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Documento 62017CJ0175
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 26 settembre 2018.
X contro Belastingdienst/Toeslagen.
Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2005/85/CE – Articolo 39 – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 13 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 18, articolo 19, paragrafo 2, e articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Principio di non respingimento – Decisione che respinge una domanda di protezione internazionale e impone un obbligo di rimpatrio – Normativa nazionale che prevede un secondo grado di giudizio – Effetto sospensivo automatico limitato al ricorso di primo grado.
Causa C-175/17.
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 26 settembre 2018.
X contro Belastingdienst/Toeslagen.
Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2005/85/CE – Articolo 39 – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 13 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 18, articolo 19, paragrafo 2, e articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Principio di non respingimento – Decisione che respinge una domanda di protezione internazionale e impone un obbligo di rimpatrio – Normativa nazionale che prevede un secondo grado di giudizio – Effetto sospensivo automatico limitato al ricorso di primo grado.
Causa C-175/17.
Raccolta della giurisprudenza - generale - Sezione "Informazioni sulle decisioni non pubblicate"
Causa C‑175/17
X
contro
Belastingdienst/Toeslagen
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi)]
«Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2005/85/CE – Articolo 39 – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 13 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 18, articolo 19, paragrafo 2, e articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Principio di non respingimento – Decisione che respinge una domanda di protezione internazionale e impone un obbligo di rimpatrio – Normativa nazionale che prevede un secondo grado di giudizio – Effetto sospensivo automatico limitato al ricorso di primo grado»
Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 26 settembre 2018
Procedimento giurisdizionale – Fase orale del procedimento – Riapertura – Obbligo di riaprire la fase orale del procedimento per consentire alle parti di depositare osservazioni su punti di diritto sollevati nelle conclusioni dell’avvocato generale – Insussistenza
(Art. 252, comma 2, TFUE; regolamento di procedura della Corte, art. 83)
Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Questioni riguardanti atti di diritto dell’Unione, l’applicabilità del quale al procedimento principale è oggetto di contestazione – Inclusione – Presupposto – Contestazione collegata in modo indissociabile alle risposte da fornire alle questioni pregiudiziali
(Art. 267 TFUE)
Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedura applicata negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato – Direttiva 2005/85 – Diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo – Decisione che respinge una domanda di protezione internazionale e impone un obbligo di rimpatrio – Normativa nazionale che prevede un appello non sospensivo avverso una tale decisione – Ammissibilità – Limiti – Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 18, 19, § 2, e 47; direttiva del Consiglio 2005/85, art. 39; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 13)
Diritti fondamentali – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Riconoscimento agli articoli 47, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Significato e portata identici – Livello di tutela garantito dalla Carta che non incide su quello garantito dalla suddetta Convenzione
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47, comma 1, 52, § 3, e 53)
V. il testo della decisione.
(v. punti 20, 21)
V. il testo della decisione.
(v. punti 22‑24)
L’articolo 39 della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, e l’articolo 13 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, letti alla luce dell’articolo 18 e dell’articolo 19, paragrafo 2, nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale la quale, pur prevedendo un appello contro le sentenze di primo grado confermative di decisioni che respingono domande di protezione internazionale e impongono un obbligo di rimpatrio, non dota tale mezzo di impugnazione di effetto sospensivo automatico, anche quando la persona interessata invochi un grave rischio di violazione del principio di non respingimento.
Sebbene, dunque, le disposizioni delle direttive 2005/85 e 2008/115 impongano agli Stati membri di prevedere un diritto a un ricorso effettivo contro le decisioni di rigetto di una domanda di protezione internazionale e contro le decisioni di rimpatrio, nessuna di queste disposizioni prevede che gli Stati membri riconoscano, ai richiedenti protezione internazionale il cui ricorso di primo grado contro la decisione di rigetto della loro domanda e la decisione di rimpatrio sia stato respinto, il diritto di proporre appello né, a maggior ragione, che l’esercizio di un diritto siffatto si accompagni a un effetto sospensivo automatico. Obblighi del genere non possono tanto meno essere dedotti dal sistema generale e dalla finalità di tali direttive.
Ciò premesso, si deve sottolineare che l’interpretazione della direttiva 2008/115, al pari di quella della direttiva 2005/85, dev’essere compiuta, come emerge dal considerando 24 della prima e dal considerando 8 della seconda, nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta (sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 51). A tale riguardo, da giurisprudenza costante della Corte emerge che, qualora uno Stato membro decida di allontanare un richiedente protezione internazionale verso un paese in cui esistano seri motivi per ritenere che questi si trovi esposto al rischio reale di trattamenti contrari all’articolo 18 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 33 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, come completata dal relativo protocollo, o all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, previsto all’articolo 47 di quest’ultima, esige che il richiedente medesimo disponga di un ricorso con effetto sospensivo automatico contro l’esecuzione della misura che consente il suo rimpatrio (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 54 e giurisprudenza ivi citata). Ciò detto, dalla giurisprudenza della Corte emerge che né l’articolo 39 della direttiva 2005/85 e l’articolo 13 della direttiva 2008/115, né l’articolo 47 della Carta, letto alla luce delle garanzie sancite dall’articolo 18 e dal successivo articolo 19, paragrafo 2, di quest’ultima, impongono l’esistenza di un doppio grado di giudizio. L’essenziale, infatti, è unicamente che sia possibile esperire un ricorso dinanzi a un’autorità giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Samba Diouf, C‑69/10, EU:C:2011:524, punto 69, e del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 57).
A tale riguardo, si deve precisare che l’introduzione di un secondo grado di giudizio contro le decisioni di rigetto di una domanda di protezione internazionale e contro le decisioni di rimpatrio, e la scelta di dotarlo, se del caso, di effetto sospensivo automatico costituiscono, contrariamente all’argomento dedotto dal governo belga, esposto al punto 22 della presente sentenza, modalità procedurali che attuano il diritto ad un ricorso effettivo contro simili decisioni, diritto previsto all’articolo 39 della direttiva 2005/85 e all’articolo 13 della direttiva 2008/115. Sebbene tali modalità procedurali rientrino nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio di autonomia processuale di questi ultimi, la Corte ha sottolineato che esse devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività (v., per analogia, sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C‑169/14, EU:C:2014:2099, punti 31, 36 e 50, e giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza del 16 luglio 2015, Sánchez Morcillo e Abril García, C‑539/14, EU:C:2015:508, punto 33).
(v. punti 28, 29, 31, 32, 34, 38, 48 e disp.)
V. il testo della decisione.
(v. punto 35)