SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

13 gennaio 2015 ( *1 )

«Impugnazione — Direttiva 2008/50/CE — Direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa — Decisione relativa alla notifica da parte del Regno dei Paesi Bassi della proroga del termine fissato per raggiungere i valori limite per il biossido di azoto e dell’esenzione dall’obbligo di applicare i valori limite per le particelle (PM10) — Richiesta di riesame interno di tale decisione, proposta ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1367/2006 — Decisione della Commissione che dichiara la domanda irricevibile — Misura di portata individuale — Convenzione di Aarhus — Validità del regolamento (CE) n. 1367/2006 alla luce di detta convenzione»

Nelle cause riunite da C‑401/12 P a C‑403/12 P,

aventi ad oggetto tre impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 24 agosto 2012 (C‑401/12 P e C‑402/12 P) e il 27 agosto 2012 (C‑403/12 P),

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Moore e K. Michoel, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Parlamento europeo, rappresentato da L. Visaggio e G. Corstens, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Commissione europea, rappresentata da J.-P. Keppenne, P. Oliver, P. Van Nuffel, G. Valero Jordana e S. Boelaert, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

sostenuti da:

Repubblica ceca, rappresentata da D. Hadroušek, in qualità di agente,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Vereniging Milieudefensie, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi),

Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, con sede in Utrecht (Paesi Bassi),

rappresentate da A. van den Biesen, advocaat,

ricorrenti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, A. Tizzano, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, A. Ó Caoimh e J.‑C. Bonichot (relatore), presidenti di sezione, E. Levits, C. Toader, M. Berger, A. Prechal, E. Jarašiūnas e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 dicembre 2013,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 maggio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le loro impugnazioni, il Consiglio dell’Unione europea, il Parlamento europeo e la Commissione europea chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht/Commissione (T‑396/09, EU:T:2012:301, in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha accolto la domanda della Vereniging Milieudefensie e della Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht di annullamento della decisione della Commissione C(2009) 6121, del 28 luglio 2009 (in prosieguo: la «decisione controversa»), che aveva respinto in quanto irricevibile la domanda delle ricorrenti affinché la Commissione riesaminasse la sua decisione C(2009) 2560 def., del 7 aprile 2009, con cui era stata concessa al Regno dei Paesi Bassi una deroga temporanea agli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU L 152, pag. 1).

Contesto normativo

La Convenzione di Aarhus

2

La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, sottoscritta ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), al suo articolo 1, intitolato «Finalità», prevede quanto segue:

«Per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione».

3

L’articolo 9 di detta Convenzione è formulato come segue:

«1.   Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché chiunque ritenga che la propria richiesta di informazioni formulata ai sensi dell’articolo 4 sia stata ignorata, immotivatamente respinta in tutto o in parte, non abbia ricevuto una risposta adeguata o comunque non sia stata trattata in modo conforme alle disposizioni di tale articolo, abbia accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge.

La Parte che preveda il ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale dispone affinché l’interessato abbia anche accesso a una procedura stabilita dalla legge, rapida e gratuita o poco onerosa, ai fini del riesame della propria richiesta da parte dell’autorità pubblica o da parte di un organo indipendente e imparziale di natura non giurisdizionale.

Le decisioni definitive adottate a norma del presente paragrafo sono vincolanti per l’autorità pubblica in possesso delle informazioni. Esse sono motivate per iscritto almeno quando l’accesso alle informazioni viene negato in forza del presente paragrafo.

2.   Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a)

che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa;

b)

che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale.

3.   In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4.   Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.

5.   Per accrescere l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascuna Parte provvede affinché il pubblico venga informato della possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale e prende in considerazione l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia».

Il regolamento (CE) n. 1367/2006

4

Il regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264, pag. 13) prevede, al suo considerando 18:

«L’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus prevede l’accesso a procedure di ricorso di natura giurisdizionale e non avverso gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità che violano le norme di diritto ambientale. Le disposizioni sull’accesso alla giustizia dovrebbero essere compatibili con il trattato [CE]. In questo contesto, è opportuno che il presente regolamento si applichi esclusivamente agli atti e alle omissioni delle pubbliche autorità».

5

L’articolo 1, paragrafo 1, del medesimo regolamento, così recita:

«L’obiettivo del presente regolamento è quello di contribuire all’adempimento degli obblighi derivanti dalla [Convenzione di Aarhus], stabilendo le regole per applicare le disposizioni della convenzione alle istituzioni e agli organi comunitari, e a tal fine:

(...)

d)

prevede l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello comunitario alle condizioni stabilite dal presente regolamento».

6

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento definisce la nozione di «atto amministrativo» nei seguenti termini:

«qualsiasi provvedimento di portata individuale nell’ambito del diritto ambientale adottato da un’istituzione o da un organo comunitari e avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti».

7

L’articolo 10 del regolamento n. 1367/2006, rubricato «Richiesta di riesame interno degli atti amministrativi», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Qualsiasi organizzazione non governativa che soddisfa i criteri di cui all’articolo 11 può presentare una richiesta di riesame interno all’istituzione o all’organo comunitario che ha adottato un atto amministrativo ai sensi del diritto ambientale o, in caso di presunta omissione amministrativa, che avrebbe dovuto adottarlo».

La direttiva 2008/50

8

L’articolo 22 della direttiva 2008/50 prevede quanto segue:

«1.   Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile raggiungere i valori limite fissati per il biossido di azoto o il benzene entro i termini di cui all’allegato XI, uno Stato membro può prorogare tale termine di cinque anni al massimo per la zona o l’agglomerato in questione, a condizione che sia predisposto un piano per la qualità dell’aria a norma dell’articolo 23 per la zona o per l’agglomerato cui s’intende applicare la proroga; detto piano per la qualità dell’aria è integrato dalle informazioni di cui all’allegato XV, punto B, relative agli inquinanti in questione e dimostra come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine.

2.   Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile conformarsi ai valori limite per il PM10 di cui all’allegato XI, per le caratteristiche di dispersione specifiche del sito, per le condizioni climatiche avverse o per l’apporto di inquinanti transfrontalieri, uno Stato membro non è soggetto all’obbligo di applicare tali valori limite fino all’11 giugno 2011 purché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 1 e purché lo Stato membro dimostri che sono state adottate tutte le misure del caso a livello nazionale, regionale e locale per rispettare le scadenze.

3.   Qualora gli Stati membri applichino i paragrafi 1 o 2, provvedono affinché il valore limite per ciascun inquinante non sia superato oltre il margine di tolleranza massimo indicato nell’allegato XI per ciascun inquinante interessato.

4.   Gli Stati membri notificano alla Commissione i casi in cui ritengono applicabili i paragrafi 1 o 2 e le comunicano il piano per la qualità dell’aria di cui al paragrafo 1, comprese tutte le informazioni utili di cui la Commissione deve disporre per valutare se le condizioni pertinenti sono soddisfatte. In tale valutazione la Commissione tiene conto degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente negli Stati membri, attualmente e in futuro, delle misure adottate dagli Stati membri e degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente delle attuali misure comunitarie e delle misure comunitarie previste che la Commissione proporrà.

Se la Commissione non solleva obiezioni entro nove mesi dalla data di ricevimento di tale notifica, le condizioni per l’applicazione dei paragrafi 1 o 2 sono considerate soddisfatte.

In caso di obiezioni, la Commissione può chiedere agli Stati membri di rettificare i piani per la qualità dell’aria oppure di presentarne di nuovi».

Fatti

9

Il 15 luglio 2008 il Regno dei Paesi Bassi, conformemente all’articolo 22 della direttiva 2008/50, notificava alla Commissione la proroga del termine fissato per raggiungere il valore limite annuale fissato per il biossido di azoto in nove zone nonché l’esenzione dall’obbligo di applicare i valori limite giornalieri e annuali fissati per il materiale particolato che penetra attraverso un ingresso con un’efficienza di penetrazione del 50% per un diametro aerodinamico di 10 µm.

10

Il 7 aprile 2009 la Commissione accettava tale relazione con l’adozione della decisione C(2009) 2560 def.

11

Con lettera del 18 maggio 2009, la Vereniging Milieudefensie, un’associazione di diritto olandese avente per oggetto la protezione dell’ambiente e il miglioramento della qualità dell’aria nei Paesi Bassi, e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, una fondazione di diritto olandese che si dedica alla lotta contro l’inquinamento dell’aria nella regione di Utrecht (Paesi Bassi) presentavano alla Commissione una domanda di riesame interno di tale decisione ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

12

Con la decisione controversa, la Commissione respingeva tale domanda in quanto irricevibile in base al rilievo secondo cui la decisione C(2009) 2560 def. non costituisce una misura di portata individuale e non può, pertanto, essere considerata un «atto amministrativo», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006, tale da essere oggetto del procedimento di riesame interno previsto dall’articolo 10 del regolamento medesimo.

Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

13

Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 ottobre 2009, la Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht hanno chiesto l’annullamento della decisione controversa.

14

Il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento e il Consiglio sono intervenuti a sostegno delle conclusioni della Commissione.

15

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il ricorso di annullamento.

16

Il Tribunale ha respinto in quanto irricevibile la domanda delle ricorrenti intesa ad ottenere che il Tribunale ordinasse alla Commissione di statuire nel merito su detta domanda di riesame interno fissandole a tal proposito un termine.

17

Il Tribunale ha parimenti respinto in quanto infondato il primo motivo dedotto dalle ricorrenti in primo grado, secondo il quale la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto nel qualificare la decisione impugnata quale atto di portata generale che non poteva essere considerato come un atto amministrativo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006 e, pertanto, non poteva essere oggetto di una richiesta di riesame interno ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento medesimo. Per contro, il Tribunale ha accolto il secondo motivo, invocato in subordine, relativo all’illegittimità di quest’ultima disposizione in ragione della sua incompatibilità con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.

18

Dopo aver ricordato, ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata, che, al pari di ogni altro accordo internazionale del quale l’Unione europea sia parte, la Convenzione di Aarhus prevale sugli atti derivati di diritto dell’Unione, il Tribunale ha precisato, al punto 53 della stessa sentenza, che il giudice dell’Unione può procedere all’esame della validità di una disposizione di un regolamento alla luce di un trattato internazionale solo se non vi si oppongano la natura e la struttura di quest’ultimo e se, inoltre, le sue disposizioni appaiono dal punto di vista del loro contenuto incondizionate e sufficientemente precise.

19

Il Tribunale ha tuttavia precisato, riferendosi segnatamente alle sentenze della Corte Fediol/Commissione (70/87, EU:C:1989:254) e Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186), che la Corte ha statuito che spettava ad essa l’esercizio del suo controllo di legittimità di un atto dell’Unione alla luce delle norme di un accordo internazionale che non siano tali da far sorgere nell’amministrato il diritto di avvalersene in giudizio ove l’Unione abbia inteso attuare un obbligo particolare assunto nel contesto di tale accordo o nel caso in cui l’atto di diritto derivato rinvii espressamente a disposizioni precise di esso. Il Tribunale ne ha tratto la conclusione, al punto 54 della sentenza impugnata, che il giudice dell’Unione deve poter procedere al controllo della legittimità di un regolamento con riferimento ad un accordo internazionale qualora tale regolamento sia inteso a dare attuazione ad un obbligo imposto da tale accordo alle istituzioni dell’Unione.

20

Ai punti 57 e 58 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che tali condizioni erano soddisfatte nella specie dal momento che, da una parte, le ricorrenti in primo grado, che non invocavano l’effetto diretto delle disposizioni dell’accordo, mettevano in discussione, in via incidentale, conformemente all’articolo 241 CE, la validità di una disposizione del regolamento n. 1367/2006 rispetto alla Convenzione di Aarhus e che, dall’altra parte, tale regolamento era stato adottato per adempiere gli obblighi internazionali dell’Unione derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, di detta Convenzione, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, nonché dal considerando 18 del regolamento stesso.

21

Il Tribunale ha statuito, al punto 69 della sentenza impugnata, che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, è incompatibile con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus in quanto limita la procedura di riesame interno ai soli «atti amministrativi», definiti all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento come «provvediment[i] di portata individuale».

22

Il Tribunale ha, conseguentemente, annullato la decisione controversa.

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

23

Con la sua impugnazione proposta il 24 agosto 2012 (causa C‑401/12 P), il Consiglio chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di respingere in toto il ricorso delle ricorrenti in primo grado e di condannare queste ultime alle spese.

24

Con la sua impugnazione proposta il 24 agosto 2012 (causa C 402/12 P), il Parlamento chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di respingere in toto il ricorso di dette parti e di condannare queste ultime alle spese.

25

Con la sua impugnazione proposta il 27 agosto 2012 (causa C‑403/12 P), la Commissione chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di respingere in toto il ricorso delle medesime parti nonché di condannare queste ultime alle spese sostenute in primo grado e nel procedimento di impugnazione.

26

Con ordinanza del presidente della Corte del 21 novembre 2012, le cause da C‑401/12 P a C‑403/12 P sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

27

In data 28 febbraio 2013, la Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht hanno depositato una comparsa di risposta all’impugnazione in cui chiedono alla Corte di respingere le impugnazioni e di condannare il Consiglio, il Parlamento e la Commissione alle spese sostenute sia in primo grado sia nel procedimento di impugnazione.

28

Esse hanno parimenti proposto impugnazione incidentale in cui chiedono alla Corte di annullare la sentenza impugnata nonché la decisione controversa e di condannare le convenute in primo grado alle spese sostenute sia in primo grado sia nel procedimento di impugnazione.

Sulle impugnazioni

Sull’impugnazione incidentale

Argomenti delle parti

29

La Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht fanno valere che la sentenza impugnata è viziata da un errore in diritto in quanto il Tribunale si è astenuto dal riconoscere all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus un effetto diretto, quantomeno ove esso prevede che gli «atti» che violano il diritto ambientale nazionale devono essere impugnabili e, conseguentemente, ha rifiutato di valutare la legittimità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n.1367/2006 rispetto a tale disposizione di detta Convenzione.

30

Secondo il Consiglio, il Parlamento e la Commissione l’impugnazione incidentale deve essere respinta in quanto irricevibile in base al rilievo secondo cui il motivo invocato si limita, in realtà, a mettere in questione una parte della motivazione della sentenza impugnata, e non la sua soluzione, sicché esso non soddisferebbe i requisiti di cui all’articolo 178 del regolamento di procedura della Corte.

31

Il Consiglio, il Parlamento e la Commissione sostengono, in subordine, che il motivo invocato è comunque infondato.

Giudizio della Corte

32

Occorre rilevare che, conformemente agli articoli 169, paragrafo 1, e 178, paragrafo 1, del regolamento di procedura, ogni impugnazione, principale o incidentale, deve tendere all’annullamento, totale o parziale, della decisione del Tribunale.

33

Nella specie, la Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht hanno conseguito, dinanzi al Tribunale, l’annullamento della decisione controversa conformemente alle conclusioni del loro ricorso. La loro impugnazione incidentale che, in realtà, mira unicamente alla sostituzione della motivazione quanto all’analisi della possibilità di far valere l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, non può, pertanto, essere accolta (v., per analogia, per quanto riguarda un’impugnazione principale, sentenza Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti da 43 a 45).

34

Dalle suesposte considerazioni discende che l’impugnazione incidentale dev’essere respinta in quanto irricevibile.

Sulle impugnazioni principali

35

Il Consiglio, il Parlamento e la Commissione fanno valere, in via principale, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nello statuire che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus può essere invocato per valutare la conformità con tale disposizione dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

36

In subordine, fanno valere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’affermare che l’articolo 9, paragrafo 3, di detta Convenzione osta ad una disposizione quale l’articolo 10, paragrafo 1, di tale regolamento.

Sul primo motivo dedotto nelle impugnazioni incidentali

Argomenti delle parti

37

Secondo il Consiglio, i due casi nei quali la Corte ha riconosciuto la possibilità, per un privato, di far valere le disposizioni di un accordo internazionale che non soddisfaceva i criteri di incondizionalità e di precisione richiesti per poter essere invocato ai fini della valutazione della validità delle disposizioni di un atto dell’Unione sono eccezionali e non corrispondono comunque a quello in esame.

38

Infatti, da una parte, la soluzione accolta nella sentenza Fediol/Commissione (EU:C:1989:254) si giustificherebbe in ragione delle circostanze particolari della causa sfociata in tale sentenza, in cui il regolamento in oggetto conferiva agli operatori interessati il diritto di invocare le norme dell’accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (in prosieguo. il «GATT»). Inoltre, tale soluzione non sarebbe applicabile al di là della sfera specifica di detto accordo.

39

D’altra parte, quanto alla giurisprudenza risultante dalla sentenza Nakajima/Consiglio (EU:C:1991:186), secondo il Consiglio essa riguarda unicamente il caso in cui l’Unione abbia inteso attuare un obbligo particolare assunto nel contesto del GATT, ciò che nemmeno si verificherebbe nella specie.

40

Il Parlamento e la Commissione invocano, in sostanza, argomenti simili.

41

Quanto alla sentenza Fediol/Commissione (EU:C:1989:254), la Commissione aggiunge che essa riguarda unicamente il caso in cui un atto dell’Unione abbia espressamente effettuato un rinvio a disposizioni particolari del GATT.

42

Quanto alla sentenza Najima/Consiglio (EU:C:1991:186), secondo la Commissione essa non può essere interpretata nel senso che consente di controllare ogni atto di diritto dell’Unione alla luce dell’accordo internazionale cui tale atto dà, eventualmente, attuazione. Affinché un tale controllo possa essere esercitato, occorrerebbe che l’atto di diritto dell’Unione costituisca un’esecuzione diretta ed esaustiva dell’accordo internazionale e che si riferisca a un suo obbligo sufficientemente chiaro e preciso, il che non si verificherebbe nella specie.

43

Il Parlamento fa valere che la sentenza Fediol/Commissione (EU:C:1989:254) si limita a considerare il caso di un rinvio espresso di un atto di diritto derivato a disposizioni precise di un accordo internazionale, che costituisce non un mero riferimento a dette disposizioni, bensì una loro incorporazione. Conseguentemente, il Tribunale non poteva fondarsi sul considerando 18 del regolamento n. 1367/2006, che si limita a riportare l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, per affermare che tale condizione era soddisfatta nella specie. Inoltre, e in ogni caso, risulterebbe da tale giurisprudenza della Corte che, se un regolamento dell’Unione incorpora le disposizioni di un accordo internazionale, queste ultime potranno essere invocate solo ai fini del controllo della validità degli atti adottati in applicazione di detto regolamento, e non del regolamento stesso.

44

Quanto alla sentenza Nakajima/Consiglio (EU:C:1991:186), secondo il Parlamento la soluzione adottata in tale sentenza riguarda il caso in cui un atto di diritto derivato attua un obbligo particolare imposto da un accordo internazionale, nel cui contesto l’Unione è tenuta ad agire in un senso determinato e non può godere di un margine di discrezionalità. Orbene, gli «obblighi» ai quali si riferisce il Tribunale al punto 58 della sentenza impugnata non sarebbero obblighi «particolari», ai sensi della sentenza Nakajima/Consiglio (EU:C:1991:186), dato che le parti contraenti della Convenzione di Aarhus dispongono di un ampio margine di discrezionalità quanto alla definizione delle modalità di attuazione dei «procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, di tale Convenzione, con riserva del rispetto delle esigenze previste dal suo articolo 9, paragrafo 4.

45

Il Parlamento fa parimenti valere, invocando la sentenza Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742), che il Tribunale non ha rispettato il principio del contraddittorio avendo applicato i principi emersi dalla giurisprudenza risultante dalla sentenza Nakajima/Consiglio (EU:C:1991:186), senza che la loro rilevanza nel caso di specie fosse stata previamente discussa tra le parti.

46

Esso aggiunge che le circostanze della causa sono parimenti distinte da quelle della causa sfociata nella sentenza Racke (C‑162/96, EU:C:1998:293) che riguardava la violazione di una norma di diritto internazionale consuetudinario che incideva sull’applicazione di una disposizione di un accordo internazionale il cui effetto diretto era pacifico.

47

La Commissione ricorda parimenti che la Corte, nelle sue sentenze Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312) nonché Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864), non ha accettato di controllare la validità di una direttiva rispetto a un accordo internazionale, benché tale direttiva contenesse riferimenti ad esso.

48

La Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht sostengono, anzitutto, che dalla sentenza Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125) non risultano indicazioni in ordine all’eventuale effetto diretto dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus quanto agli atti impugnabili ai sensi di tale disposizione.

49

A loro avviso, da un canto, per la sua natura ed il suo oggetto tale Convenzione non osta al controllo, su domanda delle associazioni a tutela dell’ambiente, della validità di un atto di diritto derivato dell’Unione e, dall’altro, le condizioni di tale controllo, elencate nella sentenza Fediol/Commissione (EU:C:1989:254), sono soddisfatte, dal momento che il regolamento n. 1367/2006 comporta diversi riferimenti a tale Convenzione, segnatamente al suo articolo 9, paragrafo 3.

50

Esse sostengono, quindi, che la sola possibilità di controllo della legittimità di un atto generale di diritto dell’Unione da parte della Corte, adita dai giudici nazionali in sede di rinvio pregiudiziale, non è sufficiente per assicurare il rispetto di detta disposizione.

51

Infine, esse fanno valere che il Tribunale ha rispettato il principio del contraddittorio poiché ha dato modo alle parti di pronunciarsi quanto all’applicazione nella presente causa della giurisprudenza emersa dalle sentenze Fediol/Commissione (EU:C:1989:254) e Nakajima/Consiglio (EU:C:1991:186) all’udienza. In ogni caso, le circostanze di cui alla presente causa differirebbero da quelle che hanno dato luogo alla sentenza Commissione/Irlanda e a. (EU:C:2009:742), invocata dal Parlamento.

Giudizio della Corte

52

Come risulta dall’articolo 300, paragrafo 7, CE (divenuto articolo 216, paragrafo 2, TFUE), le istituzioni dell’Unione sono vincolate dagli accordi internazionali conclusi da quest’ultima e, di conseguenza, tali accordi prevalgono sugli atti che esse emanano (v., in questo senso, sentenza Intertanko e a., EU:C:2008:312, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

53

Tuttavia, gli effetti, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, delle disposizioni di un accordo concluso da quest’ultima con Stati terzi non possono essere determinati prescindendo dall’origine internazionale delle disposizioni di cui trattasi. In conformità ai principi del diritto internazionale, le istituzioni dell’Unione, che sono competenti a negoziare e concludere un tale accordo, sono libere di convenire con gli Stati terzi interessati gli effetti che le disposizioni di questo accordo devono produrre nell’ordinamento interno delle parti contraenti. Nel caso in cui tale questione non sia stata disciplinata esplicitamente da detto accordo, incombe ai giudici competenti e in particolare alla Corte, nell’ambito della competenza attribuitale dal Trattato FUE, risolverla al pari di qualunque altra questione d’interpretazione relativa all’applicazione dell’accordo in questione nell’Unione, fondandosi precisamente sullo spirito, sulla struttura o sulla lettera di tale accordo (v. sentenza FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 108 e giurisprudenza citata).

54

Risulta da costante giurisprudenza della Corte che le disposizioni di un accordo internazionale di cui l’Unione sia parte possono essere invocate a sostegno di un ricorso di annullamento di un atto di diritto derivato dell’Unione o di un’eccezione di illegittimità di detto atto solo qualora, da una parte, la natura e l’economia generale dell’accordo in questione non vi ostino e, dall’altra, tali disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise (v. sentenze Intertanko e a., EU:C:2008:312, punto 45; FIAMM e a./Consiglio e Commissione, EU:C:2008:476, punti 110 e 120, nonché Air Transport Association of America e a., EU:C:2011:864, punto 54).

55

Quanto all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, esso non contiene alcun obbligo incondizionato e sufficientemente preciso tale da disciplinare direttamente la situazione giuridica dei singoli e non soddisfa, perciò, tali condizioni. Infatti, nella misura in cui solo «i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale» sono titolari dei diritti previsti dal suddetto articolo 9, paragrafo 3, tale disposizione è subordinata, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all’intervento di un atto ulteriore (v. sentenza Lesoochranárske zoskupenie, EU:C:2011:125, punto 45).

56

È pur vero che la Corte ha parimenti statuito che, nel caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto degli accordo conclusi nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (in prosieguo: gli «accordi OMC») oppure qualora l’atto di diritto dell’Unione faccia espresso rinvio a precise disposizioni di tali accordi, spetta alla Corte controllare la legittimità dell’atto in parola e degli atti adottati per la sua applicazione alla luce delle norme di tali accordi (v. sentenze Fediol/Commissione, EU:C:1989:254, punti da 19 a 23; Nakajima/Consiglio, EU:C:1991:186, punti da 29 a 32; Germania/Consiglio, C‑280/93, EU:C:1994:367, punto 111, e Italia/Consiglio, C‑352/96, EU:C:1998:531, punto 19).

57

Tali due eccezioni, tuttavia, trovano giustificazione unicamente nelle particolarità degli accordi che hanno dato luogo alla loro applicazione.

58

Infatti, per quanto riguarda, in primo luogo, la sentenza Fediol/Commissione (EU:C:1989:254), occorre rilevare che l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2641/84 del Consiglio, del 17 settembre 1984 relativo al rafforzamento della politica commerciale comune, particolarmente in materia di difesa contro le pratiche commerciali illecite (GU L 252, pag. 1), oggetto del procedimento sfociato in tale sentenza, rinviava espressamente alle norme di diritto internazionale fondate, essenzialmente, sul GATT, e attribuiva agli interessati il diritto di avvalersi delle disposizioni di quest’ultimo nel contesto di una denuncia presentata in forza del regolamento stesso (sentenza Fediol/Commissione, EU:C:1989:254, punto 19), mentre, nella specie, l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 non compie un rinvio diretto a disposizioni precise della Convenzione di Aarhus né attribuisce un diritto ai singoli. Conseguentemente, in assenza di un siffatto rinvio esplicito a disposizioni di un accordo internazionale, la menzionata sentenza non può essere ritenuta pertinente nella specie.

59

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la sentenza Nakajima/Consiglio (EU:C:1991:186), occorre rilevare che gli atti di diritto dell’Unione oggetto di tale sentenza erano connessi al sistema antidumping, che è estremamente denso nella sua ratio e nella sua applicazione, nel senso che prevede misure nei confronti delle imprese accusate di far ricorso a pratiche di dumping. Più concretamente, il regolamento di base oggetto di tale causa era stato istituito in conformità con i vigenti obblighi internazionali della Comunità, in particolare quelli derivanti dall’accordo relativo all’attuazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, approvato, a nome della Comunità, con decisione 80/271/CEE del Consiglio, del 10 dicembre 1979, relativa alla conclusione degli accordi multilaterali derivanti dai negoziati commerciali degli anni 1973-1979 (GU L 71, pag. 1) (v. sentenza Nakajima/Consiglio, EU:C:1991:186, punto 30). Orbene, nella specie, non può parlarsi di attuazione, ad opera dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, degli obblighi particolari ai sensi di tale sentenza, in quanto, come risulta dall’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, le parti contraenti della Convenzione stessa dispongono di un ampio margine di discrezionalità quanto alla definizione delle modalità di attuazione dei «procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale».

60

Al riguardo, occorre rilevare che non può ritenersi che, adottando tale regolamento, che riguarda esclusivamente le istituzioni dell’Unione, e verte, d’altronde, solo su uno dei mezzi di gravame di cui dispongono i privati per far rispettare il diritto ambientale dell’Unione, quest’ultima avrebbe inteso attuare, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 56 della presente sentenza, gli obblighi derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus quanto ai procedimenti nazionali di natura amministrativa o giurisdizionale, che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, ricadono d’altronde essenzialmente nel diritto degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza Lesoochranárske zoskupenie, EU:C:2011:125, punti 41 e 47).

61

Risulta dalle suesposte considerazioni che, nello statuire che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus poteva essere invocato per valutare la legittimità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, il Tribunale è incorso in un errore di diritto che vizia la sentenza impugnata.

62

Pertanto, senza necessità di esaminare gli altri motivi dedotti dal Consiglio, dal Parlamento e dalla Commissione a sostegno delle loro impugnazioni, occorre annullare la sentenza impugnata.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

63

Conformemente all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale e, in tal caso, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, o rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

64

La Corte ritiene che la causa sia matura per essere decisa e che occorra statuire nel merito in ordine alla domanda di annullamento della decisione controversa.

65

Con il primo motivo del ricorso dinanzi al Tribunale, la Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht hanno fatto valere che erroneamente la Commissione aveva considerato irricevibile la loro richiesta di riesame interno della decisione del 7 aprile 2009, in base al rilievo secondo cui si trattava di una misura di portata generale.

66

Occorre, per gli stessi motivi fatti propri dal Tribunale, respingere questo motivo in quanto infondato.

67

La Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht hanno parimenti fatto valere, con il loro secondo motivo di ricorso, che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 è invalido, in quanto limita la nozione di «atti» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus ai soli atti amministrativi individuali.

68

Risulta dall’articolo 55 della presente sentenza che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus manca della chiarezza e della precisione richieste perché tale disposizione possa essere utilmente invocata dinanzi al giudice dell’Unione per valutare la legittimità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

69

Di conseguenza, occorre respingere parimenti tale secondo motivo di ricorso in quanto infondato.

70

Dato che nessuno dei due motivi di ricorso proposti dinanzi al Tribunale dalla Vereniging Milieudefensie e dalla Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht è fondato, il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

71

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Quando vi siano più parti soccombenti, la Corte decide sulla ripartizione delle spese.

72

La Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, rimaste soccombenti, devono essere pertanto condannate in solido alle spese sostenute dal Consiglio, dal Parlamento, nonché dalla Commissione sia in primo grado sia nelle presenti impugnazioni, conformemente alla domanda in tal senso del Consiglio, del Parlamento e della Commissione.

73

L’articolo 140, paragrafo 1, del menzionato regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Pertanto, occorre decidere che la Repubblica ceca sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione incidentale è respinta.

 

2)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht/Commissione (T‑396/09, EU:T:2012:301) è annullata.

 

3)

Il ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale dell’Unione europea dalla Vereniging Milieudefensie e dalla Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht è respinto.

 

4)

La Vereniging Milieudefensie e la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht sono condannate in solido alle spese sostenute in primo grado nonché nelle impugnazioni dal Consiglio dell’Unione europea, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea.

 

5)

La Repubblica ceca sopporterà le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.