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Document 62003CV0001

Parere 1/03 della Corte (seduta plenaria) del 7 febbraio 2006.
Parere emesso ai sensi dell'articolo 300, paragrafo 6, CE.
Competenza della Comunità a concludere la nuova Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Parere 1/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-01145

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:81

PARERE 1/03 DELLA CORTE (seduta plenaria)

7 febbraio 2006

«Competenza della Comunità a concludere la nuova Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale»


Indice


Esposizione del contesto della domanda di parere

Le disposizioni pertinenti del Trattato CE

Gli strumenti comunitari esistenti alla data della domanda di parere

Il regolamento (CE) n. 44/2001

La Convenzione di Bruxelles

La Convenzione di Lugano

Cronistoria dei lavori preparatori per l’accordo previsto

Oggetto dell’accordo previsto e domanda di parere del Consiglio

Osservazioni scritte degli Stati membri e delle istituzioni

Sulla ricevibilità della domanda

Sul merito

Sull’esistenza di una competenza esterna esplicita

Sull’esistenza di una competenza esterna implicita

Sull’esistenza di una competenza esclusiva fondata sui principi sanciti nella sentenza AETS

– Determinazione del settore pertinente

– La «clausola di disgiunzione»

– L’identità delle disposizioni dell’accordo previsto e delle norme comunitarie interne

Osservazioni orali degli Stati membri e delle istituzioni

Sulla prima questione posta dalla Corte

Sulla seconda questione posta dalla Corte

Sulla terza questione posta dalla Corte

Sulla quarta questione posta dalla Corte

Presa di posizione della Corte

Sulla ricevibilità della domanda

Sul merito

Sulla competenza della Comunità a concludere accordi internazionali

Sulla competenza della Comunità a concludere la nuova Convenzione di Lugano

– Sulle norme relative alla competenza dei giudici

– Sulle norme relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale


Nel procedimento di parere 1/03,

avente ad oggetto una domanda di parere ai sensi dell’art. 300, n. 6, CE, presentata il 5 marzo 2003 dal Consiglio dell’Unione europea,


LA CORTE (seduta plenaria),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas (relatore), K. Schiemann, J. Makarczyk e J. Malenovský, presidenti di sezione, dai sigg. J.-P. Puissochet, R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts, P. Kūris, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Klučka, U. Lõhmus e E. Levits, giudici,

cancellieri: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto, e sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 ottobre 2004,

considerate le osservazioni presentate:

–       per il Consiglio dell’Unione europea, dai sigg. J. Schutte e J.‑P. Hix, in qualità di agenti;

–       per il governo ceco, dal sig. T. Boček, in qualità di agente;

–       per il governo danese, dal sig. J. Molde, in qualità di agente;

–       per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e A. Dittrich nonché dalla sig.ra A. Tiemann, in qualità di agenti;

–       per il governo ellenico, dalle sig.re A. Samoni-Rantou e S. Chala, in qualità di agenti;

–       per il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente;

–       per il governo francese, dai sigg. R. Abraham e G. de Bergues nonché dalla sig.ra A. Bodard-Hermant, in qualità di agenti;

–       per l’Irlanda, dai sigg. D. O’Hagan e J. Gormley, in qualità di agenti, assistiti dal sig. P. Sreenan, SC, e dalla sig.ra N. Hyland, BL;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente;

–       per il governo olandese, dalla sig.ra S. Terstal, in qualità di agente,

–       per il governo polacco, dal sig. S. Królak, in qualità di agente;

–       per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra R. Correia, in qualità di agenti;

–       per il governo finlandese, dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di agente;

–       per il governo svedese, dal sig. A. Kruse, in qualità di agente;

–       per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra R. Caudwell, in qualità di agente, assistita dal sig. A. Dashwood, barrister;

–       per il Parlamento europeo, dai sigg. H. Duintjer Tebbens e A. Caiola, in qualità di agenti;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J. Iglesias Buhigues, dalla sig.ra A.-M. Rouchaud-Joët e dal sig. M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentiti in camera di consiglio, il 15 aprile 2005, il sig. L.A. Geelhoed, primo avvocato generale, i sigg. F.G. Jacobs, P. Léger, D. Ruíz-Jarabo Colomer, A. Tizzano, le sig.re C. Stix-Hackl, J. Kokott, e il sig. M. Poiares Maduro, avvocati generali,

ha emesso il presente

Parere

1       La domanda riguarda la competenza esclusiva o concorrente della Comunità europea a concludere la nuova convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, destinata a sostituire l’attuale Convenzione di Lugano (in prosieguo: l’«accordo previsto» o la «nuova Convenzione di Lugano»).

2       Ai sensi dell’art. 300, n. 6, CE, «[i]l Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del presente trattato. Quando la Corte di giustizia abbia espresso parere negativo, l’accordo può entrare in vigore soltanto alle condizioni stabilite dall’art. 48 del trattato sull’Unione europea».

 Esposizione del contesto della domanda di parere

 Le disposizioni pertinenti del Trattato CE

3       La terza parte del Trattato CE comprende un titolo IV, inserito dal Trattato di Amsterdam e modificato dal Trattato di Nizza, che contiene il fondamento normativo per l’adozione della legislazione comunitaria in particolare nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile.

4       A tale proposito, l’art. 61, lett. c), CE così dispone:

«Allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il Consiglio adotta:

(…)

c)      misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, come previsto all’articolo 65».

5       L’art. 65 CE è formulato come segue:

«Le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, da adottare a norma dell’articolo 67 e per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno, includono:

a)      il miglioramento e la semplificazione:

–       del sistema per la notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali;

–       della cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova;

–       del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali;

b)      la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale,

c)      l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri».

6       L’art. 67, n. 1, CE recita:

«Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo».

7       Va inoltre rilevato che, ai sensi dell’art. 69 CE, il titolo IV della terza parte del Trattato CE «si applica nel rispetto delle disposizioni del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda e del protocollo sulla posizione della Danimarca (…)». Come risulta dal rispettivo tenore di questi due protocolli, il protocollo sulla posizione della Danimarca (in prosieguo: il «protocollo danese») e quello sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda funzionano diversamente. Quest’ultimo protocollo, infatti, permette al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché all’Irlanda di essere vincolati, se lo vogliono, da misure adottate a norma dell’art. 61, lett. c), CE senza tuttavia essere obbligati a rinunciare al detto protocollo in quanto tale. Una tale possibilità è preclusa, invece, al Regno di Danimarca. Di conseguenza, i regolamenti adottati sulla base del detto titolo IV nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile non vincolano la Danimarca e non sono applicabili nei suoi confronti.

8       L’art. 293 CE (già art. 220 del Trattato CE), che rientra nella sesta parte del Trattato, la quale contiene le disposizioni generali e finali, così dispone:

«Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini:

(...)

–       la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali».

9       Altre disposizioni del Trattato sono state utilizzate come fondamento normativo di strumenti comunitari settoriali che contengono norme accessorie sulla competenza. Il Consiglio cita, come esempi, il titolo X del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), basato sull’art. 235 del Trattato CE (divenuto art. 308 CE), e l’art. 6 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1), basata sugli artt. 57, n. 2, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 47, n. 2, CE) e 66 del Trattato CE (divenuto art. 55 CE).

 Gli strumenti comunitari esistenti alla data della domanda di parere

 Il regolamento (CE) n. 44/2001

10     Il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1), istituisce un regime generale di competenza giurisdizionale e di riconoscimento nonché di esecuzione delle decisioni applicabile nella Comunità in materia civile e commerciale.

11     Il detto regolamento ha sostituito, per tutti gli Stati membri ad eccezione del Regno di Danimarca, la Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, conclusa a Bruxelles il 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32) sulla base dell’art. 220, quarto trattino, del Trattato CEE (divenuto art. 220, quarto trattino, del Trattato CE, a sua volta divenuto art. 293, quarto trattino, CE), come modificata dalla convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e – versione modificata – pag. 77), dalla convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1) e dalla convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).

12     Conformemente al protocollo danese, il regolamento n. 44/2001 non si applica alla Danimarca. Al contrario, ai sensi dell’art. 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, tali Stati membri hanno notificato la loro intenzione di partecipare all’adozione e all’applicazione del detto regolamento.

13     La Corte di giustizia è competente ad interpretare il regolamento n. 44/2001 alle condizioni definite agli artt. 68 CE e 234 CE.

 La Convenzione di Bruxelles

14     Siccome, in virtù del protocollo danese, il regolamento n. 44/2001 non è vincolante per il Regno di Danimarca e non si applica nei suoi confronti, è ancora la Convenzione di Bruxelles che si applica ai rapporti tra il detto Stato membro e gli Stati soggetti al regolamento n. 44/2001. Tuttavia, occorre rilevare che, il 19 ottobre 2005, a Bruxelles è stato firmato un accordo tra la Comunità europea e il Regno di Danimarca concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firma approvata a nome della Comunità con decisione del Consiglio 20 settembre 2005, 2005/790/CE (GU L 299, pag. 61), con riserva della decisione del Consiglio relativa alla conclusione di tale accordo.

15     D’altro canto, l’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001 è circoscritto dall’art. 299 CE, che definisce l’ambito di applicazione territoriale del Trattato, laddove la Convenzione di Bruxelles, in quanto convenzione di diritto internazionale, si applica ad alcuni territori d’oltremare appartenenti a vari Stati membri. Trattasi, per la Repubblica francese, dei territori d’oltremare e di Mayotte e, per i Paesi Bassi, di Aruba; gli altri Stati membri, invece, non sono interessati. Per i detti territori la convenzione continua, dunque, a trovare applicazione.

16     Conformemente al Protocollo relativo all’interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmato a Lussemburgo il 3 giugno 1971 (GU 1975, L 204, pag. 28), la Corte di giustizia è competente ad interpretare la Convenzione di Bruxelles.

 La Convenzione di Lugano

17     La Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Lugano il 16 settembre 1988 (GU L 319, pag. 9; in prosieguo: la «Convenzione di Lugano»), trova origine nella creazione dell’Associazione europea di libero scambio (in prosieguo: l’«AELS») e nell’istituzione, fra gli Stati contraenti di quest’ultima e gli Stati membri dell’Unione europea, di un sistema analogo a quello della Convenzione di Bruxelles. Essa è stata ratificata dagli Stati interessati, ad eccezione del Principato del Liechtenstein. In conseguenza della successiva adesione di molti Stati membri dell’AELS all’Unione europea, i soli Stati contraenti che non sono membri di quest’ultima sono ormai la Repubblica d’Islanda, il Regno di Norvegia e la Confederazione svizzera, cui si è aggiunta la Repubblica di Polonia, che ha ratificato la detta convenzione il 1° novembre 1999. Tuttavia, quest’ultimo Stato è divenuto membro dell’Unione europea il 1° maggio 2004.

18     La Convenzione di Lugano è parallela a quella di Bruxelles nel senso che è diretta a far applicare, nei rapporti tra uno Stato aderente alla Convenzione di Bruxelles e uno Stato membro dell’AELS aderente alla Convenzione di Lugano, nonché nei rapporti tra gli Stati membri dell’AELS aderenti alla Convenzione di Lugano inter se, un regime che, con qualche eccezione, è pressoché identico a quello istituito dalla Convenzione di Bruxelles.

19     La Corte di giustizia non è competente ad interpretare la Convenzione di Lugano. Tuttavia, il protocollo n. 2, relativo all’interpretazione uniforme della convenzione, ha istituito un sistema di scambio di informazioni per quanto riguarda le decisioni giurisdizionali emesse in applicazione di tale convenzione e gli Stati membri dell’Unione europea e gli Stati non membri della stessa hanno sottoscritto dichiarazioni per assicurare un’interpretazione quanto più possibile uniforme di tale Convenzione e delle disposizioni equivalenti a quelle di quest’ultima nella Convenzione di Bruxelles. Peraltro, il protocollo n. 3 della Convenzione di Lugano, relativo all’applicazione dell’art. 57 di quest’ultima, prevede che, se uno Stato contraente ritiene che una disposizione contenuta in un atto delle istituzioni comunitarie sia incompatibile con la convenzione, gli Stati contraenti prenderanno senza indugio in considerazione emendamenti di detta convenzione, salva restando l’applicazione della procedura prevista dal detto protocollo n. 2.

 Cronistoria dei lavori preparatori per l’accordo previsto

20     Nel corso di una sessione tenutasi nei giorni 4 e 5 dicembre 1997 il Consiglio ha incaricato un gruppo ad hoc formato dai rappresentanti degli Stati membri dell’Unione nonché della Repubblica d’Islanda, del Regno di Norvegia e della Confederazione svizzera di avviare lavori preparatori ad una revisione parallela delle convenzioni di Bruxelles e di Lugano. I negoziati rispondevano, in sostanza, alla duplice funzione di modernizzare il regime delle due convenzioni e di eliminare le loro reciproche discrepanze.

21     Il mandato di tale gruppo ad hoc si basava sull’art. 220 del Trattato CE e i lavori del detto gruppo sono terminati nell’aprile 1999. Quest’ultimo ha infatti raggiunto un accordo su un testo volto a rivedere le convenzioni di Bruxelles e di Lugano. Tale accordo è stato approvato a livello politico dal Consiglio nella sua 2184ª sessione tenutasi il 27 e 28 maggio 1999 (doc. 7700/99 JUSTCIV 60, del 30 aprile 1999).

22     Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che ha conferito alla Comunità nuove competenze relative alla cooperazione giudiziaria in materia civile, non era più possibile inserire le modifiche proposte dal gruppo ad hoc in merito al regime della Convenzione di Bruxelles rivedendo quest’ultima ex art. 293 CE. La Commissione ha perciò sottoposto al Consiglio, il 14 luglio 1999, una proposta di regolamento diretta ad inserire nel diritto comunitario il risultato dei lavori di tale gruppo. È così che, il 22 dicembre 2000, il Consiglio ha adottato, sulla base degli artt. 61, lett. c), CE e 67, n. 1, CE, il regolamento n. 44/2001, entrato in vigore il 1° marzo 2002.

23     Con riferimento alla Convenzione di Lugano, la Commissione ha presentato, il 22 marzo 2002, una raccomandazione di decisione del Consiglio che autorizza la Commissione a intavolare negoziati per l’adozione di una convenzione tra la Comunità e la Danimarca – tenendo conto del protocollo sulla posizione di quest’ultima – [da un lato,] l’Islanda, la Norvegia, la Svizzera e la Polonia, dall’altro, sulla competenza giudiziaria, sul riconoscimento e sull’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, che sostituisca la Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 [doc. SEC (2002) 298 def.].

24     Nella 2455ª sessione, svoltasi il 14 e 15 ottobre 2002, il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad intavolare negoziati per l’adozione di una nuova Convenzione di Lugano, fatta salva la questione se la conclusione di quest’ultima rientri nella competenza esclusiva della Comunità o in una competenza concorrente tra quest’ultima e gli Stati membri. Esso ha altresì adottato direttive di negoziato.

25     Nella 2489ª sessione, tenutasi il 27 e 28 febbraio 2003, il Consiglio ha deciso di sottoporre la presente domanda di parere alla Corte di giustizia.

 Oggetto dell’accordo previsto e domanda di parere del Consiglio

26     Ai punti 8-12 della sua domanda di parere il Consiglio descrive nei seguenti termini l’oggetto dell’accordo previsto:

«8      L’accordo previsto stabilirebbe una nuova convenzione (di Lugano) concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. L’oggetto e il contenuto dell’accordo previsto derivano dalle direttive di negoziato le quali, a loro volta, si riferiscono al testo della revisione (doc. 7700/99) e al regolamento n. 44/2001 del Consiglio, in quanto l’obiettivo è quello di allineare, per quanto possibile, le disposizioni sostanziali dell’accordo previsto a quelle del regolamento n. 44/2001.

9      A norma del punto 1 delle direttive di negoziato nell’accordo previsto dovrebbe infatti figurare il testo della revisione che ha formato oggetto di un accordo in sede di Consiglio del 27 e 28 maggio 1999 e il testo dei titoli II-V dovrebbe essere adeguato in modo da corrispondere quanto più possibile al testo del regolamento n. 44/2001, essendo inteso che i testi dell’accordo ed i relativi protocolli dovranno essere adeguati per tener conto del fatto che la Comunità sarà parte contraente.

10      Si prevede pertanto di impostare le disposizioni sostanziali dell’accordo previsto nel seguente modo:

–       nel titolo I (“Campo di applicazione”) dovrebbe figurare il testo dell’articolo 1 del testo della revisione;

–       il titolo II (“Della competenza”), dovrebbe corrispondere, per quanto possibile, al capo II del regolamento n. 44/2001. Tuttavia, l’articolo 12bis, paragrafo 5, del testo della revisione sostituirebbe, se del caso, il disposto dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 44/2001;

–       il titolo III (“Del riconoscimento e dell’esecuzione”) dovrebbe corrispondere, per quanto possibile, al capo III del regolamento n. 44/2001. La disposizione sul gratuito patrocinio conterrebbe tuttavia un secondo paragrafo;

–       il titolo IV (“Atti autentici e transazioni giudiziarie”) dovrebbe corrispondere, per quanto possibile, al capo IV del regolamento n. 44/2001;

–       il titolo V (“Disposizioni generali”) dovrebbe corrispondere, per quanto possibile, alle disposizioni del capo V del regolamento n. 44/2001.

11      Il punto 2 delle direttive di negoziato, riguarda le disposizioni dei titoli VII e successivi dell’accordo previsto.

–       A norma del punto 2, lettera a), delle direttive di negoziato “la convenzione va completata in modo da definire le relazioni col diritto comunitario e in particolare col regolamento n. 44/2001. In tal senso dovrebbe essere d’applicazione il regime già previsto all’articolo 54 ter della Convenzione di Lugano del 1988. In particolare, le decisioni pronunciate in uno Stato membro devono essere riconosciute ed eseguite in un altro Stato membro in conformità del diritto comunitario”.

–       I punti 2, lettere b) e c) delle direttive di negoziato riguardano gli accordi relativi a materie particolari e gli accordi di non riconoscimento.

–       I punti 2, lettere d) ed e) delle direttive di negoziato dispongono che l’accordo previsto deve contenere disposizioni che consentano di disciplinare la situazione particolare della Danimarca, dei territori francesi d’oltremare e delle Antille olandesi e Aruba. Mentre il regolamento n. 44/2001 non si applica né alla Danimarca né ai territori francesi d’oltremare e nemmeno alle Antille olandesi e ad Aruba, l’accordo previsto dovrebbe in linea di massima applicarsi anche al paese e ai territori suddetti, in analogia a quanto avviene in base alla Convenzione di Lugano del 1988.

–       Il punto 2, lettera f) delle direttive di negoziato dispone che l’accordo previsto entrerà in vigore solo dopo essere stato ratificato da almeno due parti contraenti. Fatte salve l’applicazione delle disposizioni transitorie e la sua entrata in vigore nei confronti delle parti contraenti interessate, l’accordo previsto sostituirà tra le parti contraenti interessate la Convenzione di Lugano del 1988.

12      Il testo della revisione prevede inoltre talune modifiche delle disposizioni finali della Convenzione di Lugano del 1988, segnatamente quelle relative all’adesione alla convenzione, nonché delle disposizioni dei protocolli n. 1, 2 e 3 allegati alla convenzione».

27     La domanda di parere del Consiglio è così formulata:

«La conclusione della nuova Convenzione di Lugano [concernente la] competenza [giurisdizionale], [il] riconoscimento e [l’]esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, quale prevista ai punti da 8 a 12 della presente memoria, rientra interamente nella competenza esclusiva della Comunità o nella competenza condivisa tra la Comunità e gli Stati membri?».

28     In udienza il Consiglio ha precisato che la questione della competenza a concludere accordi internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile, ai sensi dell’art. 65 CE, si pone frequentemente nella pratica e che tra gli Stati membri non vi è accordo su tale punto. A suo avviso, nella domanda di parere, esso non sostiene né la tesi di una competenza esclusiva né quella di una competenza concorrente, ma ha cercato di analizzare i vari aspetti della giurisprudenza della Corte nella maniera più corretta possibile.

 Osservazioni scritte degli Stati membri e delle istituzioni

29     Conformemente all’art. 107, n. 1, primo comma, del regolamento di procedura, la domanda di parere è stata notificata alla Commissione nonché al Parlamento, che hanno presentato osservazioni. In applicazione dell’art. 24, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima ha invitato anche gli Stati membri a pronunciarsi sulla detta domanda. Sono state così depositate osservazioni scritte da parte dei governi tedesco, ellenico, spagnolo, francese, dell'Irlanda, del governo italiano, olandese, portoghese, finlandese, svedese e del Regno Unito.

 Sulla ricevibilità della domanda

30     Il Consiglio, sostenuto dai governi spagnolo, francese e finlandese, nonché dal Parlamento e dalla Commissione, afferma che la domanda di parere è ricevibile.

31     Infatti, la domanda sarebbe conforme ai requisiti dell’art. 107, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, ai cui termini «il parere può riguardare tanto la compatibilità con le disposizioni del Trattato CE di un accordo progettato quanto la competenza della Comunità o delle sue istituzioni a concludere tale accordo». Con riguardo alla nozione di ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri, sarebbe giurisprudenza costante che una domanda di parere che verte sul punto se un accordo rientri nella piena competenza esclusiva della Comunità o in una competenza concorrente fra quest’ultima e gli Stati membri sia ricevibile (parere 2/00 del 6 dicembre 2001, Racc. pag. I‑9713, punto 19). Orbene, nella fattispecie la domanda del Consiglio riguarderebbe proprio questo punto.

32     D’altra parte, per verificare se l’accordo in questione sia «previsto» nel senso dell’art. 300, n. 6, CE, si ricorda che, secondo la Corte, sarebbe sufficiente che l’oggetto dell’accordo sia conosciuto (parere 2/94 del 28 marzo 1996, Racc. pag. I‑1759, punto 11). Tale sarebbe il caso nella fattispecie, dato che le direttive di negoziato determinano sufficientemente l’oggetto e il contenuto dell’accordo, così come le materie che esso deve disciplinare.

 Sul merito

33     Nella sua domanda di parere il Consiglio illustra i tre profili del problema della competenza della Comunità a concludere l’accordo previsto. Esso verifica anzitutto l’eventuale esistenza di una competenza esterna esplicita, poi l’eventuale esistenza di una competenza esterna implicita e, infine, l’eventuale esclusività di tale competenza.

 Sull’esistenza di una competenza esterna esplicita

34     Il Consiglio, sostenuto su tale punto da tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte nonché dal Parlamento e dalla Commissione, rileva che la materia dell’accordo previsto rientra nel campo di applicazione degli artt. 61, lett. c), CE e 67 CE. Tale fondamento normativo non prevedrebbe esplicitamente una competenza esterna della Comunità.

 Sull’esistenza di una competenza esterna implicita

35     Secondo il Consiglio, tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte nonché il Parlamento e la Commissione, per determinare se esista una competenza esterna implicita sarebbe pertinente fare riferimento al parere 1/76 del 26 aprile 1977, (Racc. pag. 741), quale precisato dal parere 1/94 del 15 novembre 1994, (Racc. pag. I‑5267), il cui contenuto è stato riassunto dalla Corte nelle sue sentenze dette «cieli aperti», vale a dire le sentenze 5 novembre 2002, cause C‑467/98, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑9519, punto 56); C‑468/98, Commissione/Svezia (Racc. pag. I‑9575, punto 53); C‑469/98, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑9627, punto 57); C‑471/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑9681, punto 67); C‑472/98, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑9741, punto 61); C‑475/98, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑9797, punto 67), e C‑476/98, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑9855, punto 82).

36     Essi affermano che, in base al principio sancito nel citato parere 1/76, una competenza esterna implicita esiste non soltanto in tutti i casi in cui i poteri inerenti alla competenza interna siano stati già esercitati al fine di adottare provvedimenti destinati all’attuazione delle politiche comuni, ma anche qualora i provvedimenti comunitari di carattere interno vengano adottati solo in occasione della stipulazione e dell’attuazione dell’accordo internazionale. Pertanto, la competenza ad impegnare la Comunità nei confronti di Stati terzi potrebbe derivare in modo implicito dalle disposizioni del Trattato relative alla competenza interna, se ed in quanto la partecipazione della Comunità all’accordo internazionale sia necessaria alla realizzazione di uno degli obiettivi di quest’ultima (v. parere 1/76, cit., punti 3 e 4, nonché sentenze «cieli aperti», cit., in particolare sentenza Commissione/Danimarca, punto 56).

37     Nella sua giurisprudenza successiva la Corte avrebbe precisato, quanto in particolare all’esistenza di una competenza implicita esclusiva, che l’ipotesi contemplata nel citato parere 1/76 è quella in cui la competenza interna può essere esercitata utilmente soltanto contemporaneamente alla competenza esterna (parere 1/94, cit., punto 89), quando cioè la conclusione dell’accordo internazionale è necessaria per realizzare determinati obiettivi del Trattato che non possono essere raggiunti mediante l’instaurazione di norme autonome (formulazione utilizzata nelle sentenze «cieli aperti», cit., segnatamente nella sentenza Commissione/Danimarca, punto 57). Secondo l’espressione utilizzata dalla Corte al punto 86 del detto parere 1/94, la realizzazione dell’obiettivo della Comunità dovrebbe essere «indissolubilmente collegata» alla conclusione dell’accordo internazionale.

38     Il Consiglio sottolinea che la Comunità ha già adottato norme interne concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, il che giustificherebbe la sua competenza implicita a concludere l’accordo previsto. Esso cita in proposito il regolamento n. 44/2001 ma anche, come esempi, il titolo X del regolamento n. 40/94 e l’art. 6 della direttiva 96/71.

39     Esso precisa che la necessità di concludere l’accordo previsto non è stata invocata né dagli Stati membri né dalla Commissione. Secondo il Parlamento, una tale necessità non esiste. Infatti, la cooperazione giudiziaria in materia civile di cui all’art. 65 CE ben potrebbe limitarsi a misure rivolte ai giudici e alle autorità dei soli Stati membri, senza che tali misure incidano sui rapporti con gli Stati terzi, come enuncia il tenore del detto articolo, che precisa come le misure previste siano adottate «per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno».

40     Secondo il governo tedesco, una tale necessità è comunque esclusa, dato che la normativa interna non impone la partecipazione contemporanea di Stati terzi.

41     Il governo ellenico, per il quale la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale costituiscono tre ambiti autonomi disciplinati solo in parte dal regolamento n. 44/2001, ritiene che la parte di ciascuno di tali ambiti cui non si applica il detto regolamento non sia indissolubilmente collegata alla conclusione di una convenzione internazionale. Affermare il contrario contrasterebbe con l’autonomia del diritto processuale internazionale. In quanto normativa comunitaria parziale, il detto regolamento non giustificherebbe, dunque, una competenza esterna esclusiva alla stregua dei criteri espressi nel succitato parere 1/76.

42     I governi finlandese e del Regno Unito fanno valere che la conclusione dell’accordo previsto può essere disgiunta dall’esercizio della competenza comunitaria interna. Quest’ultimo governo invoca a titolo di prova il fatto che la Convenzione di Lugano è stata stipulata dieci anni dopo la firma di quella di Bruxelles e che l’adozione del regolamento n. 44/2001, intervenuta molto prima dell’aggiornamento della Convenzione di Lugano, non ha suscitato nessuna riserva.

 Sull’esistenza di una competenza esclusiva fondata sui principi sanciti nella sentenza AETS

43     Secondo il Consiglio, tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte, nonché il Parlamento e la Commissione, la giurisprudenza pertinente per valutare l’esclusività o meno di una competenza esterna implicita della Comunità è la sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, detta «AETS» (Racc. pag. 263), come precisata dai pareri 2/91 del 19 marzo 1993, (Racc. pag. I‑1061), e 1/94, cit., e riformulata dalla Corte nelle citate sentenze «cieli aperti», distinguendo tre ipotesi.

44     I punti 17 e 18 della citata sentenza AETS sono così redatti:

«17      In particolare, tutte le volte che (per la realizzazione di una politica comune prevista dal Trattato) la Comunità ha adottato delle disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere – né individualmente, né collettivamente – di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidano su dette norme.

18      Man mano che queste norme comuni vengono adottate, infatti, si accentra nella Comunità la competenza ad assumere e ad adempiere – con effetto per l’intera sfera in cui vige l’ordinamento comunitario – degli impegni nei confronti degli Stati terzi».

45     I punti 81-84 della citata sentenza Commissione/Danimarca sono così redatti:

«81      Occorre ancora definire a quali condizioni gli accordi internazionali presi in considerazione possano incidere sulla portata delle norme comuni o alterare la stessa e, di conseguenza, stabilire in che termini la Comunità acquisisca una competenza esterna grazie all’esercizio della sua competenza interna.

82      Secondo la giurisprudenza della Corte, questo si verifica quando gli accordi internazionali rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni (sentenza AETS, cit., punto 30) o comunque [in] un settore già in gran parte disciplinato da tali norme (parere 2/91, cit., punto 25). In quest’ultima ipotesi, la Corte ha statuito che gli Stati membri non possono, se non tramite le istituzioni comuni, assumere impegni internazionali, e ciò anche se non vi siano contraddizioni tra questi ultimi e le norme comuni (parere 2/91, cit., punti 25 e 26).

83      Pertanto, allorché la Comunità include nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o conferisce espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, essa acquista una competenza esterna esclusiva in misura corrispondente ai suddetti atti (citati pareri 1/94, punto 95, e 2/92, [del 24 marzo 1995, Racc. pag. I‑521,] punto 33).

84      Lo stesso vale, anche in mancanza di clausola espressa che autorizzi le istituzioni a negoziare con i paesi terzi, quando la Comunità realizza un’armonizzazione completa in un determinato settore, poiché il mantenimento da parte degli Stati membri di una certa libertà di negoziare coi paesi terzi potrebbe incidere, ai sensi della precitata sentenza AETS, sulle norme comuni così adottate (v. citati pareri 1/94, punto 96, e 2/92, punto 33)».

46     Il governo del Regno Unito invita la Corte a riesaminare il principio enunciato al punto 82 della citata sentenza Commissione/Danimarca per motivi attinenti ai principi generali del Trattato circa i limiti delle competenze della Comunità e alla coerenza interna della giurisprudenza relativa all’effetto di un accordo internazionale nel senso della citata sentenza AETS.

47     Il detto governo fa valere, in primo luogo, che il secondo elemento del criterio seguito dalla Corte al punto 82 della citata sentenza Commissione/Danimarca, che rinvia al punto 25 del citato parere 2/91, vale a dire la formula «comunque [in] un settore già in gran parte disciplinato da (…) norme [comuni]», non è né chiaro né preciso, il che genera incertezze ed è inaccettabile in materia di limitazione delle competenze degli Stati membri, atteso che, conformemente all’art. 5, primo comma, CE, la Comunità dispone solo di competenze di attribuzione.

48     Esso rileva, in secondo luogo, che tale elemento del criterio appare difficilmente conciliabile con i singoli casi di incidenza ai sensi della citata sentenza AETS presentati come esempi di tale secondo elemento ai punti 83 e 84 della citata sentenza Commissione/Danimarca. Il detto elemento non sarebbe infatti pertinente per determinare se esista un effetto nel senso della sentenza AETS allorché siano incluse in un atto clausole relative al trattamento di cittadini di Stati terzi, poiché l’esclusività della competenza sarebbe circoscritta alle materie specifiche disciplinate da tale atto. Sarebbe piuttosto il primo elemento del criterio generale a doversi applicare, vale a dire la formula «quando gli accordi internazionali rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni». Lo stesso varrebbe nella terza ipotesi, relativa alla realizzazione di un’armonizzazione completa, il che esclude necessariamente che il settore in questione sia solo «in gran parte» disciplinato da norme comunitarie. La rinuncia a tale elemento del criterio permetterebbe di definire con maggior precisione l’effetto nel senso della citata sentenza AETS, al tempo stesso assicurando l’osservanza da parte degli Stati membri del loro obbligo di leale cooperazione ove agiscano sul piano internazionale.

49     Esaminando la prima ipotesi formulata al punto 83 della citata sentenza Commissione/Danimarca, che rinvia ai punti 95 del citato parere 1/94, e 33 del citato parere 2/92, e cioè «allorché la Comunità include nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi», il Consiglio, sostenuto dai governi tedesco e francese, rileva che essa non ricorre per quanto riguarda il regolamento n. 44/2001. Dagli artt. 2 e 4 di quest’ultimo risulterebbe, infatti, che il criterio pertinente per l’applicazione del detto regolamento è il domicilio e non la cittadinanza.

50     Il governo italiano rileva che si potrebbe argomentare nel senso di un’estensione implicita del regolamento n. 44/2001 nei confronti dei cittadini di paesi terzi, dato che l’art. 4 dello stesso regolamento stabilisce che, nei confronti di coloro che non sono domiciliati nella Comunità, la competenza è disciplinata dalla legge di ciascuno Stato membro e che gli artt. 32-37 di tale regolamento istituiscono un sistema di riconoscimento delle decisioni emesse dai giudici degli altri Stati membri.

51     La Commissione ritiene che il regolamento n. 44/2001 contenga «clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi», in quanto gli artt. 2 e 4 di tale regolamento ne prevedono l’applicazione ai rapporti interstatali, oltre i confini esterni della Comunità, senza alcuna limitazione geografica e senza circoscrivere l’ambito di applicazione personale.

52     Il regolamento n. 44/2001 avrebbe così incorporato le regole di competenza territoriale degli Stati membri relative ai convenuti domiciliati fuori dalla Comunità, e ciò giustificherebbe la competenza esclusiva di quest’ultima a concludere l’accordo previsto.

53     Il governo svedese fa valere che una regolamentazione della cooperazione giudiziaria in materia civile non è rivolta direttamente ai singoli, bensì ai giudici che devono metterla in atto. Per determinare l’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001 è di decisiva importanza appurare, dunque, non se ad un cittadino di un paese terzo si applichino o meno le disposizioni di tale regolamento, bensì se un organo giudiziario abbia la propria sede nell’Unione.

54     Esaminando la seconda ipotesi prevista al punto 83 della citata sentenza Commissione/Danimarca, che rinvia ai punti 95 del citato parere 1/94 e 33 del citato parere 2/92, e cioè allorché la Comunità «conferisce espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi», il Consiglio, sostenuto almeno implicitamente dalla maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, è del parere che essa non ricorra nella fattispecie.

55     La Commissione osserva di essere stata regolarmente autorizzata dal Consiglio ad avviare negoziati internazionali relativi a disposizioni da includere in alcuni strumenti internazionali e concernenti le regole di competenza internazionale nonché di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni, senza che gli Stati membri abbiano mai rivendicato la possibilità di negoziare da soli le regole di competenza applicabili a convenuti domiciliati al di fuori del territorio degli Stati membri.

56     Il governo italiano, il Parlamento e la Commissione ricordano, peraltro, la differenza tra il tenore dell’art. 71, n. 1, del regolamento n. 44/2201, ai cui termini «[i]l presente regolamento lascia impregiudicate le convenzioni, di cui gli Stati membri siano parti contraenti, che disciplinano la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materie particolari», e quello dell’art. 57, n. 1, della Convenzione di Bruxelles, secondo il quale «[l]a presente convenzione non deroga alle convenzioni di cui gli Stati contraenti sono o saranno parti e che, in materie particolari, disciplinano la competenza giurisdizionale, il riconoscimento o l’esecuzione delle decisioni». Dalla soppressione delle parole «o saranno parti» nell’art. 71 essi deducono che il detto regolamento sia implicitamente basato sulla premessa che solo la Comunità sia competente a concludere accordi generali in materia civile e commerciale. Secondo il Parlamento, questa interpretazione s’impone a fortiori riguardo alla Convenzione di Lugano, che concerne l’intera materia disciplinata da tale regolamento.

57     Il governo portoghese contesta una tale deduzione. Esso sostiene che il tenore dell’art. 71 del regolamento n. 44/2001 mostra come le norme enunciate in quest’ultimo prevalgano sempre su tutte le altre regole risultanti da convenzioni generali che disciplinano le medesime situazioni. Ad ogni buon conto, l’accordo previsto disciplina in linea di principio situazioni alle quali il detto regolamento non si applica.

58     Esaminando, infine, la terza ipotesi formulata al punto 84 della citata sentenza Commissione/Danimarca, che rinvia ai punti 96 del citato parere 1/94 e 33 del citato parere 2/92, cioè «quando la Comunità realizza un’armonizzazione completa in un determinato settore», il Consiglio prende in considerazione, in primo luogo, la determinazione del settore pertinente, in secondo luogo, l’incidenza eventuale della «clausola di disgiunzione» dell’accordo previsto e, in terzo luogo, l’incidenza eventuale dell’identità delle disposizioni dell’accordo previsto e delle norme comunitarie interne.

–       Determinazione del settore pertinente

59     Per determinare il settore pertinente, il Consiglio, così come la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte, ritiene che non basti attenersi al titolo del settore stesso, ma che occorra comparare in concreto gli ambiti di applicazione materiale, personale e territoriale del regolamento n. 44/2001 con quelli dell’accordo previsto e verificare se le clausole di quest’ultimo incidano sulle disposizioni di diritto comunitario. Tuttavia, il governo italiano rileva che la Corte non ha mai posto in essere una valutazione circa l’incidenza dell’assunzione degli impegni internazionali da parte degli Stati membri su disposizioni comunitarie, ma si è sempre limitata a comparare i settori disciplinati da un accordo internazionale, da un lato, e dalla normativa comunitaria, dall’altro.

60     Parecchi dei detti governi sottolineano che la portata del settore in questione dev’essere analizzata tenendo conto del fondamento normativo del regolamento n. 44/2001 nonché dell’art. 65 CE. Ai sensi di tale disposizione, la Comunità sarebbe competente ad adottare misure «per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno». L’Irlanda e il governo portoghese osservano anche che l’espressione utilizzata alla lett. b) del detto articolo non è «il ravvicinamento delle norme», bensì «la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale», il che lascerebbe intendere che non esiste un’attribuzione interna globale in materia di competenza, di riconoscimento e di esecuzione, ma piuttosto che una siffatta attribuzione è soggetta ad un’analisi casistica. Il governo svedese mette in evidenza anche la differenza esistente tra riconoscimento reciproco e armonizzazione delle regole di fondo per sostenere che, in mancanza di una tale armonizzazione, l’estensione a Stati terzi di un sistema di riconoscimento delle decisioni non può essere imposta a uno Stato membro senza che quest’ultimo abbia consentito a considerare il sistema giuridico del paese terzo rispondente ai requisiti di certezza del diritto al punto di poter rinunciare alla protezione che esso assicura ai propri cittadini.

61     Al contrario, ad avviso del governo italiano, le disposizioni del regolamento n. 44/2001 istituiscono un regime completo in materia di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Tale interpretazione sarebbe confermata dalla giurisprudenza della Corte concernente la Convenzione di Bruxelles, secondo la quale quest’ultima avrebbe istituito un procedimento d’exequatur che costituirebbe un complesso autonomo e completo, ivi compreso il campo dei mezzi di impugnazione (sentenza 2 luglio 1985, causa 148/84, Brasserie du pêcheur, Racc. pag. 1981, punto 17). Ne consegue che la competenza a stipulare l’accordo previsto si accentrerebbe esclusivamente in capo alla Comunità.

62     Il Parlamento sostiene che la nozione di settore deve comprendere soltanto l’ambito di applicazione materiale del regolamento n. 44/2001 e che non sarebbe pertinente considerare il suo ambito d’applicazione personale e territoriale. Esso conclude che l’accordo previsto rientra completamente nell’oggetto del regolamento – vale a dire in un insieme di regole volte a determinare, nelle controversie transfrontaliere, la competenza giurisdizionale e le condizioni di riconoscimento e di esecuzione negli Stati vincolati dall’accordo e dal detto regolamento, delle decisioni in materia civile e commerciale – e che, pertanto, la Comunità è competente in via esclusiva a stipulare un tale accordo.

63     Secondo la Commissione, l’accordo previsto rientra interamente nel settore d’applicazione del regolamento n. 44/2001, poiché tutte le situazioni di cui il detto accordo tratta sono già incluse nell’ambito delle regole comunitarie intese ad evitare conflitti negativi o positivi di competenza. Occorrerebbe tener presente, infatti, che le regole sulla competenza, quand’anche facciano rinvio al diritto nazionale, sono pur sempre regole di diritto comunitario. Allo stesso modo, i casi di incompetenza dei giudici della Comunità non sono lacune o vuoti che uno Stato membro potrebbe colmare, bensì scelte definitive del legislatore comunitario.

64     Quanto al settore disciplinato dal capo II del regolamento n. 44/2001, relativo alla competenza dei giudici degli Stati membri, il Consiglio e la maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte ricordano il tenore dell’art. 4, n. 1, di tale regolamento, ai cui termini «[s]e il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva l’applicazione degli articoli 22 e 23». Essi ne deducono che il detto regolamento può essere interpretato nel senso che il suo capo II si applica, in linea di principio, solo quando il convenuto è domiciliato nel territorio di uno Stato membro e che, salvo alcune eccezioni, gli Stati membri resterebbero liberi di determinare la competenza dei loro giudici quando il convenuto non sia domiciliato nella Comunità. L’accordo previsto non andrebbe a sovrapporsi, quindi, alla regola comunitaria.

65     Il governo francese osserva come sia possibile considerare che l’art. 4, n. 1, del regolamento n. 44/2001 istituisce una delega di competenza della Comunità agli Stati membri, il che giustificherebbe una competenza comunitaria. Esso esprime, però, il proprio disaccordo con questa interpretazione e sottolinea, insieme al governo del Regno Unito, come tale disposizione abbia valore declaratorio in quanto discende dall’art. 2, n. 1, dello stesso regolamento, il quale circoscrive l’applicazione della regola generale sulla competenza ai convenuti domiciliati in uno Stato membro. Una siffatta interpretazione sarebbe confermata dall’impiego dell’indicativo al nono ‘considerando’ del regolamento, che recita: «[i] convenuti non domiciliati in uno Stato membro sono generalmente soggetti alle norme nazionali in materia di competenza vigenti nel territorio dello Stato membro del giudice adito (…)».

66     Il governo finlandese contesta anche la tesi secondo cui l’art. 4, n. 1, del regolamento n. 44/2001 equivarrebbe all’adozione di regole comuni nel senso della citata sentenza AETS. Se è vero che, nella sentenza 10 febbraio 1994, causa C‑398/92, Mund e Fester (Racc. pag. I‑467), la Corte ha dichiarato che sia la Convenzione di Bruxelles sia le disposizioni nazionali cui essa rinvia sono legate al Trattato, nella causa all’origine di tale sentenza non si sarebbe trattato dell’interpretazione dell’art. 4 di tale convenzione (che corrisponde all’art. 4 del detto regolamento), bensì di una situazione in cui le due parti erano domiciliate in uno Stato contraente della detta convenzione. Peraltro, il fatto che una disposizione rinvii al Trattato non significherebbe automaticamente che le questioni attinenti al settore di applicazione di tale disposizione rientrino nella competenza comunitaria, dal momento che il Trattato non si limiterebbe a trasferire una certa competenza alla Comunità, ma fisserebbe anche obblighi agli Stati membri nell’esercizio delle loro competenze (v., in particolare, sentenza 5 novembre 2002, causa C-466/98, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑9427, punto 41). Infine, le convenzioni concluse dagli Stati membri in materia di competenza giurisdizionale sarebbero anch’esse incluse nella nozione di «legge di [uno] Stato [membro]» utilizzata all’art. 4, n. 1, del medesimo regolamento e non sarebbe giustificato pensare che solo per incorporazione a quest’ultimo di una certa regola la Comunità sia diventata competente in via esclusiva a concludere accordi internazionali in materie afferenti al settore di applicazione della medesima regola.

67     Il Consiglio e la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte rilevano che il regolamento n. 44/2001 prevede un certo numero di casi in cui, facendo eccezione al principio espresso al suo art. 4, n. 1, la competenza dei giudici degli Stati membri è determinata dalle disposizioni del medesimo regolamento anche se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro. Si tratterebbe:

–       delle competenze esclusive elencate all’art. 22 (per esempio, le controversie in materia di diritti immobiliari, di validità delle decisioni di persone giuridiche, di validità di un’iscrizione nei pubblici registri, di esecuzione di decisioni);

–       della proroga di competenza di cui all’art. 23 (in caso di conclusione di una clausola attributiva di competenza);

–       delle disposizioni di competenza che tutelano una parte ritenuta più debole:

–       in campo assicurativo (art. 9, n. 2);

–       in materia di contratti conclusi da un consumatore (art. 15, n. 2);

–       in materia di contratti individuali di lavoro (art. 18, n. 2);

–       delle disposizioni relative alla litispendenza e alla connessione (artt. 27-30).

68     Secondo il Consiglio e la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte, l’accordo previsto, in forza di tali eccezioni, potrebbe alterare la parte del regolamento n. 44/2001 relativa alla competenza dei giudici. Il governo tedesco ritiene, infatti, che le regole di competenza previste dal detto accordo possano alterare o modificare nella loro portata le regole sulla competenza del detto regolamento e che, relativamente ad alcune parti della nuova Convenzione di Lugano, la Comunità abbia quindi una competenza esclusiva. Secondo il governo portoghese, tuttavia, l’eccezione non può invalidare la regola e non è necessario, al riguardo, contemplare tutte le situazioni in cui potrebbe eventualmente sorgere una competenza esclusiva della Comunità.

69     Tale sarebbe altresì il caso di una clausola quale quella contenuta nell’art. 54 ter, n. 2, della Convenzione di Lugano, che prevedrebbe una serie di ipotesi in cui l’accordo previsto si applicherebbe comunque (in materia di competenza esclusiva, di proroga di competenza, di litispendenza e di connessione e di riconoscimento e di esecuzione, qualora lo Stato d’origine o lo Stato richiesto non sia membro delle Comunità).

70     Una clausola del genere potrebbe incidere sul settore di applicazione del regolamento n. 44/2001. Così, le regole dell’accordo previsto relative alle competenze esclusive imporrebbero la competenza di un giudice di uno Stato terzo anche qualora il convenuto sia domiciliato nella Comunità. Questi pochi casi eccezionali non potrebbero tuttavia pregiudicare la portata generale del detto regolamento e giustificare una competenza esclusiva della Comunità.

71     Al riguardo, l’Irlanda formula tre osservazioni. Anzitutto, sarebbe difficile accertare in quale situazione concreta una disposizione quale l’art. 54 ter, n. 2, della Convenzione di Lugano possa cagionare un conflitto tra il regolamento n. 44/2001 e l’accordo previsto, dato che tutte le situazioni contemplate da questa disposizione non rientrano nel campo di applicazione del detto regolamento. Poi, visto che questa disposizione sarebbe identica al detto art. 54 ter, n. 2, nella sua versione attualmente in vigore, e che la Comunità sarebbe stata parte contraente della nuova Convenzione di Lugano, la quale dovrebbe essere un accordo misto, non si può affermare che gli Stati membri stiano contraendo con Stati terzi obblighi che incidono su regole comunitarie. La situazione sarebbe dunque differente da quella in cui uno Stato membro contrae obblighi con Stati terzi senza la partecipazione della Comunità. Infine, il fatto che una clausola quale il detto art. 54 ter, n. 2, abbia un effetto su regole comunitarie avrebbe come unica conseguenza che la Comunità disporrebbe di una competenza esclusiva a negoziare questa sola disposizione, mentre gli Stati membri resterebbero competenti in merito alle altre disposizioni dell’accordo previsto.

72     Per quanto riguarda la competenza dei giudici, il Parlamento sostiene che il regolamento n. 44/2001 non si applica soltanto a controversie asseritamente intracomunitarie, bensì anche qualora, dinanzi a un giudice di uno Stato membro, sia citato un convenuto non domiciliato nella Comunità. Secondo il Parlamento, è il legislatore comunitario ad aver stabilito la regola sulla competenza sancita all’art. 4 del suddetto regolamento e gli Stati membri non sono competenti a modificarla. Tutt’al più essi potrebbero emendare le loro leggi nazionali vigenti con autorizzazione comunitaria. La portata del suddetto art. 4 sarebbe, dunque, alterata dall’accordo previsto, perché i convenuti domiciliati negli Stati contraenti della Convenzione di Lugano non potrebbero più essere citati dinanzi ad un giudice di uno Stato membro in base alle regole nazionali sulla competenza, mentre, ai sensi del citato art. 4, in linea di principio esse possono essere fatte valere nei confronti di tutti i convenuti domiciliati al di fuori della Comunità.

73     Seguendo lo stesso iter logico del Parlamento, la Commissione ritiene che l’incidenza sul regolamento n. 44/2001 sia l’oggetto stesso del negoziato. Quanto alle regole sulla competenza, l’accordo previsto avrebbe anche come necessaria conseguenza la neutralizzazione della norma prevista all’art. 4 del detto regolamento, che conferisce una competenza residua ai giudici di uno Stato membro nei confronti dei convenuti domiciliati in uno Stato non membro della Comunità, ma che partecipi alla Convenzione di Lugano. Il citato art. 4 sarebbe dunque compromesso se si permettesse agli Stati membri di concludere clausole siffatte per estendere l’effetto di tale articolo ad altri Stati terzi.

74     La Commissione contesta perciò gli argomenti diretti a giustificare una competenza degli Stati membri sulla base dell’art. 4 del regolamento n. 44/2001. Essa fa valere in primo luogo, sostenuta su tale punto dal Parlamento, che la norma enunciata al detto articolo è stata introdotta dal legislatore comunitario e che per questo gli Stati membri non sono più competenti a decidere che, nei loro rapporti con gli Stati terzi, non si applichino più le leggi nazionali, bensì norme differenti. Essa osserva, in secondo luogo, che ogni norma sulla competenza, negoziata nell’ambito dell’accordo previsto, applicabile nei confronti di convenuti domiciliati fuori della Comunità, pregiudicherebbe le norme sulla competenza armonizzate, dal momento che l’obiettivo di queste ultime è di evitare i conflitti positivi o negativi di competenza ed episodi di litispendenza o di decisioni inconciliabili.

75     Quanto alla parte del regolamento n. 44/2001 relativa al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni, vale a dire il capo III dello stesso, il Consiglio e la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte osservano che i campi di applicazione dell’accordo previsto e di tale regolamento non coincidono in nessun modo. Il governo tedesco, in particolare, fa valere che il detto regolamento non si applica alle decisioni «estranee» alla Comunità. Il governo portoghese si interroga sulla maniera in cui il mutuo riconoscimento di decisioni provenienti da giudici di Stati membri della Comunità possa essere pregiudicato dall’introduzione di regole di riconoscimento delle decisioni di giudici di Stati non membri di quest’ultima. Infatti, il regolamento n. 44/2001 riguarda il riconoscimento e l’esecuzione, da parte di uno Stato membro, di una decisione emessa da un giudice di un altro Stato membro, mentre l’accordo previsto concerne il riconoscimento e l’esecuzione, da parte di uno Stato membro, di una decisione emessa da un giudice di uno Stato terzo e, da parte di uno Stato terzo, di una decisione emessa da un giudice di uno Stato membro.

76     La Commissione, al contrario, rileva che anche il capo III del regolamento n. 44/2001 sarebbe pregiudicato da disposizioni negoziate dagli Stati membri. Essa sottolinea che il detto regolamento e l’accordo previsto contengono un solo ed unico corpo di regole applicabili in linea di principio indipendentemente dallo Stato in cui è situato il giudice da cui promana la decisione.

77     Il Parlamento è del medesimo parere. A suo avviso, anche le disposizioni enunciate nel regolamento n. 44/2001 sarebbero pregiudicate dall’accordo previsto, perché il fatto di limitare l’applicazione di tale capo III alle sole decisioni di altri Stati membri costituisce una scelta deliberata del legislatore. L’obbligo di trattare allo stesso modo le decisioni emesse negli Stati contraenti della Convenzione di Lugano, che discenderà dalla nuova Convenzione di Lugano, modificherebbe questa situazione giuridica.

–       La «clausola di disgiunzione»

78     Il Consiglio e la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte esaminano l’incidenza eventuale della «clausola di disgiunzione» prevista al punto 2, lett. a), delle direttive di negoziato, che rinvia ai principi stabiliti dall’art. 54 ter della Convenzione di Lugano. Come osserva il governo ellenico, questa clausola ha l’effetto di «disgiungere» una materia circoscritta, in modo tale da istituire una competenza esclusiva della Comunità, dal resto dell’accordo previsto. La detta clausola, come formulata all’art. 54 ter, n. 1, della Convenzione di Lugano, avrebbe essenzialmente l’effetto che, inter se, gli Stati membri applicherebbero il regolamento n. 44/2001 e non la nuova Convenzione di Lugano.

79     Il Consiglio e i detti governi prendono posizione su tale punto facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte come risulta dalle citate sentenze «cieli aperti», in particolare dal punto 101 della sentenza Commissione/Danimarca, così formulato:

«101      Tale constatazione non può essere rimessa in questione dal fatto che il suddetto art. 9 [dell’accordo bilaterale detto di «open sky» (cielo aperto) nell’ambito del trasporto aereo, concluso nel 1995 tra il Regno di Danimarca e gli Stati Uniti d’America] impone, per i trasporti aerei ai quali si applica il regolamento [(CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2409, sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e di merci (GU L 240, pag. 15)], l’osservanza di tale regolamento. Infatti, per quanto lodevole sia stata questa iniziativa del Regno di Danimarca diretta a preservare l’applicazione del regolamento n. 2409/92, è tuttavia evidente che l’inadempimento di tale Stato membro risulta dal fatto che esso non era autorizzato ad assumere da solo un siffatto impegno, anche se il contenuto di quest’ultimo non è in contrasto con il diritto comunitario».

80     Il Consiglio rileva che, nel citato parere 2/91, la Corte ha preso in considerazione una clausola che figura nella convenzione n. 170 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, concernente la sicurezza nell’utilizzazione dei prodotti chimici sul lavoro, che consentiva ai membri di quest’ultima di applicare norme interne più vincolanti. A fortiori si dovrebbe tener conto di una regola quale quella enunciata all’art. 54 ter, n. 1, della Convenzione di Lugano, che prevede l’applicazione di norme interne invece di quelle dell’accordo previsto.

81     Il governo del Regno Unito, in particolare, sottolinea la differenza esistente tra la clausola di cui alle citate sentenze «cieli aperti» e quella dell’art. 54 ter della Convenzione di Lugano. A differenza delle cause all’origine di tali sentenze, in cui l’ambito di applicazione dell’accordo detto di «open sky» concluso nel 1995 con gli Stati Uniti d’America e contestato dalla Commissione si sovrapponeva a quello delle regole comunitarie, la clausola figurante all’art. 54 ter, n. 1, intende definire la portata rispettiva dei due insiemi di regole, vale a dire assicurare che le regole contenute nei due strumenti disciplinino materie diverse. Come osserva il governo tedesco, sarebbe stato possibile utilizzare un’altra tecnica giuridica e formulare le regole di riconoscimento e di esecuzione in maniera più restrittiva, in modo che esse si applicassero solamente ai rapporti tra gli Stati membri e gli altri Stati contraenti della detta convenzione.

82     Al contrario, il Parlamento rinvia alla citata sentenza Commissione/Danimarca e conclude che, anche se nell’accordo previsto fosse inserita una disposizione corrispondente all’art. 54 ter della Convenzione di Lugano e non sussistessero contraddizioni fra il detto accordo e il regolamento n. 44/2001, non spetterebbe agli Stati membri stipulare tale accordo.

83     Osservando che una clausola di disgiunzione figura, il più delle volte, in un accordo di tipo «misto», la Commissione sostiene che l’auspicio del Consiglio, espresso nelle direttive di negoziato, di includere una clausola siffatta nell’accordo previsto può essere considerato un tentativo infelice di pregiudicare il carattere misto di un tale accordo. A suo parere, l’esclusività della competenza esterna della Comunità, così come il fondamento normativo di una regolamentazione comunitaria, deve basarsi su elementi oggettivi e verificabili da parte della Corte e non sul mero inserimento di una clausola di disgiunzione nell’accordo internazionale in questione. Nel caso in cui un tale requisito non sia soddisfatto, il carattere esclusivo o meno della competenza della Comunità potrebbe costituire oggetto di manipolazioni.

84     Al riguardo, la Commissione s’interroga sulla necessità di una clausola finalizzata a disciplinare i rapporti tra una normativa che istituisce un regime comunitario e una convenzione internazionale che abbia vocazione ad estendere tale regime a Stati terzi, il che non dovrebbe ipso facto incidere sul diritto comunitario in vigore. Dato che l’accordo in questione coprirebbe settori in cui si è operata un’armonizzazione totale, l’esistenza di una clausola di disgiunzione sarebbe irrilevante.

85     La Commissione sottolinea il carattere particolare di una clausola di disgiunzione in un accordo internazionale di diritto internazionale privato, ben diversa da una clausola di disgiunzione classica. Nella fattispecie, l’obiettivo non sarebbe preservare l’applicazione del regolamento n. 44/2001 ogni volta che esso sia applicabile, bensì disciplinare in maniera coerente l’applicazione distributiva del detto regolamento e dell’accordo previsto.

–       L’identità delle disposizioni dell’accordo previsto e delle norme comunitarie interne

86     Il Consiglio esamina, infine, l’incidenza dell’identità delle disposizioni dell’accordo previsto e delle norme interne. L’analisi è condotta tenendo conto della posizione dell’avvocato generale Tizzano esposta al paragrafo 72 delle conclusioni presentate nelle cause all’origine delle citate sentenze «cieli aperti». Secondo l’avvocato generale Tizzano, «(…) nelle materie coperte da norme comuni gli Stati membri non poss[o]no concludere accordi internazionali neppure se il loro testo riproducesse letteralmente quello delle norme comuni o rinviasse a queste. La conclusione di simili accordi, infatti, potrebbe pregiudicare l’applicazione uniforme del diritto comunitario sotto due distinti profili. In primo luogo, perché il “recepimento” delle norme comuni negli accordi non varrebbe a garantire (…) che tali norme siano poi effettivamente applicate in modo uniforme (…). In secondo luogo, perché detto “recepimento” porterebbe comunque ad un’alterazione della natura e del regime giuridico delle norme comuni, anche con il forte e concreto rischio di una loro sottrazione al controllo esercitato dalla Corte in forza del Trattato».

87     Secondo il Consiglio, in considerazione dell’identità delle disposizioni sostanziali dei due strumenti, vale a dire il regolamento n. 44/2001 e l’accordo previsto, e dell’obiettivo dello sviluppo parallelo di quest’ultimo e delle norme comunitarie interne, si potrebbe concludere che la Comunità detiene una competenza esclusiva per quanto concerne l’insieme dell’accordo previsto.

88     Tuttavia, si potrebbe anche ritenere che, vista la differenza tra i due ambiti in questione, l’identità delle disposizioni dell’accordo previsto e del regolamento n. 44/2001 sia irrilevante. In particolare, dato che l’art. 4, n. 1, del regolamento n. 44/2001 consentirebbe agli Stati membri di disciplinare la competenza dei giudici per i casi in cui il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro, i detti Stati sarebbero liberi di «riprodurre» le norme di tale regolamento nelle loro leggi nazionali, senza che ciò pregiudichi il regolamento medesimo. La detta interpretazione del Consiglio è sostenuta dai governi tedesco, ellenico, dall'Irlanda, dai governi portoghese e finlandese. Il governo tedesco, in particolare, precisa che l’esistenza di una competenza comunitaria non può essere dedotta dalla sola formulazione concreta di una disposizione. L’attribuzione di competenza indicherebbe chi determinerà la formulazione della disposizione.

89     Il Parlamento fa riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nelle cause all’origine delle citate sentenze «cieli aperti» e conclude che la Comunità ha una competenza esclusiva in materia.

90     Esso contesta l’argomento del Consiglio secondo cui l’identità delle disposizioni dell’accordo previsto e del regolamento n. 44/2001 escluderebbe qualunque possibilità di contrasto tra gli stessi. Esso ritiene, da un lato, che l’esistenza o meno di una contraddizione non sia decisiva per valutare la portata della competenza comunitaria e, dall’altro, che l’applicazione di un tale accordo possa portare ad escludere alcune disposizioni del regolamento e dunque a pregiudicarle, nonostante l’identità delle disposizioni in causa.

91     La Commissione considera che l’obiettivo dei negoziati relativi alla nuova Convenzione di Lugano, che è quello di esportare puramente e semplicemente, nelle relazioni con Stati terzi non membri della Comunità, le norme comuni del regolamento n. 44/2001, comporta che la competenza comunitaria a condurre tali negoziati sia necessariamente esclusiva.

92     Essa ricorda il parallelismo e i nessi tra la Convenzione di Bruxelles e quella di Lugano e fa valere che, se è stata conclusa una convenzione distinta, è unicamente perché era impossibile richiedere a Stati terzi di aderire ad una convenzione basata sull’art. 293 CE che attribuisce la competenza alla Corte di giustizia. Essa indica che vari meccanismi erano stati introdotti per preservare la coerenza nell’interpretazione delle due convenzioni.

93     Secondo la Commissione, l’obiettivo di trasposizione pura e semplice, nella nuova Convenzione di Lugano, di regole comuni escluderebbe ogni competenza degli Stati membri, perché sarebbe in contrasto con l’unità del mercato comune e con l’applicazione uniforme del diritto comunitario. Solo la Comunità assicurerebbe la coerenza delle proprie regole comuni se elevate a rango internazionale.

94     In aggiunta all’argomento dedotto in merito alla giurisprudenza della Corte, e in una prospettiva più ampia, il Parlamento richiama l’attenzione di quest’ultima sui problemi di ordine giuridico e pratico che possono sorgere in caso di accordo misto, in particolare in merito alla necessità di consentire la ratifica dell’accordo previsto da parte di tutti gli Stati membri. Esso sottolinea anche la necessità di coerenza tra i profili interno ed esterno della politica comunitaria in sede di creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

95     In merito all’argomento vertente sul fatto che l’accordo previsto non pregiudicherà l’applicazione del regolamento n. 44/2001 ma, al contrario, lo rafforzerà estendendone l’applicazione ad altri Stati europei, il governo francese, prendendo in considerazione il fatto che tale accordo vincola, oltre ad alcuni Stati terzi, tutti gli Stati membri, si domanda se la Comunità non debba essere considerata l’unica ad avere il diritto di disporre della propria normativa, a prescindere dalla questione se il detto accordo pregiudichi la normativa comunitaria oppure la favorisca. Gli Stati membri resterebbero competenti a concludere altri accordi con gli Stati terzi, che non vincolerebbero tutti gli Stati membri, e sempre che i detti accordi non pregiudichino l’applicazione di tale regolamento. Secondo il detto governo, la Comunità detiene quindi una competenza esclusiva a stipulare nel caso specifico l’accordo previsto.

 Osservazioni orali degli Stati membri e delle istituzioni

96     Al fine di consentire agli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea dopo il deposito della domanda di parere di presentare osservazioni su quest’ultima, la Corte ha organizzato un’udienza che si è svolta il 19 ottobre 2004. Vi hanno preso parte il Consiglio, i governi ceco, danese, tedesco, ellenico, spagnolo, francese, l'Irlanda, i governi olandese, polacco, portoghese, finlandese e del Regno Unito, nonché il Parlamento e la Commissione. La maggior parte delle osservazioni presentate alla Corte verteva sulle quattro questioni in merito alle quali quest’ultima aveva invitato con lettera gli Stati membri e le istituzioni a pronunciarsi nel corso di tale udienza. Tali questioni riguardavano:

–       la pertinenza del tenore degli artt. 61 CE e 65 CE, in particolare dell’espressione «necessario al corretto funzionamento del mercato interno» di cui all’art. 65 CE;

–       la pertinenza della questione intesa ad accertare in che limiti uno Stato membro possa negoziare con uno Stato terzo, ad esempio, un accordo bilaterale che disciplini le problematiche trattate nel regolamento n. 44/2001, ma senza adottare necessariamente gli stessi criteri contenuti in quest’ultimo;

–       la possibilità di stabilire una distinzione tra le disposizioni relative alla competenza giurisdizionale e quelle concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché

–       l’eventuale necessità di uno sviluppo o di una precisazione della giurisprudenza esistente.

 Sulla prima questione posta dalla Corte

97     Per quanto riguarda la pertinenza del tenore degli artt. 61 CE e 65 CE, in particolare dell’espressione «per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno» di cui all’art. 65 CE, il governo tedesco, sostenuto dal governo francese, dal Parlamento e dalla Commissione, rileva che tale espressione è pertinente solo per valutare se, adottando il regolamento n. 44/2001, la Comunità abbia esercitato correttamente la sua competenza interna. A suo avviso, ogni atto comunitario interno adottato sulla base dell’art. 65 CE deve soddisfare tale condizione. Per contro, per rilevare l’esistenza di una competenza comunitaria esterna nel settore disciplinato da tale regolamento non sarebbe indispensabile che l’accordo previsto sia anch’esso necessario al corretto funzionamento del mercato interno. Infatti, tale competenza esterna dipenderebbe semplicemente dalla questione intesa ad accertare in che limiti un siffatto accordo pregiudichi o alteri la portata di una norma comunitaria interna. Secondo il governo francese, se la circostanza che l’art. 65 CE si riferisca solo alle misure necessarie al corretto funzionamento del mercato interno privasse la Comunità di una competenza a concludere accordi internazionali, la giurisprudenza derivata dalla citata sentenza AETS sarebbe vanificata.

98     Per contro, il governo del Regno Unito, sostenuto da molti altri governi, ritiene che l’art. 65 CE definisca, ai sensi del suo stesso tenore, la portata e l’intensità del regime comunitario interno. In particolare, il detto tenore dimostrerebbe che il regolamento n. 44/2001 non porta ad un’armonizzazione completa delle disposizioni degli Stati membri in materia di conflitto di giurisdizioni. Sebbene si possa considerare che varie norme enunciate da tale regolamento abbiano una certa portata esterna, quali, in particolare, la norma generale sulla competenza basata sulla circostanza che il domicilio del convenuto sia situato nell’Unione, il punto essenziale sarebbe che le dette norme fanno parte di un regime interno diretto a risolvere i conflitti di competenza tra i giudici degli Stati membri di quest’ultima. Tenuto conto della portata interna degli artt. 61 CE e 65 CE, questi ultimi non possono costituire il fondamento normativo per stabilire un codice comunitario completo che istituisca norme relative alla competenza internazionale della Comunità.

99     Inoltre, il governo ceco, sostenuto dai governi ellenico, spagnolo e finlandese, rileva che il tenore degli artt. 61 CE e 65 CE dimostra che la competenza comunitaria interna è limitata dall’obiettivo specifico del corretto funzionamento del mercato interno. Di conseguenza, la competenza comunitaria esterna dovrebbe essere limitata dallo stesso obiettivo. D’altra parte, il governo finlandese rileva che, nel caso della Convenzione di Lugano, poiché le parti contraenti non membri dell’Unione non sono interessate dall’istituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, o dalla realizzazione del mercato interno, sarebbe difficile supporre che l’accordo previsto possa essere necessario al corretto funzionamento del mercato interno.

 Sulla seconda questione posta dalla Corte

100   Per quanto riguarda la pertinenza della questione intesa ad accertare in che limiti uno Stato membro possa negoziare con uno Stato terzo un accordo bilaterale che disciplini le problematiche trattate nel regolamento n. 44/2001, ma senza adottare necessariamente gli stessi criteri contenuti in quest’ultimo, la maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, nonché il Parlamento, ritengono che la sola questione pertinente sia se gli obblighi derivanti dall’accordo bilaterale rientrino o meno nell’ambito di applicazione di tale regolamento. Non vi sarebbe quindi alcuna differenza a seconda del fatto che tale accordo, dal punto di vista del suo contenuto, corrisponda o meno alle norme comunitarie.

101   Un tale accordo bilaterale dovrebbe quindi essere redatto con circospezione per garantire che le sue disposizioni non riguardino le materie disciplinate dal regolamento n. 44/2001, eventualmente per mezzo di una clausola di disgiunzione. I governi tedesco, ellenico e finlandese, in particolare, sostengono che la presenza di una tale clausola è determinante. Per contro, la Commissione ritiene che l’esistenza stessa di una clausola di disgiunzione costituisca la prova evidente di un’incidenza ai sensi della citata sentenza AETS.

102   In udienza, il governo spagnolo ha rilevato che, in alcune materie diverse da quelle disciplinate dal regolamento n. 44/2001, uno Stato membro conserva la libertà di concludere accordi con gli Stati terzi. Per quanto riguarda gli accordi concernenti le materie disciplinate dal detto regolamento, tale governo ha chiesto alla Corte di precisare la sua giurisprudenza, facendo valere che determinati Stati membri possono avere un interesse particolare a condurre negoziati con uno Stato terzo su talune materie per ragioni sia di vicinanza geografica, sia relative all’esistenza di legami storici tra i due Stati in questione.

103   Secondo il Parlamento, la scelta, in un accordo bilaterale concluso tra uno Stato membro e uno Stato terzo, di un criterio di collegamento diverso dal domicilio del convenuto, criterio considerato dal regolamento n. 44/2001, inciderebbe necessariamente su quest’ultimo. Così, un accordo bilaterale che utilizzi il criterio della cittadinanza sarebbe incompatibile con il detto regolamento in quanto, a seconda del testo applicato e del criterio considerato, sarebbero competenti due giudici diversi.

 Sulla terza questione posta dalla Corte

104   Per quanto riguarda l’eventuale necessità di stabilire una distinzione tra le disposizioni relative alla competenza giurisdizionale e quelle concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, vari governi, in particolare i governi ceco, tedesco, ellenico, portoghese e finlandese, sostengono che una tale distinzione è necessaria. Secondo il governo finlandese, ad esempio, dal sistema del regolamento n. 44/2001 risulta che il capo relativo alla competenza giurisdizionale e quello concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni non sono connessi. Si tratterebbe quindi di due normative separate ed autonome, inserite nello stesso strumento giuridico.

105   Per contro, il governo spagnolo sostiene che non bisogna operare una tale distinzione. Da un lato, sarebbe possibile rilevare che i due ambiti di applicazione delle disposizioni citate comprendono parti che non sono coperte dal diritto comunitario. Dall’altro, le due categorie di disposizioni formerebbero un tutt’uno alla luce del fatto che l’obiettivo del regolamento n. 44/2001 è quello di ottenere una semplificazione in materia di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni.

106   Analogamente, il Parlamento e la Commissione rilevano che non è giustificato scindere l’accordo previsto in due parti distinte ed affermare una competenza esclusiva della Comunità per una di queste ultime e una competenza concorrente per l’altra. Secondo la Commissione, tutto il meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni, sia quello istituito dal regolamento n. 44/2001 sia quello derivante dalla Convenzione di Lugano, si basa sul fatto che le norme relative alla competenza siano armonizzate e che gli Stati membri nutrano una fiducia reciproca sufficiente per evitare che i giudici degli Stati richiesti siano tenuti ad esaminare, caso per caso, se la competenza dei giudici dello Stato d’origine sia stata rispettata. Da questo punto di vista, la materia della competenza e quella del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni non possono essere distinte.

 Sulla quarta questione posta dalla Corte

107   Per quanto riguarda l’eventuale necessità di uno sviluppo o di una precisazione della giurisprudenza esistente, la grande maggioranza dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte auspica un chiarimento della giurisprudenza derivante dalla citata sentenza AETS. Inoltre, gli stessi governi sostengono la posizione adottata da quello del Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, secondo cui occorrerebbe riconsiderare uno dei criteri menzionati in tale giurisprudenza, ossia quello relativo alla circostanza che gli impegni internazionali rientrino in un settore già «in gran parte» disciplinato da norme comuni. Secondo il governo spagnolo, ad esempio, la Corte dovrebbe essere estremamente prudente prima di applicare al caso oggetto della presente domanda di parere la dottrina delle competenze esterne implicite, che è stata sviluppata in merito a cause appartenenti al settore economico, in cui i criteri applicabili sono molto diversi da quelli che devono essere impiegati nel diritto internazionale privato. Secondo l’Irlanda, sarebbe necessaria un’armonizzazione completa affinché possa essere rilevata l’esistenza di una competenza esterna comunitaria implicita.

108   Per contro, secondo il governo francese e la Commissione, la competenza esclusiva della Comunità deriva dal fatto che la nuova Convenzione di Lugano è diretta ad estendere ad alcuni Stati terzi il sistema di cooperazione attuato dal regolamento n. 44/2001.

109   Infine, per quanto riguarda la pertinenza del solo fatto che l’accordo previsto è diretto a riprodurre le norme comunitarie, la maggior parte dei governi sostiene che gli Stati membri sono liberi di ritrascrivere le disposizioni del diritto comunitario nei loro impegni internazionali per cui non vi è competenza esterna della Comunità. La questione centrale sarebbe quella dell’idoneità o meno dell’accordo previsto ad incidere sulle norme comunitarie interne, e non quella del parallelismo delle competenze in quanto tale.

 Presa di posizione della Corte

 Sulla ricevibilità della domanda

110   La domanda di parere, presentata dal Consiglio, verte sulla natura esclusiva o concorrente della competenza a concludere la nuova Convenzione di Lugano.

111   Il Consiglio è una delle istituzioni indicate all’art. 300, n. 6, CE. L’oggetto e le grandi linee dell’accordo previsto sono stati sufficientemente descritti come richiede la Corte (pareri 1/78 del 4 ottobre 1979, Racc. pag. 2871, punto 35, e 2/94, cit., punti 10-18).

112   D’altra parte, secondo un’interpretazione consolidata della Corte, quest’ultima può essere interpellata sulle questioni che riguardano la ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri a stipulare un determinato accordo con Stati terzi (v., in ultimo, parere 2/00, cit., punto 3). L’art. 107, n. 2, del regolamento di procedura corrobora tale interpretazione.

113   Ne consegue che la domanda di parere è ricevibile.

 Sul merito

 Sulla competenza della Comunità a concludere accordi internazionali

114   La competenza della Comunità a concludere accordi internazionali può non soltanto essere attribuita espressamente dal Trattato, ma altresì derivare implicitamente da altre disposizioni del Trattato e da atti adottati, nell’ambito di tali disposizioni, dalle istituzioni comunitarie (v. sentenza AETS, cit., punto 16). La Corte ha inoltre concluso che, ogniqualvolta il diritto comunitario abbia attribuito a tali istituzioni determinati poteri sul piano interno, onde realizzare un certo obiettivo, la Comunità è competente ad assumere gli impegni internazionali necessari per raggiungere tale obiettivo, anche in mancanza di espresse disposizioni al riguardo (citati pareri 1/76, punto 3, e 2/91, punto 7).

115   Tale competenza della Comunità può essere esclusiva o concorrente con gli Stati membri. Per quanto riguarda una competenza esclusiva, la Corte ha rilevato che l’ipotesi contemplata nel citato parere 1/76 è quella in cui la competenza interna può essere esercitata utilmente soltanto contemporaneamente alla competenza esterna (v. citati pareri 1/76, punti 4 e 7, e 1/94, punto 85), quando cioè è necessaria la conclusione di un accordo internazionale per realizzare determinati obiettivi del Trattato che non potevano essere raggiunti mediante l’instaurazione di norme autonome (v., in particolare, sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 57).

116   Al punto 17 della citata sentenza AETS la Corte ha stabilito il principio secondo cui, qualora siano state adottate norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere – né individualmente, né collettivamente – di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidano su dette norme. Anche in un caso simile la Comunità dispone di una competenza esclusiva a concludere gli accordi internazionali.

117   Nell’ipotesi oggetto del presente parere, tale principio è pertinente per valutare l’esclusività o meno di una competenza esterna della Comunità.

118   Al punto 11 del citato parere 2/91 la Corte ha indicato che il detto principio si applica anche quando sono state adottate disposizioni in settori non rientranti in politiche comuni e, in particolare, in settori in cui esistono disposizioni di armonizzazione.

119   La Corte ha ricordato a tale proposito che, in tutti i settori che rientrano negli scopi del Trattato, l’art. 10 CE impone agli Stati membri di facilitare la Comunità nell’adempimento dei propri compiti e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi suddetti (parere 2/91, cit., punto 10).

120   Prendendo posizione in merito alla parte III della convenzione n. 170 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, concernente la sicurezza nell’utilizzazione dei prodotti chimici sul lavoro, parte che rientra in un settore già in gran parte disciplinato da norme comunitarie, la Corte ha preso in considerazione il fatto che queste ultime fossero state gradualmente emanate da più di 25 anni nella prospettiva di un’armonizzazione sempre più completa e volta tanto ad eliminare gli ostacoli agli scambi derivanti dalle disparità tra le normative degli Stati membri quanto a garantire la tutela della popolazione e dell’ambiente. Essa ha concluso che tale parte della detta convenzione era atta ad incidere su tali norme comunitarie e che, pertanto, gli Stati membri non potevano, al di fuori dell’ambito comunitario, assumere impegni siffatti (parere 2/91, cit., punti 25 e 26).

121   Nel citato parere 1/94 e nelle menzionate sentenze «cieli aperti», la Corte ha elencato tre ipotesi in cui ha riconosciuto una competenza esclusiva della Comunità. Tuttavia, queste tre ipotesi, che sono state oggetto di ampie discussioni nell’ambito della domanda di parere in esame e che sono ricordate al punto 45 del presente parere, sono solo esempi la cui formulazione trova la sua origine nei contesti particolari presi in considerazione dalla Corte.

122   Infatti, statuendo in termini molto più generici, la Corte ha riconosciuto una competenza esclusiva della Comunità, in particolare, laddove la conclusione di un accordo da parte degli Stati membri sia incompatibile con l’unicità del mercato comune e con l’applicazione uniforme del diritto comunitario (sentenza AETS, cit., punto 31) o laddove, in ragione della natura stessa delle disposizioni comunitarie esistenti, quali atti legislativi che contengono clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di Stati terzi o all’armonizzazione completa di una determinata questione, ogni accordo relativo a tale materia incida necessariamente sulle disposizioni comunitarie ai sensi della citata sentenza AETS (v., in tal senso, parere 1/94, cit., punti 95 e 96, nonché sentenza Commissione/Danimarca, cit., punti 83 e 84).

123   Per contro, la Corte non ha riconosciuto una competenza esclusiva della Comunità allorché, in ragione della natura di prescrizioni minime sia delle disposizioni comunitarie sia di quelle di una convenzione internazionale, quest’ultima non poteva impedire la piena applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri (parere 2/91, cit., punto 18). Del pari, la Corte non ha riconosciuto la necessità di una competenza esclusiva della Comunità motivata dal rischio che accordi bilaterali creino distorsioni di flussi di servizi nel mercato interno, rilevando che nessuna disposizione del Trattato impediva alle istituzioni di organizzare, mediante le norme comuni da esse adottate, azioni concertate nei confronti di Stati terzi o di prescrivere i comportamenti che gli Stati membri dovevano adottare verso l’esterno (parere 1/94, cit., punti 78 e 79, nonché la sentenza Commissione/Danimarca, cit., punti 85 e 86).

124   In tale contesto, occorre ricordare che la Comunità dispone solo di competenze di attribuzione e che, pertanto, l’esistenza di una competenza, per di più non espressamente prevista da Trattato e di natura esclusiva, deve basarsi su conclusioni derivanti da un’analisi concreta del rapporto esistente tra l’accordo previsto e il diritto comunitario in vigore e da cui risulti che la conclusione di un tale accordo può incidere sulle norme comunitarie.

125   In alcuni casi, l’esame e il confronto dei settori disciplinati sia dalle disposizioni comunitarie sia dall’accordo previsto sono sufficienti ad escludere ogni incidenza su tali disposizioni (citati pareri 1/94, punto 103; 2/92, punto 34, e 2/00, punto 46).

126   Tuttavia, non è necessario che sussista una concordanza completa tra il settore disciplinato dall’accordo internazionale e quello della normativa comunitaria. Qualora occorra determinare se il criterio indicato dalla formula «di un settore già in gran parte disciplinato da norme comunitarie» (parere 2/91, cit., punti 25 e 26) sia soddisfatto, l’analisi deve basarsi non solo sulla portata delle disposizioni in questione, ma anche sulla natura e sul contenuto delle stesse. Occorre inoltre prendere in considerazione non soltanto lo stato attuale del diritto comunitario nel settore interessato, ma anche le sue prospettive di evoluzione, qualora esse siano prevedibili al momento di tale analisi (v., in tal senso, parere 2/91, cit., punto 25).

127   La necessità di prendere in considerazione non solo l’ampiezza del settore disciplinato, ma anche la natura e il contenuto delle disposizioni comunitarie è espressa anche nella giurisprudenza della Corte, ricordata al punto 123 del presente parere, secondo cui la natura delle prescrizioni minime contenute sia nelle disposizioni comunitarie sia in quelle dell’accordo internazionale può portare alla conclusione della mancanza di incidenza, anche se le disposizioni comunitarie e quelle dell’accordo disciplinano lo stesso settore.

128   In definitiva, è essenziale garantire un’applicazione uniforme e coerente delle disposizioni comunitarie ed un corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono al fine di preservare la piena efficacia del diritto comunitario.

129   D’altra parte, un’eventuale iniziativa diretta ad evitare contraddizioni tra il diritto comunitario e l’accordo previsto non esime dal verificare, prima di concludere tale accordo, se quest’ultimo sia tale da incidere sulle norme comunitarie (v. in particolare, in tal senso, parere 2/91, cit., punto 25, e sentenza Commissione/Danimarca, cit., punti 101 e 105).

130   A tale proposito, l’esistenza, in un accordo, di una clausola detta «di disgiunzione», ai cui sensi il detto accordo non pregiudica l’applicazione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni pertinenti di diritto comunitario, non costituisce una garanzia della mancata incidenza delle disposizioni dell’accordo sulle norme comunitarie mediante una delimitazione del rispettivo ambito di applicazione di entrambe le norme, ma, al contrario, può apparire come l’indice dell’incidenza su tali norme. Un simile meccanismo diretto a prevenire ogni conflitto al momento dell’esecuzione dell’accordo non è di per sé un elemento determinante che consente di risolvere la questione se la Comunità disponga di una competenza esclusiva a concludere il detto accordo o se la competenza appartenga agli Stati membri, questione che dev’essere risolta prima della conclusione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 101).

131   Infine, il fondamento normativo su cui si basano le disposizioni comunitarie e più in particolare la condizione relativa al corretto funzionamento del mercato interno prevista all’art. 65 CE sono, in quanto tali, irrilevanti al fine di verificare se un accordo internazionale incida su disposizioni comunitarie. Il fondamento normativo di una regolamentazione interna è infatti determinato dalla componente principale di quest’ultima, mentre la disposizione di cui si esamina il pregiudizio subito può essere anche solo una componente accessoria di tale regolamentazione. La competenza esclusiva della Comunità è diretta, in particolare, a preservare l’efficacia del diritto comunitario e il corretto funzionamento dei sistemi istituiti dalle sue norme, indipendentemente dagli eventuali limiti previsti dalla disposizione del Trattato su cui le istituzioni si sono basate per adottare tali norme.

132   Se un accordo internazionale comprende norme che presuppongono un’armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri in un settore in cui il Trattato esclude una tale armonizzazione, la Comunità non dispone della competenza necessaria a concludere il detto accordo. Tali limiti della competenza esterna della Comunità riguardano l’esistenza stessa di tale competenza e non la sua esclusività.

133   Da quanto precede risulta che occorre effettuare un’analisi globale e concreta al fine di verificare se la Comunità disponga della competenza a concludere un accordo internazionale e se tale competenza sia esclusiva. A tal fine, occorre prendere in considerazione non solo il settore disciplinato sia dalle norme comunitarie sia dalle disposizioni dell’accordo previsto, ove esse siano note, ma anche la natura e il contenuto di tali norme e disposizioni, al fine di assicurarsi che l’accordo non sia tale da pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie e il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono.

 Sulla competenza della Comunità a concludere la nuova Convenzione di Lugano

134   La domanda di parere non riguarda l’esistenza stessa della competenza della Comunità a concludere l’accordo previsto, bensì la questione se tale competenza sia esclusiva o concorrente. A tale proposito, è sufficiente rilevare che la Comunità ha già adottato disposizioni interne concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, che si tratti del regolamento n. 44/2001, adottato sulla base degli artt. 61, lett. c), CE e 67, n. 1, CE, o di disposizioni specifiche contenute in normative settoriali, quali il titolo X del regolamento n. 40/94 o l’art. 6 della direttiva 96/71.

135   Il regolamento n. 44/2001 è stato adottato per sostituire, tra gli Stati membri ad eccezione del Regno di Danimarca, la Convenzione di Bruxelles. Esso si applica in materia civile e commerciale, nei limiti previsti dal suo ambito di applicazione quale definito all’art. 1 dello stesso regolamento. Poiché l’obiettivo e le disposizioni di quest’ultimo sono ripresi, in gran parte, dalla detta convenzione, si farà riferimento, all’occorrenza, all’interpretazione di tale convenzione fornita dalla Corte.

136   L’accordo previsto è diretto a sostituire la Convenzione di Lugano, qualificata come «convenzione parallela alla Convenzione di Bruxelles» nel quinto ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001.

137   Anche se il testo derivante dai lavori di revisione delle due suddette convenzioni nonché le direttive di negoziato della nuova Convenzione di Lugano sono noti, occorre sottolineare che non esiste alcuna certezza in merito al testo definitivo che sarà adottato.

138   Sia il regolamento n. 44/2001 sia l’accordo previsto contengono essenzialmente due parti. La prima parte di tale accordo comprende norme sulla competenza dei giudici, come quelle oggetto del capo II del regolamento n. 44/2001 e le disposizioni specifiche di cui al punto 134 del presente parere. La seconda parte comprende norme relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni, come quelle oggetto del capo III del regolamento n. 44/2001. Queste due parti saranno oggetto di un’analisi distinta.

–       Sulle norme relative alla competenza dei giudici

139   Lo scopo di una norma sulla competenza dei giudici è quello di stabilire, in una determinata ipotesi, quale sarà il giudice competente a conoscere di una controversia. A tal fine, la norma contiene un criterio che consente di «collegare» la controversia al giudice che sarà riconosciuto competente. I criteri di collegamento variano, in genere, in funzione dell’oggetto della controversia. Tuttavia, essi possono anche tener conto della data in cui è stato proposto il ricorso, di caratteristiche proprie del ricorrente o del convenuto, o ancora di qualsiasi altro elemento.

140   La pluralità dei criteri di collegamento utilizzati da diversi ordinamenti giuridici genera conflitti tra le norme sulla competenza. Tali conflitti possono essere risolti da disposizioni esplicite della lex fori o dall’applicazione di principi generali comuni a vari ordinamenti giuridici. Può accadere inoltre che una legge lasci al ricorrente la scelta tra più giudici la cui competenza è determinata in ragione di vari criteri di collegamento distinti.

141   Da tali elementi risulta che una normativa internazionale la quale contenga norme che consentono di risolvere i conflitti tra varie norme sulla competenza elaborate da diversi ordinamenti giuridici utilizzando criteri di collegamento diversi può costituire un sistema particolarmente complesso che, per essere coerente, dev’essere il più globale possibile. La minima lacuna in tali norme potrebbe infatti provocare una competenza concorrente di più giudici a statuire su una stessa controversia, ma anche una totale assenza di tutela giurisdizionale, nel caso in cui nessun giudice possa essere riconosciuto competente a statuire su una tale controversia.

142   Negli accordi internazionali conclusi dagli Stati membri o dalla Comunità con Stati terzi, tali norme sui conflitti di competenza stabiliscono necessariamente criteri di competenza dei giudici non solo degli Stati terzi, ma anche degli Stati membri e, di conseguenza, riguardano materie disciplinate dal regolamento n. 44/2001.

143   Tale regolamento, e in particolare il suo capo II, è diretto ad unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale, non solo per controversie intracomunitarie, ma anche per quelle che presentino un elemento di estraneità, al fine di eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno che possono derivare dalle disparità esistenti tra le normative nazionali in materia (v. secondo ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001 e, per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles, sentenza 1° marzo 2005, causa C‑281/02, Owusu, Racc. pag. I‑1383, punto 34).

144   Il detto regolamento contiene un insieme di disposizioni che formano un sistema globale e si applicano non solo ai rapporti tra vari Stati membri, laddove riguardano ora procedimenti pendenti dinanzi a giudici di vari Stati membri, ora decisioni emesse da giudici di uno Stato membro al fine del loro riconoscimento e della loro esecuzione in un altro Stato membro, ma anche ai rapporti tra uno Stato membro ed uno Stato terzo.

145   Statuendo in merito alla Convenzione di Bruxelles, la Corte ha ricordato a tale proposito che l’applicazione delle norme sulla competenza presuppone l’esistenza di un elemento di estraneità e che il carattere internazionale del rapporto giuridico di cui trattasi non deve necessariamente derivare, per quanto attiene all’applicazione dell’art. 2 della Convenzione di Bruxelles, dall’implicazione di più Stati contraenti, in ragione del merito della controversia o del rispettivo domicilio delle parti della controversia. L’implicazione di uno Stato contraente e di uno Stato terzo, sulla base, ad esempio, del domicilio dell’attore e di un convenuto nel primo Stato e dell’ubicazione del fatto controverso nel secondo è parimenti tale da attribuire carattere internazionale al rapporto giuridico in esame. Tale situazione, infatti, è atta a sollevare, nello Stato contraente, questioni relative alla determinazione della competenza giurisdizionale nell’ordinamento internazionale, il che costituisce proprio una delle finalità della Convenzione di Bruxelles, come emerge dal terzo ‘considerando’ del suo preambolo (sentenza Owusu, cit., punti 25 e 26).

146   Del resto, la Corte ha dichiarato che le norme della Convenzione di Bruxelles in materia di competenza esclusiva o di proroga espressa della competenza sono parimenti applicabili a rapporti giuridici concernenti unicamente uno Stato contraente ed uno o più Stati terzi (sentenza Owusu, cit., punto 28). Essa ha inoltre rilevato, in merito alle norme della Convenzione di Bruxelles in materia di litispendenza e di connessione, nonché di riconoscimento e di esecuzione, che riguardino procedimenti pendenti dinanzi a giudici di diversi Stati contraenti o decisioni pronunciate da giudici di uno Stato contraente ai fini del loro riconoscimento e della loro esecuzione in un altro Stato contraente, che le controversie oggetto di tali procedimenti o di tali decisioni possono avere un carattere internazionale che coinvolge uno Stato contraente e uno Stato terzo e possono aver provocato, per tale ragione, il ricorso alla regola generale sulla competenza di cui all’art. 2 della Convenzione di Bruxelles (sentenza Owusu, cit., punto 29).

147   In tale contesto occorre rilevare che il regolamento n. 44/2001 contiene disposizioni che disciplinano il suo rapporto con le altre norme di diritto comunitario esistenti o future. Così, il suo art. 67 fa salva l’applicazione delle disposizioni che, in materie particolari, disciplinano la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e che sono contenute negli atti comunitari o nelle legislazioni nazionali armonizzate in esecuzione di tali atti. Inoltre, l’art. 71, n. 1, di tale regolamento fa salva l’applicazione delle convenzioni aventi lo stesso oggetto delle precedenti disposizioni di cui gli Stati membri siano già parti contraenti. A tale proposito, dal n. 2, lett. a), dello stesso articolo risulta che il regolamento non osta a che il giudice di uno Stato membro che sia parte di una siffatta convenzione possa fondare la propria competenza su tale convenzione anche se il convenuto è domiciliato nel territorio di uno Stato membro che non è parte contraente della medesima.

148   Alla luce della natura globale e coerente del sistema delle norme sui conflitti di competenza elaborato dal regolamento n. 44/2001, l’art. 4, n. 1, di quest’ultimo, ai cui sensi «[s]e il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva l’applicazione degli articoli 22 e 23», dev’essere interpretato come facente parte del sistema istituito da tale regolamento, dal momento che quest’ultimo disciplina la situazione prevista con riferimento alla legislazione dello Stato membro il cui giudice è adito.

149   Per quanto riguarda tale riferimento alla legislazione nazionale in questione, anche supponendo che su di essa possa basarsi una competenza degli Stati membri a concludere un accordo internazionale, si deve necessariamente rilevare che, secondo lo stesso tenore del citato art. 4, n. 1, l’unico criterio utilizzabile è quello del domicilio del convenuto, purché non si applichino gli artt. 22 e 23 del regolamento.

150   Inoltre, pur rispettando quanto disposto dall’art. 4, n. 1, del regolamento n. 44/2001, l’accordo previsto potrebbe nondimeno venire in conflitto con altre disposizioni dello stesso regolamento. Così, trattandosi di una persona giuridica, convenuta in una controversia e domiciliata al di fuori di uno Stato membro, il detto accordo, in ragione dell’utilizzazione del criterio del domicilio del convenuto, potrebbe venire in conflitto con le disposizioni del medesimo regolamento relative alle succursali, alle agenzie o alle altre sedi d’attività prive di personalità giuridica, quali gli artt. 9, n. 2, per le controversie in materia di contratti di assicurazione, 15, n. 2, per le controversie in materia di contratti conclusi dai consumatori, o 18, n. 2, per le controversie in materia di contratti individuali di lavoro.

151   Pertanto, dall’esame del solo regolamento n. 44/2001 risulta che, in ragione del sistema globale e coerente delle norme sulla competenza che esso prevede, ogni accordo internazionale che stabilisca anche un sistema globale di norme sui conflitti di competenza come quello elaborato dal detto regolamento sarebbe tale da incidere sulle dette norme sulla competenza. Occorre nondimeno proseguire l’analisi effettuando l’esame dell’accordo previsto, al fine di verificare se quest’ultimo corrobori tale affermazione.

152   La nuova Convenzione di Lugano avrebbe lo stesso oggetto del regolamento n. 44/2001, ma un ambito di applicazione territoriale più esteso. Le sue disposizioni attuerebbero la stessa sistematica del regolamento n. 44/2001, in particolare utilizzando le stesse norme sulla competenza, il che, secondo la maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, garantirebbe la coerenza tra i due strumenti giuridici e, pertanto, eviterebbe che le norme comunitarie siano pregiudicate dalla detta convenzione.

153   Tuttavia, se l’identità di oggetto e di formulazione tra le norme comunitarie e le disposizioni dell’accordo previsto sono elementi che devono essere presi in considerazione per il controllo dell’esistenza del pregiudizio di tali norme da parte di detto accordo, tali elementi non possono, da soli, dimostrare l’assenza del detto pregiudizio. Per quanto riguarda la coerenza derivante dall’applicazione delle stesse norme sulla competenza, essa non è sinonimo di assenza di pregiudizio in quanto l’applicazione di una norma sulla competenza stabilita dall’accordo previsto può portare alla designazione di un giudice competente diverso da quello che sarebbe stato designato ai sensi delle disposizioni del regolamento n. 44/2001. Così, laddove la nuova Convenzione di Lugano contenga articoli identici agli artt. 22 e 23 del regolamento n. 44/2001 e conduca su tale base alla designazione come foro competente di uno Stato terzo parte contraente di tale convenzione, mentre il convenuto è domiciliato in uno Stato membro, in assenza della convenzione, quest’ultimo Stato sarebbe il foro competente, mentre con la convenzione è competente lo Stato terzo.

154   La nuova Convenzione di Lugano conterrebbe una clausola di disgiunzione analoga a quella di cui all’art. 54 ter della convenzione attuale. Tuttavia, come è stato rilevato al punto 130 del presente parere, una tale clausola, che è diretta a prevenire i conflitti al momento dell’applicazione dei due strumenti giuridici, non consente di per sé di risolvere la questione, preliminare alla conclusione stessa dell’accordo previsto, se la Comunità detenga una competenza esclusiva a concludere quest’ultimo. Al contrario, una tale clausola può apparire come l’indice di un rischio di incidenza delle disposizioni di tale accordo sulle norme comunitarie.

155   D’altronde, come ha rilevato la Commissione, una clausola di disgiunzione in un accordo internazionale di diritto internazionale privato ha natura particolare ed è diversa da una clausola di disgiunzione classica. Nel caso di specie, lo scopo non è quello di preservare l’applicazione del regolamento n. 44/2001 ogni volta che ciò sia possibile, bensì di disciplinare in maniera coerente il rapporto fra tale regolamento e la nuova Convenzione di Lugano.

156   Inoltre, va rilevato che la clausola di disgiunzione di cui all’art. 54 ter, n. 1, della Convenzione di Lugano comprende alcune eccezioni previste al n. 2, lett. a) e b), del medesimo articolo.

157   Così, l’art. 54 ter, n. 2, lett. a), della Convenzione di Lugano prevede che quest’ultima si applica comunque qualora il convenuto sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente di tale convenzione che non è membro dell’Unione europea. Orbene, nel caso in cui, ad esempio, il convenuto sia una persona giuridica che possiede una succursale, un’agenzia o un’altra sede d’attività priva di personalità giuridica in uno Stato membro, tale disposizione può pregiudicare l’applicazione del regolamento n. 44/2001, in particolare dei suoi artt. 9, n. 2, per le controversie in materia di contratti di assicurazione, 15, n. 2, per le controversie in materia di contratti conclusi dai consumatori, o 18, n. 2, per le controversie in materia di contratti individuali di lavoro.

158   Lo stesso vale per le altre due eccezioni alla clausola di disgiunzione prevista dalla Convenzione di Lugano, vale a dire, ai sensi dell’art. 54 ter, n. 2, lett. a), in fine, qualora gli artt. 16 e 17 di tale convenzione, relativi rispettivamente alle competenze esclusive e alla proroga di competenza, attribuiscano la competenza ai giudici di uno Stato contraente che non è membro dell’Unione europea e, ai sensi dell’art. 54 ter, n. 2, lett. b), in materia di litispendenza o di connessione contemplate dagli artt. 21 e 22 della medesima convenzione, ove siano state proposte azioni in uno Stato contraente che non è membro dell’Unione europea e in uno Stato contraente che è membro di quest’ultima. Infatti, l’applicazione di tale convenzione, nell’ambito delle eccezioni menzionate, può impedire quella delle norme sulla competenza previste dal regolamento n. 44/2001.

159   Alcuni governi, in particolare quello portoghese, sostengono che queste poche eccezioni non possono mettere in discussione la competenza degli Stati membri a concludere l’accordo previsto, competenza che dev’essere determinata dalle disposizioni principali di tale accordo. Allo stesso modo, l’Irlanda fa valere che sarebbe sufficiente che la Comunità negoziasse solo la disposizione relativa a tali eccezioni, mentre gli Stati membri resterebbero competenti a stipulare le altre disposizioni del detto accordo.

160   Tuttavia, occorre sottolineare che, come è stato indicato ai punti 151‑153 del presente parere, le disposizioni principali dell’accordo previsto possono incidere sulla natura globale e coerente delle norme sulla competenza previste dal regolamento n. 44/2001. Le eccezioni alla clausola di disgiunzione nonché la necessità di una presenza comunitaria al momento dei negoziati, indicata dall’Irlanda, sono solo indici dell’esistenza di un pregiudizio delle norme comunitarie in determinate circostanze.

161   Dall’analisi delle disposizioni della nuova Convenzione di Lugano relative alle norme sulla competenza risulta che tali disposizioni pregiudicano l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie relative alla competenza giurisdizionale e il corretto funzionamento del sistema che queste ultime istituiscono.

–       Sulle norme relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale

162   La maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte sostengono che le norme relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale costituiscono un settore separabile da quello delle norme sulla competenza, il che giustificherebbe un’analisi distinta del pregiudizio delle norme comunitarie da parte dell’accordo previsto. A tale proposito, essi fanno valere che l’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001 è limitato, in quanto il riconoscimento riguarda solo decisioni emesse in altri Stati membri, e che ogni accordo avente un ambito di applicazione diverso, in quanto riguarda decisioni «estranee alla Comunità», non sarebbe tale da incidere sulle norme comunitarie.

163   Tuttavia, come sostengono altri governi nonché il Parlamento e la Commissione, va rilevato che le norme sulla competenza e quelle relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni, di cui al regolamento n. 44/2001, non costituiscono insiemi distinti ed autonomi, ma sono strettamente connesse. Come la Commissione ha ricordato in udienza, il meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione, enunciato all’art. 33, n. 1, di tale regolamento, secondo cui le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, e che conduce, in via di principio, ai sensi dell’art. 35, n. 3, del medesimo regolamento, all’assenza di controllo della competenza dei giudici dello Stato membro d’origine, è giustificato dalla fiducia reciproca tra gli Stati membri e, in particolare, da quella che il giudice dello Stato richiesto ripone nel giudice dello Stato di origine, tenuto conto segnatamente delle norme sulla competenza diretta enunciate al capo II del detto regolamento. Per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles, la relazione sulla detta convenzione presentata dal sig. Jenard (GU 1979, C 59, pag. 1, in particolare pag. 46), indicava che: «[l]e rigorose norme di competenza enunciate al titolo II, le garanzie concesse al convenuto contumace nell’articolo 20, hanno fatto venir meno la necessità d’imporre, al giudice davanti al quale è invocato il riconoscimento o richiesta l’esecuzione, l’accertamento della competenza del giudice originario».

164   Varie disposizioni del regolamento n. 44/2001 attestano il nesso esistente tra il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e le norme sulla competenza. Così, il controllo della competenza del giudice d’origine, a titolo eccezionale, è mantenuto ai sensi dell’art. 35, n. 1, del regolamento qualora siano in causa le disposizioni del detto regolamento relative alle competenze esclusive, alle competenze in materia di contratti di assicurazione e di contratti conclusi da consumatori. Gli artt. 71, n. 2, lett. b), e 72 del medesimo regolamento stabiliscono altresì un tale rapporto tra le norme sulla competenza e quelle relative al riconoscimento e all’esecuzione di dette decisioni.

165   D’altra parte, le disposizioni del regolamento n. 44/2001 prevedono le possibilità di conflitti tra decisioni emesse tra le medesime parti da giudici diversi. Così, l’art. 34, punto 3, di tale regolamento precisa che le decisioni non sono riconosciute se sono in contrasto con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto, mentre il punto 4 dello stesso articolo prevede che le decisioni non sono riconosciute se sono in contrasto con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché tale decisione presenta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto.

166   Inoltre, come è stato precisato al punto 147 del presente parere, l’art. 67 del regolamento citato disciplina il rapporto del sistema istituito da quest’ultimo non solo con le altre disposizioni di diritto comunitario esistenti o future, ma anche con le convenzioni esistenti che incidono sulle norme comunitarie relative al riconoscimento e all’esecuzione, indipendentemente dal fatto che tali convenzioni contengano norme sulla competenza o disposizioni relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni.

167   Infatti, per quanto riguarda le convenzioni di cui gli Stati membri sono parti contraenti, di cui all’art. 71 del regolamento n. 44/2001, il n. 2, lett. b), di tale articolo prevede, al suo primo comma, che «le decisioni emesse in uno Stato membro da un giudice che abbia fondato la propria competenza su una convenzione relativa a una materia particolare sono riconosciute ed eseguite negli altri Stati membri a norma del presente regolamento». Il secondo comma della stessa disposizione enuncia che, «[s]e una convenzione relativa ad una materia particolare di cui sono parti lo Stato membro d’origine e lo Stato membro richiesto determina le condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni, si applicano tali condizioni». Infine, l’art. 72 di tale regolamento dispone che esso «lascia impregiudicati gli accordi anteriori alla sua entrata in vigore con i quali gli Stati membri si siano impegnati, ai sensi dell’articolo 59 della Convenzione di Bruxelles, a non riconoscere una decisione emessa, in particolare in un altro Stato contraente della convenzione, contro un convenuto che aveva il proprio domicilio o la propria residenza abituale in un paese terzo, qualora la decisione sia stata fondata, in un caso previsto all’articolo 4 della convenzione, soltanto sulle norme in materia di competenza di cui all’articolo 3, secondo comma, della convenzione stessa».

168   Dall’esame del solo regolamento n. 44/2001 risulta quindi che, in ragione del sistema globale e coerente che esso istituisce per quanto riguarda il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, un accordo come quello previsto, indipendentemente dal fatto che contenga disposizioni relative alla competenza dei giudici o al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni, potrebbe incidere su tali norme.

169   In assenza di un testo definitivo della nuova Convenzione di Lugano, l’esame delle possibilità di pregiudizio delle norme comunitarie da parte di quest’ultima sarà svolto prendendo in considerazione, a titolo di esempi, le disposizioni dell’attuale Convenzione di Lugano.

170   L’art. 26, primo comma, di quest’ultima convenzione enuncia il principio secondo cui le decisioni rese in uno Stato contraente sono riconosciute negli altri Stati contraenti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. Un tale principio incide sulle norme comunitarie, poiché estende l’ambito di applicazione del riconoscimento senza procedimento delle decisioni giurisdizionali, aumentando così il numero di casi in cui saranno riconosciute decisioni rese da giudici di Stati non membri della Comunità, la cui competenza non deriva dall’applicazione delle disposizioni del regolamento n. 44/2001.

171   Per quanto riguarda l’esistenza di una clausola di disgiunzione nell’accordo previsto, come quella riportata all’art. 54 ter, n. 1, della Convenzione di Lugano, non pare, come risulta dai punti 130 e 154 del presente parere, che la sua presenza possa modificare tale affermazione per quanto riguarda l’esistenza di una competenza esclusiva della Comunità a concludere il detto accordo.

172   Dall’insieme di tali elementi risulta che le norme comunitarie relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni non sono scindibili da quelle relative alla competenza dei giudici, con cui le prime formano un sistema globale e coerente, e che la nuova Convenzione di Lugano pregiudicherebbe l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie per quanto riguarda sia la competenza giurisdizionale sia il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e il corretto funzionamento del sistema globale istituito da tali norme.

173   Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la Comunità detiene una competenza esclusiva a concludere la nuova Convenzione di Lugano.

Di conseguenza, la Corte (seduta plenaria) emette il seguente parere:

La conclusione della nuova Convenzione di Lugano, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, così come prevista ai punti 8-12 della domanda di parere, riprodotti al punto 26 del presente parere, rientra interamente nella competenza esclusiva della Comunità europea.


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