SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

17 ottobre 2013 ( *1 )

«Impugnazione — Diritto di accesso ai documenti delle istituzioni — Regolamento (CE) n. 1049/2001 — Articolo 4, paragrafo 3, primo comma — Tutela del processo decisionale delle istituzioni — Nota del segretariato generale del Consiglio riguardo alle proposte presentate nell’ambito del procedimento legislativo di revisione del medesimo regolamento n. 1049/2001 — Accesso parziale — Diniego di accesso ai dati relativi all’identità degli Stati membri autori delle proposte»

Nella causa C‑280/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 31 maggio 2011,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da B. Driessen e C. Fekete, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuto da

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek e D. Hadroušek, in qualità di agenti,

Regno di Spagna, rappresentato da S. Centeno Huerta, in qualità di agente,

Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues e N. Rouam, in qualità di agenti,

intervenienti in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Access Info Europe, con sede in Madrid (Spagna), rappresentata da O. Brouwer e J. Blockx, advocaten,

ricorrente in primo grado,

sostenuta da:

Parlamento europeo, rappresentato da A. Caiola e M. Dean, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente in sede d’impugnazione,

Repubblica ellenica, rappresentata da E.‑M. Mamouna e K. Boskovits, in qualità di agenti,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, A. Borg Barthet, E. Levits e M. Berger, giudici,

avvocato generale: P. Cruz Villalón

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 febbraio 2013,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 maggio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 22 marzo 2011, Access Info Europe/Consiglio (T-233/09, Racc. pag. II-1073; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha annullato la decisione del Consiglio del 26 febbraio 2009 (in prosieguo: la «decisione controversa») che aveva rifiutato alla Access Info Europe (in prosieguo: la «Access Info») l’accesso a talune informazioni contenute in una nota del 26 novembre 2008 indirizzata dal Segretariato generale del Consiglio al gruppo di lavoro sull’informazione istituito in seno al Consiglio stesso, e relativa alla proposta di un nuovo regolamento disciplinante l’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (in prosieguo: il «documento richiesto»).

Contesto normativo

2

Il considerando 6 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), è redatto nei seguenti termini:

«Si dovrebbe garantire un accesso più ampio ai documenti nei casi in cui le istituzioni agiscono in veste di legislatore, anche in base a competenze delegate, preservando nel contempo l’efficacia del loro processo di formazione delle decisioni. Nella più ampia misura possibile tali documenti dovrebbero essere resi direttamente accessibili».

3

L’articolo 1 di detto regolamento prevede quanto segue:

«L’obiettivo del presente regolamento è di:

a)

definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (...) in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile;

(...)».

4

L’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del citato regolamento così dispone:

«L’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

Fatti all’origine della controversia

5

Con messaggio di posta elettronica in data 3 dicembre 2008, la Access Info ha chiesto al Consiglio di avere accesso al documento richiesto. Tale documento riuniva le proposte di emendamento o di nuova formulazione comunicate da vari Stati membri in occasione della riunione del 25 novembre 2008 del gruppo di lavoro sull’informazione menzionato al punto 1 della presente sentenza.

6

Mediante la decisione controversa, il Consiglio ha accordato un accesso parziale al documento richiesto. In particolare, detta istituzione ha trasmesso alla Access Info una versione del documento che non consentiva di identificare gli Stati membri autori delle suddette proposte.

7

Il Consiglio ha giustificato il proprio rifiuto di divulgare le identità degli Stati membri in questione fondandosi sull’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, a motivo del fatto che la divulgazione di tali identità avrebbe pregiudicato gravemente il processo decisionale di detta istituzione, senza che un interesse pubblico prevalente esigesse tale divulgazione. Infatti, tenuto conto del carattere preliminare delle discussioni in corso a quel tempo, la divulgazione delle identità degli Stati membri interessati avrebbe ridotto il margine di manovra delle delegazioni nell’ambito dei negoziati caratterizzanti il procedimento legislativo in seno al Consiglio ed avrebbe così pregiudicato la capacità di quest’ultimo di pervenire ad un accordo.

8

Il 26 novembre 2008, ossia il giorno stesso della redazione del documento richiesto, una versione integrale di quest’ultimo è stata resa accessibile al pubblico sul sito Internet dell’organizzazione Statewatch, senza che tale divulgazione fosse stata autorizzata (in prosieguo: la «divulgazione non autorizzata»).

Sentenza impugnata

9

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 giugno 2009, la Access Info ha proposto contro la decisione controversa un ricorso di annullamento, che è stato accolto dalla sentenza impugnata.

10

Il Tribunale ha preliminarmente illustrato i principi fondamentali in materia di accesso ai documenti. In particolare, esso ha ricordato, ai punti da 55 a 58 di detta sentenza, che il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni si ricollega al carattere democratico di queste ultime e che l’articolo 1 del regolamento n. 1049/2001 mira a garantire un diritto di accesso che sia il più ampio possibile, sicché le eccezioni alla divulgazione devono essere interpretate e applicate restrittivamente. Tali principi acquisirebbero una rilevanza del tutto particolare allorché il Consiglio agisce, come nella specie, nella sua veste di legislatore.

11

Successivamente, ai punti 59 e 60 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato che il semplice fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione alla divulgazione non è sufficiente per applicare quest’ultima, dal momento che l’applicazione dell’eccezione in questione è giustificata soltanto qualora l’accesso al documento sia idoneo a ledere concretamente ed effettivamente l’interesse protetto. Inoltre, tale rischio non potrebbe essere di natura puramente ipotetica e dovrebbe essere ragionevolmente prevedibile. L’istituzione interessata sarebbe tenuta a procedere ad un bilanciamento tra l’interesse specifico che deve essere tutelato mediante la non divulgazione di una parte del documento richiesto — nella specie, l’identità degli Stati membri autori delle proposte — e l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile nella sua interezza.

12

In applicazione di tali principi, il Tribunale, ai punti da 68 a 80 della sentenza impugnata, ha esaminato la principale tra le ragioni addotte dal Consiglio per giustificare il carattere parziale della divulgazione del documento richiesto, vale a dire la presunta riduzione del margine di manovra delle delegazioni in seno al Consiglio derivante dal fatto che la divulgazione dell’identità degli Stati membri responsabili delle proposte darebbe luogo ad una pressione dell’opinione pubblica su questi Stati di entità tale che non sarebbe più possibile per una loro delegazione presentare una proposta orientata nel senso di una limitazione della trasparenza.

13

In primo luogo, ai punti da 69 a 74 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato, anzitutto, che è proprio il principio di legittimità democratica che impone agli autori delle proposte contenute nel documento richiesto di rispondere dei loro atti dinanzi al pubblico, e ciò a maggior ragione nel caso in cui tale documento rientri nell’ambito del procedimento legislativo. Poi, il Tribunale ha dichiarato che la divulgazione delle identità degli autori di una proposta non impedirebbe alle delegazioni di discostarsene in seguito. Infatti, una proposta, sia essa fatta in forma anonima o meno, verrebbe presentata per essere discussa, e non sarebbe destinata a rimanere immutata a seguito di una discussione nel caso in cui l’identità del suo autore divenga nota. L’opinione pubblica sarebbe perfettamente in grado di comprendere tale caratteristica delle proposte nel processo legislativo. Inoltre, secondo il Tribunale, non si può presumere che l’opinione pubblica nel suo insieme sia contraria alla limitazione del principio di trasparenza. Infine, il Tribunale ha affermato che neppure la divulgazione non autorizzata ha avuto conseguenze pregiudizievoli per il processo decisionale del Consiglio.

14

In secondo luogo, il Tribunale, ai punti 75 e 76 della sentenza impugnata, ha respinto l’argomento del Consiglio secondo cui occorrerebbe tener conto del carattere preliminare delle discussioni al fine di valutare il rischio di pregiudizio per il processo decisionale legato alla diminuzione del margine di manovra degli Stati membri. Secondo il Tribunale, il carattere preliminare delle discussioni non consente di per sé di giustificare l’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, dato che tale disposizione non opera alcuna distinzione a seconda dello stato di avanzamento delle discussioni.

15

In terzo luogo, ai punti 77 e 78 di detta sentenza, il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui occorrerebbe prendere in considerazione il carattere particolarmente sensibile delle proposte avanzate, nel caso di specie, dalle delegazioni degli Stati membri. In proposito il Tribunale ha rilevato che le proposte di emendamenti in questione si inseriscono nel normale svolgimento del processo legislativo. Di conseguenza, esse non sarebbero particolarmente delicate, nel senso che un interesse fondamentale dell’Unione o degli Stati membri sarebbe messo a repentaglio in caso di divulgazione dell’identità degli autori delle proposte, tanto più che ciò che veniva in gioco nel caso di specie sarebbe stato non già il contenuto delle proposte fatte dagli Stati membri, ma soltanto l’identificazione delle delegazioni autrici delle stesse. Oltre a ciò, il Tribunale ha affermato che rientra nella natura stessa del dibattito democratico il fatto che una proposta di modifica di un progetto di regolamento sia oggetto di commenti sia positivi che negativi da parte del pubblico e dei media.

16

In quarto luogo, al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui la lunghezza inusuale della procedura di approvazione del nuovo regolamento in materia di accesso ai documenti sarebbe dovuta alle difficoltà che la divulgazione non autorizzata avrebbe creato ai negoziati. In realtà, secondo il Tribunale, altre ragioni di natura politica e giuridica permetterebbero di spiegare la durata dell’iter legislativo.

17

Infine, ai punti 82 e 83 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento del Consiglio inteso a dimostrare che la divulgazione non autorizzata sarebbe stato il motivo per cui le relazioni vertenti sulle riunioni dei suoi gruppi di lavoro avrebbero risentito di una minore esaustività, segnatamente per quanto riguarda l’identificazione delle delegazioni. A questo proposito, il Tribunale ha rilevato che tale cambiamento poteva spiegarsi anche alla luce della presentazione del ricorso contro la decisione controversa ad opera della Access Info. Ad ogni modo, l’assenza di un nesso di causalità tra la divulgazione al pubblico dell’identità delle delegazioni e il grave pregiudizio per il processo decisionale sarebbe confermata da un documento successivo alla divulgazione non autorizzata, che non si limiterebbe a indicare in modo anonimo alcune proposte di modifica del testo legislativo, bensì preciserebbe l’identità delle delegazioni, quantomeno nella versione originale di tale documento.

18

Segnatamente alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale ha accolto il ricorso annullando la decisione controversa.

Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

19

Con ordinanza del 17 ottobre 2011, da un lato, la Repubblica ceca e il Regno di Spagna sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio e, dall’altro, il Parlamento europeo è stato autorizzato a intervenire a sostegno delle conclusioni della Access Info. Con ordinanza del 2 febbraio 2012, la Repubblica francese è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

20

Il Consiglio, la Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e la Repubblica francese chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

pronunciarsi a titolo definitivo sulle questioni oggetto dell’impugnazione, e

condannare la Access Info alle spese relative ai due gradi di giudizio.

21

La Access Info e il Parlamento chiedono che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare il Consiglio alle spese.

Sull’impugnazione

22

A sostegno della sua impugnazione il Consiglio deduce, in sostanza, tre motivi.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

23

Con il suo primo motivo, il Consiglio, sostenuto sul punto dal Regno di Spagna, fa valere che il Tribunale ha violato l’equilibrio che tanto il diritto primario — ossia l’articolo 207, paragrafo 3, CE e l’articolo 255 CE, applicabili ratione temporis — quanto il diritto derivato — cioè il considerando 6 e l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 — hanno istituito tra, da un lato, il diritto di accesso riconosciuto per i documenti attinenti all’attività legislativa delle istituzioni e, dall’altro, la necessità di preservare l’efficacia del processo decisionale. In particolare, il Tribunale, segnatamente al punto 69 della sentenza impugnata, avrebbe interpretato il citato articolo 4, paragrafo 3, primo comma, attribuendo un’importanza indebita ed eccessiva alla trasparenza del processo decisionale, senza tenere in alcun conto le esigenze inerenti all’efficacia di quest’ultimo.

24

Più specificamente, il Consiglio, sostenuto al riguardo dalla Repubblica ceca, dalla Repubblica ellenica e dal Regno di Spagna, fa valere che il proprio processo legislativo è molto fluido e richiede una grande flessibilità da parte degli Stati membri affinché essi possano modificare una posizione iniziale, massimizzando così le possibilità di giungere ad un accordo. Al fine di garantire uno «spazio di negoziazione» e di preservare così l’efficacia di tale processo legislativo, sarebbe necessario garantire a detti Stati membri un margine di manovra massimo nelle discussioni, e ciò sin dalle prime fasi del procedimento. Orbene, tale margine di manovra sarebbe ridotto se l’identità delle delegazioni fosse divulgata troppo presto nel corso del procedimento, in quanto ciò avrebbe come effetto di determinare pressioni da parte dell’opinione pubblica che priverebbero le delegazioni stesse della flessibilità necessaria per garantire l’efficacia del processo decisionale del Consiglio.

25

La Repubblica ceca e il Regno di Spagna aggiungono in proposito che, nel caso di specie, la divulgazione dell’identità delle delegazioni non era necessaria per raggiungere l’obiettivo del regolamento n. 1049/2001. Infatti, l’accesso integrale al contenuto del documento richiesto sarebbe sufficiente per garantire lo svolgimento di un dibattito democratico sulle questioni che tale documento riguarda. L’unica conseguenza di una divulgazione anche dell’identità delle delegazioni sarebbe stata di consentire di esercitare pressioni non sul Consiglio, bensì sugli Stati membri.

26

La Access Info ribatte che il Consiglio, a termini del primo motivo da esso dedotto, censura soltanto tre punti della sentenza impugnata, vale a dire, da un lato, i punti 57 e 58 di quest’ultima, nei quali il Tribunale si era limitato a ricordare la pertinente giurisprudenza, e, dall’altro lato, il punto 69 di detta sentenza, nel quale, secondo la Access Info, sostenuta in proposito dal Parlamento, il Tribunale procede per l’appunto ad un bilanciamento tra le esigenze della trasparenza e quelle della tutela del processo decisionale, concludendo che la divulgazione delle identità degli Stati membri interessati non era, nella specie, idonea a pregiudicare il processo decisionale del Consiglio.

Giudizio della Corte

27

Al fine di statuire sul presente motivo, occorre ricordare che, a mente del suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile alla volontà enunciata all’articolo 1, secondo comma, TUE di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni si ricollega al carattere democratico di queste ultime (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C-39/05 P e C-52/05 P, Racc. pag. I-4723, punto 34; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C-514/07 P, C-528/07 P e C-532/07 P, Racc. pag. I-8533, punto 68, nonché del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C-506/08 P, Racc. pag. I-6237, punto 72).

28

A tal fine, il regolamento n. 1049/2001 mira, come precisato dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (citate sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 33; Svezia e a./API e Commissione, punto 69, nonché Svezia/MyTravel e Commissione, punto 73).

29

Indubbiamente, tale diritto è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato. Più specificamente, e in conformità al suo considerando 11, detto regolamento prevede, all’articolo 4, un regime di eccezioni che autorizza le istituzioni a rifiutare l’accesso a un documento nel caso in cui la divulgazione di quest’ultimo arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati da tale articolo (v. sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C-266/05 P, Racc. pag. I-1233, punto 62; Svezia e a./API e Commissione, cit., punti 70 e 71, nonché Svezia/MyTravel e Commissione, cit., punto 74).

30

Tuttavia, tali eccezioni, in quanto deroganti al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, devono essere interpretate ed applicate restrittivamente (citate sentenze Sison/Consiglio, punto 63; Svezia e Turco/Consiglio, punto 36; Svezia e a./API e Commissione, punto 73, nonché Svezia/MyTravel e Commissione, punto 75).

31

Quindi, da un lato, qualora l’istituzione interessata decida di rifiutare l’accesso a un documento che le è stato chiesto di comunicare, deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, cit., punto 76 e la giurisprudenza ivi citata).

32

Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, è tenuta a procedere ad un bilanciamento tra l’interesse specifico che deve essere tutelato mediante la non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano — come sottolineato dal considerando 2 del citato regolamento — da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, cit., punto 45).

33

Inoltre, la Corte ha altresì statuito che tali considerazioni presentano, con ogni evidenza, una rilevanza del tutto particolare allorché il Consiglio agisce in veste di legislatore, come risulta dal considerando 6 del regolamento n. 1049/2001, a mente del quale proprio in tale ipotesi deve essere autorizzato un accesso più ampio ai documenti. La trasparenza al riguardo contribuisce a rafforzare la democrazia permettendo ai cittadini di controllare il complesso delle informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. Infatti, la possibilità per i cittadini di conoscere i fondamenti delle azioni legislative è una condizione per l’esercizio effettivo, da parte loro, dei loro diritti democratici (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, cit., punto 46).

34

È alla luce di tali principi che occorre esaminare il primo motivo dedotto, mediante il quale il Consiglio fa valere in sostanza che il Tribunale non ha tenuto in alcun conto le esigenze connesse alla tutela del processo decisionale di detta istituzione.

35

Orbene, è giocoforza constatare come il Tribunale, al punto 69 della sentenza impugnata, abbia per l’appunto ricordato, in conformità alla giurisprudenza menzionata al punto 30 della presente sentenza, che l’accesso del pubblico all’intero contenuto dei documenti del Consiglio costituisce il principio, e che tale principio conosce eccezioni che devono essere interpretate ed applicate restrittivamente.

36

Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, il Tribunale ha tenuto conto delle esigenze connesse all’efficacia del processo decisionale. Infatti, ai punti da 69 a 83 della sentenza impugnata, esso ha proceduto ad un esame approfondito degli argomenti avanzati da detta istituzione per giustificare l’applicazione nel caso di specie dell’eccezione relativa alla tutela del processo decisionale dell’istituzione interessata.

37

Pertanto, lungi dal violare l’equilibrio tra il principio di trasparenza e la preservazione dell’efficacia del processo decisionale del Consiglio, il Tribunale, in osservanza dei principi ricordati ai punti da 31 a 33 della presente sentenza, ha esaminato, sotto il profilo del merito, l’insieme degli argomenti addotti dal Consiglio per giustificare l’applicazione, nel caso di specie, dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

38

Soltanto dopo aver esaminato tali argomenti e aver ritenuto che nessuno di essi consentisse di affermare che la divulgazione delle informazioni relative all’identità degli Stati membri in questione avrebbe dato luogo ad un rischio concreto di pregiudizio grave all’interesse tutelato dall’eccezione di cui sopra, il Tribunale ha concluso, al punto 84 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva violato l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, opponendosi, a termini della decisione controversa, alla divulgazione di dette informazioni.

39

Per il resto, nella misura in cui la censura del Consiglio potrebbe essere intesa come volta a rimettere in discussione la valutazione di detti argomenti compiuta dal Tribunale, è giocoforza constatare che il Consiglio non invoca, a sostegno del presente motivo, alcun elemento diretto a confutare la conclusione del Tribunale secondo cui gli argomenti del Consiglio in primo grado non erano sufficientemente suffragati per dimostrare che la divulgazione delle informazioni riguardanti l’identità degli Stati membri in questione avrebbe dato luogo ad un rischio concreto di grave pregiudizio per il processo decisionale di detta istituzione.

40

Per quanto riguarda, infine, l’argomento della Repubblica ceca e del Regno di Spagna secondo cui la divulgazione dell’identità delle delegazioni non era necessaria per raggiungere l’obiettivo del regolamento n. 1049/2001, è sufficiente rilevare che — come ricordato al punto 28 della presente sentenza — l’articolo 1 di detto regolamento mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti che sia il più ampio possibile. È alla luce di tale principio che il Tribunale ha correttamente precisato, al punto 69 della sentenza impugnata, che il regolamento n. 1049/2001 mira a garantire l’accesso del pubblico all’intero contenuto dei documenti del Consiglio, ivi compreso, nella fattispecie, l’accesso all’identità degli autori delle varie proposte, tenendo presente che l’accesso integrale ai suddetti documenti può essere limitato soltanto sulla scorta delle eccezioni a tale diritto previste dal regolamento di cui sopra, le quali, per parte loro, devono essere fondate su un rischio concreto di pregiudizio agli interessi da esse tutelati. Poiché il Tribunale ha escluso, nel caso di specie, l’esistenza di un rischio siffatto, un accesso parziale al documento richiesto non può essere ritenuto sufficiente per raggiungere l’obiettivo perseguito dal citato regolamento.

41

Sulla scorta di tali premesse, il primo motivo di impugnazione deve essere respinto perché infondato.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

42

Con il suo terzo motivo, che occorre esaminare in secondo luogo e che si compone di tre parti, il Consiglio imputa al Tribunale vari errori di diritto, che hanno portato quest’ultimo a concludere che detta istituzione non aveva dimostrato «sufficientemente in diritto e in fatto» il rischio di un pregiudizio grave per il proprio processo decisionale.

43

Con la prima parte del suo terzo motivo, il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica ellenica e dal Regno di Spagna, si duole che il Tribunale, ai punti 73 e 74 della sentenza impugnata, abbia preteso la prova di un reale pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione in questione. Orbene, secondo il Consiglio, ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, il semplice rischio di un pregiudizio è sufficiente a giustificare il ricorso a tale eccezione, di modo che l’istituzione che riceve una domanda di accesso ai documenti deve limitarsi a dimostrare la probabilità che dalla divulgazione del documento in questione derivi un pregiudizio al proprio processo decisionale.

44

La Access Info ed il Parlamento sostengono, per parte loro, che il Tribunale, lungi dal pretendere che il Consiglio fornisse la prova di un reale pregiudizio al processo decisionale, si è limitato ad esaminare, ai citati punti 73 e 74, l’argomento addotto dal Consiglio secondo cui il processo decisionale di tale istituzione avrebbe subìto un pregiudizio reale e concreto in conseguenza della divulgazione non autorizzata.

45

Con la seconda parte del suo terzo motivo, il Consiglio, sostenuto sul punto dalla Repubblica ellenica, afferma che il Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, non ha tenuto debitamente conto dell’importanza dello stato di avanzamento delle discussioni per valutare il rischio di pregiudizio grave per il processo decisionale rappresentato dalla divulgazione dell’identità delle delegazioni. Secondo il Consiglio, il fatto di riconoscere al pubblico un diritto di ispezione su tutti i lavori preparatori per tutta la durata del processo decisionale dissuaderebbe le delegazioni dall’esprimere i loro punti di vista allo stadio iniziale del procedimento. Infatti, tenuto conto delle specificità legate al funzionamento del Consiglio, tali opinioni, soprattutto quando riguardano fascicoli a contenuto tecnico, avrebbero spesso carattere esplorativo e non rifletterebbero necessariamente la posizione precisa e definitiva dello Stato membro da cui emanano tali delegazioni, sicché dette opinioni sarebbero suscettibili di evoluzione nel corso del procedimento. Riconoscere un diritto di ispezione a partire da tale stadio preliminare del procedimento avrebbe come conseguenza che le delegazioni esprimerebbero il loro punto di vista soltanto dopo aver ottenuto, da parte dei rispettivi governi nazionali, un preciso mandato negoziale, ciò che potrebbe rendere più rigido il processo legislativo.

46

In risposta a tali argomenti, la Access Info fa valere, anzitutto, che il Consiglio non ha precisato in che cosa consisterebbero le asserite specificità del suo processo decisionale. Poi, sarebbe soltanto in fase di impugnazione che il Consiglio avrebbe sollevato l’argomento relativo a un presunto pregiudizio incidente sulla possibilità, per le delegazioni degli Stati membri, di modificare il proprio punto di vista nel corso del procedimento. Ad ogni modo, come il Tribunale avrebbe statuito al punto 76 della sentenza impugnata, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non menzionerebbe lo stadio delle negoziazioni quale criterio da prendere in considerazione per giustificare l’applicazione dell’eccezione al diritto di accesso. Senza dubbio, tale elemento potrebbe essere considerato ai fini della valutazione di un rischio di pregiudizio per l’interesse tutelato da detta disposizione. Tuttavia, l’identificazione delle delegazioni che presentano proposte a uno stadio iniziale delle discussioni non sarebbe atta ad impedire che tali delegazioni possano in seguito cambiare la propria posizione. Infine, la Access Info rileva che è proprio il momento in cui il procedimento ha inizio quello in cui la trasparenza deve essere estesa al massimo grado. Infatti, in una fase in cui le discussioni abbiano già avuto luogo e le posizioni di compromesso siano state raggiunte, la trasparenza e il dibattito pubblico non sarebbero più di alcuna utilità.

47

Con la terza parte del suo terzo motivo, il Consiglio sostiene, in sostanza, che, in contrasto con le condizioni dettate al punto 69 della citata sentenza Svezia e Turco/Consiglio, il Tribunale non ha tenuto debitamente conto, ai punti 72 e da 79 a 83 della sentenza impugnata, del carattere sensibile del documento richiesto al fine di valutare il rischio di pregiudizio grave per il processo decisionale generato dalla divulgazione integrale di tale documento. Secondo il Consiglio, il carattere sensibile di tale documento risulterebbe, nella specie, dal fatto che le proposte in questione riguardavano le eccezioni al principio di trasparenza che il nuovo regolamento in materia di accesso ai documenti dovrebbe prevedere. La sensibilità di tali questioni sarebbe inoltre confermata, da un lato, dal fatto che i giudici dell’Unione si sarebbero recentemente pronunciati sull’interpretazione di tali eccezioni e, dall’altro, dal dibattito e dalle pressioni dell’opinione pubblica che tali questioni suscitano.

48

A sostegno di tale parte del motivo, il Consiglio invoca vari argomenti. Anzitutto, esso sostiene che la citata sentenza Svezia e Turco/Consiglio consente all’istituzione di avvalersi dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 nel caso in cui l’atto richiesto abbia carattere particolarmente sensibile. Orbene, il Tribunale avrebbe interpretato tale disposizione, al punto 78 della sentenza impugnata, come applicabile soltanto qualora venga messo in discussione un interesse fondamentale dell’Unione o degli Stati membri. Una simile interpretazione non sarebbe giustificata né dal tenore letterale della norma di cui sopra ovvero di altre parti del regolamento, né dalla stessa sentenza Svezia e Turco/Consiglio sopra citata. Del resto, tale interpretazione, associata all’elevato livello di prova richiesto dal Tribunale per la dimostrazione di detto pregiudizio, renderebbe pressoché impossibile invocare il beneficio della norma sopra menzionata.

49

Poi, al fine di sottolineare ulteriormente il carattere sensibile delle questioni in esame, il Consiglio imputa al Tribunale di avere commesso un errore affermando, al punto 79 della sentenza impugnata, che la lunghezza inusuale del procedimento legislativo in questione era dovuta a ragioni giuridiche e politiche connesse all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, alle elezioni del Parlamento e al rinnovo della Commissione. Il Consiglio, facendo riferimento a taluni cambiamenti intervenuti nelle modalità di redazione dei documenti promananti dai propri gruppi di lavoro a partire dal secondo semestre dell’anno 2008 — vale a dire dopo la divulgazione non autorizzata —, afferma che, in realtà, tale ritardo è dovuto almeno in parte alla diminuzione di esaustività e alla mancanza di franchezza nell’ambito delle discussioni che hanno fatto seguito alla divulgazione non autorizzata, ciò che ha comportato una perdita di efficacia del processo decisionale in seno all’istituzione.

50

Infine, l’arresto dell’iter legislativo in questione sarebbe altresì dovuto almeno in parte al fatto che gli Stati membri, proprio a causa della divulgazione non autorizzata, hanno incontrato grandi difficoltà a discostarsi dalle loro posizioni negoziali di partenza. In particolare, le delegazioni di tali Stati che volevano proporre modifiche che avrebbero potuto essere percepite dall’opinione pubblica come restrittive del diritto di accesso del pubblico hanno mostrato reticenza nel farlo. Il Consiglio fa valere che erroneamente il Tribunale non ha riconosciuto tali ripercussioni negative sul processo decisionale del Consiglio stesso prodotte dalla divulgazione non autorizzata. Da un lato, il Tribunale avrebbe commesso un errore ritenendo infondato tale argomento, al punto 72 della sentenza impugnata, in virtù del fatto che una delle proposte in questione, successiva alla divulgazione non autorizzata, restringeva il diritto di accesso del pubblico, mentre tale proposta, contrariamente all’opinione del Tribunale, non sarebbe stata presentata dalla delegazione di uno Stato membro, bensì dalla Commissione stessa. Dall’altro lato, il Tribunale, ai punti 82 e 83 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente respinto gli elementi forniti dal Consiglio per spiegare la minor esaustività delle relazioni afferenti il fascicolo in questione e relativi all’identificazione nominativa delle delegazioni nei gruppi di lavoro. Mentre il Tribunale ha spiegato tale fatto con l’introduzione del ricorso dinanzi ad esso, secondo il Consiglio, considerato il carattere sensibile delle questioni in esame, tale cambiamento è per l’appunto dovuto alla divulgazione non autorizzata. Il Consiglio illustra tale diminuzione del livello di dettaglio menzionando una relazione datata luglio 2009 del gruppo di lavoro in questione, nella quale l’identità delle delegazioni non veniva più menzionata, facendosi ormai uso di espressioni quali «un certo numero di delegazioni» e «altre delegazioni».

51

La Access Info ribatte, anzitutto, che il Tribunale si è riferito ad una situazione in cui un «interesse fondamentale dell’Unione o degli Stati membri» viene messo a repentaglio soltanto per fornire l’esempio di una situazione in cui una questione potrebbe essere considerata come «particolarmente delicata», senza pretendere che soltanto situazioni del genere possano essere considerate sensibili. Poi, contrariamente al documento in esame nella causa all’origine della citata sentenza Svezia e Turco/Consiglio, il documento richiesto conterrebbe non dei pareri giuridici, bensì semplicemente delle proposte di modifica di un progetto legislativo. La Access Info aggiunge, infine, che il Consiglio non ha motivato il proprio rifiuto in maniera circostanziata, come invece esige la citata sentenza Svezia e Turco/Consiglio.

52

La Access Info ritiene che, quanto al resto, la terza parte del terzo motivo dedotto dal Consiglio debba essere dichiarata irricevibile in quanto rimette in discussione la valutazione del Tribunale riguardo al carattere sensibile del documento richiesto e relativamente alle ragioni che avrebbero giustificato una lunghezza inusuale del procedimento legislativo in questione. Ad ogni modo, la Access Info, sostenuta in sostanza dal Parlamento, afferma, in primo luogo, che il Consiglio desume il carattere sensibile delle questioni costituenti l’oggetto del documento richiesto dal fatto che esse suscitano un dibattito pubblico e sono oggetto di una giurisprudenza dei giudici dell’Unione. Orbene, secondo la Access Info, il Consiglio non ha suffragato le proprie affermazioni a questo riguardo. Inoltre, gran parte dei procedimenti legislativi riguarderebbe questioni che possono dar luogo a pressioni da parte di gruppi d’interesse o a dibattiti sui media. Tuttavia, ciò sarebbe per l’appunto il necessario corollario della trasparenza e della democrazia e non dimostrerebbe il carattere sensibile di una questione, tale da giustificare il trattamento riservato di un documento quale quello richiesto. Inoltre, se le questioni esaminate fossero sensibili fino a questo punto, non soltanto le identità degli Stati membri, ma anche il contenuto delle proposte non avrebbe dovuto essere divulgato. In secondo luogo, la Access Info contesta l’argomento del Consiglio secondo cui il ritardo inusuale nel processo legislativo in questione sarebbe stato causato dalla divulgazione non autorizzata. In realtà il ritardo ben potrebbe trovare spiegazione nella mancanza di un accordo politico tra il Consiglio e il Parlamento in merito alla revisione del regolamento. In terzo luogo, la Access Info contesta il fatto che la divulgazione non autorizzata abbia determinato cambiamenti nel livello di dettaglio delle relazioni del gruppo di lavoro.

Giudizio della Corte

53

Per quanto riguarda la prima parte del terzo motivo dedotto dal Consiglio, è giocoforza constatare come essa scaturisca da un’erronea lettura della sentenza impugnata.

54

Infatti, al punto 59 di tale sentenza, il Tribunale ha giustamente precisato che l’applicazione delle eccezioni al diritto d’accesso è giustificata in presenza di un rischio di pregiudizio ad uno degli interessi tutelati, là dove tale rischio deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico.

55

Al fine di verificare se, nella fattispecie, esistesse un rischio siffatto, il Tribunale ha anzitutto constatato, ai punti da 70 a 72 della sentenza impugnata, che il Consiglio non aveva dimostrato la premessa su cui aveva fondato i propri argomenti, ossia il fatto che la divulgazione dell’identità delle delegazioni avrebbe come conseguenza che la pressione esercitata dal pubblico sarebbe tale da rendere impossibile per queste ultime presentare una proposta che vada nel senso di una limitazione della trasparenza. In assenza di detta dimostrazione, il Tribunale ha correttamente affermato che la divulgazione dell’identità delle delegazioni che desideravano formulare proposte in tal senso non era idonea a pregiudicare il processo decisionale del Consiglio.

56

Il Tribunale ha poi esaminato, ai punti 73 e 74 della sentenza impugnata, l’argomento — riassunto al punto 50 della medesima pronuncia, non censurato dal Consiglio — secondo cui la divulgazione non autorizzata «ha avuto un effetto negativo sulla sincerità e sulla completezza delle discussioni all’interno del gruppo di lavoro del Consiglio, impedendo alle delegazioni di adottare soluzioni o modifiche diverse per giungere ad una convergenza di opinioni sulle questioni più controverse».

57

Orbene, ai citati punti 73 e 74, il Tribunale si è limitato a rispondere a tale argomento ed ha concluso che, contrariamente alle allegazioni del Consiglio, la divulgazione suddetta non era, nel caso di specie, idonea a pregiudicare il processo decisionale di tale istituzione.

58

Date tali premesse, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta perché infondata.

59

Per quanto riguarda la seconda parte del presente motivo, secondo cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto dell’importanza dello stato di avanzamento delle discussioni per valutare il rischio di grave pregiudizio al processo decisionale del Consiglio determinato dalla divulgazione integrale delle posizioni delle delegazioni, occorre rilevare come anche tale parte del motivo scaturisca da un’erronea lettura della sentenza impugnata.

60

Infatti, al punto 76 della sua pronuncia, il Tribunale ha precisato che la natura preliminare delle discussioni non consentiva di per sé di giustificare l’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Così il Tribunale, avendo escluso che gli altri argomenti del Consiglio fossero idonei a dimostrare un rischio di pregiudizio al suo processo decisionale, ha correttamente affermato che il semplice fatto che la domanda di divulgazione fosse intervenuta in uno stadio assai precoce del processo legislativo non era sufficiente a consentire l’applicazione dell’eccezione summenzionata.

61

Di conseguenza, la seconda parte del motivo non è fondata.

62

Per quanto riguarda, infine, la terza parte del terzo motivo dedotto dal Consiglio, occorre rilevare, in primo luogo, che il Tribunale, quando ha ritenuto, al punto 78 della sentenza impugnata, che le questioni costituenti l’oggetto del documento richiesto non fossero particolarmente sensibili, non ha fatto riferimento alla citata sentenza Svezia e Turco/Consiglio, e ciò giustamente, dato che il punto 69 di quest’ultima pronuncia, sul quale tale parte del motivo è fondata, riguarda unicamente documenti specifici, ossia i pareri legali. Nella fattispecie, non soltanto il documento richiesto è stato formato nell’ambito di un procedimento legislativo, ma non appartiene ad alcuna categoria di documenti per la quale il regolamento n. 1049/2001 riconosca un interesse degno di specifica tutela, come quella accordata ai pareri legali.

63

Ad ogni modo, anche supponendo che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che il criterio che consente di riconoscere il carattere particolarmente sensibile di un documento sia quello del rischio che la divulgazione di quest’ultimo metta a repentaglio un interesse fondamentale dell’Unione o degli Stati membri, è giocoforza constatare che, al punto 77 della sentenza impugnata, non è sulla base di tale criterio che il Tribunale ha escluso, nella fattispecie, il carattere particolarmente sensibile del documento richiesto. A tal fine, infatti, esso ha ritenuto che le varie proposte di emendamento o di nuova redazione formulate dalle quattro delegazioni degli Stati membri che figurano nel documento richiesto si inserissero nella normale dinamica del processo legislativo, ciò che implica che dette proposte non potevano ritenersi sensibili non soltanto alla luce del criterio relativo alla messa a repentaglio di un interesse fondamentale dell’Unione o degli Stati membri, ma anche alla luce di qualsiasi altro criterio.

64

Di conseguenza, erroneamente il Consiglio imputa al Tribunale di aver ignorato il carattere particolarmente sensibile del documento richiesto.

65

In secondo luogo, per quanto riguarda gli altri argomenti invocati dal Consiglio a sostegno della terza parte del terzo motivo, occorre ricordare la consolidata giurisprudenza della Corte secondo cui dagli articoli 256 TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte (v., in particolare, sentenza del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C-510/06 P, Racc. pag. I-1843, punto 105, e ordinanza del 10 novembre 2011, Agapiou Joséphidès/Commissione e EACEA, C‑626/10 P, punto 107).

66

Orbene, attraverso il suo argomento secondo cui erroneamente il Tribunale avrebbe attribuito l’inusuale lunghezza del procedimento in questione a ragioni di natura giuridica e politica connesse in particolare all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, alle elezioni del Parlamento e al rinnovo della Commissione, il Consiglio, senza far valere uno snaturamento degli elementi di prova, mira a rimettere in discussione la valutazione del Tribunale secondo cui l’inusuale lunghezza del procedimento legislativo era dovuta non già alle difficoltà determinate dalla divulgazione delle informazioni relative all’identità degli autori delle proposte, bensì a siffatte ragioni di natura giuridica e politica, come peraltro sostiene lo stesso Consiglio, secondo quanto risulta dal punto 46 della sentenza impugnata.

67

Allo stesso modo, per quanto riguarda le presunte conseguenze della divulgazione non autorizzata sul processo decisionale del Consiglio, tale istituzione, senza invocare chiaramente uno snaturamento degli elementi di prova, cerca soltanto di contestare, da un lato, la valutazione che il Tribunale ha effettuato al punto 72 della sentenza impugnata riguardo ad un elemento di prova — ossia la versione pubblica di un documento contenente proposte scritte formulate da alcune delegazioni in merito al procedimento legislativo in questione, vale a dire il documento n. 9716/09 dell’11 maggio 2009 —, da cui il giudice di prime cure ha dedotto che la suddetta divulgazione, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio in primo grado, non aveva obbligato le delegazioni ad evitare di presentare proposte che andassero in un senso restrittivo della trasparenza. Dall’altro lato, il Consiglio rimette in discussione la valutazione che il Tribunale ha effettuato ai punti 82 e 83 della sentenza impugnata riguardo ad un altro elemento di prova — ossia il documento 10859/1/09 REV 1 —, dal quale il Tribunale ha dedotto che la prassi del Consiglio successiva alla divulgazione non autorizzata era cambiata, nella misura in cui i dati identificativi degli Stati membri che avevano formulato osservazioni e suggerimenti in merito alla proposta della Commissione venivano ormai omessi, là dove tale cambiamento poteva spiegarsi con il fatto che la Access Info aveva proposto un ricorso al fine di contestare la legittimità della decisione controversa.

68

Di conseguenza, attesa l’irricevibilità di questi ultimi argomenti, occorre respingere il terzo motivo perché in parte irricevibile e in parte infondato.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

69

Con il suo secondo motivo, il Consiglio fa valere in sostanza che il ragionamento del Tribunale si pone in contrasto con la giurisprudenza della Corte che autorizza le istituzioni a invocare considerazioni di ordine generale per rifiutare la divulgazione di talune categorie di documenti. Infatti, come sostenuto anche dalla Repubblica ellenica, la decisione controversa indicherebbe le considerazioni generali supportanti le ragioni per le quali il documento richiesto non poteva essere divulgato, nonché le ragioni per le quali tali considerazioni erano effettivamente applicabili al documento richiesto. Quindi, il Consiglio non avrebbe limitato il proprio esame alla natura del documento, bensì avrebbe fondato il proprio rifiuto su spiegazioni dettagliate attinenti al carattere sensibile delle questioni trattate e al fatto che queste intervenivano nell’ambito di discussioni preliminari al procedimento legislativo propriamente detto.

70

La Access Info rileva anzitutto che, non facendo espresso riferimento ad alcun punto preciso della sentenza impugnata, il secondo motivo è irricevibile e inoperante. Ad ogni modo, secondo la Access Info, sostenuta sul punto dal Parlamento, il Consiglio non ha precisato, né nella sua impugnazione né nella decisione controversa, su quale presunzione a carattere generale fosse fondato il suo diniego di accesso nel caso di specie. Inoltre, in contrasto con le condizioni fissate dalla giurisprudenza in materia, nessuna disposizione del diritto dell’Unione né alcun principio generale del diritto consentirebbero di fondare una presunzione generale di riservatezza per documenti come il documento richiesto, tanto più che quest’ultimo si collocava nell’ambito di un procedimento di natura legislativa.

Giudizio della Corte

71

Occorre prima di tutto rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Access Info, il presente motivo è ricevibile, in quanto, se è pur vero che il Consiglio non identifica un punto preciso della sentenza impugnata contenente un errore di diritto, risulta chiaramente dall’esposizione degli argomenti a sostegno di tale motivo che il Consiglio imputa al Tribunale di non aver ritenuto che essa istituzione potesse giustificare il diniego di accesso al documento richiesto sulla base di una presunzione di riservatezza fondata su considerazioni di ordine generale.

72

Per quanto riguarda il merito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, se è pur vero che per giustificare il rifiuto di accesso a un documento non basta, in linea di principio, che tale documento attenga ad un’attività o ad un interesse tra quelli menzionati all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, dal momento che l’istituzione interessata deve anche spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe ledere concretamente ed effettivamente l’interesse tutelato da un’eccezione prevista in tale articolo, nondimeno detta istituzione può basarsi al riguardo su presunzioni a carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, in quanto a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura possono applicarsi considerazioni di ordine generale simili (sentenze Svezia e Turco/Consiglio, cit., punto 50; del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C-139/07 P, Racc. pag. I-5885, punto 54, nonché del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, punto 57).

73

Tuttavia, in un caso siffatto, incombe all’istituzione interessata precisare su quali considerazioni di ordine generale essa fonda la presunzione che la divulgazione di tali documenti arrecherebbe pregiudizio ad uno degli interessi tutelati dalle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, e ciò senza essere tenuta ad effettuare una valutazione concreta del contenuto di ciascuno di tali documenti (v., in tal senso, sentenza Svezia e a./API e Commissione, cit., punto 76).

74

Orbene, nel caso di specie, anche supponendo che il Consiglio abbia fatto valere in primo grado che gli era consentito rifiutare l’accesso a un documento, come il documento richiesto, sulla base di una presunzione fondata sulle considerazioni riassunte al punto 43 della sentenza impugnata e attinenti alla necessità di preservare il margine di manovra delle delegazioni nel corso delle discussioni preliminari vertenti sulla proposta legislativa della Commissione, è giocoforza constatare che, da un lato, il Tribunale, ai punti da 70 a 79 della sentenza impugnata, ha esaminato tali considerazioni, ritenendo, al successivo punto 80, che esse non fossero sufficienti per suffragare l’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Dall’altro lato, inutile è stato il tentativo del Consiglio di rimettere in discussione la suddetta valutazione mediante il terzo motivo dedotto a sostegno della sua impugnazione, dato che tale motivo non ha trovato accoglimento.

75

Di conseguenza, il Consiglio non può validamente sostenere che gli fosse consentito negare l’accesso al documento richiesto sulla base di una presunzione fondata su considerazioni siffatte.

76

Alla luce di quanto precede, sono inoperanti gli argomenti intesi a dimostrare che il Tribunale non ha tenuto conto delle ragioni per le quali il Consiglio aveva ritenuto che tali considerazioni di ordine generale fossero applicabili al documento richiesto nel caso di specie.

77

Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto perché infondato.

78

Visto l’insieme delle considerazioni sopra esposte, l’impugnazione deve essere respinta.

Sulle spese

79

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, dispone che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento stabilisce che gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

80

Poiché l’impugnazione proposta dal Consiglio è respinta, occorre, in conformità delle conclusioni della Access Info, condannare detta istituzione a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Access Info.

81

La Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese e il Parlamento sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

Il Consiglio dell’Unione europea è condannato al pagamento delle spese sostenute dalla Access Info Europe.

 

3)

La Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese e il Parlamento europeo sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.