosistema (cfr. figura 6). L’importo in essere delle operazioni di immissione di liquidità in dollari della BCE ha raggiunto il massimo alla fine del 2008, toccando quasi 300 miliardi di USD.

Le informazioni di mercato suggeriscono che le linee di swap in dollari tra banche centrali rassicurano gli operatori economici, anche se non vengono utilizzate, sostenendo quindi il funzionamento dei mercati degli swap in valuta. Ciò potrebbe implicare l’esistenza di un rischio di azzardo morale che frenerebbe gli enti creditizi dell’Unione dall’adottare una struttura di finanziamento più solida; tuttavia, i tassi applicati a tali strumenti dovrebbero in parte mitigare questo rischio. Il riquadro 1 fornisce una sintesi sul ricorso ai mercati degli swap in valuta e sulle iniziative volte a rafforzarne la tenuta.

Figura 5

Swap di basi euro/dollaro

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Figura 6

Ricorso della BCE alla linea di swap della Federal Reserve

Importi in essere delle operazioni di immissione di liquidità della BCE

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RIQUADRO 1:   Funzionamento e tenuta dei mercati degli swap in valuta

Dopo la contrazione dei prestiti interbancari non garantiti agli inizi della crisi finanziaria, gli enti creditizi dell’Unione hanno dovuto ricorrere maggiormente, in alternativa, al finanziamento coperto da garanzie (swap in valuta e pronti contro termine). Tale maggiore ricorso ha cominciato a pregiudicare anche questi mercati, specialmente quello degli swap in valuta. Successivamente al fallimento di Lehman Brothers è divenuto molto difficile e molto oneroso ottenere dollari tramite swap in valuta (nell’ottobre 2008 lo swap di basi a tre mesi euro/dollaro si è portato oltre — 200 punti base).

Queste frizioni generalizzate nei mercati della provvista in dollari hanno determinato l’istituzione di linee di swap tra la Federal Reserve e una serie di banche centrali, fra cui la BCE. Al suo livello massimo (alla fine del 2008), l’importo complessivo in essere in dollari erogato dalla Federal Reserve in favore di banche centrali, per lo più in Europa (BCE, Bank of England e Banca nazionale svizzera), si è collocato a circa 550 miliardi di USD. A titolo di esempio, l’ammontare in essere di liquidità in dollari fornita dalla BCE alle controparti dell’Eurosistema ha raggiunto quasi 300 miliardi di USD alla fine del 2008, a fronte di riserve dell’Eurosistema (in valuta estera convertibile) pari a 145 miliardi di EUR alla fine dello stesso anno (per un controvalore di circa 200 miliardi di USD). Sebbene alcune richieste di fondi possano avere avuto finalità opportunistiche e/o precauzionali, la carenza di dollari era tale da rendere difficile o impossibile per le banche centrali finanziare direttamente tale offerta di liquidità (con le proprie riserve o sul mercato). Le linee di swap tra la Federal Reserve e alcune banche centrali (BCE, Bank of England, Banca nazionale svizzera, Bank of Canada e Banca del Giappone) sono state riattivate nel maggio 2010, con l’intensificarsi della crisi del debito sovrano, rassicurando gli operatori economici riguardo al fatto che gli enti creditizi ubicati oltre i confini degli Stati Uniti avrebbero avuto a disposizione fondi in dollari all’occorrenza.

L’offerta di liquidità in dollari da parte di banche centrali al di fuori degli Stati Uniti si è dimostrata uno strumento efficace nel ripristinare il funzionamento del mercato. La base di swap in dollari (differenziale tra il tasso in dollari implicito negli swap euro/dollaro e il Libor in dollari) si è ridotta rapidamente in seguito. Inoltre, il ricorso alle linee di swap della Federal Reserve è calato dopo il massimo raggiunto alla fine del 2008. I riscontri del mercato e le evidenze aneddotiche suggeriscono che il mercato degli swap in valuta ha fornito sufficiente liquidità da consentire agli enti creditizi dell’Unione di indebitarsi in dollari contro la valuta nazionale.

Alcune ricerche svolte da banche centrali e organizzazioni di mercato rilevano che il mercato valutario ha dimostrato capacità di tenuta durante la crisi finanziaria, grazie al sistema Continuous Linked Settlement (CLS) e al maggiore utilizzo della documentazione Credit Support Annex. Le autorità di regolamentazione europee e statunitensi stanno attualmente vagliando se sia appropriato rendere obbligatoria la compensazione con controparte centrale per le operazioni di swap in valuta.

La tenuta del mercato degli swap in valuta in presenza di tensioni costituisce un fattore importante nella valutazione dei rischi. A tale riguardo due sono gli elementi che invitano alla prudenza. Innanzitutto, sebbene non vi siano dati disponibili, i riscontri aneddotici degli operatori economici fanno ritenere che la carenza di dollari e la domanda di finanziamento in dollari tramite il mercato degli swap in valuta siano state finora più contenute rispetto al periodo immediatamente successivo al fallimento di Lehman Brothers. Inoltre, l’esistenza di linee di swap tra la Federal Reserve e alcune banche centrali europee costituisce una rete di sicurezza che rassicura gli operatori economici.

Il recente intervento concertato delle banche centrali inteso a mitigare le tensioni sui mercati della raccolta in dollari (abbassando i tassi e continuando a svolgere aste a tre mesi) ha migliorato in certa misura le condizioni di provvista sul mercato per gli enti creditizi dell’Unione. Lo swap di basi si è ridotto moderatamente, ma i fixing del Libor in dollari sono rimasti invariati. Oltre alla generale avversione al rischio, due elementi sembrano avere contribuito al perdurare delle tensioni: l’immagine negativa associata alla partecipazione alle aste a tre mesi e il fatto che i grandi clienti degli enti creditizi (fondi pensione, fondi comuni e società) non possano accedere alle operazioni di banca centrale. Pertanto, dipendono ancora dai mercati degli swap in valuta per la copertura dei rischi, in un contesto in cui gli enti creditizi sono riluttanti a svolgere attività di market making.

II.   RISCHI DERIVANTI DAL RICORSO AL FINANZIAMENTO IN DOLLARI

Il CERS ha considerato due principali fonti di rischio derivanti dal ricorso al finanziamento in dollari/dal disallineamento delle scadenze degli enti creditizi dell’Unione: il rischio di liquidità a breve termine e il rischio a medio termine di un impatto sull’economia reale dell’Unione attraverso i cambiamenti dei modelli operativi causati dalle tensioni sulla provvista in dollari.

II.1.   Rischio di liquidità a breve termine

Le tensioni sulla liquidità in dollari hanno indotto le banche centrali a effettuare ripetuti interventi concertati dal 2008. Queste tensioni riflettono la struttura della provvista in dollari degli enti creditizi dell’Unione e il ruolo della valuta statunitense nel sistema finanziario mondiale, nonché le attuali condizioni nei mercati. Considerati nel loro insieme, questi due elementi potrebbero indicare una particolare fragilità degli enti creditizi dell’Unione che attingono alla raccolta all’ingrosso a breve termine in dollari, segnatamente:

a)   finanziamento «stabile» limitato: gli enti creditizi dell’Unione non hanno praticamente a disposizione fondi al dettaglio in dollari a cui attingere nell’Unione;

b)   profilo di breve periodo: come rilevato nella sezione I, la provvista all’ingrosso in dollari degli enti creditizi dell’Unione è tendenzialmente a brevissimo termine;

c)   in periodi di tensioni gli investitori esteri mostrano una maggiore tendenza a disinvestire rispetto a quelli nazionali: vi è il rischio che in un contesto caratterizzato da tensioni gli investitori riallochino le proprie risorse nei mercati interni oppure distinguano con minore facilità tra le imprese estere loro beneficiarie rispetto agli investitori nazionali. In particolare, le evidenze pervenute dalla crisi e dal periodo più recente suggeriscono che alcune categorie di investitori statunitensi tendono a comportamenti gregari e sono sensibili soprattutto alle notizie negative, lasciando gli enti creditizi dell’Unione esposti a improvvise pressioni sulla provvista, specie quando vi è una concentrazione delle tipologie di creditori. Questa considerazione è importante poiché la liquidità nei mercati della raccolta all’ingrosso in dollari si concentra nelle scadenze brevi (ad esempio, inferiori a tre mesi);

d)   ruolo dei fondi comuni monetari statunitensi: questi tendono a reagire rapidamente e in maniera gregaria ai rischi connessi a notizie negative. Le recenti turbolenze nei mercati causate dai timori relativi al rischio sovrano sembrano ancora una volta avere indotto alcuni investitori statunitensi di enti creditizi dell’Unione a ritirare i loro fondi o a ridurne la scadenza dalla metà del 2011. In particolare, gli FCM statunitensi potrebbero continuare a disinvestire dagli enti creditizi dell’Unione per diversi motivi, fra i quali gli eventuali cambiamenti strutturali nella loro attività di finanziamento innescati da un regime normativo più severo. Le riforme della Securities and Exchanges Commission sono state messe in atto nel maggio 2010, limitando ulteriormente la scadenza alla quale gli FCM statunitensi possono erogare prestiti. Un secondo programma di riforme, attualmente allo studio, propone l’obbligo di abbandono da parte degli FCM del regime del valore patrimoniale netto costante in favore del regime del valore patrimoniale netto variabile. Un’altra opzione è che le autorità di regolamentazione degli Stati Uniti impongano agli FCM di detenere riserve per assorbire i rischi nel caso in cui continuino ad applicare un modello operativo di valore patrimoniale netto costante. Detenere riserve potrebbe rafforzare la tenuta degli FCM, ma potrebbe anche significare che il loro modello operativo diventi antieconomico nel lungo periodo. Altri fattori di natura regolamentare suscettibili di incidere sul modello operativo degli FCM includono l’abrogazione di disposizioni che impediscano alle banche degli Stati Uniti di offrire depositi a risparmio fruttiferi su conti a vista. È probabile che tali mutamenti normativi siano esacerbati da ulteriori declassamenti di rating nell’Unione;

e)   qualità delle attività in dollari: nel suo esercizio di valutazione del rischio di liquidità, l’EBA stima che la qualità delle attività in dollari ricomprese nelle riserve di liquidità degli enti creditizi dell’Unione sia inferiore a quella delle attività in valuta nazionale; in aggiunta, ritiene che permanga un notevole rischio di evento per i mercati della provvista degli enti creditizi dell’Unione. Inoltre, nuove e inattese difficoltà con banche statunitensi potrebbero ripercuotersi sul mercato interbancario in dollari;

f)   dipendenza dai mercati valutari: in un quadro caratterizzato da tensioni, se il fabbisogno di dollari a breve termine non può essere soddisfatto liquidando attività in dollari, gli enti creditizi dell’Unione dovranno rivolgersi ai mercati valutari a pronti o ai mercati degli swap in valuta per convertire in dollari le attività liquide denominate in altre divise. Ciò accresce il numero di mercati (investitori) costretti a funzionare in un contesto di tensioni, sebbene anche la capacità di operare in più mercati possa essere considerata un fattore di attenuazione dei rischi. Dalla metà del 2011 le pressioni sui mercati all’ingrosso in dollari si sono propagate anche a quelli degli swap in valuta (facendo aumentare il costo di scambiare euro contro dollari);

g)   attriti connessi al fuso orario: questo fenomeno è stato messo in luce dalla crisi, quando i fornitori di fondi in dollari si sono mostrati riluttanti a concedere prestiti prima di comprendere adeguatamente la propria posizione di liquidità giornaliera, il che spesso accadeva a metà giornata negli Stati Uniti e alla chiusura dei mercati in Europa;

h)   tesaurizzazione: in periodi di crisi finanziarie le imprese e gli investitori internazionali cercano di tesaurizzare dollari, dato il ruolo che svolge come valuta di riserva a livello mondiale;

i)   accesso dei piccoli enti creditizi dell’Unione: i grandi enti creditizi dell’Unione attivi su scala internazionale fornirebbero parte della provvista all’ingrosso a quelli più piccoli, che hanno limitato accesso, o non ne hanno alcuno, ai mercati della raccolta in dollari; pertanto, le difficoltà dei grandi enti creditizi dell’Unione possono propagarsi al resto del settore bancario;

j)   timori relativi al rischio sovrano: i mercati operano una distinzione fra gli enti creditizi dell’Unione in base al rating e al paese di origine. I problemi del debito sovrano investono gli enti creditizi dell’Unione, soprattutto nei paesi che registrano tensioni nei mercati di tali strumenti; gli effetti di propagazione agli enti creditizi dell’Unione con significative esposizioni al debito sovrano può originare pressioni sulla provvista in generale e in particolare sulla raccolta in dollari.

Una valutazione del CERS fondata sui dati forniti dalle autorità nazionali di vigilanza rivela un significativo fabbisogno di finanziamento in dollari degli enti creditizi dell’Unione in presenza di gravi tensioni. Sulla base dei deflussi e degli afflussi relativi ai contratti in dollari è possibile calcolare un fabbisogno approssimativo del finanziamento in dollari degli enti creditizi su tre, sei e dodici mesi. La tavola espone in sintesi i risultati della valutazione.

Tavola 1

Fabbisogno di finanziamento cumulato in dollari

Importi (miliardi di EUR)

3 mesi

6 mesi

12 mesi

Fabbisogno di finanziamento cumulato

– 841

– 910

– 919

a)

con capacità di compensazione prudente

– 670

– 736

– 750

b)

con capacità di compensazione idonea

– 386

– 467

– 500

c)

con capacità di compensazione complessiva

– 182

– 263

– 304

La prima riga riporta il fabbisogno di finanziamento cumulato su tre periodi, definito come la differenza tra afflussi e deflussi in dollari. La parte più consistente del fabbisogno netto interessa le scadenze brevissime (inferiori a tre mesi), riflettendo la natura di breve periodo della provvista in dollari.

Le altre tre righe indicano l’entità del fabbisogno tenendo conto della capacità di compensazione degli enti creditizi dell’Unione, in base alle tre misure seguenti:

a)

la capacità di compensazione prudente comprende solo il contante e i depositi presso le banche centrali (eccedenti gli obblighi di riserva), nonché i crediti sovrani non impegnati a ponderazione nulla stanziabili come garanzie presso le banche centrali. Pertanto, questa misura fa riferimento sul piano teorico alle attività più liquide disponibili per far fronte ai deflussi in un contesto di tensioni;

b)

la capacità di compensazione idonea include le attività che sarebbero stanziabili come garanzie presso le banche centrali;

c)

la capacità di compensazione complessiva raggruppa tutte le attività incluse nella capacità di compensazione; potrebbe dare un’indicazione adeguata della capacità di far fronte ai deflussi in condizioni normali, ma le cui componenti sono meno liquide in periodi di tensioni finanziarie.

A fini di raffronto con le cifre esposte, l’importo totale del ricorso alle linee di swap in dollari fra le banche centrali in vigore nel 2008 è stato pari a circa 550 miliardi di USD. Esistono inoltre differenze tra i sistemi bancari nazionali: con questo metodo e questi dati la carenza di dollari risulta relativamente esigua in alcuni paesi e più ampia in altri. Come illustrato in precedenza si tratta di una misura approssimativa, che rappresenta una fra le possibili metodologie di calcolo.

II.2.   Impatto di medio periodo sull’economia reale

La struttura del finanziamento in dollari implicherebbe l’esistenza di una serie di canali tramite i quali uno shock sulla provvista in dollari potrebbe avere ripercussioni sull’economia reale attraverso gli enti creditizi dell’Unione nel medio periodo. Nel complesso, la valutazione del CERS fa ritenere che questo fattore rivesta potenzialmente notevole importanza; tuttavia, è necessario ampliare l’analisi per determinare l’entità delle ripercussioni prima che questo solo canale possa giustificare una limitazione dei disallineamenti delle scadenze in dollari.

Le principali fonti di rischio individuate sono le seguenti.

a)

il costo della provvista degli enti creditizi dell’Unione e le ripercussioni sulla loro redditività. Alcune informazioni di mercato raccolte dal CERS indicano che gli enti creditizi dell’Unione hanno tendenzialmente fatto ricorso ai dollari, in genere meno onerosi da reperire e scambiare all’occorrenza nella valuta desiderata, anziché finanziarsi direttamente nella valuta richiesta. Allo stato attuale qualsiasi impatto sulla redditività potrebbe ostacolare la capacità degli enti creditizi dell’Unione di erogare credito a società e famiglie europee e/o rendere difficile la loro transizione allo schema di regolamentazione di Basilea 3 (2) (di seguito «Basilea 3»). Alcune analisi molto preliminari del CERS suggeriscono che l’eventuale costo, forse di entità non rilevante, potrebbe essere rappresentato dall’onere di estendere la scadenza del finanziamento oppure da quello di reperire direttamente euro o sterline britanniche, invece di ricorrere ai dollari da scambiare in tali valute. Nondimeno, questa analisi è necessariamente assai parziale tenuto conto della qualità e della copertura dei dati forniti al CERS; pertanto, occorrerebbe svolgere uno studio più approfondito prima di trarre conclusione definitive;

b)

la disponibilità della provvista degli enti creditizi dell’Unione. Le informazioni delle autorità di vigilanza indicano che fino a poco tempo fa molti grandi enti creditizi dell’Unione hanno fatto affidamento su mercati della raccolta in dollari ampi e spessi per finanziare le operazioni in dollari delle società europee (ad esempio, imprese attive nei settori aerospaziale, dei trasporti marittimi, delle materie prime e della finanza commerciale). Vi sono timori che ogni tentativo di limitare l’accesso alla raccolta in dollari possa comprimere la capacità degli enti creditizi dell’Unione di finanziare tali operazioni e quindi di concedere credito alle società non finanziarie. Altri enti creditizi al di fuori dell’Unione che dispongono di un accesso più naturale ai dollari potrebbero mostrarsi in grado di intraprendere tali attività. A sua volta, ciò potrebbe innescare il rischio che in presenza di una crisi si ritirino rapidamente in favore del paese di origine (home bias);

c)

l’impatto di una riduzione su ampia scala della leva finanziaria, ove gli enti creditizi dell’Unione cerchino di cedere attività in dollari per rimborsare la provvista nella valuta statunitense. Ciò potrebbe incidere sulla disponibilità di finanziamento all’economia reale, ma anche sulla solvibilità degli enti creditizi dell’Unione, nel caso in cui ingenti vendite deprimano i corsi delle attività attraverso il meccanismo di valutazione ai prezzi di mercato. A titolo di esempio, le informazioni di mercato suggeriscono attualmente che gli investitori si attendono un calo del prezzo delle attività in dollari, poiché svariati enti creditizi dell’Unione cercano di venderle. Di fatto, tali cessioni o deflussi possono anche risultare difficili se vari enti creditizi dell’Unione decidono di realizzarli nello stesso momento, con il rischio di ripercussioni. In aggiunta, potrebbero ricercare altri metodi per ridurre il proprio fabbisogno di finanziamento in dollari, ad esempio liquidando posizioni sui mercati dei capitali o vendendo attività liquide.

II.3.   Possibili strumenti di attenuazione dei rischi

Alla luce delle difficoltà riscontrate dopo il fallimento di Lehman Brothers, gli enti creditizi dell’Unione e le autorità di vigilanza hanno attuato misure tese a mitigare, in generale, i rischi di finanziamento e di liquidità. Gli enti creditizi dell’Unione si sono adoperati per migliorare le proprie strutture di finanziamento negli ultimi due anni e le banche centrali nazionali hanno erogato liquidità in dollari per allentare le tensioni sui mercati della provvista nella valuta statunitense. Tra i principali strumenti di attenuazione dei rischi derivanti dal finanziamento in dollari a breve termine si annoverano i seguenti:

a)   incremento della liquidità in dollari: le riserve di liquidità degli enti creditizi dell’Unione presso la Federal Reserve sarebbero più elevate che in precedenza, benché di recente siano diminuite in qualche misura. Vi è una certa sensazione che la liquidità in dollari sia maggiore rispetto al passato, considerato l’orientamento di politica monetaria degli Stati Uniti, anche se ciò non implica una ridistribuzione di dollari nel sistema finanziario in caso di crisi;

b)   aumento della provvista in dollari coperta da garanzie: al prosciugarsi del finanziamento a breve termine privo di garanzie alcuni enti creditizi dell’Unione hanno reagito con un maggiore ricorso al finanziamento in dollari coperto da garanzie (pronti contro termine) e agli swap euro/dollaro. Nondimeno, la capacità dei pronti contro termine è limitata dall’ammontare delle attività liquide a breve termine di elevata qualità che possono essere stanziate a garanzia;

c)   riduzione della leva finanziaria tramite la cessione di attività in dollari: diversi enti creditizi dell’Unione hanno accelerato tale processo dopo che i timori relativi ai titoli del debito sovrano da essi detenuti hanno reso gli FCM statunitensi riluttanti a concedere loro prestiti. Il principale canale di riduzione della leva finanziaria è rappresentato dalla vendita di attività in dollari preesistenti (legacy assets). Ma come rilevato in precedenza, ciò potrebbe avere conseguenze non intenzionali qualora innescasse un’ondata di vendite di attività in dollari e limitasse la capacità degli enti creditizi dell’Unione di erogare prestiti all’economia reale;

d)   sostegno alla liquidità da parte delle banche centrali: a giugno la Federal Reserve, la BCE, la Bank of England, la Banca nazionale svizzera e la Bank of Canada hanno annunciato l’estensione fino ad agosto 2012 degli accordi temporanei di swap in dollari. Il 15 settembre 2011 hanno inoltre annunciato la conduzione di tre operazioni di immissione di liquidità in dollari con scadenza a circa tre mesi che coprono la fine dell’anno. Queste misure hanno contribuito ad allentare le tensioni nei mercati della raccolta in dollari e a soddisfare il fabbisogno di finanziamento in dollari degli enti creditizi dell’Unione. Le linee di swap in valuta fra banche centrali sembrano rassicurare gli operatori economici, anche se non vengono utilizzate, sostenendo quindi il funzionamento di tali mercati. Nondimeno, vi è il rischio di azzardo morale che gli enti creditizi dell’Unione si astengano dall’adottare una struttura di finanziamento più solida; tuttavia, i tassi applicati a tali strumenti dovrebbero in parte mitigare questo rischio;

e)   infrastrutture dei mercati degli swap in valuta: gli operatori economici hanno menzionato le infrastrutture esistenti che agevolano il regolare funzionamento dei mercati degli swap in valuta, ad esempio il sistema Continuous Linked Settlement e le pratiche che prevedono l’allineamento delle scadenze degli swap con il fabbisogno di fondi;

alcuni di questi strumenti di attenuazione dei rischi hanno già contribuito in certa misura a migliorare la provvista e la posizione di liquidità in dollari degli enti creditizi dell’Unione nel breve periodo, aiutandoli a superare le recenti forti tensioni nei mercati della raccolta in dollari. Tuttavia, oltre a tali strumenti occorrerà probabilmente adottare un approccio più strutturale a medio termine per prevenire il riemergere delle tensioni sui mercati della provvista in dollari osservate nel 2008 e nel 2011;

f)   piani di finanziamento di emergenza: tra gli strumenti predisposti per mitigare i rischi connessi alla provvista in dollari nel medio periodo vi sono i piani di finanziamento di emergenza. Come parte dell’esercizio di raccolta dei dati, il CERS ha reperito presso le autorità nazionali di vigilanza informazioni sulle misure di gestione per fronteggiare gli shock sulla raccolta in dollari previste nei piani di finanziamento di emergenza degli enti creditizi dell’Unione. Tali misure presentano analogie fra i paesi dell’Unione in cui gli enti creditizi le hanno esplicitamente prese in considerazione. Possono essere attuate separatamente o in combinazione, a seconda della natura e della gravità dello shock, e includono: riduzione (vendita o deflusso) di attività che richiedono fondi in dollari/diminuzione dei prestiti; ricorso ai mercati valutari a pronti e ai mercati degli swap in valuta al fine di utilizzare altre divise per reperire dollari; pronti contro termine o cessioni di attività liquide di riserva; ricorso al credito della banca centrale (linea di swap in dollari della BCE e sportello di sconto della Federal Reserve);

Alcuni di questi interventi danno origine a rischi specifici. In particolare, il massiccio ricorso al mercato valutario a pronti comporta, per il segnale che invia, un effetto negativo. Ridurre il fabbisogno di fondi in dollari (con cessioni o deflussi di attività) potrebbe anche risultare difficile, qualora vari enti creditizi dell’Unione decidessero di realizzarlo nello stesso momento, con il rischio di ripercussioni, come illustrato in precedenza. Le autorità di vigilanza che considerano la provvista in dollari importante per il rispettivo settore bancario hanno riferito che la maggioranza degli enti creditizi dell’Unione aveva accesso alla liquidità della Federal Reserve. Le autorità di vigilanza di alcuni paesi hanno però segnalato che i piani degli enti creditizi non contemplavano esplicitamente misure per fronteggiare shock sulla raccolta in dollari. Questa è una grave carenza date le attuali condizioni nei mercati, specie nel caso degli istituti che ricorrono in misura rilevante alla provvista in dollari a breve termine.

Tra gli aspetti significativi, il CERS ha osservato nel complesso che le notevoli lacune di dati riscontrate a livello di Unione rappresentano un fattore di rischio fondamentale. Tali lacune hanno limitato la capacità del CERS di analizzare il possibile impatto dei rischi del finanziamento in dollari e, in particolare, di comprendere il profilo delle attività denominate in dollari. Alcune delle raccomandazioni esposte nella sezione seguente sono state elaborate anche per migliorare la qualità dei dati ai fini di un’ulteriore analisi.

III.   RACCOMANDAZIONI DEL CERS

OBIETTIVI DI POLICY

Le raccomandazioni del CERS vertono sul rischio di liquidità a breve termine che si manifesta nell’Unione e sul potenziale rischio di medio periodo per la sua economia reale. Ogni raccomandazione intesa a fronteggiare tali rischi sarebbe elaborata nell’ottica di scongiurare tensioni simili a quelle osservate in passato sulla provvista in dollari degli enti creditizi dell’Unione nell’eventualità di una crisi finanziaria, anziché di risolvere i problemi attuali.

Inoltre, poiché la raccolta all’ingrosso a breve termine è utilizzata per finanziare operazioni e attività di più lungo periodo, nell’affrontare la questione della fragilità derivante dal disallineamento delle scadenze in dollari occorre prestare la dovuta attenzione ai collegamenti con altre tematiche, che vanno considerati per assicurare la coerenza delle raccomandazioni in materia:

a)   finanziamento all’ingrosso a breve termine: il ricorso alla raccolta in dollari si inscrive nella problematica più ampia del ricorso alla provvista all’ingrosso a breve termine da parte degli enti creditizi dell’Unione. Tuttavia, per le autorità preposte alla stabilità finanziaria ciò dà origine probabilmente a rischi maggiori rispetto al finanziamento a breve termine in generale, per le ragioni descritte nella sezione II.1;

b)   diversificazione delle fonti di finanziamento: anche al fine di accrescere la tenuta dei mercati della provvista degli enti creditizi dell’Unione, questi ultimi sono invitati a diversificare le fonti di finanziamento, ossia in pratica a ricercare investitori fra svariate aree geografiche e valute. Qualsiasi intervento volto a limitare i disallineamenti delle scadenze in dollari deve essere coerente con le politiche adottate in questo ambito;

c)   struttura bancaria internazionale/prestatore di ultima istanza a livello mondiale: uno dei fattori che motiverebbero l’eventuale imposizione di limiti ai disallineamenti delle scadenze in dollari, o più in generale in divisa estera, deriva dal riconoscimento che attualmente le banche centrali forniscono in genere un’assicurazione di liquidità solo nella valuta nazionale, ovvero non esiste una funzione di «prestatore di ultima istanza a livello mondiale». Le linee di swap in dollari delle banche centrali predisposte dalla Federal Reserve potrebbero essere di natura temporanea, oppure potrebbe non essere possibile farvi ricorso su base permanente. In assenza di un prestatore di ultima istanza, contenere l’esposizione degli enti creditizi dell’Unione ai rischi di liquidità in dollari o più in generale in valuta estera è una misura suscettibile di apportare benefici, anche se, come sostengono alcuni, invertirebbe la tendenza verso una struttura bancaria più internazionale;

d)   informativa: le informazioni fornite dagli enti creditizi dell’Unione sulla liquidità e sul finanziamento sono solitamente molto limitate rispetto a quelle sul patrimonio e su altri indicatori di bilancio. Gli argomenti favorevoli e contrari all’informativa riemergono di frequente in vari altri consessi internazionali e non sono stati trattati in dettaglio dal CERS. Quest’ultimo è dell’avviso che, al fine di promuovere la disciplina di mercato, ogni dibattito circa i meriti dell’informativa sulle misure della tenuta del finanziamento e della liquidità debba considerare anche la pubblicazione di indicatori del ricorso alla provvista a breve termine in dollari e in altre valute e dei relativi disallineamenti delle scadenze.

III.1.   Raccomandazione A — Monitoraggio del finanziamento e della liquidità in dollari statunitensi

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di:

1)

tenere sotto attenta osservazione i rischi di finanziamento e di liquidità assunti dagli enti creditizi, nell’ambito del monitoraggio relativo alle posizioni complessive di finanziamento e di liquidità degli enti creditizi. In particolare, è opportuno che le autorità nazionali di vigilanza tengano sotto osservazione:

a)

i disallineamenti delle scadenze in dollari statunitensi;

b)

le concentrazioni della raccolta per tipologia di controparti, con particolare attenzione rispetto alle controparti in operazioni a breve termine;

c)

l’utilizzo degli swap in dollari statunitensi (inclusi gli swap su tassi di interesse in più valute);

d)

le esposizioni intragruppo;

2)

prima che le esposizioni ai rischi di finanziamento e di liquidità in dollari statunitensi raggiungano livelli eccessivi, considerare di:

a)

incoraggiare gli enti creditizi ad adottare le misure idonee a gestire adeguatamente i rischi derivanti dai disallineamenti delle scadenze in dollari statunitensi;

b)

limitare le esposizioni, evitando una dissoluzione disordinata delle strutture di finanziamento esistenti.

III.1.1.   Considerazioni economiche

Una misurazione e un monitoraggio più attenti aiuterebbero le autorità competenti a comprendere meglio l’evoluzione dei rischi del finanziamento in dollari, nonché a esortare gli enti creditizi a prendere le misure ex ante necessarie per correggere le distorsioni nella gestione dei rischi e per contenere le esposizioni eccessive. Sotto il profilo macroprudenziale è importante che ciò sia realizzato a livello di settore bancario, nonché a livello di singola impresa.

Il minore costo della raccolta a breve termine, rispetto a quella a lungo termine, potrebbe originare azzardo morale, come ad esempio il caso delle imprese che non valutano adeguatamente il costo di assicurazione contro il rischio di turbative nei mercati degli swap in valuta. Se in condizioni di mercato avverse gli enti creditizi si attendono l’intervento pubblico, potrebbero ricorrere eccessivamente alla provvista in dollari a breve termine. La finalità della raccomandazione è far sì che le autorità competenti colgano l’esposizione del proprio settore bancario a tale rischio e comprendano meglio il livello di assicurazione fornito e il potenziale problema dell’azzardo morale. In aggiunta, la raccomandazione è intesa ad accrescere la consapevolezza degli enti creditizi riguardo ai timori delle autorità competenti, per influenzarne senza indugio il comportamento.

III.1.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I vantaggi che derivano da questa raccomandazione sono i seguenti:

a)

un monitoraggio attento è uno dei presupposti necessari a individuare l’accumularsi di esposizioni eccessive ai rischi connessi al finanziamento in dollari e adottare misure preventive per far fronte a potenziali rischi sistemici;

b)

la raccomandazione potrebbe ridimensionare il problema dell’azzardo morale degli enti creditizi che ricorrono alla provvista in dollari, sensibilizzando le imprese sul fatto che le autorità nazionali di vigilanza tengono sotto osservazione questo aspetto.

Nondimeno, vi sono anche i seguenti svantaggi:

a)

tenere sotto osservazione le fonti di finanziamento in dollari per categorie di controparti potrebbe non essere realizzabile, ad esempio nel caso in cui vengano emessi titoli tramite un intermediario;

b)

le autorità competenti devono sopportare costi di conformità per il miglioramento dei processi di vigilanza.

III.1.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

III.1.3.1.   Tempistica

Si richiede alle autorità nazionali di vigilanza di comunicare al CERS entro il 30 giugno 2012 le azioni intraprese per l’attuazione di questa raccomandazione.

III.1.3.2.   Criteri di conformità

Si definiscono i seguenti criteri di conformità:

a)

tenere sotto osservazione le condizioni di finanziamento e di liquidità del settore bancario, inclusi come minimo: I) fonti e usi del finanziamento in dollari; II) disallineamenti delle scadenze fra attività e passività in dollari rispetto ai disallineamenti delle scadenze fra attività e passività in valuta nazionale, per le fasce temporali più pertinenti (3), (4); III) provvista in dollari raccolta presso ciascuna categoria significativa di controparti (in tale contesto le autorità nazionali di vigilanza dovrebbero esprimersi sulla realizzabilità del monitoraggio regolare su questi tipi di concentrazioni delle controparti); IV) ricorso ai mercati degli swap in dollari; V) esposizioni intragruppo;

b)

limitare le esposizioni, ove sussista la probabilità che i rischi di liquidità e di finanziamento divengano eccessivi.

III.1.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità, contemplando:

a)

i processi adottati per tenere sotto osservazione i rischi di finanziamento e di liquidità in dollari;

b)

gli indicatori definiti nei criteri di conformità;

c)

ove pertinente, i limiti imposti alle esposizioni ai rischi di finanziamento e di liquidità.

III.2.   Raccomandazione B — Piani di finanziamento di emergenza

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di:

1)

far sì che gli enti creditizi prevedano, nei propri piani di finanziamento di emergenza, misure per gestire uno shock sul finanziamento in dollari statunitensi e che gli stessi abbiano preso in considerazione la realizzabilità delle suddette misure nel caso in cui più enti creditizi provino a farvi ricorso contemporaneamente. È opportuno che i piani di finanziamento di emergenza prendano in considerazione almeno le fonti di finanziamento di emergenza disponibili nell’eventualità di una riduzione dell’offerta da parte di diverse categorie di controparti;

2)

valutare la realizzabilità di tali misure di gestione nei piani di finanziamento di emergenza a livello del settore bancario. Qualora si ritenga probabile che l’adozione simultanea di misure da parte degli enti creditizi dia luogo a potenziali rischi sistemici, si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di considerare interventi volti all’attenuazione di tali rischi e dell’impatto delle suddette misure sulla stabilità del settore bancario dell’Unione.

III.2.1.   Considerazioni economiche

Gi enti creditizi devono comprendere i rischi specificamente connessi alla raccolta in dollari e prepararsi ad affrontare eventuali turbative o condizioni avverse. Nel breve periodo la raccomandazione dovrebbe far sì che gli enti creditizi con ingenti finanziamenti in dollari adottino dispositivi di emergenza minimi tesi a scongiurare l’acuirsi di problemi di provvista in situazioni estreme.

Se i piani di finanziamento di emergenza dessero luogo a reazioni identiche o analoghe da parte degli enti creditizi a shock sui mercati della raccolta in dollari, potrebbero creare nuovi problemi sistemici a seguito di perturbazioni del mercato. Se, ad esempio, molti enti creditizi intendessero vendere una particolare tipologia di attività liquide o attingere a uno specifico canale di provvista in un periodo di tensioni nei mercati della raccolta in dollari, la realizzabilità di tali forme di finanziamento di emergenza potrebbe essere messa a rischio.

III.2.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I vantaggi che derivano da questa raccomandazione sono i seguenti:

a)

adottando piani di finanziamento di emergenza per la provvista in dollari, gli enti creditizi avvertirebbero meno la necessità di rispondere con reazioni disordinate alle turbative nei mercati della raccolta in dollari;

b)

tali piani aiuterebbero inoltre gli enti creditizi a comprendere e internalizzare i costi della crisi o di altre eventuali perturbazioni sulla provvista in dollari nelle loro decisioni di finanziamento;

tuttavia, vi sono anche i seguenti svantaggi;

c)

se i piani di finanziamento di emergenza innescassero reazioni analoghe da parte di molti enti creditizi con difficoltà generalizzate di provvista in dollari, potrebbero aggravare i rischi sistemici a causa della concentrazione delle soluzioni di finanziamento di emergenza;

d)

vi è incertezza sul fatto che nella pratica esistano misure di emergenza, a prescindere da alcuni interventi delle autorità pubbliche, che possano preservare la loro efficacia soprattutto in presenza di una diffusa crisi di fiducia nei mercati della raccolta in dollari.

III.2.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

III.2.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS entro il 30 giugno 2012 le azioni intraprese per l’attuazione di questa raccomandazione.

III.2.3.2.   Criteri di conformità

Si definiscono i seguenti criteri di conformità:

a)

elaborazione di piani di finanziamento di emergenza per la raccolta in dollari da parte degli enti creditizi le cui rispettive autorità nazionali di vigilanza considerano il dollaro una valuta di provvista rilevante;

b)

valutazione prudenziale dei piani al fine di determinare la probabilità che a fronte di una crisi venga innescato un gran numero di reazioni analoghe con la possibile conseguenza di aggravare ulteriormente la situazione;

c)

riduzione della probabilità di esacerbare i rischi sistemici a causa di analogie nei piani di emergenza per il finanziamento in dollari degli enti creditizi pertinenti.

III.2.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità, contemplando:

a)

le misure prudenziali adottate per far sì che gli enti creditizi pertinenti predispongano piani di emergenza per il finanziamento in dollari;

b)

gli eventuali problemi sistemici osservati nella valutazione dei piani e le misure prudenziali adottate per farvi fronte.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELLE MISURE DI POLITICA

Le raccomandazioni sono intese a scongiurare che in futuro riemergano tensioni sul finanziamento in dollari degli enti creditizi dell’Unione di intensità comparabile a quelle osservate nelle crisi del 2008 e del 2011.

Un importante beneficio apportato dalle raccomandazioni consiste nel fatto che aiuteranno le autorità nazionali di vigilanza e l’EBA a individuare meglio l’accumularsi di rischi eccessivi di finanziamento in dollari e a poter adottare misure preventive per far fronte a potenziali rischi sistemici.

Le raccomandazioni sono concepite per ridurre l’azzardo morale relativo agli enti creditizi dell’Unione assicurando che questi ultimi valutino adeguatamente e internalizzino il costo di assicurarsi contro il rischio di tensioni sulla provvista. Se in condizioni di mercato avverse gli enti creditizi dell’Unione si attendono l’intervento pubblico, tale attesa potrebbe contribuire a un eccessivo ricorso alla provvista in dollari a breve termine. Migliorare le politiche di monitoraggio e di vigilanza aiuterà le autorità competenti a comprendere meglio l’esposizione del settore bancario ai rischi di finanziamento e di liquidità in dollari e il potenziale problema dell’azzardo morale.

L’attuazione di piani di finanziamento di emergenza favorirà l’internalizzazione dei rischi del finanziamento in dollari assunti dagli enti creditizi dell’Unione e la loro maggiore tenuta alle tensioni nei mercati della provvista in dollari, limitando la necessità di reazioni disordinate alle turbative in tali mercati. Sotto il profilo macroprudenziale è importante che le raccomandazioni siano finalizzate a mitigare i rischi sistemici riconducibili a interventi simultanei degli enti creditizi dell’Unione in caso di tensioni nei mercati, evitando quindi una dissoluzione disordinata delle strutture di finanziamento.

Per quanto concerne l’insieme delle raccomandazioni, i benefici attesi dalla loro attuazione superano i costi connessi. Gli oneri maggiori riguardano i costi di conformità sopportati dalle autorità nazionali di vigilanza in relazione all’ampliamento del monitoraggio e dei requisiti di segnalazione, nonché gli obblighi di vigilanza più rigorosi che gli enti creditizi dell’Unione devono soddisfare.


(1)  La capacità di compensazione è il volume di fondi che una banca può ottenere per far fronte al fabbisogno di liquidità. La riserva di liquidità è definita solitamente come segmento a breve della capacità di compensazione in uno scenario di «stress test». Deve essere interamente disponibile per un breve periodo di tempo definito («periodo di sopravvivenza»).

(2)  Cfr. Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Basilea 3 — Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, dicembre 2010 (aggiornamento al giugno 2011) e Basilea 3 — Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità, dicembre 2010. Entrambi i documenti sono disponibili sul sito Internet della BRI (http://www.bis.org).

(3)  Le fasce temporali devono essere definite da ciascuna autorità nazionale.

(4)  Questo indicatore corrisponde allo strumento di monitoraggio III.1 sui disallineamenti delle scadenze contrattuali, cfr. Basilea 3 — Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità, dicembre 2010, pagg. 35-36, disponibile nel sito Internet della BRI (http://www.bis.org).

APPENDICE

RILEVAZIONE FACOLTATIVA DEI DATI SUL FINANZIAMENTO IN DOLLARI DEGLI ENTI CREDITIZI DELL’UNIONE

Nel quadro dell’esercizio di rilevazione dei dati che ha coinvolto le autorità nazionali di vigilanza, il CERS ha raccolto le informazioni attraverso due schemi di segnalazione e un questionario. Il primo schema («schema A»), basato sul modello per la valutazione del rischio di liquidità predisposto dall’EBA nel 2011, comprende i dati disaggregati per scadenza afferenti i flussi di cassa in entrata e in uscita, la capacità di compensazione e i piani di finanziamento. Il secondo («schema B»), più mirato alle esigenze del CERS, include le posizioni di bilancio degli enti creditizi dell’Unione riguardanti specificamente le attività e passività denominate in dollari. Inoltre, è stato formulato un questionario per acquisire dati qualitativi e informazioni prudenziali sul ricorso alla provvista in dollari da parte degli enti creditizi dell’Unione.

La richiesta di informazioni, rivolta a tutti gli Stati membri, sollecitava ad adoperarsi con il massimo impegno per assicurare, come minimo, la copertura dei dati relativi agli enti creditizi dell’Unione con ingenti passività in dollari (almeno il 5 % del totale delle passività). L’esercizio di rilevazione ha interessato gli enti creditizi di 17 Stati membri, esclusi Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Ungheria, Polonia, Portogallo, Slovenia e Finlandia, che hanno deciso di non prendervi parte. Le informazioni potevano essere riportate a livello di singolo ente creditizio o, in alternativa, a livello nazionale in forma aggregata, purché si includessero almeno tre istituti. Per assicurarne l’anonimato, i dati riservati attinenti i singoli enti creditizi dell’Unione sono stati riuniti in aggregati comprendenti le segnalazioni di almeno tre istituti.

I dati dello schema A, che in molti casi corrispondono a quelli già acquisiti nel contesto della valutazione del rischio di liquidità condotta dall’EBA, riguardano le posizioni di fine dicembre 2010. Le informazioni dello schema B, che sono state raccolte solo nella misura necessaria all’analisi del CERS, si riferiscono, salvo alcune eccezioni, a fine giugno 2011 (cfr. tavola).

Tavola

Presentazione sintetica del campione di rilevazione dei dati per lo schema B

Stato membro

Numero di enti creditizi dell’Unione inclusi nel campione

Quota del campione sul settore bancario nazionale

Tipo di contabilità

Periodo di riferimento

BE

2

33 %

individuale

giugno 2011

DE

8

31 %

individuale

giugno 2011

DK

1

 

consolidata

dicembre 2010

ES

2

22 %

consolidata e sub-consolidata

dicembre 2010/giugno 2011

FR

3

72 %

consolidata

giugno 2011

GR

3

63 %

consolidata

marzo 2011

IT

2

50 %

consolidata

dicembre 2010

LU

76

95 %

individuale

giugno 2011

LV

14

40 %

individuale

gennaio 2011

MT

12

76 %

consolidata

giugno 2011

NL

2

58 %

consolidata

dicembre 2010/giugno 2011

SE

4

91 %

consolidata

giugno 2011

SK

31

98 %

individuale

giugno 2011

UK

3

72 %

consolidata

luglio 2011

Totale

163

48 %

Fonte: CERS ed elaborazioni degli Stati membri.

Note: le informazioni relative a Belgio, Germania, Lussemburgo, Lettonia e Slovacchia sono state rilevate su base non consolidata e non includono i dati sulle succursali e controllate statunitensi di enti creditizi dell’Unione. La quota degli enti creditizi del campione relativamente alle attività complessive consolidate del settore bancario dell’Unione è calcolata sulla base dei dati di fine 2010. Nel caso di Malta, la percentuale si riferisce all’intero settore bancario, ivi compresi gli enti creditizi di proprietà estera; per Germania, Lussemburgo e Lettonia, la quota riguarda le attività complessive non consolidate del settore delle istituzioni finanziarie monetarie residenti a giugno 2011.


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