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Document 32003D0146
2003/146/EC: Commission Decision of 22 August 2002 on the tax measures for banking foundations implemented by Italy C 54/2000/EC (ex NN 70/2000) (Text with EEA relevance) (notified under document number C(2002) 3118)
2003/146/CE: Decisione della Commissione, del 22 agosto 2002, relativa alle misure fiscali per le fondazioni bancarie cui l'Italia ha dato esecuzione C 54/B/2000 (ex NN 70/2000) (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2002) 3118]
2003/146/CE: Decisione della Commissione, del 22 agosto 2002, relativa alle misure fiscali per le fondazioni bancarie cui l'Italia ha dato esecuzione C 54/B/2000 (ex NN 70/2000) (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2002) 3118]
GU L 55 del 1.3.2003, p. 56–64
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
In force
2003/146/CE: Decisione della Commissione, del 22 agosto 2002, relativa alle misure fiscali per le fondazioni bancarie cui l'Italia ha dato esecuzione C 54/B/2000 (ex NN 70/2000) (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2002) 3118]
Gazzetta ufficiale n. L 055 del 01/03/2003 pag. 0056 - 0064
Decisione della Commissione del 22 agosto 2002 relativa alle misure fiscali per le fondazioni bancarie cui l'Italia ha dato esecuzione C 54/B/2000 (ex NN 70/2000) [notificata con il numero C(2002) 3118] (Il testo in lingua italiana è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE) (2003/146/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 88, paragrafo 2, primo comma, dopo aver invitato gli interessati, conformemente a detto articolo, a presentare osservazioni e viste le osservazioni trasmesse(1), considerando quanto segue: I. PROCEDIMENTO (1) Con lettera del 24 marzo 1999 la Commissione, dopo aver ricevuto un'interrogazione parlamentare in argomento, ha chiesto alle autorità italiane di fornirle informazioni per valutare la portata e gli effetti della legge 23 dicembre 1998, n. 461 (in prosieguo "legge 461/98"). Con lettere datate 24 giugno e 2 luglio 1999 le autorità italiane hanno fornito alla Commissione informazioni sulla legge succitata e sul conseguente decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (in prosieguo "decreto 153/99"). Dopo aver esaminato le informazioni ricevute, la Commissione, con lettera del 23 marzo 2000, ha avvisato le autorità italiane che la legge e il decreto succitati potevano contenere elementi di aiuto e le ha invitate a non dare esecuzione alle misure di cui trattasi. Con lettera del 12 aprile 2000 le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione di aver sospeso l'applicazione delle misure. Ulteriori informazioni sono state fornite alla Commissione con lettera del 14 giugno 2000. (2) Con lettera del 25 ottobre 2000 la Commissione ha informato il governo italiano della propria decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE nei confronti dell'aiuto in questione. (3) La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee(2). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare eventuali osservazioni sulle misure di cui trattasi. (4) La Commissione ha ricevuto osservazioni dagli interessati, che il 18 giugno 2001 ha trasmesso alle autorità italiane fornendo loro l'occasione di replicare. Le osservazioni delle autorità italiane sono pervenute con lettera del 25 luglio 2001. II. DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL'AIUTO (5) La legge 461/98 e il decreto 153/99 introducono le seguenti agevolazioni fiscali a beneficio delle fondazioni bancarie: 1) Le fondazioni che adeguano gli statuti alle disposizioni del decreto si considerano enti non commerciali (articolo 12, comma 1, del decreto 153/99). Dette fondazioni beneficiano quindi della riduzione del 50 % dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche prevista dall'articolo 6 del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 per gli enti che operano nei settori dell'assistenza sociale, della sanità, dell'istruzione o assimilati (articolo 12, comma 2, del decreto 153/99). 2) Le plusvalenze derivanti dal trasferimento di partecipazioni in società bancarie non concorrono alla formazione dell'imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) o dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), se il trasferimento è effettuato dalle fondazioni o dalle società alle quali le fondazioni hanno conferito le loro partecipazioni ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218. Questa misura si applica se il trasferimento avviene entro il quarto anno dalla data di entrata in vigore del decreto (articolo 13 del decreto 153/99). 3) Neutralità fiscale delle operazioni con le quali beni e partecipazioni non strumentali all'attività bancaria, conferiti a banche o altre società ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218 sono retrocessi all'ente conferente. Applicazione in misura fissa di determinate imposte indirette (articolo 16, commi 4, 5 e 6 ed articolo 17 del decreto 153/99). 4) Neutralità fiscale delle operazioni con le quali le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia conferite a banche o altre società ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218 sono retrocesse all'ente conferente (articolo 27, comma 2, del decreto 153/99). (6) La legge 461/98 e il decreto 153/99 introducono agevolazioni fiscali anche per le operazioni di fusione e ristrutturazione di banche. Le misure di cui sono beneficiarie le banche sono oggetto della decisione della Commissione dell'11 dicembre 2001 relativa al caso C 54/A/2000/CE. (7) Le banche italiane di proprietà dello Stato che non avevano la forma di società per azioni sono state gradualmente trasformate - obbligatoriamente nel 1993 - in società per azioni. Le loro azioni sono state o collocate sul mercato, o assegnate ad enti senza scopo di lucro, denominati "fondazioni bancarie". Le misure di cui al considerando 5, punto 2, definiscono le condizioni alle quali le fondazioni possono trasferire, entro un periodo di quattro anni, le partecipazioni da esse ancora detenute in società bancarie. Le fondazioni sono tenute a rinunciare, alla fine, al controllo delle banche commerciali. (8) La legge 30 luglio 1990, n. 218 ha definito un apposito regime tributario per le operazioni con le quali le fondazioni bancarie che detenevano la proprietà o il controllo delle società bancarie nuovamente costituite conferivano determinati cespiti alle banche. Le misure di cui al considerando 5, punti 3 e 4, hanno per oggetto i medesimi cespiti e definiscono le condizioni alle quali essi possono essere retrocessi alle fondazioni bancarie. (9) La Commissione ha ritenuto che le agevolazioni fiscali conferite dalla legge 461/98 e dal decreto 153/99 alle fondazioni bancarie potessero costituire aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87 del trattato per i seguenti motivi: - la legge 461/98 e il decreto 153/99 stabiliscono agevolazioni fiscali esclusivamente a favore delle fondazioni bancarie. Si tratta di una misura selettiva che conferisce un vantaggio economico attraverso la rinuncia ad entrate fiscali, ossia mediante risorse statali, - benché le fondazioni bancarie siano enti senza scopo di lucro, vincolati a scopi sociali indicati dalla legge, che non possono trasferire i vantaggi fiscali ai loro soci o ad altri soggetti, esse possono comunque configurarsi come soggetti economici che esercitano un'attività in settori commerciali ed è quindi possibile che rientrino nel campo d'applicazione dell'articolo 87 del trattato, - poiché possono continuare a detenere partecipazioni in banche o diventare azioniste di altre imprese, le fondazioni operano nel mercato della proprietà e del controllo di imprese. L'aiuto potrebbe quindi provocare distorsioni su tale mercato. Inoltre, non si può escludere che le agevolazioni fiscali si traducano in un vantaggio per le banche e le imprese nelle quali le fondazioni detengono una partecipazione. Ciò costituirebbe un aiuto di Stato destinato alle imprese in questione, in particolare quando le fondazioni di cui trattasi sono soggette all'influenza delle autorità pubbliche, provocando quindi distorsioni sui mercati nei quali esse operano, - le autorità italiane affermano che le agevolazioni fiscali sono subordinate alla decisione delle fondazioni di cedere il controllo della società bancaria che detengono. Questa misura è atta ad agevolare il processo di privatizzazione, che è nell'interesse generale. Tuttavia si può sostenere, come ha fatto l'autorità competente italiana, ossia, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la definizione di controllo contenuta nell'articolo 6 del decreto 153/99 è troppo restrittiva e consentirà alle fondazioni di conservare il controllo di fatto delle rispettive società bancarie. Una definizione più ampia di "controllo", quale quella contenuta nella legge bancaria, sarebbe maggiormente in linea con l'interesse generale. Per questi motivi, la Commissione ha avviato il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE. III. OSSERVAZIONI DEGLI INTERESSATI (10) La Commissione ha ricevuto una serie di osservazioni dai beneficiari delle misure, che riprendono in gran parte le argomentazioni addotte dalle autorità italiane. (11) Si osserva che se il problema è quello della distorsione del mercato del controllo delle imprese, allora dovrebbero essere rimessi discussione tutti i regimi fiscali differenziati di cui beneficiano differenti categorie di investitori, compresi altri enti senza scopo di lucro. (12) Si aggiunge che le agevolazioni fiscali sono intese a compensare l'effetto di una politica che ha imposto alle fondazioni una radicale modifica del loro statuto, il ritiro dall'attività bancaria e la vendita delle partecipazioni di controllo in società esercitanti attività commerciali. (13) Le agevolazioni fiscali concesse alle fondazioni non possono essere trasferite in alcun modo alle banche conferitarie o ad imprese commerciali, ma hanno unicamente l'effetto di accrescere le risorse che le fondazioni possono destinare al perseguimento dei loro scopi sociali. Di conseguenza, i vantaggi in questione non falsano la concorrenza. (14) Per quanto riguarda l'aliquota ridotta dell'IRPEG, si tratta di un'agevolazione fiscale di natura simile a quelle di cui le associazioni e fondazioni beneficiano assai comunemente negli Stati membri. (15) Nella contestata ipotesi che le misure costituissero un aiuto, si tratterebbe di un aiuto compatibile ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera d). Dai dati sull'attività delle fondazioni nel 1998, risulta che il 56 % di tale attività è rivolta alla valorizzazione e alla conservazione dei beni culturali ed ambientali. Si tratta, in effetti, di uno dei pochi settori in cui le fondazioni hanno il diritto e l'obbligo di operare. (16) Si rileva inoltre che la Commissione non ha contestato la legge 30 luglio 1990, n. 218, che stabiliva agevolazioni analoghe. La Commissione era consapevole del contenuto della legge 218/90, avendo dovuto prenderla in considerazione - sia pure indirettamente - nei casi di aiuti a Banco di Napoli, Banco di Sicilia e Sicilcassa(3). Se le misure contenute nel decreto 159/99 dovessero essere considerate aiuti incompatibili, sarebbe violato il principio della parità di trattamento. La Corte di giustizia ha statuito che: "perché si possa far carico alla Commissione di aver commesso una discriminazione occorre che essa abbia trattato in modo diverso situazioni comparabili, causando con ciò un pregiudizio a taluni operatori rispetto ad altri, senza che questo diverso trattamento sia giustificato dall'esistenza di differenze obiettive di un certo rilievo"(4). Ciò si verificherebbe se il decreto 159/99 fosse valutato in modo diverso dalla legge 218/90. (17) Inoltre, il fatto che la Commissione non abbia dichiarato incompatibile la legge 218/90 ha creato un legittimo affidamento dei beneficiari per cui, anche se l'aiuto fosse giudicato incompatibile, dovrebbe esserne escluso il recupero. IV. OSSERVAZIONI DELL'ITALIA (18) Nella sua risposta all'avvio del procedimento, il governo italiano ha replicato che le fondazioni bancarie non possono essere considerate "imprese" ai fini delle regole di concorrenza. Il decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 ("decreto 356/90") ha stabilito precisi limiti all'attività delle fondazioni, che devono agire nell'interesse pubblico, perseguire scopi di utilità sociale e operare solo in settori ben precisati. Il decreto 356/90 imponeva inoltre alle fondazioni di gestire le loro partecipazioni nelle banche come un investimento puramente finanziario. La Corte di giustizia ha statuito che la mera acquisizione e detenzione di titoli societari non deve essere considerata come un'attività economica(5). (19) Il decreto 153/99 conferma questo orientamento. L'articolo 1, lettera d), indica i settori ("settori rilevanti") nei quali le fondazioni possono operare: i settori della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte, della conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali e dei beni ambientali, della sanità e dell'assistenza alle categorie sociali deboli. L'articolo 6, comma 1, specifica che le fondazioni possono controllare o gestire direttamente solo imprese che operano nei settori rilevanti ("imprese strumentali"). L'articolo 3, comma 2, vieta alle fondazioni di finanziare, direttamente o indirettamente, enti con fini di lucro o imprese di qualsiasi natura, con eccezione delle imprese strumentali. Le imprese strumentali devono avere un campo d'attività e uno scopo sociale coerenti con quelli della fondazione e non possono seguire una politica puramente "commerciale". (20) Di fatto, le fondazioni possono solo finanziare o perseguire attività di utilità sociale; esse sono tenute a devolvere a tali attività non meno del 50 % del loro reddito annuo. Le autorità italiane si richiamano alla sentenza della Corte nella causa Poucet e Pistre in cui si afferma che: "Le casse malattia e gli enti che concorrono alla gestione del pubblico servizio della previdenza sociale svolgono una funzione di carattere esclusivamente sociale. Tale attività si fonda infatti sul principio della solidarietà nazionale e non ha alcuno scopo di lucro. Le prestazioni corrisposte sono prestazioni stabilite dalla legge e indipendenti dall'importo dei contributi. Ne consegue che detta attività non è un'attività economica e che, quindi, gli enti incaricati di svolgerla non costituiscono imprese ai sensi degli articoli 85 e 86 del Trattato"(6). Secondo le autorità italiane, considerazioni analoghe dovrebbero valere per le fondazioni. (21) Le fondazioni non possono essere considerate imprese per il fatto di detenere partecipazioni in banche. Il decreto 153/99 obbliga le fondazioni a rinunciare al controllo entro un periodo di quattro anni. La nozione di controllo è più ampia di quella definita nel codice civile in quanto contempla anche il controllo esercitato attraverso accordi stipulati con altri soci. È anche più ampia di quella utilizzata nella direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche(7). Inoltre, il decreto 153/99 stabilisce che l'incarico di amministratore della fondazione è incompatibile con l'incarico di amministratore della banca conferitaria. (22) Come le fondazioni, neppure le "imprese strumentali" possono essere considerate imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, in quanto devono operare esclusivamente nei settori rilevanti e per la diretta realizzazione degli scopi statutari perseguiti dalla fondazione. (23) La misura di cui al considerando 5, punto 1, non rappresenta una deroga alla normativa fiscale generale, ma conferma semplicemente l'applicazione alle fondazioni di una disposizione generale del diritto tributario italiano. Il decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 concede una riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche a tutti gli enti che operano nei settori dell'assistenza sociale, della sanità, dell'istruzione o assimilati. (24) Dal canto loro le misure di cui al considerando 5, punto 2, non conferiscono alle fondazioni un vantaggio, ma si limitano ad impedire che esse vengano ulteriormente penalizzate dalla vendita forzata delle azioni in loro possesso. Infatti, le eventuali plusvalenze non deriverebbero da una normale transazione decisa dall'operatore, ma da un evento prescritto dalla legge: l'applicazione delle normali regole fiscali non sarebbe giustificata. (25) Le misure di cui al considerando 5, punti 3 e 4, riguardano beni e partecipazioni in attività strumentali trasferiti alle banche ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218. Al momento della trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni detenute da fondazioni bancarie, gli operatori hanno trasferito tali cespiti alle banche anziché alle fondazioni al fine di evitare la tassazione sulla rivalutazione delle attività. Nel caso delle partecipazioni al capitale della Banca d'Italia, l'opzione di trasferirle alle fondazioni non era neppure praticabile. A norma della legge 7 marzo 1938, n. 141, le fondazioni di nuova costituzione non facevano parte degli enti ammessi ad essere azionisti della Banca d'Italia. Il decreto 153/99 ha modificato tali norme ed ha consentito alle fondazioni di detenere azioni della Banca d'Italia. (26) Secondo le autorità italiane le misure di cui al considerando 5, punti 3 e 4, non comportano l'uso di risorse pubbliche. L'agevolazione fiscale non è automatica, bensì subordinata al compimento di operazioni specifiche. Se fossero state gravate da un onere fiscale, tali operazioni non sarebbero probabilmente state compiute. (27) Si sostiene anche che le misure di cui al considerando 5, punti 3 e 4, introducono una deroga alle normali regole soltanto in determinate circostanze. Le scissioni già beneficiavano della neutralità ai fini fiscali nel caso di tutte le imprese di tutti i settori, mentre alcune imposte indirette erano già calcolate in misura fissa in una serie di circostanze. (28) Inoltre, le misure in questione non conferiscono necessariamente un vantaggio economico. Esse consentono il trasferimento dei cespiti in questione alle fondazioni in condizioni di neutralità fiscale, il che significa che eventuali minusvalenze non danno diritto ad un credito d'imposta. Inoltre, le neutralità fiscale non è un'esenzione fiscale: l'onere fiscale è trasferito al nuovo proprietario dei cespiti che - nelle fattispecie previste dal diritto tributario - dovrà assolvere l'imposta sulla totalità delle plusvalenze realizzate. (29) In ogni caso, anche se le misure conducessero all'esenzione da un'imposta che avrebbe altrimenti dovuto essere assolta, la peculiarità delle operazioni di cui trattasi giustifica uno speciale trattamento fiscale. Non si tratta di normali vendite di cespiti, ma di operazioni che correggono gli effetti di precedenti trasferimenti non volontari. I cespiti in questione avrebbero dovuto rimanere nelle fondazioni, ma sono stati temporaneamente ceduti alle società conferitarie, o a causa di un obbligo giuridico (nel caso delle partecipazioni al capitale della Banca d'Italia) o per evitare il pagamento di imposte (nel caso dei beni strumentali). (30) Le misure del decreto 153/99 non falsano la concorrenza in un mercato nel quale si verificano scambi tra gli Stati membri. La cessione delle partecipazioni deve avvenire in modo non discriminatorio ed è soggetta al controllo dell'autorità di vigilanza. L'autorità valuta la congruità del prezzo di vendita al fine di preservare il patrimonio della fondazione. Di conseguenza le agevolazioni fiscali a favore delle fondazioni non alterano le condizioni di concorrenza nel mercato delle partecipazioni azionarie. (31) L'agevolazione fiscale non può andare a beneficio, direttamente o indirettamente, di enti diversi dalla fondazione stessa o dalle sue imprese strumentali. Le imprese strumentali devono perseguire gli stessi scopi sociali delle fondazioni e non operano secondo i normali criteri di mercato. Esse non possono essere considerate imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1. In ogni caso la loro attività è circoscritta all'ambito locale: il 93,8 % dei progetti finanziati dalle fondazioni sono realizzati nella regione in cui la fondazione stessa ha sede. Le fondazioni rispondono ad esigenze che sono tipicamente di natura locale e non sarebbero soddisfatte da operatori di altri Stati membri. Inoltre, nei campi della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte, della conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali e dei beni ambientali, della sanità e dell'assistenza alle categorie sociali deboli, la presenza di operatori di mercato è limitata. (32) Nella contestata ipotesi che le misure costituiscano aiuti di Stato, esse dovrebbero essere dichiarate compatibili a norma dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c). Le misure non alterano le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse e sono destinate ad agevolare un processo, ossia la riduzione della presenza dello Stato nell'economia, che in molte occasioni è stato sostenuto e incoraggiato dall'Unione europea. V. VALUTAZIONE DELLE MISURE La disciplina delle fondazioni bancarie (33) Le fondazioni bancarie sono soggette alla vigilanza di un'autorità specifica. La vigilanza sulle fondazioni ha per scopo la verifica del rispetto della legge e degli statuti, la sana e prudente gestione delle fondazioni, la redditività dei patrimoni e l'effettiva tutela dei beneficiari effettivi e potenziali. A tal fine l'autorità di vigilanza può emanare disposizioni amministrative che stabiliscono, in particolare, regole in materia di gestione del patrimonio, investimenti, destinazione dei redditi e bilanci. In caso di gravi e ripetute irregolarità nella gestione l'autorità di vigilanza può sciogliere gli organi della fondazione e nominare un commissario straordinario; in caso di impossibilità di raggiungimento dei fini statutari, essa può disporre la liquidazione della fondazione. Quando ricorrono particolari ragioni l'autorità di vigilanza può provvedere alla liquidazione coatta amministrativa della fondazione(8). Infine, all'autorità di vigilanza sono attribuiti poteri relativi alla dismissione delle partecipazioni di maggioranza. (34) Le fondazioni bancarie sono autorizzate ad operare solamente nei cosiddetti "settori ammessi". L'elenco dei settori ammessi è contenuto nell'articolo 1, comma 1, lettera c) bis, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (decreto 153/99), così come modificato dalla legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge 448/01)(9). Tali settori si suddividono in quattro grandi aree: 1) tutela e sviluppo delle persone; 2) sicurezza sociale; 3) ricerca scientifica e tecnologica, tutela ambientale; 4) arte, tutela del patrimonio culturale e promozione di attività culturali(10). Tuttavia, le fondazioni bancarie sono tenute a concentrare la loro attività nei cosiddetti "settori rilevanti". Per "settori rilevanti" si intendono i "settori ammessi" nei quali ciascuna fondazione sceglie concretamente di operare. Le fondazioni devono scegliere fino a tre settori rilevanti ogni tre anni. I settori rilevanti costituiscono l'ambito privilegiato di attività delle fondazioni bancarie, che devono destinare a tali settori almeno il 50 % del loro reddito netto annuo. (35) I "settori rilevanti" delimitano anche l'ambito nel quale le fondazioni bancarie sono autorizzate ad esercitare attività imprenditoriali e detenere partecipazioni di controllo in società commerciali. L'articolo 3, comma 1, del decreto 153/99 stabilisce che le fondazioni bancarie possono esercitare imprese solo se direttamente strumentali ai fini statutari ed esclusivamente nei settori rilevanti. L'articolo 3, comma 2, specifica che le fondazioni bancarie non possono finanziare o sovvenzionare, direttamente o indirettamente, enti o imprese di qualsiasi altra natura. (36) Le partecipazioni di controllo in altre imprese devono essere cedute o scorporate. L'articolo 6 del decreto 153/99 stabilisce che il controllo sussiste nei casi previsti dall'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile. Quindi, esso sussiste quando una fondazione: a) in base ad accordi in qualsiasi forma stipulati con altri soci, ha il diritto di nominare la maggioranza degli amministratori, ovvero dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; b) ha il potere, in base ad accordi in qualsiasi forma stipulati con altri soci, di subordinare al proprio assenso la nomina o la revoca della maggioranza degli amministratori; c) grazie a rapporti di carattere finanziario e organizzativo, è in grado di esercitare i diritti o i poteri di cui alle lettere a) e b). Inoltre la legge 448/01 ha stabilito che una società bancaria si considera controllata da una fondazione anche quando il controllo è riconducibile, direttamente o indirettamente, a più fondazioni, in qualunque modo o comunque sia esso determinato. (37) Per quanto riguarda in particolare le partecipazioni in banche, le fondazioni bancarie sono autorizzate a conservarle per un periodo di quattro anni a decorrere dall'entrata in vigore del decreto 153/99. La legge 448/01 ha ora determinato che le fondazioni bancarie possono conservare le loro partecipazioni di controllo per un ulteriore periodo di tre anni a condizione che le partecipazioni nelle società bancarie conferitarie siano affidate ad una società di gestione del risparmio (SGR) indipendente. La società di gestione del risparmio eserciterà in nome proprio tutti i diritti spettanti agli azionisti, salvo per quanto riguarda le deliberazioni delle assemblee straordinarie (ossia quelle convocate per approvare modifiche strutturali). L'autorità di vigilanza è chiamata a dettare apposite disposizioni per assicurare che la scelta della società di gestione del risparmio avvenga secondo criteri trasparenti ed equi e siano evitati conflitti di interesse. (38) Per quanto riguarda le altre partecipazioni di controllo non consentite, esse devono essere dismesse entro il termine stabilito dall'autorità di vigilanza e comunque, non oltre il termine di quattro anni dall'entrata in vigore del decreto 153/99. Qualora le fondazioni non rispettino i termini di cui sopra, l'autorità di vigilanza provvede direttamente alla dismissione delle partecipazioni di controllo, anche mediante un apposito commissario. (39) I membri degli organi sociali e i dirigenti delle fondazioni bancarie devono possedere requisiti di onorabilità e di professionalità. Questi requisiti sono stabiliti dall'autorità di vigilanza e intesi come requisiti di esperienza e di idoneità etica confacenti all'esercizio di funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo in un ente senza scopo di lucro. Le fondazioni bancarie non possono distribuire quote di utili ai membri degli organi sociali, ai dirigenti e ai dipendenti. La legge 448/01 dispone che i membri degli organi sociali e i dirigenti non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo. Il decreto 153/99, nella sua formulazione originaria, vietava semplicemente ai membri dell'organo di amministrazione di assumere funzioni di consigliere di amministrazione nella società bancaria conferitaria. (40) Il patrimonio delle fondazioni è totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari ed è gestito in modo coerente con la natura delle fondazioni quali enti senza scopo di lucro che operano secondo principi di trasparenza e moralità. Nell'amministrare il patrimonio, le fondazioni devono osservare criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore ed ottenerne una redditività adeguata. Inoltre le fondazioni bancarie sono tenute a diversificare i loro investimenti al fine di evitare i rischi derivanti dalla concentrazione degli investimenti e ad investire il loro patrimonio in modo coerente con le loro finalità istituzionali e in particolare con lo sviluppo del territorio in cui operano. (41) L'articolo 4, comma 1, lettera c) del decreto 153/99, modificato dalla legge 448/01, stabilisce che gli enti locali devono nominare la maggioranza dei membri dell'organo di indirizzo delle fondazioni. Attività economica (42) In sintesi, l'attività delle fondazioni bancarie consiste nel destinare il reddito che traggono dal loro patrimonio alla promozione di scopi di utilità sociale. Questa attività presenta quattro aspetti principali: i) la gestione e l'investimento del patrimonio; ii) l'erogazione di contributi ad enti senza scopo di lucro che operano nel campo sociale; iii) lo svolgimento di attività in campo sociale e iv) l'attività di controllo di "imprese strumentali". Gestione ed investimento del patrimonio (43) Per quanto concerne la prima attività, il decreto 153/99 specifica che il patrimonio della fondazione è totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari. Le fondazioni devono investire il proprio patrimonio perseguendo una redditività adeguata, ma osservando criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore(11). Esse non possono utilizzare il proprio patrimonio per acquisire il controllo di imprese commerciali: il decreto 153/99 ha introdotto salvaguardie specifiche al riguardo (cfr. sopra, considerando 36 e 39). La legge 448/01 ha ulteriormente rafforzato tali salvaguardie rispetto alle banche, escludendo esplicitamente l'ipotesi di un controllo in comune ed estendendo il campo del divieto del cumulo delle cariche. La legge 448/01 ha, quindi, rafforzato la separazione tra fondazioni e istituti finanziari. Così facendo, essa ha concorso a dissipare i dubbi espressi al riguardo nella decisione di avvio del procedimento. (44) La gestione del patrimonio delle fondazioni - se vi provvede la fondazione stessa(12) - non dà luogo alla prestazione di un servizio sul mercato. Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia in materia di IVA, una società holding, il cui unico scopo sia l'acquisizione di partecipazioni in altre imprese, senza interferire in modo diretto o indiretto nella gestione delle stesse, fatti salvi i diritti che la holding stessa possiede nella sua qualità di azionista, non svolge un'attività economica. Le cose stanno altrimenti se la partecipazione si accompagna ad un intervento diretto o indiretto nella gestione delle imprese nelle quali è stata acquisita una partecipazione, fatti salvi i diritti spettanti alla holding stessa in quanto azionista. Un intervento del genere nella gestione delle imprese controllate deve essere considerato come un'attività economica nella misura in cui comporta la partecipazione ad un'attività di cessione di beni o di prestazione di servizi(13). La Commissione ritiene che tali principi siano pertinenti al fine di stabilire se le fondazioni esercitino un'attività economica e possano quindi essere considerate come imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1. (45) Inoltre, la gestione del patrimonio non può essere considerata come un'attività autonoma e distinta da quella della destinazione dei suoi proventi alla promozione di azioni di utilità sociale. Gli utili derivanti dalla gestione del patrimonio non possono essere distribuiti ai membri e ai soci della fondazione e possono essere utilizzati solo per l'erogazione dei contributi. Di conseguenza la gestione interna del patrimonio non può essere qualificata come "attività economica" in sé, ma va vista nel contesto dell'attività complessiva delle fondazioni. L'erogazione di contributi ad enti senza scopo di lucro operanti per fini di utilità sociale (46) Il reddito che le fondazioni traggono dal loro patrimonio serve ad erogare contributi ad enti senza scopo di lucro che operano nei settori indicati dalla legge (cfr.considerando 34). Il decreto 153/99 vieta espressamente l'esercizio dell'attività bancaria e le fondazioni non possono ricevere alcuna forma di compensazione per i loro contributi. Usando alcune espressioni impiegate dalla Corte di giustizia nella già citata sentenza nella causa Poucet e Pistre (cfr. sopra, considerando 19), si può affermare che questo tipo di attività "svolge una funzione di carattere esclusivamente sociale", "si fonda sul principio della solidarietà" e "non ha alcuno scopo di lucro". Si può inoltre rilevare che la distribuzione di benefici da parte delle fondazioni non ha alcun rapporto gli eventuali utili che le fondazioni stesse possano ottenere: le fondazioni non operano secondo normali criteri di mercato, né esiste un mercato per questo particolare tipo di attività. (47) Di conseguenza, la Commissione considera che l'attività di gestione del proprio patrimonio e di utilizzazione del reddito che ne deriva per l'erogazione di contributi ad enti senza scopo di lucro operanti per scopi di utilità sociale non è un'attività economica e non qualifica dunque le fondazioni come imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. L'esercizio di attività nel campo sociale e il controllo di "imprese strumentali" (48) Le fondazioni bancarie non sono autorizzate a detenere partecipazioni di controllo in imprese, né possono finanziare in alcun modo attività commerciali, salvo che nelle circostanze specificate dalla legge. Si tratta dei casi delle fondazioni che esercitano direttamente un'attività nei "settori rilevanti" o che controllano enti operanti in tali settori (le cosiddette "imprese strumentali"). In ogni caso né le fondazioni né le imprese strumentali possono proporsi scopi di lucro. (49) Nel valutare se le attività nei settori indicati dalla legge siano da considerare "attività economiche", si deve ricordare che, per giurisprudenza costante, "la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento ... e che costituisce un'attività economica qualsiasi attività che consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato"(14). La Corte di giustizia ha inoltre dichiarato, nel caso di un fondo pensione di categoria, che la mancanza di fini di lucro, il perseguimento di una finalità sociale, gli elementi di solidarietà e le restrizioni o i controlli sugli investimenti non impedivano di considerare l'attività svolta dal fondo come un'attività economica(15). In effetti, perché un'attività che consiste nell'offerta di beni o servizi sia considerata come non economica si deve poter escludere l'esistenza di un mercato di beni o servizi analoghi. Nella maggior parte dei settori indicati dalla legge - istruzione, cultura, sanità, conservazione, ricerca scientifica e assistenza alle categorie sociali deboli - è possibile incontrare operatori che esercitano un'attività simile per scopi di lucro. Contrariamente all'attività di erogazione di contributi a fondo perduto, per la quale non esiste un "mercato", l'attività di prestazione di servizi ospedalieri, l'attività di una galleria d'arte o di una agenzia di protezione delle persone implicano operazioni economiche. In questi mercati la presenza diretta delle fondazioni o la possibilità che esse hanno di controllare delle imprese è potenzialmente in grado di falsare la concorrenza e la loro attività non può essere interamente sottratta al controllo del rispetto delle regole di concorrenza. (50) Ciò non significa che tutte le attività esercitate nei "settori rilevanti" siano di "natura economica". Analogamente, alcune delle attività - pur essendo "economiche" - potrebbero non essere in grado di influire sul commercio tra Stati membri. L'esatta qualificazione delle attività ai fini del controllo degli aiuti di Stato può essere stabilita solo caso per caso. (51) Va rilevato che le autorità italiane hanno dichiarato che per il momento nessuna delle fondazioni si è avvalsa della possibilità prevista dalla legge di esercitare direttamente un'attività nei "settori rilevanti"(16). Risulterebbe quindi che nessuna delle fondazioni possa essere qualificata come "impresa" ai fini dell'articolo 87, paragrafo 1, in virtù delle attività svolte direttamente nei "settori rilevanti". Qualora esse svolgessero una simile attività, l'articolo 9, comma 3, del decreto 153/99 prescrive alle fondazioni di predisporre contabilità separate. (52) Quanto alla possibilità di acquisire il controllo di imprese strumentali, questa non conferirebbe alle fondazioni la qualità di imprese nella misura in cui non implica una diretta partecipazione delle fondazioni stesse all'attività dell'impresa controllata. Tra le fondazioni e le "imprese strumentali" che esse sono autorizzate a controllare è prescritta la separazione giuridica, oltre che la separazione della contabilità. (53) Di conseguenza la Commissione considera che le fondazioni bancarie che non intervengono direttamente in attività nei "settori rilevanti" non sono imprese ai fini dell'articolo 87, paragrafo 1. Le fondazioni vanno invece considerate come imprese quando intervengono direttamente in attività, pur se nei "settori rilevanti", che abbiano natura economica. (54) L'informazione fornita dalle autorità italiane in merito all'assenza di attività dirette delle fondazioni nei "settori rilevanti" ha perciò indotto la Commissione a rivedere la sua posizioni preliminare, espressa nella decisione di avvio del procedimento, per quanto riguarda la qualificazione come imprese delle fondazioni. Eventuale presenza di elementi di aiuto (55) Qualora le fondazioni intervengano direttamente in un'attività economica - anche se nei "settori rilevanti" - nella quale sono presenti scambi tra Stati membri, qualsiasi agevolazione fiscale che possa andare a beneficio di tali attività è atta a costituire un aiuto di Stato e deve quindi essere notificata ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3. (56) Analogamente, poiché la maggioranza dei componenti dell'organo di indirizzo delle fondazioni è designata dagli enti locali (cfr. sopra, considerando 41), le fondazioni vanno considerate enti sottoposti al controllo pubblico. I pubblici poteri controllano le loro risorse e l'uso delle medesime. Di conseguenza, ogniqualvolta le fondazioni eroghino fondi o altre forme di sostegno ad imprese - anche se nei "settori rilevanti" - questa erogazione è atta a costituire aiuto di Stato nella misura in cui falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri. Detti aiuti devono essere notificati ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3. Altre società conferitarie costituite ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218 (57) Il decreto 153/99 concede le agevolazioni fiscali di cui al considerando 5, punti 2 e 3, alle altre società conferitarie - costituite ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218 - alle quali le fondazioni abbiano conferito le loro partecipazioni in società bancarie. Quando tali società esercitano l'attività bancaria, esse sono escluse dal campo di applicazione della presente decisione e vanno considerate come destinatarie della decisione dell'11 dicembre 2001 nel caso C 54/A/2000/CE. Tuttavia l'articolo 16, comma 6, del decreto 153/99 prevede esplicitamente il caso delle società conferitarie che non esercitano attività bancaria e sono interamente possedute da fondazioni. Nella misura in cui queste società si limitano ad amministrare i cespiti finanziari delle fondazioni, non offrono alcun servizio a terzi e sono interamente possedute da fondazioni, le agevolazioni fiscali citate al considerando 5, punti 2 e 3 andranno in definitiva a beneficio delle fondazioni. Se le fondazioni proprietarie delle società conferitarie in oggetto non sono imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato, si può quindi affermare che le misure di cui al considerando 5, punti 2 e 3, non conferiscono un vantaggio ad alcuna impresa. (58) Di conseguenza, la Commissione ritiene che le agevolazioni fiscali concesse dall'articolo 13 e dall'articolo 16 del decreto 153/99 alle società conferitarie che non esercitano attività bancaria e sono interamente possedute da fondazioni non costituiscono aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1. VI. CONCLUSIONI (59) La Commissione ritiene che l'attività di gestione del proprio patrimonio e di utilizzazione del reddito che ne deriva per l'erogazione di contributi ad enti senza scopo di lucro operanti per scopi di utilità sociale non è un'attività economica e non qualifica dunque le fondazioni come imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. (60) Le autorità italiane hanno dichiarato che nessuna fondazione esercita direttamente un'attività di natura economica nei settori nei quali la legge attribuisce ad esse questa possibilità. (61) Di conseguenza, le misure destinate alle fondazioni introdotte dall'articolo 12, comma 2, dall'articolo 13, dall'articolo 16, commi 4 e 5 e dall'articolo 27, comma 2 del decreto 153/99 non costituiscono aiuto di Stato in quanto non sono destinate ad imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. (62) Le misure destinate alle società conferitarie che non esercitano attività bancaria, non offrono alcun servizio a terzi e sono interamente possedute da fondazioni, introdotte dall'articolo 13, dall'articolo 16, comma 6 e dall'articolo 17 del decreto 153/99 non costituiscono aiuto di Stato in quanto non sono destinate ad imprese ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1. (63) Qualora le fondazioni intervengano direttamente in un'attività economica nella quale sono presenti scambi tra Stati membri - anche se nei settori nei quali la legge dà ad esse questa possibilità - qualsiasi agevolazione fiscale che possa andare a beneficio di tali attività è atta a costituire aiuto di Stato e deve quindi essere notificata ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3. Analogamente, poiché la maggioranza dei componenti dell'organo di indirizzo delle fondazioni è designata dagli enti locali, i pubblici poteri controllano le loro risorse e l'uso delle medesime. Di conseguenza qualsiasi erogazione, da parte delle fondazioni, di fondi o altre forme di sostegno ad imprese è atta a costituire un aiuto di Stato nella misura in cui falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri. Siffatti aiuti devono essere notificati ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3. Infine, se le società conferitarie offrono servizi a terzi, qualsiasi agevolazione fiscale di cui esse beneficino è atta a costituire aiuto di Stato e deve quindi essere notificata ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La misura cui l'Italia ha dato esecuzione con l'articolo 12, comma 2, l'articolo 13, l'articolo 16, commi 4 e 5 e l'articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, destinata alle fondazioni che non esercitano direttamente attività nei settori elencati nell'articolo 1, comma 1, lettera c) bis, di detto decreto, modificato dalla legge 28 dicembre 2001, n. 448, non costituisce aiuto ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE. Articolo 2 La misura cui l'Italia ha dato esecuzione con l'articolo 13, l'articolo 16, comma 6 e l'articolo 17 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, destinata alle società conferitarie che non esercitano attività bancaria, non offrono alcun servizio a terzi e sono interamente possedute da fondazioni di cui all'articolo 1 della presente decisione non costituisce aiuto ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE. Articolo 3 Qualora le fondazioni intervengano direttamente in un'attività economica nella quale sono presenti scambi tra Stati membri - anche se nei settori nei quali la legge dà ad esse questa possibilità - qualsiasi agevolazione fiscale che possa andare a beneficio di tali attività è atta a costituire aiuto di Stato e deve in tal caso essere notificata ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE. Quando la maggioranza dei componenti dell'organo di indirizzo delle fondazioni è designata dagli enti locali, l'erogazione ad imprese di fondi o di altre forme di sostegno è atta a costituire aiuto di Stato e deve in tal caso essere notificata ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE. Quando le società conferitarie offrono servizi a terzi, qualsiasi agevolazione fiscale di cui esse beneficino è atta a costituire aiuto di Stato e deve in tal caso essere notificata ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE. Articolo 4 La Repubblica Italiana è destinataria della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 22 agosto 2002. Per la Commissione Mario Monti Membro della Commissione (1) GU C 44 del 10.2.2001, pag. 2. (2) Cfr. nota 1. (3) Comunicazione della Commissione ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 2, del trattato CE indirizzata agli altri Stati membri e ai terzi interessati in merito ad aiuti decisi dall'Italia a favore del Banco di Napoli, caso C 40/96, GU C 328 dell'1.11.1996, pag. 23. Decisione 99/288/CE della Commissione (GU L 116 del 4.5.1999, pag. 36). Decisione 2000/600/CE della Commissione (GU L 256 del 10.10.2000, pag. 21). (4) Sentenza della Corte del 15 gennaio 1985 nella causa 250/83, Finsider/Commissione (Racc. 1985, pag. 131, punto 8). (5) Sentenza della Corte del 6 febbraio 1997 nella causa C-80/95, Harnas & Helm CV/Staatssecretaris van Financiën (Racc. 1997, pag. I-0745, punto 15). (6) Sentenza della Corte del 17 febbraio 1993 nella cause riunite C-159/91 e C-160/91, Poucet e Pistre (Racc. 1993, pag. I-4013, punti 18 e 19). (7) GU L 195 del 29.7.1980, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/52/CE (GU L 193 del 29.7.2000, pag. 75). (8) La liquidazione coatta amministrativa è una speciale procedura di liquidazione che esclude l'applicazione delle normali regole del diritto fallimentare. (9) La legge 448/01 ha introdotto la distinzione tra settori "ammessi" e "rilevanti". Originariamente, il decreto 153/99 contemplava solo i "settori rilevanti", più generalmente definiti come quelli della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte, della conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali e dei beni ambientali, della sanità e dell'assistenza alle categorie sociali deboli. La differenza tra la disciplina precedente e quella attuale è che le nuove disposizioni tendono a costringere le fondazioni bancarie a definire con maggiore precisione il loro ambito d'attività. Inoltre, possono essere scelti come "settori rilevanti" alcuni nuovi campi di attività. (10) Nell'area della tutela e dello sviluppo delle persone, la legge enumera: famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili. L'area della sicurezza sociale comprende: prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali. (11) La legge 28 dicembre 2001, n. 448 ha aggiunto che il patrimonio deve essere gestito in modo coerente con la natura delle fondazioni quali enti senza scopo di lucro che operano secondo principi di trasparenza e moralità. (12) La legge 28 dicembre 2001, n. 448 dà alle fondazioni la possibilità di affidare la partecipazione nella società bancaria conferitaria ad una società esterna specializzata nella gestione di patrimoni (Società di gestione del risparmio - SGR). Così facendo le fondazioni possono rimandare di tre anni la cessione delle partecipazioni di controllo nelle banche. La fondazione non può intervenire nella gestione del suo patrimonio; per quanto riguarda l'esercizio dei suoi diritti di azionista, la fondazione può soltanto dare indicazioni per le deliberazioni dell'assemblea straordinaria nei casi previsti dall'articolo 2365 del codice civile. (13) Cfr. cause C-60/90: Polysar Investments Netherlands/Inspecteur der Invoerrechten (Racc. 1991, I-3111); C-333/91: Sofitam (Racc. 1993, I-3513); C-142/99 Floridienne e Berginvest (Racc. 2000, I-9567). (14) Sentenza della Corte del 18 giugno 1998 nella causa C-35/96, Commissione delle Comunità europee/Repubblica Italiana (Racc. I-3851, punto 36). (15) Sentenza della Corte del 21 settembre 1999 nelle cause riunite da C-115/97 a C-117/97, Brentjens' Handelsonderneming BV/Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Handel in Bouwmaterialen (Racc. I-6025, punti 85 e 86). (16) Lettera del 16 gennaio 2001, in risposta alla lettera della Commissione del 25 ottobre 2000, che informava il governo italiano della sua decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE.