EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62013CV0001

Parere della Corte (Grande Sezione) del 14 ottobre 2014.
Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE.
Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE - Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori - Adesione di Stati terzi - Regolamento (CE) n. 2201/2003 - Competenza esterna esclusiva dell’Unione europea - Rischio di pregiudizio per l’applicazione uniforme e coerente delle norme dell’Unione e per il corretto funzionamento del sistema da esse istituito.
Causa Parere 1/13.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:2303

PARERE 1/13 DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 ottobre 2014

«Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE — Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori — Adesione di Stati terzi — Regolamento (CE) n. 2201/2003 — Competenza esterna esclusiva dell’Unione europea — Rischio di pregiudizio per l’applicazione uniforme e coerente delle norme dell’Unione e per il corretto funzionamento del sistema da esse istituito»

Nel procedimento di parere 1/13,

avente ad oggetto una domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, proposta alla Corte il 21 giugno 2013 dalla Commissione europea,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, A. Tizzano, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič e J.‑C. Bonichot, presidenti di sezione, A. Rosas, J. Malenovský (relatore), A. Arabadjiev, M. Safjan, D. Šváby, M. Berger e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: M.‑A. Gaudissart, capo‑unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o aprile 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per la Commissione europea, da F. Castillo de la Torre e A.‑M. Rouchaud‑Joët, in qualità di agenti;

per il governo belga, da C. Pochet nonché da J.‑C. Halleux e T. Materne, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek e E. Ruffer, in qualità di agenti;

per il governo danese, da C. Thorning, in qualità di agente;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Kemper, in qualità di agenti;

per il governo estone, da K. Kraavi‑Käerdi, in qualità di agente;

per il governo irlandese, da T. Joyce ed E. McPhillips, in qualità di agenti;

per il governo ellenico, da T. Papadopoulou, in qualità di agente;

per il governo spagnolo, da M. Sampol Pucurull e N. Díaz Abad, in qualità di agenti;

per il governo francese, da E. Belliard, N. Rouam, G. de Bergues e D. Colas, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Fiorilli e P. Garofoli, avvocati dello Stato;

per il governo cipriota, da I. Neophytou e D. Kalli, in qualità di agenti;

per il governo lettone, da I. Kalniņš e D. Pelše, in qualità di agenti;

per il governo lituano, da K. Dieninis e A. Svinkūnaitè, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, da C. Pesendorfer, in qualità di agente;

per il governo polacco, da M. Arciszewski, B. Majczyna e A. Miłkowska, in qualità di agenti;

per il governo portoghese, da L. Fernandes e S. Nunes de Almeida, in qualità di agenti;

per il governo rumeno, da R.‑H. Radu, A.‑G. Vacaru e A. Voicu, in qualità di agenti;

per il governo slovacco, da B. Ricziová, in qualità di agente;

per il governo finlandese, da J. Heliskoski, in qualità di agente;

per il governo svedese, da A. Falk e U. Persson, in qualità di agenti;

per il governo del Regno Unito, da M. Holt, in qualità di agente, assistito da J. Holmes e R. Palmer, barristers;

per il Parlamento europeo, da A. Caiola e A. Pospíšilová Padowska, in qualità di agenti,

per il Consiglio dell’Unione europea, da J. Monteiro e A. De Elera, in qualità di agenti,

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato il seguente

Parere

1.

La domanda di parere proposta alla Corte dalla Commissione europea è così formulata:

«L’accettazione dell’adesione di un paese terzo alla [Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980 (in prosieguo: la “Convenzione dell’Aia del 1980”),] rientra nella competenza esclusiva dell’Unione [europea]?»

Contesto normativo

Il diritto internazionale

2.

Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione dell’Aia del 1980. L’Unione non aderisce a questa convenzione.

3.

L’articolo 1 di tale convenzione così dispone:

«La presente Convenzione ha come fine:

a)

di assicurare l’immediato ritorno dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente;

b)

di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti».

4.

L’articolo 3 di detta convenzione enuncia:

«Il trasferimento o il mancato ritorno di un minore è ritenuto illecito:

a)

quando avviene in violazione di un diritto di affidamento assegnato ad una persona, a un’istituzione o a qualsiasi altro ente, individualmente o congiuntamente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno, e

b)

se tale diritto era esercitato in maniera effettiva, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento o del mancato ritorno del minore, o lo sarebbe stato se non si fossero verificati tali eventi.

(...)».

5.

Il capo II della Convenzione dell’Aia del 1980 riguarda le autorità centrali. Ai sensi dell’articolo 6, contenuto in detto capo II, ciascuno Stato parte contraente della convenzione (in prosieguo: lo «Stato contraente») designa un’autorità centrale incaricata di adempiere gli obblighi impostigli dalla convenzione stessa. A norma dell’articolo 7 di quest’ultima, le autorità centrali sono tenute a cooperare tra loro e a promuovere una collaborazione tra le autorità competenti nei loro rispettivi Stati. In particolare, esse devono prendere tutte le misure appropriate per individuare il minore illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato diverso da quello della sua residenza abituale (in prosieguo: il «minore illecitamente trasferito») e per assicurare la consegna volontaria di tale minore o facilitare una soluzione amichevole. Esse devono altresì adottare o far adottare misure provvisorie al fine di prevenire nuovi pericoli per questo minore. Esse avviano o agevolano l’instaurazione di un procedimento giudiziario o amministrativo al fine di ottenere il ritorno del minore e, se del caso, di consentire l’organizzazione o l’esercizio effettivo del diritto di visita, vale a dire del diritto di condurre il minore per un periodo limitato in un luogo diverso dalla sua residenza abituale (in prosieguo: il «diritto di visita»). Se necessario, esse assicurano, sul piano amministrativo, il ritorno del minore in condizioni di sicurezza.

6.

Il capo III di detta convenzione, intitolato «Ritorno del minore», contiene gli articoli da 8 a 20.

7.

L’articolo 8, primo comma, della medesima convenzione così dispone:

«Ogni persona, istituzione od ente, che adduca che un minore è stato trasferito o trattenuto in violazione di un diritto di affidamento, può rivolgersi sia all’Autorità centrale della residenza abituale del minore, sia a quella di ogni altro Stato contraente, al fine di ottenere assistenza per assicurare il ritorno del minore».

8.

L’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980 è formulato come segue:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e alla data di presentazione dell’istanza dinanzi all’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente in cui il minore si trova sia trascorso un periodo inferiore ad un anno a decorrere dal suo trasferimento o mancato ritorno, l’autorità adita ne ordina il ritorno immediato.

L’autorità giudiziaria o amministrativa, anche se adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al comma precedente, deve parimenti ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che questi si è integrato nel suo nuovo ambiente.

Se l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore sia stato condotto in un altro Stato, può sospendere la procedura o respingere la domanda di ritorno del minore».

9.

L’articolo 13 di detta convenzione è formulato come segue:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, l’istituzione o l’ente che si oppone al ritorno dimostri:

a)

che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento all’epoca del trasferimento o del mancato ritorno, oppure aveva acconsentito o fatto successiva acquiescenza a tale trasferimento o a tale mancato ritorno; o

b)

che sussiste un grave rischio per il minore di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

L’autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorità centrale o da qualsiasi altra autorità competente dello Stato di residenza abituale del minore in merito alla situazione sociale di quest’ultimo».

10.

Il tenore dell’articolo 16 della medesima convenzione è il seguente:

«Dopo aver ricevuto notizia del trasferimento illecito di un minore o del suo mancato ritorno ai sensi dell’articolo 3, le autorità giudiziarie o amministrative dello Stato contraente nel quale il minore è stato trasferito o è trattenuto non potranno deliberare per quanto riguarda il merito del diritto di affidamento fino a quando non sarà accertato che le condizioni fissate dalla presente Convenzione per il ritorno del minore non sono soddisfatte, oppure fino a quando non sarà trascorso un periodo di tempo ragionevole senza che sia stata presentata una domanda a norma della presente Convenzione».

11.

Il capo IV della Convenzione dell’Aia del 1980, intitolato «Diritto di visita», contiene l’articolo 21. Tale articolo stabilisce, al primo comma, quanto segue:

«Una domanda concernente l’organizzazione o la tutela dell’esercizio effettivo di un diritto di visita può essere inoltrata all’Autorità centrale di uno Stato contraente con le stesse modalità di quelle previste per la domanda di ritorno del minore».

12.

Il capo V della convenzione suddetta, intitolato «Disposizioni generali», comprende gli articoli da 22 a 36, disciplinanti in particolare le disposizioni procedurali comuni in merito al ritorno dei minori illecitamente trasferiti e alle garanzie di esercizio del diritto di visita.

13.

Nell’ambito del capo VI della medesima convenzione, intitolato «Clausole finali», figura l’articolo 38 così formulato:

«Qualsiasi altro Stato potrà aderire alla Convenzione.

Lo strumento di adesione sarà depositato presso il Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi.

La Convenzione entrerà in vigore, per lo Stato che vi aderisce, il primo giorno del terzo mese successivo al deposito del suo strumento di adesione.

L’adesione avrà effetto solo nei rapporti tra lo Stato aderente e gli Stati contraenti che avranno dichiarato di accettare tale adesione. Questa dichiarazione dovrà altresì essere resa da ogni Stato membro che ratifichi, accetti od approvi la Convenzione in seguito all’adesione. Detta dichiarazione sarà depositata presso il Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi, il quale ne farà pervenire una copia autenticata a ciascuno degli Stati contraenti per le vie diplomatiche.

La Convenzione entrerà in vigore, tra lo Stato aderente e lo Stato che abbia dichiarato di accettare tale adesione, il primo giorno del terzo mese successivo al deposito della dichiarazione di accettazione».

Il diritto dell’Unione

14.

Il considerando 17 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1), ha il seguente tenore:

«In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la [Convenzione dell’Aia del 1980], quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. (...)».

15.

L’articolo 8 del medesimo regolamento recita:

«1.   Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adit[e].

2.   Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12».

16.

L’articolo 10 del citato regolamento disciplina la competenza dei giudici degli Stati membri in caso di sottrazione di minore. Esso stabilisce che, in caso di trasferimento o mancato ritorno illeciti di un minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato ritorno conserva la competenza fino a che il minore non abbia acquisito la residenza abituale in un altro Stato membro, nel rispetto delle ulteriori condizioni stabilite alla lettera a) o alla lettera b) del medesimo articolo.

17.

L’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 è così formulato:

«1.   Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla [Convenzione dell’Aia del 1980] per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.   Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della Convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.   Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma, l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.   Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della Convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

5.   Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.

6.   Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della Convenzione dell’Aia del 1980, (...) deve immediatamente trasmettere[,] direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale[,] una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale [deve] riceve[re] tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.   A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stata adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.   Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della Convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

18.

L’articolo 41, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 2201/2003 recita:

«Il diritto di visita (...), conferito in forza di una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine (...)».

19.

L’articolo 42, paragrafo 1, primo comma, del citato regolamento così dispone:

«Il ritorno del minore [a norma dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento n. 2201/2003], ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine (...)».

20.

Il capo IV del regolamento, intitolato «Cooperazione fra autorità centrali in materia di responsabilità genitoriale», comprende gli articoli da 53 a 58.

21.

Ai sensi dell’articolo 55 del medesimo regolamento, le autorità centrali adottano le misure appropriate al fine, in particolare, di fornire informazioni e assistenza ai titolari della responsabilità genitoriale che chiedono il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni sul loro territorio, segnatamente con riferimento al diritto di visita e al ritorno del minore.

22.

L’articolo 57 del regolamento n. 2201/2003 è così formulato:

«1.   I titolari della responsabilità genitoriale possono rivolgere una domanda di assistenza, [ai sensi dell’]articolo 55, all’autorità centrale dello Stato membro in cui risiedono abitualmente ovvero all’autorità centrale dello Stato membro in cui si può trovare o risiede abitualmente il minore. In generale, la domanda contiene tutte le informazioni disponibili che ne possono agevolare l’esecuzione. Se la domanda di assistenza riguarda il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione in materia di responsabilità genitoriale che rientra nel campo di applicazione del presente regolamento, il titolare della responsabilità genitoriale vi acclude i pertinenti certificati di cui all’articolo 39, all’articolo 41, paragrafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione la o le lingue ufficiali delle Istituzioni dell[‘Unione], diverse [dalle lingue loro proprie], nelle quali le comunicazioni alle autorità centrali possono essere redatte.

3.   L’assistenza delle autorità centrali a norma dell’articolo 55 è gratuita.

4.   Ciascuna autorità centrale sostiene i propri costi».

23.

L’articolo 60 di detto regolamento ha il seguente tenore:

«Nei rapporti tra gli Stati [membri], il presente regolamento prevale sulle convenzioni seguenti, nella misura in cui queste riguardino materie da esso disciplinate:

(...)

e)

[Convenzione dell’Aia del 1980]».

24.

L’articolo 62 del medesimo regolamento così dispone:

«1.   Gli accordi e le convenzioni di cui (...) agli articoli 60 e 61 continuano a produrre effetti nelle materie non disciplinate dal presente regolamento.

2.   Le convenzioni di cui all’articolo 60, in particolare la Convenzione dell’Aia del 1980, continuano ad avere efficacia tra gli Stati membri che ne sono parti contraenti, conformemente all’articolo 60».

Il contesto della domanda di parere

25.

In differenti date, la Repubblica di Armenia, la Repubblica di Albania, la Repubblica delle Seychelles, il Regno del Marocco, la Repubblica di Singapore, la Repubblica del Gabon, il Principato di Andorra e la Federazione russa hanno depositato, nell’ordine, strumenti di adesione alla Convenzione dell’Aia del 1980.

26.

Ritenendo che il settore della sottrazione internazionale di minori rientrasse nella competenza esclusiva dell’Unione, la Commissione ha adottato, il 21 dicembre 2011, otto proposte di decisioni del Consiglio dell’Unione europea concernenti le dichiarazioni di accettazione da parte degli Stati membri, nell’interesse dell’Unione, dell’adesione dei suddetti otto Stati terzi alla Convenzione dell’Aia del 1980.

27.

In seno al Consiglio, la maggior parte dei rappresentanti degli Stati membri hanno ritenuto che non vi fosse alcun obbligo giuridico per il Consiglio stesso di adottare queste proposte, in quanto l’Unione non avrebbe disposto di competenza esclusiva nel settore in questione. Di conseguenza, il Consiglio non ha adottato le suddette proposte.

28.

Sulla scorta di tali fatti, la Commissione ha giudicato opportuno sottoporre alla Corte la presente domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE.

Sulla ricevibilità

Osservazioni presentate alla Corte

29.

I governi ceco, tedesco, estone, ellenico, francese, cipriota, lettone, lituano, austriaco, polacco e rumeno, nonché il Consiglio, ritengono che la domanda di parere sia irricevibile in quanto non soddisfa le condizioni alle quali un’istituzione dell’Unione può attivare il procedimento previsto dall’articolo 218, paragrafo 11, TFUE.

30.

In primo luogo, detta domanda non riguarderebbe la conclusione di un «accordo» ai sensi di tale disposizione, in quanto essa avrebbe ad oggetto il deposito di dichiarazioni di accettazione dell’adesione ai sensi dell’articolo 38, quarto comma, della Convenzione dell’Aia del 1980 (in prosieguo: le «dichiarazioni di accettazione dell’adesione»).

31.

A questo proposito, dato che dette dichiarazioni costituirebbero atti di esecuzione di tale convenzione, la domanda di parere non verterebbe sulla conclusione di un accordo internazionale, bensì sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri in materia di esecuzione della convenzione di cui sopra.

32.

Peraltro, un «accordo», nel senso letterale del termine, designerebbe sempre un atto convenzionale, tenendo presente che tale nozione presuppone due manifestazioni di volontà corrispondenti. Orbene, l’adesione di uno Stato terzo alla medesima convenzione e l’accettazione di questa adesione da parte di uno Stato contraente non costituirebbero due manifestazioni di volontà concordanti, in quanto non si iscriverebbero nell’ambito di un rapporto contrattuale su base di reciprocità. Non si tratterebbe né di dichiarazioni concordanti nell’ambito di un trattato di adesione, né di una modifica di un trattato. Tale dichiarazione sarebbe semplicemente uno strumento interno alla Convenzione dell’Aia del 1980 inteso ad estendere l’ambito di applicazione territoriale di quest’ultima.

33.

In secondo luogo, la domanda di parere non verterebbe su un accordo dell’Unione con Stati terzi ai sensi dell’articolo 218, paragrafi 1 e 11, TFUE. Da un lato, l’Unione non potrebbe aderire a detta convenzione, in quanto il suo articolo 38 riserva tale possibilità soltanto agli Stati. Dall’altro, l’Unione non sarebbe competente a depositare le dichiarazioni di accettazione dell’adesione.

34.

In terzo luogo, rifiutando di adottare le proposte di decisioni menzionate al punto 26 del presente parere, il Consiglio avrebbe deciso di non convalidare, nei confronti degli Stati in questione, le dichiarazioni di accettazione dell’adesione che costituivano l’oggetto di dette proposte, di modo che nessun accordo con tali Stati sarebbe «previsto», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE.

35.

In quarto luogo, la Commissione, sotto il pretesto della sua domanda di parere, cercherebbe in realtà di porre fine alla prassi attuale di alcuni Stati membri che hanno individualmente accettato l’adesione di alcuni Stati aderenti. Orbene, in tale situazione, la Commissione avrebbe dovuto instaurare contro tali Stati membri ricorsi per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

36.

Il Parlamento europeo e la Commissione ritengono che la domanda di parere sia ricevibile.

Posizione della Corte

Sulla qualificazione della dichiarazione di accettazione dell’adesione come elemento costitutivo di un «accordo»

37.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969, un accordo internazionale può essere consacrato in uno strumento unico oppure in due o più strumenti connessi. Tali strumenti possono dunque costituire l’espressione del concorso delle volontà di due o più soggetti di diritto internazionale, cui essi danno veste formale.

38.

Nel caso di specie, la Convenzione dell’Aia del 1980 prevede all’articolo 38 due strumenti connessi, vale a dire lo strumento di adesione e la dichiarazione di accettazione dell’adesione.

39.

Le volontà espresse in questi due strumenti sono concordanti per quanto riguarda la finalità perseguita sia dallo Stato aderente alla convenzione suddetta sia dallo Stato che accetta tale adesione, ossia impegnarsi reciprocamente ai sensi del diritto internazionale ad applicare la medesima convenzione nei loro rapporti bilaterali.

40.

Inoltre, i summenzionati strumenti, considerati nel loro insieme, producono l’effetto previsto dagli Stati interessati. Ai sensi del suo articolo 38, quinto comma, la Convenzione dell’Aia del 1980 entra in vigore tra lo Stato aderente e lo Stato che accetta la sua adesione il primo giorno del terzo mese successivo al deposito della dichiarazione di accettazione dell’adesione.

41.

Pertanto, l’atto di adesione e la dichiarazione di accettazione di tale adesione, benché concretizzati in strumenti separati, esprimono, nel loro insieme, un concorso di volontà degli Stati interessati e costituiscono dunque un accordo internazionale.

42.

Poiché la dichiarazione di accettazione dell’adesione depositata da uno Stato membro è un elemento costitutivo di un accordo internazionale concluso con uno Stato terzo, essa rientra nella nozione di «accordo» ai sensi dell’articolo 218, paragrafi 1 e 11, TFUE, a condizione però che, ai sensi di queste disposizioni, si tratti di un accordo previsto dall’Unione.

Sull’impossibilità per l’Unione di aderire alla Convenzione dell’Aia del 1980 e di depositare dichiarazioni di accettazione dell’adesione a tale convenzione

43.

Quanto all’argomento relativo all’impossibilità per l’Unione di aderire alla Convenzione dell’Aia del 1980, occorre ricordare che, secondo un’interpretazione consolidata della Corte, il parere di quest’ultima può essere in particolare richiesto in merito alle questioni che riguardano la ripartizione tra l’Unione e gli Stati membri della competenza a stipulare un determinato accordo con Stati terzi. L’articolo 196, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte corrobora tale interpretazione (v., in particolare, parere 1/03, EU:C:2006:81, punto 112, e parere 1/08, EU:C:2009:739, punto 109). Nel caso di specie, la domanda di parere riguarda la questione della competenza dell’Unione, alla luce delle norme giuridiche di quest’ultima, a concludere accordi internazionali mediante le dichiarazioni di accettazione dell’adesione. Detta domanda non verte sugli ostacoli che l’Unione incontrerebbe nell’esercitare la propria competenza a causa delle norme internazionali relative alla conclusione di tali accordi.

44.

Ad ogni modo, la questione dell’eventuale impossibilità per l’Unione di divenire formalmente parte di un accordo internazionale è irrilevante. Infatti, nell’ipotesi in cui le condizioni di partecipazione a un accordo siffatto escludano che questo possa essere concluso direttamente dall’Unione, sebbene esso rientri nella sua competenza esterna, tale competenza può essere esercitata per il tramite degli Stati membri operanti nell’interesse dell’Unione (v., in tal senso, parere 2/91, EU:C:1993:106, punto 5).

Sulla qualificazione della dichiarazione di accettazione dell’adesione come elemento costitutivo di un accordo «previsto» al momento della presentazione della domanda di parere

45.

Anzitutto, a norma dell’articolo 218, paragrafi 1 e 11, TFUE, alla Corte può essere sottoposta una domanda di parere qualora l’Unione preveda di concludere un accordo, ciò che implica che quest’ultimo sia previsto da una o più istituzioni dell’Unione che sono investite di poteri nell’ambito della procedura contemplata dall’articolo 218 TFUE. Tra tali istituzioni rientra in particolare la Commissione.

46.

Risulta poi dalla giurisprudenza della Corte che una domanda di parere è ricevibile, in particolare, quando una proposta della Commissione vertente su un accordo sia stata presentata al Consiglio e non sia stata ritirata al momento in cui la Corte è stata adita. Per contro, non è necessario che il Consiglio abbia già manifestato, in questa fase, un’intenzione di concludere tale accordo. In tali circostanze, la domanda di parere risulta infatti ispirata dalla legittima preoccupazione delle istituzioni interessate di conoscere l’estensione delle rispettive competenze dell’Unione e degli Stati membri prima dell’adozione della decisione relativa all’accordo di cui trattasi (v., in tal senso, parere 2/94, EU:C:1996:140, punti da 11 a 18).

47.

Inoltre, il procedimento di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE mira, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 della sua presa di posizione, ad evitare le complicazioni giuridiche generate dalle situazioni in cui gli Stati membri sottoscrivono impegni internazionali senza la necessaria legittimazione, malgrado che essi non dispongano più, alla luce del diritto dell’Unione, della competenza legislativa necessaria per attuare tali impegni.

48.

Infatti, un’eventuale decisione giudiziaria che constati, dopo la conclusione di un accordo internazionale vincolante per gli Stati membri, che quest’ultimo è incompatibile con la ripartizione delle competenze tra l’Unione e tali Stati sarebbe idonea a creare serie difficoltà non soltanto sul piano interno all’Unione, ma anche su quello delle relazioni internazionali, e rischierebbe di arrecare pregiudizio a tutte le parti interessate, ivi compresi gli Stati terzi (v., per analogia, parere 3/94, EU:C:1995:436, punto 17, e parere 1/09, EU:C:2011:123, punto 48).

49.

Infine, occorre rilevare che la facoltà di proporre una domanda di parere non richiede, quale condizione preliminare, un accordo definitivo tra le istituzioni dell’Unione in merito alla possibilità o all’opportunità dell’esercizio della competenza esterna dell’Unione medesima. Infatti, il diritto concesso al Parlamento, al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di chiedere alla Corte il suo parere può essere esercitato individualmente e senza qualsivoglia concertazione (v. parere 1/09, EU:C:2011:123, punto 55).

50.

Nel caso di specie, la Commissione ha presentato al Consiglio alcune proposte di decisioni che abilitano gli Stati membri a depositare dichiarazioni di accettazione dell’adesione nei riguardi di otto Stati terzi. Così facendo, la Commissione ha dunque previsto la conclusione degli accordi in questione da parte dell’Unione per il tramite degli Stati membri operanti nell’interesse di quest’ultima. Inoltre, non è stato allegato dinanzi alla Corte che tali proposte siano state ritirate. Peraltro, anche se il Consiglio si è opposto ad esse, tale opposizione è fondata non sull’opportunità della conclusione effettiva degli accordi in questione, bensì unicamente sul convincimento di detta istituzione che l’Unione non disponga di una competenza esterna esclusiva nel settore considerato. Alla luce di tali fatti, gli accordi internazionali di cui tali dichiarazioni sono elementi costitutivi possono essere qualificati come accordi «previsti» al momento della presentazione della domanda di parere.

51.

Tale conclusione non viene inficiata dalla circostanza che alcuni Stati membri abbiano già depositato dichiarazioni di accettazione dell’adesione presso il depositario della Convenzione dell’Aia del 1980 nel momento in cui la Corte statuisce sulla presente domanda di parere. Infatti, se certo dall’obiettivo indicato al punto 47 del presente parere risulta che, per poter essere qualificato come «previsto», l’accordo in questione non deve essere concluso prima che la Corte statuisca sulla domanda di parere, tale circostanza non vale di per sé sola a rendere questa domanda totalmente priva di oggetto.

Sullo snaturamento del procedimento di parere

52.

Per quanto riguarda l’argomentazione del Consiglio e di alcuni Stati membri relativa al presunto snaturamento del procedimento di parere, occorre rilevare che la Commissione ritiene, nel caso di specie, che l’Unione abbia acquisito una competenza esterna esclusiva a depositare le dichiarazioni di accettazione dell’adesione presso il depositario della Convenzione dell’Aia del 1980 alla data di entrata in vigore, il 1o agosto 2004, del regolamento n. 2201/2003 e che, a partire da questa data, gli Stati membri non potessero più procedere a tale deposito senza un conferimento di poteri da parte dell’Unione. Orbene, tra la data suddetta e il 21 dicembre 2011, giorno dell’adozione da parte della Commissione delle proposte menzionate al punto 26 del presente parere, i diversi Stati membri hanno depositato in totale più di 300 dichiarazioni di accettazione dell’adesione.

53.

Se è vero che la Commissione non ha presentato, nel corso di questo periodo, alcun ricorso per inadempimento contro detti Stati membri in ragione di questi numerosi atti che sono implicitamente messi in discussione dalla domanda di parere, la Corte non dispone però di alcun indizio concreto e oggettivo che possa portarla a concludere che, presentando tale domanda, la Commissione abbia agito esclusivamente, o quantomeno in misura determinante, allo scopo di eludere il procedimento previsto dall’articolo 258 TFUE.

54.

Ad ogni modo, il fatto che alcune questioni sollevate in occasione del presente procedimento di parere possano essere affrontate nell’ambito di eventuali ricorsi per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE non osta a che la Corte possa vedersi investita delle stesse a norma dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE. Il procedimento di parere deve infatti permettere di risolvere qualsiasi questione suscettibile di controllo giurisdizionale, purché le questioni sottoposte corrispondano alla finalità di questo procedimento (v., in tal senso, parere 2/92, EU:C:1995:83, punto 14).

55.

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare ricevibile la domanda di parere presentata dalla Commissione.

Nel merito

Osservazioni presentate alla Corte

56.

Il Parlamento e la Commissione sostengono che l’Unione dispone di una competenza esterna esclusiva ad adottare le dichiarazioni di accettazione dell’adesione. Infatti, anzitutto, la Convenzione dell’Aia del 1980 e il regolamento n. 2201/2003 disciplinerebbero lo stesso settore, in quanto entrambi tratterebbero le questioni concernenti la procedura di ritorno dei minori illecitamente trasferiti, il diritto di visita e la cooperazione tra le autorità centrali in materia di responsabilità genitoriale.

57.

Tali norme formerebbero inoltre un complesso di regole inestricabilmente connesse. Indubbiamente, il legislatore dell’Unione non avrebbe ritenuto necessario trascrivere le disposizioni di detta convenzione nel regolamento di cui sopra. Tuttavia, completando e rafforzando le citate disposizioni, esso le avrebbe di fatto incorporate in quest’ultimo. Dunque, tanto l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 quanto gli altri articoli di quest’ultimo relativi al ritorno dei minori illecitamente trasferiti avrebbero lo stesso ambito di applicazione della convenzione suddetta. Essi potrebbero essere applicati soltanto simultaneamente con le disposizioni pattizie corrispondenti.

58.

Infine, la competenza esterna esclusiva dell’Unione verterebbe sull’insieme della Convenzione dell’Aia del 1980. Anche supponendo che alcune norme siano scindibili da tale convenzione, bisognerebbe applicare il principio elaborato dalla Corte nel suo parere 2/91 (EU:C:1993:106), in virtù del quale, quando un settore è già disciplinato in gran parte da norme dell’Unione, la competenza esterna deve essere di natura esclusiva. Orbene, tale sarebbe il caso che si verifica nella specie.

59.

Al pari del Parlamento e della Commissione, il governo italiano ritiene che tutte le condizioni necessarie per affermare la competenza esterna esclusiva dell’Unione riguardo alle dichiarazioni di accettazione dell’adesione siano soddisfatte.

60.

Per contro, i governi belga, ceco, tedesco, estone, irlandese, ellenico, spagnolo, francese, cipriota, lettone, lituano, austriaco, polacco, portoghese, romeno, slovacco, finlandese, svedese e del Regno Unito, nonché il Consiglio, fanno tutti valere che l’Unione non detiene una competenza esterna esclusiva al riguardo. In aggiunta, i governi ellenico, francese e polacco sostengono che l’Unione non ha alcuna competenza in tale settore.

61.

In primo luogo, nella sua domanda di parere la Commissione porrebbe erroneamente l’accento su presunte similitudini tra il regolamento n. 2201/2003 e la Convenzione dell’Aia del 1980, invece di esaminare l’impegno costituente l’oggetto di detta domanda, ossia la dichiarazione di accettazione dell’adesione. Orbene, tale impegno non sarebbe idoneo a pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente del regolamento di cui sopra, stante la diversità dell’obiettivo della summenzionata dichiarazione, alla luce del fatto che quest’ultima riguarderebbe la cooperazione con le autorità centrali degli Stati terzi, mentre detto regolamento disciplinerebbe soltanto la cooperazione tra le autorità centrali degli Stati membri.

62.

Infatti, le autorità centrali stabilite ai sensi della convenzione suddetta coopererebbero reciprocamente in modo autonomo, cosicché il fatto che un’autorità centrale di uno Stato membro cooperi con altre autorità centrali di Stati terzi non inciderebbe minimamente sulla cooperazione tra le autorità centrali di due Stati membri. Ne conseguirebbe che l’accettazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, dell’adesione di alcuni Stati terzi a questa medesima convenzione non inciderebbe in alcun modo sull’applicazione uniforme e coerente del diritto dell’Unione nel settore della cooperazione tra le autorità centrali degli Stati membri.

63.

In secondo luogo, anche supponendo che la domanda di parere debba essere esaminata alla luce della Convenzione dell’Aia del 1980, l’esistenza di una competenza esterna esclusiva non potrebbe derivare dal fatto che il settore di applicazione di tale convenzione è asseritamente disciplinato in gran parte da norme equivalenti del diritto dell’Unione. Anzitutto, tale criterio non sarebbe pertinente, in quanto non sarebbe stato ripreso all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, che ha codificato la giurisprudenza della Corte relativa ai criteri di competenza esclusiva dell’Unione quanto alla conclusione di un accordo internazionale. Poi, i rispettivi ambiti di applicazione di tale convenzione e del regolamento n. 2201/2003 coinciderebbero soltanto in parte, tanto sotto il profilo della natura delle relazioni disciplinate quanto per le persone alle quali tali strumenti sono applicabili. Infine, le sovrapposizioni esistenti tra tale regolamento e la convenzione suddetta non sarebbero idonee a dimostrare una competenza esclusiva dell’Unione, in quanto esse avrebbero carattere astratto e non consentirebbero di dimostrare un’incidenza di tale convenzione sul regolamento di cui sopra.

64.

In terzo luogo, anche se il fatto che alcuni Stati membri accettino l’adesione di uno Stato aderente, mentre altri no, potrebbe produrre situazioni poco auspicabili e portare al risultato che l’opponibilità della Convenzione dell’Aia del 1980 agli Stati che vi aderiscono varii da uno Stato membro all’altro, ciò sarebbe inerente alla natura stessa di tale convenzione e non costituirebbe un ostacolo alla corretta applicazione del regolamento di cui sopra.

Posizione della Corte

Sull’oggetto dell’esame della Corte

65.

In limine, occorre constatare che, nel caso di specie, la dichiarazione di accettazione dell’adesione e, pertanto, l’accordo internazionale di cui essa è un elemento costitutivo hanno carattere accessorio rispetto alla Convenzione dell’Aia del 1980, che disciplina la loro esistenza e i loro effetti e dalla quale tale dichiarazione e tale accordo non possono dunque essere disgiunti. Infatti, come rilevato al punto 39 del presente parere, l’accordo di cui sopra mira a consentire l’applicazione della totalità di detta convenzione nei rapporti bilaterali intrattenuti dai due Stati interessati.

66.

Ne consegue che occorre prendere in considerazione, nell’esaminare la presente domanda di parere, l’insieme dei diritti e degli obblighi previsti dalla convenzione suddetta.

Sull’esistenza della competenza dell’Unione

67.

La competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali può non soltanto essere attribuita espressamente dai Trattati, ma anche derivare implicitamente da altre disposizioni di questi ultimi e da atti adottati, nell’ambito di tali disposizioni, dalle istituzioni dell’Unione. In particolare, ogniqualvolta il diritto dell’Unione abbia attribuito a tali istituzioni determinati poteri sul piano interno, onde realizzare un certo obiettivo, l’Unione è competente ad assumere gli impegni internazionali necessari per raggiungere tale obiettivo, anche in mancanza di espresse disposizioni al riguardo (parere 1/03, EU:C:2006:81, punto 114 e la giurisprudenza ivi citata). Quest’ultima ipotesi è d’altronde contemplata dall’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

68.

Nel caso di specie, occorre rilevare che la Convenzione dell’Aia del 1980 verte sulla cooperazione civile in materia di trasferimento transfrontaliero di minori. Essa rientra pertanto nel settore del diritto di famiglia avente implicazioni transnazionali, nel quale l’Unione detiene una competenza interna ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, TFUE. L’Unione ha inoltre esercitato tale competenza mediante l’adozione del regolamento n. 2201/2003. Date tali circostanze, l’Unione dispone di una competenza esterna nel settore costituente l’oggetto di detta convenzione.

Sulla natura della competenza

69.

Il Trattato FUE precisa, segnatamente all’articolo 3, paragrafo 2, le condizioni alle quali l’Unione dispone di una competenza esterna esclusiva.

70.

A questo proposito, è pacifico che l’accettazione dell’adesione di uno Stato terzo alla Convenzione dell’Aia del 1980 non è prevista da alcun atto legislativo dell’Unione e non è necessaria per consentire all’Unione di esercitare la propria competenza interna. Di conseguenza, occorre esaminare la domanda di parere alla luce della condizione dettata all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, in forza della quale la conclusione di un accordo internazionale rientra nella competenza esclusiva dell’Unione nella misura in cui essa «può incidere su norme comuni o modificarne la portata».

71.

Il rispetto di questa condizione deve essere esaminato alla luce della giurisprudenza della Corte, secondo cui esiste un rischio di arrecare pregiudizio a norme comuni dell’Unione mediante impegni internazionali presi dagli Stati membri o di modificare la portata di tali norme, idoneo a giustificare una competenza esterna esclusiva dell’Unione, qualora gli impegni in questione rientrino nell’ambito di applicazione delle norme comuni suddette (v., in tal senso, sentenze Commissione/Consiglio, cosiddetta «AETR», 22/70, EU:C:1971:32, punto 30; Commissione/Danimarca, C‑467/08, EU:C:2002:625, punto 82, e Commissione/Consiglio, C‑114/12, EU:C:2014:2151, punti da 66 a 68).

72.

La constatazione di tale rischio non presuppone una concordanza completa tra il settore disciplinato dagli impegni internazionali e quello disciplinato dalla normativa dell’Unione (v. parere 1/03, EU:C:2006:81, punto 126, e sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 69).

73.

In particolare, determinati impegni internazionali possono incidere sulla portata delle norme dell’Unione o modificarla, qualora essi rientrino in un settore già in gran parte disciplinato da queste norme (v., in tal senso, parere 2/91, EU:C:1993:106, punti 25 e 26). Come la Corte ha già statuito, e contrariamente a quanto sostengono il Consiglio e alcuni governi che hanno presentato osservazioni, tale circostanza rimane rilevante, nel contesto dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, per valutare se sia soddisfatta la condizione attinente al rischio di incidenza sulle norme comuni dell’Unione o di modifica della loro portata (sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punti 70, 72 e 73).

74.

Ciò premesso, dato che l’Unione dispone solo di competenze di attribuzione, l’esistenza di una competenza, per giunta di natura esclusiva, deve basarsi su conclusioni tratte da un’analisi complessiva e concreta del rapporto esistente tra l’accordo internazionale previsto e il diritto dell’Unione in vigore. Tale analisi deve prendere in considerazione i settori disciplinati, rispettivamente, dalle norme dell’Unione e dalle disposizioni dell’accordo previsto, le loro prevedibili prospettive di evoluzione, nonché la natura e il contenuto di tali norme e disposizioni, al fine di verificare se l’accordo in questione sia tale da pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente delle norme dell’Unione e il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono (v. parere 1/03, EU:C:2006:81, punti 126, 128 e 133, nonché sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 74).

– Sulla concordanza dei settori interessati

75.

La Convenzione dell’Aia del 1980 prevede, più in particolare, due procedure, vale a dire, da un lato, quella di ritorno dei minori illecitamente trasferiti e, dall’altro, quella intesa a garantire l’esercizio del diritto di visita.

76.

Per quanto riguarda, anzitutto, la procedura di ritorno dei minori illecitamente trasferiti, gli articoli da 8 a 11 di detta convenzione disciplinano la presentazione di una domanda di ritorno presso l’autorità centrale di uno Stato contraente, la trasmissione di tale domanda all’autorità centrale dello Stato contraente in cui si trova il minore, nonché il trattamento di tale domanda da parte delle autorità giudiziarie o amministrative di quest’ultimo Stato. L’articolo 12 della medesima convenzione stabilisce le condizioni alle quali tali autorità giudiziarie o amministrative ordinano il ritorno del minore nello Stato contraente nel quale egli aveva la propria residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno. Gli articoli 13 e 20 della Convenzione dell’Aia del 1980 specificano i casi nei quali queste ultime autorità possono rifiutare il ritorno del minore e adottare un provvedimento contro il ritorno.

77.

Il regolamento n. 2201/2003 completa e precisa, in particolare all’articolo 11, le suddette norme pattizie. Nello specifico, l’articolo 11, paragrafo 2, di tale regolamento impone il principio dell’audizione del minore interessato nel corso del procedimento previsto dagli articoli 12 e 13 di detta convenzione. Del pari, l’articolo 11, paragrafo 3, di tale regolamento prevede un termine preciso entro il quale la decisione di ritorno del minore illecitamente trasferito deve essere adottata. Inoltre, l’articolo 11, paragrafi da 4 a 6, del medesimo regolamento disciplina la facoltà per il giudice di uno Stato membro di rifiutare l’ordine di ritorno di un minore sulla base della medesima convenzione, assoggettando l’esercizio di tale facoltà a condizioni supplementari. L’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento n. 2201/2003, letto congiuntamente con l’articolo 42 del medesimo regolamento, istituisce un procedimento che facilita il ritorno di minori illecitamente trasferiti, complementare rispetto a quello previsto dalla Convenzione dell’Aia del 1980. Secondo tali disposizioni, il giudice competente in base al regolamento in parola può adottare, nonostante l’avvenuta emanazione di un provvedimento contro il ritorno ai sensi dell’articolo 13 della convenzione di cui sopra, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore, alla quale viene riconosciuta forza esecutiva nello Stato membro di soggiorno del minore senza che le autorità di tale Stato possano opporsi al riconoscimento.

78.

Risulta dal contenuto di tutte queste disposizioni del regolamento n. 2201/2003 richiamate al punto precedente che esse o sono fondate su norme della Convenzione dell’Aia del 1980 o prevedono conseguenze che occorre trarre dall’applicazione di queste ultime. Queste due categorie di disposizioni costituiscono dunque un insieme normativo indivisibile che si applica alle procedure di ritorno dei minori illecitamente trasferiti all’interno dell’Unione.

79.

Per quanto riguarda poi il procedimento inteso a garantire l’esercizio del diritto di visita, detta convenzione consacra ad esso in modo specifico soltanto l’articolo 21, il quale si limita a prevedere la possibilità di inviare le domande relative all’esercizio di tale diritto alle autorità centrali degli Stati contraenti e ad imporre a questi ultimi obblighi intesi ad assicurare l’esercizio pacifico del diritto medesimo.

80.

Il regolamento n. 2201/2003 stabilisce delle regole di base analoghe per quanto riguarda l’esercizio del menzionato diritto di visita. In particolare, ai sensi dei suoi articoli 55 e 57, ciascun titolare della responsabilità genitoriale può presentare una domanda di assistenza per l’esercizio del diritto di visita all’autorità centrale dello Stato membro nel quale egli risiede abitualmente ovvero all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore in questione si trova o ha la propria residenza abituale.

81.

Infine, la Convenzione dell’Aia del 1980 reca disposizioni generali che sono comuni ai procedimenti riguardanti il ritorno del minore illecitamente trasferito e l’esercizio del diritto di visita. Risulta infatti dagli articoli 22 e 26 di detta convenzione che le autorità competenti non possono imporre, salve alcune deroghe, il pagamento di spese o di una cauzione in relazione a tali procedimenti. Secondo l’articolo 23 della citata convenzione, nessuna legalizzazione o analoga formalità può essere richiesta nel contesto di dette procedure. L’articolo 24 della Convenzione dell’Aia del 1980 precisa le lingue nelle quali le domande relative all’applicazione della convenzione stessa possono essere inviate all’autorità centrale dello Stato richiesto. Inoltre, ai sensi dell’articolo 25 della medesima convenzione, la persona residente in uno Stato contraente che presenta una domanda siffatta ha diritto all’assistenza giudiziaria e legale in ogni altro Stato contraente a condizioni identiche a quelle di cui beneficerebbe se fosse cittadino di questo altro Stato e vi risiedesse abitualmente.

82.

Il regolamento n. 2201/2003 prevede modalità simili applicabili al procedimento di ritorno del minore illecitamente trasferito e a quello che garantisce l’esercizio del diritto di visita. In particolare, risulta dall’articolo 57, paragrafo 3, di detto regolamento che l’assistenza fornita dalle autorità centrali è gratuita. A norma dell’articolo 41 del medesimo regolamento, il diritto di visita conferito in forza di una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. L’articolo 42 del regolamento n. 2201/2003 prevede un analogo riconoscimento delle decisioni che ordinano il ritorno di un minore menzionate all’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento stesso. In conformità dell’articolo 57, paragrafo 2, di quest’ultimo, è prevista la possibilità di inviare le comunicazioni alle autorità centrali degli Stati membri in una lingua diversa da quella propria di tali Stati. Infine, l’articolo 50 del citato regolamento stabilisce che il richiedente che nello Stato membro di origine abbia fruito del gratuito patrocinio o di un’esenzione dalle spese beneficia, nei procedimenti relativi al ritorno del minore illecitamente trasferito e all’esercizio del diritto di visita contemplati dagli articoli 41, 42 e 48 del medesimo regolamento, dell’assistenza più favorevole o dell’esenzione più ampia prevista dalla legge dello Stato membro dell’esecuzione.

83.

Tenuto conto delle suesposte considerazioni, occorre constatare che le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 disciplinano in gran parte i due procedimenti regolamentati dalla Convenzione dell’Aia del 1980, vale a dire quello relativo al ritorno dei minori illecitamente trasferiti e quello inteso a garantire l’esercizio del diritto di visita. Pertanto, l’insieme di questa convenzione deve considerarsi ricompreso nella disciplina delle norme dell’Unione.

– Sul rischio di incidenza sulle norme comuni

84.

Per quanto riguarda il rischio che, tenuto conto della loro natura e del loro contenuto rispettivi, le disposizioni della Convenzione dell’Aia del 1980 e le dichiarazioni di accettazione dell’adesione incidano sulle norme dell’Unione, occorre rilevare, da un lato, che il regolamento n. 2201/2003 detta norme uniformi che si impongono alle autorità degli Stati membri.

85.

Dall’altro lato, a motivo della sovrapposizione e dello stretto legame esistente tra le disposizioni del citato regolamento e quelle della convenzione suddetta, e segnatamente tra le disposizioni dettate dall’articolo 11 di tale regolamento e quelle contenute nel capo III di detta convenzione, le disposizioni di quest’ultima possono incidere sul significato, sulla portata e sull’efficacia delle norme del regolamento n. 2201/2003.

86.

Tale conclusione non viene invalidata dal fatto che numerose disposizioni del suddetto regolamento e quelle di tale convenzione possano sembrare coerenti tra loro. Infatti, come già statuito dalla Corte, l’incidenza sulle norme dell’Unione determinata dagli impegni internazionali può verificarsi anche in assenza di contraddizione tra loro (v., in tal senso, parere 2/91, EU:C:1993:106, punti 25 e 26, nonché sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 71).

87.

Più in particolare, il rapporto tra la Convenzione dell’Aia del 1980 e il regolamento n. 2201/2003 viene precisato, segnatamente, all’articolo 60 di quest’ultimo, a mente del quale tale regolamento prevale sulla convenzione suddetta nella misura in cui le materie disciplinate da questi due strumenti coincidano.

88.

Orbene, malgrado tale primato riconosciuto al regolamento n. 2201/2003, sulla portata e sull’efficacia delle norme comuni stabilite da tale regolamento rischiano di incidere eventuali accettazioni eterogenee, da parte degli Stati membri, di adesioni alla Convenzione dell’Aia del 1980 prestate da Stati terzi.

89.

A questo proposito, come sottolineato dal Parlamento e dalla Commissione, se gli Stati membri – e non l’Unione – fossero competenti ad accettare o no l’adesione di un nuovo Stato terzo alla Convenzione dell’Aia del 1980, vi sarebbe un rischio di pregiudizio per l’applicazione uniforme e coerente del regolamento n. 2201/2003 e, in particolare, per le norme sulla cooperazione tra le autorità degli Stati membri, ogni volta che una situazione di sottrazione internazionale di minore riguardasse uno Stato terzo e due Stati membri, uno dei quali avesse accettato l’adesione di questo Stato terzo alla convenzione, e l’altro no.

90.

Alla luce delle considerazioni che precedono, l’accettazione dell’adesione di uno Stato terzo alla Convenzione dell’Aia del 1980 rientra nella competenza esclusiva dell’Unione.

Di conseguenza, la Corte (Grande Sezione) emette il seguente parere:

L’accettazione dell’adesione di uno Stato terzo alla Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980, rientra nella competenza esclusiva dell’Unione europea.

Firme

Top