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Document 52003PC0427

Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali ("ROMA II")

/* COM/2003/0427 def. - COD 2003/0168 */

52003PC0427

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali ("ROMA II") /* COM/2003/0427 def. - COD 2003/0168 */


Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO SULLA LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI EXTRACONTRATTUALI ("ROMA II")

(presentata dalla Commissione)

RELAZIONE

1. INTRODUZIONE

1.1. Contesto

In virtù dell'articolo 2 del trattato sull'Unione europea, l'Unione si prefigge di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia garantita alle persone la libertà di circolazione e la possibilità di far valere i loro diritti davanti ai tribunali e alle autorità di tutti gli Stati membri, altrettanto facilmente che nel proprio paese.

Al fine di istituire un reale spazio europeo della giustizia, la Comunità decide, conformemente agli articoli 61, lettera c) e 65 del trattato istitutivo della Comunità europea, misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, per quanto necessario al buon funzionamento del mercato interno. In occasione della riunione di Tampere del 15-16 ottobre 1999 [1], il Consiglio europeo ha riconosciuto il principio di reciproco riconoscimento quale chiave di volta della cooperazione giudiziaria da istituire nell'Unione. Esso ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di adottare, entro il dicembre 2000, un programma di misure destinate a realizzare il principio di reciproco riconoscimento.

[1] Conclusioni della presidenza del 16 ottobre 1999, punti da 28 a 39.

Il programma comune della Commissione e del Consiglio relativo alle misure di attuazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale [2], adottato dal Consiglio il 30 novembre 2000, ha precisato che le misure relative all'armonizzazione delle norme di conflitto di leggi costituiscono misure di accompagnamento, intese ad agevolare l'attuazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale. Il fatto di sapere che i tribunali degli Stati membri applicano le stesse norme di conflitto per determinare la legge che regola una situazione rinforza infatti la fiducia reciproca nelle decisioni giudiziarie rese negli altri Stati membri e costituisce un elemento indispensabile per realizzare l'obiettivo che maggiormente importa, cioè la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, senza misure intermedie di controllo.

[2] GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1.

1.2. Complementarità con gli strumenti di diritto internazionale privato già in vigore a livello comunitario

La presente iniziativa s'inquadra nei lavori di armonizzazione del diritto internazionale privato in materia civile e commerciale a livello comunitario avviati già fin dalla fine degli anni 60. Il 27 settembre 1968 i sei Stati fondatori della Comunità economica europea hanno concluso, sulla base dell'articolo 220 (diventato articolo 293, quarto trattino) del trattato CE, una convenzione relativa alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (qui di seguito "convenzione di Bruxelles"). Quest'ultima è stata elaborata partendo dall'idea, già espressa nel trattato CE, che la realizzazione di un mercato comune implica la possibilità di ottenere, con la massima facilità, il riconoscimento e l'esecuzione in tutti gli Stati membri di una decisione giudiziaria resa in un altro Stato membro. Per agevolare la realizzazione di questo obiettivo, la convenzione di Bruxelles comincia enunciando le norme che individuano lo Stato membro i cui tribunali sono competenti a giudicare una controversia transfrontaliera.

Orbene, la semplice esistenza di norme concernenti la competenza dei tribunali non permette di formulare una previsione ragionevole in merito all'esito della controversia nel merito. Infatti, la convenzione di Bruxelles, del pari che il cosiddetto regolamento "Bruxelles I" che l'ha sostituita con decorrenza 1° marzo 2001 [3], prevede un certo numero di opzioni che permettono all'attore di scegliere la giurisdizione. Il rischio è allora che una parte scelga i tribunali di uno Stato membro piuttosto che quelli di un altro Stato membro per la sola ragione che la legge che sarebbe applicata dai tribunali di tale Stato le sarebbe più favorevole nel merito.

[3] Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1, che sostituisce la convenzione di Bruxelles del 1968 la cui versione consolidata è stata pubblicata in GU C 27 del 26.1.1998, pag. 1. La convenzione di Bruxelles rimane tuttavia in vigore per le relazioni tra la Danimarca e gli altri Stati membri.

Ecco perché, dal 1967, sono stati avviati nell'ambito della Comunità lavori per codificare le norme di conflitto di leggi. Su invito della Commissione, si sono tenute due riunioni di esperti nel 1969, nelle quali è emersa l'opportunità di dedicarsi, in un primo tempo, alle materie riguardanti in particolare il buon funzionamento del mercato comune, vale a dire la legge applicabile ai beni materiali e immateriali, alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali non meno che alla forma degli atti giuridici. Il 23 giugno 1972 questi esperti hanno predisposto un primo progetto preliminare di convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali. In seguito all'adesione di Regno Unito, Irlanda e Danimarca, nel 1973 il gruppo di lavoro è stato allargato, il che ha rallentato le sue attività. Nel mese di marzo 1978 si è pertanto deciso di limitare i lavori alle sole obbligazioni contrattuali, onde consentire la conclusione dei negoziati entro un lasso di tempo ragionevole, e riprendere in seguito i negoziati per una seconda convenzione sulle obbligazioni extracontrattuali.

Nel giugno 1980 è stata aperta alla firma la convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (qui di seguito "convenzione di Roma"), entrata in vigore il 1° aprile 1991 [4]. In mancanza di una base giuridica adeguata nel trattato CE al momento della firma, la convenzione presenta la forma di un trattato internazionale classico. Concepita tuttavia quale indispensabile complemento alla convenzione di Bruxelles - complementarità segnalata peraltro nel preambolo- essa è assimilata agli strumenti adottati in base all'articolo 293 (ex-220) e costituisce parte integrante dell'acquis comunitario.

[4] Per il testo della convenzione quale modificato dalle varie convenzioni di adesione, le dichiarazioni e i vari protocolli annessi, si veda la versione consolidata pubblicata nella GU C 27 del 26.1.1998, pag. 34.

Data la diversa entità del campo di applicazione della convenzione di Bruxelles e di quella di Roma - in quanto la prima copre sia le obbligazioni contrattuali che quelle extracontrattuali, mentre queste ultime non sono contemplate dalla seconda - il regolamento proposto, generalmente denominato "Roma II", rappresenterà l'estensione naturale dell'opera unificatrice delle norme di diritto internazionale privato in materia di obbligazioni, contrattuali ed extracontrattuali, di natura civile o commerciale, a livello comunitario.

1.3. Ripresa dei lavori negli anni Novanta nel quadro dei trattati di Maastricht e di Amsterdam

L'articolo K.1, paragrafo 6 TUE (nella versione del Trattato di Maastricht) poneva la cooperazione giudiziaria in materia civile nel novero dei settori di interesse comune degli Stati membri dell'Unione europea. Con la risoluzione 14 ottobre 1996 concernente la fissazione delle priorità della cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni per il periodo 1° luglio 1996-30 giugno 1998 [5], il Consiglio dell'Unione europea ha dichiarato di voler perseguire gli obiettivi definiti dal Consiglio europeo concentrandosi, in via prioritaria, dal 1° luglio 1996 al 30 giugno 1998, su alcune materie fra le quali figurava "l'inizio dei lavori sulla necessità e la possibilità di emanare ... una convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali".

[5] GU C 319 del 26 ottobre 1996, pag.1.

Nel febbraio 1998, il Consiglio ha rivolto agli Stati membri un questionario relativo ad un progetto di convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali. La presidenza austriaca ha organizzato quattro riunioni volte ad esaminare le risposte al questionario. È emerso che tutti gli Stati membri erano favorevoli all'idea di uno strumento comunitario sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali. Parallelamente, nel quadro del programma Grotius, la Commissione ha finanziato un progetto [6] presentato dal Gruppo europeo di diritto internazionale privato (il Gedip), per valutare la fattibilità di una convenzione europea sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, il quale è sfociato in un progetto di testo [7]. I lavori del gruppo ad hoc "Roma II" del Consiglio sono proseguiti per l'intero anno 1999 sotto le presidenze tedesca e finlandese, per esaminare sia un progetto di testo sottoposto dalla presidenza austriaca sia quello preparato dal Gedip. Ne è derivato un primo accordo su un certo numero di norme di conflitto, accordo di cui la presente proposta di regolamento tiene debito conto.

[6] Progetto n. GR/97/051).

[7] Disponibile al seguente indirizzo : http://www.drt.ucl.ac.be/gedip/ gedip_documents.html.

Avendo il trattato di Amsterdam (entrato in vigore il 1° maggio 1999) reso la cooperazione civile di competenza comunitaria, il 3 dicembre 1998, il Consiglio giustizia e affari interni ha adottato il piano di azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam relative all'instaurazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia [8]. Questo testo rammenta che principi quali la certezza del diritto e la parità di accesso alla giustizia implicano, fra l'altro, "una chiara indicazione del diritto applicabile" e sancisce al paragrafo 40 che "le seguenti misure dovrebbero essere prese nei due anni successivi all'entrata in vigore del trattato: ... b) elaborazione di uno strumento giuridico sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II)".

[8] GU C 19 del 23.1.1999, pag.1

Il 3 maggio 2002 la Commissione ha avviato una consultazione degli ambienti interessati su una prima bozza di proposta di regolamento "Roma II", preparata dai servizi della direzione generale Giustizia e affari interni. Questa consultazione ha trovato larga eco e alla Commissione è pervenuta un'ottantina di contributi scritti dagli Stati membri, dalle istituzioni universitarie, dai rappresentanti dell'industria o delle associazioni dei consumatori. [9] La consultazione scritta è stata completata da una audizione tenuta a Bruxelles il 7 gennaio 2003. La presente proposta tiene debito conto dei commenti ricevuti.

[9] I contributi pervenuti alla Commissione possono essere consultati sul sito: http://europa.eu.int/comm/justice_home/ news/consulting_public/rome_ii/news_summary_rome2_en.htm.

2. PROPOSTA DI REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

2.1. Obiettivo generale - Migliorare la prevedibilità delle soluzioni per quanto riguarda la legge applicabile

La presente proposta di regolamento è rivolta ad uniformare le norme di conflitto di leggi degli Stati membri in materia di obbligazioni extracontrattuali e a completare così l'armonizzazione del diritto internazionale privato in materia di obbligazioni civili e commerciali, che il regolamento «Bruxelles I» e la convenzione di Roma del 1980 hanno già fatto notevolmente progredire a livello comunitario.

L'armonizzazione delle norme di conflitto di leggi, che è opportuno distinguere dall'armonizzazione del diritto sostanziale, riguarda l'armonizzazione delle norme in virtù delle quali viene determinata la legge applicabile ad una obbligazione. Questa tecnica si rivela particolarmente adatta nell'ambito della risoluzione delle controversie transfrontaliere poiché, indicando con una ragionevole certezza la legge applicabile all'obbligazione, a prescindere dal foro adito, essa contribuisce a realizzare uno spazio europeo di giustizia. Infatti, anziché costringere a studiare norme di conflitto di leggi spesso notevolmente divergenti nei vari Stati membri i cui tribunali potrebbero essere competenti a giudicare una causa, la presente proposta permette alle parti di limitarsi allo studio di un regime unico di norme di conflitto, riducendo così i costi della controversia e rafforzando la prevedibilità delle soluzioni e la certezza del diritto.

Queste considerazioni generali si applicano particolarmente alle obbligazioni extracontrattuali, materia la cui rilevanza per il Mercato interno è dimostrata dagli strumenti settoriali vigenti o in preparazione, disciplinanti l'uno o l'altro aspetto particolare (per esempio in fatto di responsabilità per i prodotti difettosi o di responsabilità ambientale). Orbene, il ravvicinamento del diritto sostanziale delle obbligazioni è solo agli inizi. Malgrado i principi comuni, permangono divergenze di rilievo fra gli Stati membri, in particolare per quanto concerne le questioni seguenti: il confine tra responsabilità oggettiva e responsabilità colposa; il risarcimento dei danni indiretti o dei danni subiti da terzi; il risarcimento del danno morale, compreso quello dei terzi; il risarcimento al di là del danno subito ("punitive and exemplary damages"); i presupposti della responsabilità dei minori; i termini di prescrizione. Nell'ambito delle consultazioni condotte dalla Commissione, vari rappresentanti dell'industria hanno sottolineato che queste differenze rendono più difficile l'esercizio delle libertà fondamentali nel mercato interno. Coscienti del fatto che non si potrà giungere entro breve tempo ad un'armonizzazione del diritto sostanziale, essi hanno sottolineato l'importanza delle norme di conflitto al fine di migliorare la prevedibilità delle soluzioni.

Un'analisi comparativa delle norme di conflitto dimostra che l'attuale situazione non risponde alle preoccupazioni di prevedibilità degli operatori economici, e porta ad individuare differenze ben più marcate di quelle esistenti in materia di contratti prima dell'armonizzazione realizzata dalla convenzione di Roma. Certo, quasi tutti gli Stati membri riconoscono oggi un ruolo preponderante alla regola della lex loci delicti commissi, che sottopone gli illeciti civili alla legge del luogo in cui essi si sono verificati. L'applicazione di questa regola si rivela tuttavia problematica in caso di cosiddetti illeciti "complessi", cioè in presenza di una dispersione fra vari paesi del fatto generatore della responsabilità, da una parte, e del danno, dall'altra [10]. Esistono differenze fra i diritti nazionali per quanto riguarda la concretizzazione della regola della lex loci delicti commissi in caso di obbligazioni extracontrattuali a carattere transfrontaliero. Se in alcuni Stati membri resta d'applicazione ancora la soluzione tradizionale che consiste nell'applicare la legge del paese del fatto causale, vale a dire del luogo ove è avvenuta l'azione che ha prodotto il danno, gli sviluppi recenti vanno piuttosto a favore della legge del paese nel quale il danno si è verificato. Per comprendere il diritto positivo di uno Stato membro, non è però sufficiente sapere se esso consideri come determinante il fatto generatore o il danno. La regola di base va combinata con altri criteri. Un numero crescente di Stati autorizza il ricorrente a scegliere la legge che gli è più favorevole. Altri lasciano che sia il giudice a determinare il paese con il quale la controversia presenta i legami più stretti, quale regola di base, o in via eccezionale, ove la regola di base risulti non appropriata al caso di specie. La maggior parte degli Stati membri combina in forme talvolta complesse le varie soluzioni ricordate. A prescindere dalla diversità di approccio, il fatto che soltanto alcuni Stati membri abbiano codificato le proprie norme di conflitto di leggi non aiuta a comprendere le soluzioni adottate; nella maggior parte dei paesi prevale una giurisprudenza empirica, con soluzioni spesso incerte, soprattutto con riferimento a tipologie particolari di illecito.

[10] Su come questa dispersione di elementi vada tenuta in considerazione nell'ambito della competenza internazionale dei tribunali, si veda la giurisprudenza della Corte di giustizia citata alle note seguenti.

È fuor di dubbio che la sostituzione di oltre quindici sistemi nazionali [11] di norme di conflitto con un corpo unico di regole uniformi rappresenti un progresso di rilievo per gli operatori economici ed i cittadini sotto il profilo della certezza del diritto.

[11] Vi sono più di quindici sistemi nazionali a causa del sistema non unitario vigente nel Regno Unito.

È poi opportuno analizzare le norme di conflitto nel contesto della competenza internazionale dei tribunali. Oltre alla competenza generale dei tribunali del domicilio del convenuto, di cui all'articolo 2 del regolamento "Bruxelles I", quest'ultimo prevede all'articolo 5, punto 3, un criterio speciale di competenza in materia di delitti e quasi-delitti, ossia quella del "tribunale del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto". Orbene, risulta dalla costante giurisprudenza della Corte che, qualora il luogo in cui il fatto generatore della responsabilità è avvenuto e quello nel quale esso avrebbe determinato un danno non siano identici, il convenuto possa essere citato, a scelta dell'attore, sia dinanzi al Tribunale del luogo del fatto che ha causato il danno, oppure a quello del luogo ove il danno si è verificato [12]. Se è vero che la Corte ha rilevato che entrambi i luoghi potrebbero offrire un collegamento significativo dal punto di vista della competenza, giacché ognuno può fornire una indicazione particolarmente utile ai fini della prova e dell'organizzazione del processo, il numero di fori disponibili per il ricorrente comporta pur sempre il rischio di "forum-shopping".

[12] CGCE, sentenza 30.11.1976, causa 21/76, Mines de Potasse d'Alsace, Racc. pag. 1735.

La presente proposta di regolamento permetterà alle parti di poter determinare in anticipo e con ragionevole certezza la regola applicabile ad una determinata situazione giuridica, tanto più che le regole uniformi proposte saranno oggetto di interpretazione uniforme da parte della Corte di giustizia. In tal modo questa iniziativa contribuisce a rafforzare la certezza del diritto e favorisce il buon funzionamento del mercato interno. Essa si inquadra altresì nel programma della Commissione volto ad agevolare la soluzione stragiudiziale delle controversie, poiché il fatto che le parti possano disporre di una buona visibilità della loro situazione facilita la ricerca di un accordo transattivo.

2.2. Base giuridica

La materia delle norme di conflitto di leggi, dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, è disciplinata dall'articolo 61, lettera c) del trattato CE. In applicazione dell'articolo 67 del trattato CE, quale modificato dal trattato di Nizza entrato in vigore il 1° febbraio 2003, il regolamento sarà adottato secondo la procedura di codecisione di cui all'articolo 251 del trattato CE.

L'articolo 65, lettera b) precisa che "le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, da adottare ... per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno, includono : ... la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi ...".

Il legislatore comunitario dispone del potere di definire l'ambito preciso di questo articolo e dunque di un margine di apprezzamento per determinare se una misura è necessaria al corretto funzionamento del mercato interno. Il Consiglio si è avvalso di questo potere nell'adottare il piano d'azione di Vienna [13], del 3 dicembre 1998, sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, piano che al punto 40 c) prevede esplicitamente l'elaborazione di uno strumento "Roma II".

[13] GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.

L'armonizzazione delle norme di conflitto di leggi contribuisce infatti ad assicurare la parità di trattamento fra gli operatori economici e i cittadini coinvolti in una controversia transfrontaliera nel mercato interno. Essa rappresenta così il complemento necessario all'armonizzazione già realizzata attraverso il regolamento "Bruxelles I" a livello di regole di competenza internazionale dei tribunali e di riconoscimento reciproco delle decisioni. In presenza di oltre quindici sistemi diversi di norme di conflitto, in effetti, due imprese europee aventi sede in due Stati membri distinti, A e B, che portassero avanti ai loro rispettivi tribunali una medesima controversia che le oppone alla stessa impresa appartenente allo Stato C, non si vedrebbero applicare la stessa norma di conflitto, il che rischia di comportare una distorsione di concorrenza. Una distorsione del genere potrebbe inoltre incitare gli operatori al forum shopping.

L'armonizzazione delle norme di conflitto può anche facilitare la realizzazione del principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale. Il programma di riconoscimento reciproco [14] prevede infatti la riduzione, e a termine addirittura la soppressione, di procedure intermedie per il riconoscimento di una decisione resa in un altro Stato membro. Sopprimere tutte le procedure intermedie presuppone tuttavia un tale grado di fiducia reciproca fra gli Stati membri, che non sarebbe possibile raggiungerlo se i tribunali degli Stati membri non applicassero la medesima norma di conflitto ad una determinata situazione.

[14] GU C 12 del 15.1.2001, pag. 8.

Il titolo IV del trattato CE, nel quale rientra la materia oggetto della presente proposta di regolamento, ai sensi del protocollo relativo alla Danimarca, non è d'applicazione nei confronti di questo paese. Esso non si applica nemmeno al Regno Unito e all'Irlanda, a meno che questi paesi non esercitino la loro facoltà di partecipare a tale iniziativa (clausola del cosiddetto "opting in") alle condizioni definite dal protocollo annesso al trattato. In sede di Consiglio "giustizia e affari interni" del 12 marzo 1999 questi due paesi hanno dichiarato che intendono essere pienamente associati alle attività della Comunità nel settore della cooperazione giudiziaria civile. Essi sono stati pienamente associati anche ai lavori del gruppo ad hoc del Consiglio prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

2.3. Giustificazione della proposta alla luce dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà

Rafforzando la certezza del diritto senza per questo esigere un'armonizzazione delle norme sostanziali di diritto interno, la tecnica dell'armonizzazione delle norme di conflitto di leggi rispetta pienamente i due principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

In fatto di scelta dello strumento, il protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità dispone, al punto 6, che "a parità di altre condizioni..., le direttive dovrebbero essere preferite ai regolamenti". Tuttavia, per quanto concerne la presente proposta, il regolamento risulta lo strumento più appropriato. Esso stabilisce infatti norme uniformi in ordine alla legge applicabile. Queste norme sono dettagliate, precise ed incondizionate, non necessitando alcuna misura di recepimento nel diritto nazionale. Esse hanno dunque un carattere "self-executing". La natura delle norme deriva direttamente dalla loro finalità, cioè il rafforzamento della certezza del diritto e della prevedibilità delle soluzioni adottate in materia di legge applicabile ad un rapporto giuridico. Se gli Stati membri disponessero di un margine di manovra per recepire queste norme, si reintrodurrebbe l'incertezza del diritto che loro armonizzazione intende per l'appunto abolire. Ecco perché la scelta del regolamento si impone per garantire un'applicazione uniforme negli Stati membri.

3. ESAME DELLE DISPOSIZIONI DELLA PROPOSTA

Articolo 1 - Campo di applicazione sostanziale

Come la convenzione di Bruxelles e il regolamento "Bruxelles I", il regolamento proposto riguarda le obbligazioni in materia civile e commerciale. Si tratta di una nozione autonoma di diritto comunitario interpretata dalla Corte di giustizia. Questa precisazione consente di ricordare che il regolamento "Bruxelles I", la convenzione di Roma, non meno che il regolamento proposto, costituiscono un tutto coerente che disciplina il diritto internazionale privato delle obbligazioni civili e commerciali in generale.

Il campo di applicazione del regolamento copre tutte le obbligazioni extracontrattuali, tranne quelle di cui al paragrafo 2. Le obbligazioni extracontrattuali si dividono in due grandi categorie: in primo luogo, le obbligazioni derivanti da un illecito, in secondo luogo, quelle derivanti da un fatto diverso da un illecito. Nella prima categoria rientrano le obbligazioni derivanti da fatto illecito, nella seconda la materia dei cosiddetti "quasi delitti" o, in certi ordinamenti giuridici, dei "quasi contratti", comprendenti segnatamente l'arricchimento senza causa e la negotiorum gestio. Quest'ultima categoria è trattata nella sezione 2. La linea di confine tra le obbligazioni contrattuali e quelle derivanti da fatto illecito non è tuttavia identica in tutti gli Stati membri e possono sorgere dubbi all'applicazione dell'uno o dell'altro strumento - la convenzione di Roma o il regolamento proposto - ad una determinata controversia, per esempio in materia di responsabilità precontrattuale, di culpa in contrahendo o di azione pauliana. La Corte ha già avuto occasione di constatare, nell'ambito dell'articolo 5, paragrafi 1 e 3 della convenzione di Bruxelles, che la materia del fatto illecito presenta un carattere residuale rispetto a quella contrattuale in senso stretto [15]. Essa sarà portata ad affinare ancora la sua analisi nell'ambito dell'interpretazione del regolamento proposto.

[15] Cfr. in particolare CGCE, sentenza 22 marzo 1983, causa 34/82, Martin Peters, Racc. pag. I. 987, sentenza 17 giugno 1992, causa C-26/91, Jacob Handte, Racc. pag. I. 3697, sentenza 17 settembre 2002, causa C-334/00, Fonderie Officine Meccaniche Tacconi (raccolta non ancora disponibile).

Quest'ultimo si applica a tutte le situazioni comportanti un conflitto di leggi, vale a dire le situazioni che presentano uno o più elementi di estraneità rispetto alla vita sociale interna di un paese e che possono applicarsi a più sistemi giuridici. A norma dell'articolo primo del paragrafo 2, le seguenti materie sono escluse dal campo di applicazione del regolamento proposto:

a) Le obbligazioni extracontrattuali derivanti dai rapporti di famiglia o da rapporti assimilati, comprese le obbligazioni alimentari: le obbligazioni in materia di diritto di famiglia non sono, in genere, qualificate come derivanti da fatto illecito. Un'obbligazione di questo tipo può tuttavia sorgere nell'ambito di un rapporto familiare, per esempio in caso di azione di risarcimento del danno causato dal tardivo pagamento di una obbligazione alimentare. Alcuni commentatori hanno suggerito di includere queste obbligazioni nel campo di applicazione del regolamento giacché in tal modo esse sarebbero regolate dalla clausola di eccezione dell'articolo 3, paragrafo 3, che prevede espressamente il meccanismo del "collegamento accessorio" che le sottopone alla stessa legge del rapporto di famiglia sottostante. Dato che non esistono a tutt'oggi norme di conflitto di leggi armonizzate a livello comunitario in materia di diritto di famiglia, è sembrato preferibile escludere le obbligazioni extracontrattuali sorte nell'ambito di questi rapporti dal campo di applicazione del regolamento proposto.

b) Le obbligazioni extracontrattuali relative ai rapporti patrimoniali tra coniugi e al diritto delle successioni: queste materie sono escluse per ragioni analoghe a quelle riportate al punto a).

c) Le obbligazioni extracontrattuali derivanti da lettere di cambio, assegni, effetti all'ordine e altri titoli negoziabili, nella misura in cui le obbligazioni derivanti dai titoli stessi discendono dal loro carattere negoziabile: questo capoverso ricalca l'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della convenzione di Roma. Esso è ripreso qui per le stesse ragioni indicate nel rapporto GIULIANO-LAGARDE [16] e cioè che, da un lato, le disposizioni del regolamento non sono adatte a questo genere di obbligazioni, dall'altro le convenzioni di Ginevra del 7 giugno 1930 e del 19 marzo 1931 regolano gran parte di tali settori, oltre al fatto che la qualificazione di queste obbligazioni negli Stati membri non è uniforme.

[16] Rapporto concernente la convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, GUCE C 282 del 31 ottobre 1980, pag. 1.

d) La responsabilità personale dei soci e degli organi per le obbligazioni di una società, associazione o persona giuridica e di coloro che sono preposti al controllo legale dei documenti contabili: questa materia non può essere separata dal diritto delle società, delle associazioni o di altre persone giuridiche cui l'esercizio della responsabilità di gestione è soggetto.

e) Le obbligazioni extracontrattuali tra i costituenti, i fiduciari e i beneficiari di un trust: rappresentando i trust un istituto sui generis, è opportuno escluderli dal presente regolamento, analogamente a quanto già avveniva nel quadro della convenzione di Roma.

f) Le obbligazioni extracontrattuali derivanti da danno nucleare: tale esclusione si giustifica per l'importanza della posta in gioco, sotto il profilo economico e statuale, e per il contributo degli Stati al risarcimento dei danni nucleari nell'ambito del regime internazionale di responsabilità nucleare previsto dalla convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 e dalla convenzione complementare di Bruxelles del 31 gennaio 1963, dalla convenzione di Vienna del 21 maggio 1963 e dalla convenzione sul finanziamento complementare del 12 settembre 1997, nonché dal protocollo congiunto del 21 settembre 1988

Dato che formano eccezioni, queste esclusioni vanno interpretate in modo restrittivo.

Il regolamento proposto non riprende l'esclusione di cui all'articolo 1, paragrafo 2 lettera h) della convenzione di Roma, che riguarda il regime probatorio e le norme di procedura. Discende chiaramente dall'articolo 11 che queste ultime sono determinate, salvo le eccezioni menzionate, dalla lex fori. Esse dunque non figurano tra le obbligazioni extracontrattuali escluse dal campo di applicazione del presente regolamento.

Articolo 2 - Carattere universale

Ai sensi dell'articolo2, il presente regolamento possiede un carattere universale, vale a dire che le sue norme uniformi di conflitto di leggi possono designare indifferentemente la legge di uno Stato membro o la legge di uno Stato non membro dell'Unione europea.

Si tratta di un principio profondamente radicato nel diritto positivo delle norme di conflitto che si ritrova già nella convenzione di Roma, nelle convenzioni concluse nell'ambito della Conferenza dell'Aia e nelle norme di conflitto nazionali degli Stati membri.

Data la complementarietà tra lo strumento "Bruxelles I" ed il regolamento proposto, il carattere universale di quest'ultimo è necessario al corretto funzionamento del mercato interno, onde evitare distorsioni della concorrenza fra soggetti comunitari. Benché il regolamento "Bruxelles I" distingua a priori fra le situazioni in cui il convenuto è domiciliato sul territorio di uno Stato membro e quelle ove egli è domiciliato in uno Stato terzo [17], esso regola ciò nondimeno sia le situazioni aventi un carattere puramente "intracomunitario" sia quelle che comportano un elemento di estraneità. Le decisioni rese da una giurisdizione di uno Stato membro nella sfera applicazione del regolamento "Bruxelles I" beneficiano anzitutto di un meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione; poco importa allora la legge - di uno Stato membro o di un paese terzo - in virtù della quale la decisione è stata resa. Per ciò che riguarda le regole di competenza, il regolamento "Bruxelles I" si applica anche se il convenuto è domiciliato fuori dal territorio comunitario: ciò accade altresì quando la controversia dipende da una regola di competenza esclusiva [18], quando la competenza del giudice deriva da una clausola di attribuzione di giurisdizione [19], in caso di semplice comparizione del convenuto [20] o di litispendenza [21]; in generale, l'articolo 4, paragrafo 2 precisa che qualora il convenuto sia domiciliato in uno Stato terzo, l'attore, domiciliato in uno Stato membro, può, quale che sia la sua nazionalità, invocare contro il convenuto le norme di competenza previste dal diritto del paese nel quale egli è domiciliato. Risulta dall'insieme delle sue disposizioni che il regolamento "Bruxelles I" si applica sia alle situazioni "intracomunitarie" che a quelle che presentano un elemento "extracomunitario".

[17] Articolo 2, paragrafo 1.

[18] Articolo 22.

[19] Articolo 23.

[20] Articolo 24.

[21] Articolo 27.

È pertanto essenziale garantire la parità di trattamento tra soggetti comunitari, comprese le situazioni non strettamente "intracomunitarie". Mantenendo oltre quindici sistemi nazionali distinti di norme di conflitto di leggi, due imprese europee aventi sede in due Stati membri distinti, A e B, che portassero per esempio avanti ai loro tribunali una stessa controversia che le oppone alla medesima impresa di uno Stato terzo, non si vedrebbero applicare la medesima norma di conflitto di leggi, e ciò rischia di determinare - come per le situazioni puramente "intracomunitarie" - distorsioni della concorrenza.

Per di più, la distinzione tra controversie "intracomunitarie" e controversie "extracomunitarie" è diventata artificiosa. Come qualificare una controversia che, in un primo tempo, riguarda il cittadino di un solo Stato membro e quello di uno Stato terzo, ma che successivamente interessa diversi Stati membri, ad esempio perché la parte comunitaria chiama in causa il suo assicuratore stabilito in un altro Stato membro o perché il debito controverso è anche oggetto di una cessione di credito. L'interdipendenza delle relazioni economiche nel mercato interno fa sì che una controversia presenti sempre un carattere potenzialmente intracomunitario.

Da un punto di vista pratico, infine, i contributi degli operatori del diritto giudici ed avvocati pervenuti alla Commissione nell'ambito della consultazione scritta, hanno messo in evidenza che il diritto internazionale privato in generale e le norme di conflitto di leggi in particolare sono percepite come materie di grande complessità. Questa complessità sarebbe ancora maggiore se la presente misura sdoppiasse le fonti di norme di conflitto e i giuristi dovessero d'ora in avanti padroneggiare, oltre alle norme uniformi comunitarie, norme nazionali distinte nelle situazioni che non presentano un collegamento sufficiente con il territorio comunitario. Il carattere universale del regolamento proposto risponde di conseguenza all'obiettivo di certezza del diritto ed agli impegni assunti dall'Unione a favore di una legislazione trasparente.

Articolo 3 - Regole generali

L'articolo 3 stabilisce le regole generali per determinare la legge applicabile in materia di obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatto illecito. Essa concerne tutte le obbligazioni per le quali le singole disposizioni non prevedono una norma speciale.

Gli obiettivi che hanno guidato la Commissione al momento di concretizzare la regola della lex loci delicti commissi sono la preoccupazione di garantire la certezza del diritto, da un lato, e la ricerca di un ragionevole equilibrio fra gli interessi del presunto autore del danno e del soggetto leso, dall'altro. Le soluzioni adottate corrispondono anche all'evoluzione recente delle norme di conflitto di leggi negli Stati membri.

Paragrafo 1 - Regola generale

L'articolo 3, paragrafo 1 stabilisce come regola di base la legge del luogo ove il danno diretto si è verificato o rischia di verificarsi. Nella maggior parte dei casi, questa legge corrisponde a quella del paese di residenza della vittima. La locuzione "rischia di verificarsi" indica che il regolamento proposto, sulla falsariga dell'articolo 5, paragrafo 3 del regolamento "Bruxelles I", copre sia le azioni cautelari che, ad esempio, quelle inibitorie.

Può accadere che i luoghi ove si siano verificati eventuali danni indiretti non siano pertinenti per la determinazione della legge applicabile. Nell'ambito di un sinistro stradale, ad esempio, il luogo del danno diretto è quello della collisione, indipendentemente da eventuali pregiudizi finanziari o morali che possono insorgere in un altro paese. Così la Corte di giustizia ha già precisato, nell'ambito della convenzione di Bruxelles, che «il luogo in cui il danno è subito» non comprende quello ove la vittima subisce un pregiudizio patrimoniale susseguente ad un danno iniziale subito in un altro Stato contraente [22].

[22] CGCE, 19 settembre 1995, causa. C-364/93, Marinari c. Lloyds Bank, Racc. 1995 pag. I-2719.

La regola implica che, qualora insorgano danni in diversi paesi, si applicheranno in modo distributivo le leggi di tutti i paesi coinvolti, conformemente alla tesi della "Mosaikbetrachtung" conosciuta nel diritto tedesco.

Il regolamento proposto segue i recenti sviluppi in materia di norme di conflitto negli Stati membri. Se la mancanza di codificazione in vari Stati membri non permette una risposta chiara per gli oltre 15 sistemi esistenti, il collegamento alla legge del luogo del danno è stato segnatamente adottato dagli Stati membri che hanno codificato di recente le proprie norme. La soluzione è d'applicazione nei Paesi Bassi, nel Regno Unito e in Francia, non meno che in Svizzera. In Germania, Italia e Polonia il soggetto leso è autorizzato a scegliere questa legge fra altre.

La soluzione dell'articolo 3, paragrafo 1 si preoccupa di garantire la certezza del diritto. Essa deriva dalla soluzione adottata dal progetto di convenzione del 1972, che assume come regola di base il collegamento alla legge del luogo in cui l'"evento dannoso" si è verificato. Orbene, stando alla giurisprudenza della Corte la nozione di "evento dannoso" copre sia il fatto causale che il danno. Si tratta di una soluzione che corrisponde ad obiettivi specifici in materia di competenza internazionale dei tribunali, ma che non permette alle parti di prevedere con ragionevole certezza la legge applicabile alla loro situazione.

La regola risponde altresì alla preoccupazione di trovare un ragionevole equilibrio fra gli interessi divergenti delle parti. La Commissione ha scelto di non favorire per principio la vittima permettendole di scegliere la legge che le è più favorevole. Essa ritiene infatti che una soluzione del genere travalichi le legittime attese del soggetto leso, finendo col reintrodurre una incertezza giuridica che contrasterebbe con l'obiettivo generale del regolamento proposto. La soluzione dell'articolo 3 rappresenta dunque un compromesso fra le due soluzioni estreme consistenti nell'applicazione della legge del fatto causale, da un lato, e nel lasciare alla vittima la facoltà di scelta, dall'altro.

L'articolo 3, paragrafo 1, che istituisce un collegamento obbiettivo tra il danno e la legge applicabile, corrisponde infine alla moderna concezione del diritto della responsabilità civile, che non tende più, come nella prima metà del Novecento, a sanzionare un comportamento colpevole: oggi prevale la funzione risarcitoria, come si evince soprattutto dallo sviluppo dei sistemi di responsabilità oggettiva, senza colpa.

Per contro, l'applicazione della regola di base può rivelarsi inappropriata quando la situazione presenta solo collegamenti accidentali con il paese in cui il danno si verifica. Ecco perché i paragrafi seguenti l'escludono in specifici casi.

Paragrafo 2 - Legge della residenza comune

Il paragrafo 2 introduce una regola speciale qualora il soggetto la cui responsabilità è invocata e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese: in tal caso è d'applicazione la legge di questo paese. Si tratta di una soluzione adottata da quasi tutti gli Stati membri, attraverso una norma speciale, o concretizzando la regola giurisprudenziale dei collegamenti più stretti. Questa soluzione corrisponde alle legittime attese di entrambe le parti.

Paragrafo 3 - Clausola derogatoria generale e collegamento accessorio

Sulla falsariga dell'articolo 4, paragrafo 5 della convenzione di Roma, il paragrafo 3 prevede una clausola derogatoria generale il cui obiettivo è introdurre una certa flessibilità, permettendo al giudice di adattare la regola rigida al caso concreto, per applicare la legge che corrisponde al centro di gravità della situazione.

Nella misura in cui questa clausola introduce una certa imprevedibilità con riferimento alla legge applicabile, essa va attivata in casi eccezionali. L'esperienza della convenzione di Roma del 1980, che comincia enunciando delle presunzioni, ha dimostrato che i giudici di alcuni Stati membri tendono a ricorrere alla clausola derogatoria ab initio, ricercando subito la legge che corrisponde meglio al criterio di prossimità, senza passare preliminarmente attraverso queste presunzioni [23]. Ecco perché le disposizioni dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, del regolamento proposto, sono redatte sotto forma di regole fisse, non già di semplici presunzioni. Per sottolineare che la clausola derogatoria va attivata solo in via eccezionale, il paragrafo 3 richiede inoltre che l'obbligazione presenti un nesso "manifestamente più stretto" con un altro paese.

[23] In proposito si veda il punto 3.2.5 del Libro verde sulla trasformazione in strumento comunitario della convenzione di Roma del 1980 applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento della medesima, già citato.

Il paragrafo 3 fornisce poi indicazioni al giudice ove le parti siano già legate da una relazione preesistente. Si tratta di un fattore che può essere preso in considerazione al fine di determinare se esista un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese rispetto a quello designato dai criteri rigidi. Per contro, la legge applicabile a questa relazione preesistente non si applica automaticamente ed il giudice dispone di un margine di manovra per valutare se esista un nesso significativo tra l'obbligazione extracontrattuale e la legge applicabile alla relazione preesistente.

Il testo indica che la relazione preesistente può segnatamente consistere in un contratto che abbia uno stretto collegamento con l'illecito in questione. Questa soluzione assume un particolare interesse negli Stati membri il cui sistema giuridico ammette il cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per le medesime parti. Ma il testo è abbastanza flessibile da tener conto di una relazione contrattuale semplicemente progettata, ad esempio in caso di rottura delle trattative o in caso di annullamento di un contratto, o di un rapporto familiare. Conducendo all'applicazione di un'unica legge per la totalità dei loro rapporti giuridici, questa soluzione rispetta le legittime attese delle parti e risponde alla preoccupazione di una buona amministrazione della giustizia. Su un piano più tecnico, essa permette di relativizzare - in attesa di una qualificazione autonoma da parte della giurisprudenza della Corte di giustizia - le conseguenze del fatto che un medesimo rapporto può riguardare il diritto dei contratti in uno Stato membro e il diritto della responsabilità civile in un altro. Lo stesso ragionamento si applica alle conseguenze della nullità di un contratto già disciplinate da una norma speciale all'articolo 10, paragrafo 1, lettera e) della convenzione di Roma. Avendo alcuni Stati membri espresso una riserva riguardo a questo articolo, il ricorso al meccanismo del collegamento accessorio permette di superare le difficoltà che possono risultare dall'applicazione di due strumenti distinti.

Tuttavia, qualora la relazione preesistente consista in un contratto con consumatori o di lavoro, e qualora questo contratto opti per una legge diversa da quella della residenza abituale del consumatore, del luogo di prestazione abituale del lavoro o, eccezionalmente, del luogo di assunzione del lavoratore, il ricorso al meccanismo del collegamento accessorio non può privare la parte debole della protezione della legge applicabile in assenza di collegamento accessorio. Il regolamento proposto non contiene regole espresse in questo senso, poiché la Commissione ritiene che la soluzione risulti già, in modo implicito, dalle norme di protezione della convenzione di Roma: gli articoli 5 e 6 di quest'ultima sarebbero in effetti sviati dal loro obiettivo se il collegamento accessorio portasse a convalidare, per le obbligazioni extracontrattuali, una scelta delle parti che risulti invece non valida, almeno parzialmente, per il loro contratto.

Articolo 4 - Responsabilità per danno da prodotti difettosi

L'articolo 4 introduce una norma specifica per le obbligazioni extracontrattuali in caso di danno cagionato da un prodotto difettoso. Riguardo alla definizione della nozione di prodotto ai sensi dell'articolo 4, conviene attenersi a quella data dall'articolo 2 della direttiva 85/374 [24].

[24] Direttiva 85/374, del 25.7.1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per prodotti difettosi, GU L 210 del 7.8.1985, pag. 29, quale modificata dalla direttiva 34/1999, del 10.5.1999, GU L 141 del 4.6.1999, pag. 20.

La direttiva 85/374 ha riavvicinato il diritto sostanziale degli Stati membri per quanto concerne la responsabilità oggettiva, vale a dire senza colpa. Questo testo non rappresenta tuttavia una armonizzazione completa, in quanto autorizza gli Stati membri ad esercitare alcune opzioni. Peraltro, la direttiva lascia impregiudicato il diritto nazionale della responsabilità per colpa, che la parte lesa può sempre scegliere di invocare. Di conseguenza, il campo di applicazione della norma speciale di cui all'articolo 4 è più ampio rispetto a quello della direttiva 85/374, giacché si applica anche alle azioni basate sulle disposizioni esclusivamente nazionali in materia di responsabilità per prodotti difettosi, che non hanno origine nella direttiva suddetta.

Oltre al rispetto delle legittime attese delle parti, la norma di conflitto in materia di responsabilità per prodotti difettosi deve tener conto della dispersione degli elementi di collegamento possibili (sede del produttore, luogo di fabbricazione, luogo della prima messa in circolazione, luogo di acquisto da parte della vittima, residenza abituale della vittima), accentuata a sua volta dallo sviluppo del commercio internazionale, del turismo e della mobilità delle persone e dei beni nell'Unione Ne consegue che il mero collegamento al luogo del danno non è adatto a questa materia, perché la legge così designata può rivelarsi senza legami pertinenti con una situazione, imprevedibile per il produttore, senza peraltro garantire una protezione adeguata al soggetto leso [25].

[25] Nel caso, ad esempio, di un turista tedesco che abbia acquistato un bene di fabbricazione francese all'aeroporto di Roma per portarlo in un paese africano dove il bene esplode provocandogli un danno.

Per questo motivo i paesi che dispongono di norme speciali prevedono abitualmente una norma che richiede la presenza di diversi elementi in uno stesso paese, affinché la legge di questo paese sia applicabile. È l'approccio adottato altresì nella convenzione dell'Aia del 1973 sulla responsabilità per prodotti difettosi [26], che è in vigore in cinque Stati membri. In virtù dell'articolo 25 del regolamento proposto, detta convenzione rimane in vigore tra gli Stati membri che l'avevano ratificata all'atto dell'entrata in vigore del regolamento. La convenzione del 1973 determina la legge applicabile alla responsabilità dei fabbricanti, produttori, distributori e riparatori in funzione dei seguenti elementi, distribuiti o combinati in modo complesso: luogo dell'evento dannoso, luogo del domicilio della vittima, luogo del domicilio del fabbricante o produttore, luogo d'acquisto del prodotto.

[26] Si tratta di Spagna, Finlandia, Francia, Paesi Bassi e Lussemburgo. La convenzione è in vigore anche in Norvegia, Slovenia, Croazia, Macedonia e Iugoslavia.

Pur riconoscendo le restrizioni particolari inerenti alla materia, il regolamento proposto tiene nondimeno conto dell'esigenza che una norma di diritto non debba essere inutilmente complessa.

Ai sensi dell'articolo 4, la legge applicabile è in generale quella della residenza abituale della parte lesa. Questa soluzione è tuttavia sottoposta alla condizione che il prodotto sia stato commercializzato in tale paese con il consenso del soggetto la cui responsabilità viene invocata. In mancanza di consenso, la legge applicabile è quella del paese in cui la persona risiede abitualmente. Sono altresì di applicazione i paragrafi 2 (residenza abituale comune) e 3 (clausola derogatoria generale) dell'articolo 3.

Il carattere semplice e prevedibile di questa norma si confà assai bene ad una materia nella quale il numero di transazioni stragiudiziali è particolarmente elevato, segnatamente in ragione dell'intervento degli assicuratori. L'articolo 4 introduce peraltro un equilibrio far gli interessi in gioco. Grazie alla condizione per cui il prodotto deve essere stato commercializzato nel paese di residenza abituale della parte lesa, affinché la legge di tale paese d'applicazione, la soluzione è prevedibile per il produttore che gestisce l'organizzazione della sua rete di commercializzazione. Essa risponde egualmente ai legittimi interessi della parte lesa, dato che, nella maggior parte dei casi, essa avrà acquistato un prodotto legalmente commercializzato nel proprio paese di residenza.

Qualora la parte lesa acquisti il prodotto in un paese diverso da quello in cui risiede abitualmente, per esempio durante un viaggio, si danno due ipotesi distinte. La prima, quando il soggetto abbia acquistato all'estero un prodotto che commercializzato anche nel suo paese di residenza, ad esempio per beneficiare di un'offerta promozionale. In questo caso, il produttore aveva già previsto che la sua attività avrebbe potuto essere valutata sulla base delle norme in vigore in detto paese, e l'articolo 4 designa la legge di questo paese la cui applicazione era prevedibile per entrambe le parti.

Per contro, nella seconda ipotesi, qualora la vittima abbia acquistato all'estero un prodotto che non è legalmente commercializzato nel paese in cui risiede abitualmente, nessuna delle parti si aspetta che venga applicata la legge di tale paese . Si rende pertanto necessaria una norma sussidiaria. I due criteri di collegamento discussi nell'ambito delle consultazioni condotte dalla Commissione erano il luogo del danno e la residenza abituale del presunto responsabile. Considerando che, a motivo della notevole mobilità dei beni di consumo, il criterio di collegamento del luogo del danno non rispondeva né al principio della certezza del diritto, né alla preoccupazione di tutelare la vittima, la Commissione ha scelto la seconda soluzione.

La norma dell'articolo 4 risponde non soltanto alle aspettative delle parti, ma anche agli obiettivi generali dell'Unione europea, che sono un elevato livello di protezione del consumatore, non meno che il mantenimento di condizioni di leale concorrenza su un determinato mercato. Infatti, se a tutti i concorrenti che intervengono su un determinato mercato viene imposto il al medesimo standard di sicurezza, i produttori stabiliti in un paese con un livello di protezione poco elevato non potranno esportare questo basso livello in altri paesi, e ciò rappresenta uno stimolo generale all'innovazione, nonché allo sviluppo scientifico e tecnico.

L'espressione "presunto responsabile" non designa necessariamente il fabbricante di un prodotto finito; può allo stesso modo riferirsi al produttore di una materia prima o di un componente, ovvero a un intermediario o al venditore finale. Peraltro, chiunque importi un prodotto nella Comunità è reputato, a certe condizioni, responsabile della sicurezza dei prodotti alla stessa stregua del produttore [27].

[27] Cfr. direttiva 85/374 cit., articolo 3, paragrafo 2.

Articolo 5 - Concorrenza sleale

L'articolo 5 prevede un criterio di collegamento autonomo per le azioni di risarcimento di un danno risultante da un atto di concorrenza sleale.

Le norme sulla concorrenza sleale sono volte a garantire la leale concorrenza imponendo a tutti i partecipanti di attenersi alle stesse regole. Tali norme reprimono, tra l'altro, gli atti tesi ad influenzare la domanda (quali l'inganno o la costrizione), gli atti che tendono ad ostacolare l'offerta concorrente (ad esempio, perturbando l'approvvigionamento di un concorrente, sottraendogli i dipendenti, boicottando la sua attività), o ancora quelli che traggono profitto dalla posizione di mercato di un concorrente e creano una possibile confusione, sfruttando ad esempio la sua reputazione. Nella sua moderna concezione, il diritto della concorrenza è volto a proteggere sia i concorrenti (dimensione orizzontale) che i consumatori e il pubblico in generale (relazioni verticali). Questa funzione tridimensionale del diritto della concorrenza deve trovare riscontro in un moderno strumento di conflitto di leggi.

L'articolo 5 rispecchia questo triplice obiettivo, in quanto mira a salvaguardare sia l'assetto del mercato in generale, sia gli interessi dei concorrenti che quelli collettivi e diffusi dei consumatori (che sono altra cosa che gli interessi individuali di un singolo consumatore). Quest'ultimo concetto è desunto da un certo numero di direttive comunitarie in materia di protezione dei consumatori, e segnatamente dalla direttiva 98/27, del 19 maggio 1998 [28] che introduce la possibilità di promuovere un'azione inibitoria a beneficio delle associazioni dei consumatori. Il che non significa peraltro che ciò valga solo per le azioni proposte da una associazione di consumatori; data la triplice finalità del diritto della concorrenza, quasi tutte le forme di concorrenza sleale concernono anche gli interessi collettivi dei consumatori, poco importa se l'azione sia stata introdotta da un concorrente o da una associazione. Peraltro, l'articolo 5 si applica anche ai provvedimenti inibitori richiesti dalle associazioni di consumatori. Il regolamento proposto è così allineato alla recente giurisprudenza della Corte di giustizia, relativa alla convenzione di Bruxelles, secondo la quale "un'azione cautelare, proposta da un'associazione di protezione dei consumatori al fine di far cessare l'uso da parte di un commerciante di clausole ritenute abusive nei contratti con i consumatori, appartiene alla materia dei delitti o quasi-delitti ai sensi dell'articolo 5, punto 3 della convenzione" [29].

[28] Direttiva 98/27 (CE) del Parlamento e del Consiglio del 19 maggio 1998 relativa alle azioni inibitorie in materia di protezione degli interessi dei consumatori, GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51.

[29] CGCE, 1.10.2002, causa C-167/00, Henkel.

L'analisi comparata del diritto internazionale privato degli Stati membri rivela che esiste un ampio consenso a favore dell'applicazione della legge del paese sul cui mercato la concorrenza risulta perturbata. Questo risultato è ottenuto applicando il principio generale della lex loci delicti, o istituendo un collegamento specifico in tal senso (Australia, Spagna, Paesi Bassi, e parimenti Svizzera) ed è conforme alle raccomandazioni di gran parte della dottrina e della Lega internazionale del diritto della concorrenza in materia di pubblicità [30]. La situazione attuale è caratterizzata tuttavia da un certo grado di incertezza, soprattutto nei paesi ove la giurisprudenza non ha ancora avuto modo di pronunciarsi in merito all'applicazione del principio della lex loci delicti. La creazione di una norma uniforme di conflitto in questa materia rafforza quindi la prevedibilità delle decisioni giudiziarie.

[30] Risoluzione adottata in occasione del Congresso di Amsterdam nell'ottobre 1992, pubblicata nella Revue internationale de la concurrence 1992, (n.168), pag. 51, che raccomanda altresì di armonizzare le norme sostanziali nel settore.

L'articolo 5 prevede il collegamento alla legge dello Stato sul cui territorio "le relazioni di concorrenza o gli interessi collettivi dei consumatori sono lesi o rischiano di essere lesi". Si tratta del mercato sul quale i concorrenti agiscono per guadagnare il favore dei clienti. Questa soluzione corrisponde alle attese delle parti lese poiché la norma designa in generale il diritto che regola il loro ambiente economico. Essa garantisce però soprattutto la parità di trattamento fra gli operatori economici di uno stesso mercato. Il diritto della concorrenza si prefigge di proteggere un mercato; esso persegue un obiettivo macroeconomico. Le azioni di risarcimento sono dunque soltanto accessorie e devono essere condizionate dal giudizio globale circa il funzionamento del mercato.

Quanto alla valutazione degli effetti sul mercato, la dottrina ammette in generale che solo gli effetti diretti e sostanziali di un atto di concorrenza sleale vanno presi in considerazione. Questo riguarda segnatamente le situazioni internazionali nella misura in cui il comportamento anticoncorrenziale produce nella maggior parte dei casi i propri effetti su più mercati e conduce ad una applicazione distributiva delle varie leggi esistenti.

Il bisogno di una norma speciale in questa materia è talvolta messo in dubbio, poiché essa condurrebbe alla stessa soluzione della regola generale dell'articolo 3, e il danno di cui si chiede il risarcimento verrebbe a confondersi con l'effetto anticoncorrenziale che condiziona l'applicabilità del diritto della concorrenza. È vero bensì che spesso vi è coincidenza tra i due aspetti sul piano territoriale, questa coincidenza non è automatica: ci si può chiedere, ad esempio, dove il danno si verifichi, qualora due imprese insediate nello Stato A agiscano sul mercato B. Per di più, le norme di collegamento accessorie della residenza comune e della clausola derogatoria non sono adatte alla materia in generale.

Il paragrafo 2 tratta di situazioni in cui un atto di concorrenza sleale riguarda un singolo concorrente, per esempio in caso di accaparramento di dipendenti, di corruzione, di spionaggio industriale, di divulgazione di un segreto commerciale o ancora di incitamento alla rottura di un contratto. Se non è possibile escludere totalmente che azioni del genere abbiano anche ripercussioni negative su un determinato mercato, si tratta di situazioni che possono tuttavia definirsi, soprattutto, "bilaterali". Pertanto, non vi è ragione per cui il soggetto leso non debba beneficiare delle disposizioni dell'articolo 3 relative alla residenza comune o alla clausola derogatoria generale. Questa soluzione è conforme all'evoluzione recente del diritto internazionale privato: una disposizione analoga figura all'articolo 4, paragrafo 2 della legge olandese del 2001 nonché all'articolo 136 paragrafo 2 della legge svizzera. La giurisprudenza tedesca adotta la stessa soluzione.

Articolo 6 - Violazione della vita privata e dei diritti della personalità

Il regolamento ricalca l'approccio oggi ampiamente confermato dal diritto degli Stati membri, secondo cui le violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, particolarmente in caso di diffamazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, rientrano nella categoria delle obbligazioni extracontrattuali e non in quella dello status personale - eccezion fatta per il diritto al nome.

Il rispetto della vita privata, da un lato, e la libertà di espressione e di informazione - che copre egualmente il rispetto della libertà dei media e del loro pluralismo - , dall'altro, sono oggetto di disposizioni specifiche tanto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che nella convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Le istituzioni comunitarie, al pari degli Stati membri, sono tenute al rispetto di questi valori fondamentali. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha già dato indicazioni preziose su come questi due principi si concilino nei casi di querela per diffamazione. Se le convenzioni internazionali hanno dunque contribuito ad un certo ravvicinamento del regime della libertà di stampa negli Stati membri, sussistono tuttavia differenze fra uno Stato e l'altro in merito a come questa libertà venga garantita in concreto. Per gli attori, la prevedibilità della legge applicabile alla loro attività continua ad assumere grande importanza.

Lo studio delle norme di conflitto in vigore negli Stati membri rivela comunque non soltanto la diversità delle soluzioni adottate, ma parimenti una grande incertezza giuridica. A dispetto della codificazione, manca ancora una giurisprudenza sui casi concreti in vari Stati membri [31]. I criteri di collegamento presi in considerazione negli altri Stati sono diversi: la sede dell'editore, ossia il luogo in cui il prodotto è stato edito o pubblicato (Germania e Italia, nell'ambito dell'opzione accordata alla vittima); il luogo in cui il prodotto è stato diffuso e portato alla conoscenza di terzi (Belgio, Francia, Lussemburgo); il luogo nel quale la vittima goda di una certa notorietà, che si presume essere quello della sua residenza abituale (Austria). Altri Stati membri preferiscono privilegiare la vittima, offrendole la facoltà di scegliere (Germania, Italia) oppure applicando la legge del luogo del danno qualora l'applicazione della legge del luogo del fatto causale non permetta il risarcimento (Portogallo). La soluzione del Regno Unito si discosta fortemente da quelle degli altri Stati membri, in quanto introduce un trattamento differenziato a seconda che una pubblicazione sia stata diffusa nel Regno Unito o all'estero: nel primo caso, la sola legge applicabile è quella del luogo di diffusione; nel secondo, il giudice procede all'applicazione cumulativa della legge del luogo di diffusione e di quella del foro ("double actionnability rule"). Quest'ultima norma è volta a proteggere la stampa nazionale, che non può essere condannata da tribunali inglesi quando una tale condanna non è prevista dal diritto inglese [32].

[31] Danimarca, Spagna, Finlandia, Grecia, Italia, Irlanda (teoria detta "the proper law of the tort"), Paesi Bassi e Svezia

[32] Una parte della dottrina inglese sembra tuttavia contestare che le violazioni della vita privata ("invasion of privacy") siano parimenti comprese in questa norma.

Tenuto conto dell'eterogeneità e delle incertezze della situazione attuale, armonizzare la norma di conflitto a livello comunitario rafforza la certezza del diritto.

Quanto al contenuto della norma uniforme, si deve parimenti tenere conto delle norme di competenza internazionale previste dal regolamento "Bruxelles I". In virtù delle sentenze Mines de Potasse d'Alsace (cit.) e Fiona Shevill [33], la vittima può intentare un'azione di risarcimento del danno dinanzi alle autorità giudiziarie dello Stato del luogo di stabilimento dell'editore della pubblicazione diffamatoria, competente per risarcire la totalità dei danni, o avanti alle autorità giudiziarie di ogni Stato in cui la pubblicazione è stata diffusa e dove la vittima ritenga che la sua reputazione sia stata offesa, competenti per conoscere dei soli danni causati entro questo Stato. Di conseguenza, se la vittima sceglie di adire un tribunale dello Stato nel quale la pubblicazione è stata diffusa, quest'ultimo applicherà il suo diritto nazionale al danno verificatosi in questo Stato. Per contro, se la vittima agisce dinanzi al tribunale della sede dell'editore, questo sarà competente per statuire sulla totalità del danno : la legge del foro disciplinerà dunque il danno verificatosi in questo paese mentre il giudice procederà ad un'applicazione distributiva delle varie leggi nel caso in cui la vittima reclami egualmente il risarcimento del danno subito in altri Stati.

[33] CJCE, sentenza del 7 marzo 1995, causa C 68/93, Fiona Shevill et. a. c/ Press Alliance SA, Racc. pag. I pag. 415

Tenuto conto delle difficoltà pratiche risultanti da un'applicazione distributiva di diverse leggi ad una data situazione, la Commissione aveva prospettato, nel progetto preliminare di proposta di regolamento del Consiglio presentato nel mese di maggio 2002, che si applicasse la legge della residenza abituale della parte lesa. Tuttavia, questa soluzione ha formato oggetto di critiche in sede di consultazioni, in particolare perché, da un lato, non è sempre facile conoscere la residenza abituale delle celebrità, dall'altro, il combinato disposto di norme di competenza e norme di conflitto potrebbe condurre ad una situazione in cui i tribunali dello Stato della sede dell'editore dovranno condannare quest'ultimo in applicazione della legge della residenza abituale della vittima, mentre il prodotto sarà perfettamente conforme alle norme in vigore nello Stato della sede dell'editore e nessun esemplare del prodotto sarà stato diffuso nello Stato di residenza della vittima. Sensibile a queste critiche, la Commissione ha riconsiderato la sua proposta.

La nuova versione dell'articolo 6 del regolamento proposto precisa che la legge applicabile alla violazione della vita privata e dei diritti della personalità è determinata secondo le norme dell'articolo 3 che conducono ad applicare la legge del luogo del danno diretto - a meno che le parti non risiedano nel medesimo Stato o che la controversia presenti collegamenti più stretti con un altro paese.

Nella precitata sentenza Fiona Shevill, la Corte di giustizia ha già avuto modo di pronunciarsi sull'individuazione del luogo del danno in caso di diffamazione a mezzo stampa ritenendolo "lo Stato dove la pubblicazione è stata diffusa e dove la vittima assume di aver subito una lesione della sua reputazione". È in effetti nel luogo di pubblicazione che questa è portata alla conoscenza di terzi e la reputazione di una persona rischia di essere lesa. La soluzione è dunque conforme alle legittime attese della parte lesa, senza per contro trascurare quelle dei media. È opportuno precisare che si può parlare di diffusione della pubblicazione in un paese solo ove questa sia oggetto di distribuzione commerciale.

Tuttavia, la Commissione è stata sensibile anche all'inquietudine espressa sia dagli organi di stampa che da certi Stati membri, circa l'eventualità in cui un tribunale di uno Stato membro A potrebbe vedersi obbligato a condannare un editore parimenti appartenente allo Stato A, in applicazione della legge dello Stato membro B, o addirittura quella di uno Stato terzo, anche quando la pubblicazione controversa fosse perfettamente conforme alle norme in vigore nello Stato A. È stato in effetti sottolineato che l'applicazione della legge B potrebbe allora rappresentare una violazione delle norme costituzionali dello Stato A sulla libertà di stampa. Per tener conto del carattere sensibile di questa materia, in cui le norme costituzionali degli Stati membri presentano ancora differenze non trascurabili, la Commissione ha ritenuto opportuno richiamare espressamente all'articolo 6 che la legge designata dall'articolo 3 deve essere scartata a favore della lex fori, qualora si riveli incompatibile con i principi fondamentali in fatto di libertà di stampa.

La legge designata dall'articolo 6, paragrafo 1 non pareva adatta per stabilire se e a quali condizioni la vittima potesse obbligare l'editore a pubblicare una versione corretta dei fatti ed esercitare il diritto di rettifica. Ecco perché il paragrafo 2 precisa che il diritto di rettifica o le misure equivalenti sono rette dalla legge del paese in cui sono stabiliti l'organo di radiodiffusione o l'editore del giornale.

Articolo 7 - Danni arrecati all'ambiente

L'articolo 7 introduce una norma specifica per la responsabilità civile in caso di danni arrecati all'ambiente. Conformemente agli sviluppi recenti del diritto materiale, la norma copre sia i danni alle persone e ai beni che quelli all'ambiente stesso, a condizione tuttavia che essi siano il risultato di una attività umana.

L'armonizzazione a livello europeo, se non addirittura internazionale, assume una particolare rilevanza in questo settore a causa del carattere transnazionale di certe catastrofi ambientali. Tuttavia, gli strumenti adottati finora trattano soprattutto di questioni di diritto sostanziale o della competenza internazionale, ma non conducono ad armonizzare le norme di conflitto. Per di più esse non concernono che determinati tipi di inquinamento transfrontaliero. Malgrado il ravvicinamento progressivo del diritto sostanziale in materia, non solo a livello comunitario, permangono notevoli differenze - ad esempio in fatto di determinazione dei danni risarcibili, termini di prescrizione, regimi di garanzia e assicurazione, diritto delle associazioni ad agire in giudizio, o ancora di ammontare del risarcimento. La questione della legge applicabile mantiene per ora tutta la sua importanza.

L'analisi delle norme di conflitto attualmente in vigore rivela una grande diversità di soluzioni. Se la lex fori non meno del luogo dell'attività pericolosa svolgono un certo ruolo, in particolare nelle convenzioni internazionali, le soluzioni più frequenti sono soprattutto la legge del luogo del danno (Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna, Giappone, Svizzera, Romania, Turchia, Québec) e l'applicazione della legge più favorevole alla vittima nelle sue diverse varianti (Germania, Austria, Italia, Repubblica ceca, Iugoslavia, Estonia, Turchia, convenzione nordica del 1974 sulla protezione dell'ambiente, convenzione fra Germania e Austria del 19 dicembre 1967 concernente gli effetti nocivi risultanti dall'attività dell'aeroporto di Salisburgo in Germania). La conferenza dell'Aia ha parimenti iscritto nel suo programma di lavoro l'elaborazione di una convenzione internazionale in materia di danno ambientale transfrontaliero e i lavori preparatori sembrano privilegiare il luogo del danno, pur riconoscendo i meriti dell'applicazione della legge più favorevole alla vittima.

La regola uniforme proposta all'articolo 7 adotta come soluzione principale l'applicazione della norma generale dell'articolo 3, paragrafo 1, che conduce ad applicare la legge del luogo in cui il danno ambientale si è verificato, pur concedendo alla vittima la facoltà di scegliere la legge del fatto causale.

La connessione di massima con la legge del luogo del danno è conforme ai recenti obiettivi di politica legislativa in materia di protezione dell'ambiente, la quale privilegia la responsabilità oggettiva in senso stretto. La soluzione favorisce parimenti una politica preventiva, obbligando gli operatori stabiliti in un paese che offra un livello di protezione esiguo a tener conto del livello più elevato nei paesi vicini, riducendo l'interesse per un operatore a stabilirsi in un paese con un livello di protezione inferiore. La norma contribuisce così all'innalzamento generale del livello di protezione dell'ambiente.

Il collegamento esclusivo col luogo del danno comporterebbe tuttavia al tempo stesso che una vittima stabilita in un paese con un livello di protezione esiguo non beneficerebbe del livello più elevato esistente nei paesi vicini. Con riferimento agli obiettivi più generali dell'Unione in materia di ambiente, non si tratta soltanto di rispettare le legittime aspettative della vittima, ma di mettere in atto una politica legislativa che contribuisca ad innalzare il livello di protezione dell'ambiente in generale, dato che l'autore del danno ambientale, diversamente da quanto avviene per altri illeciti, trae in generale un beneficio economico dalla sua attività dannosa. L'applicazione della sola legge del luogo del danno, infatti, potrebbe spingere un operatore a stabilirsi alla frontiera per introdurvi prodotti nocivi attraverso un fiume, contando sulla regolamentazione meno severa del paese vicino. Una soluzione del genere sarebbe contraria alla filosofia sottesa al diritto sostanziale europeo in materia di ambiente, nonché al principio che lo ispira «chi inquina paga».

L'articolo 7 autorizza quindi la parte lesa a fondare le sue pretese sulla legge del paese nel quale il fatto che ha causato il danno si è verificato. Spetta dunque alla vittima, e non al giudice, determinare la legge che le è più favorevole. Quanto al termine entro il quale la vittima può esercitare la sua opzione, essa dipende dal diritto processuale del foro, giacché ogni Stato membro dispone di norme per determinare il momento oltre il quale non è più possibile proporre domande nuove.

Una difficoltà supplementare per la responsabilità civile in caso di danni all'ambiente è la stretta connessione tra le prescrizioni del diritto pubblico relative al comportamento e le norme di sicurezza cui un esercente deve obbligatoriamente conformarsi. Una delle questioni più frequentemente poste è quella delle conseguenze di un'attività autorizzata e conforme alle norme dello Stato A (che autorizza, ad esempio, un certo livello di emissioni nocive), che genera un danno nello Stato B in cui tali attività non sono autorizzate (o dove le emissioni oltrepassano la soglia autorizzata). Ai sensi dell'articolo 13, il giudice deve poter tener conto in tal caso del fatto che l'autore si è conformato alle prescrizioni in vigore nel paese in cui l'attività viene esercitata.

Articolo 8 - Violazioni dei diritti di proprietà intellettuale

L'articolo 8 introduce norme speciali per le obbligazioni extracontrattuali risultanti da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, concetto che copre altresì i diritti di proprietà industriale. Il considerando 14 precisa che l'espressione diritti di proprietà intellettuale riguarda il diritto d'autore, i diritti affini, il diritto sui generis alla protezione delle basi di dati e i diritti di proprietà industriale.

Il trattamento della proprietà intellettuale è stata una delle questioni più intensamente dibattute nel quadro delle consultazioni organizzate dalla Commissione. Numerosi contributi hanno ricordato che esiste già in materia un principio universalmente riconosciuto che è quello della lex loci protectionis, vale a dire l'applicazione della legge del paese per il quale la protezione è rivendicata e su cui sono basate, ad esempio, la convenzione di Berna del 1886 in materia di proprietà letteraria e artistica, nonché la convenzione di Parigi del 1883 sulla proprietà industriale. La norma della lex loci protectionis, designata anche dall'espressione "principio di territorialità", permette ad ogni paese di applicare la sua legge alle violazioni di un diritto di proprietà intellettuale esistente sul proprio territorio: la contraffazione di un diritto di proprietà industriale è regolata dalla legge dello Stato in cui è stato rilasciato il brevetto, registrato il marchio o depositato il modello; quanto ai diritti d'autore, i tribunali applicano la legge del paese in cui la violazione è stata commessa. Questa soluzione sancisce l'indipendenza dei diritti di cui gode il titolare in ogni paese.

La regola generale dell'articolo 3 non pare compatibile con le esigenze specifiche della proprietà intellettuale. Onde tener conto di questa incompatibilità, si è discusso di due impostazioni nell'ambito dei lavori preparatori. La prima consiste nell'escludere la materia dal campo di applicazione del regolamento proposto, attraverso una esclusione espressa all'articolo 1, o attraverso l'articolo 25 che fa salve le convenzioni internazionali in vigore. La seconda consiste nell'introdurre una norma speciale in materia, ed in definitiva è questo l'approccio per il quale la Commissione ha optato, con l'introduzione dell'articolo 8.

Il paragrafo 1 dell'articolo 8 sancisce il principio della lex loci protectionis per le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale ammessi dalle legislazioni nazionali o dalle convenzioni internazionali.

Il paragrafo 2 concerne le violazioni dei diritti uniformi di origine comunitaria, quali il marchio comunitario, i disegni e i modelli comunitari, o di altri diritti che potranno esistere in futuro, come il brevetto comunitario per il quale la Commissione ha adottato, il 1° agosto 2000, una proposta di regolamento del Consiglio [34]. Poiché dunque il locus protectionis diventa la Comunità nel suo insieme, le obbligazioni extracontrattuali considerate nella presente proposta di regolamento sono disciplinate direttamente dal diritto comunitario, che presenta un carattere unitario. In caso di violazione, e ove per un caso specifico il testo comunitario pertinente non contempli né una norma di diritto sostanziale né una norma speciale di conflitto di leggi, l'articolo 8, paragrafo 2 del regolamento proposto prevede una norma sussidiaria secondo la quale la legge applicabile è quella dello Stato membro nel quale è stata commessa la violazione al diritto di proprietà intellettuale di origine comunitaria.

[34] GU C n.337 E del 28.11.2000, pag.278

Articolo 9 - Legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da un fatto diverso da un illecito

I sistemi giuridici di tutti gli Stati membri conoscono obbligazioni che non nascono nell'ambito di un contratto, ma che tuttavia non fanno parte della categoria dei fatti illeciti. Le situazioni conosciute in tutti gli Stati membri sono il pagamento effettuato per errore o il fatto che una persona renda un servizio che evita ad un altra di subire un danno fisico o patrimoniale.

Nella misura in cui queste obbligazioni presentano particolarità molto importanti in confronto ai fatti illeciti, si è deciso di dedicare loro una sezione specifica.

Per tener conto dell'eterogeneità dei sistemi nazionali in questa materia, è opportuno evitare un vocabolario tecnico. Il presente regolamento opta per l'espressione di "obbligazioni extracontrattuali derivanti da un fatto diverso da un illecito". La maggior parte degli Stati membri conosce inoltre le sottocategorie della ripetizione dell'indebito e dell'arricchimento senza causa, da un lato, e la gestione d'affari altrui (negotiorum gestio), dall'altro. Tanto il diritto sostanziale che le norme di conflitto in questa materia sono ancora in piena evoluzione nella maggior parte degli Stati membri, causando una grande incertezza del diritto. La norma di conflitto uniforme deve tener conto dell'eterogeneità che caratterizza il diritto sostanziale. La difficoltà consiste nel non emanare norme troppo precise, che non potrebbero essere applicate in uno Stato membro il cui diritto sostanziale non distingue tra le varie ipotesi considerate, senza peraltro emanare una norma generale la cui stessa utilità può essere messa in discussione. L'articolo 9 tenta di evitare questo scoglio prevedendo norme specifiche per le due sottocategorie già menzionate che sono l'arricchimento senza causa e la gestione d'affari altrui, lasciando comunque sufficiente flessibilità al giudice per adattare la norma al suo sistema nazionale.

Il metodo del collegamento accessorio, confermato dal paragrafo 1, assume al riguardo una importanza particolare, ad esempio in caso di oltrepassamento del mandato o di pagamento di una obbligazione altrui. Ecco perché essa è posta come regola rigida. L'obbligazione presenta infatti un legame talmente stretto con la relazione esistente tra le parti che è preferibile che la situazione giuridica nel suo complesso sia regolata dalla stessa legge. Come nell'ambito della clausola derogatoria generale di cui all'articolo 3, paragrafo 3, l'espressione "relazione preesistente" concerne segnatamente i rapporti precontrattuali e i contratti nulli.

Il paragrafo 2 tiene conto delle legittime aspettative delle parti qualora queste risiedano abitualmente nello stesso paese.

Il paragrafo 3 concerne l'arricchimento senza causa che si produce in assenza di relazione preesistente tra le parti, nel qual caso l'obbligazione extracontrattuale è regolata dalla legge del paese ove si è verificato l'arricchimento. La norma proposta è classica e figura egualmente nel progetto del GEDIP e nella legge svizzera.

La gestione d'affari altrui è oggetto del paragrafo 4, il quale distingue tra misure d'assistenza, da un lato, e misure interventiste dall'altro. Le prime sono iniziative di natura specifica ed eccezionale assunte dal gestore, meritevole in tal caso di una protezione particolare poiché ha preso un'iniziativa di salvaguardia, il che giustifica un collegamento con la legge del luogo in cui sono situati il bene o la persona assistita. Quanto alle misure interventiste, il fatto di intervenire nel patrimonio altrui, come pagare un debito, giustifica una protezione dell'interessato. La legge applicabile è dunque di massima quella della residenza abituale di quest'ultimo.

Il paragrafo 5 introduce, sulla falsariga dell'articolo 3, primo capoverso, una clausola derogatoria.

Nell'intento di evitare l'applicazione di diverse leggi alla medesima controversia, il paragrafo 6 esclude dal campo di applicazione di questo articolo le obbligazioni extracontrattuali in materia di proprietà intellettuale e precisa che tutte le obbligazioni extracontrattuali derivanti da tale violazione sono disciplinati dall'articolo 8. Di conseguenza, un'obbligazione basata su un arricchimento senza causa, che sorge in occasione di una violazione di un diritto della proprietà intellettuale, per esempio, è disciplinata dalla medesima legge della violazione stessa.

Articolo 10 - Libertà di scelta

Il paragrafo 1 di questo articolo autorizza le parti a scegliere, dopo l'insorgere della controversia, la legge applicabile alla loro relazione non contrattuale. Il regolamento proposto segue così l'evoluzione del diritto internazionale privato negli Stati membri, che va nel senso di una maggiore autonomia privata in questa materia [35], anche se vi si ricorrerà meno frequentemente che in materia contrattuale. Per questo motivo, la regola è enunciata dopo i criteri di collegamento oggettivi, contrariamente alla convenzione di Roma.

[35] A mo' di esempio si può citare l'articolo 6 della legge olandese dell'11 aprile 2001 e l'articolo 42 delle preleggi al codice civile tedesco.

L'autonomia privata non è invece ammessa, al contrario, per la proprietà intellettuale, materia cui essa non è pertinente.

Come nell'articolo 3 della convenzione di Roma, è precisato che la scelta deve essere espressa o risultare in modo certo dalle circostanze. Dato che il regolamento proposto non ammette la scelta ex ante, non vi è motivo di prevedere disposizioni speciali intese a proteggere la parte debole.

Il paragrafo 1 precisa infine che la scelta delle parti non può pregiudicare i diritti dei terzi. L'esempio classico è l'obbligazione dell'assicuratore di risarcire i danni dovuti dall'assicurato.

Il paragrafo 2 introduce un limite all'autonomia privata che ricalca l'articolo 3, paragrafo 3, della convenzione di Roma e si applica qualora tutti gli elementi della situazione (eccetto la scelta della legge applicabile) siano ubicati in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta. Si tratta, in realtà, di una situazione puramente interna ad uno Stato membro che non entra nel campo di applicazione del regolamento, tranne per il semplice fatto che le parti hanno scelto una determinata legge. In questa ipotesi, la scelta operata dalle parti non è scartata, ma non può pregiudicare l'applicazione di eventuali disposizioni imperative della legge che, diversamente, risulterebbe applicabile.

Nell'ambito di questo articolo, per "disposizioni imperative", contrariamente all'articolo 12 sulle leggi di polizia, si intendono le norme di ordine pubblico interno di un paese. Si tratta di norme cui le parti non possono derogare per contratto, segnatamente quelle volte a proteggere la parte debole. Tuttavia, le norme di ordine pubblico interno non presentano automaticamente un carattere imperativo in un contesto internazionale. Esse sono quindi distinte sia dalle norme di ordine pubblico in materia internazionale di cui all'articolo 22, da un lato, sia dalle leggi di polizia di cui all'art.12, dall'altro.

Il paragrafo 3 rappresenta un'estensione per analogia del limite previsto dal paragrafo 2 e si applica ove tutti gli elementi diversi dalla scelta della legge siano ubicati in due o più Stati membri. L'obiettivo perseguito è il medesimo, ovvero impedire alle parti di sottrarsi all'applicazione di norme imperative di diritto comunitario attraverso la semplice scelta della legge di un paese terzo.

Articolo 11 - Ambito della legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale

L'articolo 11 definisce l'ambito di applicazione della legge determinata in base agli articoli 3 10 del regolamento proposto. Esso enumera anche gli aspetti regolati da questa legge. L'approccio adottato negli Stati membri non è affatto uniforme: se certi aspetti, quali le condizioni della responsabilità, sono generalmente regolati dalla legge applicabile, certi altri, quali i termini di prescrizione, l'onere della prova, le questioni di valutazione del danno ecc. possono essere soggetti altresì alla lex fori. Sulla falsariga dell'articolo 10 della convenzione di Roma, l'articolo 11 enumera dunque gli aspetti disciplinati effettivamente dalla legge designata.

Conformemente alla preoccupazione generale volta a garantire la certezza del diritto, l'articolo 11 assegna alla legge designata un ambito molto ampio. L'articolo 11 ricalca, per esempio, tranne per dettaglio, le disposizioni dell'articolo 10 della convenzione di Roma:

a) "Le condizioni e l'estensione della responsabilità, compresa la determinazione dei soggetti responsabili": l'espressione "condizioni di responsabilità" si riferisce agli elementi intrinseci della responsabilità. Si tratta segnatamente delle questioni seguenti: natura della responsabilità (oggettiva o fondata sulla colpa); definire la colpa, compreso stabilire se una omissione possa costituire una colpa; nesso di causalità tra il fatto generatore e il danno; determinare i soggetti responsabili; ecc. Il termine "estensione della responsabilità" riguarda i limiti legali di questa, compreso il tetto massimo di responsabilità e la partecipazione di ciascun coautore del danno alla riparazione dello stesso. Questa nozione copre altresì la ripartizione delle responsabilità tra i coautori.

b) "I motivi di esonero, nonché ogni limitazione e ripartizione della responsabilità": si tratta degli elementi estrinseci alla responsabilità. Fra i motivi di esonero figurano in particolare la forza maggiore, lo stato di necessità, il fatto del terzo e la colpa della vittima. Rientrano nell'esonero anche l'inammissibilità delle azioni tra coniugi, nonché l'esclusione della responsabilità dell'attore nei confronti di determinate categorie di persone.

c) «L'esistenza e la natura dei danni risarcibili»: si tratta della determinazione dei pregiudizi per i quali può essere ottenuto un risarcimento, quali il danno fisico, materiale, morale o ambientale, nonché il danno economico emergente o il lucro cessante.

d) «Nei limiti dei poteri attribuiti al tribunale dalla sua legge processuale, i provvedimenti che il giudice può prendere per prevenire o inibire il pregiudizio, ovvero per fissare le modalità di risarcimento»: si tratta, ad esempio, di stabilire se il danno debba essere risarcito in natura o per equivalente, nonché di fissare le modalità cautelari o inibitorie, quali un provvedimento d'urgenza, senza peraltro obbligare il giudice ad adottare misure sconosciute al diritto processuale del foro.

e) «La valutazione del danno qualora sia prescritta dalla legge»: se la legge applicabile prevede regole per valutare il danno, queste devono essere applicate dal giudice.

f) «La trasferibilità del diritto al risarcimento»: questa nozione copre la trasferibilità del diritto per successione o cessione. In caso di successione, la legge designata permette di stabilire se un'azione possa essere intentata dall'avente causa della vittima, al fine di ottenere il risarcimento del danno subito da quest'ultima [36]. In materia di cessione, la legge designata regola la cedibilità del credito [37] nonché le relazioni tra il cessionario e il debitore.

[36] Va da sé che è la legge che disciplina la successione della vittima che deve essere riconosciuta competente per determinare la qualità di erede, ciò che rappresenta un presupposto per l'esercizio dell'azione.

[37] Ciò risulta già dall'articolo 12, paragrafo 2 della convenzione di Roma.

g) La legge designata determina anche «i soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito»: si tratta in particolare di stabilire se una persona diversa dalla "vittima diretta" possa ottenere il risarcimento del danno causatole "di riflesso", a seguito del danno subito dalla parte lesa. Questo danno può essere morale, ad esempio il dolore causato dal decesso di un congiunto, o economico, causato ad esempio ai figli o al coniuge di una persona deceduta.

h) « La responsabilità per fatto altrui »: questo punto riguarda le disposizioni della legge designata ai sensi delle quali una persona sarebbe tenuta a rispondere per fatto altrui. Si tratta in particolare dell'eventuale responsabilità dei genitori e committenti per i fatti commessi dai loro figli minori o esecutori.

i) «I diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze fondate sullo scadere di un termine, comprese la decorrenza, l'interruzione e la sospensione dei termini»: la legge designata regola in particolare l'estinzione di un diritto a seguito del suo mancato esercizio, alle condizioni stabilite dalla legge stessa.

Articolo 12 - Leggi di polizia

I termini di questo articolo sono analoghi a quelli dell'articolo corrispondente della convenzione di Roma.

Nella sua recente sentenza Arblade, la Corte ha dato una prima definizione delle leggi di polizia che sono "norme nazionali la cui osservanza è stata reputata cruciale per la salvaguardia dell'organizzazione politica, sociale o economica dello Stato membro, al punto da imporne il rispetto a chiunque si trovi sul territorio nazionale di tale Stato membro o a qualunque rapporto giuridico localizzato nel suo territorio" [38]. Le leggi di polizia hanno la particolarità che il giudice non applica le sue norme di conflitto di leggi per sapere quale sarebbe la legge applicabile ad una situazione, e per valutare in concreto se il tenore della stessa sarebbe eventualmente incompatibile con i valori del foro [39], ma applica d'ufficio la sua norma di diritto.

[38] CGCE, sentenza 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96, punto 30.

[39] Questo metodo è quello dell'eccezione di ordine pubblico internazionale, alla quale è dedicato l'articolo 22.

Il paragrafo 2 autorizza il giudice adito ad applicare le leggi di polizia del foro. Come è stato egualmente ricordato nella citata giurisprudenza Arblade, nelle relazioni intracomunitarie, il ricorso alle leggi di polizia del foro deve essere compatibile con le libertà fondamentali del mercato interno [40].

[40] Il punto 31 della sentenza precisa che la qualificazione di una norma nazionale come legge di polizia "non la sottrae all'osservanza delle disposizioni del trattato..." e che " le motivazioni che stanno alla base di tali normative nazionali possono essere prese in considerazione dal diritto comunitario soltanto a titolo di eccezioni alle libertà comunitarie espressamente previste dal trattato, e, se del caso, a titolo di ragioni imperative di interesse generale."

Il paragrafo 1 riguarda le leggi di polizia del foro, per le quali il giudice dispone di un notevole margine di manovra, dal momento che esse presentano uno stretto collegamento con la situazione, in funzione della loro natura, del loro oggetto nonché delle conseguenze che possono discendere dalla loro applicazione. Nell'ambito della convenzione di Roma, Germania, Lussemburgo e Regno Unito si sono avvalsi del loro diritto di non applicare l'articolo 7, paragrafo 1 relativo alle leggi di polizia straniere. La Commissione ritiene tuttavia - sulla base della maggior parte dei contributi ricevuti nell'ambito della consultazione scritta - che non vi sia motivo di escludere questa possibilità, dato che il ricorso alle leggi di polizia straniere si è rivelato, in passato, del tutto eccezionale.

Articolo 13 - Norme di sicurezza e di comportamento

Quando la legge designata non è quella del paese ove il fatto che ha causato il danno si è prodotto, l'articolo 13 del regolamento proposto obbliga il giudice a tener conto delle norme di sicurezza e di comportamento in vigore nel luogo e nel momento in cui il fatto generatore del danno si è verificato.

Questo articolo è basato sulle disposizioni analoghe delle convenzioni dell'Aia sugli incidenti stradali (articolo 7) e sulla responsabilità per danno da prodotto (articolo 9). Principi equivalenti compaiono altresì nei sistemi di conflitti di leggi di quasi tutti gli Stati membri, in virtù di una disposizione espressa, o in virtù della giurisprudenza.

La norma dell'articolo 13 è basata sulla constatazione che l'autore è tenuto a rispettare le norme di sicurezza e di comportamento nel paese in cui agisce, quale che sia peraltro la legge applicabile alle conseguenze civili della sua azione, e che di tali norme va tenuto conto anche in sede di determinazione della responsabilità. Prendere in considerazione la legge straniera non significa per ciò stesso applicarla: il giudice applicherà esclusivamente la legge designata dalla norma di conflitto, ma dovrà tener conto di un'altra legge quale dato di fatto, ad esempio quando si tratti di valutare, per determinare l'ammontare del danno risarcibile, la gravità della colpa commessa o la buona o cattiva fede dell'autore.

Articolo 14 - Azione diretta

L'articolo 14 determina la legge applicabile per stabilire se il soggetto leso sia o no autorizzato ad esercitare un'azione diretta contro l'assicuratore del presunto responsabile. La norma proposta instaura un ragionevole equilibrio fra gli interessi coinvolti, in quanto protegge la parte lesa, cui lascia la facoltà di scegliere, pur limitando la scelta alle due leggi di cui l'assicuratore doveva ragionevolmente preventivare l'applicazione, vale a dire la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale, da un lato, e quella applicabile al contratto di assicurazione, dall'altro.

In ogni caso, la portata delle obbligazioni dell'assicuratore è stabilita dalla legge applicabile al contratto di assicurazione.

Come per l'articolo 7 relativo ai danni arrecati all'ambiente, la formulazione adottata permette di evitare dubbi nell'ipotesi in cui la vittima non abbia esercitato il suo diritto di opzione.

Articolo 15 - Surroga e pluralità di autori

Questo articolo è identico all'articolo 13 della convenzione di Roma.

Esso si applica specificamente alla relazione tra assicuratore e autore del danno, per determinare se il primo disponga di un'azione surrogatoria nei confronti di quest'ultimo.

In caso di pluralità di autori, interessa anche l'eventuale pagamento effettuato da uno dei codebitori solidali.

Articolo 16 - Forma

L'articolo 16 è ispirato all'articolo 9 della convenzione di Roma.

Se la nozione dei requisiti formali ha una funzione marginale nell'insorgere delle obbligazioni extracontrattuali, non è tuttavia possibile escludere che una tale obbligazione possa formarsi o estinguersi in seguito a un atto unilaterale posto in essere dall'una o dall'altra parte.

Per favorire la validità di tali atti, l'articolo 16 prevede, come l'articolo 9 della convenzione di Roma, una norma alternativa secondo cui l'atto è valido sotto il profilo formale ove soddisfi i requisiti previsti dalla legge che disciplina l'obbligazione extracontrattuale in questione, oppure quelli della legge del paese nel quale l'atto è intervenuto.

Articolo 17 - Prova

L'articolo 17 è identico all'articolo 14 della convenzione di Roma.

Esso dispone che l'onere della prova, comprese le presunzioni legali, è stabilito dalla legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale. Questa specificazione è utile nella misura in cui le questioni attinenti alla prova riguardano, di regola, il diritto processuale retto dalla lex fori.

Il paragrafo 2 concerne l'ammissibilità dei mezzi di prova degli atti giuridici di cui all'articolo 16. Esso non riguarda la prova dei fatti giuridici, è disciplinata a sua volta dalla legge del foro. Il sistema adottato è quello molto liberale dell'articolo 14, paragrafo 2 della convenzione di Roma, che prevede l'applicazione alternativa della legge del foro e di quella che disciplina la forma dell'atto in questione.

Articolo 18 - Associazione al territorio di uno Stato

L'articolo 18 riguarda le situazioni in cui uno o più elementi di collegamento contenuti nelle norme di conflitto del regolamento proposto si verificano in una zona non sottoposta a sovranità territoriale.

Il testo proposto dalla Commissione nel quadro della consultazione scritta del maggio 2002 conteneva una norma di conflitto speciale. Una delle difficoltà insite in questa norma derivava dalla diversità delle situazioni cui essa si riferiva. Non è affatto certo, in realtà, che una medesima norma permetta di trattare in modo adeguato una collisione tra due imbarcazioni in alto mare, l'esplosione di un apparecchio elettronico o la rottura di trattative a bordo di un aereo in volo, l'inquinamento provocato da una nave in alto mare, ecc.

I contributi ricevuti hanno fatto prendere alla Commissione consapevolezza del fatto che la norma proposta conduceva troppo facilmente ad applicare la legge di una bandiera di comodo, soluzione contraria agli obiettivi più generali della politica legislativa comunitaria. Numerosi contributi si sono interrogati sul valore di una norma che, dal momento in cui sono implicate due o più leggi, come in materia di collisione, non fa che rinviare al principio dei collegamenti più stretti.

Piuttosto che introdurre una norma speciale in materia, l'articolo 18 ricorre ad una definizione del concetto di "territorio dello Stato". Questa soluzione è motivata dalla considerazione che il ragionevole equilibrio tra gli interessi divergenti, ottenuto attraverso le diverse norme di conflitto contenute nel regolamento proposto, deve essere garantito anche ove uno o più fattori di collegamento siano situati entro una zona non sottoposta ad alcuna sovranità. Di conseguenza, trovano applicazione la norma generale dell'articolo 3 e le norme speciali di conflitto.

Le definizioni del testo proposto si ispirano all'articolo 1 della legge olandese dell'11 aprile 2001, concernente il regolamento dei conflitti di leggi in materia di obbligazioni derivanti da fatto illecito.

Articolo 19 - Equiparazione alla residenza abituale

Questo articolo precisa la nozione di residenza abituale per le società, associazioni o altre persone giuridiche e per le persone fisiche che esercitano un'attività professionale indipendente di natura liberale o commerciale.

In generale, il regolamento proposto si distingue dal regolamento "Bruxelles I" in quanto - conformemente alla soluzione generalmente ammessa in materia di conflitto di leggi - il criterio adottato non è quello del domicilio, ma quello più flessibile della residenza abituale.

Con riguardo in particolare alle società, associazioni o persone giuridiche, il richiamo integrale alla norma alternativa di cui all'articolo 60 del regolamento "Bruxelles I", ai sensi del quale il domicilio di una società o di una persona giuridica è la sua sede statutaria, quella della sua amministrazione centrale o quella del suo stabilimento principale, non renderebbe prevedibile la legge applicabile.

Anche l'articolo 19, paragrafo 1, precisa che per le società, associazioni o persone giuridiche, la residenza abituale coincide con la sede principale. Il secondo capoverso del paragrafo 2 precisa tuttavia che, qualora il fatto che determina l'obbligazione sia stato commesso o il danno subito nell'esercizio di una succursale, di un'agenzia o di qualunque altra attività economica o professionale, è considerato residenza abituale il luogo di detto esercizio. Similmente all'articolo 5, paragrafo 5, del regolamento "Bruxelles I", questa disposizione mira a rispettare le legittime aspettative delle parti.

Il paragrafo 2 determina la residenza abituale delle persone fisiche che esercitano un'attività professionale indipendente di natura liberale o commerciale, per le quali il luogo dell'esercizio dell'attività professionale è ritenuto residenza abituale.

Articolo 20 - Esclusione del rinvio

Questo articolo è identico all'articolo 15 della convenzione di Roma.

Onde non pregiudicare l'obiettivo di certezza del diritto che ha grandemente motivato la scelta delle norme di conflitto di leggi contenute nel regolamento proposto, l'articolo 20 esclude il rinvio. Di conseguenza, la scelta di una legge attraverso norme di conflitto uniformi implica la scelta delle norme sostanziali dell'ordinamento in questione, con esclusione delle sue norme di diritto internazionale privato, e ciò anche quando il diritto designato è quello di uno Stato terzo.

Articolo 21 - Sistemi non unificati

Questo articolo è identico all'articolo 19 della convenzione di Roma.

Le norme uniformi si applicano anche quando diversi sistemi giuridici coesistono all'interno di uno stesso Stato. Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con una propria normativa, ogni unità è considerata ai fini del diritto internazionale privato come un "paese". Ne offrono un'illustrazione il Regno Unito, il Canada, gli Stati Uniti o l'Australia. Ad esempio, se si verifica un danno in Scozia, la legge designata dall'articolo 3, paragrafo 1 è quella scozzese.

Articolo 22 - Ordine pubblico del foro

Questo articolo corrisponde all'articolo 16 della convenzione di Roma, relativo al cosiddetto meccanismo dell'eccezione di ordine pubblico. Sulla falsariga della convenzione di Roma, si tratta qui delle norme di ordine pubblico concernenti il diritto internazionale privato di uno Stato, nozione molto più restrittiva di quella di ordine pubblico concernente il diritto interno di uno Stato. La precisazione "del foro" è stata aggiunta al fine di evitare qualsiasi confusione tra le norme di ordine pubblico concernenti il diritto internazionale privato di uno Stato, che trovano la loro fonte nel solo diritto nazionale, e quelle di origine comunitaria, oggetto di una norma specifica all'articolo 23.

Il meccanismo dell'eccezione di ordine pubblico permette al giudice di non applicare le disposizioni della legge straniera designata attraverso la norma di conflitto e di sostituire ad essa la legge del foro, allorché l'applicazione in concreto della legge straniera sarebbe contraria all'ordine pubblico del foro. Tale meccanismo si distingue da quello delle leggi di polizia: per queste ultime, il giudice applica d'ufficio la legge del foro, senza considerare preventivamente il contenuto della legge straniera. Il termine "manifestamente" incompatibile con l'ordine pubblico del foro ricorda che il ricorso all'eccezione di ordine pubblico deve rivestire carattere eccezionale.

La Corte di Giustizia ha bensì precisato, nell'ambito della convenzione di Bruxelles, che la nozione di ordine pubblico resta una nozione nazionale e che "...non spetta alla Corte definire il contenuto dell'ordine pubblico di uno Stato contraente...", essa è però tenuta a compito tuttavia "controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere a questa nozione al fine di non riconoscere una decisione emanata dalla giurisdizione di un altro Stato contraente [41].

[41] CGCE, sentenza 11 maggio 2000, causa C-38/98, Renault c/ Maxicar, Racc. pag. I-2973.

Articolo 23 - Relazioni con le altre disposizioni del diritto comunitario

Il paragrafo 1 riguarda meccanismi tradizionali del diritto internazionale privato che possono discendere altresì dai trattati e dal diritto derivato: si tratta, da un lato, dell'esistenza di norme speciali di conflitto di leggi in materie particolari, dall'altro delle leggi di polizia di origine comunitaria, dall'altro, e, infine, dell'eccezione di ordine pubblico comunitario.

Il paragrafo 2 fa riferimento più in particolare ai principi propri del mercato interno, relativi alla libera circolazione dei beni e dei servizi, comunemente designati attraverso le espressioni "principio di reciproco riconoscimento" e "principio del controllo da parte del paese di origine".

Articolo 24 - Danni e interessi a carattere non risarcitorio

L'articolo 24 costituisce un'applicazione sotto forma di norma speciale dell'eccezione di ordine pubblico comunitario prevista all'articolo 23, paragrafo 1, terzo trattino.

In effetti, nell'ambito della consultazione scritta, numerosi contributi hanno espresso preoccupazione in ordine all'applicazione della legge di uno Stato terzo che preveda danni e interessi che non hanno la funzione di risarcire la parte lesa. Ne è scaturita l'idea per cui sarebbe preferibile adottare una norma specifica, anziché rimettersi semplicemente all'eccezione di ordine pubblico del foro, sulla falsariga di quanto precisato nell'articolo 40-III delle preleggi al codice civile tedesco.

L'articolo 24 del regolamento proposto precisa pertanto che è segnatamente contraria all'ordine pubblico comunitario l'applicazione di una disposizione di legge designata dal presente regolamento che conducesse ad attribuire danni e interessi di carattere non risarcitorio, quali i danni o interessi esemplari o punitivi.

I termini adottati sono puramente descrittivi e non rappresentano termini giuridici precisi, che sarebbero troppo legati ad un particolare sistema giuridico. I danni e interessi di tipo risarcitorio sono volti a riparare le perdite subite dalla vittima o le perdite che essa può subire in futuro. I danni e gli interessi non risarcitori hanno al contrario una funzione punitiva o dissuasiva.

Articolo 25 - Rapporti con altre convenzioni internazionali esistenti

L'articolo 25 permette agli Stati membri di continuare ad applicare le norme di conflitto di leggi contenute nelle convenzioni internazionali di cui siano parti contraenti all'atto dell'adozione del regolamento.

Si pensi in particolare alle convenzioni dell'Aia, del 4 maggio 1971, sugli incidenti stradali, e del 2 ottobre 1973, sulla legge applicabile alla responsabilità per prodotti difettosi.

Articolo 26 - Elenco delle convenzioni previste dall'articolo 25

Onde permettere una migliore leggibilità delle convenzioni di cui all'articolo 25, l'articolo 26 prevede che gli Stati membri ne comunichino l'elenco alla Commissione, la quale lo pubblica sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Affinché la Commissione sia in grado di mantenere aggiornato questo elenco, gli Stati membri comunicano parimenti tutte le denunce ulteriori di tali convenzioni.

2003/0168 (COD)

Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

SULLA LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI EXTRACONTRATTUALI ("ROMA II")

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

Visto il trattato istitutivo della Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c),

Vista la proposta della Commissione [42],

[42] GU C del , pag. .

Visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [43],

[43] GU C del , pag. .

Deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato [44],

[44] Parere del Parlamento europeo del [...] (GU C [...] del [...], [...].

Considerando quanto segue :

(1) L'Unione si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. A tal fine, la Comunità deve in particolare adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno e nell'intento, fra l'altro, di agevolare la compatibilità delle norme applicabili negli Stati membri in materia di conflitto di leggi.

(2) Per permettere un'attuazione efficace delle disposizioni pertinenti del trattato di Amsterdam, in data 3 dicembre 1998, il Consiglio "Giustizia e affari interni" ha adottato un piano di azione in cui si precisa che l'elaborazione di uno strumento giuridico sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali figura tra le misure che devono essere prese entro i due anni successivi all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam. [45]

[45] Piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, GU C19 del 23.1.1999, pag. 1.

(3) In occasione della riunione di Tampere del 15-16 ottobre 1999 [46], il Consiglio europeo ha approvato il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, da concretare in via prioritaria per creare uno spazio di giustizia europeo. Il programma di riconoscimento reciproco [47] precisa che le misure relative all'armonizzazione delle norme di conflitto costituiscono misure di accompagnamento che facilitano la realizzazione di questo principio.

[46] Conclusioni della presidenza del 16 ottobre 1999, punti 28-39.

[47] GU C 12 del 15.1.2001, pag.1.

(4) Il corretto funzionamento del mercato interno esige, onde favorire la prevedibilità dell'esito delle controversie giudiziarie, la certezza del diritto e la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, che le norme di conflitto di leggi in vigore negli Stati membri designino la medesima legge nazionale quale che sia il tribunale adito.

(5) Il campo di applicazione del regolamento deve essere stabilito in modo concordante con il regolamento 44/2001 [48] e con la convenzione di Roma del 1980 [49] .

[48] GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.

[49] Per il testo della convenzione quale modificato dalle diverse convenzioni di adesione, le dichiarazioni e i protocolli allegati, vedi la versione consolidata pubblicata sulla GU C 27 del 26.1.1998, pag. 34.

(6) Solo norme uniformi applicabili a prescindere dalla legge che designano permettono di evitare distorsioni di concorrenza fra soggetti comunitari.

(7) Se il principio della lex loci delicti commissi rappresenta la soluzione di base in materia di obbligazioni extracontrattuali in quasi tutti gli Stati membri, questo principio viene applicato in modo differenziato in caso di dispersione degli elementi della fattispecie tra vari paesi. Questo stato di cose genera incertezza giuridica.

(8) La norma uniforme deve migliorare la prevedibilità delle decisioni giudiziarie e assicurare un ragionevole equilibrio tra gli interessi del presunto responsabile e quelli della parte lesa. Il collegamento col paese sul cui territorio il danno diretto si è verificato corrisponde alla moderna concezione del diritto della responsabilità civile e all'evoluzione dei sistemi di responsabilità oggettiva.

(9) È opportuno prevedere norme specifiche in relazione a tipologie speciali di illecito per le quali la norma generale non permette di raggiungere un equilibrio ragionevole tra i contrapposti interessi.

(10) In materia di responsabilità per prodotti difettosi, la norma di conflitto deve rispondere ai seguenti obiettivi: la giusta ripartizione dei rischi connaturati ad una società moderna caratterizzata da un alto livello tecnico, la protezione della salute dei consumatori, l'impulso all'innovazione, la garanzia di una concorrenza non falsata e l'agevolazione degli scambi commerciali. Il collegamento con la legge della residenza abituale della parte lesa, integrato con una clausola di prevedibilità, rappresenta una soluzione equilibrata con riferimento a tali obiettivi.

(11) In materia di concorrenza sleale, la norma di conflitto deve proteggere i concorrenti, i consumatori e il pubblico in generale, oltre a garantire il corretto funzionamento dell'economia di mercato. Il collegamento con la legge del mercato interessato dai fatti di concorrenza sleale permette di realizzare questo obiettivo, fatti salvi casi particolari che giustificano il ricorso ad altre norme.

(12) Tenuto conto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa, la norma di conflitto deve rispecchiare un ragionevole equilibrio in materia di violazioni della vita privata o dei diritti della personalità. Il rispetto dei principi fondamentali in vigore negli Stati membri in materia di libertà di stampa deve essere garantito da una specifica clausola di salvaguardia.

(13) In materia di danni arrecati all'ambiente, l'articolo 174 del trattato - che mira ad un elevato livello di tutela e si fonda sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio di correzione, in via prioritaria alla fonte, e sul principio "chi inquina paga" - giustifica pienamente il ricorso ad un trattamento favorevole per la parte lesa.

(14) Riguardo alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale è opportuno mantenere il principio della lex loci protectionis, universalmente riconosciuto. Ai fini del presente regolamento, per diritti della proprietà intellettuale si intendono anche il diritto d'autore, i diritti affini, il diritto sui generis alla protezione delle basi dati nonché i diritti di proprietà industriale.

(15) Occorre prevedere norme analoghe in caso di danni derivanti da fatti diversi da un illecito, quali l'arricchimento senza causa e la gestione di affari altrui.

(16) Nell'interesse dell'autonomia privata, le parti devono poter scegliere la legge applicabile ad una obbligazione extracontrattuale. È opportuno proteggere le parti deboli sottoponendo tale scelta a determinate condizioni.

(17) Considerazioni di pubblico interesse giustificano, in casi eccezionali, il ricorso da parte dei tribunali degli Stati membri a meccanismi quali l'eccezione di ordine pubblico e le leggi di polizia.

(18) L'intento di raggiungere un equilibrio ragionevole fra i contrapposti interessi impone che si tenga conto delle norme di sicurezza e di comportamento in vigore nel paese in cui il fatto dannoso è stato commesso, anche se l'obbligazione extracontrattuale è disciplinata da una legge diversa.

(19) L'intento di mantenere la coerenza del diritto comunitario impone di lasciare impregiudicate dal presente regolamento le disposizioni relative alla legge applicabile o aventi un'incidenza sulla legge applicabile, che figurano nei trattati o negli strumenti di diritto derivato diversi dal regolamento proposto, quali le norme di conflitto di leggi relative a materie particolari, le leggi di polizia di origine comunitaria, l'eccezione di ordine pubblico comunitario o i principi fondamentali del mercato interno. Inoltre, il presente regolamento non mira - e la sua esecuzione non deve condurre - ad impedire il corretto funzionamento del mercato interno, in particolare la libera circolazione dei beni e dei servizi.

(20) Per rispettare gli impegni internazionali sottoscritti dagli Stati membri, è giustificato che il regolamento lasci impregiudicate le convenzioni cui gli Stati membri hanno aderito e che riguardano materie speciali. Per garantire una maggiore leggibilità delle norme vigenti in materia, la Commissione pubblicherà, basandosi sulle informazioni trasmesse dagli Stati membri, l'elenco delle convenzioni in questione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

(21) Poiché l'obiettivo di una maggiore prevedibilità delle decisioni giudiziarie, che richiede norme effettivamente uniformi, stabilite da uno strumento giuridico comunitario vincolante e direttamente applicabile, non può essere realizzato in modo sufficiente dagli Stati membri, i quali non sono in grado di emanare norme uniformi a livello comunitario, e quindi, in ragione dei suoi effetti sull'intero territorio della Comunità, può essere conseguito meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare provvedimenti, in base al principio di sussidiarietà previsto dall'articolo 5 del trattato CE. Conformemente al principio di proporzionalità quale enunciato nel suddetto articolo, il regolamento, che migliora la certezza del diritto senza peraltro esigere una armonizzazione delle norme sostanziali di diritto interno, non va al di là di quanto è necessario per conseguire l'obiettivo.

(22) [Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che intendono partecipare all'adozione e all'applicazione del presente regolamento. / Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipano all'adozione del presente regolamento, e di conseguenza non sono vincolate da esso.]

(23) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione del presente regolamento, e di conseguenza non è vincolata da esso.

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Titolo I - Campo di applicazione

Articolo 1 - Campo di applicazione

1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, alle obbligazioni extracontrattuali in materia civile e commerciale. Esso non si applica alle materie fiscali, doganali e amministrative.

2. Sono escluse dal campo di applicazione del presente regolamento :

a) le obbligazioni extracontrattuali derivanti dai rapporti di famiglia o da rapporti assimilati, comprese le obbligazioni alimentari;

b) le obbligazioni extracontrattuali derivanti dai rapporti patrimoniali tra coniugi e dalle successioni;

c) le obbligazioni derivanti da lettere di cambio, assegni, effetti all'ordine ed altri strumenti negoziabili, nella misura in cui le obbligazioni derivanti da questi discendono dal loro carattere negoziabile;

d) la responsabilità personale prevista dalla legge dei soci e degli organi per i debiti di una società, associazione o persona giuridica, nonché la responsabilità personale prevista dalla legge di coloro che sono preposti al controllo dei documenti contabili;

e) le obbligazioni extracontrattuali tra i costituenti, i fiduciari e i beneficiari di un trust;

f) le obbligazioni extracontrattuali derivanti da un danno nucleare.

3. Nel presente regolamento, per "Stato membro" si intendono tutti gli Stati membri, eccetto [il Regno Unito, l'Irlanda e] la Danimarca.

Articolo 2 - Carattere universale

La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro.

Titolo II - Norme uniformi

Sezione 1 Norme applicabili alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatto illecito

Articolo 3 - Norma generale

1. La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale è quella del paese in cui il danno si verifica o minaccia di verificarsi, indipendentemente dal paese nel quale avviene il fatto che ha causato il danno e a prescindere dal paese o dai paesi nei quali si verificano le conseguenze indirette del danno.

2. Tuttavia, qualora il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese nel momento in cui il danno si verifica, l'obbligazione extracontrattuale è disciplinata dalla legge di quel paese.

3. A prescindere dai paragrafi 1 e 2, se dal complesso delle circostanze risulta che l'obbligazione extracontrattuale presenta collegamenti manifestamente più stretti con un altro paese, si applica la legge di quest'altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese può fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto che presenta uno stretto nesso con l'obbligazione extracontrattuale in questione.

Articolo 4 - Responsabilità per danno da prodotti difettosi

Fatto salvo l'articolo 3, paragrafi 2 e 3, la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale in caso di danno o di rischio di danno causato da prodotto difettoso è quella del paese in cui la parte lesa risieda abitualmente, a meno che il presunto responsabile non provi che il prodotto è stato commercializzato in quel paese senza il suo consenso, nel qual caso la legge applicabile è quella del paese in cui il presunto responsabile risiede abitualmente.

Articolo 5 - Concorrenza sleale

1. La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale derivante da un atto di concorrenza sleale è quella del paese sul cui territorio sono pregiudicati o rischiano di esserlo le relazioni di concorrenza o gli interessi collettivi dei consumatori in modo diretto e sostanziale.

2. Ove un atto di concorrenza sleale leda esclusivamente gli interessi di un dato concorrente, è d'applicazione l'articolo 3, paragrafi 2 e 3.

Articolo 6 - Violazione della vita privata e dei diritti della personalità

1. La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale derivante da una violazione della vita privata o dei diritti della personalità è quella del foro, ove l'applicazione della legge designata dall'articolo 3 fosse contraria ai principi fondamentali del foro in materia di libertà di espressione e di informazione.

2. La legge applicabile al diritto di rettifica o alle misure equivalenti è quella del paese in cui risiedono abitualmente l'organo di radiodiffusione o l'editore del giornale.

Articolo 7 - Danni arrecati all'ambiente

La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale derivante da danni arrecati all'ambiente è quella risultante dall'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 1, a meno che la parte lesa non abbia scelto di fondare le sue pretese sulla legge del paese in cui il fatto che ha determinato il danno si è verificato.

Articolo 8 - Violazione dei diritti di proprietà intellettuale

1. La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale derivante da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale è quella del paese per il quale la protezione viene rivendicata.

2. In caso di obbligazione extracontrattuale derivante da una violazione di un diritto di proprietà industriale comunitaria a carattere unitario, il regolamento comunitario pertinente è d'applicazione. Per le ipotesi non disciplinate da detto regolamento, la legge applicabile è quella dello Stato membro nel quale il diritto è stato leso.

Sezione 2 Norme applicabili alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da un fatto diverso da un illecito

Articolo 9 - Determinazione del diritto applicabile

1. Ove un'obbligazione extracontrattuale derivante da un fatto diverso da un illecito si ricolleghi ad una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto che presenti uno stretto collegamento con l'obbligazione extracontrattuale, la legge applicabile è quella che disciplina questa relazione.

2. Fatto salvo il paragrafo 1, qualora le parti abbiano la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si verifica il danno, la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale è quella di questo paese.

3. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale fondata su un arricchimento senza causa è quella del paese in cui l'arricchimento si è prodotto.

4. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale derivante da una gestione d'affari altrui è quella del paese nel quale l'interessato risiede abitualmente al momento della gestione. Tuttavia, quando un'obbligazione extracontrattuale derivante da una gestione di affari si ricolleghi alla protezione fisica di una persona o alla salvaguardia di un determinato bene materiale, la legge applicabile è quella del paese in cui si trovano la persona o il bene al momento della gestione.

5. Nonostante il disposto dei paragrafi 1, 2, 3 e 4, se dal complesso delle circostanze risulta che l'obbligazione extracontrattuale presenta collegamenti manifestamente più stretti con un altro paese, si applica la legge di quel paese.

6. Nonostante il presente articolo, le obbligazioni extracontrattuali in materia di proprietà intellettuale sono disciplinate dall'articolo 8.

Sezione 3 Norme comuni applicabili alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatto illecito e da un fatto diverso da un illecito

Articolo 10 - Libertà di scelta

1. Con l'eccezione delle obbligazioni extracontrattuali disciplinate dall'articolo 8, le parti possono convenire, con una convenzione posteriore all'insorgere della controversia, di sottoporre l'obbligazione extracontrattuale ad una legge di loro scelta. Questa scelta deve essere espressa o risultare in modo certo dalle circostanze del caso di specie. Essa non deve pregiudicare i diritti dei terzi.

2. La scelta di una legge effettuata dalle parti non può, qualora tutti gli altri elementi della situazione fossero ubicati, nel momento in cui si verifica il danno, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, pregiudicare l'applicazione delle disposizioni cui la legge di quel paese non permette di derogare convenzionalmente.

3. La scelta della legge di un paese terzo ad opera delle parti non può, qualora tutti gli altri elementi della situazione fossero ubicati, nel momento in cui si verifica il danno, in uno o più Stati membri della Comunità europea, pregiudicare l'applicazione delle disposizioni del diritto comunitario.

Articolo 11 - Ambito della legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale

La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale, a norma degli articoli 3-10 del presente regolamento, disciplina segnatamente :

a) le condizioni e l'estensione della responsabilità, compresa la determinazione dei soggetti responsabili;

b) i motivi di esonero, nonché ogni limitazione e ripartizione della responsabilità;

c) l'esistenza e la natura dei danni risarcibili;

d) nei limiti dei poteri attribuiti al tribunale dalla sua legge processuale, i provvedimenti che il giudice può prendere per prevenire o inibire il pregiudizio, ovvero per fissare le modalità di risarcimento;

e) la valutazione del danno, qualora sia prescritta dalla legge;

f) la trasferibilità del diritto al risarcimento;

g) i soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito;

h) la responsabilità per fatto altrui;

i) i diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze fondate sullo scadere di un termine, comprese la decorrenza, l'interruzione e la sospensione dei termini.

Articolo 12 - Leggi di polizia

1. Nell'applicare, in forza del presente regolamento, la legge di un dato paese, potrà essere data efficacia alle norme imperative di un altro paese con il quale la situazione presenti uno stretto collegamento, se e nella misura in cui, secondo il diritto di quest'ultimo paese, le norme stesse siano applicabili quale che sia le legge che disciplina l'obbligazione extracontrattuale. Per decidere se vada data efficacia a queste norme imperative, si terrà conto della loro natura e del loro oggetto, nonché delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o mancata applicazione.

2. Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano l'applicazione delle norme della legge del paese del foro che disciplinano imperativamente la situazione, quale che sia la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale.

Articolo 13 - Norme di sicurezza e di comportamento

A prescindere dalla legge applicabile, in sede di determinazione della responsabilità deve tenersi conto delle norme di sicurezza e di comportamento in vigore nel luogo e nel momento in cui il fatto che ha determinato il danno è avvenuto.

Articolo 14 - Azione diretta contro l'assicuratore del responsabile

Il diritto della parte lesa di agire direttamente contro l'assicuratore del presunto responsabile è disciplinato dalla legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale, sempre che la parte lesa non abbia scelto di basare le sue pretese sulla legge applicabile al contratto di assicurazione.

Articolo 15 - Surrogazione e coobbligati

1. Qualora, in virtù di un'obbligazione extracontrattuale, un soggetto, il creditore, vanti diritti nei confronti di un altro soggetto, il debitore, e un terzo sia tenuto a risarcire il creditore, ovvero il terzo abbia risarcito il creditore in esecuzione di questa obbligazione, la legge applicabile a tale obbligazione del terzo determina se questi possa esercitare in tutto o in parte i diritti vantati dal creditore nei confronti del debitore in base alla legge che disciplina le loro relazioni.

2. È d'applicazione la stessa norma ove più soggetti siano obbligati in solido per la medesima prestazione e il creditore sia stato soddisfatto da uno di essi.

Articolo 16 - Forma

Un atto giuridico unilaterale relativo ad una obbligazione extracontrattuale è valido sotto il profilo formale ove soddisfi i requisiti di forma della legge che disciplina l'obbligazione extracontrattuale in questione o della legge del paese in cui l'atto è intervenuto.

Articolo 17 - Prova

1. La legge che disciplina l'obbligazione extracontrattuale ai sensi del presente regolamento si applica nella misura in cui, in materia di obbligazioni extracontrattuali, stabilisca presunzioni legali o ripartisca l'onere della prova.

2. Gli atti giuridici possono essere provati con ogni mezzo di prova ammesso dalla legge del foro o da una delle leggi di cui all'articolo 16, che stabilisca la conformità dell'atto ai requisiti formali, a condizione che la prova possa essere fornita secondo quel mezzo avanti al tribunale adito.

Titolo III - Altre disposizioni

Articolo 18 - Assimilazione al territorio di uno Stato

Ai fini dell'applicazione del presente regolamento sono assimilati al territorio di uno Stato:

a) gli impianti e le altre attrezzature destinati all'esplorazione ed allo sfruttamento delle risorse naturali che si trovano dentro, sopra o sotto la parte di fondale marino situata al di fuori delle acque territoriali di questo Stato, nella misura in cui esso sia autorizzato esercitarvi, in virtù del diritto internazionale, diritti sovrani ai fini dell'esplorazione e dello sfruttamento delle risorse naturali;

b) un'imbarcazione che si trovi in alto mare, immatricolata o provvista di lettere marittime o di un documento assimilato, rilasciato da questo Stato o a suo nome, o che, in mancanza di immatricolazione, di lettere di garanzia o di documento assimilato, appartenga a un cittadino dello Stato medesimo;

c) un aeromobile che si trovi entro lo spazio aereo, immatricolato da questo Stato o a suo nome o iscritto nel registro nazionale di questo Stato, o che, in mancanza di immatricolazione o iscrizione nel registro nazionale, appartenga a un cittadino dello Stato medesimo.

Articolo 19 - Equiparazione alla residenza abituale

1. La sede principale di una società, associazione o persona giuridica coincide con la residenza abituale. Tuttavia, qualora il fatto generatore del danno sia stato commesso, o il danno subito, durante l'esercizio dell'attività di una succursale, di un'agenzia o di qualunque altra attività, è considerato residenza abituale il luogo di detto esercizio.

2. Qualora il fatto che determina l'insorgere dell'obbligazione si produca o il danno si verifichi nell'esercizio dell'attività professionale di una persona fisica, si considera residenza abituale il luogo di detto esercizio.

3. Ai fini dell'articolo 6, paragrafo 2, il luogo in cui ha sede l'organismo di radiodiffusione ai sensi della direttiva 89/552 CEE, modificata dalla 97/36/CEE, è considerato residenza abituale.

Articolo 20 - Esclusione del rinvio

Qualora il presente regolamento prescriva l'applicazione della legge di un paese, esso si riferisce alle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato.

Articolo 21 - Sistemi non unificati

1. Ove uno Stato si componga di più entità territoriali ciascuna con una normativa propria in materia di obbligazioni extracontrattuali, ogni entità territoriale è considerata come un paese a sé ai fini della determinazione della legge applicabile in base al presente regolamento.

2. Uno Stato nel quale varie entità territoriali abbiano le proprie norme giuridiche in materia di obbligazioni extracontrattuali non sarà tenuto ad applicare il presente regolamento ai conflitti di leggi che interessino solo tali unità territoriali.

Articolo 22 - Ordine pubblico del foro

L'applicazione di una disposizione della legge designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro.

Articolo 23 - Relazioni con altre disposizioni del diritto comunitario

1. Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione delle disposizioni contenute nei trattati istitutivi delle Comunità europee o negli atti adottati dalle istituzioni delle Comunità europee e che :

- in settori specifici disciplinino i conflitti di leggi in materia di obbligazioni extracontrattuali, o

- stabiliscano norme applicabili a prescindere dalla legge nazionale che, ai sensi del presente regolamento, disciplina l'obbligazione extracontrattuale in questione, o

- ostino all'applicazione di una o più disposizioni della legge del foro o della legge designata dal presente regolamento.

2. Il presente regolamento lascia impregiudicati gli strumenti comunitari che, in settori specifici e nell'ambito coordinato dai predetti strumenti, assoggettino la fornitura di servizi o di beni al rispetto di disposizioni nazionali applicabili sul territorio dello Stato membro ove il prestatore è stabilito e che, nell'ambito coordinato, non permettano di limitare la libera circolazione dei servizi provenienti da un altro Stato membro, tranne che, eventualmente, a determinate condizioni.

Articolo 24 - Danni e interessi non aventi carattere risarcitorio

L'applicazione di una disposizione della legge designata dal presente regolamento che conduca ad attribuire danni e interessi non aventi carattere risarcitorio, quali danni o interessi esemplari o punitivi, è contraria all'ordine pubblico comunitario.

Articolo 25 - Rapporti con altre convenzioni internazionali in vigore

Il presente regolamento non osta all'applicazione delle convenzioni internazionali cui gli Stati membri hanno aderito all'atto dell'adozione del presente regolamento e che, in materie particolari, disciplinano i conflitti di leggi inerenti ad obbligazioni extracontrattuali.

Titolo IV - Disposizioni finali

Articolo 26 - Elenco delle convenzioni di cui all'articolo 25

1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, al più tardi il 30 giugno 2004, l'elenco delle convenzioni di cui all'articolo 25. Dopo quella data, gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni eventuale denuncia di tali convenzioni.

2. La Commissione pubblica sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea l'elenco delle convenzioni di cui al paragrafo 1 nel termine di sei mesi dal ricevimento dell'elenco completo.

Articolo 27 - Entrata in vigore e applicazione nel tempo

Il presente regolamento entra in vigore il 1°gennaio 2005.

Esso si applica alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatti verificatisi dopo la sua entrata in vigore.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri, in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea.

Bruxelles,

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il presidente Il presidente

[...]

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